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L'iniziativa dei buoni tasse

Il mondo occidentale oggi vive in un periodo di grave crisi, dovuta ad una gestione non oculata del
denaro.
Alcuni paesi, per uscire dalla crisi, hanno creato lavoro stampando denaro, così incrementando il
loro debito pubblico. L'Italia non si è potuta permettere questo lusso: il debito pubblico italiano è
altissimo, e per il ministro del tesoro piazzare altri titoli di stato sarebbe stato difficilissimo, ed
avrebbe esposto l'Italia ad un più elevato rischio di fallimento. Altri paesi, come la Grecia, sono al
collasso. La Grecia è un paese dell'area euro, ed il suo fallimento potrebbe avere effetti disastrosi,
potrebbe innescare un effetto domino rovinoso su molti degli altri paesi dell'unione europea. C'è da
salvare l'Italia, ma se si vuole salvare l'Italia prima bisogna salvare la Grecia..
Negli ultimi due anni ho cercato di capire meglio le problematiche relative al debito pubblico. Ho
potuto appurare che molte persone pensano che il nostro sistema monetario, in cui ogni moneta
creata è una moneta di debito su cui bisogna pagare gli interessi , sia un sistema che andrebbe
radicalmente estirpato. Non si sopporta che a causa di questo debito risorse pubbliche, di tutti,
vadano a finire nelle mani di pochi attraverso le privatizzazioni. Ed ancora non si sopporta il fatto
che inevitabilmente, a causa del debito di cui sopra, matematicamente ad ogni crisi ci saranno
valorosi imprenditori che verranno rovinati, ed il frutto del lavoro della loro vita andrà a finire nelle
mani dei pochi di cui sopra. Chi odia questo sistema ha le sue ragioni. Io personalmente sono
dell'opinione che il mondo resta in piedi finché vengono rispettati certi equilibri, e che l'Italia da
sola non può sottrarsi agli standard internazionali: il sistema monetario non può essere quindi
sostituito con uno migliore. Però, mentre andavo documentandomi, ho avuto un'idea che potrebbe
renderlo più equilibrato, e risollevare le sorti dei paesi che la attuassero.
La crisi è nera: ci sono milioni famiglie che soffrono per il debito pubblico: non mi posso più tirare
indietro, fare finta di niente. Credo che sia un mio dovere morale condividere questa idea con
quanta più gente possibile, farmi forza e chiedere a voi tutti di prestare attenzione a questa idea,
capirne l'importanza, e aiutarmi ad attuarla. Vi sto chiedendo di mettere le mani sull'arco della storia
per piegarlo verso la speranza che il domani sia un giorno migliore. E credo che questo si possa fare
solo attraverso una proposta di legge di iniziativa popolare.
L'idea si chiama buoni tasse, ed è un'evoluzione dell'idea di moneta complementare. La prima bozza
della legge popolare si compone di cinque articoli. Li scrivo, e poi andrò spiegando le idee che ci
stanno dietro e le probabili conseguenze (ve le anticipo: diminuzione del debito pubblico,
diminuzione delle tasse, maggiore velocità di circolazione della moneta, un blando protezionismo,
e, con un conto alla buona, un milione di posti di lavoro da 15000 euro netti all'anno; da un punto di
vista concettuale separazione del concetto di moneta come mezzo di accumulazione da quello di
moneta come mezzo di scambio). Ovviamente questa è solo la prima bozza: spero di trovare
interlocutori validi che contribuiscano a migliorarla e formalizzarla meglio.

Articolo 1 ( definizione di buoni tasse )


I buoni tasse sono buoni emessi dal ministero del tesoro che possono sempre essere utilizzati in
luogo del denaro per pagare tasse, tributi, imposte. Il taglio di un buono deve essere pari al valore di
una delle monete o banconote (euro) in circolazione al momento dell'emissione.
Articolo 2 ( modalità di emissione )
I buoni tasse vengono emessi per pagare una percentuale dei compensi dovuti dalla pubblica
amministrazione a privati cittadini, imprese ed enti in generale. Tale percentuale è uguale per ogni
compenso e viene fissata di anno in anno dalla legge finanziaria ad un valore non superiore al 50%.
Le imposte su tali compensi vengono prelevate in buoni tasse.
Articolo 3 ( Uso secondario )
Lo stato italiano supporta, per un dato intervallo di tempo successivo all'emissione, l'impiego dei
buoni tasse come mezzo di scambio di beni e servizi. Le persone fisiche e giuridiche che si
impegnano ad utilizzare i buoni tasse come mezzi di scambio di beni e servizi per l'intervallo di
tempo stampigliato su di essi godono di uno sconto su tasse, imposte e tributi pari ad una
percentuale da stabilirsi nella legge finanziaria ed oscillante tra il 10% ed il 30%. Per le imprese ed i
cittadini italiani vale la regola del silenzio assenso. Scaduto l'intervallo temporale i buoni possono
ancora e sempre essere utilizzati per pagare tasse, imposte e tributi.
Articolo 4 ( Modalità di impiego )
Per ciò che riguarda l'acquisto di beni e servizi, i buoni tasse possono essere utilizzati per pagare
fino alla metà del valore del bene o del servizio: l'altra metà deve essere corrisposta con i mezzi
tradizionali di pagamento. Nella ricevuta deve essere indicata chiaramente la quantità di buoni tasse
versata. Il venditore può dare come resto buoni tasse in valore non superiore a quello dei buoni tasse
ricevuti.
Articolo 5 ( Database di verifica )
Lo stato si impegna a mantenere un database aggiornato che associ ad ogni codice fiscale e ad ogni
partita IVA di persone fisiche o giuridiche operanti sul territorio nazionale il loro consenso o
dissenso all' utilizzo dei buoi tasse come strumento di scambio di beni e servizi. Tale database deve
permettere a chiunque di interrogarlo inserendo un codice fiscale o una partita IVA e deve dare
come risposta l'assenso o il dissenso del soggetto a cui il codice fiscale o la partita IVA si riferisce.
(Si invita alla denuncia di chi dice di avere dato il dissenso e risulta consenziente nel database)

Il primo articolo dice che i buoni tasse non sono soldi, ma sostanzialmente un finanziamento che i
cittadini offrono allo stato che verrà saldato al momento del pagamento delle tasse.
Il cittadino avrà in cambio uno sconto sulle imposte, secondo quanto affermato nell'articolo 3.
Già fermandoci qui l'idea sembra buona. Consideriamo tutti e solo i soldi che i dipendenti pubblici e
gli enti che lavorano per la pubblica amministrazione devono pagare di imposte e tasse e che
vengono trattenuti sugli stipendi e sui compensi. Se questi soldi venissero sostituiti da buoni tasse
prelevati immediatamente, su questi soldi si risparmierebbero gli interessi sul debito. Credo che
sarebbe un bel risparmio e che nessuno si accorgerebbe di niente.
Ma la proposta non si ferma qui. Infatti si propone di emettere buoni tasse in valore superiore alle
imposte che devono essere pagate da chi lavora per la pubblica amministrazione e di usare i
rimanenti come moneta complementare. C'è tutta una teoria sui benefici della moneta
complementare, sul fatto che attraverso di essa si realizza una separazione tra la moneta usata per
l'accumulazione ed il risparmio e la moneta usata per lo scambio di beni e servizi, sull'aumento
della velocità di circolazione della moneta che questo comporterebbe.
Bene, i buoi tasse sarebbero moneta complementare senza essere moneta, ma non solo: sarebbero
una moneta complementare migliorata. Infatti la vera idea geniale è quella della scadenza, oltre la
quale i buoni tasse non vengono più supportati come strumento di scambio di beni e servizi. Questa
caratteristica rende i buoni tasse totalmente differenti dal denaro, per cui i banchieri europei non si
possono lamentare ( se vogliono gestire le nostre tasse si accollino il nostro debito pubblico), ed
inoltre li rende un esperimento reversibile (se non vanno bene si smette di emetterli ed in poco
tempo scompaiono automaticamente, da soli, dalla circolazione). Ma soprattutto ha come
conseguenza un aumento ancora più marcato della velocità di circolazione della moneta (se ho in
tasca una moneta che scade cerco di liberarmene il prima possibile) e la creazione di una forma
blanda di protezionismo. Infatti i buoni tasse servirebbero per pagare le tasse in Italia, ed un'azienda
non se ne farebbe niente all'estero. Questo significa che costituirebbero una forma di ricchezza che
rimarrebbe in Italia, con grande vantaggio per le produzioni locali. Se poi un'azienda non accettasse
i buoni tasse allora pagherebbe di più per tasse ed imposte, ed ecco il protezionismo!
Naturalmente i buoni tasse andrebbero usati con cautela. Il pericolo numero uno è che la riduzione
delle imposte che si accompagna all'adozione dei buoni tasse potrebbe comportare una riduzione
delle entrate fiscali. Io credo che con la riduzione delle tasse i consumatori avrebbero maggiori
capacità di acquisto e, considerate le caratteristiche dei buoni tasse, la sfrutterebbero. Questo
significa che i venditori ricaverebbero di più e conseguentemente pagherebbero più tasse ed
imposte, cioè molte persone pagherebbero la stessa quantità di tasse ed imposte, o una quantità
superiore a quella attuale, perché guadagnerebbero di più. Inoltre il fatto che i buoni tasse, passato
un certo periodo di tempo, diventerebbero buoni solo per pagare tributi porterebbe probabilmente
aduna diminuzione dell'evasione fiscale.
L'alternativa all'opposto dell'abbassamento delle tasse sarebbe un innalzamento preventivo delle
imposte tale da compensare l'abbassamento delle imposte di cui godrebbe chi accettasse i buoni
tasse come strumento di pagamento. Questo significa che chi userebbe i buoni tasse pagherebbe le
stesse imposte, chi no se le vedrebbe aumentate. Questa soluzione comporterebbe un rischio
inflazione, perché le cose e i servizi acquistati all'estero costerebbero presumibilmente di più
(perché gli stranieri difficilmente accetterebbero i buoni tasse italiani). Il rischio inflazione potrebbe
essere contrastato cercando di favorire una linea di aumento dei prezzi tale che, data una cosa che
veniva comprata a 100 e venduta a 1000, se viene comprata a 110 allora deve essere venduta a 1010
e non a 1100. Questo si potrebbe fare supportando l'ottimizzazione della gestione del magazzino ed
usando deterrenti all'aumento dei prezzi come la minaccia di severe visite fiscali che
approfondirebbero tutti gli aspetti delle attività di coloro che tenessero prezzi ingiustificatamente
alti.
Ma credo che la riduzione delle imposte sia la soluzione nettamente migliore, e migliore anche
rispetto alle eventuali vie di mezzo. Infatti, se diminuisce il debito pubblico allora si può anche
correre il rischio, che reputo improbabile, di una riduzione delle entrate.
Il rischio numero due è quello che si abusi nell'emissione dei buoni tasse: se la percentuale di buoni
tasse in circolazione aumentasse troppo rispetto a quella di denaro allora la gente da un lato avrebbe
meno possibilità di risparmiare e di accumulare, dall'altro meno possibilità di approvvigionarsi di
cose utili o di qualità all'estero. Per evitare questi rischi sono stati inseriti gli articoli 2 e 4. L'articolo
2 ha come primo scopo l'equità. Il secondo obiettivo dell'articolo è di far fronte al rischio di abusi.
Per questo è stata impostata la percentuale massima di buoni tasse in rapporto al totale della
retribuzione pari ad un valore del 50%, ed è stato scritto che da qui verrebbero trattenute le imposte.
Questo significa che, nel caso limite del 50%, dello stipendio netto generalmente meno di un terzo
(nel caso limite di imposte al 25%) verrebbe corrisposto in buoni tasse. Considerando una
tassazione al 40%, allora la percentuale scenderebbe ad un sesto. E questo è il caso limite..
L'articolo 4 ricalca l'articolo 2 nel rapporto tra privati, e, anche se qui per non confondere i
vecchietti la percentuale del 50% è stata fissata, la quantità di buoni tasse in circolazione renderebbe
estremamente improbabile che un commerciante, per fare un esempio, si ritrovi ad avere metà del
suo ricavo in buoni tasse.
L'articolo 5 infine cerca di rendere quasi impossibili le truffe: è stato scritto per cercare di garantire
che chi ha un risparmio sulle tasse e le imposte perché risulta accettare i buoni tasse non possa
rifiutarli.
Concludo con un conto che dovrebbe fare riflettere. Il nostro debito pubblico è di 1800 miliardi di
euro. Se ogni anno lo stato facesse fronte ad un terzo del fabbisogno di denaro stampando buoni
tasse, su 600 miliardi non si pagherebbe l'interesse sul debito. Supponendo un tasso di sconto del
2.5% e che le entrate fiscali rimangano uguali, questo significherebbe che si avrebbero a
disposizione 15 miliardi di euro in più all'anno. E quanti sono 15 miliardi all'anno? Sono un milione
di disoccupati che possono percepire uno stipendio di 15 mila euro all'anno. E questo senza
considerare la maggiore velocità di circolazione della moneta e l'abbassamento delle imposte..
Per cui invito tutta la gente di buona volontà a sostenere questa iniziativa, mettere le mani sull'arco
della storia e sottoscrivere l'iniziativa di legge popolare.
Carmelo Siragusano

Aggiornamento N° 1
Un conoscente mi ha fatto notare che nella prima bozza di legge non è regolato il rapporto tra un
datore di lavoro privato ed i suoi dipendenti. I dipendenti privati dovrebbero essere pagati con una
percentuale in buoni tasse non superiore a quella dei dipendenti pubblici. La questione era se tale
percentuale fosse a dscrezione del datore di lavoro o no. Per una questione di equità si è convenuto
che la soluzione migliore fosse quella che un datore di lavoro che paga i dipendenti anche con i
buoni tasse dovesse per legge distribuirli ai dipendenti che hanno accettato i buoni tasse come
strumento di scambio di beni e servizi proporzionatamente alle loro retribuzioni. Quindi alla legge
va' aggiunto il seguente articolo:

"Per ciò che concerne il rapporto tra un datore di lavoro privato ed i suoi dipendenti, i dipendenti
privati che accettano i buoni tasse come strumento di scambio di beni e servizi possono essere
pagati con una percentuale in buoni tasse non superiore a quella dei dipendenti pubblici. Il datore di
lavoro deve distribuire i buoni tasse che usa per pagare le retribuzioni proporzionalmente ai salari e
gli stipendi dei dipendenti che accettano i buoni tasse come strumento di scambio di beni e servizi."

Spero di ricevere presto altri feedback, che si avvii una discussione costruttiva circa questa idea, e
che venga apprezzata e firmata da quanta più gente possibile.

Aggiornamento N° 2
Un conoscente mi ha fatto notare che nella prima bozza di legge non è regolato il rapporto tra un
datore di lavoro privato ed i suoi dipendenti. I dipendenti privati dovrebbero essere pagati con una
percentuale in buoni tasse non superiore a quella dei dipendenti pubblici. La questione era se tale
percentuale fosse a dscrezione del datore di lavoro o no. Per una questione di equità si è convenuto
che la soluzione migliore fosse quella che un datore di lavoro che paga i dipendenti anche con i
buoni tasse dovesse per legge distribuirli ai dipendenti che hanno accettato i buoni tasse come
strumento di scambio di beni e servizi proporzionatamente alle loro retribuzioni. Quindi alla legge
va' aggiunto il seguente articolo:

"Per ciò che concerne il rapporto tra un datore di lavoro privato ed i suoi dipendenti, i dipendenti
privati che accettano i buoni tasse come strumento di scambio di beni e servizi possono essere
pagati con una percentuale in buoni tasse non superiore a quella dei dipendenti pubblici. Il datore di
lavoro deve distribuire i buoni tasse che usa per pagare le retribuzioni proporzionalmente ai salari e
gli stipendi dei dipendenti che accettano i buoni tasse come strumento di scambio di beni e servizi."

Spero di ricevere presto altri feedback, che si avvii una discussione costruttiva circa questa idea, e
che venga apprezzata e firmata da quanta più gente possibile.
Una semplice spiegazione e un esempio
Spieghiamo in breve come funzionano i buoni tasse.
Lo stato quando ha da pagare una spesa emette dei buoni del tesoro, attraverso cui reperisce i soldi
che gli servono. Su questi soldi che si è fatto prestare deve pagare un interesse, l'interesse sul
debito. L'idea è che parte del debito venga finanziata diversamente, attraverso un abbassamento
delle tasse invece che attraverso l'emissione di buoni del tesoro su cui pagare gli interessi. In parole
spicciole: quando lo stato deve pagare una spesa, una parte di questa spesa, se il creditore lo
desidera, verrà retribuita in buoni tasse, che sono del tutto simili nell'aspetto ai soldi e vengono
stampati gratis dalla zecca dello stato. Un creditore è ad esempio un dipendente statale che deve
ricevere lo stipendio, o un'azienda che deve essere pagata per avere eseguito un lavoro pubblico.
Una parte dei buoni tasse dati a questo creditore serviranno per pagare le sue tasse e imposte. La
restante parte sarà come una moneta che circola come l'euro, ma che a differenza dell'euro è
volontaria (ognuno decide se accettare i buoni tasse come strumenti di scambio di buoni e servizi)
ed ha stampigliata una data di scadenza oltre la quale la moneta(o la banconota) non può più essere
usata per fare acquisti neanche lì dove questa viene accettata, ma potrà essere utilizzata solo per
pagare le imposte. In cambio della disponibilità ad accettare buoni tasse, le persone e le società
avranno una riduzione delle tasse e delle imposte. I buoni tasse rappresentano così dei finanziamenti
che i cittadini e le imprese fanno allo stato, un credito che questi hanno nei confronti dell'erario che
viene sanato al momento del pagamento delle imposte. Lo stato non paga un interesse su questo
debito, ma semplicemente abbassa le imposte a chi se ne fa partecipe. Si ottengono così
contemporaneamente un abbassamento del debito pubblico e un abbassamento delle tasse. Sul
perché si ottengono anche una maggiore velocità di circolazione della moneta e una buone dose di
protezionismo rimando all'articolo principale("L'iniziativa dei buoni tasse").
Faccio ora un esempio.
Lo stato deve pagare lo stipendio di un mese a 2 impiegati. Uno di questi ha dato la sua
disponibilità ad accettare i buoni tasse, l'altro no. Supponiamo che lo stipendio lordo di entrambi sia
di 3000 euro, e le imposte sullo stipendio siano del 35%. Supponiamo inoltre che la finanziaria
dell'anno precedente abbia stabilito che la quota da dare in buoni tasse è del 45% e lo sconto sulle
imposte del 10%. Lo stipendio netto dell'impiegato che non accetta i buoni tasse è di 3000-
3000x0,35 = 3000x0,65 = 1950 euro, tutti retribuiti in euro. Lo stipendio netto dell'altro impiegato è
di 3000 – 3000x0,35x(1-0,1) = 3000x0,685 = 2055 euro. Al lordo quest'operaio riceverà
3000x0,45= 1350 euro in buoni tasse, di cui 945 verranno trattenuti sullo stipendio. Quindi., alla
fine, riceverà netti 1650 euro in euro, e 405 euro in buoni tasse. Questo secondo impiegato va' a fare
la spesa in un supermercato che accetta buoni tasse. Supponiamo che faccia 290 euro di spesa.
Questa persona, che cerca di sbarazzarsi dei buoni tasse, da' 150 euro in euro al cassiere, e 150 euro,
che è il massimo che può dare, in buoni tasse. Il cassiere gli restituisce come resto una banconota da
10 euro in buoni tasse. Supponiamo che quel supermercato alla fine del mese abbia racimolato un
ricavo, di cui il 45% in buoni tasse. Supponiamo che debba pagare il 35% di imposte. Supponiamo
che i suoi fornitori non accettino buoni tasse(cosa improbabile, perché i fornitori li sceglie il
supermercato), mentre quasi tutti i suoi impiegati si. Allora, se non verrà superata la soglia del 45%
definita in finanziaria per i dipendenti pubblici, il 10% dei ricavi in buoni tasse che rimangono nelle
casse del supermercato dopo aver pagato le imposte i restanti verranno suddivisi proporzionalmente
tra gli impiegati che accettano i buoni tasse. Ovviamente, se a fine mese alcuni dei buoni tasse
ricevuti sono scaduti, il supermercato li userà per pagare le tasse.

Indirizzi sul web


http://www.ipetitions.com/petition/buonitasse/
gruppo facebook: " abbattiamo il debito pubblico abbassando le tasse "

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