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Reazione a catena della polimerasi - Wikipedia

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Reazione a catena della polimerasi


Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

La reazione a catena della


polimerasi (in inglese: Polymerase
Chain Reaction), comunemente nota
con l'acronimo PCR, una tecnica di
biologia molecolare che consente la
moltiplicazione (amplificazione) di
frammenti di acidi nucleici dei quali si
conoscano le sequenze nucleotidiche
iniziali e terminali. L'amplificazione
mediante PCR consente di ottenere in
vitro molto rapidamente la quantit di
materiale genetico necessaria per le
successive applicazioni.
Tale metodica fu ideata nel 1983 da
Kary B. Mullis il quale ottenne, per
questo, il premio Nobel per la chimica
(1993).
Indice

Il thermocycler esegue automaticamente i cambi di


temperatura necessari per la PCR

1 Meccanismo di funzionamento
1.1 Schema di un ciclo di PCR
2 Efficienza
3 Allestimento di una PCR
3.1 La scelta del bersaglio
3.2 La quantit di materiale
bersaglio
3.3 I controlli
3.4 I primer
3.5 Il magnesio
3.6 I nucleotidi
3.7 L'enzima
3.8 I parametri da adottare
4 Le contaminazioni
5 Applicazioni
6 Varianti
7 Altri progetti
8 Collegamenti esterni

Meccanismo di
funzionamento

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Il primo prototipo di thermocycler contenente il software


applicativo integrato nell'hardware (1986)

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La PCR ricostruisce in vitro uno specifico passaggio della


riproduzione cellulare: la ricostituzione (sintesi) di un segmento
di DNA "completo" (a doppia elica) a partire da un filamento a
singola elica. Il filamento mancante viene ricostruito a partire da
una serie di nucleotidi (i "mattoni" elementari che costituiscono
gli acidi nucleici) che vengono disposti nella corretta sequenza,
complementare a quella del DNA interessato.
Questo processo viene svolto in natura da enzimi chiamati
DNA-polimerasi, che sono in grado di sintetizzare
progressivamente un nuovo filamento di DNA nelle seguenti
condizioni:
devono essere disponibili i nucleotidi da polimerizzare,
sotto forma di desossiribonucleotidi trifosfati (dNTP);
il DNA deve essere denaturato, ovvero le due eliche che
compongono i filamenti devono essere gi separate;
il segmento da ricostruire pu essere soltanto prolungato,
ovvero non possibile sintetizzare un nuovo filamento a
partire da zero;
devono inoltre essere rispettate opportune condizioni di
temperatura, pH, ecc.
possibile quindi ricostruire le condizioni che portano alla
formazione dei nuovi segmenti di DNA, ponendo in soluzione:

Schema delle fasi di una PCR:


1. Denaturazione
2. Annealing
3. Allungamento
4. Termine del ciclo

una quantit, anche minima, del segmento di DNA che si


desidera riprodurre;
una quantit opportuna di nucleotidi liberi per costituire i
nuovi filamenti;
opportuni "inneschi", detti primer, costituiti da brevi sequenze di DNA (oligonucleotidi)
complementari agli estremi 5 e 3 del segmento da riprodurre;
altri elementi di supporto (ad es. ioni magnesio), necessari per costituire l'ambiente adatto alla
reazione;
una DNA polimerasi (non necessario che provenga dallo stesso organismo di cui si deve
replicare il DNA).
Per avviare la reazione della polimerasi (fase di prolungamento del filamento a partire dal primer
5) prima necessario provvedere alla separazione dei filamenti del DNA (fase di denaturazione),
quindi alla creazione del legame tra i primer e le regioni loro complementari dei filamenti di DNA
denaturati (fase di annealing). Questo processo risulta per incompatibile con la DNA polimerasi
umana, che viene distrutta alle temperature necessarie alla denaturazione (96-99 C).
Per ovviare a questo inconveniente si fa ricorso alle polimerasi appartenenti a organismi termofili
che non sono inattivate dalle alte temperature, ad esempio la Taq polimerasi proveniente dal batterio
termofilo Thermus aquaticus. Ci consente di realizzare pi cicli di PCR in sequenza, in ciascuno dei
quali viene duplicato anche il DNA sintetizzato nelle fasi precedenti, ottenendo una reazione a
catena che consente una moltiplicazione estremamente rapida del materiale genetico di interesse.

Schema di un ciclo di PCR


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1. La soluzione di DNA da replicare, desossiribonucleotidi trifosfati, ioni magnesio, primer e


TAQ polimerasi viene portata a una temperatura compresa tra 94 e 99 C. Ci si trova, di
conseguenza, in una situazione in cui la doppia elica del DNA viene completamente scissa ed i
due filamenti di cui essa composta sono liberi (fase di denaturazione).
2. Successivamente la temperatura viene abbassata fino a 40-55 C circa al fine di permettere il
legame dei primer alle regioni loro complementari dei filamenti di DNA denaturati (fase di
annealing).
3. Infine la temperatura viene alzata fino a 65-72 C al fine di massimizzare l'azione della TAQ
polimerasi che determina un allungamento dei primer legati, utilizzando come stampo il
filamento singolo di DNA (fase di prolungamento).
Il ciclo descritto viene ripetuto generalmente per circa 30-40 volte. In genere non si superano i 50
cicli in quanto ad un certo punto la quota di DNA ottenuto raggiunge un plateau. Ci avviene, ad
esempio, per carenza degli oligonucleotidi usati come inneschi o per diminuzione dei dNTP. Bisogna
inoltre considerare che si potrebbe amplificare in maniera eccessiva anche eventuale materiale
genomico contaminante.

Efficienza
In linea teorica ogni ciclo dovrebbe raddoppiare la quantit di DNA; ci, tuttavia, non si realizza. Per
avere una stima sufficientemente attendibile del numero di filamenti di DNA ottenuti dopo n cicli si
pu ricorrere alla formula:

dove:
Yn = DNA prodotto dopo n cicli
A = quantit iniziale di DNA presente
n = numero di cicli di PCR effettuati
E = efficienza dell'amplificazione (in genere compresa tra 0,7 e 0,8)

Allestimento di una PCR


La scelta del bersaglio
La scelta del bersaglio genetico da amplificare tramite PCR dipende da ci che si interessati ad
ottenere e per tale motivo si ricorre a differenti strategie come, ad esempio:
in caso di malattie genetiche o tumorali viene amplificato il gene responsabile di tali stati
patologici (ovviamente il gene in questione deve essere stato gi riconosciuto),
in caso di malattie infettive si possono amplificare geni del microorganismo in questione che
codifichino per funzioni vitali essenziali o per fattori di virulenza.
Il bersaglio da amplificare pu anche essere una molecola di RNA (come, ad esempio, nel caso di
alcuni virus) la quale deve essere, come primo passo, sottoposta ad una reazione di retrotrascrizione
(vedi anche RT-PCR).

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La quantit di materiale bersaglio


Per effettuare una PCR si pu benissimo utilizzare una piccola quantit di bersaglio in quanto la
sensibilit della reazione molto alta. Si visto che una quantit di DNA genomico di 100 ng
sufficiente per identificare un gene bersaglio che presente in una singola copia. La presenza d'un
basso quantitativo di bersaglio, comunque, aumenta la probabilit che vengano amplificate sequenze
non specifiche.
Una quantit troppo elevata di DNA, al contrario, pu diminuire l'efficienza dell'amplificazione a
causa della presenza di troppi elementi contaminanti e pu rendere complessa la valutazione della
resa della reazione durante i processi di ottimizzazione dei singoli parametri per cercare di allestire
tutta la PCR.
Durante le fasi d'allestimento d'una PCR sarebbe bene, per evitare le problematiche appena riportate,
cercare d'ottimizzare la quantit di DNA utilizzata (anche se non sempre ci possibile) mandando
una serie di reazioni d'amplificazione in cui tutti i parametri siano fissi tranne il quantitativo di DNA
che viene impiegato in dosi scalari.
Per poter far ci, comunque, necessario poter valutare la quantit di DNA ottenuta durante il
processo di estrazione e ci pu essere ottenuto tramite una lettura spettrofotometrica d'una aliquota
dell'estratto in cui viene misurata l'assorbanza a 260 nm, e tenendo conto del fatto che un valore di
assorbanza di 1 con un cammino di 1 cm corrisponde a 50 g/ml di DNA a doppia elica ed a 40
g/ml di DNA a singola elica o di RNA. Effettuando, inoltre, una lettura ad una lunghezza d'onda di
280 nm (picco d'assorbanza delle proteine, principale contaminante degli estratti) ed effettuando il
rapporto tra le rispettive assorbanze a 260 e 280 nm si pu ottenere una stima della purezza del DNA
ottenuto (in genere in preparazioni pure di DNA od RNA tale rapporto vale, rispettivamente, 1,8 e
2,0).
La lettura a 230 nm, invece, riflette la presenza di contaminanti quali: fenolo, composti aromatici,
peptidi e carboidrati. Il rapporto tra l'assorbanza a 260 nm e quella a 230 nm permette di evidenziare
la contaminazione da tali agenti (nelle preparazioni pure vale 2,2).
Preparazioni in cui i rapporti sopra indicati si discostano significativamente da quelli delle
preparazioni pure sono indice di contaminazione e ci fa s che la stima della concentrazione di DNA
ottenuto sia meno accurata.
Altri fattori che possono inficiare l'efficienza dell'amplificazione sono: la presenza di DNA circolare
ed il suo peso molecolare. Effettivamente l'efficienza d'amplificazione leggermente inferiore in
molecole di DNA circolari o che abbiano un peso molecolare troppo elevato per cui, in questi casi,
consigliabile utilizzare appositi enzimi di restrizione che permettano, rispettivamente, di linearizzare
il materiale genomico o di ridurlo in frammenti pi piccoli.

I controlli
L'allestimento d'opportuni controlli di qualit permette di valutare la sensibilit e specificit della
metodica, nonch di evidenziare la presenza di falsi positivi o falsi negativi. I controlli da utilizzare
sono:
il controllo positivo,
il controllo negativo.
Il controllo positivo consiste in un campione in cui la sequenza bersaglio contenuta. Tale controllo
non dovrebbe contenere un numero di copie di sequenza bersaglio troppo alto (in genere tra105 e
106). Ci al fine di evitare di creare pericolosi aerosol che possano contaminare altri campioni o di
sottostimare eventuali cali di sensibilit della reazione con produzione di falsi negativi.
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Il controllo negativo consiste in un campione in cui la sequenza bersaglio manca. Esso serve per
evidenziare eventuali contaminazioni che potrebbero riferirsi sia all'estrazione del materiale
genomico, sia al momento di preparazione della PCR.

I primer
La scelta dei primer da utilizzare costituisce un aspetto essenziale per la buona riuscita della PCR.
Essi, infatti, devono potersi ibridare in maniera specifica ed efficiente alla sequenza d'interesse,
tralasciando quelle aspecifiche. La tipologia di primer da usare varia a seconda dello scopo della
PCR.
Nel caso di malattie infettive risulta conveniente ricorrere a primer che siano specie-specifici o che
possano efficacemente distinguere tra ceppi patogeni e non.
Per la diagnosi di patologie genetiche si pu ricorrere, invece, a due strategie: primer che siano
complementari a regioni adiacenti a quella in cui si trova la mutazione da individuare oppure primer
in cui uno dei due sia complementare alla sequenza mutata. In quest'ultimo caso si avr che, in
assenza della mutazione, non si avr alcun prodotto d'amplificazione. Poich la complementariet dei
primer rispetto alla sequenze bersaglio pu non essere assoluta si pu ricorrere all'uso di primer
contenenti alcuni nucleotidi non complementari (per creare, ad esempio, siti di taglio per enzimi di
restrizione) o primer degenerati (cio miscele di oligonucleotidi che variano tra loro per la presenza
di differenti basi in punti specifici). Questi ultimi consentono di poter identificare geni di cui sia nota
solo la sequenza proteica o geni omologhi tra diverse specie.
Nell'allestimento d'una PCR la distanza compresa tra i due primer alquanto flessibile e pu andare
dalle 100 alle 10000 paia di basi (anche se, in realt, l'efficienza dell'amplificazione diminuisce
quando si superano le 3000 paia di basi). Per cercare di ovviare a questo problema sono state
costruite varianti della DNA polimerasi prive dell'attivit esonucleasica (che va dal 5' al 3').
La lunghezza d'un primer , in genere, compresa tra le 20 e le 30 paia di basi e non dovrebbe essere
inferiore alle 16 (al fine di non pregiudicare la specificit del processo).
Grazie alle banche dati ed alle pubblicazioni scientifiche stanno diventando sempre pi disponibili le
sequenze di DNA o di RNA necessarie per poter disegnare i primer da utilizzare nelle PCR.
Una volta ottenuta la sequenza d'interesse bisogna controllare che nel resto del genoma non vi siano
sequenze omologhe che possano portare alla produzione di falsi positivi e successivamente si pu
iniziare a disegnare i primer tenendo presente alcune accortezze:
il contenuto di GC dovrebbe essere compreso tra il 45 ed il 50%;
i primer non dovrebbero contenere sequenze tra loro complementari oppure sequenze ripetute
invertite per evitare che si formino aggregati di primer (detti dimeri di primer) o strutture a
forcina.
La concentrazione con cui i primer vengono comunemente usati si aggira attorno ad 1 mM e si
ritiene che un simile quantitativo sia sufficiente per almeno 30 cicli d'amplificazione. Una
concentrazione di primer troppo elevata potrebbe portare all'amplificazione di sequenze non
specifiche, mentre, al contrario, una troppo scarsa presenza di primer rende la PCR inefficace. Per
allestire una PCR, si render, quindi, necessaria un'ottimizzazione della concentrazione dei primer,
tramite diluizioni scalari.

Il magnesio
La concentrazione di magnesio senza dubbio il fattore pi critico di tutta la PCR. Questo parametro
deve essere fatto oggetto d'una attenta procedura d'ottimizzazione in quanto pu variare anche se si

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utilizzano diversi primer per amplificare una medesima regione di DNA. La presenza di magnesio
condiziona l'attivit della polimerasi, l'ibridizzazione dei primer ed aumenta la temperatura cui il
DNA stampo si denatura.
Vista la grande importanza del magnesio, bisogna prestare attenzione a che nella soluzione di
reazione non sussista un'eccessiva quantit di agenti chelanti (es:EDTA) o di gruppi negativamente
carichi (es: gruppi fosfato) in quanto entrambi possono catturare il magnesio presente rendendolo
non disponibile. Per allestire una PCR, di conseguenza, bene allestire diverse miscele di reazione
contenenti quantit progressivamente scalari di magnesio che varino da un minimo di 0.05 mM ad un
massimo di 5 mM (il pi delle volte si utilizza magnesio 1,5 mM).

I nucleotidi
Generalmente i nucleotidi vengono utilizzati alla concentrazione di 200 M ciascuno. Un aumento di
questa concentrazione non porta ad un aumento dell'efficienza della reazione in quanto i gruppi
fosfato carichi negativamente possono legarsi al magnesio della miscela rendendolo meno
disponibile. I nucleotidi, in concentrazione superiore ai 200 M, possono aumentare la percentuale
d'errore della polimerasi od addirittura inibirla qualora presenti in concentrazione millimolare.

L'enzima
Nei primi studi riguardanti la PCR veniva usata un frammento di DNA polimerasi di Escherichia
coli (detto frammento di Klenow) ottenuto tramite digestione enzimatica. Le temperature necessarie
per la denaturazione del DNA, sfortunatamente, disattivavano quest'enzima che doveva, cos, essere
reinserito nella provetta dopo ogni fase di denaturazione. La successiva introduzione della Taq
polimerasi, termostabile, permise di risolvere quest'inconveniente piuttosto noioso.
La Taq polimerasi ha consentito di ottenere anche un miglioramento nella specificit della PCR in
quanto ha permesso l'uso di temperature di annealing e di allungamento pi elevate rispetto a quelle
possibili con il frammento di Klenow, il che rende la reazione pi stringente. Effettivamente la Taq
polimerasi presenta un picco d'attivit enzimatica attorno ai 75-80 C ed inoltre permette di
amplificare frammenti di lunghezza superiore alle 400 Kb (limite del frammento di Klenow), fino ad
un massimo di 10 Kb.
La Taq polimerasi, a differenza d'altre polimerasi, presenta un'attivit esonucleasica 5'-3' ma non in
direzione 3'-5'. In direzione 3'-5' consentito alle polimerasi, compreso il frammento di Klenow, di
correggere eventuali errori (proof reading) dovuti ad un'erronea incorporazione dei nucleotidi. Ci fa
s che la Taq polimerasi presenti un tasso d'errore di 2 x10 5nucleotidi, valore che comunque pu
variare modulando opportunamente alcuni parametri quali:
concentrazione dei nucleotidi,
concentrazione del magnesio,
temperatura di "melting"
temperatura di annealing.
Tale tasso d'errore, fortunatamente, risulta ininfluente per le maggior parte delle applicazioni
successive, come, ad esempio, il sequenziamento o l'utilizzo di sonde specifiche.
La ricerca, comunque, si volta a ricercare altre polimerasi con frequenza d'errore minore e con una
pi elevata resistenza alle alte temperature. Ci ha fatto s che venissero messe in commercio altri
enzimi come quelli ottenuti per purificazione da Thermococcus litoralis, Pyrococcus furiosus o
Thermotoga maritima. La prima, infatti, associa un'elevata termoresistenza ad una maggior fedelta
nella sintesi del filamento complementare mentre le altre presentano un'interessante attivit di

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correzione di bozze.
Il frammento di Stoffel una DNA polimerasi ottenuta eliminando i 289 aminoacidi della porzione
N-terminale della Taq polimerasi. Ci fa s che l'enzima risultante sia privo dell'attivit esonucleasica
5'-3' e che abbia una maggior resistenza alle alte temperature (ha infatti un'emivita di circa 20 minuti
a 97,5 C). Una tale caratteristica permette l'utilizzo di temperature di denaturazione pi elevate del
solito e facilit nella sintesi di frammenti ricchi in guanine e citosine che presentano una struttura
secondaria alquanto eleborata. Un'altra caratteristica favorevole consiste nell'avere un'attivit
ottimale in un intervallo di concentrazione di magnesio ampio, compreso tra 2 e 10 mM. Ci pu
facilitarne l'utilizzo in caso di PCR che vadano ad amplificare pi di un bersaglio (PCR multiplex).
La DNA polimerasi, estratta da Thermus thermophilus e successivamente prodotta per via
ricombinante, presenta, oltre all'azione classica, un'attivit di trascrittasi inversa (DNA polimerasi
RNA dipendente) che si manifesta in presenza di cloruro di manganese ad una temperatura di circa
60 C. La DNA polimerasi DNA dipendente si attiva con l'aggiunta di cloruro di magnesio che va a
chelare il manganese. Tale enzima, inoltre sembra resistere bene ad eventuali componenti ematici in
grado di inibire la Taq polimerasi, per cui trova applicabilit nel campo della diagnostica di
laboratorio in cui sia necessario utilizzare un bersaglio ad RNA.
In commercio si trova anche la AmpliTaq Gold DNA polimerasi che in grado di attivarsi
gradualmente a seguito d'una esposizione a 95 C per 10 minuti. Tale attivazione, che rientra nel
concetto delle PCR "hot start", permetta un aumento della sensibilit e specificit della reazione.
Risulta, infine, molto utile nelle PCR multiplex in quanto diminuisce l'aggancio aspecifico dei primer
e la formazione di dimeri.
Anche la quantit d'enzima da utilizzare pu essere un fattore limitante l'accuratezza della PCR in
quanto se la concentrazione troppo bassa la resa dell'amplificato scarsa mentre se troppo alta si
possono generare dei prodotti aspecifici. Il pi delle volte si utilizza una quantit d'enzima variabile
tra 1 e 5 unit per 100 l. Generalmente i quantitativi pi elevati d'enzima vengono usati per
amplificare materiale genetico complesso come quello genomico.

I parametri da adottare
Nella fase di denaturazione, come affermato precedentemente, deve avvenire la completa
separazione dei due filamenti di DNA. Si tratta d'un momento importante in quanto una
denaturazione incompleta pu pregiudicare l'efficienza dell'amplificazione. La denaturazione avviene
piuttosto rapidamente ma bisogna assicurarsi che la temperatura raggiunta sia omogenea in tutta la
provetta di reazione. Il pi delle volte la temperatura utilizzata di 94 C per 30-60 secondi ma
bisogna considerare che vi sono molte variabili che possono richiedere un aggiustamento di tali
valori:
volume di reazione;
posizione della provetta all'interno del thermocycler;
lunghezza e quantit di DNA stampo;
contenuto in coppie GC (le coppie GC sono pi stabili in quanto formano tra loro tre legami
idrogeno per cui ci vuole pi energia per romperli; per ogni percento di GC la temperatura di
denaturazione deve aumentare di 0,4 C);
la soluzione di reazione e la sua forza ionica (la temperatura di denaturazione, infatti, deve
essere innalzata di 16,6 C per ogni aumento di 10 volte della concentrazione dei cationi
monovalenti).
da tenere presente che aumenti eccessivi di temperatura o protratti troppo a lungo possono
diminuire l'attivit della DNA polimerasi che a 95 C ha un tempo di emivita di 40 minuti. Per

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evitare simili problematiche, si pu ricorrere ad agenti (tipo formammide) che destabilizzano i ponti
idrogeno per cui la temperatura di denaturazione pu essere diminuita.
Nella fase di annealing, in cui i primer si appaiano alle sequenze complementari del bersaglio, la
temperatura da utilizzare, e la sua durata, devono essere scelti considerando due aspetti opposti. Una
temperatura pi elevata, infatti, aumenta la specificit della reazione ma ne pu pregiudicare
l'efficienza poich favorisce la separazione dei primer dal bersaglio (il valore della temperatura a cui
si ha il 50% di transizione tra stato a doppia ed a singola elica viene detto temperatura di melting o di
fusione). Se la temperatura viene abbassata, le condizioni diventano meno stringenti ma viene
favorita la formazione di ibridi, e quindi di amplificati, aspecifici.
Una guida utile nel valutare la temperatura di annealing da adottare pu essere la composizione in
coppie GC. Se queste sono poche, allora la temperatura pu essere inferiore ai 55 C, altrimenti dev'
essere superiore. Una formula empirica per stabilire la temperatura di fusione d'un oligonucleotide
(primer) pu essere la seguente:
Tm = 2(A + T) + 4(G + C)
(A,G,C,T rappresentano il numero, rispettivamente, di adenine, guanine, citosine e timine)

La temperatura di annealing viene, in genere, stabilita sottraendo 5 alla temperatura di fusione


calcolata secondo la formula precedente. La temperatura di annealing cos ottenuta pu essere un
buon punto di partenza per i primi tentativi d'allestimento della PCR e successivamente potr essere
variata, in prove successive, per cercare di migliorare la resa o minimizzare la presenza d'eventuali
prodotti aspecifici.
Nella fase di prolungamento la temperatura da adottare quella cui corrisponde la massima attivit
enzimatica (ad esempio con la polimerasi Taq si utilizza una temperatura di 70-72 C). Il periodo di
tempo in cui tale temperatura viene utilizzata varia a seconda della lunghezza del frammento da
amplificare (per la Taq polimerasi un minuto sufficiente per frammenti di 2 Kb). In genere, l'ultimo
ciclo della reazione di amplificazione dura pi a lungo al fine di poter ottenere prodotti che siano
completi il pi possibile. Tale passo risulta estremamente importante in situazioni in cui i prodotti di
reazione debbano avere estremit ben definite, per poterli utilizzare, ad esempio, nel sequenziamento
o nel clonaggio.

Le contaminazioni
Paradossalmente, il pi grande problema della PCR deriva proprio dalla sua elevata sensibilit ed
efficienza. In effetti la reazione risulta molto sensibile alla presenza di materiale genetico
contaminante che si pu trovare in differenti posti: strumentazione, operatore, ambiente esterno. Una
delle maggiori fonti di contaminazione consiste nell'apertura di provette contenenti materiale
amplificato (contaminazione da carry over) il quale, a seguito dell'apertura del recipiente, pu
disperdersi nell'aria sotto forma di aerosol che potrebbe contaminare successive PCR.
Se si considera, in effetti, che in una PCR condotta in un volume di 100 l si possono trovare fino a
1012 molecole di DNA, ci significa che in 10 7 l di soluzione si hanno 103 filamenti di DNA, il
che pu costituire una pericolosa fonte di contaminanti.
Il problema delle contaminazioni tanto maggiore quanto la sensibilit della PCR elevata. Una
PCR meno sensibile risulter, ovviamente, meno soggetta a contaminazioni ma necessiter d'una
maggior presenza del proprio bersaglio per poterlo amplificare.
Un altro aspetto che deve essere considerato la presenza di materiale contaminante di origine
ambientale o cellulare. Volendo, ad esempio, amplificare materiale genomico umano, vi sar la
possibilit che lo stesso operatore sia una fonte di contaminazione (per esempio per perdita di
frammenti di cute che si desquamano o per il rilascio di goccioline di saliva). Avendo a che fare con
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microorganismi vi pu essere la possibilit che essi crescano in vicinanza ai luoghi in cui la PCR
viene preparata. anche possibile la contaminazione crociata a partire dal materiale utilizzato come
controllo positivo il quale potrebbe andarsi a depositare nelle provette dei campioni da testare.
Esiste, infine un'altra possibilit di contaminazione che si pu avere durante le procedure di
rilevazione del prodotto della PCR (ad esempio su gel d'agarosio per la corsa elettroforetica). In
questo caso possibile che materiale di un campione possa aggiungersi in piccola quantit ad un
altro con la possibilit d'un risultato falsato.
Di fronte ad un problema cos importante come quello delle contaminazioni (si pensi soprattutto al
campo della diagnostica) opportuno che vangano intrapresi degli accorgimenti idonei a
minimizzare tale rischio.
assolutamente indispensabile che l'area di preparazione della miscela della reazione sia ben distinta
da quella in cui i campioni vengono inoculati e da quella in cui vengono analizzati. Ci vale anche
per tutta la strumentazione da utilizzarsi. Il fine di ci consiste nell'evitare che eventuale materiale
genomico possa contaminare la soluzione mentre viene preparata.
Tutti i reagenti della PCR dovrebbero venir suddivisi in aliquote piuttosto piccole in maniera tale da
evitare che una provetta venga aperta e chiusa un numero troppo elevato di volte. In caso di presenza
di materiale contaminante, poi, non sar necessario buttare tutto quanto il reagente considerato
inquinato ma solo l'aliquota di esso che stata utilizzata.
I reagenti, inoltre, dovrebbero essere conservati in aree dove non sono presenti prodotti di altre PCR
od eventuale DNA estratto.
Le pipette utilizzate nei laboratori costituiscono una delle maggiori fonti di contaminazione in
quanto, durante la fase d'aspirazione d'una soluzione contenente DNA, possono creare degli aereosol
che si vanno a depositare sulla punta e che possono successivamente andare ad inquinare altri
campioni (specie i controlli negativi). Per ovviare a questa problematica bene utilizzare puntali
dotati di filtro o pipette ad espulsione positiva. Un altro accorgimento utile da usare consiste
nell'utilizzo di pipette differenti per la preparazione della miscela di reazione e per l'inoculo del
DNA.
Tutte queste misure vanno, ovviamente, inserite in un contesto generale di buona pratica
laboratoristica che dovrebbe prevedere, tra l'altro: il cambio frequente dei guanti, la pulizia accurata
di tutte le superfici e strumentazioni e la chiusura di tutte le provette subito dopo il loro utilizzo.

Applicazioni
La PCR viene utilizzata in tutte quelle situazioni in cui bisogna amplificare un quantitativo di DNA
fino a livelli utili per analisi successive. I campi di applicazione sono enormi. La tecnica viene
sfruttata, per esempio, in medicina per la diagnostica microbiologica o per l'evidenziazione di cellule
tumorali, in tumori liquidi, quando esse sono troppo poche per essere evidenziate da altre metodiche
(malattia minima residua). Estremamente utile l'uso della PCR in medicina legale. In biologia la
PCR viene usata per le analisi di paleontologia e di antropologia molecolare ed in numerosi campi
dell'ingegneria genetica. Fondamentale poi il suo utilizzo per lo studio del genoma di organismi
non coltivabili, quali numerosi batteri e protisti, e per lo studio di popolazioni in ecologia. Le diverse
gradazioni di specifit dei primer integrate alla diversa efficienza con cui essi si legano
all'amplificato a seconda della temperatura garantiscono a questa tecnica una straordinaria flessibilit
per studi a tutti i diversi livelli tassonomici.

Varianti
Attualmente esistono delle varianti della PCR classica tra cui:

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Real time PCR


RT-PCR
Reazione a catena della ligasi (LCR)
Mispairing PCR
PCR-RFLP
PCR in situ
Touchdown PCR
Race-PCR
PCR asimmetrica

Altri progetti
Wikimedia Commons contiene file multimediali su Reazione a catena della polimerasi

Collegamenti esterni
Reazione a catena della polimerasi (http://www.minerva.unito.it/Chimica&Industria/Tesi1
/ReazioneCatenaPolimerasi.htm)
PCR (Polymerase Chain Reaction) (http://www.molecularlab.it/tecniche/index.asp)
Determinazione della concentrazione di DNA in soluzione attraverso metodi spettrofotometrici
(http://www.molecularlab.it/relazioni/dna_ricombinante
/01_concentrazione_dna_tramite_spettrometria.asp)
Taq polimerasi: dalla banca dati Swiss-Prot (http://www.expasy.org/uniprot/P19821)
Categoria: PCR | [altre]
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