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AUTOVETTORI E AUTOVALORI

CENNO SUI DETERMINANTI


Definizione. Sia A una matrice quadrata n n, si dice determinante di A il numero cosi ottenuto:
det(A) =

sgn()a1(1) a2(2) an(n)

Sn

dove varia nellinsieme Sn di tutte le n! permutazioni di n elementi.


La formula si puo riscrivere mettendo in evidenza gli elementi di una riga (o di una colonna) fissata,
cio permette di ottenere lo sviluppo di Laplace di det(A) relativo alla riga o colonna fissata, come segue:
Definizione. Data la matrice quadrata A = (aij ), si dice complemento algebrico del coefficiente aij il numero
definito dal prodotto di (1)i+j per il determinante della matrice che si ottiene da A cancellando la riga
i-esima e la colonna j-esima.
Teorema di Laplace. Data una matrice A quadrata n n, det(A) e uguale alla somma dei prodotti degli
elementi di una qualsiasi riga (o colonna) fissata per i rispettivi complementi algebrici:
det(A) = ai1 Ai1 + ai2 Ai2 + + ain Ain
det(A) = a1j A1j + a2j A2j + + anj Anj
E facile verificare lenunciato nei casi n = 2, 3. In generale il teorema permette il calcolo di un determinante a partire da determinanti con una riga (o colonna) in meno. La riga o colonna rispetto alla quale
iniziare lo sviluppo puo essere scelta a piacere; ovviamente conviene scegliere una riga (o colonna) che abbia
tanti coefficienti nulli. Un caso particolare e quello delle matrici triangolari, il cui determinante e sempre il
prodotto degli elementi della diagonale principale.
Sono conseguenza del teorema le seguenti proprieta (di facile verifica nel caso n = 2, 3):
Proprieta. 1) Se nella matrice A si scambiano tra loro due righe, il determinante cambia segno;
2) Se nella matrice A si sostituisce a un vettore riga Ri il vettore riga Ri + kRj , dove Rj e unaltra riga e
k e un qualsiasi coefficiente numerico, il determinante non cambia.
Se si applica il metodo di eliminazione di Gauss alla matrice A, si ottiene una matrice S ridotta a scala
e dai risultati precedenti si ha che det(A) = det(S); in particolare se rg(A) = n, det(S) e il prodotto degli
indicatori percio det(A) 6= 0, mentre se rg(A) < n, det(A) = det(S) = 0 e viceversa.
CAMBIAMENTI DI BASE
Sia V un K-spazio vettoriale di dimensione finita n e siano B = (e1 , , en ) e B 0 = (e01 , , e0n ) due sue
basi, con B 0 assegnata nel modo seguente:
e01 = a11 e1 + an1 en
e02 = a12 e1 + an2 en

e0n = a1n e1 + ann en


1

a11
a21
Definizione. La matrice P =
...

a12
a22
..
.

...
...

a1n
a2n
si dice matrice di passaggio o di cambio di base da
..
.

an1

an2

...

ann

B a B0 .

Osserviamo che P e invertibile, infatti le sue colonne sono i vettori della base B 0 . La matrice inversa
P 1 e la matrice di passaggio da B 0 a B.
Dato un qualsiasi vettore v V , si avra v = x1 e1 + xn en = x01 e01 + x0n e0n ; le relazioni tra le
componenti di v rispetto a BV e quelle rispetto a B 0 si ottengono come segue:

v = x01 e01 + x0n e0n = x01 (a11 e1 + an1 en ) + + x0n (a1n e1 + ann en ) = = x1 e1 + xn en
da cui
a1 = a11 a01 + a1n a0n
a2 = a21 a01 + a2n a0n

an =

a1
a2

ossia
... = P

an

a0

a0

an1 a01

+ ann a0n

a1
a

. oppure . = P 1 .2 .
.
..
.
.
.
an
a0n
a0n
1
a02

1
a02

Consideriamo ora una applicazione lineare f : V W , con V, W spazi vettoriali di dimensione finita
sul campo numerico K. Fissate una base BV per lo spazio V e una base BW per lo spazio W , risulta
univocamente determinata una matrice M associata ad f rispetto a BV e a BW , quindi si puo scrivere
M X = Y , dove X e il vettore colonna delle coordinate di un qualunque v V rispetto a BV , mentre Y e
il vettore colonna delle coordinate di f (v) rispetto a BW . Se si cambia base in V , passando alla base BV0
0
, i due cambiamenti di base saranno descritti dalle rispettive
e si cambia base in W , passando alla base BW
0
matrici di passaggio P e Q, cioe X = P X e Y = QY 0 . Segue che:
A(P X 0 ) = QY 0
da cui Q1 AP X 0 = Y 0 ; come e noto, dopo aver fissato una base in V e una in W , la matrice associata ad
0
.
f e univocamente determinata, di conseguenza Q1 AP e la matrice di f rispetto a BV0 e BW
Nel caso particolare in cui lo spazio di partenza coincide con lo spazio di arrivo, cioe V = W , si puo
fissare la stessa base B in entrambi gli spazi. Se si cambia base, passando alla base B 0 con matrice di passaggio
P , il legame tra la matrice di f rispetto a B e la matrice di f rispetto a B 0 e dato da
M 0 = P 1 M P
Definizione. Due matrici quadrate M ed M 0 si dicono simili se esiste una matrice invertibile P tale che
M 0 = P 1 M P .
DIAGONALIZZAZIONE DI UN ENDOMORFISMO
Sia V sia un K-spazio vettoriale di dimensione finita n
2

Definizione. Un endomorfismo f : V V si dice diagonalizzabile o semplice se esiste una base B =


(v1 , , vn ) di V rispetto alla quale la matrice di f e diagonale, ossia una matrice avente elementi tutti
nulli tranne eventualmente sulla diagonale principale. In altri termini la matrice di f e diagonalizzabile se
e simile a una matrice diagonale.
Se f e diagonalizzabile, sia B = (v1 , , vn ) una base rispetto alla quale la matrice di f e diagonale
1
0
D=
...

0
2
..
.

...
...

...

0
0
..
.
n

allora abbiamo f (v1 ) = 1 v1 , f (v2 ) = 2 v2 , , f (vn ) = n vn , cioe ciascun vettore della base viene
trasformato dallendomorfismo f in un multiplo di se stesso; viceversa, se ciascun vettore della base B viene
trasformato dallendomorfismo f in un multiplo di se stesso, la matrice di f rispetto a B e diagonale.
Definizione. Un vettore non nullo v V si dice autovettore di f se esiste un numero K tale che
f (v) = v
In questo caso si dice autovalore di f associato a v.
Nella definizione si richiede che v sia non nullo, infatti il vettore nullo non si puo considerare autovettore
(anche se, come e noto, si ha sempre f (0) = 0), in quanto per il vettore nullo lautovalore associato sarebbe
indeterminato.
Definizione. Si dice autospazio relativo allautovalore il sottospazio
V = {v V |f (v) = v}
E facile verificare che V e sottospazio di V . In particolare il vettore nullo appartiene a V , infatti un
autovettore e per definizione non nullo, ma
f (0) = 0 = 0
Osserviamo che per definizione di nucleo, per ogni v Ker f , f (v) = 0 = 0v; dunque, se f non e
iniettivo, Ker f e lautospazio relativo allautovalore 0 e viceversa se 0 e autovalore di f , allora f non e
iniettivo.
In conclusione:
Proposizione. Un endomorfismo f : V V e diagonalizzabile se e solo se esiste una base di V formata
da autovettori di f .
Proposizione. Ad autovalori distinti corrispondono autovettori linearmente indipendenti.
Dimostrazione. Per dare unidea trattiamo il caso in cui siano dati 3 autovettori. Siano per cominciare
v1 , v2 due autovettori di f relativi agli autovalori rispettivamente 1 e 2 , con 1 6= 2 . La relazione
x1 v1 + x2 v2 = 0 nelle incognite x1 , x2 ammette la sola soluzione x1 = x2 = 0; infatti applicando f alla
relazione si ha
f (x1 v1 + x2 v2 ) = x1 f (v1 ) + x2 f (v2 ) = x1 1 v1 + x2 2 v2 = 0
moltiplicando la relazione per 2 si ha
x1 2 v1 + x2 2 v2 = 0
3

sottraendo membro a membro si ottiene x1 (1 2 )v1 = 0. Ma 1 6= 2 e v1 6= 0, poiche v1 e autovettore,


percio x1 = 0, di conseguenza x2 v2 = 0 ossia, per lo stesso motivo, x2 = 0.
Siano ora v1 , v2 , v3 tre autovettori di f relativi agli autovalori distinti rispettivamente 1 , 2 , 3 ; applicando f alla relazione x1 v1 + x2 v2 + x3 v3 = 0 si ottiene
f (x1 v1 + x2 v2 + x3 v3 ) = 0
mentre moltiplicandola per 3 si ha
x1 3 v 1 + x2 3 v 2 + x3 3 v 3 = 0
sottraendo membro a membro si ottiene x1 (1 3 )v1 + x2 (2 3 )v2 = 0. Ora v1 , v2 sono linearmente
indipendenti e, per ipotesi, 1 6= 3 , 2 6= 3 , percio x1 = 0, x2 = 0 e quindi x3 v2 = 0 cioe x3 = 0. Per
quattro o piu autovettori corrispondenti ad autovalori tra loro diversi la dimostrazione e analoga.

RICERCA ANALITICA DEGLI AUTOVETTORI


Sia dora in avanti V uno spazio vettoriale reale di dimensione n. Fissata una base di V , possiamo
identificare V con lo spazio Rn e gli endomorfismi f : Rn Rn con le matrici M Rn,n . In questi termini
un autovettore di f e un vettore colonna non nullo v tale che
M v = v

Lemma. Se v e un autovettore di M con autovalore , allora det(M I) = 0; viceversa, se det(M I) = 0,


allora esiste un autovettore di M con autovalore .
Dimostrazione. La relazione M v = v si puo riscrivere come
(M I)v = 0
che equivale a dire che v Ker(M I), ossia il vettore non nullo v e soluzione del sistema omogeneo
avente matrice dei coefficienti (M I); per il teorema di Rouche-Capelli il sistema ha soluzioni non nulle
se e solo se rg(M I) < n; visto che (M I) e una matrice quadrata, cio equivale alla condizione
det(M I) = 0.
Definizione. Il polinomio p() = det(M I) si dice polinomio caratteristico della matrice M . Si tratta di
un polinomio di grado n in . Lequazione det(M I) = 0 si dice equazione caratteristica.
Visto che il grado di p() e n, lequazione caratteristica ha al piu n radici, quindi f ha al piu n autovalori
distinti, ma possono essere di meno, dal momento che le radici di un polinomio possono essere ripetute con
molteplicita e puo anche succedere che compaiano come radici coppie di numeri complessi. Osserviamo
inoltre che per ogni matrice quadrata M , il termine costante di p() e dato da p(0) = det(M 0) = det(M ),
mentre e facile verificare che il termine di grado n e ()n = (1)n ()n e il coefficiente di ()n1 e
(1)n1 tr(M ), dove tr(M ) (traccia di M ) denota la somma dei coefficienti della diagonale principale.
Trovato un autovalore 1 , lautospazio V1 corrispondente e lo spazio delle soluzioni del sistema omogeneo di matrice dei coefficienti (M 1 I); tale sistema ammette, come e noto, soluzioni non banali, percio
e sempre dim(V1 ) 1; in particolare dim(V1 ) = n rg(M 1 I).
Definizione. Si dice molteplicita (molt(1 )) di una radice 1 del polinomio caratteristico di M Rn,n ,
lesponente del fattore( 1 ) che compare nella decomposizione di p() come prodotto di polinomi di primo
grado.
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In generale si puo dimostrare il seguente:


Teorema. Se 1 e un autovalore di f , 1 dim(V1 ) molt(1 )
Proposizione. Se lendomorfismo f di Rn ha n autovalori distinti (tutti di molteplicita 1) allora e diagonalizzabile.
Dimostrazione. Basta prendere un autovettore in ciascuno degli n autospazi per costruire una base di Rn .
Ma non tutti gli endomorfismi sono diagonalizzabili, vale infatti la seguente condizione necessaria e
sufficiente:
Teorema. Lendomorfismo f di Rn e diagonalizzabile se e solo se
-tutte le radici del suo polinomio caratteristico sono reali
-per ogni autovalore si ha dim(V ) = molt().
In pratica, dato un endomorfismo f di Rn diagonalizzabile di autovalori 1 , , h con rispettive
molteplicita 1 , , h , per costruire una base di Rn rispetto alla quale f ha matrice diagonale, basta
scegliere una base per ogni autospazio Vi e fare lunione di tutte le basi cosi ottenute. Infatti comunque si
prendano u1 , , uh vettori di Rn tali che ui Vi per ogni i, la relazione di dipendenza lineare
0 = u1 + + uh
vale se e solo i vettori ui non sono autovettori (altrimenti sarebbero linearmente indipendenti) cioe se e solo
se sono tutti nulli. Questo mostra che lunione di tutte le basi degli autospazi di f e una base di Rn e che
V1 + + Vh = V1 Vh , cioe si tratta di una somma diretta .

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