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Le prime quattro lezioni servono a dare le basi teoriche del corso con una
rapida descrizione dei concetti fondamentali di sociologia del giornalismo e di
quelli che, con un termine felicemente ambiguo, chiamiamo new media. Alcune
nozioni, probabilmente, le conoscete gi perch siete gi Lstati miei studenti
oppure avete gi frequentato un corso di sociologia del giornalismo, ma - visto
che senza una minima base teorica quello che racconter nelle altre lezioni
perde in profondit - ci tengo a ribadire alcuni concetti chiave. E mi scuso per
chi ha gi seguito in precedenza queste lezioni.
La maggior del materiale di questa lezione stato ricavato dal saggio
"L'ampliamento del campo giornalistico" di Carlo Sorrentino (pubblicato nel
volume miscellaneo Il campo giornalistico a cura di Carlo Sorrentino, Carrocci
2006), dal libro, sempre di Carlo Sorrentino, Il giornalismo. Che cos' e come
funziona (Carocci, 2002) e dallultimo manuale scritto da Carlo Sorrentino
assieme a Enrico Bianda (Studiare giornalismo. Ambiti, logiche, attori, Carrocci,
Roma, 2013). Si anche utilizzato, per alcune definizioni, il manuale di Denis
McQuail Sociologia dei media (il Mulino, 1986).
Qui potete recuperare le slide della presentazione. E qui quelle della lezione.
In particolare stata messa in evidenza questa definizione di giornalismo che
Carlo Sorrentino deriva dal pensiero di Pierre Bourdieu:
Il giornalismo un prodotto culturale realizzato attraverso una fitta
negoziazione (negociacin densa) che avviene e si definisce in specifici contesti
sociali.
Insomma il giornalismo
- non un semplice rispecchiamento (adecuacin) dei fatti
- ma un prodotto culturale che costruisce una realt sociale a partire dai
rapporti stabiliti tra fonti, giornalisti e pubblico.
- Una costruzione che deve tener conto delle routine produttive dei giornalisti
(criteri di notiziabilit, regole deontologiche della professione, teorizzazioni sul
giornalismo, corsi universitari di Teoria e tecniche del linguaggio giornalistico,
ecc.) e dalla situazione sociale data in un determinato contesto.
Questo significa anche che esistono modelli di giornalismo diversi determinati
dalla diversa dislocazione - e dalla diversa auto-interpretazione - degli attori
sociali coinvolti nella realizzazione del prodotto culturale che chiamiamo
giornalismo. In sintesi viene utilizzato un approccio costruttivista che si basa
sulla negazione di due luoghi comuni, cio che i fatti parlino da soli e che il
giornalismo rispecchi la realt.
I.
II.
III.
Generi. Sono nati perch alcune linee di confine sono diventate meno
rilevanti: per esempio il talk show, l'infotainment e gli svariati esempi di
docu-drama. Alcuni programi sono diventati meno rilevanti
IV.
V.
VI.
VII.
I.
II.
III.
peculiari forme di digital divide - garantito a tutti i soggetti. Almeno dal punto
di vista teorico, perch poi la realt determinata dalluso decisamente
diversa.
Parallelamente, i new media mettono in atto alcune dinamiche di
integrazione e di trasformazione dei media tradizionali. In particolare, si parla
di convergenza e di ibridazione. Nella prima fase di diffusione delle tecnologie
digitali ha preso corpo l'idea utopica del meta medium, ossia di un
dispositivo (molto frequentemente identificato nel computer) che avrebbe
assorbito al proprio interno tutte le funzionalit, gli usi e gli scopi dei mezzi
precedenti. li tempo ha dimostrato l'astrattezza di una simile posizione; anche
se il principio della convergenza permane, ha assunto le forme di una
progressiva integrazione del sistema mediale a livello produttivo (basti pensare
in tal senso agli accordi tra multinazionali originariamente operanti in ambiti
diversi), tecnologico (il digitale caratterizza trasversalmente l'evoluzione di tutti
i mezzi, dalla radio alla tv), linguistico e testuale, con l'ideazione di prodotti
multipiattaforma che si declinano per i diversi media. Si pensi a questo
proposito all'area della crossmedialit, strategica nel nuovo assetto mediale,
con l'esigenza di ideare contenuti per mezzi e canali distributivi sempre pi
numerosi, tenendo conto anche delle trasformazioni delle pratiche d'uso dei
fruitori. Moltissimi programmi televisivi e radiofonici hanno uno spazio sul web,
in cui sono messi a disposizione dell'utente contenuti aggiuntivi e spazi di
intera zione con l'emittente, che possono prevedere anche forme parziali di
coautorialit.
La convergenza, nella forma della condivisione di alcuni caratteri
originariamente propri di un mezzo comunicativo, porta all'ibridazione, ossia
alla trasformazione degli assetti del sistema mediatico cos come erano definiti
nella forma originaria. Un esempio di questa trasformazione la radio che,
nella sua forma di web radio, con la trasposizione in rete acquista la possibilit
dell'archiviabilit e quindi della disponibilit - secondo modi e forme diversi dei programmi passati, insieme alla visibilit dei conduttori che acquistano un
volto e una riconoscibilit. Contemporaneamente, per, la radio rinuncia ad
alcuni suoi tratti distintivi: la volatilit e la concentrazione sull'oralit.
Se, dunque, nel momento aurorale delle tecnologie digitali lo scenario che si
delineava sembrava quello di una contrapposizione - fino alla possibile
sostituzione - tra nuovi e vecchi media, l'assetto attuale piuttosto quello di
una reciproca integrazione, che tiene conto anche delle pratiche di consumo.
La commistione tra elementi di innovazione e di mantenimento all'interno del
sistema mediale nel suo complesso sembra seguire - tra le altre - anche la
dimensione della personalizzazione, rintracciabile in una dinamica a doppia
direzione, dalla produzione al consumo e viceversa.
cinque W (Who, Where, When, What, Why): il primo capoverso del pezzo
doveva contenere le risposte alle classiche domande chi, dove, quando, cosa e
perch. La notizia deve stare tutta nelle prime righe - spiegava al giovane
Pansa il suo primo caposervizio -, perch il lettore non ha tempo da perdere e
vuol sapere subito di che storia si tratta .... Cominciare in questo modo,
preciso, secco ed essenziale voleva dire voltare pagina rispetto alla tradizione
retorica e letteraria del vecchio giornalismo. Questo tipo di lead rimasto un
efficace modello.
Ma non pi l'unico. L'applicazione sistematica della regola delle cinque W fin
per produrre un appiattimento stilistico. Dalla seconda met degli anni
Cinquanta, il Giorno introdusse un nuovo lead che portava in primo piano un
particolare dell'avvenimento o della vicenda. Quando andai al Giorno - ricorda
Pansa - scoprii che l lo chiamavano lead e questo lead era l'ossessione del
vicedirettore Angelo Rozzoni, che arriv a farmelo cambiare sei volte. Il
segreto era anticipare qualcosa che tenesse desta la curiosit del lettore,
anche dopo l'esposizione dei fatti e dati essenziali. Il lead impostato su un
particolare ha un effetto coinvolgente sul lettore e gli propone il senso nascosto
della notizia.
La prima distinzione riguarda, quindi, i contenuti del lead che pu essere
composto dal fatto nella sua essenzialit (summary lead o standard lead)
oppure da un particolare del fatto che si capace di essere molto coinvolgente
per il lettore. In ogni caso - sia che si enunci il fatto, sia che si punti sul
particolare - ci sono quattro modi generali di costruire un lead.
2) Con una situazione, cio mettendo subito il lettore di fronte a una scena
concreta. Si tratta di uno degli attacchi pi efficaci, ma bisogna stare
attenti che non devi troppo l'attenzione dal focus del fatto raccontato.
a) successione cronologica;
b) causa ed effetto;
c) azione e reazione
La gerarchia dei fatti, cio prima i fatti pi importanti e poi gli eventi
accessori.La struttura di un articolo poi completata da altri due
elementi: il riepilogo (importante soprattutto nelle developing news e
nelle continuing news) e la conclusione.
Un'ultima considerazione deve essere fatta sui tempi delle routine produttive. Il
web - come in precedenza le reti "all news" - ragiona nei termini di "24 ore per
sette giorni", mentre i giornali hanno dei tempi e delle "deadline" da rispettare:
a un certo punto della notte le pagine devono essere chiude e parte il lavoro
delle rotative. Quindi il giornale che si legge la mattina parte gi vecchio di
alcune ore. Cosa che non accade con i siti web che hanno fatto proprio delle
"running news" il loro marchio di fabbrica. Chi meglio di una struttura
informativa che pu seguire un avvenimento in tempo reale adatto a seguire
una seduta difficile alla Camera o, per usare un tema pi leggero, una partita di
calcio? Insomma il cosiddetto liveblogging - cio la cronaca di un avvenimento
con brevi post posti in ordine cronologico inverso (dallultimo evento al primo) un po il marchio di fabbrica dellinformazione web-based.
Lezione 5 MARZO
I link
-Do (or cover) what you do the best and link the rest
-Ma c differenza tra link esterni e link interni. Contraddizione tra le regole di
netiquette e logiche editoriali
-In genere nelle imprese editoriali si tende a linkare allesterno il meno
possibile. (concorrenza e problemi di affidabilit dei siti linkati)
-Far rimanere i lettori sulle proprie pagine fa parte del mestiere, ma i link sono
vivamente consigliati quando, per esempio, si cita un virgolettato Oppure un
articolo di un altro collega. un fatto di etica professionale, di correttezza. Nel
caso si faccia riferimento a un'intervista auspicabile citare la testata e anche
il giornalista.
-Ma l'ipertesto non si utilizza solamente per le esigenze meramente
cronachistiche. I link servono per sgravare il giornalista dallincombenza di
spiegare tutto nel suo pezzo che un po quello che accade sul giornale dove,
spesso, gli articoli devono contenere una sintesi (magari sotto forma di box o
infografiche) che chiarisca il pregresso o le parti pi complesse dell'articolo
La Homepage
-Header
-Modulo centrale: apertura, taglio alto, taglio medi
o, taglio basso, box laterali (a destra di solito le n
otizie social di alleggerimento; a sinistra, quando c, iblog)
-Footer
Crossmedialit
-Testo principale
-Fotogallery
-Altre foto e contenuti embeddati (Facebook, Twitter ecc.). Poi eventuali
riferimenti se non linkati
-Se il titolo si cambia conviene far diventare il vecchio titolo un capitolo del
post in modo da non perdere le keyword
Passiamo ora al problema della pubblicit delle fonti. Per scrivere una buona
notizia bisogna identificare chiaramente le fonti di informazione, sia nel caso di
dichiarazioni virgolettate sia nel caso di dichiarazioni indirette. Nessuna fonte nemmeno quella pi istituzionale - neutra e numerose fonti - in una societ
sempre pi orientata alla comunicazione - sono di parte e, oltretutto, hanno
una precisa strategia. La possibilit di identificare la fonte permette al lettore di
valutare gli interessi in gioco e "rende pi limpida la notizia".
Naturalmente ci sono delle eccezioni, dovute anche al rapporto fiduciario che si
instaura tra il giornalista e la fonte. Papuzzi riporta le quattro possibilit
previste dalla manualistica USA per quel che riguarda la pubblicit delle fonti:
Off the record. Si tratta di dichiarazioni che la fonte non desidera siano
usate in alcun modo.
2
Deep background. La fonte consente l'uso giornalistico
dell'informazione per non accetta che le sia attribuita. In questo caso si
parla di fonti anonime: le pi difficili da trattare e di cui non si pu
abusare. Vanno utilizzate solo se sono assolutamente necessarie e se le
notizie che forniscono sono davvero dirompenti. Un esempio di fonte in
"deep background" il famoso "Gola Profonda" che permise a Bernstein
e Woodward di impostare la loro inchiesta sullo scandalo Watergate.
Una delle regole non scritte del giornalismo anglosassone, poi, impone di non
cambiare le parole di una citazione, neppure nello sforzo di renderne chiaro il
significato o per ovviare ad errori sintattici o grammaticali. In generale, invece,
nel giornalismo italiano non viene considerato un tradimento l'editing di una
testimonianza per renderla pi chiara. In generale il problema della pubblicit
delle fonti molto complesso. Utilizzare fonti anonime a volte pi essere
necessario, ma l'opacit che ne deriva aumenta i rischi di diventare gli
strumenti della strategia comunicativa di una delle parti in causa e quindi di
fallire il proprio compito che sarebbe quello di fornire un rendiconto il pi
possibile vicino alla verit.
Consideriamo ora le agenzie di stampa. La teoria divide le fonti in "dirette"
(cio quelle che sono frutto dell'autonoma ricerca del giornalista) e "indirette"
(cio quelle che si autopropongono e si organizzano per diffondere le notizie).
Nel primo caso abbiamo del materiale grezzo che va rielaborato dal giornalista,
nel secondo caso, invece, dei "semilavorati testuali" che ambiscono allo status
di notizia. Questo doppio binario genera, poi, anche delle altre distinzioni come
quella tra "newsmaking" (la ricerca delle notizie) e "newsgathering" (la
valutazione e la selezione delle notizie). Inoltre si rispecchia anche
nell'organizzazione del lavoro giornalistico che distingue "writers" (cronisti,
corrispondenti, inviati) e "editors" (redattori addetti al desk).
Come nota Papuzzi:
Con lo sviluppo di una vera industria della comunicazione, la categoria delle
fonti indirete, o intermedie,si straordinariamente dilatata: ne fanno parte
uffici stmpa, pubbliche relazioni, uffici di promozione, addetti stampa,
segreterie, portavoce.
Un vero e proprio apparato industriale "il cui obiettivo il controllo
dell'informazione attraverso interventi di orientamento e di persuasione che
prevedono anche la produzione di notizie". Un apparato che da un lato
semplica la vita del cronista, ma dall'altro tende a condizionare pesantemente
il suo lavoro.
Un posto a parte, nell'ambito delle fonti indirette, occupato dalle agenzie di
stampa. La quota pi larga dell'informazione pubblicata dai mezzi di
comunicazione di massa deriva dal lavoro delle agenzie di stampa che sono
uno snodo cruciale del sistema informativo contemporaneo.
La prima agenzia di stampa fu la Havas, messa in piedi a Parigi nel 1832 da
Charles-Luis Havas, un commerciante ebreo di famiglia ungherese. L'agenzia,
all'inizio, soprattutto un ufficio di traduzioni: Havas conosceva bene l'inglese
e il tedesco (e la moglie lo spagnolo) e quindi riprendeva - in tempi in cui il
copyright non era un problema - articoli di giornali stranieri e li forniva alla
stampa francese e a clienti privati. In pi distribuiva le notizie di borsa.
Vent'anni dopo fu il primo a ottenere il permesso di utilizzare la rete telegrafica
francese. Due ex impiegati di Havas - Bernard Wolff e Paul Julius Reuters - poi
aprirono due altre agenzie: la Wolff a Berlino e la Reuters a Londra. Nel 1859
Havas, Wolff e Reuters stipularono un accordo in cui si spartirono le zone
d'influenza: Havas ebbe la Francia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo e il Medio
Oriente; Wolff la Germania, la Scandinavia, i Balcani e la Russia; Reuters
l'Inghilterra e l'impero coloniale britannico.Intanto le cose stavano cambiando
anche negli Stati Uniti. La Asociated Press (AP) nacque nel 1848, la United
Press nel 1892 e la Dow Jones (specializzata in informazione finanziaria) nel
1882. La prima telescrivente - la macchina che divenne il simbolo delle agenzie
di stampa - fu utilizzata da Reuters nella sua sede londinese nel 1928. La
telescrivente era il mezzo con cui le agenzie di stampa mantenevano i contatti
in modo automatico con i quotidiani abbonati e fu sostituita solo dalla
La prima agenzia di stampa italiana fu "la Stefani", fondata nel 1853 per
volont di Cavour da Guglielmo Stefani un giornalista allora direttore della
"Gazzetta Piemontese". La "Stefani" divenne l'agenzia nazionale dello stato
fascista e della Repubblica sociale e alla fine della guerra venne chiusa. Gli
impianti della defunta agenzia passarono a una nuova agenzia, di propriet di
una coperativa fra editori di quoitidiani, costituita nel 1945: l'Ansa (Agenzia
Nazionale Stampa Associata). L'Ansa ancora oggi la pi importante agenzia di
stampa italiana.
o 2
I post sono conservati in archivi organizzati per mesi e/o per argomenti e
sono forniti di permalink (cio link permanenti e non dinamici).
Prima di continuare con il testo di Antonio Sofi (che trovate qui), vi segnalo
anche un vecchio intervento di Jay Rosen (che un professore di giornalismo
alla New York University) dove per la prima volta si mette a confronto il
giornalismo con la blogosfera. Il testo qui (gi in formato stampabile).
Consiglio a quelli di voi che non hanno troppi problemi con l'inglese di leggerlo
e studiarlo.
Veniamo ora a una definizione di sito di social network. Con questo termine si
identifica una classe di servizi web dalle seguenti caratteristiche: consentono
agli individui la costruzione di un profilo pubblico o semi-pubblico in un sistema
circoscritto; permettono di organizzare una lista di utenti con cui instaurare un
legame mediante una connessione, e di vedere e sfogliare la lista delle proprie
Secondo Mayer quindi - anche se l'autore riconosce che i dati da lui raccolti a
riguardo sono contraddittori - l'autorevolezza di una testata ne aumenta il
valore e la penetrazione. Se un anello di questa catena viene spezzato - per
esempio si comincia a tagliare per diminuire i costi e questi tagli impoveriscono
la qualit del giornale, oppure si aumentano i prezzi senza che quest'aumento
si riverberi in servizi migliori - nel giro di pochi anni viene intaccato il valore
della testata e si rischia di distruggere il brand.
Secondo Meyer, quindi, quello che viene chiamato - secondo la definizione del
guru del marketing Michael Porter - l'harvesting model, cio la tentazione di
fare cassa intaccando il valore del brand, "una strategia sensata nel breve
termine, ma molto rischiosa nel lungo termine".---la tentacion de conseguir
dinero alterando el brand(dale valor a la marca)
Meyer riconosce che con l'avvento di internet l'industria delle notizie si
trova di fronte a quella che viene chiamata una disruptive technology cio una
tecnologia che ha degli effetti dirompenti e che pu cambiare le posizioni
all'interno del mercato e anche il mercato stesso. Le testate giornalistiche infatti - erano abituate a un mercato non troppo competitivo e con molte
barriere all'entrata (derivate dal valore delle testate con un forte radicamento
sociale - come i quotidiani di lunga tradizione - e dagli ingenti capitali che
servivano per mettere in piedi una sfida competitiva seria). Ma Internet ha
cambiato tutto questo. Non ci sono pi costi fissi esorbitanti e il potere delle
vecchie abitudini d'acquisto in un ambiente nuovo come la Rete non pi
tanto vincolante. Ecco quindi che le testate giornalistiche si trovano in
difficolt.
Solo che delle quattro soluzioni proposte da Porter per questo genere di
situazioni:
fai cassa "mungendo la vacca" (milking the cow), cio sfruttando fino
all'ultimo le potenzialit del vecchio business portandolo alla morte, gli
editori per ora hanno utilizzato solo la pi semplice, ma anche la pi
pericolosa, cio hanno deciso di fare cassa tagliando i costi senza badare
alla qualit.
- quello di
rotative full color. Gli asset del passato si sono trasformati rapidamente in
passivit: la capacit di gestire queste ultime sar molto importante per
determinare le possibilit di adeguamento delle societ editoriali esistenti.
La logica di adattamento riguarda anche la pubblicit. Se da un lato emergono
seri dubbi sullaffidabilit del criterio basato sugli accessi unici, oggi prevalente,
dallaltro gli editori sembrano non aver capito le potenzialit di Internet. E se
innegabile che un modello di business non stato ancora trovato, vero che i
tentativi di trovare nuove fonti di reddito sono stati limitati o comunque fatti,
una volta ancora, seguendo le vecchie logiche. Perch, ad esempio, non reagire
alla concorrenza di Google adottando le sue stesse logiche e dunque puntando
su forme di aggregazione pi evolute tra i giornali stessi?
Il vecchio mondo editoriale era basato sul concetto di esclusivit della testata,
quello nuovo invece, proprio per il ruolo dei motori di ricerca e i tempi
brevissimi di permanenza sul sito (tre minuti), favorisce la logica opposta:
quella della condivisione dei contenuti e della complementariet fra le testate.
Ma per coglierle tutti devono cambiare approccio: giornalisti, editori,
pubblicitari.
(AADIR DOCUMENTO)