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Associazione Italiana Benessere e Lavoro







La fabbrica fu quindi concepita alla misura delluomo perch questi
trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non
un congegno di sofferenza.
Adriano Olivetti, Ai lavoratori di Pozzuoli, 1955









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Il mobbing tra Prevenzione e Danno: le modifiche possibili in ambito


giuridico-normativo nazionale e regionale
Workshop 28.11.2014 Firenze
Molti di coloro che hanno a suo tempo dato vita al network dellISPESL si sono ritrovati, dopo lo scioglimento
dellISPESL, a dover fare i conti con la mancanza di interlocutori con cui confrontare e valutare il proprio
operato, dovendosi rapportare solo con progetti spesso solo teorici, pensati da pochi, senza un adeguato
confronto scientifico ma soprattutto senza nessuna compenetrazione nei territori operativi. Molti degli orfani
del network si sono per cui organizzati autonomamente e hanno sostituito il rassicurante spazio istituzionale
garantito dallISPESL, con una meno comodo spazio determinato da unassociazione denominato AIBeL
(Associazione Italiana Benessere e Lavoro), la quale conserva il pregio di garantire una rete dei centri
pubblici che si occupano di disagio da lavoro e patologie stress lavoro-correlato, potendo per cui continuare a
coordinare il lavoro, a fare ricerca a mettere a disposizione conoscenze e esperienze.
AIBeL; ha lo scopo di promuovere il benessere psicosociale e di prevenire, intervenire e contrastare ogni
forma di disagio psico-fisico nei luoghi di lavoro alla luce del concetto di salute umana cos come stato
definito dallOrganizzazione Mondiale della Sanit, non solamente inteso come assenza di malattia, ma quale
stato di equilibrio psico-fisico, sociale dinamicamente inteso dellindividuo nellambiente che lo circonda.
Lassociazione AIBeL favorisce la ricerca, la formazione e la collaborazione tra le diverse competenze
professionali anche nella dimensione ergonomica si propone in particolare di realizzare programmi di
prevenzione e miglioramento delle relazioni lavorative e sociali attraverso progetti formativi, attivit di
assistenza, di consulenza e di mediazione. LAssociazione AIBeL dunque si rivolge a singoli, gruppi, enti o
aziende pubbliche e private interessati alla realizzazione di un clima organizzativo e relazionale positivo ed
allavvio di quei processi fondamentali per il mantenimento della salute e del benessere psicosociale;
lassociazione poi agisce a sostegno ed a cura di coloro che abbiano o ritengano di avere riportato danni
psicofisici a seguito dellattivazione, nei loro confronti, di forme di stress lavoro correlato, nonch delle
condotte discriminatorie, vessatorie, persecutorie (mobbing-stalking lavorativo), inclusi i processi inerenti la
comparsa di burn-out o di altre forme di disagio occupazionale. LAssociazione AIBeL, sempre nellambito
delle diverse professionalit, offre inoltre attivit di sostegno ed assistenza nel campo della prevenzione della
salute e sicurezza nelle aziende con riferimento anche alle figure indicate nel D.lgs n 81/08 del 2008 e smi e
in genere nelle normative centrate sulla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e sulla promozione
del benessere lavorativo.




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Indice
Prologo

Dr. Giovanni Nolfe

Pag.5

Introduzione

Dr. Enzo Cordaro

Pag.6

Costi economici, sociali e sanitari del mobbing e Dr. Giovanni Nolfe ed altri Pag.13
del disagio lavorativo
Introduzione sul tema e cenni allesperienza
Avv. Fabio Ferrara
Pag.20
europea
l mobbing tra prevenzione e danno: le modifiche Avv. Alessandro Rombol Pag.25
possibili in ambito giuridico-normativo nazionale
e regionale.
Le ragioni di una legge regionale
Cav.Fernando Cecchini
Pag.30
Prevenzione e danno da mobbing: quali Dr. Luigi Carpentiero dr. Pag.33
modifiche al DLgs 81/08 e alla tabella delle Giorgio
Marraccini,
Malattie professionali?
dr.ssaMaria Giuseppina
Bosco, dr.ssa Roberta
Nardella, tecnico della
prevenzione
Daniela
Dagosta, tecnico della
prevenzione Luigi Pandolfi

Limportanza dellaccoglienza

Dr.ssa Liliana Leali

Pag.35

MOBBING E D.LGS. N. 81/2008

Prof. Marco Lai

Pag.40

Allegati
Allegato N1 (modifica D.lgs N81/2008 e smi.)

Proposta di modifica D.lgs Pag.45


N81 e smi. di AIBeL
Contributo
dr.
Luigi
Carpentiero

Allegato N2 (introduzione nel codice penale Proposta di legge di AIBeL Pag.50


del reato di atto persecutorio in occasione di sul mobbing
Contributo dagli avvocati
lavoro)
Alessandro Rombol e
Fabio Ferrara
Allegato N3 (Disegno di Legge)

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Disegno di legge sul Pag.53


mobbing dellOn. Paola
3

Taverna
Allegato N4 (Disegno di Legge)

Disegno di legge sul Pag.59


mobbing
del
Sen.
Barozzino

Allegato N5 Patologie stress lavoro correlate

Proposta
di
AIBeL Pag.65
contributo
del
Dr.
Giovanni Nolfe ed altri

























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Prologo
La complessit del mondo del lavoro, in cui confluiscono problematiche economico-sociali,
culturali e sanitarie, richiede un approccio sistematico ed analogamente complesso.
Sono ormai numerose le evidenze scientifiche che hanno sottolineato come il clima
organizzativo ed il complesso delle relazioni negli ambienti produttivi influenzino tanto i
parametri economici che la salute della comunit.
La relazione tra il disagio lavorativo nelle sue diverse articolazioni (stress psicosociale,
mobbing, burn-out, ecc.) e lo sviluppo di patologie organiche e psichiatriche (compresa una
maggiore incidenza della malattia di Alzheimer) un dato consolidato della ricerca
epidemiologica.
Allo stesso modo, i danni economici che derivano dal disagio lavoro-correlato sono stati
ampiamente sottolineati: i dati della Comunit Europea, a tale riguardo, valutano lentit
dellimpatto economico fino a valori pari all1-2% del P.I.L. (European Survey on New and
Emerging Risks and Psychosocial Risks (ESENER) 2009; European Agency for Safety and
Health at Work (EASHW), 2009 e 2014).
Lentit dei costi economici sono legati ad una serie di fattori: a) riduzione della produttivit
(assenteismo, presenteismo, disabilit, abbandono precoce del mercato del lavoro), b) costi
sanitari (spesa farmaceutica, visite mediche ed utilizzo maggiore delle diverse agenzie
sanitarie, cronicizzazione delle patologie), c) costi legati al contenzioso legale. A tali fattori
vanno aggiunti, sebbene con minori evidenze scientifiche validate, i costi sociali (primo fra
tutti lincremento dei tassi dei casi di suicidio lavoro-correlato).
Sulla base di tale complesso di dati, emerge, quindi, come esigenza economica, sociale e
sanitaria, la necessit di introdurre e aggiornare norme tese alla salvaguardia della salute
psichica e fisica nei contesti produttivi ed allo sviluppo di culture e prassi improntate alla
ricerca del benessere organizzativo negli ambienti di lavoro.










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Introduzione a cura di Enzo Cordaro


Il workshop di Firenze stato organizzato dallAssociazione Italiana Benessere e Lavoro1 al
fine di proporre uno spazio di discussione in grado di poter comprendere quello che
diventato oggi il fenomeno del mobbing in Italia, rivisto alla luce dellattuale scenario sociale
e lavorativo in veloce trasformazione a causa sia del drammatico fenomeno della
disoccupazione, sia, nel contempo, per gli effetti dirompenti dei provvedimenti legislativi in
merito alla recente riforma del lavoro.
Per facilitare lo sviluppo del dibattito si pensato di articolare il confronto didee seguendo
quattro temi tra loro connessi, a cui per opportuno riconoscere uno spazio di confronto e
di approfondimento specifico.
Il primo dei quattro punti si riferisce allattivit dei centri clinici che si occupano del disagio
da lavoro: in particolare necessario aprire oggi una riflessione su quale risposta clinica i
centri devono essere in grado di dare, soprattutto nel rispetto alle esigenze espresse
dallutenza.
IL secondo si riferisce a un nuovo modo di interpretare il danno biologico da patologie
mobbing compatibili che si ponga lobbiettivo di rivedere le tabelle INAIL sia per quanto
riguarda i riferimenti diagnostici e la quantificazione del danno (tabella del 12 luglio 2000
ex art.13 del DLgs 38/2000) sia per lintroduzione nelle tabelle ex art. 3 e 211 del DPR
1124/65 ( DM del 24 luglio 2008) dei riferimenti diagnostici, attualmente assenti, sia per
lampliamento dei riferimenti diagnostici nella tabella ex art. 139 del DPR 1124/65 (DM del
14 gennaio 2008).
Il terzo punto si riferisce alla componente legislativa che sottende la dimensione del lavoro,
comprendendo soprattutto lattivit preventiva riferita agli articoli 15 e 28 del D.lgs N81 e
s.m.i., ragionando anche sul fatto se quel Decreto Legge, per come impostato, sia in grado
di prevenire il disagio da lavoro.
Con il quarto punto si vuole entrare in merito alla questione specifica del mobbing, allo
scopo di comprendere se larticolato del codice civile e penale in grado di evidenziare
correttamente il problema, dando la possibilit di evincere il fenomeno mobbing e garantire
un procedimento equo nella definizione delle responsabilit.
Siamo convinti che il disagio da lavoro rappresenti un grave problema che di giorno in giorno
si aggrava. La causa si deve ricercare nella disgregazione sociale forzata dalla crisi economica
ma anche da scelte politiche che risultano frammentate e di tipo economicistico, che non
riescono a proiettarsi nel futuro con unidea forte di societ che faccia diventare le
differenze sociali, culturali, generazionali ed etniche un valore aggiunto. Si ha lesigenza di

1

LAssociazione Italiana Benessere e Lavoro nata nel dicembre 2011 con lesigenza di continuare la positiva esperienza del Network sullo Stress
e il Disagio Lavorativo attivo presso lISPESL tra il 2006 e il 2010 come Coordinamento dei Centri Clinici pubblici per il Disagio Lavorativo, ampliandone
ulteriormente i contenuti e la partecipazione anche a professionalit esterne che agiscono nella Libera Professione e in Associazioni Scientifiche di
Volontariato


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riscrivere nuovi e adeguati parametri di convivenza e di solidariet come valori aggiunti in


modo di potersi opporre alla cultura dellindividualismo, dellarroganza e della sopraffazione
morale e fisica. Se oggi non si riesce a riattivare tra i datori di lavoro (imprenditori o
manager) e i lavoratori una volont di collaborare per il raggiungimento di obiettivi comuni,
c il rischio che la degenerazione sociale possa aggravarsi e ridurre le possibilit di un
superamento del periodo di crisi.
Credo molto importante che nel progetto di riforma del lavoro si debba recuperare la
visione culturale che Adriano Olivetti ha espresso in un suo intervento del 1955 ai lavoratori
di Pozzuoli, il quale afferma: La fabbrica fu quindi concepita alla misura delluomo
perch questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un
congegno di sofferenza. Una frase che esprime soprattutto una convinzione nella quale
non si pu pensare agli aspetti economici di unimpresa senza pensare alle persone che
abitano il contesto dellazienda, la dimensione umana resta un elemento con cui
doveroso fare i conti se si vuole riuscire a costruire qualcosa di importante e di utile. Certo
per fare questo dobbiamo soprattutto credere che a fianco del bene economico si pone
il bene delluomo, il primo nullo se privo del secondo (Brunello Cucinelli).
Come interpretare il fenomeno del mobbing
Il mio compito sar quello di approfondire il primo dei tre punti relativo allattivit dei centri
clinici che si occupano del disagio da lavoro, lasciando ad altri professionisti il compito di
addentrarsi sui problemi che pongono gli altri due punti sopra citati.
Mi sembra importante, come primo momento di approfondimento, ridiscutere i termini
sociali che obbligano a pensare con coerenza alla presenza di comportamenti vessatori e di
violenza psicologica che possono essere definiti atteggiamenti mobbing.
Fino ad oggi la comunit scientifica che si occupata del problema del mobbing ha utilizzato
molte energie per ricercare la migliore definizione di mobbing al fine di costruire un
parametro di riferimento su cui collocarne la scena del crimine e rilevarne le dimensioni
probanti dellavvenimento. Le definizioni hanno avuto il grande merito di cogliere i
meccanismi di base del mobbing, di definire lesigenza di una lettura multiprofessionale del
fenomeno e di inquadrare i problemi clinici conseguenti allazione del mobbing come una
malattia sociale. Ora per importante provare a comprendere con maggiore precisione il
contesto organizzativo in cui sorge lazione del mobbing, rivolgendo lattenzione sulla
cultura organizzativa che orienta i comportamenti delle persone che insistono in
quellorganizzazione e analizzarne i processi comunicativi e le relazioni che vi si attivano.
Crediamo importante svincolare lanalisi fino ad ora quasi esclusivamente riferita ai due
contendenti (mobber e mobbizzato) come gli attori principali di uno scenario che
sembrava apparire come avulso dal contesto in cui il conflitto si generava. Oggi divenuto

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importante il bisogno di vedere la scena inquadrata con un grandangolare e non con un


teleobbiettivo, ovvero si deve guardare anche il contorno della complessit di quello che
si muove nella realt in cui si genera il problema mobbing, e non si deve rimanere chiusi
nella stretta analisi duale. Il mobbing il frutto di una degenerazione della relazionalit che
ha le sue origini nellambito di un processo organizzativo che imposta atteggiamenti e
comportamenti riferiti a una cultura dominante: se nella cultura di unorganizzazione si
potenziano comportamenti in cui la solidariet nelle relazioni bandita a favore di una
feroce ed esasperata competitivit, se le relazioni di funzionamento dellorganizzazione non
prevedono la capacit di adeguamento da parte delle persone, se lefficienza delle
prestazioni non si rapporta ad unadeguata efficacia delle azioni, se i processi comunicativi
sono interdetti a favore di un controllo esasperato delle relazioni, se non c la volont di
risolvere la conflittualit relazionale che si pu generare allinterno dei gruppi di lavoro,
siamo, conseguentemente, in una condizione di forte rischio sociale che in
quellorganizzazione pu esprimere unazione espulsiva delle persone. In uno scenario come
quello sopra descritto risulta facile cogliere conflittualit episodiche da cui pu emergere il
capro espiatorio di turno e possono costruirsi i presupposti che impostano una soggettivit
malata.
Per questi motivi si deve andare oltre la ricerca di una statica interpretazione del fenomeno
mobbing e traslare il nostro impegno nella ricerca di una dimensione dinamica che investa il
contesto organizzativo, le sue regole di funzionamento, le complessit strutturali
organizzative e la dimensione relazionale che ne deriva.

IL contesto dellorganizzazione come setting in cui si manifesta la vita sociale
Come associazione AIBeL proponiamo un sistema interpretativo articolato allinterno di una
processualit che si compie nellambito di un contesto che si riferisce alla struttura
dellorganizzazione dellimpresa e che detta le regole di funzionamento alle persone, le quali
condizionano il modo di lavorare, e impostano una cultura organizzativa che definisce
comportamenti e modelli comunicativi e relazionali tra i soggetti.
Una teoria di riferimento ha come obbligo prioritario il compito di sapere dove e cosa
guardare, quindi si deve soprattutto sapere cos e com composta unorganizzazione.
Unorganizzazione ha una capacit dinamica che implica una sua trasformazione nel tempo
che riesce a darle una capacit di adattarsi al contesto in cui nasce e in cui vive, nel rispetto
della natura e dei compiti che chiamata a svolgere. Il modello che riesce a coglierne la
dinamicit e il cambiamento rappresentato dallorganizzazione come sistema vivente.
Il mobbing come fenomeno processuale


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Una volta chiarita limportanza del contesto organizzativo che funziona come setting in cui si
generano e si caratterizzano le relazioni, opportuno considerare la processualit che
induce alla definizione della qualit della vita interna a quellorganizzazione; ovvero la
complessit dinamica in cui si articola la relazionalit dei soggetti per saper distinguere e
comprenderne la dinamica sociale e valutarne la disfunzionalit. Quando in unazienda si
configura una condizione di precariet che impone programmi di emergenza e non si ha la
capacit di proporre un progetto stabile per il superamento del conflitto, si pu definire una
situazione di rigidit nelle regole organizzative che possono aggravare la complicazione
concernente le costrittivit organizzative (aumento della quantit di lavoro, riduzione delle
garanzie, incremento dei controlli ossessivi, diminuzione dei tempi di riposo etc.), che
riducono lo spazio di autonomia lavorativa individuale e aumenta la fatica. Questa una
condizione che genera stanchezza fisica e psichica, caduta dellattenzione, incremento
dellerrore, irritabilit, noia e aggressivit. In questa situazione il disagio individuale pu
assumere anche connotazioni alte, si pu incrementare il rischio clinico, ma il rischio
dellinsorgenza di patologie stress lavoro correlato sono limitate. Si ha un incremento della
fatica, ma in genere le persone sono in grado ancora di apporre capacit di resistenza alla
situazione.
Qualora il sistema dei provvedimenti provvisori divenga stabile nel tempo, la dimensione
dellorganizzazione incrementa ulteriormente il livello di costrittivit, aumenta il livello di
fatica e il disagio invade anche la sfera pi intima che riguarda la percezione del s riferito
alle proprie competenze lavorative. In questo caso si attiva anche la costrittivit esistenziale
del lavoro, che si riferisce alla stabilit dellimmagine che le persone costruiscono allinterno
del ruolo e delle attivit che ricoprono sul posto di lavoro, e misura il livello di scostamento
dallimmagine soggettiva della realt in cui ciascun soggetto inserito. Questo non fa che
implementare il disagio apportando, ai problemi sopra citati, altri problemi, come il
disinteresse allattivit lavorativa, la caduta dellimmagine positiva di s, il senso dinutilit,
un certo disturbo dellumore con connotazioni depressive, lansia come emozione
prevalente che accompagna latto lavorativo, reazioni psicosomatiche. Questa una
condizione sociale e organizzativa dove pu generare una condizione sintomatologica
conclamata.
Se il sistema vivente non riesce ancora a trovare soluzioni che possano recuperare la
situazione descritta, la condizione successiva caratterizza linsorgenza delle costrittivit
relazionali, che definisce una condizione dove si esplica una dominanza delle modalit
comunicativa simmetrica rigida, si incrementa la conflittualit e la confusione sui contenuti
dello scambio comunicativo (loggetto del confronto perde la sua identit cognitiva per
caratterizzarsi solo come dominante emotiva di espressione di potere), si altera laffettivit,
il gruppo diviene competitivo e conflittuale, si genera una condizione di passivit

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relazionale, che caratterizza una cultura del sistema con aspetti ansiosi e paranoidei. La
dominanza del modello comunicativo complementare rigido che azzera forzatamente le
differenze, crea un substrato di consenso passivo il quale ha la forza di ridurre la ricchezza e
la complessit delle idee e diminuisce la qualit del confronto. Queste modalit di
comunicare definiscono un tessuto relazionale e comunicativo fortemente conflittuale,
dominato da un modello a dominanza implicita di tipo interpretativo a discapito di un
modello esplicito. Ci implica il disallineamento delle reti conversazionali e la rottura delle
architetture comunicative. Questa condizione la si pu definire la tempesta perfetta,
situazione in cui da un rischio di patologie stress lavoro correlato, si passa ad un forte rischio
dove si attivano atteggiamenti di mobbing e, ancora pi grave, si generano nuclei di reti
morenti, ovvero nuclei che non riescono pi a garantire una rete comunicativa e un
passaggio comunicativo adeguato alle esigenze di una buona organizzazione,
implementando il disagio e lincomunicabilit dei settori dellorganizzazione. Sicuramente
una condizione dove aumenta in modo esponenziale linsorgenza dei sintomi individuali e
organizzativi e dove simplementa, laddove ci si occupa della cura delle persone, il rischio
dellerrore clinico.
La diagnosi di patologia mobbing compatibile
Questa visione sistemica dove i soggetti di unorganizzazione sono direttamente rapportati
al contesto che li contiene, non pu essere soddisfatta da una diagnosi di tipo
fenomenologico, utile per inquadrare la sofferenza individuale, ma il dato nosologico deve
essere implementato con unadiagnosi proposizionale, ovvero con una diagnosi capace di
declinare quel disagio sul piano organizzativo. In una diagnosi di disagio da lavoro non si
possono non tenere in considerazioni tutte le parti che compongono il sistema, perch
solo se riusciamo a leggere il dato complessivo che possiamo avere una giusta
considerazione delle dimensioni specifiche, ad esempio del disagio individuale. Non si pu
pensare di definire la correlazione tra il disagio individuale e la dimensione lavorativa se non
si conoscono le condizioni della dimensione sociale in cui il soggetto esplica la sua attivit
lavorativa. Laccertamento del disagio psichico non pu fermarsi al solo inquadramento
diagnostico, espressione di una visione fenomenologica della persona, ma bisogna che il
dato nosologico riesca a essere implementato con una diagnosi proposizionale, ovvero
con una diagnosi capace di declinare quel disagio sul piano organizzativo, specificando quali
suscettibilit della persona siano state sollecitate dalle variabili disfunzionali operanti
nellorganizzazione e che vanno corrette per tutelare la persona nella sua unit somato-
psichica.



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I Centri clinici
Reputiamo opportuno che i centri clinici delle Aziende Sanitarie Locali e delle Aziende
Ospedaliere Universitarie, che attualmente si occupano del disagio mobbing compatibile e
quasi esclusivamente della certificazione delle patologie mobbing correlate, si pongano oggi
lobiettivo di assumere una maggiore complessit, la quale ha il compito di garantire
unassistenza globale che sia in grado di soddisfare tutte le esigenze che il problema pu
rilevare, nella rispetto della visione sistemica sopra espressa.
- Il primo dei compiti resta quello di garantire unaccoglienza clinica espressa da chi richiede
una valutazione sul proprio disagio percepito. Non ci si deve dimenticare che chi si presenta
al Centro di solito una persona sofferente di un disagio che nella maggioranza dei casi si
gi manifestato con una condizione sintomatologica. La maggioranza di queste persone pur
non essendo stata oggetto di mobbing, soffre di una sintomatologia che, per buona parte,
ha origini nellambito della sfera lavorativa. Questa condizione impone ai professionisti di
garantire che al soggetto siano prestate tutte le cure necessarie compresa unassistenza
psichiatrica e psicoterapica adeguata. Il Centro clinico sul disagio da lavoro il luogo idoneo
allintervento su patologie derivate da uno specifico e conclamato disagio da lavoro, perch
il processo che le ha determinate ha una sua specificit operativa, che richiede, per
garantire un intervento sanitario adeguato, di unesperienza specialistica.
- Il secondo dei compiti si riferisce alla valutazione della correlazione tra il danno biologico
eventualmente rilevato dallindagine clinica e la condizione lavorativa che ha caratterizzato
detto disagio. La valutazione deve porsi lobiettivo di produrre una certificazione il pi
possibile inerente la realt del contesto vissuto dal soggetto. Per ottenere questo c
bisogno di un impegno di diverse figure professionali quali gli psicologi clinici e del lavoro, gli
psichiatri, i medici del lavoro, gli infermieri e i pedagogisti clinici, i quali devono coordinare
le proprie capacit danalisi e, con uno sforzo sinergico, redigere una relazione conclusiva
che sappia definire gli accadimenti riguardo al danno rilavato. Su questo argomento ci
rifacciamo a quanto fu definito a suo tempo dal network dellISPESL, il quale defin come
importante lesigenza gi maturata presso la clinica del lavoro Luigi Devoto di Milano, di
accogliere nel processo di valutazione tutte le figure che, per le loro competenze, fossero
in grado di rilevare i problemi del disagio da lavoro.
- Il terzo compito dei Centri clinici si caratterizza con la capacit di trasmettere informazioni
e/o competenze al mondo del lavoro, al fine di ridurre lincidenza di comportamenti che
possono favorire condizioni di disagio psichico allinterno delle organizzazioni aziendali.
- Il quarto compito si caratterizza con la capacit di mediazione del conflitto, intervenendo
per dirimerlo allinterno delle aziende che ne fanno esplicita richiesta.
- Il quinto e ultimo compito si esplicita con la capacit di fornire consulenza a quelle aziende
che devono svolgere il compito di analisi e valutazione della propria organizzazione al

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fine di supportarle negli obblighi di legge riferiti al D.lgs. 81 del 2008 e s.m.i. e permettere
loro una pi adeguata prevenzione delle patologie stress lavoro correlato.
Ovviamente per riuscire a svolgere le funzioni sopra descritte i centri clinici devono
assumere una loro identit strutturale e organizzativa in stretto contatto con le competenze
che hanno i servizi di vigilanza situati negli attuali dipartimenti di prevenzione delle Azienda
Sanitarie. Il numero dei Centri Clinici per Regione deve essere calcolato sulla base della
complessit del mondo del lavoro presente sul territorio; essi devono essere collocati
allinterno delle Aziende Sanitarie Locali, fuori dallOrgano di Vigilanza e dai Dipartimenti di
Prevenzione e devono avere un coordinamento Regionale con funzioni di controllo e di
monitoraggio del fenomeno.




















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Costi economici, sociali e sanitari del mobbing e del disagio lavorativo


G.Nolfe, M.Lazazzara, F.Fabbroni e M. La Marra
Struttura Centrale di Psicopatologia da Mobbing e Disadattamento Lavorativo
Asl Napoli 1 centro - Centro di Riferimento della Regione Campania
E lecito chiedersi se in un periodo di crisi profonda, e forse strutturale, quale quello che
caratterizza lattuale assetto economico e produttivo della nostra societ sia utile o rilevante
mantenere una attenzione concentrata sulle tematiche del disagio lavoro-correlato (di cui
forse il mobbing costituisce lespressione pi virulenta). Se, cio, in un periodo storico in cui
la popolazione lavorativa occupata, soprattutto giovanile, cos sempre pi erosa, in cui
lesistenza stessa dellattivit lavorativa messa in discussione, abbia senso occuparsi di
questioni quali lo stress lavoro-correlato, il burn-out, il mobbing. Se a tale quesito si intende
dare una risposta esclusivamente concentrata sulle implicazioni squisitamente economiche
la risposta certamente affermativa.
Il mio contributo, sulle questioni inerenti i costi economico-sociali e sanitari di questi
fenomeni partir, quindi dalla analisi degli effetti che essi hanno prodotto e producono in
termini di danno economico sulla collettivit. Seguiranno, poi, gli altri due punti: per
quanto riguarda i costi in termini di salute collettiva mi concentrer sul rapporto tra disagio
lavorativo e malattia di Alzheimer e per quanto riguarda, infine, i costi sociali mi soffermer
sulla questione del suicidio lavoro-correlato. Ciascuno di questi tre argomenti sar trattato
sulla base dei dati epidemiologici concreti e dei risultati della ricerca scientifica validata.
1) La questione dei costi economici
Sono ormai consistenti gli studi che hanno valutato il costo economico-sociale del disagio
lavoro-correlato. Non un caso che i contributi prevalenti in tale ambito provengono dai
contesti maggiormente evoluti sul piano economico-produttivo, nei quali i temi
dellorganizzazione del lavoro ha avuto un ruolo centrale, pragmatico e non formale. Gli
studi della Comunit Europea hanno calcolato nellordine dei 20 bilioni di euro il costo
economico dello stress lavoro-correlato (European Commission. Guidance on work-related
stress: spice of life or kiss of death. European Communities, Luxembourg, European
Communities; 2002) nellEuropa a 15 stati membri. Nella figura1 sono riassunti i risultati dei
costi economici espressi in valori percentuali di prodotto interno lordo (PIL) e derivati da
recenti studi di review della letteratura internazionale (European Agency for Safety and
Health at Work (EASHW); 2014).


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Work-related stress and Bullying at workplace:


economic cost
% PIL
2,96

2,5

2
1,2

1,96
1,2

0,12

1 Costi sanitari solo del mobbing

figura 1

Si evince da questi dati, sebbene essi possano essere eterogenei e definiti in periodi
temporali diversi ed in diversi contesti sociali, come lentit del fenomeno sia
assolutamente rilevante in termini quantitativi. Una conferma indiretta di questi dati
rilevabile in uno studio recente che ha determinato che le condizioni di benessere
psicofisico della popolazione attiva nei luoghi di lavoro pesa sullintero PIL nellordine del
13% della varianza (Dollard & Naser 2013).
Il complesso dei costi economici si fonda su una serie di fattori: riduzione della produttivit,
incremento dellassenteismo, diffusione sempre maggiore del fenomeno del presenteismo,
giornate di assenze dal lavoro per patologie e maggiore incidenza della disabilit o del
precoce abbandono del mondo del lavoro, aumento delle spese di formazione di nuove
unit produttive per le aziende, incremento dei costi sanitari, ampliamento della spesa
farmaceutica e dei ricoveri ospedalieri, costi connessi ai contenziosi legali. Un sistema di
fattori complesso, quindi, in cui gli effetti negativi per leconomia concernono tanto
lazienda o il singolo settore produttivo quanto, soprattutto, il contesto sociale nel suo
complesso e che sottolinea, infine, quanto lattenzione rivolta alla questione del disagio
psichico lavoro-correlato rappresenti un elemento centrale per le sue profonde implicazioni
economiche.


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2) Disagio lavorativo esiti psichiatrici e patologie organiche


Se la letteratura che concerne i costi economici connessi al disagio lavorativo ormai ampia,
quella relativa agli esiti psichiatrici, ai correlati psicobiologici ed alle patologie organiche
lavoro-correlate si pu considerare vastissima.
Le patologie psichiatriche indotte dallo stress, dal mobbing e da tutte le condizioni del
disagio lavorativo sono rappresentate dalla depressione maggiore e dai disturbi dellumore,
dai disturbi dello spettro ansioso e dai disturbi delladattamento e post-traumatici da stress
(recentemente integrati dal DSM V nel contesto dei Disturbi Connessi ad Eventi Traumatici e
Stressanti), parimenti i disturbi del sonno, quelli del comportamento alimentare e le
patologie psicosomatiche si correlano con una frequenza significativa al disagio da lavoro
fino a costituire quel meta concetto di Psicopatologia del Lavoro da noi descritta in
passato (Nolfe e Petrella 2011). Allo stesso tempo i danni alla salute fisica (disturbi
cardiovascolari, neurologici, endocrino-metabolici, tabagismo, dipendenze da alcol e
sostanze psicotrope, incremento degli infortuni sui luoghi di lavoro) sono stati ampiamente
documentati (KM Krajnak 2014; D Hartung et al. 2011; M Kivimaki et al., 2003). In un
recente studio sulla popolazione francese (Sultan-Taieb et al. 2013) sono state messe in
evidenza le percentuali di incidenza dei disturbi cardiovascolari (anche ad esito letale) e dei
disturbi psichiatrici lavoro-correlati (figura2, da Sultan-Talieb, modificato).


Figura 2
Quasi un quinto dei casi di disturbo psichiatrico trovano una relazione patogenetica con il
lavoro (il 18% per il sesso maschile ed il 21% nel sesso femminile) ed il 9% dei casi di
malattia coronarica appare lavoro-correlata, con una prevalenza che sale all11% per quanto

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concerne i casi di tale patologia che esitano nel decesso del paziente.
Allinterno di questa grande massa di condizioni patologiche, in questa sede vorremmo
concentrare la nostra attenzione sui dati della letteratura scientifica relativa agli effetti della
condizione lavorativa sullassetto morfo-funzionale cerebrale e sul rapporto che tali
condizioni hanno sul rischio di sviluppare, nel tempo, la malattia di Alzheimer.
Sono state condotte ricerche che hanno cercato di verificare se lo stress lavorativo
determinasse modificazioni morfo-strutturali e funzionali del sistema nervoso centrale. H
Jovanovic et al. (2011) hanno messo in evidenza, attraverso misure di brain imaging
condotte con la metodica della Tomografia ad Emissione di Positroni (PET), una riduzione
della densit dei recettori serotoninergici 5HT1A nel sistema limbico ed una disconnessione
tra amigdala e giro cingolato anteriore nei soggetti vittime di stress lavorativo in misura che
era significativamente maggiore rispetto ai lavoratori che non avevano vissuto quella
condizione stressogena. La scoperta di queste correlazioni tra stress lavorativo e
modificazioni strutturali e funzionali della organizzazione cerebrale, insieme ad altre
osservazioni come le modificazioni dellasse ipotalamo-ipofisi-surrene o lipotizzata
attivazione del sistema delle citochine (che favorirebbero quei processi di atrofia
ippocampale e di infiammazione neuronale che accelererebbero laging cerebrale) appaiono
coerenti con le osservazioni cliniche condotte in studi di follow-up. Questi ultimi (Wang et
al. 2012) hanno messo in evidenza come lo stress e lo strain lavorativi siano associati ad un
incremento del rischio di demenza nello Kungsholmen Project; rischio dementigeno che, per
altri gruppi di ricerca, sarebbe soprattutto associato alle forme di Alzheimer di tipo vascolare
(Andel 2012).
Lesito, quindi, sul piano clinico, gli effetti somatici dello stress e delle diverse forme del
disagio lavorativo appaiono come un ventaglio ampio di condizioni; la loro osservazione non
si fonda su congetture teoriche pi o meno affidabili ma su evidenze scientifiche
consolidate, e concernono aree di patologia che per il loro impatto sociale e per lalto grado
di cronicit intrinseco rendono auspicabili politiche sanitarie fortemente impegnate tanto al
trattamento che alla elaborazione di strategie di prevenzione del danno.
3) Disagio lavorativo e suicidio
In alcuni precedenti lavori (Nolfe et al. 2009) abbiamo sottolineato come la condizione
psicopatologica che si correla in misura pi significativa con il mobbing e con le altre forme
del disagio lavorativo rappresentato dalle condizione depressiva. Alla luce di questo dato
non sorprende la associazione che osserviamo tra le problematiche lavorative ed il
fenomeno suicidiario. Anche le notizie accessibili semplicemente attraverso i report dei
mass media hanno sottolineato la diffusione di questo fenomeno: si vedano gli esempi di

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Telecome France, della FoxConn in Cina o la diffusione del karshi in Giappone. Sul piano
della ricerca epidemiologica, sempre complessa quando si tratta di studiare sul piano
statistico fenomeni quali il suicidio, esiste di fatto una serie di convergenze osservazionali
che sottolineano la gravit di tale situazione. Le ricerche condotte dalla Schneider et al.
(2011) in Germania, da Ostry et al. (2007) in Canada, i dati di Routley & Ozanne-Smith (2012)
in Australia o quelli sulla ideazione suicidiaria connessa alle condizioni dellambiente di
lavoro in ambito sanitario in Svezia ed in Italia (A Fridner et al. 2011) convergono tutti verso
la determinazione di un progressivo incremento dei suicidi connessi allo stress ed al disagio
lavorativo. In un solo anno, dal 2012 al 2013, il numero dei suicidi lavoro-correlati
aumentato, secondo i dati del Bureau of Labor Statistics del Dipartimento del Lavoro degli
USA nella misura dell8%.
Questi dati controllati, quindi, confermano ampiamente quanto il suicidio, il pi grave e
disperato degli esiti sociali del disagio lavorativo, rappresenti una condizione di allarme e di
emergenza sociale che va ad affiancarsi allimpatto che il disagio economico, la
disoccupazione e lo svantaggio sociale gi hanno in questo ambito. Nella figura 3 osserviamo,
infatti, come il flusso dei suicidi, soprattutto nel sesso maschile, abbia fedelmente seguito,
in Gran Bretagna, lincremento dei tassi di disoccupazione.

Suicidi e
Disoccupazione
in Inghilterra
(differenze di
genere)

(da B.Barr et al. 2012)


figura 3



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Conclusioni
Abbiamo provato a fornire, in questa sede, alcuni dati che sottolineano come limpatto
sociale del mobbing e del disagio lavorativo mantenga, ed anzi incrementi, il suo valore di
virulenza sia in termini di esiti sulla salute collettiva, che su eventi umani drammatici come il
suicidio, e di come questa serie di fenomeni determini un impatto fortemente negativo in
termini economici, tanto da poter considerare che i programmi di prevenzione e di
trattamento non costituiscano solo, come ovvio, un impegno etico e clinico ma anche un
fondamentale oggetto di attenzione delle politiche economiche, attenzione ancor pi
necessaria in periodi storici, come lattuale, cos fortemente caratterizzati dalla crisi
economica ed organizzativa.
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Workshop Firenze 28 novembre 2014
Avv. Fabio Ferrara
IL MOBBING : INTODUZIONE SUL TEMA E CENNI ALLESPERIENZA EUROPEA
Caratteristica del mobbing la continuit delle condotte vessatorie, talune delle quali, per
s sole, possono anche non presentare elementi di disvalore ma assurgono a condotta
mobbizzante se inserite in un disegno persecutorio: si pensi al sistematico rifiuto di
permessi e ferie nel momento in cui vengono richiesti, ai continui richiami, alla privazione
delle mansioni; non tuttavia essenziale, per la configurabilit del mobbing, la volont di
indurre la vittima ad abbandonare il lavoro.
Quanto alla necessit di una condotta complessivamente persecutoria, stato affermato in
giurisprudenza che una illegittima dequalificazione professionale non idonea ad essere
valutata come condotta mobbizzante, occorrendo a tal fine una pluralit di comportamenti
ostili che, nellinsieme, siano volontariamente diretti a mortificare ed isolare il dipendente
nellambiente di lavoro. E stato parimenti osservato che unattivit vessatoria non pu
essere confusa con qualsiasi forma di comportamento conflittuale, fisiologico in ogni
ambiente di lavoro.
La mancanza di una specifica previsione non impedisce lindividuazione di molteplici forme
di tutela: sono cos utilizzabili, a seconda dei casi, gli articoli 2043, 2049, 2087 del codice
civile anche in riferimento allart. 32 Cost.; gli artt. 9,15,16,e 28 della legge n. 300/1970; e, in
campo penale gli artt. 572 ( Maltrattamenti in famiglia) 589 (omicidio colposo) 590 (lesioni
colpose) 594 (ingiurie) 595 (Diffamazione) 610 (violenza privata), ricorrendone i presupposti.
Pi in generale, possiamo affermare che allo stato attuale della normativa i diritti che
disciplinano le prestazioni di lavoro subordinato sono comunque tutelati da disposizioni
imperative di ordine pubblico dellordinamento interno ed internazionale. Basti pensare a
quelli che trovano fonte nellart. 36 della Costituzione, sulla qualit e quantit della
retribuzione; nellart. 2112 c.c. sul divieto di licenziamento in caso di trasferimento
dazienda a qualsiasi titolo, nel testo introdotto per effetto dellart. 47 della legge
Comunitaria 29/11/90 n. 428, applicativa della direttiva CEE 14/2/77 e successive modifiche
introdotte dalla direttiva CEE 59/1998; nellart. 2103 c.c., sul trasferimento e sulle condizioni
e limitazioni dellesercizio dello ius variandi, alla stregua del disposto del relativo IV comma,
secondo il quale ogni patto contrario nullo (su questa ricostruzione cfr. sentenza
Tribunale di Roma , sez. Lavoro, n. 5102/2007 Giudice Dr. F.M. Gallo).


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In sostanza, anche in considerazione del valore metagiuridico riconosciuto al concetto di


mobbing (Cass. N 6326/2005) questultima condotta riconducibile ad un globale
comportamento antigiuridico del datore di lavoro.
E proprio tale valore metagiuridico del concetto di mobbing che ha determinato, a mio
parere, un sostanziale disfavore della nozione presso i tribunali di merito e presso il
supremo giudice della legittimit.
A ben vedere, alla luce del diritto vigente, la nozione di mobbing potrebbe apparire del tutto
superflua non essendo in grado di aggiungere alcunch al quadro normativo sopra
sommariamente riportato limitandosi ad essere un contributo, importante ma non decisivo
sul piano della tutela, per una corretta ricostruzione dei fatti e degli effetti, spesso
devastanti, sulla vita professionale, sulla vita di relazione, e sulla stessa salute fisica e
psicologica.
Non mancano dunque al giudice gli strumenti per colpire, anche con gradazione di sanzioni
o di pene, i singoli comportamenti illegittimi o illeciti o penalmente rilevanti. Manca
viceversa del tutto uno strumento normativo che consenta al giudicante di colpire la
continuit delle condotte vessatorie facenti parte di un unico disegno persecutorio che
generalmente includono comportamenti che, singolarmente considerati, non configurano
ipotesi di illecito o di reato ma che, letti nel contesto del complessivo intento dolosamente
persecutorio, attribuiscono un plus valore allillegittimit della condotta che solo una norma
specifica pu stigmatizzare attribuendo al giudice la possibilit di esprimere una sanzione
proporzionata alla complessit del fenomeno (si pensi allesclusione da riunioni,
allisolamento nei rapporti sociali, ai trasferimenti legittimi ma continui, alla reiterazioni di
immotivate contestazioni disciplinari, allaffidamento di lavori inutili e insulsi, ecc.).
In questo credo debba essere indirizzato lo sforzo di una auspicabile futura riforma: definire
e colpire quel plus iuris, che il collante tra i singoli comportamenti datoriali in parte
apparentemente leciti ed in parte illeciti o penalmente rilevanti, per colpire il disegno
complessivo che li unisce in una condotta dotata dei caratteri della continuit e della dolosa
finalizzazione ad effetti persecutori spesso delittuosi.
LESPERIENZA EUROPEA
La Svezia stato il primo paese europeo a dotarsi di una legge nazionale sul mobbing
entrata in vigore il 31 marzo del 1994 recante misure contro ogni forma di persecuzione
psicologica negli ambienti di lavoro integrata successivamente nel 1997 con ulteriori atti
dispositivi.
La normativa fornisce ai datori di lavoro precise indicazioni su come affrontare il problema
della persecuzione psicologica in via preventiva con il sostegno dei comitati aziendali e

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linterazione continua tra la dirigenza e i dipendenti (organizzazione finalizzata alla


prevenzione, informazione ai lavoratori dei propri diritti, idonei strumenti di monitoraggio,
misure di intervento per aiuti in caso di mobbing conclamato, ecc.).
Lintervento normativo svedese pu dunque essere considerato come un vero e proprio
codice comportamentale per la gestione delle relazioni sociali allinterno dei luoghi di
lavoro.
Tuttavia unanalisi critica della norma svedese induce ad una riflessione.
Si pu assumere che essa possa forse adattarsi a quei paesi che hanno evidentemente
raggiunto livelli cos avanzati di sviluppo nella convivenza civile che, per essi, una norma di
indirizzo pu bastare a contenere il fenomeno. Esse appaiono animate da una filosofia che si
potrebbe definire paternalistica per la quale la sola eventualit connessa a causa di
mobbing che le molestie siano, per lo pi, legate ad incompatibilit caratteriali o ad ostilit
personali, comunque ricomponibili magari con una chiacchierata confidenziale con la
vittima o con le scuse del mobber.
Infatti in questa legge non si tiene conto del mobbing strategico con finalit dolosamente
predeterminate alla riduzione dellorganico.
La legge svedese affronta il problema del mobbing in modo quanto mai bonario senza
garantire un efficace lotta al fenomeno n indica regole e sanzioni finendo per assumere un
atteggiamento meramente assistenziale e quindi sostanzialmente il contenuto di una sorta
di codice comportamentale utile solo in presenza di una preesistente coesione sociale.
La Francia il secondo paese, dopo la Svezia, ad essersi dotato, con la legge n. 73 del 2002,
di uno strumento legislativo specifico per la lotta contro il mobbing (harclement moral).
La versione definitiva del testo, approvata il 19 dicembre 2001, dallAssemblea Nazionale
definisce cos il fenomeno: Nessun lavoratore deve subire atti ripetuti di molestia morale
che hanno per oggetto o per effetto un degrado delle condizioni di lavoro suscettibili di
ledere i diritti e la dignit del lavoratore, di alterare la sua salute fisica o mentale o di
compromettere il suo avvenire professionale. Nessun lavoratore pu essere sanzionato,
licenziato o essere oggetto di misure discriminatorie, dirette o indirette, in particolare modo
in materia di remunerazione, di formazione, di riclassificazione, di qualificazione o
classificazione, di promozione professionale, di mutamento o rinnovazione del contratto,
per aver subito, o rifiutato di subire, i comportamenti definiti nel comma precedente o per
aver testimoniato su tali comportamenti o averli riferiti.
La legge prevede quale rimedio generale la nullit per ogni atto di modificazione
contrattuale in peius delle condizioni lavorative del dipendente (mansioni, remunerazione,

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assegnazione, destinazione, trasferimenti), per ogni atto di rottura del rapporto di lavoro
(dimissioni, licenziamento), per le sanzioni disciplinari qualora siano in qualche modo
ricollegabili a pratiche di mobbing ai danni del lavoratore.
La tutela rafforzata dal fatto che viene prevista linversione dellonere della prova,
ponendo cos a carico del molestatore lincombenza di dimostrare linesistenza delle
molestie denunciate.
La legge poi contiene tutta una serie di disposizioni che mirano a favorire la prevenzione del
fenomeno mobbing nei luoghi di lavoro attraverso linformazione tra i vari attori delle
relazioni lavorative (datori di lavoro, vertici aziendali, lavoratori, sindacati), lattivazione di
procedure di conciliazione interne, lestensione del concetto di salute del lavoratore anche
ad aspetti psichici, la previsione di un obbligo generale in capo al datore di lavoro di vigilare
sul corretto svolgimento delle relazioni sociali nei luoghi di lavoro e di adottare le misure,
anche di tipo disciplinare, che prevengano comportamenti vessatori ai danni dei lavoratori.
La legge francese prevede inoltre lintroduzione di una specifica figura di reato relativa al
mobbing, tramite linserimento nel codice penale di una sezione intitolata Harclement
moral e di un articolo , il 222-33-2, che sanziona :il fatto di molestare gli altri attraverso
comportamenti ripetuti aventi per oggetto o per effetto una degradazione delle condizioni
di lavoro suscettibili di ledere i suoi diritti e la sua dignit, di alterare la sua salute fisica e
mentale o di compromettere il suo avvenire professionale.
La pena prevista della reclusione fino ad un anno o la multa fino a 15.000 euro.
La legge, attraverso una definizione del mobbing che pone laccento sulla reiterazione di
comportamenti finalizzati a molestare il lavoratore e con effetto di degradazione
complessiva delle condizioni di lavoro e, in sostanza della sua dignit umana, consente di
definire quel tessuto connettivo tra azioni apparentemente lecite e illecite finalizzato a
colpire la continuit delle condotte vessatorie facenti parti di un unico disegno persecutorio.
Considerazioni finali
Perch necessario parlare di mobbing proprio adesso in presenza di una crisi economica
che sembra spingere verso forme di liberalismo meno garantiste?
In un recente articolo apparso su la Repubblica del 10.11.14, Stefano Rodot, ci mette in
guardia sul fatto che pi nettamente, nel tempo che stiamo vivendo, i diritti sono indicati
come un lusso incompatibile con la crisi economica e con la diminuzione delle risorse
finanziarie. Infatti si ripete sempre pi spesso che i mercati decidono, annettendo alla
sfera delleconomico le prerogative proprie della politica e dellorganizzazione democratica
della societ.

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I diritti, ci ricorda Rodot, impongono di riflettere su come debba essere esercitata la


discrezionalit politica proprio in tempo di risorse scarse per ragionare sui criteri di
produzione e di distribuzione.
E dunque necessaria una seria riflessione della politica anche sul mobbing da intendere
come rilancio, attraverso nuovi strumenti normativi, dei diritti dei lavoratori nei luoghi di
lavoro anche al fine di evitare alla sfera delleconomico di annettere le prerogative della
politica e della democrazia.
Da un punto di vista tecnico auspico che si possa proporre una riforma che :
-da una parte consenta di colpire anche sul piano civilistico il disegno complessivo del
mobber con aggravio di responsabilit e connessa risarcibilit del danno a carico del
persecutore;
- sul modello francese sar auspicabile unapplicazione generalizzata dellinversione
dellonere della prova della responsabilit civile (di fatto gi applicata dai giudici attraverso il
2087 c.c.) che consenta al lavoratore di affrontare processi altrimenti quasi impossibili da
sostenere;
-sempre sul modello francese sarebbe necessario introdurre sistemi di tutela della
testimonianza (questo sia in campo civile che penale) essendo spesso difficile, nei processi di
mobbing, trovare il collega del mobbizzato che testimoni liberamente contro il proprio
datore di lavoro o contro il collega magari superiore gerarchico;
-ed ancora sul modello francese definire un reato di mobbing, autonomo dalle singole figure
delittuose in esso contenuto, che colpisca la continuit e complessit della condotta
criminosa (sul punto mi rimetto alle considerazioni che far il collega avv. Rombol).









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Workshop Firenze 28 novembre 2014
Avv. Alessandro Rombol
Il mobbing tra prevenzione e danno: le modifiche possibili in ambito giuridico-normativo
nazionale e regionale

Il mobbing reato penale ? Raffronto con la normativa di altri paesi e proposte operative
Il problema che sono chiamato a trattare quello dellopportunit che tutte le condotte
illecite che, forse con troppa semplificazioni, sono comunemente conosciute come mobbing
debbano o meno essere oggetto dellattenzione del legislatore penale.
Ritengo che sia necessario un intervento legislativo che dia disciplina completa a tali
fenomeni.
Infatti sino ad oggi limpressione che il mobbing sia un concetto elaborato dalla
giurisprudenza ma poco considerato dal legislatore.
La Suprema Corte di Cassazione ha ormai elaborato da tempo cosa si intenda per mobbing:
figura complessa che designa un eterogeneo fenomeno consistente in una serie di atti e
comportamenti vessatori protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore
da parte dei componenti del gruppo in cui inserito o dal suo capo, caratterizzati di un
intento di persecuzione ed emarginazione finalizzato allobbiettivo primario di escludere la
vittima dal gruppo.
Questa la definizione data da una recentissima sentenza della sezione lavoro della Corte di
Cassazione ( sent. n. 20230 del 25.09.2014) che sostanzialmente conferma i precedenti del
giudice di legittimit sul punto.
Il problema, dicevo, nasce dalla mancanza di una precisa definizione da parte del legislatore
il quale prende in considerazione ( a mio parere in modo non sempre convinto) e stigmatizza
tali condotte ( anche omissive come spesso si verifica nel cd mobbing orizzontale dove il
datore di lavoro, per disinteresse o per un preciso intento escludente, evita di intervenire
per porre fine a comportamenti mobbizzanti dei colleghi di lavoro della vittima) ma poi non
ne trae le dovute conseguenze sanzionatorie.
Illuminante a tale proposito il D.Lvo n. 81/2008 il quale prende in considerazione anche le
patologie collegate allo stress lavoro-correlato ma senza per ( questa almeno
limpressione degli addetti ai lavori) dare indicazioni valide per la soluzione concreta di tali
problematiche.

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Ed allora la domanda che sorge spontanea la seguente: nellattuale ordinamento giuridico


italiano la normativa atta a contrastare il mobbing da ritenersi sufficiente e, soprattutto,
efficace ?
A mio parere, sulla base della mia esperienza professionale quasi decennale sul tema, la
risposta non pu essere che negativa.
Cercher di motivare tale mia convinzione.
Attualmente due sono le strade sostanziali e processuali per tutelare i lavoratori che siano
stati vittima di mobbing: quella giuslavoristica- previdenziale e quella penale.
Occorre subito rilevare come lopinione prevalente dei magistrati che sono chiamati a
decidere tali controversia sia quella di vedere con sospetto e talvolta con malcelato fastidio
la tutela penale.
I motivi di tale legittima convinzione sono di vario tipo:
-

-
-
-

Lidea che tutto sommato si tratti di problematiche prettamente legate al mondo del
lavoro e quindi insuscettibili di una valutazione in sede penale (fatta eccezione per i
casi pi gravi ed eclatanti).
Il rischio che ormai tutto diventi penale.
Lincertezza delle connessioni tra il giudicato penale e quello civile.
Quindi per la giurisprudenza prevalente il problema sul piano giuridico esiste ma
lunica strada da percorrere quella della vertenza previdenziale (riconoscimento
della natura professionale della malattia da parte dellINAIL) e lavoristica.
Tale convinzione non mi trova daccordo.
Come ho detto pocanzi, oggi nel nostro ordinamento non esiste il reato di mobbing.
Le poche denunce inoltrate alle Procure della Repubblica da parte degli organi
istituzionali di controllo ( medici del lavoro delle ASL con incarichi ispettivi e di polizia
giudiziaria) o dei lavoratori parti offese spesso sono destinate allarchiviazione.
Questa la realt dei fatti e quindi parrebbe contraddittorio sostenere ( come fa il
sottoscritto) che lazione volta a contrastare i fenomeni di mobbing debba avvenire
anche in sede penale.
In realt occorre capire il motivo per cui lazione penale ( obbligatoria nellattuale
ordinamento italiano) spesso si arena in richieste di archiviazione troppo spesso
proposte dai PM e puntualmente accolte dai GIP.
Il problema nasce dal fatto cui accennavo in precedenza e cio che la legislazione
penale non prevede il mobbing quale autonomo reato penale.
In primo luogo occorre ricordare quali siano alcuni tra i principi generali in materia


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penale. Ovviamente mi limiter a porre lattenzione soltanto su quelli che


interessano il tema che oggi siamo chiamati a trattare.
Il primo quello del nullum crimen sine lege. Si tratta di un principio fondamentale
che troviamo in tutte le carte costituzionali dei paesi democratici e che pu
riassumersi nel fatto nessun cittadino pu essere chiamato a rispondere in sede
penale di condotte commissive o omissive che non siano state preventivamente
vietate e sanzionate dalla legge penale.
Il secondo il divieto dellutilizzo del procedimento analogico per individuare nuove
tipologie di reato.
Questi sono, a mio modesto avviso, i motivi per cui - anche nelle ipotesi pi gravi- il
mobbing non viene sanzionato in sede penale.
Sino ad oggi i PM delegati allesercizio dellazione penale si trovano di fronte ad una
oggettiva difficolt di dare una precisa qualificazione giuridica a condotte illecite
inquadrabili nel mobbing.
Mancando il reato di mobbing infatti, la fantasia si sbizzarrita: talvolta limputazione
quella di violenza privata; altre quella di lesioni personali (dolose o colpose); altre
ancora quella di violenza sessuale o, addirittura, maltrattamenti in famiglia.
Insomma, in mancanza di una precisa norma incriminatrice, evviva limmaginazione !
E chiaro che processi basati su tali imputazioni spesso e volentieri finiscono in un
nulla di fatto ( ai sensi dellart. 530/1 c.p.p. il fatto non costituisce non essendo il
mobbing previsto come tale dalla legge penale: questa la pi frequente motivazione
delle sentenze di assoluzione) dovendo il giudice penale tenere conto dei due
principi cui in precedenza ho fatto riferimento (nessuno pu essere punito per un
fatto che non sia stato preventivamente qualificato come reato; non possibile, in
via analogica, individuare nuove fattispecie criminose).
Si consideri poi che ogni reato ha sue peculiarit che rendono difficile linserimento
nel suo contesto del mobbing e quindi spesso il giudice costretto ad assolvere il
mobber perche nella di lui condotta non sono stati riscontrati tutti gli elementi di
fatto e di diritto che il legislatore chiede per quel tipo di reato.

In base alle considerazioni sinora svolte, ritengo che sia non solo opportuno ma
anche necessario che il legislatore affronti- nel quadro di una pi complessa disciplina
del fenomeno- la possibilit di introdurre nel nostro ordinamento il reato specifico di
mobbing.
Attualmente la legislazione carente sul punto e questo comporta due conseguenze
negative:
1) lassoluta inadeguatezza nella doverosa repressione dei fenomeni di mobbing;

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2) lassoluta incertezza sullesito delle denunce penali che troppo spesso dipende
dalla sensibilit ( ed anche conoscenza del fenomeno) da parte dellinquirente cui
viene assegnata listruttoria penale.
Daltronde ricordiamo come in altri casi la soluzione ( certo incompleta e non
esaustiva: ma questo il limite, direi quasi fisiologico, della soluzione penale) di certe
condotte gravemente illecite ( penso allo stalking) ha trovato valido ausilio soltanto
con lintroduzione nellordinamento penale di norme repressive ad hoc.
Ed allora si deve uscire dallequivoco: o si ritiene che il mobbing sia un fatto
gravissimo ( come in effetti lo ) ed allora si mette mano a provvedimenti efficaci per
combatterlo; oppure si continua nellincertezza attuale con palliativi come quello di
volere forzatamente includere il mobbing in figure di reato, con tutti i problemi che
abbiamo visto in precedenza.

La soluzione da me prospettata ovviamente non esente da critiche: quella pi
comune che la mala pianta del mobbing va sradicata ma senza per arrivare alla
forzatura dellintervento penale.
Gli assertori di tale tesi fanno riferimento alle soluzioni che sono state adottate ( non
sempre con successo, mi permetto do osservare ) in altri paesi.
Tali soluzioni saranno illustrate dal Collega Fabio Ferrara e quindi non mi dilungher
sulle stesse.
Mi interessa soltanto rilevare come gli altri ordinamenti spesso prevedano
listituzione di collegi arbitrali o di conciliazione nei quali dirimere ( anche
preventivamente) le controversie in materia di mobbing; oppure ladozione da parte
delle aziende di codici etici o comportamentali che dovrebbero risolvere i casi di
mobbing.
Sar sincero: non credo molto che ladozione di tali strumenti in Italia potrebbero
risolvere granch e questo per vari motivi.
In primo luogo perch nel nostro paese manca una seria sensibilit culturale
presupposto necessario per il buon esito di tali soluzioni.
In secondo luogo perch spesso il mobbing non casuale ma rientra in precise
strategie aziendali e quindi sarebbe ingenuo credere nella buona fede del mobber ( se
lavesse non sarebbe tale).
Infine lattuale gravissima crisi economica in cui versa il nostro paese impedisce ( o,
quantomeno, rende ancora pi difficile) una seria valutazione delle problematiche
conseguenti al mobbing. Troppo spesso la risposta ( ahime, anche da parte di taluni
giudici) che viene data al lavoratore vittima di condotte gravemente vessatorie la
seguente: ringrazia che almeno il posto di lavoro lo hai.

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Su questi presupposti pensabile la validit di soluzioni del tipo di quelle adottate nei
paesi nord europei?
Mah..


Concludo queste mie osservazioni, esaminando brevemente un altro aspetto che
rende auspicabile ( a mio parere) lintroduzione del reato di mobbing e la
conseguente tutela in ambito penale.
In un processo penale vige il principio basilare della presunzione dinnocenza e quindi
sullaccusa che ricade interamente lonere di provare la penale responsabilit
dellimputato.
E del tutto evidente che il PM ha la possibilit di avvalersi di strumenti inquisitori che
sono preclusi al lavoratore vittima del sopruso.
Ma allora ritenere, come fanno molti qualificati operatori, che la tutela in sede civile
sia assolutamente sufficiente pura ipocrisia.
Ricordiamo infatti quelli che, sul piano processuale civile , sono i principali ostacoli
alla tutela del lavoratore persona offesa:
1) la difficolt di fornire prove esaustive della condotta illecita di cui rimasto vittima
sul luogo di lavoro. Sul punto la giurisprudenza della Cassazione univoca e costante:
lonere della piena prova necessaria per arrivare ad una sentenza favorevole, ricade
interamente sul lavoratore: ci comporta difficolt spesso insormontabili per arrivare
ad una sentenza di condanna del mobber;
2) la mancata previsione delle malattie conseguenti ad azioni mobbizzanti nelle
tabelle INAIL. Non essendo malattie tabellate, la prova ( spesso diabolica) talvolta (
anzi spesso) pressoche impossibile da dimostrare;
3) la difficolt di trovare magistrati e CTU medico- legali con una competenza
specifica su tali illeciti e patologie.
In sede penale, la questione cambia in quanto, come detto in precedenza, il PM
nellesercizio dellazione penale, ha poteri ispettivi ed inquisitori preclusi al comune
mortale.
Ecco perch la repressione penale di queste condotte illecite sarebbe infinitamente
pi efficace e quindi auspicabile.
Ma questo ci riporta al punto iniziale: la necessit di non fare del mobbing una sorta
di trovatello che deve mendicare precario asilo presso altre tipologie di reato (
lesioni personali, violenza privata e cos di seguito).


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Le ragioni di una legge regionale


AIBeL seminario Firenze 28 novembre 2014
Fernando Cecchini
A seguito di un cambiamento avvenuto nel 1978, mediante la Legge di riforma sanitaria
n.833, la vigilanza sui luoghi di lavoro venne passata alla competenza delle Regioni, in totale
coerenza con la complessiva gestione di tutta la materia della salute attribuita al livello
regionale.
Nel 2001, con la Legge costituzionale n.3, allinterno della riforma che and ad attribuire alle
Regioni competenza legislativa concorrente su molte materie, anche la tutela della salute e
sicurezza sul lavoro pass a tale regime, trovando piena coerenza con il gi consolidato
sistema degli organi di vigilanza incardinati a livello regionale nelle USL, poi divenute ASL,
che con la riforma del 1978, ed il pieno consolidamento da parte del D.lgs. 626/94 che
allart.23, comma 1, definisce: La vigilanza sullapplicazione della legislazione in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro svolta dalla azienda sanitaria locale competente per
territorio. Tale funzione confermata dalla vigente legislazione; il D.lgs. 81/08 allart.13,
comma 1, ripete testualmente: La vigilanza sullapplicazione della legislazione in materia di
salute e sicurezza nei luoghi di lavoro svolta dalla azienda sanitaria locale competente per
territorio.
Tale vigilanza viene effettuata tramite il Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti
di Lavoro definito con vari acronimi, SPRESAL o in alcune regioni SPISAL o UOPSAL, il quale
svolge attivit di prevenzione dei rischi lavorativi ed effettua interventi di ricerca, vigilanza e
controllo allinterno dei luoghi di lavoro per conoscere e concorrere alla eliminazione dei
fattori di rischio per i lavoratori occupati in qualunque settore di attivit, privato o pubblico,
ove almeno un lavoratore subordinato presti il proprio lavoro a qualunque titolo. Per
accedere ai luoghi di lavoro gli operatori SPRESAL sono nominati dal prefetto Ufficiali di
Polizia Giudiziaria, con obbligo di comunicare all'Autorit Giudiziaria i reati di cui vengono a
conoscenza, fare indagini, individuare i soggetti responsabili di carenze o anomalie nel
settore della sicurezza. L effettuare tale vigilanza ha fondamentalmente due problemi; il
primo dovuto alla carenza di personale rispetto alla enorme quantit di aziende da
verificare, il secondo all impossibilit per l ispettore di riscontrare situazioni legate a
problematiche di natura organizzativa/gestionale legate allo svolgimento del rapporto di
lavoro e le situazioni indotte dalle dinamiche psicologico-relazionali comuni agli ambienti
di lavoro causa di situazioni di disagio lavorativo e conseguentemente di patologie di
natura psicosociale, in altre parole il verificare agibilit di ambienti, correttezza di impianti e
macchinari certamente molto pi semplice ed immediato che non situazioni relazionali.
Per questa carenza, che lasciava una ampia zona dombra relativa alla salute e sicurezza in
ambiente di lavoro, che alcune regioni pi illuminate in una ottica di prevenzione
approvarono delle leggi ad hoc; prima fra tutte fu la legge della regione Lazio 11 luglio 2002,
concernente Disposizioni per prevenire e contrastare il mobbing nei luoghi di lavoro tale
legge, per la sua formulazione, fu dichiarata incostituzionale con sentenza n. 359 del 10
dicembre 2003.A questa seguirono la regione Abruzzo nellagosto 2004 Intervento

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della Regione Abruzzo per contrastare e prevenire il fenomeno mobbing e lo stress psico-
sociale sui luoghi di lavoro; segu l Umbria nel febbraio 2005 Tutela della salute psico-
fisica della persona sul luogo di lavoro e contrasto dei fenomeni di mobbing e la regione
Friuli Venezia Giulia nell aprile 2005 Interventi regionali per linformazione, la prevenzione
e la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori dalle molestie morali e psico-fisiche nellambiente
di lavoro e successivamente la regione Veneto con la legge regionale del 22 gennaio 2010
Prevenzione e contrasto dei fenomeni di mobbing e tutela della salute psico-sociale della
persona sul luogo di lavoro. Recentemente completa il quadro la regione Puglia il 10 marzo
2014 con Norme per la sicurezza, la qualit e il benessere sul lavoro. Tali leggi prevedono
sostanzialmente iniziative di sostegno e dinformazione e formazione dei lavoratori
promuovendo per ci la realizzazione di punti di ascolto e centri terapeutici. Il punto
di ascolto, specie se di origine sindacale, normalmente il primo contatto per i lavoratori in
difficolt dove possono condividere i propri vissuti e rileggerli secondo le modalit pi
adeguate grazie allaiuto di un professionista esperto in problematiche del lavoro; ci
permette di trovare soluzioni che da soli non si in grado di scorgere. Spesso importante
poter chiedere una risposta ad una figura capace di ascoltare, comprendere, incoraggiare e
sostenere; figura a volte difficile da trovare nella societ odierna. Questo contatto,
favorendo una riflessione attiva sulle problematiche e le difficolt personali, permette di
trovare le risorse pi adeguate per far fronte ad una determinata situazione. L attivit di
questi sportelli centrata sul Disagio Lavorativo, secondo lAgenzia Europea per la salute e
la sicurezza sul lavoro con questo termine si identifica la sofferenza che ha origine da una
serie di tematiche che vanno dallo Stress dovuto a disorganizzazioni lavorative, al Mobbing
causato da ripetute molestie morali, al Burnout provocato dalla delusione professionale,
alle Molestie Sessuali, a casi di Umiliazione e Prepotenza e a Violazioni Contrattuali.
Linsoddisfazione del lavoratore per la situazione vissuta si manifesta generalmente
attraverso particolari stati d'animo, somatizzazioni e reazioni comportamentali causa di
serie patologie. Il colloquio viene svolto, normalmente previo appuntamento in forma
individuale, sino alla soluzione del problema patrocinando il lavoratore sino al
raggiungimento della miglior soluzione. Se necessario viene offerta assistenza legale tramite
le strutture sindacali. Laccesso a detti sportelli normalmente gratuito.
Non meno importanti sono i Centri Terapeutici appartenenti al Sistema Sanitario
Nazionale dove il lavoratore, spesso inviato dal Punto di Ascolto, trover il sostegno
psicologico necessario a superare la situazione clinica e la certificazione del suo stato di
salute, tale documento indispensabile a comprovare l eventuale esistenza di malattia
professionale. Tale referto, secondo le leggi vigenti, va inviato all autorit giudiziaria che
solo all ora potr far intervenire lo SPRESAL, e naturalmente all INAIL per la valutazione
della malattia professionale. E solo grazie all esistenza dei Punti di Ascolto e dei Centri
Terapeutici che si potr coprire quellarea definita zona dombra che lascia il lavoratore
in balia di se stesso.
Come detto tali leggi prevedono sostanzialmente iniziative dinformazione e formazione dei
lavoratori finalizzate alla prevenzione e al monitoraggio del fenomeno del disagio lavorativo
/ mobbing, importante anche l esistenza di un osservatorio che raccogliendo ed

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incrociando i dati possa mirare ad aziende che non rispettino quanto previsto dal D.lgs.
81/08 e simili, al fine di invitarle ad un pi corretto comportamento; tali leggi garantiscono
ancora la diffusione di una cultura e di pratiche tese a migliorare la qualit della vita nei
luoghi di lavoro, lo sviluppo del rispetto dei diritti della persona e la tutela della sua integrit
psico-fisica, provvedono inoltre al miglioramento delle relazioni sociali nellambiente di
lavoro, ed evitano tramite la prevenzione il ripetersi di incidenti sul lavoro, tutto ci ne fa
degli importanti punti di riferimento. Sottolineando che il costo della prevenzione sempre
ridicolo rispetto a quanto pu accadere in assenza di essa, l attuazione di tali leggi ha costi
irrisori rispetto alla loro utilit.





















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AIBeL - Associazione Italiana Benessere e Lavoro


WORKSHOP 28 NOVEMBRE 2014 INTERVENTO DI LUIGI CARPENTIERO (a nome del
gruppo di lavoro Vigilanza composto anche da Giorgio Marraccini, Maria Giseppina Bosco,
Roberta Nardella, Daniela Dagosta e Luigi Pandolfi (ASL Firenze, ASL Cagliari, ASL Roma B)
Prevenzione e danno da mobbing: quali modifiche al DLgs 81/08 e alla tabella delle
Malattie professionali?
E' valutabile il rischio mobbing? Se la risposta SI perch TUTTI I RISCHI vanno valutati
(art.17 comma 1 lettera a del Dlgs 81/08 smi), anche il rischio mobbing va valutato dal
datore di lavoro ( Vedi intervento del Dr Guariniello a Milano nel 2002)
Due sono le soluzioni che si propongono:
1.Quella minimale l'aggiunta all'art.28 del DLgs 81/08,che sanziona la mancanza del DVR
anche dei rischi: stress lavoro correlato, l'et , il genere e la provenienza da altri paesi],
anche dell' obbligo di valutare il rischio Violenza (morale, sessuale e fisica) sul lavoro; si
prender come base l'accordo CES - Organizzazioni datoriali europee ( 26 aprile 2007 -
Bullying and Harassment ) che riguarda ogni violenza (morale, sessuale, fisica).
Si rimandanderebbe a una successiva Circolare come per lo stress le modalit di
effettuazione della valutazione.
Noi di AIBeL dovremmo per come gruppo "allargato", a tutti quelli che vorranno, (anche
non di AIBeL) lavorare a una proposta definita (che potremmo lanciare al Convegno di Roma
in Primavera).
Rispetto alla Circolare del 2010 che definiva la metodologia di Valutazione dello Stress
Lavoro Correlato e che relegava lobbligo di rilevazione della soggettivit dei lavoratori alla
fase di approfondimento (solo per le criticit rilevate nella valutazione preliminare), per la
violenza e il mobbing la Valutazione del rischio non pu non partire dalla soggettivit con
somministrazione di questionario, (che potrebbe essere il CDL2 o altro validato) focus group
coi lavoratori o interviste semistrutturate somministrati ed elaborati tutti da soggetti terzi.
In caso di mobbing strategico infatti una check list,come quella ISPESL, autosomministrata
da RSPP o da dirigenti aziendali verrebbe facilmente disattesa.
Il medico competente nella rilevazione della soggettivit dovrebbe avere un ruolo centrale,
coadiuvato da uno psicologo del lavoro. In caso di positivit anche di un solo lavoratore
dovr essere attivata la sorveglianza sanitaria specifica per tutti i lavoratori
Tra le misure che le Direzioni aziendali dovrebbero assumere indipendentemente dalla
rilevazione della soggettivit dovremmo avere:

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a) l'adozione del Codice di Condotta che dovr comprendere una parte specifica sulla
violenza morale sul lavoro;
b) Nomina di una commissione di garanzia formata da RSPP, Medico Competente e RLS che
accolga e ascolti il lavoratore in difficolt e accerti eventuali violazioni del Codice di
Condotta, informando la Direzione Aziendale o il Dirigente di riferimento;
c) Attuazione da parte della Direzione Aziendale di misure per la mediazione del conflitto
tramite la nomina di una figura terza, il Consigliere di Fiducia, che dovr sentire
obbligatoriamente oltre alle parti in causa, il medico competente e/o lRSPP e lRLS facenti
parte della Commissione di cui al punto b); il Consigliere di Fiducia dovrebbe essere un
laureato preparato allo scopo, sul modello di altri paesi tra cui la Germania.
I Consiglieri di Fiducia dovrebbero essere messi a disposizione delle aziende dalle Regioni,
presso le quali dovr essere creato un Albo Regionale comprensivo del CV di ognuno.
Nellattivazione della sorveglianza sanitaria specifica il medico competente dovr rilevare
anche i sintomi e le eventuali patologie servendosi eventualmente anche del supporto di
specialisti di riferimento, o se presenti nel territorio di riferimento, dei Centri Clinici per il
Disadattamento Lavorativo.
2. L'obiettivo massimo invece che non ci si limiti ad ampliare l'art.28 ma si espliciti (come
per la Movimentazione dei Carichi, i VDT, i cancerogeni, il rischio biologico etc) un'area
specifica del Dlgs 81/2008 sull'intero rischio organizzativo comprendente lo stress, il
mobbing, il burn out, i movimenti ripetitivi degli arti superiori e la violenza di esterni sui
lavoratori (banche, poste, guardie giurate, autisti di bus, commesse/i in Autogrill isolati e
durante i turni di notte etc etc).
Per lintero rischio organizzativo dovr essere previsto l'obbligo di sorveglianza sanitaria
con cadenza almeno biennale o pi ravvicinata qualora il DVR sia positivo per conflittualit,
o in caso siano segnalati casi di disagio lavorativo.
3. Malattie professionali da stress occupazionale,mobbing etc di tipo psichico (DDA cronico,
il DAS, il DPTS, il Disturbo distimico ) e psicosomatico (ipertensione arteriosa secondaria,
ulcera gastro-duodenale, colite cronica e colite ulcerosa, disturbi del sonno, fibromialgie
gravi) devono essere inserite nella tabella INAIL ( occorrer la revisione della tabella del
luglio 2008).

Attualmente l'onere della prova infatti rimane in carico al lavoratore come per tutte le
patologie non tabellate.

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AIBeL - Workshop 28.11.2014
Lo Sportello del Disagio lavorativo di Medicina Democratica - Firenze Limportanza
dellaccoglienza
Liliana Leali

Vorrei riportare in breve lesperienza relativa alla prima fase dellattivit svolta dallo
Sportello del disagio lavorativo dellAssociazione Medicina Democratica Onlus.
Presso la sede fiorentina di MD aperto dagli inizi degli anni 2000 uno Sportello
precedentemente denominato mobbing.
Il mio contributo allo Sportello del disagio lavorativo come Pedagogista clinico ha inizio nei
primi mesi del 2008 e cerca di coniugare le esperienze legate alla mia formazione
precedente nel ruolo di insegnante/educatore prima e poi di pedagogista clinico, con i
principi base dellassociazione MD.
La denominazione completa : MD - Movimento di Lotta per la Salute .
Al centro del suo operare c la tutela del DIRITTO ALLA SALUTE IN OGNI LUOGO
Principali presupposti su cui si basa:
- principio della non delega dalla prevenzione alla guarigione il soggetto stesso che
deve porsi in modo responsabile nei confronti della propria salute
- la salute e un diritto non negoziabile
- rifiuto della monetizzazione del rischio e del danno
- Partecipazione diretta degli individui, lavoratori, popolazione del territorio, alle azioni
in difesa del diritto alla salute
Mi occupo della parte iniziale del percorso che viene proposto a coloro che si rivolgo allo
Sportello di MD per chiedere aiuto in materia di disagio lavorativo.
Il percorso si articola nei seguenti momenti: accoglienza, ascolto, compilazione di una
relazione, presentazione del caso al gruppo di lavoro composto dai diversi professionisti,
analisi del caso e confronto fra i medesimi per arrivare ad individuare le possibili vie da
proporre alla persona che vuole affrontare la sua situazione di disagio sul lavoro e
personale.
Laccoglienza e lascolto per noi costituiscono gi una prima forma di aiuto.
Il soggetto che si presenta allo Sportello per noi innanzi tutto una persona nella sua
globalit.
La persona che decide di esternare un disagio, disagio che ha generato una lunga
sofferenza spesso vissuta in solitudine, ha bisogno di sentirsi accolta ed ascoltata, nonch
compresa.

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A lei dedichiamo lo spazio necessario perch il suo bisogno di raccontare la sua vicenda
possa essere esaurito.
Lascolto cerca di dare valore alla persona e a ci che dice, perch nella maggior parte dei
casi siamo di fronte a persone ferite nelle loro dignit che non si riconoscono pi, che si
sentono sole, pensano di essere colpevoli di qualcosa che ha determinato quella situazione
che non sono pi in grado di sostenere. Non si sentono credute e considerate non solo
nellambito lavorativo ma a volte anche in quello familiare e sociale.
E importante quindi creare le condizioni perch la persona sia a suo agio: meglio non
interromperla mentre evoca i momenti per lei cos importanti e purtroppo dolorosi, per
fare le domande che sono urgenti per chi ascolta ma magari non lo sono per chi racconta.
C sempre anche in seguito lo spazio per ricostruire il puzzle se alcune tessere non
compaiono nel corso del racconto. Cos si pu evitare di arrivare a conclusioni affrettate e
finire fuori strada. Quindi meglio ascoltare mantenendo l attenzione senza dare per
scontato/risaputo ci che viene detto, avvalersi di unespressione corporea comunicativa e
rivolta alla persona, comunicare in particolare con lo sguardo.
Lascolto attivo tende ad attivare la persona perch possa arrivare in consapevolezza alle
sue scelte e a sentirsi protagonista.
La fase dellaccoglienza e ascolto comunque lontana da interpretazioni, giudizi e da ogni
eventuale diagnosi.
Solitamente il colloquio di accoglienza si conclude da parte della persona ascoltata con una
frase che esprime tutto il suo sollievo per aver potuto portare fuori di s un po del peso
sopportato e per aver ricevuto considerazione. Non meno importanti per lei sono le
informazioni ricevute circa i possibili percorsi da intraprendere ma anche circa le asperit
che potr incontrare lungo il cammino, compresi i tempi anche lunghi che potrebbero
verificarsi.
Gi la fase dellaccoglienza e ascolto le richiede di attivarsi in prima persona.
Se non lha ancora fatto potr raccogliere i suoi documenti possibilmente in ordine logico,
nonch provvedere alla stesura del suo memoriale, provvedere al recupero di tutti i dati
utili e di eventuali testimonianza. Tutto ci va nella linea della non delega.
Dopo il colloquio, il racconto e le informazioni ricevute vengono raccolti sotto forma di una
relazione che riporta i dati anagrafici, il titolo di studio, lazienda attuale, la qualifica e la
mansione, eventuali precedenti occupazioni, la richiesta che la persona rivolge
allAssociazione, come ci ha conosciuti, la vicenda lavorativa e i disturbi di cui soffre.
Si crea cosi una lettera di presentazione destinata in primo luogo ai professionisti del
gruppo e poi ad accompagnare la persona, insieme ai documenti prodotti, lungo liter di
Medicina Democratica.

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Il caso viene discusso nel gruppo che si riunisce ogni 15 gg per i casi in ingresso e per quelli
in corso.
Per i nuovi ingressi, le proposte elaborate nel confronto fra professionisti costituiscono la
prima risposta da fornire alla persona prima dellinizio delle tappe successive che la
persona seguir o meno a seconda della scelta da lei effettuata.
Principali percorsi che vengono avviati sono:
- Anamnestico lavorativo e clinico
- Psicodiagnostico
Al termine di questi si pu giungere a:
- relazione medico legale (per risarcimenti civili e per azioni penali)
- certificazione di malattia professionale INAIL
- azione legale
- consulenza tecnica di parte
- servizi erogati dalla consulente del lavoro
- ingresso e partecipazione al gruppo di Auto Aiuto
Durante queste fasi la persona potr chiarire i suoi dubbi rivolgendosi alloperatore di
accoglienza o per questioni pi specifiche, direttamente al professionista di riferimento.
In che modo pensiamo che laccoglienza e lascolto sono una prima forma di aiuto alla
persona.
Si pu aiutare a:
Favorire il contenimento del disagio
Recuperare fiducia
Riuscire a focalizzare i propri bisogni
Individuare da parte della persona le risorse necessarie e quindi
Arrivare a scelte consapevoli e per lei sostenibili
Intraprendere il percorso per lei pi adatto
Sentirsi protagonista delle proprie scelte
GRUPPO DI AUTO AIUTO PER IL DISAGIO LAVORATIVO
Il gruppo di Auto Aiuto per il disagio lavorativo presso lo Sportello di MD nato per
rispondere al bisogno manifestato dalle persone di condividere il loro disagio.
Il gruppo nasce nel 2012, mantiene unattivit costante ed aperto a nuovi ingressi.
Due parole sullAuto Aiuto.
I gruppi di AA sono presenti in tutto il mondo, non conoscono quindi confini geografici, di
genere o di appartenenza alcuna.
Essi possono portare ad un cambiamento nel concetto di salute perch in essi si genera un
coinvolgimento in prima persona nella gestione della propria salute che ha poi un riflesso

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positivo anche in ambito familiare, sociale e naturalmente lavorativo.


Per loro natura i gruppi di AA sono gratuiti e si basano su principi di democrazia e rispetto.
Sono composti da pari, non vi il professionista che si pone al di sopra con la sua
professionalit introducendo un rapporto gerarchico, ma un facilitatore che condivide in
quanto persona e che partecipe del problema.
Per rendere ancora pi chiaro il significato di AA, mi piace ricordare lepisodio-scintilla che
ha visto la nascita dell AA, perch la sua semplicit ci permette di comprendere il grande
valore dellincontro, dellaccoglienza e dellascolto.
LAA nasce negli USA nel 1935 dallincontro casuale fra un agente di borsa di
Wall Street ed un medico chirurgo, entrambi alcolisti, i quali una sera si resero conto
che condividendo le loro dolorose esperienze e ascoltandosi a vicenda, erano riusciti a
mantenersi lontani dallalcol. E fu cos che nacque il primo gruppo di AA.
Il gruppo di AA quindi un gruppo composto da persone che liberamente scelgono di
riunirsi per parlare di un problema comune. Ed un preciso punto di riferimento in un
ambiente protetto.
La partecipazione regolata da alcune norme base (gratuit, dimensione fra pari, no
terapia, la condivisione di un problema comune, il reciproco sostegno, riservatezza, no eco
dellincontro ) e dalle regole che si d il gruppo stesso per facilitare un confronto leale e
sincero.
Ogni gruppo hale sue peculiarit, ma tutti sono accomunati da un obiettivo: superare il
disagio, promuovere, mantenere e ristabilire il benessere rispetto al proprio stato,
promuovere il cambiamento nella vita delle persone e nella societ.
La presenza del facilitatore
- Avvia il gruppo
- fa in modo che tutti parlino in prima persona delle proprie vicende ed emozioni
- favorisce i processi di scambio di esperienze tra i partecipanti
- aiuta a definire e poi realizzare gli obiettivi del gruppo
- rafforza le esperienze gratificanti nel gruppo ed i risultati positivi
- aumenta la percezione individuale delle proprie competenze
- mantiene vivo il gruppo
Il gruppo AA di MD un gruppo affiatato, durante gli incontri le conversazioni si svolgono in
modo tranquillo e partecipato senza prevaricazioni ma con animazione, se il caso. Ognuno
parla in prima persona raccontando di s o esprimendo il proprio punto di vista o la sua
emozione suscitata dallascolto.
Conoscere persone che si sono imbattute nelle stesse difficolt, fa sentire meno soli, aiuta a
capire meglio anche le proprie vicende, si genera un rispecchiamento nellaltro che un
pari, e pu servire ad alleggerire il peso che ognuno porta su e dentro di s.

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Nel corso di questi due anni e mezzo si sono verificati per tutte le partecipanti dei
cambiamenti positivi: Largomento lavoro sempre stato al centro delle conversazioni:
resistere con nuove strategie e mantenerlo, cercarne un altro, chiedere trasferimento, se
perso cosa fare, trovato uno nuovo come evitare di ritrovarsi nelle stesse dinamiche,
rimaste senza come recuperare in se stesse le energie e acquisire nuove competenze per
ricominciare.
Ogni partecipante ha preso e ha dato qualcosa, tutte hanno avuto modo di condividere non
solo la sofferenza ma anche la speranza nel cambiamento, il desiderio di progettare il
proprio futuro, la riscoperta di se stesse e del proprio saper fare dimenticato, e anche dei
propri limiti.
Rispetto alle singole situazioni lavorative, si osserva che due persone hanno presentato le
dimissioni per giusta causa; una di loro due ha avviato una propria attivit attingendo alle
sue competenze professionali e alla sua creativit, sostenuta dalle sue forze e da una forte
volont, laltra ha trovato un nuovo posto di lavoro dove pu finalmente svolgere mansioni
inerenti alla sua formazione. Le altre rimangono al momento nello stesso ambito lavorativo,
una ha chiesto e ottenuto il trasferimento in altra sede, unaltra aspetta che le venga
concesso uno spostamento interno, unaltra ha preferito resistere ancora con la speranza e
la fiducia di ottenere i riconoscimenti che fin qui le sono mancati.
Da un gruppo di AUTO AIUTO possono nascere iniziative di vario tipo: azioni per informare,
rivendicare diritti, per aiutare altri lavoratori o, semplicemente, ritrovarsi per un caff.
Lo scopo, in sintesi, condividere un percorso di solidariet.
Solidariet che in un periodo di crisi come questo che stiamo attraversando
indispensabile per cercare di evitare e superare i conflitti e la guerra fra deboli.
Definizione di auto aiuto (OMS, 1987)
Per auto aiuto si intendono tutte le azioni intraprese da persone comuni(non professionisti
della salute) per mobilitare le risorse necessarie a promuovere, mantenere e ristabilire la
salute degli individui e della Comunit.








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MOBBING E D.LGS. N. 81/2008


(Marco Lai, Centro Studi Cisl/Universit di Firenze)
1. Le norme del d.lgs. n. 81/2008 e s. m. i. sul cd. rischio organizzativo
E innanzitutto da sottolineare come gi dallart. 2087 del codice civile, secondo
lelaborazione fornitane dalla dottrina e dalla giurisprudenza, possa derivare una limitazione
del potere di organizzazione del datore di lavoro.
Dalla disposizione in esame infatti, in virt del suo collegamento con i principi costituzionali
di cui agli artt.32 e 41, consegue a carico del datore di lavoro non solo il dovere positivo,
implicante un comportamento attivo, di adottare le misure di sicurezza, ma anche quello
negativo di astenersi da ogni iniziativa o comportamento che possa risultare pregiudizievole
per lintegrit psico-fisica del prestatore di lavoro e dunque anche dallimposizione di
ritmi lavorativi troppo pressanti, dallimposizione di orari di lavoro eccessivi,
dallimposizione al prestatore di movimenti continui, ripetuti e sempre uguali, per eccessivo
periodo di tempo(2).
Questultima notazione trova un positivo riscontro in alcune norme del d.lgs. n. 81/2008 e s.
m. i., che merita di seguito segnalare.
Ai sensi in primo luogo dellart.15,1comma, del d.lgs.n.81/2008, tra le misure generali di
tutela inclusa la programmazione della prevenzione, considerata anche linfluenza dei
fattori dellambiente e dellorganizzazione del lavoro (lett.b) e il rispetto dei principi
ergonomici nellorganizzazione del lavoroe nella definizione dei metodi di lavoro e
produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di
quello ripetitivo (lett.d). Secondo tali previsioni lorganizzazione del lavoro pu dunque
rappresentare una specifica fonte di rischio e non solo il contesto in cui si svolge lattivit
lavorativa.
Daltro lato si prende a riferimento non solo la sicurezza ma anche la salute del lavoro,
da intendere, secondo la definizione di cui allart.2, 1comma, lett.o), d.lgs. n.81/2008,
come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo in
unassenza di malattia o dinfermit.
Tra i principi ispiratori del modello prevenzionale gi posti dal d.lgs.n.626/1994 e sviluppati
dal d.lgs.n.81/2008, rilievo preminente assume dunque il legame tra sicurezza (e salute) ed
organizzazione del lavoro, che si esprime nellobbligo di valutare tutti i rischi, compresi quelli
connessi allo stress lavoro-correlato(cfr. art.28, 1comma, d.lgs.n.81/2008). Lanalisi dei


(2) Cfr. in tal senso gi C.SMURAGLIA, La sicurezza del lavoro e la sua tutela penale, Giuffr, Milano,p.87.


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carichi e delle condizioni di lavoro rientra pertanto a pieno titolo nellattivit valutativa a fini
preventivi.
Cos stata riconosciuta la responsabilit contrattuale del datore di lavoro ex art.2087 c.c.,
con conseguente obbligo di risarcimento del danno, nei confronti del dipendente colpito da
infarto per superlavoro, ravvisando nel mancato adeguamento dellorganico aziendale una
violazione dei doveri di sicurezza; si altres ritenuta irrilevante laccettazione da parte del
lavoratore del carico di lavoro particolarmente gravoso, dal momento che tra le misure di
tutela devono farsi rientrare anche quelle intese ad evitare leccessivit di impegno di
soggetti in condizioni di subordinazione socio-economica(3). Altra ipotesi ha riguardato il
caso in cui la condizione di stress lavorativo, dovuta ad un sottodimensionamento
dell'organico, e quindi ad una intensificazione dei ritmi di lavoro, sia da ritenere causa
dell'incidente stradale occorso al lavoratore in trasferta (4). Lo stesso dicasi per lipotesi di
infortunio per superamento dellorario massimo di lavoro(5). E da segnalare infine che le
sindromi depressive o da stress non sono legate solo al troppo lavoro ma possono sorgere
anche da situazioni di forzata inoperosit del lavoratore (6).
Tale orientamento non appare altro che la conferma di principi consolidati sia in riferimento
alla necessaria predisposizione, oltre a quelle specificatamente prescritte, di ogni altra
misura atipica ai fini della salute e della sicurezza, in base ai parametri contenuti nellart.
2087 c.c., sia riguardo alleventuale colpa concorrente del lavoratore nella causazione
dellinfortunio che, di norma, non esclude la responsabilit del datore di lavoro (7).
L'indicazione, che poteva ritenersi implicitamente derivante dallart.2087 c.c., confermata
dallobbligo, penalmente sanzionato a carico del datore di lavoro e del dirigente (8), di tener
conto nellaffidare i compiti ai lavoratori delle capacit e delle condizioni degli stessi in
rapporto alla loro salute e alla sicurezza (art.18, 1comma, lett.c), d.lgs.n.81/2008).

(3) Cfr. Cass., 1 settembre 1997, n.8267 in Mass.giur.lav.,1997, pp.818 ss. (con nota di E.GRAGNOLI), confermata da Cass., 5
febbraio 2000, n.1307, in Dir.rel.ind.,2000, pp.389 ss, con nota di E.VERONESI. Per ulteriori rilievi sul punto cfr. G.LUDOVICO,
Superlavoro e demansionamento: due pronunce della Cassazione in tema di danno biologico e rilevanza delle concause naturali,
nota a Cass.,5 febbraio 2000, n.1307 e a Cass.,5 novembre 1999, n.12339, in Orient.giur.lav., 2000, pp.395 ss. Per la responsabilit del
datore di lavoro ex art.2087 c.c. nell'aver continuato ad assegnare al dipendente gi infartuato, pur acquiescente, mansioni gravose sotto
il profilo fisico (trasporto di mobili da traslocare), cfr. Cass.pen., 20 luglio 2007, in c. Sorvillo, in ISL, 2007, p.521.
(4)Cfr. Cass., 2 gennaio 2002, n.5, in Mass.giur.lav., 2002 p.329, con nota di M.PAPALEONI; di segno opposto Cass., 26 giugno
2004, n.11932, in Riv.it.dir.lav., 2005, II, p.109, con nota di S.BRUN; cfr. anche Cass.pen., 3 ottobre 2008, in c. Limonato, in ISL,
2008, p.751.
Sul punto cfr. anche Cass.pen., 18 febbraio 2005, in c. Lo Grasso, in ISL,2005, p.234, che, in un'ipotesi di infortunio sul lavoro per
caduta da una scala, desume "il nesso causale tra la omissione di cautela derivante dalle modalit di organizzazione del lavoro e
l'evento lesivo" dal fatto che "la caduta del lavoratore stata determinata anche dalla concitazione conseguente alla necessit di
compiere pi operazioni in tempi ravvicinati".
(5) Cfr. Cass., 23 maggio 2003, n.8230 e Cass., 14 febbraio 2006, n.3209; pi ampiamente cfr. P.SOPRANI, Orario di
lavoro:limite della tutela prevenzionistica ?, in DPL, 2007, pp.1554 ss.
(6) Cfr. Cass. n.1205/2001.
(7) Sul concorso di colpa del lavoratore nellinfortunio cfr., tra le altre,Cass., 17 aprile 2004, n.7328, in Riv.it.dir.lav., 2005, II,
p.103, con nota di S.BELLUMAT.
(8) Cfr. art.55, 5comma, lett.c), d.lgs.n.81/2008.


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E' da ricordare come l'incongruenza delle scelte operate in ambito organizzativo possa
determinare patologie psichiche e psicosomatiche (9), per le quali obbligatoria la denuncia
in sede Inail.
2. Valutazione dei rischi, mobbing e stress lavoro-correlato
Occorre peraltro distinguere tra le diverse fattispecie considerate, a volte impropriamente
accomunate.Lo stress organizzativo configurabile come linsieme di reazioni fisiche ed
emotive che si manifesta quando le richieste poste dal lavoro non sono commisurate alle
capacit, risorse o esigenze del lavoratore. Tale la definizione fornita dal National
Institute for OccupationalSafety and Health (NIOSH) (10).
Manca dunque il carattere della intenzionalit come invece nel mobbing, che consiste in una
condotta sistematica e protratta nel tempo, con caratteristiche oggettive di persecuzione e
discriminazione, finalizzata alla emarginazione del lavoratore, con conseguente lesione sul
piano professionale o sessuale o morale o psicologico o fisico (11).
Fattispecie intermedia lo straining, che se da un lato attesta una condotta ostile, di
carattere intenzionale e discriminatoria, con conseguenze durature sulle condizioni
lavorative, dallaltro si differenzia dal mobbing, in quanto manca la sistematicit, la
frequenza e la regolarit delle azioni ostili perpetrate ai danni della vittima (12).
Con d.l. n.11/2009, convertito in legge n.38/2009, si introdotto nel nostro ordinamento
una nuova fattispecie di reato: lo stalking (art.612.bis, c. p.) volto a interrompere e
sanzionare le condotte invasive della vita altrui prima che sfocino nella commissione di reati
pi gravi. Gli atti e comportamenti tesi intenzionalmente alla minaccia o alla molestia
devono essere reiterati; inoltre devono avere leffetto di provocare disagi psichici, timori
per la propria incolumit e quella delle persone care alla vittima, o un pregiudizio delle
abitudini di vita (13).

(9) Si tratta del disturbo delladattamento cronico e del disturbo post-traumatico cronico da stress derivanti da disfunzioni
dellorganizzazione del lavoro (costrittivit organizzative) contemplate nel gruppo 7, della lista II- malattie la cui origine lavorativa
di limitata probabilit-, dell elenco delle malattie professionali disposto con d.m. 14 gennaio 2008. E daltro lato da segnalare che le
patologie da stress lavoro-correlate non sono previste nella nuova tabella delle malattie professionali (d.m. 9 aprile 2008) e pertanto
lonere della prova a totale carico del lavoratore. Sul punto da precisare che il TAR del Lazio, con sent. 4 luglio 2005, ha annullato
la circolare Inail n.71/2003, in quanto mirante ad integrare surrettiziamente il complesso delle malattie c.d. tabellate ; cfr., tra gli
altri, F.BACCHINI, Malattie professionali da costrittivit organizzativa e mobbing strategico: il TAR boccia lInail, in ISL, 2005,
pp.541 ss.
(10) Stress at work, 1999.
(11)Cfr., tra le altre, Cass., 11 settembre 2008, n.22858, in Riv.it.dir.lav., 2009, II, con nota di N.GHIRARDI; Cass. pen., 29
agosto 2007, n.33624, in Riv.it.dir.lav., 2008, II, pp.409 ss., con nota di G.GIAPPICHELLI ; Cass., 6 marzo 2006, n.4774, in
Riv.it.dir.lav., 2006, II, p.562, con nota di M.PARPAGLIONI .
(12) Per una prima applicazione in campo giuridico, cfr. Trib.Bergamo, 21 aprile 2005; per approfondimenti cfr. A.CORVINO,
Mobbing, straining ed altre etichette, in Dir.rel.ind., 2006, pp.801 ss; S.FERRUA, Evoluzione dei nuovi rischi lavorativi: dal
mobbing allo straining, in ISL, 2007, pp.495 ss.

(13) Cfr. Trib.Bari, sezione di riesame, ord.n.347, del 6 aprile 2009


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Rilievo centrale assume nel modello prevenzionale delineato dal d.lgs.n.81/2008, il principio
della valutazione dei rischi (14). Il fatto che la valutazione di tutti i rischi per la salute e
sicurezza figuri al primo posto tra le misure generali di tutela, stabilite dallart.15, non pu
essere infatti meramente casuale.
Ai sensi dellart.28, 1comma, d.lgs.n.81/2008, la valutazione dei rischi deve riguardare
tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di
lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-
collegato, secondo i contenuti dellaccordo europeo dell8 ottobre 2004..
Si individua pertanto un obbligo specifico al riguardo insieme ad un riferimento condiviso a
livello europeo cui ispirarsi.
Lobbligo sar esercitato dal datore di lavoro tramite il Responsabile del servizio di
prevenzione e protezione che, ai sensi dellart.32, 2comma, sulle capacit ed i requisiti
professionali di tale figura, deve a sua volta aver frequentato specifici corsi di formazione in
materia di prevenzione e protezione dei rischi, anche di natura ergonomia e da stress
lavoro-correlato.
Ai fini applicativi tuttavia, sia il citato accordo europeo dell8 ottobre 2004, seppur meritorio
nelle intenzioni e nei contenuti, a cui il richiamo legislativo viene a conferire valenza
generale (erga omnes) (15), sia il conseguente accordo interconfederale del 9 giugno 2008, di
recepimento nel nostro Paese (16), forniscono parametri ancora troppo generici per poter
essere utilizzati con la dovuta certezza, come invece richiede un obbligo sanzionato
penalmente (17). Indicazione metodologiche per la valutazione del rischio stress lavoro-
correlato sono state fornite, come noto, con lettera circolare del Ministero del lavoro e delle
politiche sociali, del 18 novembre 2010 (18).

3. Il mobbing tra legge regionale e disciplina contrattuale (spunti conclusivi)
Proprio la mancanza di una normativa nazionale sul mobbing stata allorigine del
proliferare di leggi regionali in materia che, dopo liniziale impasse della legge della

(14) Cfr. sulla disciplina definitiva posta dal d.lgs.n.106/2009, I.DESTITO, S.FERRUA, Il documento sulla
valutazione dei rischi, in M.TIRABOSCHI-L.FANTINI (a cura di), Il Testo Unico della salute e sicurezza sul lavoro
dopo il correttivo (d.lgs.n.106/2009), Giuffr, Milano, pp.549 ss.; G.M.MONDA, La valutazione dei rischi per la
sicurezza e la salute dei lavoratori, in L.ZOPPOLI, P.PASCUCCI, G.NATULLO (a cura di), Le nuove regole per la
salute e la sicurezza dei lavoratori, Ipsoa, Milano, 2010.
(15) Cfr. in tal senso D.GOTTARDI, Lo stress lavoro-correlato: il recepimento dellAccordo quadro europeo, in
Guida al Lavoro, n.26/2008, p.20.
(16) In Guida al Lavoro, cit., pp.21 ss.
(17) La sanzione quella prevista per lomessa od incompleta redazione del documento di valutazione dei rischi (di
cui allart.55, comma 1, lett.a) e comma 2, d.lgs. n.81/2008 e s.m. i.; per la giurisprudenza al riguardo cfr. M.LAI, Diritto
della salute e della sicurezza sul lavoro, cit. pp.59/60.
(18) Cfr., pi ampiamente in argomento, C. FRASCHERI, Il rischio da stress lavoro-correlato, Edizioni Lavoro,
2011.


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Regione Lazio n. 16/2002, hanno superato il vaglio di legittimit della Corte Costituzionale.
La disciplina regionale si peraltro limitata, per lo pi, a predisporre una tutela sul piano
amministrativo, tramite listituzione di Centri di ascolto e di assistenza dei lavoratori oggetto
di mobbing, piuttosto che a fornire unesatta definizione della fattispecie (19). Il prospettato
assetto istituzionale di ulteriore riforma del Titolo V della Costituzione tende daltro lato a
riportare la materia della tutela e sicurezza del lavoro nella competenza legislativa
esclusiva dello Stato.
E da domandarsi se per unefficace azione di tutela sul mobbing sia necessario un
intervento legislativo, da tradurre poi in regole aziendali e comportamenti, o se, pi
propriamente, siano da valorizzare le istanze partecipative contenute nel d.lgs. n.81/2008 e
s. m. i., a partire dalla riunione periodica di cui allart. 35, che la contrattazione collettiva
potrebbe meglio definire, in una logica di coinvolgimento dei lavoratori e delle loro
rappresentanze (Rls), insieme alle figure aziendali della sicurezza, con lassistenza magari di
esperti qualificati, al fine della individuazione delle misure di prevenzione e protezione del
cd. rischio organizzativo, da sperimentare in buone pratiche aziendali.













(19)Per le pronuncie della Corte cost. sulla normativa regionale in tema di mobbing (con particolare riferimento a Corte cost. 27
gennaio 2006, n.22 ed a Corte cost. 22 giugno 2006, n.238, che hanno ritenuto infondate le questioni di legittimit costituzionale
sollevate rispettivamente nei confronti della legge della Regione Abruzzo, n.26/2004, e della legge della Regione Umbria, n.18/2005; si
veda anche Corte Cost. 19 dicembre 2003, n.359 sulla incostituzionalit della legge della Regione Lazio, n.16/2002) cfr. P.TULLINI,
Nuovi interventi della Corte Costituzionale sulla legislazione regionale in materia di mobbing, in Riv.it.dir.lav.,2006, II, pp.502 ss


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Allegato N1
Proposta di Decreto Legislativo

Attuazione dellaccordo Europeo dell8 ottobre 2004 in materia di prevenzione dello Stress
lavoro correlato tra OO.SS e organizzazioni datoriali europee cos denominate: l ETUC
(European Trade Union Confederation), e lUEAPME (LEUROPEAN ASSOCIATION of CRAFT
SMALL and MEDIUM-SIZE ENTERPRISES ).
Attuazione dellaccordo Europeo in materia di prevenzione della Molestia, Vessazione e
Violenza sul lavoro del 26 aprile 2007 tra OO.SS e organizzazioni datoriali europee cos
denominate: l ETUC ( European Trade Union Confederation), la CEB (CONFEDERATION
EUROPEAN BUSINESS), lUEAPME (EUROPEAN ASSOCIATION of CRAFT SMALL and MEDIUM-
SIZE ENTERPRISES),
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 32, 41, 76 e 87 della Costituzione;
Visto lart.2087 del Codice Civile
Vista la Direttiva Europea 89/391/CEE
Vista la Risoluzione del Parlamento europeo sul mobbing sul posto di lavoro
(2001/2339(INI))
Vista la guida alla Campagna Europea (2014-2015) per la Gestione dello stress e dei rischi
psicosociali sul lavoro a cura dellEU-OSHA Agenzia Europea per la sicurezza e la salute
sul lavoro
Visto l articolo 2, comma 1, lettera o) del DLgs 81/08 e smi in cui la salute dei lavoratori
definita come:stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, non consistente solo
in un'assenza di malattia o d'infermit
Visto larticolo 2, comma 1, lettera q) in cui nella definizione di valutazione dei rischi come
valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori
presenti nell'ambito dell'organizzazione in cui essi prestano la propria attivit, finalizzata ad
individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma
delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza viene
introdotta la locuzione tutti per indicare la necessit di esaminare non solo i rischi per la
salute di carattere prettamente fisico, ma anche quelli di natura psichica e sociale e di
conseguenza di adottare adeguate misure di prevenzione e protezione, tra cui la

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sorveglianza sanitaria
Visto larticolo 15, comma 1 lettera b, del D.lgs n.81/2008, in cui tra le misure generali di
tutela inclusa la programmazione della prevenzione, considerata anche linfluenza dei
fattori dellambiente e dellorganizzazione del lavoro
Visto lart.15, comma 1 lettera d, del D.lgs.n.81/2008 in cui tra le misure generali di tutela
incluso il rispetto dei principi ergonomici nellorganizzazione del lavoroe nella definizione
dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del
lavoro monotono e di quello ripetitivo
Visto lart. 28, comma 1 del D.lgs.n.81/2008 laddove specifica che che:
La valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a) [...] deve riguardare tutti i rischi per
la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori
esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo
i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004 [...], ove la locuzione anche quelli,
indica chiaramente che la valutazione dei rischi particolari e quelli da stress lavoro correlato
sono prescrizioni indicative, ma non esaustive.
Emana il seguente DLgs
Integrazioni al DLgs n.81 e smi
1. Dopo il titolo VI del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, e'
inserito il seguente:
Titolo VI bis - Stress Molestia e Violenza
Capo 1 Disposizioni generali
Art. 167 bis
DEFINIZIONI
1. Le Norme del presente titolo si applicano a tutte le aziende e a tutti i lavoratori
come da definizione di cui allarticolo 2 del presente decreto.
2. Ai fini del presente titolo si intendono:
a) Stress lavoro correlato: Reazioni fisiche ed emotive dannose (distress)che si
manifestano quando le richieste lavorative non sono commisurate alle
capacit, alle risorse, o alle esigenze dei lavoratori che percepiscono uno
squilibrio tra le richieste stesse e le risorse a loro disposizione per farvi fronte.
Lo stress lavoro correlato pu essere causato da fattori diversi alla cui base c
sempre uninadeguatezza nella gestione dellorganizzazione del lavoro.

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b) La molestia o vessazione: accade quando uno o pi lavoratori o preposti o


dirigenti sono soggetti a violenza psicologica ripetutamente e deliberatamente, minacciati
e/o umiliati nelle circostanze riguardanti il lavoro con leffetto di violare la dignit del
lavoratore o del preposto o dirigente danneggiando la sua salute e/o producendo un
ambiente di lavoro ostile.
c) La violenza accade quando uno o pi lavoratori o preposti o dirigenti sono
aggrediti nelle circostanze riguardanti il lavoro, anche da esterni.
d) Patologie correlate allo stress, molestia e violenza: patologie psichiche e
fisiche determinate da situazioni lavorative gravemente stressogene e/o da azioni
vessatorie, di molestia e di violenza.

Art. 168 bis
OBBLIGHI DEL DATORE DI LAVORO
1. Il Datore di lavoro adotta unorganizzazione del lavoro che tenga conto dei principi
dellergonomia e che promuova il benessere psichico, fisico e sociale dei lavoratori.
2. Ai fini di perseguire lobiettivo di cui al comma 1 e nellambito dellobbligo di cui
allarticolo 28 il datore di lavoro valuta il rischio stress lavoro correlato e quello da
molestia e violenza, partendo da unaccurata analisi dellorganizzazione del lavoro
che tenga conto dei fattori di contenuto e di quelli di contesto. A tal fine dovr tenere
obbligatoriamente conto del parere dei lavoratori utilizzando gli strumenti pi
adeguati (questionari validati dalla comunit scientifica, focus group, interviste
semistrutturate) per la rilevazione del disagio soggettivo individuale.
3. Il datore di lavoro adotta le misure di prevenzione adeguate per quanto riguarda lo
stress lavoro correlato sulla base della criticit rilevate nella fase valutativa attraverso
la stesura di un programma dettagliato da monitorare nel tempo. Egli adotta altres
un sistema di monitoraggio in continuo del rischio molestia e violenza consistente
nelle seguenti misure:
a) Adozione di un Codice di Condotta interno che oltre a misure generali preveda
norme specifiche sulla molestia e la violenza;
b) Nomina di una commissione (o comitato) di garanzia che presieda allapplicazione
del Codice di cui al comma a); essa sar composta preferibilmente da un membro
dellufficio risorse umane, con funzioni di coordinamento, dal Responsabile del
Servizio di Prevenzione e protezione o suo delegato, dal Rappresentante dei
Lavoratori alla Sicurezza e dal medico competente. I membri della commissione sono
tenuti a procedere con la necessaria discrezione per difendere la dignit e la
riservatezza di tutte le parti in causa, valutando preliminarmente la possibilit di una
mediazione del conflitto.

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4. c) Assunzione degli opportuni provvedimenti anche di tipo disciplinare fino, nei casi di
particolare gravit, al licenziamento, nei confronti dei dirigenti, preposti e lavoratori
qualora la commissione di cui al comma b) rilevi da parte degli stessi, gravi violazioni
del codice di condotta.
Art. 169 bis
Informazione, Formazione e Sorveglianza Sanitaria
1. Nellambito dellobbligo di cui allarticolo 26 il datore di lavoro fornisce ai lavoratori le
necessarie informazioni inerenti il rischio stress lavoro correlato, la molestia e la
violenza tramite il medico competente e/o altri consulenti esperti.
2. Nellambito dellobbligo di cui allarticolo 27 il datore di lavoro assicura a tutti i
lavoratori, previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza,
la necessaria formazione finalizzata tra laltro a saper discernere ed affrontare
correttamente le situazioni a rischio stress, molestia e violenza, anche di esterni.
3. Il datore di lavoro assicura una formazione specifica al Rappresentante dei Lavoratori
alla Sicurezza e agli altri membri della Commissione di cui al comma 3 b) dellart. 168
bis
4. I lavoratori saranno sottoposti alla sorveglianza sanitaria di cui allart.41, qualora non
sia gi prevista per altri rischi di cui al presente decreto, nelle seguenti situazioni:
a) Quando dalla valutazione del rischio si evidenziano aree di criticit tali da far
ritenere non basso il rischio stress, molestia e violenza
b) Quando si siano manifestate situazioni di disagio lavorativo trattate dalla
Commissione di cui al comma 3 dellart. 168 bis o sia stata denunciata la
presenza di malattia professionale correlata allo stress da parte del medico
competente, dellorgano di vigilanza della ASL territorialmente competente, di
un Centro Clinico per il disadattamento lavorativo o dellINAIL.
5. La periodicit della sorveglianza sanitaria sar almeno biennale, salvo diversa
decisione motivata da parte del medico competente, che dovr monitorare al
momento della visita medica la presenza di possibili disturbi o patologie correlabili a
stress, molestia, violenza sul lavoro.
Per i lavoratori che abbiano maturato un disagio o delle sospette patologie il
medico competente svolger i necessari approfondimenti servendosi di
competenze specialistiche come i Centri Clinici per il Disadattamento
Lavorativo; questi ultimi dovranno essere istituiti in ogni Regione presso le ASL
o le Aziende Ospedaliere Universitarie e dovranno essere strutturati avendo le
caratteristiche dell Allegato XXXIII BIS (vedi paragrafo sui Centri Clinici da
pag.10 a pag.12 del presente documento)


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CAPO II - Sanzioni
Art. 170 bis
1. Il datore di lavoro e' punito con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda da 2.740
euro a 7.014,40 euro per la violazione dell'articolo 168 bis commi 2 e 3
2. Il datore di lavoro e i dirigenti sono puniti con l'arresto da tre a sei mesi o con l'ammenda
da 2.740 euro a 7.014,40 euro per la violazione dell'articolo 169 bis commi 1-5.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli
atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di
farlo osservare.
Dato a Roma, addi' ..
MATTARELLA,
Renzi , Presidente del Consiglio dei ministri..Ministro per gli affari
europei.Ministro della salute.Ministro degli affari esteri.Ministro
della giustiziaMinistro dell'economia edelle finanzeMinistro del lavoro e
delle politiche socialiMinistro per gli affari regionali e le autonomie
Visto, il Guardasigilli:












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Allegato N2
DISEGNO DI LEGGE
INTRODUZIONE NELL ORDINAMENTO GIUDIZIARIO DEL REATO DI ATTO PERSECUTORIO IN OCCASIONE DI
LAVORO
Articolo 1
Definizione e campo di applicazione
Sintende per atto persecutorio in occasione di lavoro, ogni condotta commissiva od omissiva che sia posta
in essere in qualsiasi ambito lavorativo, pubblico o privato, a danno del lavoratore, intendendo con tale
termine anche i collaboratori, indipendentemente dalla qualifica, grado e mansione.
Per atti persecutori vanno intese tutte le condotte, doloso o colpose, sistematiche e reiterate nel tempo, che
comportino molestie fisiche o morali e comunque siano pregiudizievoli per la salute fisica o psichica del
lavoratore o che comunque ledano la sua dignit personale.
Articolo 2
Caratteristiche del reato
Per avere il carattere di atto persecutorio, le condotte devono provocare leffetto di emarginare,
discriminare, screditare o comunque arrecare danno alla carriera, allautorevolezza, al ruolo o al rapporto
con gli altri del lavoratore.
A solo titolo esemplificativo e non esaustivo, le molestie possono avvenire anche attraverso:
a) ingiustificata rimozione da incarichi lavorativi;
b) svalutazione sistematica del ruolo e dellattivit professionale del lavoratore;
c) sovraccarico o sottocarico del lavoro o lattribuzione di compiti impossibili o inutili;
d) lattribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e preparazione professionale o alle condizioni
fisiche o psichiche del lavoratore;
e) il compimento da parte del datore di lavoro o dei suoi incaricati e preposti di azioni discriminatorie o
sanzionatorie quali visite di idoneit o fiscali inutilmente reiterate o ravvicinate, contestazioni illegittime,
trasferimenti inutili o ingiustificati della sede lavorativa, ingiustificato o immotivato rifiuto di ferie o
permessi;
f) molestie sessuali;
g) offese alla dignit personale del lavoratore poste in essere dal datore di lavoro, dal superiore gerarchico o
da suoi collaboratori.


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Art. 3
Condotte dei colleghi di lavoro
Il datore di lavoro e i superiori gerarchici, ogniqualvolta ricevano dal lavoratore o dalle associazioni sindacali
e di rappresentanza dello stesso denuncia o ne abbiano comunque conoscenza , hanno lobbligo di
verificare la fondatezza della lamentela e, in caso positivo, di intervenire anche sugli altri lavoratori colleghi
della parte lesa, per fare cessare eventuali condotte illecite , avente le caratteristiche di cui al precedente
articolo.
In caso di mancato intervento senza giustificato motivo, il datore di lavoro o i suoi preposti rispondono a
titolo di concorso con gli autori degli atti persecutori.
Art. 4
Misure di prevenzione ed informazione.
Il datore di lavoro e i suoi collaboratori hanno lobbligo di porre in essere allinterno del luogo di lavoro, tutte
le misure atte a prevenire comportamenti ed atti persecutori a danno ed in pregiudizio dei lavoratori, e tutte
le misure di informazione e formazione dei lavoratori in attuazione di quanto previsto nel DLgs 81/08 e
successive modifiche e integrazioni, supportati eventualmente dai Centri Regionali per la prevenzione, la
diagnosi e la terapia dei disturbi di disadattamento lavorativo
In difetto di adozione delle misure necessarie, il datore di lavoro e i suoi collaboratori o preposti potranno
rispondere oltre che per la violazione della normativa sulla prevenzione nei luoghi di lavoro anche a titolo di
concorso con gli autori degli atti persecutori.
Art. 5
Obblighi del datore di lavoro
Il datore di lavoro, pubblico o privato, qualora riceva segnalazione da parte dei lavoratori, delle associazioni
sindacali, dei rappresentanti per la sicurezza e dal medico competente, ha lobbligo di verificare,
tempestivamente e senza indugio, la fondatezza di tali denuncie e di intervenire immediatamente per fare
cessare tali comportamenti illeciti, adottando tutte le misure, anche disciplinari, necessarie per porre fine a
tali atti persecutori.
Art. 6
Azioni di tutela giudiziaria.
Fatta salva la responsabilit penale, qualora siano denunciati dal lavoratore o dalle associazioni sindacali la
presenza sul luogo di lavoro di atti persecutori a danno del lavoratore medesimo, il giudice del lavoro del
Tribunale territorialmente competente, inaudita altera parte o previa convocazione delle parti ed assunte
sommarie informazioni, ordina al responsabile, commissivo od omissivo, con provvedimento
immediatamente esecutivo, la cessazione del comportamento illecito ed adotta tutte le misure necessarie a
tal fine, prevedendo una penale per ogni giorno di ritardo nellesatta esecuzione dello stesso provvedimento.


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51

Tra il momento dellavvenuto deposito del ricorso in cancelleria e lemanazione del provvedimento giudiziale
non potranno passare pi di trenta giorni.
Il tutto fatta comunque salva ed impregiudicata la responsabilit penale dellautore dellatto persecutorio.
Su richiesta della parte interessata, il giudice dispone che al provvedimento sia data pubblicazione - a spese
del responsabile - su almeno due quotidiani, luno a tiratura nazionale, laltro a tiratura locale.
Art. 7
Inversione dellonere della prova e tutela della fonte testimoniale.
Nei procedimenti civili aventi per oggetto la repressione degli atti persecutori ed il risarcimento del danno
subito, in presenza della prova di atti persecutori e danno per il lavoratore, onere del datore di lavoro
provare di avere posto in essere tutte le condotte e di avere assunto tutte le misura necessarie per prevenire
le condotte illecite allinterno del luogo di lavoro.
Nessun lavoratore pu essere sanzionato, licenziato o discriminato, in modo diretto o indiretto, per avere
denunciato atti persecutori o vessatori allinterno dellazienda o per avere prestato testimonianza, in giudizio
civile o penale, su tali fatti. Ogni eventuale atto o provvedimento in tal senso da ritenersi nullo.
Art. 8
Responsabilit penale.
Salvo che il fatto non costituisca pi grave reato, chiunque si renda responsabile degli atti persecutori indicati
negli articoli precedenti, punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
La pena aumentata fino ad un terzo, se il fatto commesso a danno di una lavoratrice in stato di gravidanza
o di persona affetta da disabilit.
Il delitto punibile dufficio.











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Allegato N3
DISEGNO DI LEGGE
diniziativa della senatrice TAVERNA
Introduzione nel codice penale del reato di atti vessatori in ambito lavorativo
Onorevoli Senatori. Il termine Mobbing dallinglese to mob, attaccare, assalire,
circondare" indica un fenomeno molto diffuso allinterno del mondo del lavoro, ed
riconducibile ad una delle cosiddette disfunzioni lavorative.
Il mobbing pu essere di diverse tipologie: si parla di mobbing verticale il pi diffuso
quando le vessazioni sono realizzate dal datore di lavoro o, pi in generale, da un capo nei
confronti di un suo sottoposto. Spesso avviene in attuazione di una subdola strategia
espulsiva, per costringere alle dimissioni. Questa tipologia molto diffusa in Italia cos come
in tutti quei sistemi dove c' una minore libert di licenziare.
Un'altra tipologia, invece, il mobbing orizzontale, ovvero quello posto in essere dai
colleghi della vittima, spesso scelta come capro espiatorio sul quale scaricare le tensioni
lavorative.
Il mobbing un fenomeno trasversale che colpisce lavoratori di ogni tipo, di ogni fascia
sociale, di ogni zona geografica. I pi colpiti sono i soggetti dai 45 anni in poi, dal momento
che un lavoratore anziano un costo maggiore per l'azienda e pi facilmente sar oggetto
di mobbing con finalit espulsive; vittime frequenti sono poi le donne, anche in ragione dei
legami tra mobbing, discriminazioni e molestie sessuali.
In Italia, allo stato, non esiste una definizione giuridica del termine mobbing, perci si
ricorre alle scienze sociali e in particolar modo alla psicologia del lavoro. Si tratta di una
situazione di aggressione, di esclusione e di emarginazione di un lavoratore da parte dei
suoi colleghi o dei superiori, che causa al soggetto vessato malessere, disagio e stress, fino a
cagionare vere e proprie malattie fisiche.
Dal punto di vista fisico, la vittima pu accusare problemi respiratori, dell'apparato
digerente, intestinali, cardiaci, dermatologici, dolori alla schiena, vertigini, cefalee, calo delle
difese immunitarie. Dal punto di vista psicologico, invece, possono verificarsi disturbi del
sonno, d'ansia, dell'attenzione e della concentrazione, apatia, aggressivit, insicurezza,
modificazioni dell'alimentazione, disturbi della sfera sessuale, depressione.
Il mobbizzato, nei casi gravi, subir un drammatico peggioramento della qualit di vita, dal
momento che tali disturbi si ripercuoteranno ovviamente nella sfera privata, logorando le
relazioni familiari, di amicizia, persino il rapporto con il partner. Il soggetto poi potr finire
per trovare conforto in alcool, tabacco, psicofarmaci, droghe, peggiorando ulteriormente
la propria situazione. Vere e proprie malattie nervose che sortiscono pesanti ricadute

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negative in primo luogo sul nucleo familiare, in secondo luogo sul servizio sanitario pubblico
e, in terzo luogo, sulla stessa struttura produttiva, privata o pubblica, che deve sopportare il
calo o la mancanza di rendimento.
Il cambiamento che ha attraversato il mercato del lavoro in Italia negli ultimi anni con la
ricerca del massimo profitto possibile e la competizione esterna ed interna, con la
precarizzazione e l'altissimo tasso di disoccupazione, ha fatto crescere vertiginosamente i
numeri del mobbing, che d'improvviso si configurato come un'emergenza sociale.
Una ricerca dellISPESL (Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro) ha
verificato che nel nostro Paese sono almeno 1.500.000 i lavoratori dipendenti vittime del
mobbing, e che, tenendosi conto del numero medio dei componenti della famiglia italiana,
si debba stimare in circa 4.000.000 il numero delle persone raggiunte annualmente,
direttamente o indirettamente, dalle conseguenze dannose di queste pratiche.
Alla luce di tale quadro allarmante, desta sgomento constatare che manca nel nostro
ordinamento una disciplina legislativa. N in ambito civile n tanto meno in quello penale
esiste, infatti, una norma ad hoc che sanzioni il fenomeno. Il diritto civile, per, si occupa da
anni del mobbing e dei suoi effetti, avendo maturato un efficace profilo repressivo, fondato
sulla responsabilit contrattuale ed extracontrattuale, e applicando l'art. 2087 c.c. , che
obbliga limprenditore ad adottare nellesercizio dellimpresa tutte le misure che, secondo la
particolarit del lavoro, lesperienza e la tecnica, sono necessari a tutelare lintegrit fisica e
la personalit morale dei prestatori di lavoro; l'art. 2043 c.c. norma cardine che impone il
divieto generale del naeminem laedere; e l'art. 2013 c.c. che vieta il demansionamento.
Il mobbing , dunque, allo stato figura juris elaborata dalla giurisprudenza, la quale si
trovata a definire controversie nelle quali la fenomenica in questione veniva prospettata
come causa di patologie produttive di un danno biologico di cui era richiesto il risarcimento,
ovvero quale causa di risoluzione del rapporto di lavoro per condotte datoriali dolose o
colpose.
La Corte Costituzionale ha da tempo configurato gli elementi essenziali della fattispecie,
evidenziando che essi debbano consistere in una serie di atti o comportamenti vessatori,
protratti nel tempo, posti in essere nei confronti di un lavoratore da parte dei componenti
del gruppo di lavoro in cui inserito o dal suo capo, caratterizzati da un intento di
persecuzione ed emarginazione, finalizzato allobiettivo primario di escludere la vittima dal
gruppo.
Le prassi giurisprudenziali si fondano su un sistema di principi consolidati e chiari, riposanti
su norme ordinarie, costituzionali e comunitarie. Basta in proposito accennarsi agli articoli
32 e 41 della Costituzione, che postulano rispettivamente la salute come diritto
fondamentale dellindividuo e il divieto per liniziativa economica privata di svolgersi in

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contrasto con lutilit sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libert e alla
dignit umana.
Se in ambito civile si usciti dall'impasse ricorrendo al diritto positivo, in ambito penale
sembra molto pi difficile trovare una soluzione.
Il nostro diritto penale, infatti, si fonda sul principio di legalit, di cui agli artt. 25 della
Costituzione e 1 c.p., che esclude che possa essere punito un determinato comportamento
se non in presenza di una legge che lo configuri come reato.
Atteso che nel nostro codice penale non c traccia di una specifica figura incriminatrice per
contrastare tale pratica persecutoria, la via penale non appare praticabile.
E tuttavia, la mancata previsione di una autonoma fattispecie di reato incentrata sul
mobbing costituisce una palese violazione della delibera del Consiglio dEuropa del 2000 che
vincola tutti gli Stati membri a dotarsi di una norma ad hoc e della risoluzione del
Parlamento europeo del 2001, che esorta gli Stati membri a rivedere la propria legislazione
vigente sotto il profilo della lotta contro il mobbing e le molestie sessuali sul posto di lavoro.
Le altre legislazioni europee, invece, si sono gi dotate da tempo di una disciplina del
fenomeno. Cos ad esempio, in Germania, i danni da invalidit psicologica prodotti dalle
pratiche di mobbing sono considerati una vera e propria malattia professionale assimilata
agli infortuni sul lavoro e sono liquidati con i medesimi criteri impiegati per il risarcimento
del danno biologico. In Svezia praticare il mobbing un crimine.
Nel nostro paese, in mancanza della specifica previsione del reato, non si pu ricorrere a
una tutela penale creativa, ma unicamente utilizzare le norme vigenti qualora risultino
applicabili nel caso concreto.
La giurisprudenza, in particolare, riconosce la rilevanza penale di singoli comportamenti
vessatori, all'interno di un pi ampio contesto di mobbing, riconducendo gli episodi ai reati
di ingiuria, diffamazione, molestie, minacce, mentre quelli pi gravi ai delitti di lesioni,
violenza sessuale, violenza privata, estorsione, istigazione o aiuto al suicidio.
Cos operando, per, si fornisce una tutela limitata ai soli beni giuridici di volta in volta
presidiati dalle singole norme incriminatrici, mentre non si garantisce una tutela globale al
complesso bene giuridico che effettivamente viene leso dalle pratiche di mobbing; ossia la
libert morale e la salute dellindividuo.
Per tali motivi, la giurisprudenza ha tentato di garantire una tutela pi uniforme, ricorrendo
all'ipotesi dei maltrattamenti in famiglia, di cui all'art.572 c.p.. La
norma in questione, pur essendo stato ideata per tutelare la famiglia, si pone anche quale
presidio di relazioni pi ampie, preservando il soggetto sottoposto ad altrui autorit o
affidato a un terzo per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per
l'esercizio di una professione o un'arte. Proprio il riferimento al rapporto caratterizzato

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dalla soggezione ad altrui autorit parrebbe rendere la condotta di mobbing sussumibile


nella fattispecie di reato in questione.
Tuttavia, secondo l'orientamento giurisprudenziale pi recente il ricorso al delitto in
questione subordinato alla presenza di un rapporto di lavoro di natura para-familiare,
mentre non pu essere applicato in via analogica (stante il principio di tassativit) a
qualsivoglia rapporto di lavoro.
Alla luce di queste incertezze interpretative e del grave vulnus normativo esistente, appare
indefettibile introdurre anche nel nostro ordinamento una norma che incrimini il reato di
mobbing.
Nel nostro Paese vi sono stati dei tentativi di offrire una tutela giuridica ad hoc alla vittima di
mobbing. La prima legge stata emanata dalla regione Lazio nel 2002 (n.230) e si prefigge lo
scopo di prevenire e contrastare l'insorgenza e la diffusione del fenomeno. Essa, per,
stata tempestivamente impugnata dal Governo di fronte alla Corte Costituzionale,
lamentandone l'incostituzionalit per violazione dell'art. 117, relativo alla ripartizione delle
competenze tra Stato e Regioni. Successivamente sono state emanate ulteriori leggi
regionali, che hanno per evitato il vaglio della Consulta, in quanto volte per lo pi a
predisporre interventi di aiuto e sostegno per le vittime del mobbing.
, pertanto, necessaria l'introduzione di una tutela penale specifica alla luce degli interessi
coinvolti e della necessit di una protezione forte, che garantisca un effettivo contrasto del
fenomeno.
Soltanto la sanzione penale pu contrastare con la massima efficacia possibile una
fenomenica cos diffusa e devastante sotto il profilo dellallarme e del danno sociale ed in
grado di dissuadere il mobber dal portare avanti le vessazioni, nonch di fornire una
protezione adeguata agli interessi in gioco, quali l'uguaglianza, la dignit dei lavoratori, il
loro benessere psico-fisico; interessi tutti di rilevanza costituzionale.
Quanto alla valutazione della meritevolezza della pena, relativa all'introduzione di un
reato specifico per il mobbing, confermata dallo studio degli effetti delle vessazioni nelle
vittime: i traumi originati dal mobbing turbano in maniera profonda l'equilibrio psico-fisico
dei lavoratori e ne distruggono le relazioni, portando spesso a esiti irreversibili. proprio un
attacco cos profondo all'interesse tutelato che giustifica l'adozione di misure penali.
Gli elementi costitutivi del fenomeno sono il contesto lavorativo, l'obiettivo vessatorio, e il
suo protrarsi sistematico. Esso si concretizza in una serie di comportamenti, quali
isolamento, demansionamento, attacchi alla reputazione, condotte violente, ad ogni modo
mossi da intento persecutorio.


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La nuova fattispecie deve colpire le condotte caratterizzate da sistematicit, durata e


intensit, in modo tale da escludere dall'ambito di rilevanza penale quegli episodi scarsi e
isolati. Per dare rilievo penale al mobbing nella sua interezza, necessario ricorrere a un
reato abituale, che abbia quindi come sua caratteristica intrinseca la ripetitivit nel tempo
della condotta. Si tratta, invero, di un reato relazione, nell'ambito del quale non rileva la
rilevanza penale dei singoli episodi, bens la loro reiterazione, che cagiona la
compromissione della relazione.
Lelemento oggettivo del reato consiste, dunque, in pi atti o comportamenti protratti nel
tempo, compiuti da chi presti lavoro in un dato ambito, pubblico o privato, in pregiudizio di
altri, appartenente allo stesso ufficio o alla stessa azienda, e che pu essere un subordinato
ma anche un pari grado dellagente. Deve, poi, trattarsi di un reato doloso.

In relazione allinteresse di maggior rilievo che la disposizione penale intende


essenzialmente tutelare, rappresentato dalla libert e dalla dignit del lavoratore nel luogo
e nellambiente di lavoro in cui opera, la norma va inserita nel Libro II (Dei delitti in
particolare), Titolo XII (<<Dei delitti contro la persona>>), Sezione III (Dei delitti contro la
libert morale) del codice penale. Ci in quanto i comportamenti di mobbing incidono in
primo luogo, sulla capacit del soggetto preso di mira di autodeterminarsi spontaneamente,
costringendolo in una situazione di soggezione a condizioni di lavoro insopportabili, in
termini di umiliazione e di sofferenza, e lesive dei suoi diritti o interessi.
In particolare, la norma viene inserita immediatamente dopo l'art.612 bis che,
recentemente introdotto nel nostro codice penale dall'art 7 del decreto legge 11/2009,
contempla reato di atti persecutori, comunemente chiamato stalking. Ci in quanto, le due
fattispecie presentano molte affinit, tant' che parte della dottrina ha ventilato la
possibilit di ricorrere all'art. 612bis per sanzionare penalmente le vessazioni sul lavoro.
In entrambi i casi, infatti, si tratta di fenomeni basati sulla reiterazione delle condotte, che
consistono in vessazioni sgradite alla vittima e sono causa di eventi negativi. Sono
accomunati, poi, dalla finalit che quella di indurre il soggetto passivo in uno stato di
soggezione e sofferenza psico-fisica. Alla pluralit e alla costanza delle condotte deve essere
sottesa la consapevolezza dell'agente sia della molteplicit degli episodi sia dell'invasione
che per mezzo di essi si determina nella sfera della vita della vittima. Esiste, inoltre, nella
realt una fattispecie di confine: il c.d. stalking occupazionale, una tipologia di persecuzione
che trova le sue motivazioni nell'ambiente lavorativo, per poi fuoriuscirne, turbando in
maniera
invasiva
la
tranquillit
della
vita
privata
della
vittima.
La collocazione della norma trova conforto in un'altra esperienza legislativa: l'art. 181 bis del
codice penale della Repubblica di San Marino, infatti, inserisce addirittura nella stessa
norma intitolata atti persecutori le due fattispecie di stalking e mobbing, prevedendo

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un aumento di pena nel caso in cui le condotte integranti il primo fenomeno vengano poste
in essere in ambiente lavorativo.
DISEGNO DI LEGGE
Art. 1.
1. Dopo larticolo 612bis del codice penale inserito il seguente:
Art. 612-ter. - (Atti vessatori in ambito lavorativo). Salvo che il fatto costituisca pi grave
reato, punito, con la reclusione da sei mesi a tre anni, chiunque nel luogo o nellambiente
di lavoro, con condotte reiterate, compie atti, omissioni o comportamenti di vessazione o di
persecuzione psicologica tali da compromettere la salute o la professionalit o la dignit del
lavoratore.
La pena aumentata se dal fatto deriva una malattia nel corpo o nella mente.
La pena aumentata fino alla met se il fatto commesso a danno di un minore, di una
donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilit di cui all'articolo 3 della legge 5
febbraio 1992, n. 104.
Il delitto punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela
di sei mesi. Si procede, tuttavia, di ufficio nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3>>.














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Allegato N4

DISEGNO DI LEGGE
diniziativa dei senatori

Barozzino, e C.






Norme per la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori da molestie morali e psicologiche nel
mondo del lavoro


Onorevoli Senatori. Nonostante la risoluzione dell'Unione europea N. 2001/2339 esorti
gli Stati membri a rivedere e, se del caso, "a completare la propria legislazione vigente sotto
il profilo della lotta contro il mobbing e le molestie sessuali sul posto di lavoro,nonch a
verificare e ad uniformare la definizione della fattispecie del mobbing, sottolineando
espressamente la responsabilit degli Stati membri e dellintera societ per il mobbing e la
violenza sul posto di lavoro, ravvisando in tale responsabilit il punto centrale di una
strategia di lotta a tale fenomeno", l'Italia non si ancora dotata di una legislazione in
materia di "mobbing", nonostante da molti anni siano depositate in Parlamento proposte di
legge per regolamentare la materia, proposte che vengono fatte decadere dalle molte
resistenze che si manifestano attorno a questo tema.
La psicologia del lavoro indica con lespressione mobbing, che deriva dallinglese to mob
(accerchiare, aggredire), il complesso delle azioni e dei sintomi derivanti da una situazione
di terrore psicologico sul posto di lavoro.
Il concetto di mobbing fu introdotto dallo studioso svedese Heinz Leymann, psicologo del
lavoro di origine tedesca, il quale aveva notato un fenomeno molto frequente nei luoghi di
lavoro: lemarginazione e lisolamento nei confronti di un dipendente, provocati
generalmente da un superiore o da un collega (mobber), nei confronti del quale viene
esercitata una vera e propria persecuzione psicologica con lobiettivo di distruggerlo
psicologicamente e socialmente, fino a provocarne il licenziamento o indurlo alle dimissioni.
Il fenomeno non per niente da sottovalutare: non secondario n poco frequente, ed in
tutto il mondo colpisce pi le donne degli uomini e, nella maggior parte dei casi, comincia
sotto forma di molestie sessuali.

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Tutti gli studi internazionali attribuiscono ormai grande importanza allorganizzazione del
lavoro: una cattiva organizzazione del lavoro creer prevedibilmente maggiore stress nei
dipendenti, e faciliter quindi il verificarsi di situazioni di mobbing, soprattutto se in
presenza di personalit disturbate: ci a dire che varie sono le cause che possono
determinare tali situazioni.
Anche in Italia il fenomeno diventa sempre pi esteso ed eclatante.
Gli effetti sulle vittime sono devastanti: dagli studi fatti in tutto il mondo le vittime risultano
ammalarsi di sindrome post-traumatica da stress a cui si aggiunge un disturbo depressivo, in
genere grave, tanto che in uno studio condotto da Leymann in collaborazione con
lOrganizzazione mondiale della sanit (OMS) risultato che tra il 20 ed il 15 per cento di
suicidi
in
Svezia
era
dovuto
a
situazioni
di
mobbing.
I disturbi fisici generalmente presenti sono lipertensione, lulcera, le malattie artrosiche, le
malattie della pelle e perfino i tumori.
Tristemente famoso il caso dellILVA di Taranto, riconosciuto ufficialmente come mobbing
da tutti i maggiori studiosi italiani: la famigerata palazzina LAF (una palazzina che ospitava
uffici per gli impianti di laminatoio a freddo, da cui deriva il nome), dismessa da anni, e nella
quale i dirigenti dellILVA avevano messo settantanove dipendenti (tutti impiegati e
laureati); solo dopo lintervento del centro di salute mentale di Taranto, che invi un
esposto alla procura, dei mass media locali e nazionali e di Amnesty International la
palazzina stata chiusa.
Questo caso, pur nella sua gravit, non emblematico. Il mobbing, infatti, viene consumato
in maniera isolata, sotto gli occhi di spettatori indifferenti, a loro volta ricattati dal mobber.
Una legge in materia ormai indispensabile anche in Italia, e non solo per motivi etici:
lUnione europea ha pi volte sanzionato lItalia per la mancanza di una legge su questo
fenomeno.
Le malattie mentali e fisiche dovute al mobbing recano danni socio-economici rilevanti alla
societ: costi per i ricoveri ospedalieri, costi per le cure e, infine, un lavoratore, costretto al
prepensionamento a soli quaranta anni, determina un costo sociale notevolmente pi
elevato rispetto ad un lavoratore che va in quiescenza in et prevista.
Un danno economico rilevante anche per la societ e le aziende, sia pubbliche che private.
Il presente disegno di legge intende disciplinare un fenomeno in forte espansione attraverso
norme in grado di prevenire la diffusione e di sanzionare i comportamenti persecutori.
Larticolo 1 individua il campo di applicazione del disegno di legge il cui fine quello di
tutelare i lavoratori nellambito dei rapporti di lavoro, nel settore pubblico e privato, e
indipendentemente dalla natura dello stesso.
Larticolo 2 definisce i concetti di molestie morali e violenza psicologica e le modalit
attraverso le quali tali atti sono posti in essere, introducendo altres il concetto di danno
psicofisico provocato dai comportamenti precedentemente definiti.
Con larticolo 3 si prevede che i datori di lavoro, pubblici e privati, e le rispettive
rappresentanze sindacali, in concorso con i centri regionali per la prevenzione, organizzino
iniziative periodiche di informazione per i dipendenti, allo scopo di prevenire le situazioni di
mobbing.

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Il datore di lavoro ha lobbligo tempestivo di accertare i comportamenti denunciati e


prendere provvedimenti per il loro superamento (articolo 4).
Lazione di tutela giudiziaria (articolo 5) prevede un percorso attraverso il giudizio
immediato del tribunale del lavoro al fine di salvaguardare i soggetti da danni psicofisici
permanenti.
Larticolo 6 disciplina la pubblicit del provvedimento di condanna emesso dal giudice;
larticolo 7 contiene previsioni in materia di sanzioni per coloro che pongono in essere
comportamenti rilevanti ai fini della presente legge; larticolo 8 prevede che tutti gli atti
discriminatori assunti e riconducibili al mobbing siano nulli.
Con larticolo 9 si istituiscono centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei
disturbi da disadattamento lavorativo, quale organo tecnico di consulenza dei servizi di
prevenzione delle Aziende unit sanitarie locali (AUSL).

DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.
(Campo di applicazione)
1. La presente legge prescrive misure per la tutela da molestie morali e violenze
psicologiche delle lavoratrici e dei lavoratori in ambito lavorativo ed in tutti i settori di
attivit, privati o pubblici, comprese le collaborazioni, indipendentemente dalla loro natura,
mansione o grado.
2. Nellambito di qualsiasi rapporto di lavoro sono vietati comportamenti anche omissivi,
che ledano o pongano in pericolo la salute fisica e psichica, la dignit e la personalit morale
del lavoratore.
Art. 2.
(Definizioni)
1. Agli effetti della presente legge, si intendono per molestie morali e violenze psicologiche
nellambito del posto di lavoro le azioni, esercitate esplicitamente con modalit lesiva, che
sono svolte con carattere iterativo e sistematico. Per avere il carattere di molestia morale e
violenza psicologica, gli atti di cui al primo periodo devono avere il fine di emarginare,
discriminare, screditare, o, comunque, recare danno alla lavoratrice o al lavoratore nella
propria carriera, autorevolezza, e rapporto con gli altri. La molestia morale e la violenza
psicologica possono avvenire anche attraverso:
a) la rimozione da incarichi;
b) lesclusione dalla comunicazione ed informazione aziendale;
c) la svalutazione sistematica dei risultati, fino ad un vero e proprio sabotaggio del lavoro,
che pu essere svuotato dei contenuti, oppure privato degli strumenti necessari al suo
svolgimento;
d) il sovraccarico di lavoro o lattribuzione di compiti impossibili o inutili, che acuiscono i
sensi di impotenza e di frustrazione;
e) lattribuzione di compiti inadeguati rispetto alla qualifica e preparazione professionale o

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alle condizioni fisiche e di salute;


f) lesercizio da parte del datore di lavoro o dei dirigenti di azioni sanzionatorie, quali
reiterate visite fiscali, di idoneit, contestazioni o trasferimenti in sedi lontane, rifiuto di
permessi, di ferie o trasferimenti, tutte finalizzate alla estromissione del soggetto dal posto
di lavoro;
g) gli atti persecutori e di grave maltrattamento, le comunicazioni verbali distorte e le tesi a
critica, anche di fronte a terzi;
h) le molestie sessuali;
i) la squalificazione dellimmagine personale e professionale;
l) le offese alla dignit personale, attuate da superiori, da parigrado o da subordinati, ovvero
dal datore di lavoro.
2. Agli effetti degli accertamenti delle responsabilit listigazione considerata equivalente
alla realizzazione del fatto.
3. Il danno sullintegrit psicofisica provocato dai comportamenti ed atti di cui al comma 1
rilevato, ai fini della presente legge, ogniqualvolta comporti riduzione della capacit
lavorativa per disturbi psicofisici di qualunque entit, quali la depressione, disturbi
psicosomatici conseguenti a stress lavorativo come lipertensione, lulcera e lartrite,
disturbi allergici, disturbi della sfera sessuale, nonch tumori.
Art. 3.
(Prevenzione e informazione)
1. Al fine di prevenire i casi di molestie morali e violenze psicologiche i datori di lavoro,
pubblici e privati, in collaborazione con le organizzazioni sindacali aziendali, ed i servizi di
prevenzione e protezione della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro delle Aziende unit
sanitarie locali (AUSL), unitamente ai centri regionali per la prevenzione, la diagnosi e la
terapia dei disturbi da disadattamento lavorativo di cui allarticolo 9, organizzano iniziative
periodiche di informazione dei dipendenti anche al fine di individuare immediatamente
eventuali sintomi o condizioni di discriminazioni, espresse nellarticolo 2.
2. In concorso con i centri di cui allarticolo 9, i servizi della AUSL di cui al comma 1
organizzano annualmente corsi sul fenomeno mobbing obbligatori e a carico del datore di
lavoro per i dirigenti, i medici competenti, i responsabili della sicurezza aziendale, nonch
per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS).
3. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi nelle aziende, previsto dal decreto
legislativo 19 settembre 1994, n. 626, competente in materia di mobbing, anche
servendosi di appositi consulenti.
4. In ogni azienda, allinterno dei processi informativi e formativi previsti dal citato decreto
legislativo n. 626 del 1994, sono previste apposite riunioni aziendali periodiche, improntate
alla trasparenza e alla correttezza nei rapporti aziendali e professionali, atte a fornire alle
lavoratrici e ai lavoratori informazioni sugli aspetti organizzativi, quali ruoli, mansioni,
carriera, mobilit.
5. Uninformazione generale svolta altres per tutti i lavoratori, dedicando allo scopo due
ore di assemblea annuali oltre a quelle previste dalla legge 20 maggio 1970, n. 300.
Art. 4.

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(Obblighi del datore di lavoro)


1. Il datore di lavoro, pubblico o privato, qualora siano denunciati azioni o fatti di cui
allarticolo 2 da singoli lavoratori o da gruppi di lavoratori, o su segnalazione delle
rappresentanze sindacali aziendali, o del rappresentante per la sicurezza, nonch del
medico competente, ha lobbligo di accertare tempestivamente i comportamenti
denunciati.
2. Il datore di lavoro prende provvedimenti per il superamento delle azioni o fatti denunciati
ai sensi del comma 1, sentiti i lavoratori dellarea interessata, il medico competente,
nonch, se necessario, il servizio di prevenzione e protezione della AUSL.
Art. 5.
(Azioni di tutela giudiziaria)
1. Qualora vengano denunciati comportamenti definiti ai sensi dellarticolo 2, su ricorso del
lavoratore o per delega al medesimo conferita dalle organizzazioni sindacali, il tribunale
territorialmente competente, in funzione di giudice del lavoro, nei cinque giorni successivi
alla data della denuncia, convocate le parti e assunte sommarie informazioni, se ritenga
sussistente la violazione di cui al ricorso, ordina al responsabile del comportamento
denunziato, con provvedimento motivato e immediatamente esecutivo, la cessazione del
comportamento illegittimo, ne dispone la rimozione degli effetti, stabilisce le modalit di
esecuzione della decisione e determina in via equitativa la riparazione pecuniaria dovuta al
lavoratore per ogni giorno di ritardo nellesecuzione del provvedimento. Contro la decisione
di cui al primo periodo ammessa, entro quindici giorni dalla comunicazione alle parti,
opposizione davanti al tribunale, che decide in composizione collegiale, con sentenza
immediatamente esecutiva. Si osservano le disposizioni degli articoli 413 e seguenti del
codice di procedura civile.
2. Il risarcimento del danno dovuto al lavoratore dal responsabile di comportamenti definiti
dallarticolo 2 comprende in ogni caso anche una somma a titolo di indennizzo del danno
biologico da determinare in via equitativa.
3. Restano valide le norme vigenti in materia di tutela di lavoro subordinato.
Art. 6.
(Pubblicit del provvedimento del giudice)
1. Su richiesta della parte interessata, il giudice pu disporre che del provvedimento di
condanna o di assoluzione venga data informazione ai dipendenti, mediante una lettera del
datore di lavoro, pubblico o privato, omettendo il nome della persona oggetto di molestia
morale e violenza psicologica.
2. Se latto oggetto del provvedimento di condanna commesso dal datore di lavoro,
pubblico o privato, o si evince una sua complicit, il giudice dispone la pubblicazione della
sentenza su almeno due quotidiani a tiratura nazionale, omettendo il nome della persona
oggetto di molestia morale e violenza psicologica. Le eventuali spese sono a carico del
condannato.
Art. 7.
(Responsabilit disciplinare)

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1. Nei confronti di coloro che pongono in essere atti e comportamenti previsti allarticolo 2,
disposta, da parte del datore di lavoro, pubblico o privato, o del superiore, una sanzione
disciplinare prevista dalla contrattazione collettiva.
Art. 8.
(Nullit degli atti discriminatori)
1. Tutti gli atti discriminatori di cui allarticolo 2 o conseguenti ad un atto o comportamento
di cui al medesimo articolo 2 sono nulli.
Art. 9.
(Istituzione di centri regionali
per la prevenzione, la diagnosi e la terapia
dei disturbi da disadattamento lavorativo)
1. Ogni regione, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge,
istituisce un centro regionale per la prevenzione, la diagnosi e la terapia dei disturbi da
disadattamento lavorativo, di seguito denominato centro, con un adeguato organico,
diretto da uno psichiatra di ex II livello che abbia seguito appositi corsi di formazione. Il
centro, anche ai fini contrattuali, ha il carattere di struttura complessa. Il centro
organizzato quale organismo tecnico di consulenza dei servizi di prevenzione e protezione
nei luoghi di lavoro delle AUSL e svolge i seguenti compiti:
a) ricerca e prevenzione del fenomeno mobbing;
b) informazione dei lavoratori;
c) formazione degli operatori dei servizi e delle strutture di prevenzione delle AUSL;
d) formazione dei medici competenti, formazione dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei
preposti;
e) monitoraggio dei casi.
2. Il centro organizza una conferenza annuale per valutare i risultati del lavoro svolto e
individuare le opportune iniziative per la riduzione o leliminazione del fenomeno mobbing.










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Allegato N5
PSICOPATOLOGIE LAVORO-CORRELATE
(DSM IV)
DISTURBI DELLUMORE

disturbi depressivi maggiori (episodio singolo o ricorrente; intensit: lieve, moderata


o grave (con o senza sintomi psicotici)

disturbi dellumore nas


disturbo distimico
DISTURBI DANSIA
disturbo di panico con o senza agorafobia
agorafobia
fobia sociale
disturbo dansia generalizzato
disturbo dansia nas
disturbo ossessivo compulsivo*
disturbo acuto da stress
disturbo post-traumatico da stress
DISTURBI DELLADATTAMENTO (ad evoluzione cronica o meno)
disturbo delladattamento con umore depresso
disturbo delladattamento con ansia e umore depresso misti
disturbo delladattamento con alterazione della condotta *
disturbo delladattamento con alterazione mista dellemotivit e della condotta *
disturbo delladattamento con ansia
disturbo delladattamento nas

DISTURBI SOMATOFORMI
disturbo somatoforme indifferenziato

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disturbo somatoforme nas*


disturbo algico*
ALTRI DISTURBI
insonnia primaria
disturbo del ritmo circadiano del sonno*
disturbo dellalimentazione nas*
disturbo del desiderio sessuale ipoattivo*
sintomi psicologici che influenzano una condizione medica
reazione fisiologica correlata alo stress che influenza una condizione medica
(lelemento psicopatologico negli ultimi due casi considerato come un elemento,
che non soddisfa i criteri diagnosti per le patologie psichiatriche sopra-elencate, che
innesca e/o amplifica una condizione medica generale
Note
Le patologie indicate con lasterisco* necessitano di una particolare cautela ed
approfondimento nella valutazione della loro natura lavoro-correlata
Per quanto concerne la dimensione psicosomatica per ciascun disturbo psichiatrico pu
essere specificato come elemento aggiuntivo qualora costituisca un disturbo mentale che
influenza una condizione medica generale













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Voi potete comprare il lavoro di un uomo,


La sua presenza fisica in un determinato luogo,
Potete comprare anche un determinato numero di abili movimenti
muscolari per unora o per un giorno,
Ma non potete comprare lentusiasmo,
La lealt,
La devozione del cuore,
Della mente e dellanimo.
Queste cose ve le dovete meritare
Clarence Frencis


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