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Paolo e lagape
12,31
v.1
v.2
a
b
c
a
v.3
b
c
a
b
c
v.4
ab
ba
v.5
b
B
v.6
v.7
a
v.8
a
v.9
v.10
v.11
i
ii
A
c
i
ii
v.12
b
v.13
X
14,1
i
ii
i
ii
~H avga,ph makroqumei/(
crhsteu,etai h` avga,ph(
ouv zhloi/(
h` avga,ph ouv perpereu,etai(
ouv fusiou/tai(
| ouvk avschmonei/(
ouv zhtei/ ta. e`auth/j(
ouv paroxu,netai(
ouv logi,zetai to. kako,n(
| ouv cai,rei evpi. th/| avdiki,a|(
sugcai,rei de. th/| avlhqei,a|\ (= versetto transizione)
pa,nta ste,gei(
pa,nta pisteu,ei(
pa,nta evlpi,zei(
pa,nta u`pome,nei
~H avga,ph ouvde,pote pi,ptei (= cerniera)
ei;te de. profhtei/ai( katarghqh,sontai\
ei;te glw/ssai( pau,sontai\
ei;te gnw/sij( katarghqh,setai
evk me,rouj ga.r ginw,skomen
kai. evk me,rouj profhteu,omen\
| o[tan de. e;lqh| to. te,leion(
to. evk me,rouj katarghqh,setai
o[te h;mhn nh,pioj(
evla,loun w`j nh,pioj(
evfro,noun w`j nh,pioj(
evlogizo,mhn w`j nh,pioj\
o[te ge,gona avnh,r(
kath,rghka ta. tou/ nhpi,ou
ble,pomen ga.r a;rti diV evso,ptrou evn aivni,gmati(
to,te de. pro,swpon pro.j pro,swpon\
a;rti ginw,skw evk me,rouj(
to,te de. evpignw,somai kaqw.j kai. evpegnw,sqhn
Nuni. de. me,nei pi,stij( evlpi,j( avga,ph( ta. tri,a tau/ta\
mei,zwn de. tou,twn h` avga,ph
Diw,kete th.n avga,phn( (= conclusione 1Co 13)
zhlou/te de. ta. pneumatika,( ma/llon de. i[na profhteu,hte
= introduzione 1Co 14
progressione dellelogio
dispositivo retorica
3
propositio
A
B
A
probativo (prove)
peroratio (in forma esortativa)
ku,mbalon avlala,zon Se anche parlo (con) le lingue degli uomini e degli angeli, ma (se) non ho lamore , sono
un bronzo sonante o un cembalo squillante.
Secondo tutti i commentari, Paolo comincia con la glossolalia, perch era il carisma il pi
desiderato e apprezzato a Corinto.
(i) Le due protasi in eva,n + congiuntivo descrivono delle eventualit (supponiamo che io parli ,
ammettiamo che io parli o se eventualmente parlassi , alle quali si oppone la realt
dellapodosi. Il fenomeno va riprodotto nei v.2-3 (con ancora pi grande enfasi).
(ii) - Lespressione lingue degli uomini e degli angeli. La distinzione sembra riflettere quella della
letteratura giudaica intertestamentaria, in cui alcuni esseri umani parlano e pregano nel linguaggio
degli angeli (vedere lesegesi di 12,10; cf. Testamento di Giobbe 48,1-3; 49,2; 50,2; Giubilei 25,14;
TestGiuda25,3; 1En 40; 71,11; 4Mac 10,21). Qualunque siano le lingue degli angeli (inintelligibili per
gli uomini, perch sovrumane), la formula lingue degli uomini e degli angeli un merismo ed
esprime una totalit (capacit fantastica, dono smisurato di parlare tutte le lingue di quaggi e di
lass); la scelta dei membri del merismo va generalmente spiegata dalla situazione ecclesiale
(parlavano in lingue sconosciute).
(iii) Il sintagma avga,phn e;cein (anzich il solo verbo avgapa/n) si riscontra spesso nel NT (lamore che
ho/avete in voi o per Gv 5,42; 13,35; 15,13; 1Co 13,1-3; 2Co 2,4; Fil 2,2; Col 1,4; Flm. 5; 1P 4,8;
1Gv 3,17).
(iv) lapodosi. sono un bronzo sonante o un cembalo squillante. Pi che alludere alla musica, Paolo
riprende un topos antico che descriveva cos i retori verbosi. Cf. gli autori menzionati da G.
Barbaglio, 1 Corinzi 7032. Paolo farebbe anche allusione ai chiassi fatti nei templi pagani3? Quel che
chiaro in 1Co 13,1 lopposizione tra il chiasso e lassenza di senso o ancora linutilit del chiasso
fatto.
Sulle distinzioni tra e;rwj, fili,a e avga,ph, vedere A. THISELTON, 1 Corinthians, 1033-35. Si vede bene perch, i
v.1-3, Paolo adopera il sostantivo avga,ph e non il verbo avgapa/n.
2
Tiberio definendo il grammatico Apione cimbalum mundi (de palio, PL 2,1098a); PLATONE, Protagora 329a.
3
Cos C. SPICQ, Lavga,ph de 1 Cor 13. Un exemple de contribution de la smantique lexgse
notestamentaire, ETL 31 (1955) 357-370 ; ID., Agap dans le Nouveau Testament : analyse des textes, vol.2
(tudes bibliques) Paris 1959, 68-69.
(v) Rilevare il ritmo delle frasi (protasi lunghe + una brevissima negativa; lapodosi anchessa
brevissima). Il ritmo mira ad opporre nettamente le ipotesi (mirabolanti) e la realt (un bel niente detto
in un quasi niente linguistico: il linguaggio sposa la realt).
(vi) Paolo non considera n il contenuto (di che cosa si parla) n i destinatari (a chi si parla) del
parlare, ma la totalit dei possibili mezzi linguistici (le lingue): lenfasi quindi messa sulle possibili
lingue.
(vii) Lironia forte: lo Io ha tutti i mezzi a disposizione per produrre senso, ma non ne produce, o
il suono che produce inutile, e, per conseguenza, egli stesso diventato inutile (lenfasi va messa su
ci che diventa lo Io).
V.2 kai. eva.n e;cw profhtei,an kai. eivdw/ ta. musth,ria pa,nta kai. pa/san th.n gnw/sin kai. eva.n e;cw pa/san th.n
pi,stin w[ste o;rh meqista,nai( avga,phn de. mh. e;cw( ouvqe,n eivmi E se anche ho il (dono del)la profezia e conosco
tutti i misteri e tutta la scienza; e se anche possiedo tutta la fede, s da trasportare le montagne, ma non ho
lamore, non sono niente.
(i) La tecnica quella della ripetizione (3 laggettivo pa/j), tecnica diversa dal merismo del v.1. Qui
si tratta di accumulazione di doni (profezia e fede, la quale d una identit, quella di credente). Oltre
allaccumulazione, notare la qualit estrema dei doni (conoscenza superiore = i misteri divini; fede
insuperabile, da trasportare le montagne: credere al punto di rendere possibile limpossibile; cos si
insiste anche sullefficienza della fede; non una fede qualunque, ma una fede perfetta).
Accumulazione ed esagerazione (au;xhsij) mirano a sottolineare il contrasto con il risultato: pur
avendo tanti e tali doni (spirituali) lo Io non niente (la curva anticlimactica). Ogni avere
equivale ad un essere niente. Si deve aggiungere: anzitutto lavere il pi elevato, perch fa conoscere i
segreti celesti (non diciamo divini, perch il testo non adopera la parola!), avere che solo illusione
per chi non ha la carit.
La scelta della lista viene dal fatto che i doni elencati mettono in valore chi li ha ricevuti e
possono portare alla burbanza, al disprezzo degli altri.
(i) Rilevare le formulazioni e;cw profhtei,an, e;cw (pa/san th.n) pi,stin, copiate su quella gi riscontrata
nel versetto precedente, avga,phn e;cw. Tali formulazioni fanno delloggetto del verbo un valore
posseduto (la carit, la profezia e la fede come oggetti-valore, e non come azioni; lagire dellagape
sar considerato nei v.4-7). Inoltre, lespressione e;cw profhtei,an brachilogica.
(ii) Il dono di profezia non allacciato a quello di glossolalia. Il cap. 14 ne dar la ragione (la profezia
edifica, utile agli altri, ecc., mentre la glossolalia non lo ). Il legame profezia/conoscenza sembra
fare della prima leffetto della seconda (per comunicare, bisogna prima conoscere).
(iii) Nella lista (profezia, conoscenza dei misteri, scienza; fede) tre elementi sono gi stati menzionati,
cio la gnw/sij (12,8), la profhtei,a (12,10) e la pi,stij (12,9). Ma (a) la profezia ha lo stesso oggetto
che la conoscenza dei misteri? Non si pu rispondere senza il contesto posteriore (vedere 14,30). (b) la
parola pi,stij designa la stessa realt che in 1Co 12,9? Senzaltro, ma pu anche essere pi generica
(descrivere lo scopo [ideale] della pi,stij): il versetto descrive quel che la fede nella sua radicalit
(come enormi sono i suoi effetti). (g) Per i sintagmi pa/san th.n gnw/sin e pa/san th.n pi,stin sono di
comprensione difficile; infatti, pa/sa po,lij = ogni citt, pa/sa h` po,lij = tutta la citt (o la citt intera),
e h` pa/sa po,lij = linsieme della citt; nella Bibbia riscontriamo espressioni simili, la cui
interpretazione non sempre facile. Come tradurre 1Co 13,2: ogni tipo di conoscenza e di fede o
tutta la scienza, tutta la fede per significare un apice, una plenitudine? Verificare luso paolino.
(iv) Per il motivo del trasportare le montagne, rilevare la tradizione cristiana comune (Mc 11,23-24 =
Mt 17,20; 21,21-22).
V.3 ka'n ywmi,sw pa,nta ta. u`pa,rconta, mou kai. eva.n paradw/ to. sw/ma, mou i[na kauch,swmai [kauqh,somai](
avga,phn de. mh. e;cw( ouvde.n wvfelou/mai E se anche distribuisco tutte le mie sostanze, e se anche do il mio corpo
per essere bruciato, ma non ho lamore, non mi giova nulla.
(contrario alla carit) della generosit. (ii) Ma nei primi tre versetti, le reazioni affettive e i sentimenti
non centrano, quel che Paolo mette in valore lestremo del perdere, del rinunciare. Quel che
importa il fare o lavere, solo quello. Si vede fino a quale estremit il rinunciare a tutto pu andare.
Ci detto, come lhanno rilevato molti commentari, il morire bruciato non era una pena di morte
nellimpero romano dallora. Il bruciare potrebbe allora designare limpronta fatta sulla pelle degli
schiavi con un ferro caldissimo; ma espressa cos sfocatamene, difficile credere che lallusione sia
colta.
- Semantica.
(i) Lenunciato eva.n paradw/ to. sw/ma, mou (condizione eventuale) designa un dono volontario, non
imposto da fuori per la forza (se consegno). Lenfasi va messa sulla generosit incalcolabile del
gesto (dare la propria libert e forse la vita). E quale gesto? Se il verbo della finale non kai,w
(bruciare), lidea molto probabilmente quella di un diventare schiavo (per servire i poveri?).
(ii) Il ouvde.n wvfelou/mai difficile (lett. non ricevo aiuto in niente), perch i le azioni delle protasi non
avevano per finalit di cercare aiuto, soccorso o profitto. Il senso deve essere determinato in funzione
del verbo della finale: se kauch,swmai, allora lidea quella di profitto spirituale (non trovo nessun
profitto [spirituale]), e se kauqh,somai, lapodosi allude a una ricompensa post mortem (non ottenuta;
ma Paolo non specula mai sul dopo morte). Rilevare il passaggio dallavere (possesso di) tutto al
perdere tutto (tutti i beni, fino alla libert e, possibilmente, alla propria vita secondo il verbo
ritenuto). La sorpresa viene dal fatto che Paolo non finisce con un ouvqe,n eivmi come nel v.2, perch
perdere la vita equivale a perdere lidentit. Ora, egli dice: ouvde.n wvfelou/mai, letteralmente: non sono
per nulla aiutato, cio non trovo niente profitto: come mai una persona morta (o schiava) pu
avere qualche profitto, se non nel dopo morte, un profitto o una ricompensa regalata da Dio? Ma
wvfelou/mai un presente!
- Non dimenticare che lo Io descritto da Paolo in questi versetti credente, discepolo di Cristo e
membro della Chiesa: la generosit descritta quella di un credente (cf. v.2).
- Finora, Paolo non ha ancora detto che cosa lagape. Egli ha scelto attivit che mettono in risalto la
qualit religiosa dello Io e le sue opere con i loro pregi (parlare in lingue, profetizzare, conoscenza
dei misteri, aiuto ai poveri, dare la propria vita), ma mette allo stesso tempo in luce il fatto che i valori
religiosi anche i pi alti (al livello dellavere + fare) non giovano se non c la carit. I v.1-3 insistono
quindi sulla necessit vitale della carit per ogni credente.
- Altro significato delluso della prima persona (Io): assimila il testo ad una confessione, nella quale
il credente riconosce o ammette che in fine dei conti la carit a dare identit e vita al cristiano.
v.4-7
- Composizione.
(i) Niente difficolt a riconoscere il cambiamento di unit (si cambia di soggetto, di sintassi, di stile).
Si passa inoltre da ipotesi (supponiamo che) a fatti reali e concreti (stile descrittivo). La prima
difficolt viene dal terminus ad quem dellunit: si finisce con il v.7 (pa,nta u`pome,nei) o con il v.8 (h`
avga,ph ouvde,pote pi,ptei)5?
(ii) Interpretazione della composizione concentrica in aba: il centro b negativo; quali conseguenze
si pu tirare da tale costatazione? Paolo avrebbe potuto cominciare con enunciati negativi e,
solamente dopo, elencare quelli positivi: quale leffetto di senso di una tale disposizione? Il testo
procede per accumulazione pi che per progressione semantica.
Logica e progressione dellunit: tutti fanno fatica ad evidenziare la progressione dei v.4-7. In
realt, semanticamente, i primi due verbi preparano i seguenti:
a ~H avga,ph makroqumei/ = pazienza,
b crhsteu,etai h` avga,ph = bont,
B lista denunciati negativi = il non fare male,
A lista denunciati positivi = lessere paziente.
Il criterio principale che consente di dividere cos il microchiasmo iniziale:
~H avga,ph
makroqumei/(
crhsteu,etai
h` avga,ph
Per la maggioranza dei commentatori, lunit finisce col v.7; Focant, p.225 e 230-232, opta per il v.8a.
Il chiasmo indica che questo binomio non fa soltanto scattare la lista degli altri verbi, ma che forma
una micro-unit a se stante (e ci solleva immediatamente la questione della loro funzione retorica e
semantica).
Quel che colpisce che i destinatari delle azioni non sono menzionati (A chi la carit rende
servizio? Chi non invidia? Contro di chi non si adira? ecc.): lenfasi va chiaramente messa sulle
azioni.
- Sfondo.
Vedere un elogio simile nel testamento di Issacar, citato da G. Barbaglio, 1 Corinzi, p.710:
= Testamenta xii patriarcharum 5.4.2-6
2
o` a`plou/j crusi,on ouvk evpiqumei/, to.n plhsi,on ouv pleonektei/, brwma,twn poiki,lwn ouvk evfivetai, evsqh/ta
dia,foron ouv qe,lei, 3 cro,nouj makrou.j ouvc u`pogra,fei zh/n, avlla. mo,non evkde,cetai to. qe,lhma tou/ qeou/|\ 4 kai,ge
ta. pneu,mata th/j pla,nhj ouvde.n ivscu,ousi pro.j auvto,n. Ouv ga.r ei=den evpide,xasqai ka,lloj qhlei,aj, i[na mh. evn
diastrofh/| mia,nh| to.n nou/n auvtou/. 5 ouv zh/loj evn diabouli,oij auvtou/ evpeleu,setai\ ouv baskani,a evkth,kei yuch.n
auvtou/, ouvde. porismo.n evn avplhstei,a| evnnoei/\ 6 poreu,etai ga.r evn euvqu,thti zwh/j, kai. pa,nta o`ra/| evn avplo,thti mh.
evpideco,menoj ovfqalmoi/j ponhri,aj avpo. th/j pla,nhj tou/ ko,smou, i[na mh. i;dh| diestramme,nwj ti tw/n evntolw/n tou/
Kuri,ou.
(i) La radice veicola lidea di avere pazienza e longanimit, come lo indicano le altre occorrenze NT6,
e non ci sono motivi per rigettare tale senso in questo versetto, anzitutto se consideriamo
lordinamento dei verbi nei v.4-7.
(ii) crhsteu,etai. Paolo ha adoperato il verbo (perch i v.4-7 elencano lagire dellagape), che
non si riscontra mai prima del tempo di Paolo, negli scritti non biblici7 e nella Bibbia greca
stessa8. Laggettivo crhsto,j (buono) era invece ben utilizzato al tempo di Paolo, e lo stesso
pu essere detto del sostantivo crhsto,thj (bene). Per luso paolino di questi vocaboli, cf.
Rm 2,4; 3,12; 11,22; 1Co 15,33; 2Co 6,6; Ga 5,22; Ef 2,7; 4,32; Col 3,12; [Tt 3,4].
I sostantivi makroqumi,a e crhsto,thj fanno tre volte parte delle stesse liste di virt: Rm 2,4; 2Co 6,6;
Ga 5,22; Col 3,12. Qui (v.4), annunciano o preparano tutti i sinonimi che esprimeranno le stesse idee.
Il modello di pazienza/bont evidentemente Dio (SapSal 15,1).
(iii) i tre verbi preceduti da una negazione, ouv zhloi/( ouv perpereu,etai( ouv fusiou/tai, illustrano il
secondo verbo (crhsteu,etai).
Per i verbi preceduti dallavverbio ouv, rilevare lo slittamento progressivo della prospettiva
(voler il male, fare il male ed essere egocentrico, reagire al male che ci colpisce, reagire al male che
schiaccia gli altri).
Di per se il significato di zhlo,w non negativo, indica soltanto un forte desiderio e un grande
impegno. In 1Co 12-14, luso del verbo paradossale, perch se in 13,4 Paolo dice che la carit non
invidia (e il zhlou/n allora un atteggiamento negativo), in 12,31 e 14,1 afferma invece che si deve
zhlou/n i carismi superiori. Insomma, la sua connotazione viene dal contesto, come lo mostra un altro
brano, Ga 4,17-18 : zhlou/sin u`ma/j ouv kalw/j( avlla. evkklei/sai u`ma/j qe,lousin( i[na auvtou.j zhlou/te 18
kalo.n de. zhlou/sqai evn kalw/| pa,ntote kai. mh. mo,non evn tw/|
parei/nai, me pro.j u`ma/j.
Il verbo perpereu,omai un hapax del NT, non compare nella LXX e il TLG non ne segnala
lesistenza prima del nostro brano9: Come lo dice G. Barbaglio, il riferimento ad atteggiamenti di
superiorit nei confronti degli altri ritenuti inferiori (p.712).
Il verbo fusio,w, tipicamente paolino: si non si riscontra n nella LXX n nel resto del NT; gli
unici passi in cui compare sono: 1Co 4,6,18.19; 5,2; 8,1; 13,4; Col 2,18 (e fusi,wsij in 2Co 12,20).
6
Cf. Mt 18,26.29; Lc 18,7; At 26,3; Rm 2,4; 9,22; 1Co 13,4; 2Co 6,6; Ga 5,22; Ef 4,2; Col 1,11; 3,12; 1Ts 5,14;
1Tm 1,16; 2Tm 3,10; 4,2; Eb 6,12, 15; Gc 5,7-8.10; 1P 3,20; 2P 3,9.15.
7
Il TLG non segnala una sola referenza prima del I secolo d.C.
8
Lunica referenza, fuori nostro passo, Salmi Salomone 9,6, il cui uso non sembra dipendere da quello
paolino: ti,ni crhsteu,sh| o` qeo,j eiv mh. toi/j evpikaloume,noij to.n ku,rion
9
Nel II d.C., lo si riscontra di nuovo in Marcus Aurelius Antoninus, ta. eivj e`auto,n 5.5.1.
Come lo mostrano tutte le occorrenze in 1Co, la comparsa del verbo in 13,4 non casuale! Paolo
sembra approfittare delloccasione per alludere nei v.4-7 ad alcuni difetti tipici dei cristiani di Corinto.
V.5 ouvk avschmonei/( ouv zhtei/ ta. e`auth/j( ouv paroxu,netai( ouv logi,zetai to. kako,n( non compie azioni
vergognose, non cerca i suoi interessi, non si adira, non tiene conto del male ricevuto
Gli altri quattro verbi sono anchessi preceduti da una negazione e coprono diverse situazioni
contrarie alla bont: male fatto -- mancanza di rispetto; egoismo; ira -- o male che facciamo pagare.
(i) Nel NT, avchmone,w e le parole di stessa radice compaiono solo in Rom. 1,27 (avschmosu,nh); 1Co
7,36 (avchmone,w); 12,23 (avsch,mwn); 13,5 (avchmone,w); Ap 16,15 (avschmosu,nh). Il contesto essendo
abbastanza generale, il verbo pu alludere ad ogni tipo di comportamento irrispettoso.
(ii) lespressione ouv zhtei/ ta. e`auth/j riprende 10,24: mhdei.j to. e`autou/ zhtei,tw avlla. to. tou/ e`te,rou e
anche 10,33: kaqw.j kavgw. pa,nta pa/sin avre,skw mh. zhtw/n to. evmautou/ su,mforon avlla. to. tw/n
pollw/n( i[na swqw/sin. Questo conferma limpressione segnalata sopra, cio che i v.4-7 alludono a
difetti costatati da Paolo a Corinto10. Per luso del verbo in Paolo, vedere anche Fil 2,4 e 21: oi` pa,ntej
ga.r ta. e`autw/n zhtou/sin( ouv ta. VIhsou/ Cristou/, infine lesempio di Cristo in Rm 15,3.
(iii) Il verbo paroxu,nw (al passivo) ha qui un senso negativo (essere esasperato, adirarsi per qualunque
offesa, negligenza, rozzezza, ecc.), esprime una reazione impulsiva, ed complementare del seguente,
che designa la vendetta premeditata.
(iv) Il sintagma ouv logi,zetai to. kako,n (non tener conto del male) indica una intenzione cattiva nei
confronti altrui. A differenza dei precedenti che descrivevano (a) sia un comportamento maligno (b) o
egoistico (g) questo ultimo verbo (e gi il precedente) descrive reazioni negative per un male ricevuto.
Nel NT, il verbo logi,zomai (considerare, contare) prevalentemente usato da Paolo. Luso del nostro
versetto corrisponde a quello di 2Co 5,19 e Rm 4,8, dove si dice che Dio non tiene conto dei peccati.
Il credente deve quindi fare come Dio
V.6 ouv cai,rei evpi. th/| avdiki,a|( sugcai,rei de. th/| avlhqei,a| non si rallegra dell' ingiustizia, ma si compiace della
verit
Versetto gancio, che finisce la lista concernente il non fare male, e inizia quella che illustra
lessere (molto) paziente. La prospettiva ancora diversa (reagire al male che colpisce gli altri).
Le figure retoriche sono letimologia (ripetizione della radice) e lomeoptoto (identit di
flessione nominale th/| avdiki,a| - th/| avlhqei,a|); la loro presenza indica che le due parti del versetto non
possono essere separate. Nondimeno, questo versetto funge da cerniera: finisce la lista negativa e fa
scattare la positiva. Ricorrenze del binomio giustizia/verit nella bibbia greca: 1Esd 4,37; Tb (S) 12,8;
Mal 2,6; Dn (T) 9,13; Rm 1,18; 2,8; 1Co 13,6; 2Th 2,10.12. Come si vede, nel NT, Paolo lunico ad
abbinare i due sostantivi cos strettamente (lingiustizia come ci che soffoca la verit Rm 1,18).
Certamente labbinamento tra dikaiosu,nh (e/o avdiki,a) e avlh,qeia viene dallAT, dove la hnWma (o
tma) e la hqdc sono due tratti divini inseparabili. Si vede che in 1Co 13,6 (come nei versetti
precedenti) lagape copia il comportamento divino perch viene da Dio? Tuttavia, notare che il
brano non menziona Dio, come se lagape non avesse n origine n destinatario.
Il verbo sugcai,rei si gi riscontrato in 12,26 (situazione analoga). Le due altre occorrenze
paoline: Fil 2,17-18.
V.7 pa,nta ste,gei( pa,nta pisteu,ei( pa,nta evlpi,zei( pa,nta u`pome,nei tutto sostiene (copre), tutto crede, tutto
spera, tutto sopporta
11
Come detto sopra, il versetto illustra e amplifica il makraqumei/ del v.4. G. Barbaglio propone
une composizione concentrica, in abba, se si ammette che ste,gw significa sopportare (p.715).
(i) pa,nta ste,gei. Il verbo ste,gw ha due significati coprire (cio riparare, proteggere) e sopportare
(anche resistere). Qui lidea di sopportare (accettando di soffrire) certamente adatta, perch
descrive la forza dellamore capace di sostenere ogni avversit (Barbaglio, 715), ma quella di
coprire (per proteggere il contrario di distruggere) conviene anchessa, tanto di pi che prepara il
secondo verbo (chi copre o protegge, crede, cio osa, va avanti). Allora si pu evidenziare una
traiettoria: proteggere (e non distruggere), credere (osare), sperare (nel futuro) e sopportare (durante il
processo che dura). Il sintagma riprende quel che Paolo diceva in 1Co 9,12.
10
11
(ii) pa,nta pisteu,ei. Tutti i commentari segnalano che il referente non la fede teologica
(lattaccamento totale a Cristo e Dio, alla loro parola, ecc.), ma una fiducia da non poter mai esse
disperato. Sembra che Paolo esageri: una tale fiducia non diventata credulit? In realt quel che
vuole dire Paolo che lagape, perch agape, dispone ad unapertura e ad unaccoglienza vere, che
lungo dallessere ingenuit o credulit, dispongono a relazioni vere.
(iii) pa,nta evlpi,zei. Losservazione la stessa per questo sintagma. Lagap apre al futuro e consente
di aspettare quel che si deve aspettare (di buono e di vero).
(iv) pa,nta u`pome,nei. Solo lagape pu far superare le avversit. Se in 1Co la radice (verbo e
sostantivo) compare solo in questo versetto, il suo senso pu essere evidenziato grazie alle altre
ricorrenze: il verbo in Rm 12,12 (th/| evlpi,di cai,rontej( th/| qli,yei u`pome,nontej( th/| proseuch/|
proskarterou/ntej), il sostantivo in Rm 2,7; 5,3-4; 8,25; 15,4f; 2Co 1,6; 6,4; 12,12; Col 1,11; 1T 1,3;
2T 1,4; 3,5.
Il duplice agire fondamentale dellagape: bont e apertura continua.
Ripresa dei v.4-7. Non si parla ne di Paolo, ne dei Corinzi, ne di Dio, ne di Cristo, ma abbiamo visto
che alcuni verbi sono gi comparsi nei precedenti capitoli per descrivere sia latteggiamento (positivo)
dellapostolo, sia quello (negativo) di alcuni membri della Chiesa locale. Alcuni verbi non sono anche
senza legami semantici con latteggiamento di Dio e di Cristo (pazienza, perdono, dare il corpo, ecc.).
Questa unit quindi piena di richiami!
v.8-13
- Rilevare il cambiamento di attori (aa = carismi/virt; bb = noi; c = Io)
- La composizione concentrica mette in risalto le categorie spaziali e temporali:
a = v.8 agape/carismi: provvisorio (vs. permanente)
b = v.9 NOI: parziale vs. totale + v.10 prospettiva temporale = giustificazione di a.
c = v.11 IO: passato v. presente
b= v.12 NOI: presente vs. futuro + parziale vs. totale = giustificazione di c.
a= v.13 vit/agape: permanente (vs. provvisorio) + prospettiva spaziale (superiore/inferiore)
Retorica.
- Come spesso in Paolo, la prima frase che inizia una nuova unit discorsiva, enuncia in un modo
brachilogico la posizione fondamentale che sar ripresa pi a lungo per essere precisata e spiegata. Ed
una ragione supplementare per attaccare il v.8a a ci che segue. G. Barbaglio parla di questo
versetto come di una propositio per i v.8-13.
- Rilevare le molteplici opposizioni tra il primo enunciato e gli altri. (i) Opposizione tra i verbi
(viene mai meno e saranno/sar distrutti/o, cesseranno) (ii) tra il presente e il futuro, (iii) tra il
modo di esprimere con una negazione la solidit dellamore, e senza negazioni la cessazione delle
altre cose, (iv) tra i sostantivi (lamore vs. le profezia, lingue, conoscenza).
- Le lingue cesseranno dice lapostolo. Tuttavia, se ci sono lingue angeliche (cf. 13,1), come dire
che le lingue cesseranno? Laffermazione vale?
Semantica.
- Paolo riprende tre doni gi elencati nellunit A (v.1-2: lingue, profezia, fede) e afferma la loro
provvisoriet.
V.9-12
I versetti 9-12 formano le pisteis grazie alle quali Paolo mostra perch i carismi sono
provvisori ma non mostrer che la carit non finir mai (i v.9-12 spiegano solo la seconda parte del
v.8). Come spesso, lapostolo procede per precisioni successive.
Il primo argomento (v.9) si presenta come una chiarificazione, che rileva laspetto
essenzialmente parziale (in qualit e quantit?), vale a dire imperfetto e limitato della nostra
conoscenza (di Dio, del creato, degli altri?) attuale (= componente temporale), ma senza dire ancora
esattamente perch cos.
V.9 evk me,rouj ga.r ginw,skomen kai. evk me,rouj profhteu,omen parzialmente infatti conosciamo, e parzialmente
profetizziamo
(i) Il sintagma evk me,rouj = in parte, parzialmente. Nel NT il sintagma compare solamente in 1Co
12,27; 13,9.10.1212. Lidea di limitatezza o ristrettezza viene dal contesto.
(ii) i verbi al presente dellindicativo: descrivono la situazione attuale (quella di tutta una vita) dei
credenti.
(iii) Quel che non si vede immediatamente come il carattere parziale (e quindi imperfetto) della
conoscenza in questa vita dimostra la sua transitoriet. Perch Paolo fa leva sul evk me,rouj per mostrare
che i carismi dovranno katargei/sqai? Egli avrebbe potuto trovare altri argomenti al merito!
V.10 o[tan de. e;lqh| to. te,leion( to. evk me,rouj katarghqh,setai Ma quando verr quel [che ] perfetto, quel [che
] parziale sar distrutto
Retorica.
Paolo fa adesso il legame tra limperfezione presente (di questa vita) e la sua cessazione; ci
che parziale e quindi imperfetto -- non per sempre, deve sparire un giorno o laltro per essere
sostituito da ci che perfetto. Questo enunciato somiglia ad un principio e suona come una verit
assoluta, innegabile. Si pu nondimeno obiettare che certe realt, ora imperfette, saranno trasformate
senza avere fine (ad es., pur essendo impura e imperfetta, la nostra agape non sar distrutta, solo
purificata e resa perfetta). Quindi, alcune realt non cesseranno ed altre, si. Paolo deve quindi
proseguire nella sua argomentazione, per mostrare che tutti i doni che toccano la conoscenza sono
destinati a cessare, perch inseparabili della nostra natura fisica.
Semantica.
Interessante vedere che lopposizione non si fa tra me,roj e o[loj (o o[lon), come ad esempio in
Lc 11,36 (eiv ou=n to. sw/ma, sou o[lon fwteino,n( mh. e;con me,roj ti skoteino,n), ma tra me,roj e te,leion.
Nondimeno, come G. Barbaglio lo rileva a proposito di un passo di Platone, luno e laltro concetto
sono vicini: Dio olon
kai
te/leon
e)k
tele/wn
swma/twn
swma
e)poihsen (Timeo 34b2-3): per essere
perfetta (te,leion) una realt deve essere completa (o;lon).
In realt, la scelta del vocabolo te,leion non casuale: lopposizione, che poteva concernere la
struttura (totalit/parte), diventa temporale (adesso/fine dei tempi), perch i vocaboli e;rcesqai e
te,leion connotano palesemente leschaton. Paolo non parla quindi di un perfezionamento nella storia
o nel tempo, ma dellirruzione delleschaton, la perfezione delleschaton essendo di un altro ordine
che il miglioramento nel corso della storia (tutto va eliminato o trasformato).
V.11 o[te h;mhn nh,pioj( evla,loun w`j nh,pioj( evfro,noun w`j nh,pioj( evlogizo,mhn w`j nh,pioj\ o[te ge,gona avnh,r(
kath,rghka ta. tou/ nhpi,ou
Quando ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Quando sono
divenuto adulto, ho distrutto ci che era da bambino.
Per suffragare quel che dice, Paolo ricorre a un esempio che non sembra adatto, perch fa leva
su un cambiamento (gnoseologico) nel corso di una vita (senza lopposizione adesso vs. alla fine). Ma
deve essere preso come un exemplum, i cui tratti corrispondono bene alla realt che Paolo vuole
descrivere. Infatti, il linguaggio e il modo di pensare cambiano del tutto dallet di bambino a quella
dadulto, il rapporto bambino/adulto essendo analogico a quello parziale/perfetto. Implicitamente o
soggiacente alle osservazioni di Paolo, c la problematica del cambiamento di corpo, perch alla
risurrezione, nostro corpo non sar lo stesso (cf. 1Co 15): non avremo pi occhi, orecchi, bocca,
lingua, ecc., perch conosceremo direttamente, gloriosamente.
Lopposizione si riscontra in altri passi della 1Co, con parole simili o affini: in 1Co 2,6; 3,1;
14,20.
V.12 ble,pomen ga.r a;rti diV evso,ptrou evn aivni,gmati( to,te de. pro,swpon pro.j pro,swpon\ a;rti ginw,skw evk
me,rouj( to,te de. evpignw,somai kaqw.j kai. evpegnw,sqhn infatti adesso vediamo come mediante uno specchio, in
forma enigmatica, ma allora vedremo faccia a faccia. Adesso conosco parzialmente, ma allora conoscer come
sono stato conosciuto
12
Ma il vocabolo me,roj compare 42x nel NT (20x nei vangeli/Atti; 17x in Paolo; 1x in Eb e 4x in Ap).
10
Il modo di procedere di Paolo , come di solito, complesso: se alcune parole possono rinviare a Num
12, altre, come diV evso,ptrou, possono rinviare allesperienza quotidiana dei Corinzi, alla quale allude
anche Gc 1,23 per descrivere il carattere evanescente di tale conoscenza. Un doppio sfondo spesso
evidenziabile in molti passi paolini! Ma, qualunque sia la fonte (biblica o greco-ellenistica; vedere A.
Thiselton, p.1068s) dalla quale il versetto attinge le sue opposizioni, Paolo esclude palesemente che la
conoscenza che la profezia ha dei misteri divini (o di Dio) sia una visione diretta e immediata: questa
ultima riservata per leschaton.
V.13 Nuni. de. me,nei pi,stij( evlpi,j( avga,ph( ta. tri,a tau/ta\ mei,zwn de. tou,twn h` avga,ph Ora restano fede,
speranza, amore, queste tre; ma la pi grande di esse [] lamore
La particella nuni, e il presente me,nei sollevano difficolt enormi. La particella va intesa come
avverbio temporale (adesso) o come congiunzione logica (or dunque). Quanto al verbo me,nei, ha
una connotazione temporale (per oggi) o escatologica (rimanere oltre il tempo, eternamente)? Si
vedono bene le due letture opposte che si pu fare del versetto:
(i) Or dunque, sussistono [per sempre] fede, speranza, amore; ma la pi grande di queste []
lamore,
(ii) adesso (cio, per il tempo presente), rimangono fede, speranza, amore, ma
Vedere ad es 1Esd 4,38; Tb (S) 6,8; S 110,3.10; 111,3.9; 116,2 (in questi tre salmi, la stringa me,nein eivj to.n
aivw/na tou/ aivw/noj); Sir 42,23; Is 14,20; 40,8; Dn (T) 6,27 (plurale); Ger 8,35; 12,34; 2Co 9,9; Eb 7,24; 1P 1,25;
1Gv 2,17.
11
tra imperfezione e perfezione, tra apparenza e invisibilit, tra spettacolarit e discrezione, tra
contingenza e essenzialit, ecc. La via dellagape quella dellumilt, ed proprio per quello che va
facilmente dimenticata.
- Per Paolo, se adesso l avga,ph non basta, il dono per eccellenza, essenziale per tutti, perch senza di
essa niente vale.
Paolo non dice mai che si deve amare Dio. Quando ha Dio/Cristo come oggetto (1Co 8,3; Rm 8,28; Ef 6,24) il
verbo avgapa/n non mai allimperativo. Non si riscontra dunque nelle lettere dellapostolo il doppio
comandamento (di Dio e del prossimo).
15
Romans, 807.
12
- Come tradurre del v.8 (o` ga.r avgapw/n to.n e[teron no,mon peplh,rwken)? Colui infatti che ama, ha
compiuto laltra legge, o colui che ama laltro, ha compiuto la legge?
Motivi per il secondo senso:
- avgapa/n allattivo sempre utilizzato da Paolo con un complemento doggetto diretto.
- Laggettivo sostanziale (o` e[teroj) designa anche laltra persona in Rm 2,1.21 (senza
larticolo); 1Co 6,1; 10,24.29; 14,17; Ga 6,4; Fil 2,4.
- il sostantivo no,moj designa la legge mosaica o ogni legge (Jewett preferisce la seconda lettura)? Il
sostantivo pu effettivamente designare una legge qualunque a condizione che il suo scopo e intento
sia l avga,ph. E siccome tale lo scopo della legge mosaica (e divina), vale in prevalenza per essa. Nel
v.9b il comandamento dellamore si trova tal quale solo negli scritti biblici: con ogni probabilit
dunque il sostantivo no,moj designa qui la legge mosaica.
- Il verbo plhro,w non implica necessariamente un essere suddito della Legge. Lintensione e lo scopo
della Legge possono essere compiuti da non sudditi suoi (ad es. gli etnico-cristiani).
v.9
- le citazioni bibliche non sono esplicite (non ci sono formule dintroduzione).
- perch questi comandamenti e non altri? Secondo molti esegeti, Paolo ha scelto questi quattro
perch valgono per tutti. Ma si vede che la lista solo indicativa, perch Paolo aggiunge kai. ei; tij
e`te,ra evntolh,.
- come i divieti menzionati possono rispecchiare lintento estremo della Legge e in particolare
lavga,ph? Lavga,ph consiste a non fare male al prossimo? Perch Paolo non la caratterizza con
sostantivi ed aggettivi positivi, come in 1Co 13?
- il modello proposto dalla Legge amare se stesso. Ma che cosa significa una tale espressione?
Voler bene a se stesso? Fare al prossimo il bene che facciamo a noi stessi? E il bene descritto nella
Legge, nei comandamenti, quelli del decalogo ma anche tutti che dicono come comportarsi con il
prossimo.
v.10
- quel che dice il versetto sembra riprendere topoi non biblici ripresi anche dagli scrittori antichi. Cf.
Diogene Laerzio (III d.C.), Vitae philosophorum 1.69,6-70,1 che riporta esortazioni del filosofo
Chilone di Sparta (VI a.C.): glw,tthj kratei/n kai. ma,lista evn sumposi,w|. mh. kakologei/n tou.j
plhsi,on, eiv de. mh,, avkou,sesqai evfV oi-j luph,sesqai. Isocrate (V-IV a.C.), ad Demonicum 30: gi,gnou
pro.j tou.j plhsia,zontaj o`milhtiko,j. avlla. mh. semno,j. Ma si pu allora dire che i filosofi antichi
paralavano dell avga,ph senza conoscerne il nome? Che cosa c in pi in questo versetto di Rm?
- La ripetizione h` avga,ph
Idea di Jewett: Paolo allude alla cena del Signore, lagape per eccellenza la cena, perch si
superano le preferenze naturali (famiglia, trib, ecc.).
In Rm 12,9-21, Paolo riprende la regola che esisteva negli scritti dellOriente antico sul non
vendicarsi e sul non rendere il male per il male (cf. ANET, Giuseppe e Aseneth, AT, sapienziali,
filosofi, ecc.) e aggiunge motivi cristiani (benedire i nemici, ecc.).
Ges e lagape
16
Cf. J.N. ALETTI, La soumission des chrtiens aux autorits en Rm 13,1-7. Validit des arguments
pauliniens? Bib 89 (2008) 457-476.
13
Il vocabolario
- il verbo: Mt 5,43.44.46; 6,24; 19,19; 22,37.39; Mc 10,21; 12,30.31.33; Lc 6,27.32.35;
7,5.42.47; 10,27; 11,43; 16,13; Jn 3,16.19.35; 8,42; 10,17; 11,5; 12,43; 13,1.23.34;
14,15.21.23.24.28.31; 15,9.12.17; 17,23.24.26; 19,26; 21.7.15.16.20.
- il sostantivo: Mt 24,12; Lc 11,42; Jn 5,42; 13,35; 15,9.10.13; 17,26.
Principi metodologici
- distinzione tra il Ges della storia e quello dei vangeli.
- Gerarchizzazione dei comandamenti? Lagape, principio unificante delletica di Ges (storia e
vangeli) e di Paolo?
- testi: Mc 12,28-34 e par.17; Mt 5,44/Lc 6,27; Gv 13,34; 15,12.17.
1. Il doppio comandamento dellamore di Dio e del prossimo
Mt 22,34-40
34
28
Mc 12,28-34
evphrw,thsen auvto,n\
25
peira,zwn auvto,n\
36
dida,skale(
poi,a evntolh. mega,lh evn tw/| no,mw|
37
29
avpekri,qh o` VIhsou/j
17
Lc 10,25-28
30
31
deute,ra au[th\
av g aph, s eij to. n plhsi, o n sou
w` j seauto, n
mei,zwn tou,twn a;llh evntolh. ouvk e;stin
32
kai. ei=pen auvtw/| o` grammateu,j\
kalw/j( dida,skale( evpV avlhqei,aj ei=pej
o[ti ei-j evstin kai. ouvk e;stin a;lloj
plh.n auvtou/\
33
kai. to. avgapa/n auvto.n evx o[lhj th/j
kardi,aj kai. evx o[lhj th/j sune,sewj kai.
evx o[lhj th/j ivscu,oj kai. to. avgapa/n to.n
plhsi,on w`j e`auto.n perisso,tero,n evstin
pa,ntwn tw/n o`lokautwma,twn kai.
14
28
Genere letterario
Secondo gli esegeti, a differenza di quella Mt/Lc, dove si tratta di una prova, la pericope Mc
sarebbe un Schulgesprch (un dialogo didattico) e non una controversia come le precedenti, cio una
conversazione irenica tra specialisti della Legge. La composizione mette in rilievo la progressione
della conversazione: (i) domanda Scriba/risposta Ges (v.28e-31), (ii) la valutazione scriba/Ges
(v.32-34b). Una tale progressione unica nei Sinottici.
Il problema sinottico
Oltre al contesto di prova (peira,zwn/evkpeira,zwn), due sono gli accordi Mt/Lc contro Mc: (i)
nomiko,j (ma lattestazione Mt non sicura, e sarebbe lunica ricorrenza in Mt), (ii) il sintagma evn
no,mw| (Mt 22,36 / Lc 10,26).
Gli esegeti sono divisi riguardo alle fonti. Alcuni (come Kiilunen e Meier) pensano che le
differenze Mt/Lc possono essere spiegate in termini redazionali, senza che ci sia bisogno di ricorrere
ad altre fonte, mentre per altri Mt/Lc avrebbero avuto a disposizione altre fonti (Q e forse altre). Lo
studio minuto non consente risultati definitivi e apodittici. Ad ogni modo, per lo studio del
comandamento, ricavare una sola fonte o due non cambia nulla: i risultati saranno gli stessi, che il
Ges dellepisodio sia il Ges sinottico o il Ges storico.
Esegesi del testo di Mc
(i) Composizione:
- breve presentazione dello scriba v.28abc
- primo dialogo: domanda e risposta
domanda dello scriba: quale il primo comandamento? v.28d
risposta di Ges v.29-31 il primo e il secondo.
- secondo dialogo: due valutazioni
valutazione che lo scriba fa di Ges v.32-33
valutazione che Ges fa dello scriba v.34ab
- esito v.34c (prepara gli episodi seguenti: finite le domande)
breve
lungo
lungo
breve
In particolare quelle sulla risurrezione finale dei morti. I due gruppi sono spesso associati nei vangeli. Cf. Mt
5,20; 12,38; 15,1; 23,2.13.15.23.25.27.29; Mc 2,16; 7,1.5; Lc 5,21.30; 6,7; 11,53; 15,2; Jn 8,3; Ac 23,9.
15
preoccupazioni riguardanti i comandamenti e la loro osservanza (tutti sono importanti o alcuni lo sono
pi di altri, ecc.?).
La pericope non consente di arrivare ad una risposta sicurissima. Certo, il Nr non dice che lo
scriba vuole mettere Ges alla prova, come quelli (farisei ed Erodiani) di 11,13. Ma la sua domanda
tocca un punto delicatissimo, ed egli vuole verificare la posizione di Ges in merito. Anche la postilla
del v.34 (Ges ha definitivamente superato le prove) pu indicare che la domanda poteva aver per
scopo di mettere Ges in difficolt.
(iii) la domanda dello scriba:
poi,a evsti.n evntolh. prw,th pa,ntwn quale [il] primo comandamento di tutti?
- linterrogativo poi/oj, letteralmente di quale sorta, pu anche significare quale, e la risposta di Ges,
che cita i due comandamenti del Dt e del Lv indica che deve essere interpretato cos.
- pa,ntwn. In greco classico, lultimo aggettivo sarebbe stato al femminile, pasw/n, ma nel greco della koin, il
neutro pa,ntwn si riscontra anche col sostantivi femminili.
- prw,th. Laggettivo significa primo per ordine o per importanza.
19
- Ges ha letteralmente ragione di dire che lo [mv primo, perch riprende il primo comandamento
del decalogo, il quale anteriore agli altri:
- Ex 20,2-3 = Dt 5,6-7 evgw, eivmi ku,rioj o` qeo,j sou o[stij evxh,gago,n se evk gh/j Aivgu,ptou evx oi;kou doulei,aj
ouvk e;sontai, soi qeoi. e[teroi plh.n evmou/ (Es) / pro. prosw,pou mou (Dt)
- Dt 6,4 a;koue Israhl ku,rioj o` qeo.j h`mw/n ku,rioj ei-j evstin kai. avgaph,seij ku,rion to.n qeo,n sou evx o[lhj
th/j kardi,aj sou
In Mc come nei passi AT, il comandamento preceduto da una dichiarazione sullunicit del Signore,
allacciando cos il comandamento alla fede e facendone una risposta di fede.
- Ges si accontenta di citare il comandamento, senza commentarlo, cio senza dire cosa significa per
lui amare (bha/avgapa/n) Dio. Ci significa che d al verbo e al comandamento il senso che ha nel Dt
(voler e fare il bene.). Citando lo [mv, Ges riprende implicitamente la dinamica del Dt (il protocollo
dellalleanza, dove i comandamenti o gli obblighi non fanno senso senza la relazione fondamentale
che devono onorare e mettere in prassi. Per il senso di amare nella tradizione biblica in particolare nel
Dt, vedere R.G. KRATZ & H. SPIECKERMANN (eds.), Liebe und Gebot: Studien zum Deuteronomium
(FRLANT 190; Gttingen, Vandenhoeck & Ruprecht 2000). A.P. 33 190
- Le quattro facolt menzionate (cuore, anima, spirito e forza) sottolineano limpegno dellisraelita
credente verso Dio.
- il legame tra Dt 6,4-6 e Lv 19,18 fatto mediante una gezerah shawah, la cui validit innegabile. Il
suo uso ha per conseguenza di rendere inseparabili lamore di Dio e del prossimo. Ma la loro
distinzione e gerarchia non eliminata: prima, lamore di Dio e, poi, quello del prossimo; inoltre
amare il prossimo non equivale ad amare Dio e vice versa. Ci che inaudito di allacciare due
comandamenti che non appartengono allo stesso corpus: se lamore di Dio non un comandamento
qualunque (perch fa parte del fondamento del rapporto tra Dio e suo popolo, cos come lo vede il
Dt), Lv 19,18 un comandamento tra altri. Aver allacciato il secondo al primo, rende il secondo
importantissimo: non si pu amare Dio senza dover amare il prossimo.
- Il prossimo ([;re/o` plhsi,on). Nel Dt e nel Lv, il prossimo un parente o, pi generalmente, un
membro del popolo dIsraele. Il fatto stesso che il Lv abbia aggiunto un altro comandamento per lamore dello straniero che risiede in Israele (il rge)20, indica che in Lv 19,18, il prossimo designa solo
un membro del popolo dIsraele e non, potenzialmente, ogni essere umano.
- la replica dello scriba non indica soltanto una valutazione positiva di ci che ha detto Ges, ma
anche un interpretazione e applicazione in riferimento al luogo santo, il Tempio, nel quale lui e Ges
stanno. Lo scriba riprende, con modifiche, la dichiarazione di Ges: (i) ritiene dello [mv lenfasi sul
monoteismo, (ii) abbrevia il comandamento dellamore di Dio e allaccia direttamente lamore del
prossimo a quello di Dio, (iii) infine, commenta lultima frase di Ges (non ci sono comandamenti pi
grandi di questi due), aggiungendo perisso,tero,n evstin pa,ntwn tw/n o`lokautwma,twn kai. qusiw/n. La
19
Allepoca di Ges, lo [mv era gi consegnato nei tefilim (i filacteri) e nelle mezuzot (scatoline messe sui stipiti
della porta). Ma non si sa se era gi recitato quotidianamente nelle preghiere dei singoli, mattino e sera, e nelle
liturgie del Tempio. Nel rabbinismo posteriore, la preghiera dello [mv fu finalmente composta di Dt 6,4-9;
11,13-21 e Num 15,37-41
20
Lv 19,34; cf. Dt 10,18-19.
16
frase dello scriba echeggia le dichiarazioni dei profeti (il culto senza la giustizia, Dio non lo pu
gradire, ecc.).
- la risposta finale di Ges, che valuta positivamente quella dello scriba, sfocata: perch lo scriba
non lontano dalla basileia theou (perch non ancora entrato)? Perch non riconosce in Ges il suo
Messia e il suo basileus? Confessare un monoteismo puro e mostrare le sue implicazioni sociali non
basta pi; dora innanzi bisogna riconoscere in Ges il Messia e il Figlio di Dio.
- la fine (kai. ouvdei.j ouvke,ti evto,lma auvto.n evperwth/sai v.34b) indica (i) che questa pericope mette un
punto fermo positivo alle controversie iniziate in Mc 2,1: linsegnamento di Ges ha ricevuto un
appoggio definitivo dagli specialisti della Legge, (ii) non sar dunque la causa della condanna di
Ges: Ges non morir per aver discreditato la Legge o averla dichiarato obsoleta.
1.2 La pericope (non polemica) nel suo contesto (polemico)
in Mc:
pb che scorre lungo gli episodi nel Tempio: levxousi,a di Ges.
in contrasto con ci che precede, dove i diversi avversari di Ges lo interrogano
11,27-33: sommi sacerdoti,scribi e anziani (autorit Ges);
+ 12,1-12 la parabola dei vignaioli (agli stessi avversari);
12,13-17: farisei e Erodiani (tasse a Cesare);
12,18-27: sadducei (risurrezione).
In seguito a questi episodi polemici, quello sul primo comandamento (12,28-34: uno scriba) il primo
a non esserlo. A differenza delle pericopi precedenti, dove gli avversari sono gruppi, in questa, c un
solo interlocutore, che di pi non dimostra di essere un avversario. Ma poco dopo, la polemica si
riaccende, ma liniziativa viene adesso da Ges (non pu pi venire dagli avversari, a causa del
v.34c):
12,35-37: folle (e indirettamente gli scribi) la domanda sul S 110,1.
12,38-40: gli scribi (il loro voler essere venerati).
Storicit dellepisodio?
Meier presenta argomenti forti per la storicit del Schulgesprch21.
(a) il fatto che Mc, poco preoccupato dello statuto e dellinterpretazione della Legge (a differenza di
Mt), ha nondimeno menzionato un tale dialogo.
(b) Largomento principale quello della discontinuit. Quattro infatti sono le caratteristiche della
dichiarazione di Ges in Mc 12,28-34:
(i) Ges si accontenta di citare i due testi della Torah, Dt 6,4-5 e Lv 19,18,
(ii) li accomuna mediante una gezerah shawah,
(iii) stabilisce una gerarchia tra i due,
(iv) ed afferma la superiorit dei due su tutti gli altri comandamenti.
Siccome la prima caratteristica condizione delle altre, basti mostrare che essa non si riscontra nella
letteratura giudaica prima (deuterocanonici, pseudepigrafi22, Giubilei, Qumran, Filone23), durante o
dopo (Flavio Giuseppe) il periodo del ministero di Ges, e che il doppio comandamento non ricorre
altrove nel NT. Se Lv 19,18 citato in Mt 5,44b/Lc 6,27b; Mt 19,16-22/Mc 10,17-22; Rm 13,9; Ga
5,14 e Gc 2,824, lo solo (non con Dt 6,4-5). Il primo testo cristiano che allaccia i due comandamenti
Didach 1,2 (ma, come in Lc 10,27, avgapa,w usato una sola volta: avgaph,seij to.n qeo.n to.n
poih,santa, se deu,teron to.n plhsi,on sou w`j seauto,n). In altri termini, Mc 12,28-34 il primo passo
ad operare la gezerah shawah Dt/Lv.
Un altro criterio, quello di coerenza pu anche confermare la storicit dellepisodio.
Allacciando i due comandamenti Dt e Lv (amore di Dio e del prossimo), il Ges dei vangeli
21
17
coerente con se stesso, perch durante tutto il suo ministero ha dimostrato di voler la conversione dei
peccatori e lessere vicino ai poveri, quelli spesso dimenticati dalle elite della nazione.
Alcuni esegeti vedono nel commento di Lv 19,18b in Sifra un principio (un kll) enunciato
da Rabbi Aqiba: lamore del prossimo essendo una grande regola generale [kll] della Torah. Ma
non si tratta del principio per eccellenza raggruppando tutti i comandamenti.
I testi25:
Mt 5,43-48
hvkou,sate o[ti evrre,qh\ avgaph,seij to.n plhsi,on sou kai.
mish,seij to.n evcqro,n sou
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evgw. de. le,gw u`mi/n\
avgapa/te tou.j evcqrou.j u`mw/n
kai. proseu,cesqe u`pe.r tw/n diwko,ntwn u`ma/j(
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Lc 6,27-35
32
Il comandamento amate i vostri nemici collocato (in Mt e Lc) in una serie di esortazioni
eterogenee che vengono dalla fonte Q, ma non facile separare la o le fonti dalla redazione Mt/Lc. Il
comandamento sullamore dei nemici esattamente lo stesso in Mt e Lc, ed illustrato dai detti che lo
seguono (i) come esemplificazioni (in Lc), e poi (ii) come giustificazioni (in Mt/Lc).
- caratteristiche del comandamento:
(a) si trova solo in Q (non ha un attestazione molteplice). Per la sua storicit, lunico criterio dunque la
discontinuit (come fu per il doppio comandamento). La difficolt viene dal fatto che (i) la sequenza di logia
attorno (Lc 6,27c-36 par.) ha paralleli antichi e non sta in discontinuit con il giudaismo dallora e con le
prime tradizioni cristiane, (ii) molti logia non hanno un legame essenziale con il comandamento dellamore
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dei nemici (il rifiuto della violenza, della vendetta, il fare del bene ai nemici, non sono realt identiche
allamore dei nemici, perch le motivazioni possono essere del tutto opposte allamore).
(b) i versetti che illustrano direttamente il comandamento sono Lc 6,27c-28: kalw/j poiei/te toi/j misou/sin
u`ma/j( | euvlogei/te tou.j katarwme,nouj u`ma/j( proseu,cesqe peri. tw/n evphreazo,ntwn u`ma/j. Ma non si sa se
inizialmente fossero allacciati allamore dei nemici: possono esser stati collocati in questo posto da Luca,
come illustrazione. Ad ogni modo, cos come si presentano fungono da esempi di amore dei nemici.
(c) molto breve. Non si sa chi sono i nemici (stranieri, autorit politiche, ricchi, ecc.).
(d) preceduto da una enfasi enunciativa (le,gw) tipica dei logia che Ges vuole enfatizzare.
(e) non chiede di aver sentimenti affettuosi o calorosi, ma di voler e di fare del bene ai nemici. Come lo dice
bene Meier, ci che Ges chiede non di aver emozioni, affezioni o sentimenti, ma ci che comanda ai
suoi discepoli piuttosto di voler bene e fare del bene ai loro nemici; poco importa ci che i discepoli
provano e poco importa se i nemici rimangono nemici nonostante la bont manifestatasi per loro26. Lamore
richiesto da Ges non mira a farlo diventare amico o a riconciliarsi con lui: la finalit del comando non
utilitaria!
(f) non equivale al perdono27.
(g) nellAT, nella letteratura intertestamentaria, nei filosofi, nel NT, non si riscontra limperativo amate i
vostri nemici. Cf. i testi segnalati infra.
Eventuali paralleli
- la tradizione sapienziale antica conosceva il consiglio di non rendere il male per il male, lasciando la
retribuzione a Dio (o ai dei). Cf. la sapienza di Amenemope (Egitto); il consiglio di sapienza
(Babele)28. Idea che si riscontra in molti testi sapienziali (non biblici e biblici): non vendicarsi per non
anticipare la retribuzione divina.
- Pr 20, 22; 24,18-19.29; Pr 25,21-22 (ripreso da Paolo); Si 27,2228,11. Se nel Pentateuco, le
rappresaglie e ritorsioni sono richieste29, nel codice di giustizia30, analizzato da G. Barbiero, si
riscontrano ordini soprendenti, perch vanno contro i precetti che chiedono la vendetta: Es 23,4-531:
eva.n de. sunanth,sh|j tw/| boi. tou/ evcqrou/ sou h' tw/| u`pozugi,w| auvtou/ planwme,noij avpostre,yaj
avpodw,seij auvtw/| 5 eva.n de. i;dh|j to. u`pozu,gion tou/ evcqrou/ sou peptwko.j u`po. to.n go,mon auvtou/ ouv
pareleu,sh| auvto, avlla. sunegerei/j auvto. metV auvtou/
I due comandamenti chiedono di fare del bene al nemico, il che equivale ad amarlo. Ci sono
nondimeno differenze tra questi e il precetto di Ges: i primi sono in forma casistica (in se,
allora), mentre quello di Ges apodittico e non offre n limitazioni n eccezioni.
- il comandamento assente negli scritti giudaici intertestamentari (pseudepigrafi32, Qumran), ma li si
riscontra il precetto di non vendicarsi (cf. Giuseppe e Asenet 23,9; 28,4.14; 29,3), principio che
ritroviamo nel NT (1Ts 5,15; Rm 12,9-21, in particolare il v.17; 1P 3,9).
- i filosofi richiedono la magnanimit nei confronti dei nemici, perch la ragione deve controllare i
sentimenti e dominare le passioni, e il sapiente essere nobile; inoltre le offese aiutano il sapiente a
domare gli istinti. Cf. Filone, De virtutibus 116-118; Seneca, Do otio, 1,4; De beneficiis, 4,26; 7,3.31;
De ira, 2,32-34; De constantia sapientis, 4. Vedere anche Epiteto, diatribai 1,25; 3,20; 3,22.
3. La regola doro
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Mt 7,12
pa,nta ou=n o[sa eva.n qe,lhte
i[na poiw/sin u`mi/n oi` a;nqrwpoi(
ou[twj kai. u`mei/j poiei/te auvtoi/j\
ou-toj ga,r evstin o` no,moj kai. oi` profh/tai
Lc 6,31
Kai. kaqw.j qe,lete
i[na poiw/sin u`mi/n oi` a;nqrwpoi
poiei/te auvtoi/j o`moi,wj
Il principio vale per atei e religiosi, non credenti e credenti di ogni religione, e si accomuna allinvito
a non vendicarsi o a non rendere il male per il male: la regola doro si allontana da una esigenza di
vendetta per far avvenire una relazione di reciprocit positiva, perch suppone che altrui abbia un
comportamento simile al mio.
- Mt presenta la regola doro come sommario e/o culmine della Legge e dei profeti (delle Scritture).
Ma non si vede come un detto ben conosciuto della morale greco-romana possa essere il culmine delle
scritture, cio di ci che la Parola di Dio insegna e rivela. Certo, in Mt 22,40, Ges dice del doppio
comandamento dellamore che gli vengono appesi la Legge e i profeti. Le somiglianze con Mt 7,12c
potrebbero far concludere che la regola doro equivale al doppio comandamento dellamore. Ma non
vero
- Paralleli nel mondo antico
Il detto pu avere una formulazione negativa (non fare agli altri ci che non vorrei che ti faccessero).
Erodono, Historiae, 3,142 (in forma negativa) il sovrano Meandrius di Samos ai suoi sudditi.
Diffusione della regola dora da Isocrate (Nicocls 49 pos. e 61 neg.), A Demoniche 14.
A partire dal IV sec., la regola citata da molti scrittori greci.
Sentenze di Sextus 89 (in forma positiva) e 90 (in forma negativa)33.
Lettera di Aristea, 207;
Tobit 4,15 (in forma negativa); Si 31,1232,13 (specialmente 31,15)
Seneca, de beneficiis 2.1 (si demus quomodo vellemus accipere); epistolae Lucilio 47,11 (Haec
tamen praecepti mei summa est: sic cum inferiore vivas quemadmodum tecum superiores velis
vivere).
Pi tardi, nel giudaismo, bSabb 31a (Hillel citando la regola doro).
- storicit della regola doro?
Meier ed altri optano per la negativa34. Ges infatti nei logia seguenti di Lc 6, si pronuncia
contro una morale della reciprocit (dei vantaggi reciproci), una morale del do ut des. Se si applica il
criterio di coerenza, Meier dice non soltanto che il logion non quadra con quelli attorno, che
esprimono una morale basata su esigenze radicali, ma anche con il doppio comandamento dellamore
e con quello dellamore dei nemici. Inoltre, il criterio di discontinuit non vale qui, giacch il logion
sulla regola doro era gi molto diffuso al tempo di Cristo. In breve, si pu dubitare che il logion sia
stato pronunciato dal Ges della storia.
33
34
Cf. J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV fr. 645 note 248 trad. Des sentences 89 et 90.
Cf. J.P. MEIER, A Marginal Jew, IV 362 (ch.36 fin du 4).