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Lezione Del 16 Febbraio 2015

Le prime quattro lezioni servono a dare le basi teoriche del corso con una
rapida descrizione dei concetti fondamentali di sociologia del giornalismo e di
quelli che, con un termine felicemente ambiguo, chiamiamo new media. Alcune
nozioni, probabilmente, le conoscete gi perch siete gi Lstati miei studenti
oppure avete gi frequentato un corso di sociologia del giornalismo, ma - visto
che senza una minima base teorica quello che racconter nelle altre lezioni
perde in profondit - ci tengo a ribadire alcuni concetti chiave. E mi scuso per
chi ha gi seguito in precedenza queste lezioni.
La maggior del materiale di questa lezione stato ricavato dal saggio
"L'ampliamento del campo giornalistico" di Carlo Sorrentino (pubblicato nel
volume miscellaneo Il campo giornalistico a cura di Carlo Sorrentino, Carrocci
2006), dal libro, sempre di Carlo Sorrentino, Il giornalismo. Che cos' e come
funziona (Carocci, 2002) e dallultimo manuale scritto da Carlo Sorrentino
assieme a Enrico Bianda (Studiare giornalismo. Ambiti, logiche, attori, Carrocci,
Roma, 2013). Si anche utilizzato, per alcune definizioni, il manuale di Denis
McQuail Sociologia dei media (il Mulino, 1986).
Qui potete recuperare le slide della presentazione. E qui quelle della lezione.
In particolare stata messa in evidenza questa definizione di giornalismo che
Carlo Sorrentino deriva dal pensiero di Pierre Bourdieu:
Il giornalismo un prodotto culturale realizzato attraverso una fitta
negoziazione (negociacin densa) che avviene e si definisce in specifici contesti
sociali.
Insomma il giornalismo
- non un semplice rispecchiamento (adecuacin) dei fatti
- ma un prodotto culturale che costruisce una realt sociale a partire dai
rapporti stabiliti tra fonti, giornalisti e pubblico.
- Una costruzione che deve tener conto delle routine produttive dei giornalisti
(criteri di notiziabilit, regole deontologiche della professione, teorizzazioni sul
giornalismo, corsi universitari di Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico,
ecc.) e dalla situazione sociale data in un determinato contesto.
Questo significa anche che esistono modelli di giornalismo diversi determinati
dalla diversa dislocazione - e dalla diversa auto-interpretazione - degli attori
sociali coinvolti nella realizzazione del prodotto culturale che chiamiamo
giornalismo. In sintesi viene utilizzato un approccio costruttivista che si basa
sulla negazione di due luoghi comuni, cio che i fatti parlino da soli e che il
giornalismo rispecchi la realt.

In particolare il giornalismo come qualunque atto comunicativo seleziona,


gerarchizza e presenta fatti, quindi, in un certo modo, media e ricostruisce la
realt, cio, per usare unespressione di Schudson, mette in forma la
realt. E cio insita una certa distorsione nel tutto. Distorsione che pu
essere volontaria (come nel caso del giornalismo coscientemente di parte, p.
es. ladvocacy journalism) o involontaria. Questultima si divide ancora in
strutturale (cio determinata da vincoli organizzativi, strutture produttive,
culture professionali ecc) e produttiva (cio prodotta da una particolare
situazione di mercato e dai bisogni attesi del pubblico ecc.).
In particolare il giornalismo modifica/mantiene il patrimonio di rappresentazioni
sociali di una determinata societ attraverso criteri di
condivisione (compartir)
ricorrenza (reaparecer)
rilevanza. (relevancia)
Il giornalismo, insomma, contribuisce a formare la sfera pubblica intesa come
spazio non deliberativo - in cui:
si articolano i problemi, li si gerarchizza e si danno giudizi sugli organismi
politici rappresentativi.
La sfera pubblica legittima o toglie (elimina) legittimit alla politica.
In particolare la stampa ha reso la sfera pubblica permanente. Ora sempre
pi mediatizzata, cio, non localizzata, non dialogica e aperta. Aperta anche
perch il pubblico si appropria, ermeneuticamente, dei contenuti generati che
quindi vengono modificati e di nuovo ri-prodotti. I media, favorendo la fusione
dei circuiti informativi, producono quella che Sorrentino chiama
la sfera pubblica densa
- composta da una trama sempre pi fitta di reazioni e flussi informativi
tracciati da un numero sempre maggiore di attori sociali che necessitano di una
riconoscibilit pubblica
- costretti a abitare incessantemente la scena pubblica per elaborare strategie
comunicative che consentano di arrivare a definizioni delle situazioni condivise
e utilizzabili per unefficace costruzione della propria identit pubblica.
(Sorrentino, Bianda 2013 p. 39)
A partire da qui - e attraverso il contributo teorico di Bourdieu, che per primo
ha utilizzato la nozione di campo all'interno della sociologia dei processi

culturali - si passa alla definizione di campo giornalistico. In particolare per


Bourdieu il campo una realt fluida per eccellenza che si definisce
relazionalmente sulla base della composizione di interessi specifici e poste in
gioco definite dagli attori del campo.
Il campo giornalistico - secondo un asse cartesiano si disloca secondo le
coppie oppositive
autonomia/eteronomia ed eresia/ortodossia
In particolare il campo giornalistico si pu definire come:
l'insieme dei processi produttivi, delle istituzioni e di professionalit impegnati
a costruire e definire i prodotti informativi.
Le coppie oppositive autonomia/eteronomia(autonoma/heteronoma) ed
eresia/ortodossia (hereja/ortodoxia) servono per rendere conto del modificarsi
del campo a partire dalla pressioni esterne che possono derivare dalle
modificazioni della struttura sociale, del processo tecnologico, delle autointerpretazioni che i giornalisti danno del proprio lavoro, dal mutato rapporto
tra i principali attori sociali che concorrono alla costruzione del prodotto
giornalistico e, in ultima istanza, dalla pressioni degli altri campi affini (per
esempio, nel caso italiano, sono molto importanti il campo politico e quello
economico).
Gli attori che agiscono (actan) all'interno del campo giornalistico sono tre
1. Le fonti (usando il termine inglese potremmo chiamarli newsmaker ). Si
tratte delle istituzioni o dei singoli che finiscono per essere l'oggetto del
prodotto giornalistico.
2. I giornalisti che sono una figura di mediazione attiva, nel senso che
determinano, attraverso il newsgathering, cio la scelta delle notizie, la dieta
informativa del pubblico. O perlomeno questo era il loro ruolo sociale prima
della rivoluzione digitale.
3. Il pubblico, cio, in un'ottica di marketing, i consumatori e, in un'ottica
socio-politica, i cittadini. Ma possono essere individuati anche come lettori (nel
caso dell'informazione scritta), spettatori (nel caso dell'informazione
audiovisiva) e pi genericamente utenti (user, usando il termine inglese) in
caso dellinformazione multimediale.
I processi di trasformazione a cui stato sottoposto il campo giornalistico
sono molteplici e si possono sintetizzare in questo modo: (7)

I.

Mezzi. Nuovi canali attraverso cui diffondere l'informazione, per esempio


la Rete.

II.

Formati. I nuovi mezzi ridefiniscono anche i generi. Per esempio i


quotidiani - incapaci di reggere
la concorrenza di tv e internet
sull'attualit
hanno
puntato
molto
sull'approfondimento,
settimanalizzandosi. In pi hanno aumentato le forme di scrittura
lunga,dedicando sempre pi spazio alle cosiddette feature, cio gli
articoli che danno una struttura narrativa alle notizie. E questo, almeno
negli anni 90 del secolo scorso, li ha protetti dalla concorrenza della
televisione.

III.

Generi. Sono nati perch alcune linee di confine sono diventate meno
rilevanti: per esempio il talk show, l'infotainment e gli svariati esempi di
docu-drama. Alcuni programi sono diventati meno rilevanti

IV.

Argomenti trattati. Non pi hard news, ma anche soft news.(no ms


noticias duras, pero tambin noticias suaves)

V.

Attori sociali rappresentati. Non solo politici, ma anche personalit legate


all'allargamento del campo della notiziabilit. Per esempio negli anni 70
nata la cronaca sindacale e il movimento femminista ha imposto un
modo nuovo di affrontare le tematiche femminili.

VI.

Professionalit richieste. Ormai il giornalismo scritto da quotidiano, che


stato per tanto tempo il paradigma della professione, minoranza.

VII.

Pubblico di riferimento. La moltiplicazione dei mezzi e dei canali ha


portato alla frammentazione del pubblico, anche per assecondare le
strategia di marketing che tendono ad individuare nicchie di consumatori
per mirare in modo pi efficiente la pubblicit. Si passati, quindi da un
pubblico di massa a un pubblico di nicchia. In termini televisivi da un
pubblico raggiunto attraverso un canale broadcasting a un insieme di
pubblici associati a modalit di diffusione narrowcasting, come possono
essere i canali tematici della tv via cavo o satellitare a pagamento. La
rete Internet, che da considerarsi un personal media, poi ha imposto
una sorta di targettizzazione estrema del pubblico che viene raggiunto
da pubblicit mirata e che tiene conto del contesto e dellincrocio dei
dati scambiati durante la navigazione.

Lezione Del 19 Febbraio 2015


Per sviluppare (desarrollar) questa lezione, oltre ai volumi citati in precedenza
ho usato anche il lavoro di Paolo Mancini e Daniel Hallin Modelli di giornalismo.
Mass Media e politica nelle democrazie occidentali (Laterza, 2004).
Nel caso italiano la griglia di cambiamento descritta in precedenza deve tener
conto della specificit del sistema giornalistico nazionale che ha una fortissima
politicizzazione e fino a pochi anni fa una strabiliante mancanza di motivazione

economica (i giornali non faceva utili, servivano ad altro). Non si tratta di un


fatto accidentale, ma di un dato strutturale e di lunga durata. Si tratta anche
della fonte di maggior eteronomia all'interno del campo. Tanto che, in Italia,
un altro fattore eteronomo per eccellenza, come la pressione commerciale
data dagli inserzionisti negli anni a cavallo tra la fine degli anni '70 e gli anni
'80 stata vissuta, - e in parte stata - come una spinta riequilibrante e, in
ultima analisi, positiva.
L'Italia, insomma, si pone nel primo dei tre modelli di giornalismo individuati da
Paolo Mancini e Daniel Hallin in Modelli di giornalismo. Mass Media e politica
nelle democrazie occidentali (Laterza, 2004) confrontando 18 Paesi tra Europa
e Americhe.
1. Modello pluralista-polarizzato. E' quello proprio dei Paesi dell'Europa del
Sud (tanto che si parla anche di Modello mediterraneo) e in particolare
dell'Italia. In sintesi: la circolazione dei giornali bassa e la stampa
considerata un fenomeno d'lite; si ha un forte parallelismo con il sistema
politico, reso ancora pi forte dalla gestione parlamentare o governativa della
tv pubblica; si ha una debole professionalizzazione dei giornalisti e lo stato
interviene in modo diretto attraverso politiche attive e a volte aiuti nel mercato.
2. Modello democratico-corporativo. E' quello proprio dei Paesi dell'Europa
centro settentrionale (Paesi scandinavi, ma anche Germania). Per questo
detto anche Modello continentale. In sintesi: alta circolazione dei giornali e
sviluppo precoce di un mercato di massa; alto pluralismo delle testate,
presenza di stampa di partito e di una stampa commerciale abbastanza
neutrale; tv pubblica presente e forte, ma gestita in sostanziale autonomia;
forte professionalizzazione dei giornalisti; intervento forte dello stato, ma con
criteri di salvaguardia e forte sistema di servizio pubblico.
3. Modello liberale. E quello proprio degli Stati Uniti, ma anche (con qualche
caratteristica diversa) della Gran Bretagna (quindi viene detto anche Modello
nord-atlantico). In sintesi: livello medio di circolazione dei giornali e forte
presenza di una stampa di massa: presenza di una stampa commerciale
neutrale e sistema professionale di gestione della tv pubblica (quasi inesistente
negli Stati Uniti); forte professionalizzazione dei giornalisti; sostanziale
predominanza del sistema di mercato (con l'eccezione della BBC in Gran
Bretagna, che , del resto, quello che differenzia lInghilterra dagli Stati Uniti)
con intervento dello Stato solo con funzioni di regolamentazione. Il modello
liberale ora come ora vincente, almeno come modello ideale, anche perch in
tutto il mondo si avuta una forte spinta del campo economico che diventata
la fonte di maggior eteronomia del campo giornalistico. Bisogna per dire che il
modello anglosassone si improvvisamente polarizzato e tende sempre meno
allobiettivit come ideale regolativo.

Ma allora cos' ortodosso e cos eretico? Si moltiplicano i canali, si


contaminano i generi e cambia il posizionamento degli attori sociali rilevanti.
Per il pubblico si parla di dieta multimediale
In particolare il pubblico - sottoposto a una dieta multimediale che moltiplica i
punti di vista - arriva a modalit di consumo che vengono definite prensili cio che non tengono pi conto della specificit con cui le notizie vengono
impaginate all'interno dei vari mezzi, ma prendono i vari contenuti informativi
da pi canali, secondo modalit che non sono pi quelli dell'emittente - e
sperimenta la finitezza dello sguardo giornalistico. In pi il pubblico proprio
grazie alle forme di interattivit e di accesso senza troppe barriere determinato
dalla rete in qualche modo diventa giornalista, sia nella forma dellimpegno
(citizen journalism) che nella forma dello sviluppo delle capacit creative (user
generated content e figura del prosumer, cio del consumatore/produttore al
posto del semplice consumer, cio del consumatore).
Per i giornalisti di strategia di posizionamento.
Il giornalista, quindi, una volta considerato una sorta di sistema esperto cio fonte fiduciaria di sapere, strumento essenziale per la diffusione
dell'informazione - sperimenta una forte crisi di credibilit e deve attuare una
progressiva strategia di posizionamento, sposando un punto di vista e
accentuando le dinamiche di agenda setting. In poche parole deve rinunciare a
essere considerato a priori obiettivo e deve accettare di mettersi in gioco.
Per le fonti di comunicazione integrata
Le fonti invece sperimentano la comunicazione integrata. In un certo senso
diventano produttrici dinformazione saltando l'intermediazione giornalistica. A
un altro livello si propongono ai giornalisti, tentando di dirigere il flusso
informativo attraverso strategie di comunicazione sofisticate. Il fenomeno pi
evidente quello degli spin doctor.
il fenomeno doctor spin una forma di propaganda cercando di convincere
l'opinione pubblica a favore o contro una determinata organizzazione o
personaggio pubblico. Cos, un "Spin Doctor" sarebbe un soggetto
responsabile di aver orchestrato la propaganda. Utilizza strategie di
informazione sofisticate utilizzate molto in politica
In conclusione si pu notare come, con l'irrompere degli interessi commerciali e
con la centralit che all'interno del sistema dei media sta assumendo il mercato
pubblicitario, in atto in tutto il mondo un progressivo scivolamento verso il
modello liberale. Ma, al tempo stesso, la crisi di credibilit dei giornalisti sta
mettendo in questione proprio il cardine valoriale del modello stesso,
cio l'obiettivit dello scrivere giornalistico. Inoltre, proprio all'interno del cuore
del modello liberale, cio nei media americani, sta diventando importante un

altro modo di trattare la notizia incardinato a un punto di vista ben preciso - di


solito un'ideologia politica - e non pi al criterio professionale cardine almeno
nel mondo anglosassone - dell'obiettivit giornalistica. E questo dimostrato
plasticamente dal successo delle reti all news pi settarie come Fox Tv (sul
lato della destra repubblicana) e MSNBC (sul lato liberal e democratico)
rispetto a quelle pi istituzionali come la CNN.--------las cadenas se posicionan
en un lado del bando politico,
A questo punto, vista la densit delle relazioni tra gli attori del campo
nemmeno questultima metafora appare pi adeguata. Infatti Sorrentino nei
lavori pi recenti usa limmagine dellecosistema comunicativo (ma la ritiene
troppo naturalistica) e con un occhio alle dislocazioni del potere la
nozione, derivata dalla grammatica della genealogia foucaultiana, di
dispositivo comunicativo.

Lezione Del 20 Febbraio 2015


In questa lezione cercheremo di approfondire cosa s'intenda per new media
e come le nuove tecnologie di comunicazione abbiano cambiato in modo
radicale l'ambito della comunicazione dal punto di vista della produzione,
dell'offerta e del consumo. Per elaborare questa lezione ho utilizzato il 4
capitolo I new media del Manuale di sociologia della comunicazione di
Marino Livolsi, Laterza, Bari, 2011.

Con new media - un'etichetta abbastanza ambigua visto che nuovo


ancora una volta un concetto dinamico che si contrappone genericamente al
vecchio e che, come nota McLuhan, noi di solito guardiamo l'evoluzione
tecnologica dallo specchietto retrovisore, quindi cominciamo a vedere le cose
con chiarezza solo declinandole al passato - intendiamo semplicemente tutti
quegli strumenti di comunicazione che nascono dal connubio (unin) tra
l'informatica e la telematica in particolare la sociologia ha studiato alcuni
ambiti precisi di utilizzo dei new media

1. La memorizzazione, con nuovi supporti (cd-rom, dvd, pen drive) che


ampliava le capacit di quelli tradizionali, al contempo riducendone le
dimensioni.

2. La strutturazione testuale dei new media, cio l'utilizzo degli


ipertesti vale a dire una strutturazione del testo non pi lineare,
come quello delle opere su carta e che comincia ad abituare gli utenti
alla modalit di presentazione del contenuto di Internet. Ogni sito un
ipertesto in cui il contenuto scomposto in blocchi collegati tra loro da
link; possiamo cominciare a leggere teoricamente da qualsiasi punto del
testo, seguendo un ordine che non rigidamente codificate dalla

sequenza sopra-sotto, ma pu seguire interessi e curiosit del fruitore,


che attiva i link (e quindi porzioni di testo) in modo non rigidamente
imposto e non rigidamente lineare.

3. la realt virtuale, ossia l'insieme delle tecniche e dei dispositivi che


ebbe grande impatto nella seconda met degli anni Ottanta.
Questa tecnologia si fonda su due aspetti:

da una parte, la possibilit di creare immagini tridimensionali di oggetti e


ambienti che non hanno nessun corrispettivo reale, nonostante la
crescente verosimiglianza raggiungibile da queste rappresentazioni

dall'altra parte, la possibilit di interagire con questi ambienti tramite


interfacce che consentono di mimare gesti naturali nei confronti degli
oggetti e degli ambienti con cui relazionarsi. Per quanto simili
applicazioni siano rimaste limitate ad ambiti specialistici o di
sperimentazione a causa dei costi eccessivi, esse si sono rivelate
fondamentali per le successive applicazioni al concetto di ambiente
immersivo (per esempio, nella fortunata, anche se breve, esperienza di
Second Life) e, pi in generale, nella ricerca sulle interfacce e, quindi, di
modalit sempre pi efficaci di interazione.

4. gli ambienti condivisi: in modo analogo alla realt virtuale, si tratta di


ambienti in cui pi utenti possono interagire contemporaneamente. Tale
situazione si verifica propriamente nei MUD, giochi di ruolo on line in cui
gli utilizzatori possono operare e scambiarsi informazioni e istruzioni
operative. Con forme e modalit differenti ritroviamo queste
sperimentazioni anche negli attuali social network, in cui gli utenti
collaborano nell'interazione e nella costruzione dei contenuti.
Pi in generale per i new media hanno modificato il paradigma dei modelli
di comunicazione. In generale esistono tre tipi di modelli comunicativi:

Il primo modello quello uno-a-uno, tipico dell'interazione personale,


in cui una persona parla con un'altra utilizzando lo stesso canale (la voce
e la gestualit), lo stesso codice (il linguaggio e l'espressione), con lo
stesso potere (almeno in linea di massima ... ) e con la stessa possibilit
di risposta (si pensi ai turni di parola). Tra i mezzi di comunicazione, il
telefono (sia fisso che cellulare) quello che rientra in questa tipologia. Il
modello uno-a-uno, quindi, caratterizza quei mezzi che hanno come
funzione primaria quella di istituire un canale di comunicazione tra due
utenti.

Il secondo modello quello della comunicazione uno-a-molti,


caratteristico dei media tradizionali, dove un'emittente la fonte di
messaggi che irradia (il riferimento alla modalitpush) a una
molteplicit di utenti. Il cosiddetto sistema broadcast, infatti, si
definisce come un sistema verticistico (uno), monodirezionale (dove la
comunicazione avviene appunto nella direzione che dall'uno va verso i
molti), senza possibilit di feedback sullo stesso canale con lo stesso
potere ( infatti impossibile per il telespettatore rispondere in tempo
reale all'emittente via video; anche i canali alternativi di comunicazione mail, sms e telefonate - non agiscono sullo stesso canale e soprattutto
sono soggetti a controlli, tagli, censure). Questo modello non proprio
dei new media, che fanno della partecipazione e dell'interazione la
propria cifra distintiva. Tuttavia, possibile rinvenire residui di questo
modello anche nei new media quando, per esempio, navighiamo nei
siti senza utilizzare gli strumenti di interattivit pi diretta (come mail,
chat e forum), limitandoci a leggere il contenuto proposto, per quanto
secondo un ordine che non sequenziale. In questi casi la
comunicazione si fonda su un modello uno-a-molti, perch gli stessi
contenuti sono proposti come invariati per tutti gli utenti che si limitano
a utilizzarli come avviene con quelli dei media tradizionali. In realt
esistono modalit pi ristrette del modello uno-a-molti, cio il cosiddetto
narrowcasting, proprio dei canali tematici che ormai, con la tv satellitare
a pagamento e con la sovrabbondanza di canali del digitale terrestre. In
pratica mentre il broadcasting tende a raggiungere il massimo dei
contatti possibili, il narrowcasting si rivolge a unaudience targettizzata e
non molto numerosa. Possiamo dire che si tratta di una modalit meno
universale del broadcasting, una modalit, con qualche forzatura uno-apochi.

Il terzo modello quello della comunicazione molti-a-molti, in cui la


rete offre uno spazio in cui i soggetti sono al contempo fruitori e attori,
sono ricettori, ma anche autori. Si pensi, in questo caso, agli spazi della
rete che ospitano blog, forum o newsgroup, dove i contenuti sono
costruiti attraverso meccanismi partecipativi e di accumulo, secondo i
quali ogni utente collabora al processo di articolazione del contenuto
attraverso la scrittura di un post o la pubblicazione di un intervento di
commento a quello postato da un altro utente. In questi casi, il
progetto di strutturazione del senso che tradizionalmente la semiotica
attribuisce a un unico soggetto enunciatore, come avviene nel modello
uno-a-molti, frutto di una collaborazione tra i soggetti partecipanti al
processo comunicativo. Sono i casi in cui le nuove tecnologie digitali
evidenziano pi pienamente il loro portato innovativo, in cui
l'interattivit sviluppa un modello di comunicazione in cui le tradizionali
caratteristiche del broadcasting, enunciate in precedenza, cedono il

passo - o, meglio, si integrano - a modalit di costruzione del senso


giocate sul piano della collaborazione e della partecipazione attiva. Si
pensi per esempio a un blog, dove gli interventi dell'autore prioritario si
intrecciano con la complessa rete dei post altrui che, sullo stesso canale,
in tempo reale e con lo stesso potere, riorienteranno il significato della
scrittura. Per quanto la forma piena di interattivit non sia rintracciabile
in toto in ogni uso o applicazione dei new media, comunque
opportuno considerare questo cambio di paradigma che all'interno di
una prospettiva sociologica muta in modo sostanziale il ruolo del
consumatore.

Lezione Del 23 Febbraio 2015


In questa lezione ci occuperemo delle caratteristiche principali dei new
media, cio la digitalizzazione del segnale, la multimedialit sostanziale,
lipertestualit, la convergenza, libridazione e la personalizzazione. Anche in
questo caso ho utilizzato il 4 capitolo I new media del Manuale di
sociologia della comunicazione di Marino Livolsi, Laterza, Bari, 2011.
E, infatti, possibile identificare alcuni altri fattori tecnologici che
segnano(marcan) la discontinuit dei new media rispetto alla fase
precedente della tecnologia.
Innanzitutto il processo di digitalizzazione del segnale (proceso de digitalizacin
de la seal) che ha comportato: (4)

I.

L'omogeneit di tutti i dati. il motivo per cui sullo stesso supporto


possono essere archiviati, visualizzati e trattati segnali originariamente
differenti (testi, immagini, suoni, grafici, video...). (nel stesso supporto
possono essere almacenti, visualizzati tutti testi, inmagini, suoni..etc.)

II.

La maggiore archiviabilit dei dati che, occupando meno spazio


ed essendo memorizzabili sullo stesso supporto, hanno dato luogo a
un'estensione ipertrofica delle memorie personali e collettive, in
aggiunta divenute facilmente trasportabili.

III.

La manipolabilit dei prodotti testuali che possono essere


velocemente e facilmente modificati, come facciamo abitualmente
quando interveniamo su particolari di un testo scritto o di un'immagine.

Le nuove forme di testualit sono anche per questo caratterizzate da una


multimedialit sostanziale, ossia(a saber) dalla perfetta integrazione di
codici differenti (testo, immagini fisse e in movimento, suoni, animazioni...) che
sono compresenti sullo stesso supporto e, quando il testo progettato in modo
coerente, svolgono (jugar) un'azione complementare in termini di funzionalit
comunicativa. Accade cos che un'icona renda manifesta una funzione del

percorso, cos come un video integri o anche sostituisca un testo verbale. Es la


perfecta integracin de las imgenes, animaciones, movimientos que estn
presente en un mismo soporte
La multimedialit si coniuga con un'ulteriore caratteristica dei new media,
ossia l'ipertestualit. Il web ci ha progressivamente abituati a testi in cui il
tradizionale ordine lineare sovvertito a favore di un percorso in cui l'utente
pu scegliere in quale sequenza leggere i blocchi di testo in cui il contenuto
organizzato. Per quanto non si possa parlare di una totale cancellazione della
linearit del testo (comunque mantenuta all'interno di ogni pagina web), per
indubbio che il testo non viene pi progettato per una lettura che procede dalla
prima all'ultima riga, ma come insieme di unit minori da accostare secondo
un ordine non stabilito convenzionalmente a priori, secondo gli interessi e le
logiche d'uso dell'utente e secondo le modalit cognitive - prevalentemente
associative - della mente umana.
L'ipertestualit si configura poi anche come legame con l'esterno del testo. li
web una ragnatela in cui ogni pagina potenzialmente connessa a tutte le
altre in un intreccio di link che legano reciprocamente i nodi che la
costituiscono. Su questo versante, una delle criticit che i new media
suscitano rispetto agli approcci basati sui media tradizionali riguarda i confini
dell'oggetto testo: non pi distinguibile entro confini netti, la testualit
digitale tende a costituirsi attraverso la pratica di lettura del fruitore, che pu
attualizzare ad ogni sessione di consultazione testi differenti, pur partendo
sempre dallo stesso nodo. L'era digitale rende pienamente possibile a livello
tecnologico la struttura gi di per s ipertestuale dell' enciclopedia cartacea,
costruendo tutti i testi come consultabili e aperti all'infinito (anzich rispetto
a un numero limitato di opzioni previste dall'autore). Esaminiamo, infatti, un
testo digitale. Anche qui l'autore pu aver previsto una certa quantit di link
che rimandano ad altre parti del documento, ma, in aggiunta, nulla vieta al
fruitore di creare delle connessioni virtuali, andando cio a cercare (per
esempio utilizzando i motori di ricerca) approfondimenti di quanto sta
leggendo. L'ipertestualit, dunque, pone l'accento su due aspetti
particolarmente significativi: la struttura (connettiva e reticolare) del testo e la
centralit del ruolo dell'utente.
Una delle caratteristiche salienti dei new media, poi, l'interattivit, che
si esplica sia nel rapporto tra fruitore, testo e autore, sia sul piano dei rapporti
tra fruitori. L'interattivit si declina in gradi e forme diverse. Proviamo a
individuare - pi per criteri di organizzazione dell'analisi che per reale
differenziazione sul piano operativo - alcuni di questi aspetti.
- L'ipertestualit, come si visto, mette in atto(4)
-un primo livello di interattivit che si manifesta nella scelta di quali link

attivare e in quale ordine farlo e, quindi, nell'impostazione del processo di


navigazione all'interno del sito, peraltro concettualmente non molto diversa
dalla lettura che molto spesso adottiamo per libri gi concepiti per un uso non
lineare (come appunto le enciclopedie che si consultano ripetutamente, ma per
porzioni limitate del testo).
- Un secondo livello di interattivit del testo riguarda la possibilit di
comunicare con i soggetti che si rendono visibili in qualit di responsabili del
sito e/o del suo contenuto. In questo caso, il testo diventa anche un luogo
relazionale, un terreno in cui gli autori non sono solo strategie enunciative
implicite (come accade nei testi tradizionali, secondo le indicazioni delle teorie
semiotiche), ma anche soggetti concreti, riconoscibili, con cui dialogare. Le
forme di contatto vanno da quelle pi statiche delle FAQ, che offrono risposte a
quelle che si presume o che vengono individuate come le domande pi
frequenti degli interlocutori, all'offerta dei contatti mail personali o della
redazione.
- Il terzo livello concerne la possibilit di effettuare transazioni concrete
tramite l'interazione con il testo: il caso di tutti i siti di e-commerce, che, dopo
un iniziale periodo in cui erano considerati con paura e sospetto dagli utenti
italiani, sono decollati verso il successo.
-il quarto livello quello dei cosiddetti user generated content, ossia della
produzione di contenuti concettualmente analoghi a quelli distribuiti dai media
generalisti e pubblicati sul web in modo da essere fruiti da una platea
potenzialmente illimitata di spettatori. L'interattivit, in questo caso, si
manifesta come possibilit per l'utente di interagire con il sistema dei media
nel suo complesso, acquisendo - almeno in via teorica - lo stesso statuto dei
soggetti erogatori dei media tradizionali. Basti pensare per esempio a YouTube,
la principale piattaforma di condivisione di contenuti multimediali. La qualit
estetica e linguistica di questi contributi in alcuni casi discutibile, rilevando un
notevole gap rispetto alle competenze dei soggetti istituzionali; spesso si ha
l'impressione che la rete sia vissuta come una sorta di vetrina indirizzata a una
ristretta cerchia di amici; ma in questa sede importante rimarcare il
significato sociale delle piattaforme di video sharing quale spazio alternativo di
circolazione di contenuti audiovisivi. In questo senso, YouTube si propone anche
come un serbatoio della memoria collettiva, conservando gli spezzoni della
programmazione e dell'immaginario mediale giudicati dagli utenti pi
significativi.
I caratteri dei new media evidenziano come il sistema della comunicazione
tradizionale venga messo in crisi nei cardini che lo definiscono come un
sistema verticistico, monodirezionale, senza possibilit di feedback sullo stesso
canale e con lo stesso potere. I new media, infatti, consentono certamente
un flusso comunicativo pluridirezionale, in cui il diritto di accesso - al di l delle

peculiari forme di digital divide - garantito a tutti i soggetti. Almeno dal punto
di vista teorico, perch poi la realt determinata dalluso decisamente
diversa.
Parallelamente, i new media mettono in atto alcune dinamiche di
integrazione e di trasformazione dei media tradizionali. In particolare, si parla
di convergenza e di ibridazione. Nella prima fase di diffusione delle tecnologie
digitali ha preso corpo l'idea utopica del meta medium, ossia di un
dispositivo (molto frequentemente identificato nel computer) che avrebbe
assorbito al proprio interno tutte le funzionalit, gli usi e gli scopi dei mezzi
precedenti. li tempo ha dimostrato l'astrattezza di una simile posizione; anche
se il principio della convergenza permane, ha assunto le forme di una
progressiva integrazione del sistema mediale a livello produttivo (basti pensare
in tal senso agli accordi tra multinazionali originariamente operanti in ambiti
diversi), tecnologico (il digitale caratterizza trasversalmente l'evoluzione di tutti
i mezzi, dalla radio alla tv), linguistico e testuale, con l'ideazione di prodotti
multipiattaforma che si declinano per i diversi media. Si pensi a questo
proposito all'area della crossmedialit, strategica nel nuovo assetto mediale,
con l'esigenza di ideare contenuti per mezzi e canali distributivi sempre pi
numerosi, tenendo conto anche delle trasformazioni delle pratiche d'uso dei
fruitori. Moltissimi programmi televisivi e radiofonici hanno uno spazio sul web,
in cui sono messi a disposizione dell'utente contenuti aggiuntivi e spazi di
intera zione con l'emittente, che possono prevedere anche forme parziali di
coautorialit.
La convergenza, nella forma della condivisione di alcuni caratteri
originariamente propri di un mezzo comunicativo, porta all'ibridazione, ossia
alla trasformazione degli assetti del sistema mediatico cos come erano definiti
nella forma originaria. Un esempio di questa trasformazione la radio che,
nella sua forma di web radio, con la trasposizione in rete acquista la possibilit
dell'archiviabilit e quindi della disponibilit - secondo modi e forme diversi dei programmi passati, insieme alla visibilit dei conduttori che acquistano un
volto e una riconoscibilit. Contemporaneamente, per, la radio rinuncia ad
alcuni suoi tratti distintivi: la volatilit e la concentrazione sull'oralit.
Se, dunque, nel momento aurorale delle tecnologie digitali lo scenario che si
delineava sembrava quello di una contrapposizione - fino alla possibile
sostituzione - tra nuovi e vecchi media, l'assetto attuale piuttosto quello di
una reciproca integrazione, che tiene conto anche delle pratiche di consumo.
La commistione tra elementi di innovazione e di mantenimento all'interno del
sistema mediale nel suo complesso sembra seguire - tra le altre - anche la
dimensione della personalizzazione, rintracciabile in una dinamica a doppia
direzione, dalla produzione al consumo e viceversa.

Nel senso della produzione, infatti, i media propongono all'utente una


molteplicit di mezzi e di canali su cui orientare le proprie pratiche di fruizione,
anche dello stesso genere di contenuto: si pensi al macro-genere
dell'informazione, tradizionalmente ancorato in modo privilegiato ad alcuni
media (in primis giornali e tv), ma ora declinato in formati diversi anche per il
web e la telefonia cellulare. In aggiunta, si attesta sempre pi il concetto di un
ambiente mediale immersivo, in cui i media siano parte integrante del tempo e
dei percorsi dell'individuo: i media mobili e le connessioni wireless rendono
ogni luogo un luogo di consumo mediale.
Sul versante del consumo, si assiste allo sviluppo di forme di consumo (e di
produzione) parallele e alternative a quelle indotte dall'industria culturale (blog,
YouTube, ecc.); rientrano in questa dimensione anche le pratiche di
appropriazione degli oggetti mediali (il cosiddetto spinning, operato mediante
la personalizzazione della cover del cellulare, la scelta dello sfondo del monitor,
ecc.). I consumatori mostrano sempre pi la loro natura di performer, mettendo
in atto l'idea di bracconaggio: i prodotti mediali sono qualcosa da
manipolare, da saccheggiare, da disgregare e riaggregare per adattarli a un
nuovo progetto di senso.

Lezione Del 2 Marzo 2015


In questa lezione ci occuperemo delle regole fondamentale per la costruzione
degli articoli e dei titoli. Nello schema ho messo solo le cose che non troverete
nel libro di Davide Mazzocco (Giornalismo online. Cossmedialit. blogging e
social network: i nuovi strumenti dell'informazione digitale) che tra le letture
obbligatorie del corso.
Il primo capoverso di un articolo la parte pi importante di tutto il lavoro. E'
leggendo le prime righe che il lettore decide se leggere il pezzo o interrompere
la lettura. E' quindi il primo capoverso che decide il destino (lettura/non lettura)
del pezzo. Secondo Papuzzi ((Professione giornalista):
L'inizio, l'attacco, il biglietto da visita del giornalista al lettore. In gergo
detto anche cappello, perch la frase che si mette in testa. E' la opening
sentence, che per gli inglesi non dovrebbe mai superare le quaranta parole. Gli
americani invece lo chiamano lead, perch ha la funzione di una guida alla
lettura. Il lead indica quale strada il lettore percorrer. Questo frammento
decisivo di ogni comunicazione giornalistica ha subito diversi adattamenti e
cambiamenti, soprattutto da quando la televisione ha conquistato l'egemonia
dell'informazione ed invalso l'uso di dedicare pi pezzi a una stessa notizia,
per cui un pezzo giornalistico deve farsi strada in una selva di messaggi. Si
scrive con l'ossessione di non apparire noiosi. Perci il lead si disarticolato in
una variet di forme (talvolta fine a se stesse). Negli anni Cinquanta, sul
modello del giornalismo americano e di agenzia, il lead coincise con l'uso della

cinque W (Who, Where, When, What, Why): il primo capoverso del pezzo
doveva contenere le risposte alle classiche domande chi, dove, quando, cosa e
perch. La notizia deve stare tutta nelle prime righe - spiegava al giovane
Pansa il suo primo caposervizio -, perch il lettore non ha tempo da perdere e
vuol sapere subito di che storia si tratta .... Cominciare in questo modo,
preciso, secco ed essenziale voleva dire voltare pagina rispetto alla tradizione
retorica e letteraria del vecchio giornalismo. Questo tipo di lead rimasto un
efficace modello.
Ma non pi l'unico. L'applicazione sistematica della regola delle cinque W fin
per produrre un appiattimento stilistico. Dalla seconda met degli anni
Cinquanta, il Giorno introdusse un nuovo lead che portava in primo piano un
particolare dell'avvenimento o della vicenda. Quando andai al Giorno - ricorda
Pansa - scoprii che l lo chiamavano lead e questo lead era l'ossessione del
vicedirettore Angelo Rozzoni, che arriv a farmelo cambiare sei volte. Il
segreto era anticipare qualcosa che tenesse desta la curiosit del lettore,
anche dopo l'esposizione dei fatti e dati essenziali. Il lead impostato su un
particolare ha un effetto coinvolgente sul lettore e gli propone il senso nascosto
della notizia.
La prima distinzione riguarda, quindi, i contenuti del lead che pu essere
composto dal fatto nella sua essenzialit (summary lead o standard lead)
oppure da un particolare del fatto che si capace di essere molto coinvolgente
per il lettore. In ogni caso - sia che si enunci il fatto, sia che si punti sul
particolare - ci sono quattro modi generali di costruire un lead.

1) Con un'enunciazione del fatto o di un particolare. E' il metodo standard e


di solito d buoni risultati

2) Con una situazione, cio mettendo subito il lettore di fronte a una scena
concreta. Si tratta di uno degli attacchi pi efficaci, ma bisogna stare
attenti che non devi troppo l'attenzione dal focus del fatto raccontato.

3) Con una dichiarazione del protagonista del fatto o di un testimone.


Anche in questo caso per bisogna stare attenti a non andare troppo
distanti dal cuore della notizia.

4) Con un interrogativo retorico. In questo caso si sta cercando di deviare


partendo da un fatto di cronaca per arrivare a un problema collettivo. E'
indicato nel caso si stia scrivendo una feature.
Consideriamo ancora il caso di un lead che parte da un particolare
dell'avvenimento.
Bisogna ricordare che il lead impostato su un particolare spesso valorizza
elementi che non sono rilevanti per i contenuti della notizia ma rispecchia

l'atmosfera che circondi l'avvenimento, favorendo un coinvolgimento


emozionale del lettore. [...] Questo speciale impiego di un particolare
contraddistingue il cosiddetto soft lead, molto adatto alle features, alle storie,
a tutte le notizie che non fanno parte delle spot news, ma adatto soprattutto al
giornalismo televisivo, perch tende a creare delle immagini e pu dunque
essere facilmente collegato a delle immagini.
Alla fine comunque un buon lead quello che fornisce al lettore la chiave
principale per capire la notizia.
Consideriamo ora il resto dell'articolo. Il problema principale come
organizzare i dati nel modo migliore per facilitare il lettore.
I punti critici, nell'organizzazione dell'articolo, sono due: il focus
e la
struttura. Per focus s'intende un contenuto o un aspetto della notizia sui quali
costruire l'impianto dell'intero articolo. Per struttura s'intende il modo in cui le
varie parti di una notizia vengono sistemate nell'articolo. L'identificazione del
focus dipende naturalmente dall'interpretazione dell'avvenimento: qualunque
sia il riferimento del focus (protagonisti, dati, caratteristiche dell'evento), esso
tende ad assumere la funzione di significato della notizia. In tal senso la
struttura dell'articolo dipende a sua volta dal focus: la disposizione dei
materiali in possesso del giornalista sar funzionale al significati della notizia
che si vogliono privilegiare.
Quando il pezzo ben fatto di solito il lead corrisponde al focus. Per quel che
riguarda la struttura di solito si procede facendo un montaggio in questo ordine
esposizione di uno o pi fatti corredati da dati d'attualit.
Dichiarazioni e testimonianze - virgolettate e non - che possono, per, essere
anche spezzate e divise in pi punti del testo. Descrizioni, narrazioni,
ricostruzioni e rievocazioni. Opinioni giudizi e valutazioni.
I criteri per decidere la successione dei fatti sono sostanzialmente due

la successione logica che si divide in

a) successione cronologica;
b) causa ed effetto;
c) azione e reazione

La gerarchia dei fatti, cio prima i fatti pi importanti e poi gli eventi
accessori.La struttura di un articolo poi completata da altri due
elementi: il riepilogo (importante soprattutto nelle developing news e
nelle continuing news) e la conclusione.

Consideriamo ora l'altro elemento fondamentale della struttura giornalistica,


cio il titolo. Secondo Papuzzi:
i quotidiani nazionali stampano da quaranta a cinquanta pagine, una dozzina
delle quali sono in genere riservate alla pubblicit. Calcolando dieci minuti a
pagina, la lettura di un quotidiano da cima a fondo richiede un tempo di cinque
o sei ore. Pochissimi lettori possono dedicare tanto tempo alla lettura del
giornale la maggior parte si limita a meno di trenta minuti (Lepri 1990). Questo
dato alla base della funzione dei titoli nei quotidiani; riducono drasticamente i
tempi di lettura, fornendo al lettore sia un colpo d'occhio sul panorama delle
notizie, sia la possibilit di selezionare i pezzi da leggere. Perci il titolo una
sintesi delle notizie contenute in un pezzo. Un
titolo ha dei requisiti
fondamentali da rispettare, in primo luogo quello di veicolare la massima
quantit di informazione nel minor spazio possibile. Se i titoli fossero coniati
perfettamente dovrebbero garantire al lettore una conoscenza essenziale delle
notizie, a prescindere dalla lettura dei vari pezzi. I titoli rappresentano dunque
il codice di lettura di un quotidiano. E' anche attraverso i titoli che un
quotidiano si fa conoscere dal lettore.
Un titolo si compone di solito di tre elementi: un occhiello (che presenta la
notizia); un titolo vero e proprio (che espone la notizia) e un sommario che pu
essere anche un catenaccio (che chiarisce la notizia).
Con che criteri si redige un titolo? Papuzzi spiega:
Paolo Murialdi distingue tra la titolazione cronachistica e indicativa, da una
parte, e quella drammatica o brillante dall'altra, dette anche fredda e calda.
Umberto Eco individua a sua volta un'opposizione tra titoli informativi e titoli
emotivi. Queste distinzioni molto semplici sono le pi pratiche e convincenti;
piuttosto che perderci in distinzioni pedanti sulla costruzione
dei titoli
(nominale, verbale, ellittica ecc.), ci sembra utile, per chi vuole capire la
tecnica con cui i redattori sistemano i titolo, avere chiara questa alternativa fra
titoli piani e titoli ad effetto, o meglio ancora fra titoli enunciativi e titoli
paradigmatici. Per fare un titolo enunciativo bisogna cercare i nessi tra i vari
elementi, per fare un titolo paradigmatico bisogna invece cogliere, in una
parola o in uno slogan il significato generale delle informazioni in questione. Il
primo pi aderente alla cronaca, il secondo pi vicino al commento. Il primo
adatto a qualsiasi giornale e a qualunque genere di fatto o notizie, il secondo
funziona solo quando c' una comunanza di linguaggio con il pubblico.
In ogni caso la tecnica per costruire i titoli la stessa. Di solito si analizzano gli
elementi che compongono l'articolo, tenendo conto della loro importanza e
della loro carica di novit. Poi si individua e si sceglie quello pi significativo e o
si elabora un concetto che sia in grado di riassumere il senso della notizia.

Alcuni criteri possono essere quelli di sfruttare la centralit di elementi diversi:


a) una scena (Restiamo qui, sfidando i pogrom);
b) un personaggio (Bill e Hillary, yuppies di sinistra);
c) il dialogo (Eltsin, non hai pi futuro);
d) il parlato (Montecarlo, piccoli tg crescono).
Passiamo ora a vedere quali sono le differenze tra il giornalismo online e il
giornalismo dei quotidiani.
Prima di tutto c' un problema di formati e di stile di scrittura.
Sul web si lavora su ipertesti e questo porta a costruire gli articoli in modo
molto diverso. Al posto della struttura classica con il lead che contiene le
informazioni principali, con la successiva espansione del pezzo con i particolari
sempre meno importanti e con il riassunto/chiusura finale meglio costruire
gli articoli con paragrafi chiusi - pi facilmente linkabili - e che sopportano
l'occhio distratto della lettura a video. Uno sguardo diagonale che difficilmente
riesce a fissarsi il tempo sufficiente per la lettura di un articolo mediamente
lungo.
In pi c' il paradosso principale del web: in un certo senso, rispetto alla carta,
lo spazio illimitato. Infatti mentre il prezzo della carta il costo industriale
pi alto che sopporta un quotidiano, e quindi ci sono dei limiti economici
all'aumento della foliazione, il costo aggiuntivo della memorizzazione di un
cento numero di bit praticamente irrilevante. Quindi sul web lo spazio non
una scarsit. Ma se si ragiona cos non si comprende l'altro corno del problema:
cio il fatto che la lettura a video di circa il 25% pi lenta di quella su carta.
Quindi - tenendo conto della variabile tempo che inelastica, visto che la
gente oltre a leggere deve anche fare altre cose, tipo mangiare, lavorare,
dormire - gli articoli sul web devono essere per forza pi stringati dei loro
equivalente su carta. O meglio devono essere costruiti come cipolle: a strati.
Allora diventa importante costruire il pezzo in modo stringato, ma utilizzando al
meglio le possibilit offerte dagli ipertesti. In questo modo si possono
aggiungere nodi - linkati nel pezzo principale - con approfondimenti e rimandi sempre con link - ai documenti originali. Con un lavoro ben fatto si pu aiutare
il lettore a decidere il grado di approfondimento di cui ha bisogno
aumentandone la soddisfazione. Si tratta di costruire un nucleo breve e
esaustivo che, man mano e secondo la voglia di approfondire del lettore, si
amplia in cerchi concentrici e sempre pi ampi. La "scalabilit" degli articoli
un "plus" del giornalismo online.
Inoltre - visto che il contenuto ormai interamente digitalizzato - possibile

arricchire l'articolo con contenuti multimediali. E non si tratta, banalmente, di


foto, ma anche di registrazioni audio, filmati e grafici interattivi. Anzi - visto
che ora possibile gestire con estrema facilit pagine web dinamiche l'interattivit con il lettore pu essere spinta molto avanti. Ormai si consente
gli articoli vengano commentati dai lettori. Una modalit che in Italia non
stata subito adottata, ma che ora lo standard, anche se ci sono stati parecchi
ripensamenti. In pi ormai la norma avere anche strumenti di condivisioni su
tutte le piattaforme disponibili o quasi.

Un'ultima considerazione deve essere fatta sui tempi delle routine produttive. Il
web - come in precedenza le reti "all news" - ragiona nei termini di "24 ore per
sette giorni", mentre i giornali hanno dei tempi e delle "deadline" da rispettare:
a un certo punto della notte le pagine devono essere chiude e parte il lavoro
delle rotative. Quindi il giornale che si legge la mattina parte gi vecchio di
alcune ore. Cosa che non accade con i siti web che hanno fatto proprio delle
"running news" il loro marchio di fabbrica. Chi meglio di una struttura
informativa che pu seguire un avvenimento in tempo reale adatto a seguire
una seduta difficile alla Camera o, per usare un tema pi leggero, una partita di
calcio? Insomma il cosiddetto liveblogging - cio la cronaca di un avvenimento
con brevi post posti in ordine cronologico inverso (dallultimo evento al primo) un po il marchio di fabbrica dellinformazione web-based.

Lezione 5 MARZO

I link

-Do (or cover) what you do the best and link the rest
-Ma c differenza tra link esterni e link interni. Contraddizione tra le regole di
netiquette e logiche editoriali
-In genere nelle imprese editoriali si tende a linkare allesterno il meno
possibile. (concorrenza e problemi di affidabilit dei siti linkati)
-Far rimanere i lettori sulle proprie pagine fa parte del mestiere, ma i link sono
vivamente consigliati quando, per esempio, si cita un virgolettato Oppure un
articolo di un altro collega. un fatto di etica professionale, di correttezza. Nel
caso si faccia riferimento a un'intervista auspicabile citare la testata e anche
il giornalista.
-Ma l'ipertesto non si utilizza solamente per le esigenze meramente
cronachistiche. I link servono per sgravare il giornalista dallincombenza di
spiegare tutto nel suo pezzo che un po quello che accade sul giornale dove,
spesso, gli articoli devono contenere una sintesi (magari sotto forma di box o
infografiche) che chiarisca il pregresso o le parti pi complesse dell'articolo

Naturalmente i link esterni devono essere pesati con maggiore attenzione


rispetto a quelli interni che conservano il traffico all'interno della nostra testata.
Riassumendo si pu dire che ci sono due ragioni per esternalizzare
l'integrazione ipertestuale del nostro post: la prima una ragione etica, la
seconda una ragione pratica. Per quanto riguarda i link interni non c'
cambiamento di finestra, un'accortezza che deve essere presa quando si linka
verso l'esterno: conducendo il lettore fuori dal nostro sito opportuno far aprire
una nuova pagina, in modo che l'utente rimanga comunque all'interno del
contenuto originario nel quale ha trovato il link.Attenzione per ai crosslink
(penalizzati nelle SERP)
-Tornando ai link esterni, una delle strategie migliori quella di relegarli nella
parte centrale o finale dell'articolo concentrando, invece, nella parte iniziale
quelli interni. In ogni caso mai e poi mai si devono piazzare i link esterni nelle
keyword del proprio pezzo, poich questo andrebbe a favorire l'indicizzazione di
un competitor.Un discorso a parte riguarda i siti commerciali per i quali il link
rappresenta una forma di promozione gratuita. Se l'azienda o l'ente linkati sono
centrali nell'economia del pezzo lo si pu fare, se, invece, la citazione non
strettamente necessaria, il rischio quello di mettere in Rete un post che
avrebbe potuto essere un publiredazionale, ovverosia un articolo concordato
fra la redazione e azienda promossa

La Homepage

-Header
-Modulo centrale: apertura, taglio alto, taglio medi
o, taglio basso, box laterali (a destra di solito le n
otizie social di alleggerimento; a sinistra, quando c, iblog)
-Footer

Comenti pro e contro

-Servono sicuramente a costruire una comunit


-Sono importanti per lengagement
-A volte rendono pi ricco il pezzo
-Sono costosi (in termine di risorse e di tempo) da gestire
-Scarsa qualit della conversazione (presenza di troll, flame ecc.)

Crossmedialit

-Titolo del post (keyword)


-Sommario (keyword)
-Video (sempre in apertura)

-Testo principale
-Fotogallery
-Altre foto e contenuti embeddati (Facebook, Twitter ecc.). Poi eventuali
riferimenti se non linkati

Aggiornamento del post

-Se il titolo si cambia conviene far diventare il vecchio titolo un capitolo del
post in modo da non perdere le keyword

Lezione Del 6 Marzo 2015


In questa lezioni ci occuperemo delle fonti giornalistiche e delle pi importanti
tra le fonti indirette, cio le agenzie di stampa. Mi sono servito come sempre
del manuale del Papuzzi e del capitolo cinque ("Le fonti") del libro di Mazzocco.
In generale, secondo la definizione di Papuzzi, le fonti giornalistiche:

1) Sono le persone e i documenti che forniscono informazioni sugli


avvenimenti oggetto di notizia quando il giornalista non testimone
diretto.-------personas que proporcionan noticia cuando el periodista no
esta presente

2) Si tratta del "primo livello di discostamento dall'evento", del "primo


diaframma tra
un resoconto
evento, del
comunicacion)

il giornalista e i fatti" che rende pi arduo riuscire a fare


oggettivo del fatto.---primer nivel de desviacion del
primer diafragma(separacion que interrumpe la
entre el periodista y los hechos

3) La fonte non ci restituisce l'integrit dell'evento, ma ci mette a


disposizione una versione dell'evento. Non ci d la verit, ma una sua
verit.---ofrece una integridad del evento, nos da la verdad, pero una
verdad suya
Insomma, anche nel caso in cui ci sia buonafede, la fonte sempre parziale e
limitata rispetto alla totalit dell'evento di cui si dovrebbe riuscire a dare un
resoconto. Descrive un frammento di realt e non la realt intera.
Naturalmente se il racconto della fonte diventa la notizia stessa - come accade
nelle testimonianze di un avvenimento da parte della vittima o dello spettatore
di un fatto di cronaca - questa parzialit intrinseca assolutamente giustificata.
Ma si tratta appunto del resoconto dell'esperienza di un avvenimento e non
dell'avvenimento stesso. Negli altri casi occorre, un trattamento che, in un
certo, senso compensi la parzialit intrinseca delle fonti "per garantire
veridicit e correttezza dell'informazione".
La prima cosa "avere un numero di fonti sufficiente a garantire la pi ampia

conoscenza dei fatti". Di solito le fonti - secondo le pratiche codificate nelle


redazioni - devono essere almeno due e convergenti. Il problema, per, che il
giornalista lotta contro il tempo e - il pi delle volte - non riesce a prendere
contatto con tutte le fonti che servirebbero per avere le informazioni. Deve
quindi decidere chi sentire prima e chi sentire dopo (o non sentire affatto).
Serve quindi una gerarchia delle fonti. E quindi bisogna decidere quale fonti
siano pi importanti. In generale le regole - ben descritte da Papuzzi - sono
due:

1. L'accertamento degli avvenimenti presuppone la configurazione di


uno schema delle fonti disponibili e accessibili.

2. Si distingue tra due livelli di fonti: di primo livello (o primarie) e di


secondo livello (osecondarie).

Le fonti di primo livello sono quelle che "garantiscono credibilit


all'informazione o perch possiedono un'autorevolezza specifica istituzionale o
perch viene loro riconosciuta una competenza specifica: ministri, sindaci,
magistrati, avvocati, docenti, sindacalisti, i verbali delle sedute parlamentari, i
verbali di un consiglio d'amministrazione, atti processuali, epistolari, carteggi e
cos via".
Le fonti di secondo livello sono quelle la cui "attendibilit affidata alla stessa
citazione giornalistica, nel senso che il giornalista, dando loro voce a
legittimarli agli occhi del suo pubblico". Insomma si tratta del "testimone
oculare, dello spettatore di una manifestazione, del vicino di casa" o del
"cosiddetto uomo della strada".
La differenza non sta nell'importanza dell'informazione fornita, ma nella
credibilit della fonte. Un testimone oculare - nota Papuzzi - se ha un ruolo
processuale, se cio stato sentito da un magistrato, una fonte primaria; se,
invece, invece il testimone parla privatamente con il giornalista una fonte
secondaria. Quello che fa la differenza che "la fonte di primo livello un atto
manifesto e registrabile a prescindere dalla veridicit dell'informazione che
fornisce", cio, in quanto atto manifesto e registrabile, un avvenimento.
Anche le agenzie di stampa, come vedremo, sono equiparate alle fonti di primo
livello, mentre le fonti di secondo livello - mancando di autorevolezza intrinseca
- devono essere messe in relazione con altre fonti.
Ecco quindi la terza regola.

3. "Le fonti di secondo livello devono sempre essere controllate perch le


informazioni che forniscano possano diventare notizie".

In realt, per, come detto anche le fonti primarie andrebbero controllate,


almeno secondo la tradizione del giornalismo anglosassone.

Passiamo ora al problema della pubblicit delle fonti. Per scrivere una buona
notizia bisogna identificare chiaramente le fonti di informazione, sia nel caso di
dichiarazioni virgolettate sia nel caso di dichiarazioni indirette. Nessuna fonte nemmeno quella pi istituzionale - neutra e numerose fonti - in una societ
sempre pi orientata alla comunicazione - sono di parte e, oltretutto, hanno
una precisa strategia. La possibilit di identificare la fonte permette al lettore di
valutare gli interessi in gioco e "rende pi limpida la notizia".
Naturalmente ci sono delle eccezioni, dovute anche al rapporto fiduciario che si
instaura tra il giornalista e la fonte. Papuzzi riporta le quattro possibilit
previste dalla manualistica USA per quel che riguarda la pubblicit delle fonti:

Off the record. Si tratta di dichiarazioni che la fonte non desidera siano
usate in alcun modo.

2
Deep background. La fonte consente l'uso giornalistico
dell'informazione per non accetta che le sia attribuita. In questo caso si
parla di fonti anonime: le pi difficili da trattare e di cui non si pu
abusare. Vanno utilizzate solo se sono assolutamente necessarie e se le
notizie che forniscono sono davvero dirompenti. Un esempio di fonte in
"deep background" il famoso "Gola Profonda" che permise a Bernstein
e Woodward di impostare la loro inchiesta sullo scandalo Watergate.

3 Background. La fonte consente l'uso giornalistico dell'informazione e


accetta l'attribuzione, ma non in termini anagrafici. In questo caso di
tratta di un attribuzione attraverso la funzione svolta. Esempio tipico
"fonti del ministero degli Interni" ecc.

4 On the record. La fonte permette sia l'uso dell'informazione che


l'attribuzione senza restrizioni.

Una delle regole non scritte del giornalismo anglosassone, poi, impone di non
cambiare le parole di una citazione, neppure nello sforzo di renderne chiaro il
significato o per ovviare ad errori sintattici o grammaticali. In generale, invece,
nel giornalismo italiano non viene considerato un tradimento l'editing di una
testimonianza per renderla pi chiara. In generale il problema della pubblicit
delle fonti molto complesso. Utilizzare fonti anonime a volte pi essere
necessario, ma l'opacit che ne deriva aumenta i rischi di diventare gli
strumenti della strategia comunicativa di una delle parti in causa e quindi di
fallire il proprio compito che sarebbe quello di fornire un rendiconto il pi
possibile vicino alla verit.
Consideriamo ora le agenzie di stampa. La teoria divide le fonti in "dirette"
(cio quelle che sono frutto dell'autonoma ricerca del giornalista) e "indirette"
(cio quelle che si autopropongono e si organizzano per diffondere le notizie).

Nel primo caso abbiamo del materiale grezzo che va rielaborato dal giornalista,
nel secondo caso, invece, dei "semilavorati testuali" che ambiscono allo status
di notizia. Questo doppio binario genera, poi, anche delle altre distinzioni come
quella tra "newsmaking" (la ricerca delle notizie) e "newsgathering" (la
valutazione e la selezione delle notizie). Inoltre si rispecchia anche
nell'organizzazione del lavoro giornalistico che distingue "writers" (cronisti,
corrispondenti, inviati) e "editors" (redattori addetti al desk).
Come nota Papuzzi:
Con lo sviluppo di una vera industria della comunicazione, la categoria delle
fonti indirete, o intermedie,si straordinariamente dilatata: ne fanno parte
uffici stmpa, pubbliche relazioni, uffici di promozione, addetti stampa,
segreterie, portavoce.
Un vero e proprio apparato industriale "il cui obiettivo il controllo
dell'informazione attraverso interventi di orientamento e di persuasione che
prevedono anche la produzione di notizie". Un apparato che da un lato
semplica la vita del cronista, ma dall'altro tende a condizionare pesantemente
il suo lavoro.
Un posto a parte, nell'ambito delle fonti indirette, occupato dalle agenzie di
stampa. La quota pi larga dell'informazione pubblicata dai mezzi di
comunicazione di massa deriva dal lavoro delle agenzie di stampa che sono
uno snodo cruciale del sistema informativo contemporaneo.
La prima agenzia di stampa fu la Havas, messa in piedi a Parigi nel 1832 da
Charles-Luis Havas, un commerciante ebreo di famiglia ungherese. L'agenzia,
all'inizio, soprattutto un ufficio di traduzioni: Havas conosceva bene l'inglese
e il tedesco (e la moglie lo spagnolo) e quindi riprendeva - in tempi in cui il
copyright non era un problema - articoli di giornali stranieri e li forniva alla
stampa francese e a clienti privati. In pi distribuiva le notizie di borsa.
Vent'anni dopo fu il primo a ottenere il permesso di utilizzare la rete telegrafica
francese. Due ex impiegati di Havas - Bernard Wolff e Paul Julius Reuters - poi
aprirono due altre agenzie: la Wolff a Berlino e la Reuters a Londra. Nel 1859
Havas, Wolff e Reuters stipularono un accordo in cui si spartirono le zone
d'influenza: Havas ebbe la Francia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo e il Medio
Oriente; Wolff la Germania, la Scandinavia, i Balcani e la Russia; Reuters
l'Inghilterra e l'impero coloniale britannico.Intanto le cose stavano cambiando
anche negli Stati Uniti. La Asociated Press (AP) nacque nel 1848, la United
Press nel 1892 e la Dow Jones (specializzata in informazione finanziaria) nel
1882. La prima telescrivente - la macchina che divenne il simbolo delle agenzie
di stampa - fu utilizzata da Reuters nella sua sede londinese nel 1928. La
telescrivente era il mezzo con cui le agenzie di stampa mantenevano i contatti
in modo automatico con i quotidiani abbonati e fu sostituita solo dalla

trasmissione elettronica negli anni '90. Nel 1934, a Riga, fu stipulato un


ulteriore accordo tra agenzie di stampa in cui vennero stabimente riconosciuti i
principi della libert d'informazione e della libera concorrenza.

La prima agenzia di stampa italiana fu "la Stefani", fondata nel 1853 per
volont di Cavour da Guglielmo Stefani un giornalista allora direttore della
"Gazzetta Piemontese". La "Stefani" divenne l'agenzia nazionale dello stato
fascista e della Repubblica sociale e alla fine della guerra venne chiusa. Gli
impianti della defunta agenzia passarono a una nuova agenzia, di propriet di
una coperativa fra editori di quoitidiani, costituita nel 1945: l'Ansa (Agenzia
Nazionale Stampa Associata). L'Ansa ancora oggi la pi importante agenzia di
stampa italiana.

Le agenzie di stampa hanno una doppia natura: da una parte svolgono un


normale lavoro giornalistico e al tempo stesso sono fonti per gli altri mass
media a cui forniscono buona parte del materiale che poi verr pubblicato. Ma
si tratta di fonti speciali perch, in genere, "la maggior parte dei materiali
d'agenzia sono notizie gi elaborate, la cui attendibilit garantita da
metodologie di lavoro giornalistico". Quindi di solito si tratta di materiale che
non necessita di un'ulteriore verifica prima di finire in pagina. Il pubblico
principale delle agenzie composto dagli editor dei giornali associati, ma negli
ultimi tempi - con l'avvento di internet - una parte del materiale prodotto dalle
agenzie arriva direttamente al pubblico dei lettori senza la mediazione di
un'ulteriore testata giornalistica.
I formati utilizzati dalle agenzie di stampa sono sostanzialmente tre:

o 1. il flash. Notizia di una o due righe che si limita a comunicare


l'evento in maniera secca e folgorante pochi istanti dopo che
questo avvenuto.

o 2

il take, Notizia coincisa, costruita secondo le regole delle


cinque W, normalmente non superiore alle 24 righe (un vincolo
che derivava dall'utilizzo del telegrafo per la trasmissione); per
eventi pi importanti le agenzie inviano numerosi take.

o 3 Il servizio completo e quello di riepilogo. In questo caso si


tratta di un pezzo giornalistico completo, molte volte firmato, che
riepiloga i vari take della giornata e che pu essere utilizzato
direttamente o con un editing minimo.

In conclusione ecco le principali agenzie mondiali

La Associated Press (AP)


La United Press (UP)
La Thompson-Reuters
La France Press
La Tass (Russia)
La Nuova Cina
La DPA (Deutsche Press Agentur)
La Efe (Spagna)
La Kyodo (Giappone)
L'ANSA
La Dow-Jones (economica)
La Bloomberg (economica)
Considereremo ora una diversa tassonomia delle fonti proposta da Davide
Mazzocco che le divide in:
Fonti dirette
Fonti ufficiali (istituzioni, aziende, organizzazioni strutturate, partiti, ma anche
uffici stampa)
Fonti indirette (Agenzie di stampa, ma anche altre testate giornalistiche)
Sociali network (importanza del Fact checking anche sui sociali network)

Lezione Del 9 Marzo 2015


In questa lezione abbiamo ultimato di prendere in considerazioni gli elementi
delle lezioni precedenti e ho fatto una breve introduzione - dopo aver parlato di
concetti come blog, wiki, web 2.0, e nuove audience - all'uso dei social media
come possibili fonti giornalistiche e come modalit di distribuzione dei
contenuti. In pi dovrete studiare il quinto capitolo del libro di Mazzocco. Qui
potete trovare le slide e qui il paper del PEW di cui abbiamo discusso a lezione.
Qui c' il Pdf del Verification Handbook. Qui, invece, il rapporto sull'uso del
mobile e dei social media nel mondo. Qui, infine, ci sono le slide.

La lezione stata basata sul saggio Un nuovo giornalismo sintreccia nella


Rete: linformazione nellera dei blog di Antonio Sofi che fa parte del volume a cura di Carlo Sorrentino - Il campo giornalistico (Carrocci, 2006). In pi ho
utilizzato Blog Generation di Giuseppe Granieri (Laterza, 2005) e Sociologia dei
media digitali di Davide Bennato (Laterza, 2012).
Prima per meglio dare alcune informazioni preliminari.
La storia dei weblog piuttosto recente, ma non esiste una data d'inizio precisa
della loro diffusione. Si pu dire che
uno dei primo weblog stato
probabilmente Robot Wisdom di Jorn Barger, che anche l'inventore
della parola "weblog". I primi "post" di Robot Wisdom risalgono al dicembre
1997 e pi o meno questa la data che si prende come inizio della "rivoluzione
blog". Laspetto del weblog di Barger una scarna raccolta di link con un
sommario riassunto del contenuto ordinata per data dinserimento - era molto
diverso da quella di un normale weblog, anche se la struttura, almeno a grandi
linee, quella. Ma come nota Dave Winer - nella definizione pi calzante che io
sono riuscito a trovare di weblog - un blog , molto semplicemente, l'unedited
voice of a person, cio la voce di una persona che non ha subito processi di
editing o di riscrittura.
Il weblog ha un autore (o un'autrice o una comunit dautori) che godono di un
certo numero di privilegi. E' l'autore che scrive i post e i lettori possono solo - e
a volte nemmeno - commentare. Inoltre l'autore pu modificare i post e anche i
commenti (che possono anche essere soppressi).

In questo il weblog si distingue dalle pagine wiki - wikipedia costruita


attraverso pagine wiki - che invece danno a tutti - il pi delle volte previa
registrazione preliminare - l'opportunit di "postare" testi e di modificare
quanto scritto da altri. Naturalmente, poi, allinterno delle comunit wiki come
Wikipedia - esistono regole di editing che determinano la differenza tra
lapporto costruttivo o il vandalismo, ma non si tratta di regole inscritte nel
format (e nel software, in questo caso un CSM, che lo determina), quanto di
limitazioni al format perch lanarchia creativa non si trasformi in anomia.
Esempi di queste norme e limitazioni si possono trovare nelle cosiddette
editing war che ogni tanto scoppiano allinterno di wikipedia e che
costringono gli amministratori dellenciclopedia collaborativa online che
adotta un punto di vista neutrale nella stesura delle pagine - a rendere non
modificabili agli utenti normali alcune voci particolarmente calde.
In generale, comunque, sia i weblog che le pagine wiki fanno parte di quella
che viene chiamata "read/write internet", cio della seconda fase della rete,
quando sono diventati la norma i sistemi evoluti di lettura e scrittura che hanno
reso possibile una maggiore interattivit e la possibilit di modificare le pagine

in modo veloce e senza avere particolari capacit tecniche. In poche parole


fanno parte di quello che viene definito web 2.0, secondo la nota definizione
data di Bill OReilly nel 2004. Si tende a indicare come Web 2.0 l'insieme di
tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di
interazione tra il sito e lutente. In particolare i concetti chiave sono
fondamentalmente due:

Architettura delle partecipazione. Secondo OReilly i servizi web 2.0


fanno s che allaumentare del numero dei propri utenti aumenti di
conseguenza il valore del servizio. Non solo: lincremento progressivo del
numero degli utenti porta al miglioramento del servizio stesso (vicino al
concetto di esternalit della rete: il valore di un servizio o di un bene
per un individuo aumenta allaumentare del numero degli individui che
usano o posseggono lo stesso bene). Collegati a questo concetto ci
sono le idee di web come piattaforma (internet come strumento per
erogare servizi software); le tecnologie web come beta perpetuo (ovvero
in
costante
modifica,
miglioramento
e
aggiornamento);
lhackerabilit/remixabilit/possibilit di mash-up (la possibilit di
riutilizzare parte dei contenuti/software per progetti diversi senza violare
il copyright).

Intelligenza collettiva. E quel tipo di comportamento collettivo di tipo


cognitivo che prende forma attraverso le tecnologie che consentono
laggregazione dellintelligenza distribuita in diversi individui e in diversi
gruppi sociali. E parafrasando da definizione di intelligenza artificiale
quel comportamento che se venisse espresso da una persona verrebbe
definito intelligente. In particolare lintelligenza collettiva prevede: a)
collaborazione; b) coordinamento; c) tecnologia. Collaborazione perch
presuppone che le persone coinvolte decidano autonomamente di far
parte del progetto secondo le proprie intenzioni e possibilit.
Coordinamento perch necessaria una forma di distribuzione dei
compito non gerarchica che rispetti le competenze degli utenti coinvolti.
Tecnologia perch questa consente la creazione di un coordinamento non
gerarchico e collaborativo che rende possibile laggregazione delle
competenze individuali in maniera scalare, in modo che le forme di
intelligenza collettiva possano essere espresse anche da un numero
virtualmente infinito di persone. Collegati al concetto ci sono le idee
della centralit dei dati (la possibilit di riuso dei contenuti prodotti); i
link come moneta di scambio (il link come strumento di valorizzazione
dei contenuti); gli utilizzatori come fonte di valore (community sfruttabile
commercialmente e fonte di valore/conoscenza dei servizi web).

Un concetto simile a web 2.0 quello di social computing usato da


Forrester Research che viene definito come struttura sociale in cui la

tecnologia d poter alle comunit, non alle istituzioni.


Ora veniamo ai punti principali fondamentali che fanno di un sito un weblog:

E' scritto da una persona (o pi raramente da pi persone) dall'identit


riconoscibile e distintiva, anche se spesso coperta da un nickname.

E' aggiornato periodicamente, spesso con cadenza giornaliera.

E' caratterizzato da articoli (chiamati post) che hanno una data di


pubblicazione (spesso un titolo e l'indicazione dell'autore).

I post seguono un criterio cronologico inverso, il testo pi recente sopra


quello meno recente.

I post sono conservati in archivi organizzati per mesi e/o per argomenti e
sono forniti di permalink (cio link permanenti e non dinamici).

Presenta modalit pi o meno accentuate di interattivit con il lettore


(dai commenti in relazione a ogni singolo post, alla e-mail)

Ora diamo una definizione di blogosfera come:


l'insieme dei blog, spesso connotati per appartenenza geografica e tematica;
insieme che trova una certa, spesso solo immaginata, unitariet attraverso e
grazie a un reticolato diffuso di collegamenti ipertestuali, fissi o temporanei, e
discussioni interrelate; nonch alla presenza di luoghi di aggregazione e di
indicizzazione dei contenuti.
In particolare possiamo identificare due macrocategorie di blog:

I diari online. Rilettura in chiave web del classico diario personale.


Narrativizzazione della propria identit. Punto di presenza online.

I blog informativi. Problema del rapporto tra blogger e giornalisti.

Prima di continuare con il testo di Antonio Sofi (che trovate qui), vi segnalo
anche un vecchio intervento di Jay Rosen (che un professore di giornalismo
alla New York University) dove per la prima volta si mette a confronto il
giornalismo con la blogosfera. Il testo qui (gi in formato stampabile).
Consiglio a quelli di voi che non hanno troppi problemi con l'inglese di leggerlo
e studiarlo.
Veniamo ora a una definizione di sito di social network. Con questo termine si
identifica una classe di servizi web dalle seguenti caratteristiche: consentono
agli individui la costruzione di un profilo pubblico o semi-pubblico in un sistema
circoscritto; permettono di organizzare una lista di utenti con cui instaurare un
legame mediante una connessione, e di vedere e sfogliare la lista delle proprie

connessioni (definite in modi diversi) e di quelle altrui allinterno del sistema.


Allinterno dei siti di social network e questa la cosa per noi interessante
avvengono scambi incessanti di contenuti. Molti di questi contenuti sono news
e questo, come vedremo, impatta sulla diffusione delle informazioni.

Lezione Del 16 Marzo 2015


In questa lezione ci siamo occupati del tema della fine del giornalismo e della
difficolt di trovare un modello di business adeguato. Un tema che si
sviluppato a partire dalla pubblicazione del libro di Philip Meyer The Vanishing
Newspaper (University of Missoury Press, Columbia and London, 2004) e delle
prospettive dellindustria. Per dare lidea di come le testate giornalistiche
stiano reagendo qui potete scaricare il famoso rapporto sullinnovazione
elaborato lanno scorso dal New York Times.
Le slide le potete scaricare qui.
Il dibattito - che in questi mesi di crisi del giornalismo e di chiusura o
amministrazione controllata di testate importanti diventato acutissimo -
stato impostato male fin dall'inizio. Infatti gli articoli dell'Economist (qui il pdf
in inglese) - che quella settimana dell'agosto 2006 fece la copertina Who
killed the newspaper? - davano per scontata una previsione - quella che
l'ultima copia del New York Times sarebbe stata pubblicata nel 2046 - che
Meyer aveva estrapolato da un trend storico e che non riteneva affatto fosse
ultimativa.
Infatti di solito con una tendenza che mostra un mercato che si sta erodendo
anno per anno le imprese cercano di trovare una mossa che li metta in una
posizione meno scomoda oppure escono dal gioco ben prima che quello
specifico mercato muoia. E il libro di Meyer, appunto, cercava di suggerire agli
editori USA proprie le mosse giuste per uscire dall'impasse.
Meyer usa un modello per descrivere il lavoro delle testate informative
chiamato influence model, cio "modello dell'influenza" e che consiste nello
sdoppiare l'impatto delle testate in due distinti ambiti che sono per
strettamente correlati. Da una parte l'infuenza che una testata acquista
nella societ (e che non in vendita) e dall'altra l'influenza nelle
decisioni d'acquisto (che invece venduta agli investitori pubblicitari).
Secondo Meyer un quotidiano - o una testata giornalistica televisiva - con un
grosso impatto sociale anche un ottimo veicolo per l'advertising e per questo
pu chiedere un prezzo pi alto di una testata con minor influenza sociale. In
particolare Meyer individua una specie di catena del valore:
Contenuto di qualit ------> Autorevolezza ----> Influenza sociale --------> Circolazione ----------->
Profitti ----------> Contenuto di qualit

Secondo Mayer quindi - anche se l'autore riconosce che i dati da lui raccolti a
riguardo sono contraddittori - l'autorevolezza di una testata ne aumenta il
valore e la penetrazione. Se un anello di questa catena viene spezzato - per
esempio si comincia a tagliare per diminuire i costi e questi tagli impoveriscono
la qualit del giornale, oppure si aumentano i prezzi senza che quest'aumento
si riverberi in servizi migliori - nel giro di pochi anni viene intaccato il valore
della testata e si rischia di distruggere il brand.
Secondo Meyer, quindi, quello che viene chiamato - secondo la definizione del
guru del marketing Michael Porter - l'harvesting model, cio la tentazione di
fare cassa intaccando il valore del brand, "una strategia sensata nel breve
termine, ma molto rischiosa nel lungo termine".---la tentacion de conseguir
dinero alterando el brand(dale valor a la marca)
Meyer riconosce che con l'avvento di internet l'industria delle notizie si
trova di fronte a quella che viene chiamata una disruptive technology cio una
tecnologia che ha degli effetti dirompenti e che pu cambiare le posizioni
all'interno del mercato e anche il mercato stesso. Le testate giornalistiche infatti - erano abituate a un mercato non troppo competitivo e con molte
barriere all'entrata (derivate dal valore delle testate con un forte radicamento
sociale - come i quotidiani di lunga tradizione - e dagli ingenti capitali che
servivano per mettere in piedi una sfida competitiva seria). Ma Internet ha
cambiato tutto questo. Non ci sono pi costi fissi esorbitanti e il potere delle
vecchie abitudini d'acquisto in un ambiente nuovo come la Rete non pi
tanto vincolante. Ecco quindi che le testate giornalistiche si trovano in
difficolt.
Solo che delle quattro soluzioni proposte da Porter per questo genere di
situazioni:

chiama in aiuto i fornitori;

dirigiti verso segmenti di mercato pi protetti;

entra nell'industria sostitutiva;

fai cassa "mungendo la vacca" (milking the cow), cio sfruttando fino
all'ultimo le potenzialit del vecchio business portandolo alla morte, gli
editori per ora hanno utilizzato solo la pi semplice, ma anche la pi
pericolosa, cio hanno deciso di fare cassa tagliando i costi senza badare
alla qualit.

Secondo Meyer, infatti, la nuova barriera all'ingresso che potrebbe salvare il


mercato dell'industria delle informazioni il contenuto di qualit. Content is
king nelle sue parole proprio perch Il modo pi veloce per guadagnare
influenza diventare una fonte d'informazione autorevole e affidabile.

Allo stesso modo essere autorevole diventa la nuova posizione strategica


Come l'informazione arriva ai consumatori - attraverso il filo telefonico, un cavo
di fibra ottica, un collegamento wireless, un ragazzo con la sua bicicletta che
distribuisce i giornali - non sar cos importante quanto la reputazione del
produttore del contenuto. Guadagnare questa reputazione potrebbe richiedere
la creativit e il coraggio di provare tecniche radicalmente nuove per scovare,
valutare, analizzare e presentare le notizie. Potrebbe richiedere una definizione
radicalmente differente del rapporto tra giornalisti e comunit dei lettori cos
come delle responsabilit che derivano dal Primo Emendamento (quello che
garantisce la libert di stampa ndr).
Insomma Meyer continua a ritenere che valori come l'accuracy e la readability
dei pezzi giornalistici possano fare la differenza, e questo si pu ottenere
aumentando il lavoro di editing fatto dalle redazioni giornalistiche, ma al tempo
stesso nota - con una sana dose di realismo - che perch questa strategia che
premia la qualit sia vincente occorre che anche i conti economici siano in
ordine. E per questo occorre almeno:

Pareggiare i costi con i ricavi. (compaginar costes con ingresos)

Produrre un ritorno sull'investimento maggiore di quello di un titolo di


stato.

Remunerare il rischio assunto dagli investitori con la crescita del valore


delle azioni.

Il problema che con la crisi attuale neppure il primo obiettivo


pareggiare i costi con i ricavi - stato raggiunto.

- quello di

Ora cercheremo di analizzare i modelli di business - o meglio l'affannosa


ricerca dei modelli di business - delle testate giornalistiche in preda alla crisi
determinata dall'avvento di internet - che ha reso molto pi veloce l'emorragia
di lettori che peraltro si era gi verificata all'epoca dell'avvento della
televisione - e dalla crisi economica che ha deteriorato i bilanci dei quotidiani e
ha ridotto - in modo massiccio - le risorse che le aziende erano solite investire
nella pubblicit, cio nel vero motore dell'industria della notizia.
Molti dei lettori pi giovani semplicemente non leggono pi il giornale di carta,
mentre continua a cercare informazioni sul web (anche se forse non attraverso
le testate giornalistiche online, ma secondo modelli pi leggeri). E' quindi
giocoforza tenere presente che il terreno di maggior sviluppo per l'editoria sar
Internet almeno nel prossimo futuro. Il problema che il modello di fruizione
che funziona su internet la gratuit dei contenuti (in realt non c' nulla di
gratuito, anche se non si paga per avere le notizie: semplicemente gli editori
vendono il tempo e l'attenzione dei lettori agli utenti pubblicitari che pagano

salato le aziende di comunicazione per veicolare i loro messaggi). E la


pubblicit su internet - anche se si sviluppa sempre di pi - ancora troppo
poca per remunerare in modo congruo lo sforzo delle aziende editoriali.
Ricordando il motto di Steward Brand che ho messo come motto del sito:
information wants to be free, ma allo stesso tempo information wants also
to be expensive. E aggiungo, come Brand, that tension will not go away.
Quello che si rischia - in questo periodo di passaggio da una tecnologia all'altra
- che le risorse disponibili non bastino per fare del giornalismo di qualit. E
cos il progresso delle tecnologia si accompagni con lo scadimento della qualit
del prodotto.
In pi ora la crisi ha reso tutto ancora pi drammatico. Si cos tornati a
parlare di far pagare per i contenuti online. Le strategie adottate sono molto
pi sofisticate che in passato: in sintesi si cerca di realizzare dei sistemi di
"micropagamento" - oppure degli abbonamenti (attraverso i metered paywall)
che colpiscano gli heavy users, cio non i lettori occasionali - che non siano
troppo cari per scoraggiare l'acquisto, ma che comunque portino una qualche
remunerazione alla testata. Questa la via seguita, per esempio, da New York
Times. Il Guardian, invece, ha deciso di continuare sulla strada della gratuit.
Tutto questo, per, fa contro il modello prevalente su internet, dove i contenuti
vengono veicolati attraverso i motori di ricerca, gli aggregatori di notizie e la
condivisione attraverso i social network. E' per questo che si sono realizzate
forme diverse di distribuzione telematica come attraverso gli e-reader - come il
Kindle, con il nuovo modello Kindle Fire, di Amazon e in modo lievemente
diverso l'iPad di Apple o con gli svariati modelli di tablet Android - e i telefonini
di ultima generazione: l'iPhone e liPad, per esempio, riescono a gestire i
pagamenti incrementali e quindi pu essere una buona base per costruire un
sistema flessibile di abbonamento ai nuovi contenuti multimediali. Solo che i
primi esperimenti non sono proprio esaltanti, anche se negli ultimi due anni si
assistito a un decollo delle copie digitali che premia le testate che hanno
investito di pi su questo tipo di distribuzione.
Ormai da anni (por aos), almeno per le testate mainstream, la situazione
quella descritta da questo report del Project for excellence in journalism del
PEW Research Center (qui loriginale in inglese e qui la sintesi di LSDI in
Italiano). In pratica, come sintetizza LSDI
a 15 anni dallinizio dellera digitale, anche nella stampa Usa sembra ancora
dominare quella che un manager chiama cultura dell inerzia, che rende
molto difficile il cambiamento. Mentre gran parte delle testate non sembrano in
grado di diversificare i flussi di entrate o di inventare dei prodotti innovativi con
la necessaria tempestivit. Dalla ricerca emerge quindi limmagine di un
settore industriale che non ancora riuscito a trovare un nuovo modello

economico: che ha cercato di rimediare alla contrazione, tagliando le redazioni


o aumentando i prezzi degli abbonamenti. Ma che, nonostante tutto questo, ha
visto i ricavi calare in media del 40% nellultimo decennio. Alcuni dirigenti
editoriali con cui abbiamo parlato sembrano frustrati e incerti su come
procedere ha spiegato Tom Rosenstiel, direttore del progetto, che fa capo al
Pew Research Center -. Ma abbiamo anche visto che, se si riescono a rompere
dei vecchi modelli culturali, unaltra strada possibile.
In pratica, per, per ogni dollaro guadagnato in pubblicit sullonline ci sono 7
dollari che vanno persi sulla carta.
Ulteriore materiale di ricerca pu essere ricavato da uno studio del 2009
dell'Osservatorio europeo di giornalismo (facolt di Scienze della
Comunicazione dell'universit della Svizzera italiana) di cui riporto qui sotto la
sintesi. Si tratta di un documento un po datato visto che non tiene conto
degli ultimi sviluppo, cio delluso dei paywall porosi, dellaumento della
condivisioni attraverso social network e della nascita di testate native digitali
ma sostanzialmente condivisibile.
Nonostante il notevole aumento dei lettori online, la pubblicit non aumenta
proporzionalmente. Anzi, gli incrementi sono poco significativi e la migrazione
della pubblicit dalla carta allonline molto contenuta: il valore
dellinvestimento pubblicitario su web mediamente non supera il 10% dei ricavi
complessivi dei giornali.
Il tentativo di imporre accessi a pagamento sembra avere poche possibilit di
successo: i lettori sono abituati a ottenere gratis le informazioni e tendono a
rifutare qualsiasi forma di abbonamento o micropagamento. Un cambiamento
di tendenza potrebbe essere possibile solo in presenza di una strategia
condivisa dai principali gruppi editoriali. In questa prospettiva vanno
considerate le mosse di Rubert Murdoch, che si detto intenzionato a
estendere la formula a pagamento, oggi attiva sul Wall Street Journal, ad altri
siti web dei giornali di propriet di News Corporation. Baster il traino di
Murdoch a cambiare le dinamiche? (update: Murdoch ha esteso la formula a
pagamento anche al Times e molte altre testate, come il New York Times, lo
hanno seguito, ma per ora non basta, anche se i risultati non sono affatto
disastrosi)
Il modello di business dei giornali online soffre la concorrenza di Google. Ma se
i giornali si privassero del traffico generato dai motori di ricerca vedrebbero
diminuire immediatamente il proprio audience di oltre il 50%. La critica nei
confronti di Google appare quindi strumentale e mira pi che altro a ricercare
un compromesso economico vantaggioso.
I costi di una struttura editoriale di tipo tradizionale sono assorbiti per un 25%35% da carta e stampa, per un 30%-40% dalla distribuzione e per un 15%-25%

dal costo del personale di redazione. In buona sostanza si pu affermare che un


60% sia rappresentato da costi industriali, costi, evidentemente, che si
riducono sensibilmente nel momento in cui si decide di passare all'online, in
quanto il valore della spesa di infrastruttura tecnologica per un'attivit
esclusivamente su web corrisponde circa a un 10% dei costi complessivi, sei
volte inferiore a quello della carta. Tuttavia il modello solo online non
economicamente sostenibile, se non in circostanze eccezionali, e ci vorranno
tra i 5 e gli 8 anni, secondo una valutazione ottimistica, prima che lo diventi.
Un periodo di tempo in cui molte testate saranno costrette a chiudere o a
ridimensionarsi fortemente. (sicuramente una previsione ottimistica, visto che
siamo ancora in mezzo al guado, ndr)

Gli interventi statali a sostegno delleditoria servono ad attenuare le difficolt


del settore, ma non sono sostenibili sul lungo periodo; proprio perch sta
cambiando il modo in cui il pubblico si informa.
Che fare quindi?
L'idea attorno alla quale l'industria della carta stampata si coagulata la
convinzione che si possa preservare la vecchia forma organizzativa, che la
logica di un contenuto generalista sia sostanzialmente valida e che sia
necessario un semplice lifting digitale. Niente di pi sbagliato. Solo pochi grandi
gruppi potranno permettersi di offrire uninformazione generalista di qualit; la
grande maggioranza dei giornali dovr puntare sulla focalizzazione ovvero su
una serie di elementi informativi che rappresentano i punti di forza della
testata. A livello locale ci significa che le testate dovranno diventare iperlocali.
La sfida, semmai, sar quella della connettivit ovvero proporre percorsi di
lettura e spunti che, attraverso link ad altre testate, permettano di accedere
alle informazioni pi qualificate in rete sugli argomenti che la testata non tratta
o affronta sommariamente.
Con il passare del tempo, il termine stampa diventato sinonimo di
giornalismo, la cui stessa parola ereditata, appunto, dal giornale. Nulla di pi
anacronistico: il giornalismo del futuro sar multimediale e fortemente
interattivo; ma ci richiede un cambiamento di mentalit che i giornalisti
tendono a rifiutare e che nel lungo periodo rischia di essere fortemente
autolesionista.
Il web favorir la moltiplicazione delle testate, accompagnate, per, da
redazioni pi snelle e flessibili. Solo cos infatti linformazione online pu essere
economicamente sostenibile. Ci rappresenta una chance per i nuovi siti
giornalistici e una sfida per quelle tradizionali che dovranno risolvere o
attenuare le criticit di indebitamento ereditate dagli investimenti compiuti in
passato, come quelli immobiliari o lammortamento degli investimenti nelle

rotative full color. Gli asset del passato si sono trasformati rapidamente in
passivit: la capacit di gestire queste ultime sar molto importante per
determinare le possibilit di adeguamento delle societ editoriali esistenti.
La logica di adattamento riguarda anche la pubblicit. Se da un lato emergono
seri dubbi sullaffidabilit del criterio basato sugli accessi unici, oggi prevalente,
dallaltro gli editori sembrano non aver capito le potenzialit di Internet. E se
innegabile che un modello di business non stato ancora trovato, vero che i
tentativi di trovare nuove fonti di reddito sono stati limitati o comunque fatti,
una volta ancora, seguendo le vecchie logiche. Perch, ad esempio, non reagire
alla concorrenza di Google adottando le sue stesse logiche e dunque puntando
su forme di aggregazione pi evolute tra i giornali stessi?
Il vecchio mondo editoriale era basato sul concetto di esclusivit della testata,
quello nuovo invece, proprio per il ruolo dei motori di ricerca e i tempi
brevissimi di permanenza sul sito (tre minuti), favorisce la logica opposta:
quella della condivisione dei contenuti e della complementariet fra le testate.
Ma per coglierle tutti devono cambiare approccio: giornalisti, editori,
pubblicitari.
(AADIR DOCUMENTO)

20 MARZO lezione sull internet (slide)


Note Per La Lettura Di "Spreadable Media"
Anche il libro di Jenkins, Ford e Green (Spreadable Media. I media tra
condivisione, circolazione e partecipazione) non particolarmente complesso.
Vi consiglio di studiare con cura
l'introduzione MACA
il primo capitolo MACA
il secondo MACA
il terzo ALEX
il quarto ALEX
il quinto ALEX
le conclusioni. LOS DOS

Il sesto e il settimo capitolo sono d'interesse un po' pi settoriale, invece.


Interessante, ma come al solito scritta in modo molto involuto, la postfazione di

Giovanni Boccia Artieri.

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