PLATONE
La vita Platone nacque ad Atene da nobile famiglia tra il 428 e il 427 a.C., poco
dopo lo scoppio della guerra tra Sparta e Atene. Verso i 20 anni divenne
discepolo di Socrate e venne invitato dallo zio Crizia a partecipare attivamente
alla guida politica della citt sotto i 30 Tiranni. Deluso sia dal loro governo
violento, sia dalla democrazia restaurata che condusse Socrate alla morte,
fond lAccademia, una scuola filosofica caratterizzata da una vita in comune
tra discepoli e maestro. Mor ad Atene nel 348/347 a.C.
Gli scritti e la loro forma letteraria
La tradizione ha conservato fino a noi gli scritti di Platone e il loro plausibile
ordine cronologico :
1.
Scritti giovanili (399/398): Apologia di Socrate, Protagora, Critone
2.
Dialoghi della maturit (387/367): Gorgia, Fedone, Repubblica, Simposio, Fedro
3.
Dialoghi della vecchiaia (dal 365): Teeteto, Parmenide, Sofista, Politico, Timeo,
Leggi
nel libro. Lo scritto per permette anche di fornire unimmagine non deformata
della indagine filosofica, di criticare altre forme di cultura. Inoltre eserciterebbe
una funzione protrettica, ossia esortare gli eventuali lettori a dedicarsi alla
filosofia, entrando nella scuola dove essa praticata. Tuttavia Platone sa che non
tutte le questioni possono essere affrontate con questo metodo dialettico: il
destino dellanima, la formazione del cosmo Egli ricorre quindi ai miti, con lunghi
discorsi continui esponendo come verosimilmente siano andate le cose. Il mito
considerato da Platone inferiore alla dialettica e alle argomentazioni, ma uno
strumento molto utile quando si tratta di convincere qualcuno non ancora pronto
sul piano filosofico su questioni morali e politiche.
La filosofia e la reminescenza Per Platone il filosofo non n il sapiente, n
lignorante. Lunico vero sapiente la divinit, e n la divinit n lignorante
cercano il sapere: il primo perch lo ha gi, il secondo perch non lo cerca. Il
filosofo invece una figura intermedia, caratterizzata dal desiderio e dalla
conseguente ricerca del sapere che ancora non possiede. Socrate non sa, ma
sa di non sapere, e quindi inizia la ricerca. Latteggiamento fondamentale del
filosofo quindi leros, amore: come il dio Eros il filosofo figlio della Povert,
poich privo e bisognoso del sapere, ma anche figlio di Poros, ossia della
capacit di procurarsi ci di cui ha bisogno. La medicina greca aveva trovato
nella dieta, cio nellequilibrio tra esercizio fisico e alimentazione, un metodo
per preservare la salute. Platone utilizza questo modello per descrivere la
forma pi alta di vita, la vita filosofica: la dieta dellanima deve armonizzare le
passioni e lintelletto, sottoponendo le prime al controllo del secondo. In questa
prospettiva la stessa dialettica si configura come un esercizio per lintelletto
irrobustendolo. Ma come si nutre lanima? Secondo Platone essa si nutre
attraverso i mathmata, ossia gli oggetti di apprendimento, tra cui rientra
anche la virt. Per Platone non la citt storicamente esistente che pu
insegnare la virt, come aveva preteso Protagora, n i grandi politici ateniesi (la
morte di Socrate simbolo di una societ senza virt), ma la conoscenza del
vero bene Spetta al sapere e non ai piaceri la guida della condotta umana. Il
piacere non pu essere identificato con il bene, in quanto i piaceri sono
molteplici, ma il vero bene quello che riguarda la propria anima. La vera sede
in cui trovare il bene non quindi la citt, ma la filosofia e con precisione, la
scuola filosofica.
Ma come si apprende? Secondo Platone ogni individuo possiede il sapere entro di
s, ma al momento della nascita questo sapere viene dimenticato, pur continuando
a rimanere latente nellanima. Il compito dellinterrogazione filosofica quello di
far affiorare alla luce questo sapere. Lapprendimento non altro dunque che un
processo di reminescenza (anamnesi), possibile in quanto la natura un insieme di
2
parti collegate tra loro da legami di affinit. Ricordandosene uno quindi possibile
risalire a tutti gli altri tramite il ragionamento causale. Nel Menone Platone fa
consistere la scienza (episteme) in questo modello in quanto in grado di
rispondere alla domanda perch? dando una risposta stabile, differenziandola
dallopinione (doxa) che fluttuante, cio sia vera che falsa.
Le idee e limmortalit dellanima Platone esclude che le entit del mondo
sensibile possano essere loggetto proprio della scienza: la loro modificabilit e
mobilit le rende incompatibili con la stabilit della scienza. Ci non significa
che le percezioni non siano utili nel processo di reminescenza: con i sensi
possibile percepire oggetti che vengono detti uguali, ma che perfettamente
uguali non sono. Ci ci porta a pensare che luguale sia qualcosa di distinto dagli
oggetti. Questa entit chiamata da Platone idea (= aspetto, forma visibile) e
non pu essere percepita tramite i sensi, ma tramite lintelletto. In questa
prospettiva il mondo sensibile copia di un mondo trascendente, liperurania
(mondo delle idee), al quale lanima prima della reincarnazione ha accesso. La
percezione degli oggetti sensibili quindi, risveglia il ricordo delle idee, le quali
permettono di comprendere e misurare inferiorit degli oggetti sensibili
rispetto ad esse Qualunque oggetto possa essere definito bello, non
coincider mai con lidea di bello. Lidea il modello in base al quale noi possiamo
percepire gli oggetti come belli LA BELLEZZA.
Nei primi dialoghi Platone presentava lindagine di Socrate come intenta alla
ricerca di definizioni, ossia di risposte alla domanda che cos?. La risposta per
Platone ricercare lidea, luniversale delloggetto in questione. Lidea, in quanto
universale, si pone a un livello pi alto rispetto agli oggetti sensibili corrispondenti.
Gli oggetti sensibili infatti sono caratterizzati dal divenire e dal mutare, mentre
lidea sempre uguale a s stessa. Quando si tratta di spiegare perch una cosa
fatta in un determinato modo piuttosto che in un altro, Platone consiste nell
identificare il fine per cui quellentit esiste. Ci come dire ci che meglio per
essi, cio lidea: lidea dunque la causa per cui un oggetto in un determinato
modo e la conoscenza dellidea consente di spiegare il perch esso sia in quel modo
e non diversamente. Lesistenza delle idee diventa nel Fedone, il punto di partenza
per dimostrare limmortalit dellanima: se conoscere richiamare alla mente
nozioni che lanima, incarnandosi, ha dimenticato, vuol dire che lanima preesisteva
allincarnazione e che la sua natura sia simile a quella delle cose conosciute
antecedentemente, ossia alla natura delle idee SICCOME LE IDEE
ESISTONO SEMPRE, DEVE ESSERE COSI ANCHE PER LANIMA.
Se lanima non sopravvivesse alla morte del corpo, apparterrebbe al genere delle
cose sensibili e non potrebbe avere accesso alla conoscenza di entit come le idee.
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Lanima inoltre partecipa dellidea della vita in quanto anima un corpo. Essa dunque
non pu accogliere dentro di s il contrario, cio lidea della morte. E come il
numero 3: esso partecipa allidea di dispari e quindi non potr mai accogliere lidea
opposta, cio quella di pari Lanima non potr mai morire in quanto partecipa
dellidea della vita.
Il filosofo e la citt La morte di Socrate aveva posto ai suoi discepoli il
problema del rapporto filosofo-citt. Nei dialoghi Platone descrive spesso
Socrate (il vero filosofo) come ridicolo ai pi in quanto non sa destreggiarsi tra
le faccende politiche. Nel Fedone il filosofo descritto come colui che si
purifica e prescinde il pi possibile dal corpo poich pu ostacolarlo nella sua
ricerca delle idee. Ma se il corpo la tomba dellanima, la vita del filosofo una
sorta di preparazione alla morte: con la morte lanima, separandosi dal corpo,
potr accedere alle idee. Non vuol dire che luomo debba suicidarsi, ma che
importante avvicinarsi alle idee gi durante la vita (tramite lamore). Lo spazio
del filosofo quindi va oltre la citt, pu rendersi simile a Dio ( Teeteto). In
una citt ingiusta il filosofo non pu partecipare alla corsa per il potere, ma non
pu nemmeno isolarsi: Platone affronta nella Repubblica il problema del modello
di una citt giusta.
Il punto di partenza dettato dalla giustizia, sia nellindividuo, sia nella citt. La
citt si forma perch ciascun individuo non in grado da solo di soddisfare tutti i
suoi bisogni e quindi si scambiano le prestazioni. Alla base della citt dunque la
divisione dei mestieri, previa la determinazione delle attivit che, secondo natura,
confanno a ciascun individuo La giustizia consiste nel fatto che ciascuno
svolga le funzioni che gli sono proprie. Il buon funzionamento di una citt
richiede, secondo Platone, unestensione territoriale e una popolazione limitata.
Questa deve essere divisa in tre classi con compiti diversi:
Guerrieri: detentori del coraggio e della lealt, sono coloro che difendono la citt e
lordine;
Filosofi: detentori del sapere e quindi del bene per la citt, sono gli unici in grado di
governare.
Questi tre gruppi sono gerarchizzati poich secondo Platone gli uomini non sono
tutti uguali secondo natura, ma alcuni sono migliori di altri. Ma in ogni caso i
cittadini devono possedere due virt: la giustizia (svolgere le proprie funzioni) e la
temperanza (il riconoscimento che il governo della citt deve stare in mano a chi
ha le facolt di governarla i filosofi). Soltanto la connessione tra filosofia e
potere potr far cessare i mali di cui sono afflitte le citt. Nelle citt attualmente
esistenti sono due i fattori che impediscono la corretta distribuzione dei compiti e
quindi linstaurarsi della giustizia:
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La famiglia: i genitori tendono a far s che i propri figli siano collocati nella posizione
sociale pi ampia possibile indipendentemente dalle loro doti naturali;
riconosciute dallintelletto; il sole, col suo calore, condizione essenziale per la vita, la nascita e
la crescita delle cose sensibili, quindi del loro divenire;
il bene col suo potere condizione essenziale per lessere delle idee (non per il loro
divenire in quanto sono immutabili).
Proprio la conoscenza dellidea del bene rende legittima lattribuzione del governo
della citt ai filosofi in quanto significa conoscere cosa rende buone le cose. Per
una maggiore esplicazione Platone ricorre al mito della caverna: in una caverna
illuminata da un fuoco, alcuni uomini sono incatenati e obbligati a guardare il muro
le ombre, le deformazioni della verit. Platone paragona la conoscenza a un
processo di liberazione dalle catene verso la luce del sole, alla quale ci si deve pian
piano abituare dopo una vita vissuta nella semioscurit della caverna, e che
rappresenta lidea del bene. La dialettica dunque si colloca al vertice della
gerarchia delle scienze le quali non possono costruirsi come un sapere del tutto
autonomo. Inoltre la gerarchia esistente tra le scienze simmetrica alla gerarchia
della popolazione i filosofi, per governare la comunit umana alla luce del sapere acquisito,
devono ridiscendere a turno nella caverna.
Lutopia e lanima La citt che Platone delinea nella Repubblica stata sovente
qualificata come una utopia: un progetto ideale, privo di possibilit realizzative.
Agli occhi di Platone essa difficilmente realizzabile, ma possibile: egli
costituisce una tipologia di forme di governo che ha come estremi la
democrazia e la tirannide. La democrazia interpretata come una sorta di
anarchia, in quanto refrattaria a stabilire gerarchie nella distribuzione del
potere e a porre limiti alla libert individuale, mentre la tirannide considerata
la peggiore forma di governo in quanto la ragione non svolge alcuna funzione di
governo. Nella citt giusta di Platone invece, ricomposto il divorzio tra
filosofia e politica e i filosofi prendono il loro posto nel governo La citt si
organizza assumendo apparato educativo destinato a riprodurre e perpetuare
se stessa, assumendo in grande e nella sfera pubblica quello che nel piccolo e
nella sfera privata fa lAccademia. Il discorso condotto da Platone sulla citt
giusta e delle sue degenerazioni, ha un parallelo nel discorso sullanima giusta e
le sue degenerazioni: a tre classi costitutive della citt Platone fa
corrispondere tre facolt dellanima:
Anche per lanima la giustizia consiste nel fatto che ognuna delle sue parti svolga
la funzione che le propria, altrimenti si genera lingiustizia. Alla giustizia deve
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Diiresis: consiste nel dividere una idea unitaria nelle sue specie o articolazioni.
Nel Sofista compare il seguente esempio: se si vuole definire che cos la pesca
con la lenza, occorre ridurla ad un genere pi ampio la tecnica. (sinagogh). A
questo punto, nella fase della diiresis, si divide il genere della tecnica nelle due
specie delle tecniche di produzione (che danno luogo a un oggetto non ancora
esistente) e delle tecniche di acquisizione (ci si impadronisce di ci che esiste) e si
sceglie a quale dei due appartiene la pesca con la lenza. E cos via fino a che non si
individueranno tutti i tratti che consentono di definire la pesca con la lenza.
La definizione ottenuta mediante la dialettica consiste nel rintracciare la rete di
relazioni che collega il concetto da definire con altri concetti. Alcuni sono pi
generali di altri, mentre i 5 generi sommi permangono in tutte le idee.
Questa concezione esclude due strade alternative:
Tutto comunica con tutto: se fosse cos si potrebbe dire che il moto quiete.
Nulla comunica con nulla: sarebbe impossibile formulare qualsiasi discorso in quanto c
sempre una connessione tra soggetto e verbo.
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ARISTOTELE
La vita Aristotele nacque a Stagira nel nord della Grecia nel 384 a.C. Rimase 20
anni nellAccademia, svolgendovi anche attivit di insegnamento sino alla morte
di Platone, dopo la quale divenne precettore del figlio del re di Macedonia.
Tornato ad Atene, fu accusato di empiet e, pronunciando la celebre frase
allusiva alla morte di SocrateNon voglio che gli Ateniesi commettano un
secondo crimine contro la filosofia, si trasfer a Calcide dove mor nel 322 a.C.
Gli scritti e la scuola Nei 20 anni di Accademia, Aristotele svolse attivit di
insegnamento e compose scritti probabilmente in forma dialogica (con qualche
innovazione: a volte Aristotele stesso entrava in scena facendo le proprie
considerazioni), ma sono andati tutti perduti.
Scritti essoterici (destinati allambiente esterno allAccademia): Il Protrettico
era una sorta di esortazione alla vita filosofica in cui compare largomento se si
deve o non si deve filosofare: se la risposta s la necessit di filosofare ovvia,
se si ammette che non si deve, bisogna comunque dimostrare che non si debba
La filosofia sempre necessaria. Aristotele compose una sorta di storia della
filosofia fino a Platone con lopera Sulla natura.
Scritti esoterici (destinati allAccademia): un gran numero di essi conservato
ed documento di ci che egli sostenne nel soggiorno ateniese e durante
linsegnamento al liceo. Erano per una sorta di canovaccio per le lezioni e quindi
sono talvolta oscuri, o abbisognavano di precisazioni orali che il maestro dava al
momento della spiegazione. Essi furono raggruppati da Andronico di Rodi nel I
secolo a.C., che li raggrupp per argomenti affini: logica, fisica, etica, metafisica.
La ricerca del sapere La Metafisica di Aristotele si apre con la celebre
affermazione Tutti gli uomini aspirano per natura alla conoscenza . Ma i livelli
della conoscenza sono molteplici e non tutti gli uomini pervengono a quella che,
secondo Aristotele, la forma suprema di conoscenza. Luomo condivide con gli
animali la possibilit di avere sensazioni tra cui Aristotele attribuisce una
posizione di primato alla vista e alludito: ludito il senso che ci permette
lapprendimento, mentre la vista consente, pi degli altri sensi, di cogliere le
differenze tra gli oggetti. Essa inoltre pu essere impiegata non in vista
dellazione, ma soltanto allo scopo disinteressato di vedere le cose. Prerogativa
delle sensazioni percepire un oggetto o un evento nei termini di spazio e di
tempo.
La sensazione coincide con il che delle cose.
La memoria consente la conservazione dellinformazione (il fuoco brucia anche se
non abbiamo davanti un fuoco). Ci che inizia a differenziare luomo dagli animali
lesperienza cio un insieme di ricordi della medesima cosa (se una volta ci
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bruciamo col fuoco, non vuol dire che abbiamo esperienza che il fuoco bruci;
registrando levento pi volte, si ha unidea generale per lo pi il fuoco brucia).
Dallesperienza si pu quindi giungere alla tecnica tramite la conoscenza dello
universale (la medicina raggiunge la tecnica quando determina che una cura serva
per tutti gli uomini, non uno in particolare). Anche la tecnica non rappresenta
tuttavia per Aristotele, il livello pi alto di conoscenza in quanto subordinata ai
fini diversi della conoscenza. Lo scopo delle prime tecniche era la sopravvivenza, lo
scopo delle tecniche pi raffinate (arte, musica) il diletto, il piacere lo
scopo della tecnica lutilit. Al di sopra delle tecniche si colloca quindi una forma
di conoscenza disinteressata, fine a se stessa: la sopha, cio il sapere che ha per
oggetto le cause prime di tutte le cose, il sapere a cui mira la filosofia. SAPER
FARE SAPERE DISINTERESSATO Solo i filosofi realizzano a pieno la
conoscenza
Il linguaggio della persuasione e il linguaggio della verit Il motore che avvia la
ricerca del sapere ravvisato da Aristotele nella meraviglia, che di fronte agli
eventi suscita la domanda perch?. Essa d quindi vita ad una ricerca e segna
la transizione dal che (al quale si arrestano sensazione, memoria ed esperienza)
al perch. NellOrganon Aristotele indica quali siano gli oggetti della scienza:
Linguaggio: i discorsi sono molteplici (preghiere, domande, ordini) e nessuno di
essi suscettibile al vero e al falso (una preghiera pu essere esaudita o no, un
comando eseguito o no). La scienza per il dominio della verit opposto alla
falsit se esse non esistono non esiste la scienza. I discorsi talvolta possono
essere pronunciati con diverse finalit, come convincere gli ascoltatori (discorsi
retorici) indipendentemente dal vero e dal falso. Nella Retorica Aristotele si
occupa delle tecniche persuasive utilizzate dai sofisti distinguendo tra:
Entimemi: ragionamenti che partono da premesse (non sempre vere) e che appaiono
convincenti;
cavallo ha quattro zampe, una frase vera per lo pi. Entrambe le frasi
presentano termini:
Soggetto: ci di cui si afferma o nega qualcosa (il cavallo e Socrate);
Predicato: ci che si afferma o nega (ha quattro zampe e corre).
Tali proposizioni si dividono in universali, nelle quali di tutti i soggetti si afferma o
si nega qualcosa (tutti gli uomini sono mortali) e particolari (qualche uomo
bianco) e possono essere affermative o negative.
Le proposizioni inoltre si possono distinguere secondo la loro modalit (logica
modale):
Proposizioni del possibile: esprimono ci che non , ma pu essere (
possibile che piova);
Proposizioni del contingente: esprimono ci che , ma potrebbe non essere
( contingente che ora piova);
Proposizioni dellimpossibile: esprimono ci che non e non pu essere (i cani
volano);
Proposizioni del necessario: esprimono ci che e non pu non essere (2 + 2
= 4).
Aristotele stabilisce inoltre delle relazioni tra proposizioni universali e particolari:
Le proposizioni contrarie non possono essere entrambe vere (se P = vera > P
= falsa)
Le proposizioni contraddittorie sono necessariamente una vera e unaltra
falsa. (P v P; se P = vera > P = falsa)
Il sillogismo e la struttura della scienza
Aristotele intende studiare la forma comune alle proposizioni universali e
particolari a prescindere dal contenuto Tutti gli A sono B, Nessun A B.
Questo modo di ragionare rende Aristotele il fondatore della logica formale
(analitica al suo tempo). Valendosi di tali proposizione egli si chiede come si
faccia a costruire ragionamenti corretti: tramite il sillogismo (ragionamento
concatenato). Esso costituito da tre proposizioni, le prime due sono dette
premesse e la terza conclusione. Il sillogismo vero necessariamente se le
premesse sono false, ma possono esistere delle conclusioni corrette anche se le
premesse sono false. Il sillogismo corretto se nelle due premesse sono presenti
e collegati secondo determinate regole due termini (medi) e un terzo termine
(estremo) il quale deve essere presente in entrambe le premesse e assente nella
conclusione
Tutti gli animali sono mortali
Tutti gli uomini sono animali
Dunque tutti gli uomini sono mortali.
Termine medio: animali (consente di collegare la conclusione);
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1.
2.
domande indicano che si pu predicare del soggetto. Ognuna di esse indica un tipo
diverso di predicati che sono detti categorie. Aristotele ne indica 10:
1.
2.
3.
4.
di misura moto circolare del cielo). Da qui evince una concezione geocentrica in cui
la terra, essendo il corpo pi pesante, sta al centro delluniverso.
Il modo celeste: al di sopra della terra vi sono la sfera della luna, del sole,
dei pianeti e delle stelle fisse, sfere concentriche che si muovono circolarmente
intorno alla terra. Tale movimento circolare eterno il mondo eterno. Nel
mondo celeste non sono presenti processi di degenerazione e corruzione, il moto
circolare non ha contrari, il suo inizio coincide con la sua fine. I corpi celesti sono
sostanze incorruttibili (non possono essere composti dai quattro elementi che
sono corruttibili) composti da etere. Luniverso se fosse illimitato non potrebbe
avere un centro E eterno, limitato, perfetto e unico. Per dimostrarne lunicit
Aristotele ricorre a una dimostrazione per assurdo: se esistesse un ipotetico
secondo mondo, i suoi elementi costitutivi sarebbero uguali a quelli del nostro, e
quindi tenderebbero a ricongiungersi come per natura. Il movimento dei corpi
celesti richiede per una causa: Aristotele vi pone unentit divina, non personale e
non provvidenzialistica, chiamata motore immobile. Motore in quanto sviluppa
tutte le altre cause; Immobile perch non ha una causa. Esso atto puro in
quanto non mai potenza (potrebbe muovere o non muovere), ma sempre atto. E
dunque privo di potenzialit e, conseguentemente, privo di materia. Esso non pu
quindi muovere come una causa efficiente in quanto non pu avere contatto, ma
muove perch atto damore, al quale i corpi celesti dotati di intelletto tendono
dando vita alla catena delle cause. Lattivit del motore immobile quindi il
pensiero, pensiero di pensiero in quanto loggetto del pensiero sono gli universali,
gli intelligibili, e il pensiero del motore immobile sempre atto. Luniverso non
per Aristotele da venerare, ma come un esercito, in cui ci che conta lordine
non il comandante esso garante dellordine e della regolarit delluniverso.
Il vivente e lanima
Questa regolarit caratterizza anche il mondo del vivente in cui opera il principio
che la natura non fa nulla invano: la tecnica compie operazioni volte a realizzare
fini, imita la natura e coopera con lei per realizzare ci che essa non riesce a fare.
La natura non per concepita come nel Timeo di Platone come un agente razionale
guidato da intenzioni, una spiegazione teleologica (cio finalistica): ogni specie
ha il proprio fine in se stessa, tende a riprodursi eternamente attraverso gli
individui soggetti al perire. Ogni specie ha delle funzioni, esplicate attraverso gli
organi (occhi per vedere): luomo quindi dotato di mani perch proprio della
natura delluomo lo svolgimento delle attivit intellettive ( luomo non il pi
intelligente tra gli animale perch ha le mani, ma ha le mani perch il pi
intelligente Anassagora) Sono le funzioni proprie di ciascuna specie a
richiedere determinati organi per poter essere esplicate.
Le parti costitutive dei viventi sono di due tipi:
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Omeomere: le parti omogenee che danno luogo ad altre parti simili (carne,
ossa), che saranno in seguito chiamate tessuti;
Non-omeomere: le parti che si distinguono per il nome e per la funzione che
svolgono (la mano non si suddivide in altre mani, ma in dita, opalmo).
Il grado di maggiore complessit degli esseri viventi determinato dalla presenza
in essi di un maggior numero di parti non omogenee, ovvero organi, che
determinano il numero di funzioni che un essere vivente pu compiere.
Da questi presupposti si genera il discorso sullanima: ci che caratterizza un
essere vivente la presenza in esso di qualcosa che lo animi, che ha la vita in
potenza. Aristotele non condivide la concezione platonica di vedere lanima e il
corpo come due elementi divisi, ma costituiscono un insieme unitario e lanima non
pu esistere indipendentemente dal corpo. Essa non sarebbe un insieme di parti,
ma di funzioni di sui Aristotele distingue tre livelli gerarchici dove gli esseri
dotati della funzione superiore posseggono anche quella o quelle inferiori:
Funzione nutritiva e riproduttiva: propria in particolare delle piante oltre
che degli animali e delluomo;
Funzione sensitiva: non appartiene alle piante, ma agli animali e si esplica
tramite i 5 sensi, ognuno dei quali ha un oggetto proprio. Nella percezione degli
oggetti sensibili quindi i sensi non sbagliano. Le sensazioni lasciano residui anche
quando gli oggetti percepiti non sono pi presenti, dando origine alla fantasia o
immaginazione (pu essere sia vera che falsa ed stimolo allazione) e alla
memoria (che si costituisce mediane immagini mentali);
Funzione intellettiva: propria delluomo, agisce su immaginazione e memoria
per ricavarne le forme intelligibili, gli universali e le definizioni. Essa permette
alluomo di giudicare il vero e il falso e solo quando conosce le forme intelligibili
pu considerarsi intelletto in atto. Aristotele divide tra intelletto attivo o
produttivo (divino, sempre in atto rispetto a tutti gli intelligibili, sopravvive alla
morte del corpo, poich il pensiero non ha bisogno di base fisica per sopravvivere)
e intelletto umano o passivo (proprio degli uomini, spesso in potenza e non
sopravvive alla morte del corpo).
La politica
Anche per Aristotele luomo non un essere pienamente autosufficiente (luomo
per natura un animale politico) e solo nella polis pu realizzare pienamente la
propria natura. Anche gli animali vivono in gruppo (formiche, api), ma solo luomo
ha consapevolezza di ci che giusto o sbagliato. Per Aristotele la polis non una
costruzione artificiale, un patto tra gli uomini, ma una formazione naturale legata
alla natura non autosufficiente delluomo. Non per la forma di aggregazione pi
semplice poich risulta dallunione di pi villaggi e famiglie.
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La famiglia tipo composta da un adulto maschio libero, dalla mogli, dai figli e dagli
schiavi in cui il capofamiglia esercita il proprio potere. Lo schiavo in uno stato di
perenne dipendenza dal padrone, di sua propriet, come un oggetto. Aristotele
teorizza lesistenza di una schiavit naturale: esisterebbero individui privi di
quelle qualit che rendono un uomo realmente uomo cio incapaci di formulare
deliberazioni. Essi sarebbero per natura schiavi di quanti posseggono tali qualit e,
incapaci di guidare se stessi, trovano la loro utilit a servire il padrone.
Aristotele vede la famiglia come una cellula economica e respinge laccumulazione
illimitata di ricchezze, ma esclusivamente per condurre una vita agiata.
Riconosce la propriet privata in quanto senza di essa i terreni non risulterebbero
coltivati adeguatamente per lo scarso impegno di lavoro dei contadini che non
risulterebbero invogliati a lavorare. Solo nella polis luomo pu vivere bene e
raggiungere la sua completa autosufficienza, la realizzazione pi compiuta di
ogni comunit umana.
La libert politica vista da Aristotele non nel vivere come si vuole, ma nel
governare ed essere governati a turno, in una distribuzione di cariche a durata
limitata e a turno. Aristotele tripartisce tra monarchia, aristocrazia e politia
(costituzione): esse si differenziano per il numero dei detentori del potere, ma
sono una forma degenerata in cui il governo non esercitato secondo le leggi e non
in vista dellutilit comune, ma di quella dei governanti. Esse sono tirannide,
oligarchia e democrazia. Critica infatti le forme estreme di democrazia (quella
ateniese) con assemblee troppo frequenti dominatrici di tutto.
Aristotele mostra preferenza per una forma di costituzione in cui esistano
elementi della democrazia e dellaristocrazia, dove laccesso alle cariche sia aperto
ai migliori, ma la le decisioni siano prese dalla totalit dei cittadini.
La vita etica e la vita teoretica
Aristotele affronta il problema di quale sia la vita buona per luomo, ma il fine non
solo sapere cosa vuol dire essere buoni, ma diventare buoni. Letica di Aristotele
non mira alla formulazione di precetti o norme, ma a rintracciare il fine della vita
umana e a quali condizione pu essere realizzato. Il fine che gli uomini perseguono
la felicit: in questo senso piacere e ricchezza non sono che mezzi per arrivare
al piacere, mezzi che possono essere scelti dalluomo. La felicit sarebbe non uno
stato di quiete passiva, ma una completa riuscita delle proprie attivit.
Secondo Aristotele la felicit vivere secondo ragione: in essa risiede la virt,
ci che fa s che luomo sia veramente tale, esercitando al meglio le facolt che gli
sono proprie. Aristotele distingue tra due classi di virt:
In generale la virt definita come habitus, cio disposizione costante, non innata,
che si ottiene con lesercizio attraverso azioni ripetute che si forma il
carattere di un individuo il quale condizioner le sue azioni future.
La virt etica consiste nel trovare il giusto mezzo tra due stremi tramite la
ragione e che caratterizza luomo saggio. Tale giusto mezzo non determinabile
una volta per tutte secondo una misura unica, ma varia a seconda delle situazioni
Il saggio colui che determina il giusto mezzo in ogni circostanza.
Tra le virt etiche una posizione centrale determinata dalla giustizia: essa
coincide con la virt, nel senso che luomo giusto luomo virtuoso, ma ha un
significato pi specifico:
Giustizia distributiva: consiste nellattribuire a ciascuno ci che gli compete
secondo i meriti. Si configura come una sorta di proporzione geometrica, nella
quale a ciascuno attribuita una quantit proporzionale ai suoi meriti i quali
variano da costituzione a costituzione (nellaristocrazia la nascita un merito,
nella democrazia il merito solo per chi possiede lo stato cittadino);
Giustizia correttiva o commutativa: presiede ai contratti e consiste
nellattribuire a ciascuna delle parti una quantit uguale secondo una proporzione
aritmetica. Nel caso del furto (contratto non volontario da una parte), la giustizia
correttiva deve comminare al colpevole una quantit di pena equivalente al danno
arrecato.
Accanto alle virt etiche (a cui fa a capo la giustizia, ma anche la magnanimit, la
tolleranza, la liberalit), Aristotele pone cinque virt dianoetiche:
Arte (o techn): si tratta di produrre oggetti;
Saggezza: si tratta di deliberare ci che bene o male per luomo sui
mezzi per raggiungere la felicit.
Scienza: la disposizione costante allo svolgere correttamente le
dimostrazioni
Intelletto: la disposizione costante a cogliere i principi primi;
Sapienza: la pi alta delle virt dianoetiche e risulta dalla connessione tra
scienza e intelletto: senza intelletto, pur sapendo dimostrare, non si capaci di
assumere i principi primi a partire dalle dimostrazioni, daltra parte, essere senza
scienza significa non saper svolgere dimostrazioni partendo dai principi.
Lattivit propria del sapiente la theora, cio la contemplazione, che pone il
sapiente aristotelico in bilico tra umano e divino, tra bisogni umani e principi divini.
Deve essere libero dalle attivit lavorative per poter esercitare la filosofia e solo
la polis pu garantirgli la sopravvivenza.
Il legame stretto tra filosofia e politica che Platone aveva teorizzato ormai
abbandonato: per diventare politici occorre unesperienza pi che della scuola,
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della citt, mentre il filosofo pu restare anche ai margini della citt LA VITA
FILOSOFICA E DEDITA ALLA TEORIA.
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