1433-1499
El libro dell'Amore
Edizione di riferimento:
Marsilio Ficino, El libro dell'amore, a cura di Sandra Niccoli, ed. Olschki,
Firenze 1987
http://www.bibliotecaitaliana.it/xtf/view?docId=bibit000182/bibit000182.xml
Il 7 novembre 1468, su iniziativa di Lorenzo de Medici, nove amici filosofi si
riuniscono nella villa di Careggi, vicino a Firenze, per riprendere l'usanza dei
primi discepoli, che ogni anno celebravano il doppio anniversario della
nascita e della morte di Platone. Marsilio Ficino, che gi l'anima eletta di
questo piccolo cenacolo, del gruppo, e questo dialogo riporta la
discussione che ne segu: dopo la cena, viene dato inizio alla lettura del
Convivio di Platone, nel quale, com' noto, sette ospiti, tra i quali Socrate,
pronunciano un elogio dell'amore; poi, sul modello del dialogo originario,
nuovi ospiti sono invitati a commentare , l'uno dopo l'altro, ciascuno dei
sette discorsi.
La messa in scena non deve trarci in inganno: proprio Ficino, da un capo
all'altro, che offre, tramite personaggi interposti, la sua esegesi dell'opera
del maestro; esegesi o piuttosto interpretazione originale di una coerenza
impressionante, che afferma una teologia o cosmologia, un'antropologia e
una psicagogia, le cui tesi, riferite ai misteri ermetici ed orfici sono segnati
dalla ricca tradizione del neoplatonismo di Plotino, Giamblico, Porfirio, Proclo
e destinate, nella silloge di Dioniso Aeropagita, alla riconciliazione di Platone
con il cristianesimo.
Quest'opera di Ficino ha segnato profondamente e durevolmente la
riflessione sull'amore all'alba della modernit, producendo una lunga serie di
dialoghi e trattati, tra i quali brillano quelli di Pico della Mirandola, di Bembo
o di Giordano Bruno, ed impregnando con i suoi concetti la poesia amorosa
dei due secoli successivi.
http://www.umanista.net/it/ficino.html
Proemio di Marsilio Fecino fiorentino sopra El libro dell'Amore,
a Bernardo del Nero e Antonio di Tuccio Manetti,
prudenti ciptadini fiorentini, amici suoi carissimi.
Sogliono e mortali quelle cose che generalmente e spesso fanno dopo lungo
uso farle bene, e quanto pi le frequentano, tanto farle meglio. Questa
regola per la nostra stoltitia e ad nostra miseria falla nello amore. Tutti
continuamente amiamo in qualche modo, tutti quasi amiamo male e quanto
CAPITOLO I
Platone padre de' philosophi, adempiuti gli anni ottantuno della sua et, el
septimo d di novembre nel quale egli era nato sedendo a mensa, levate le
vivande, fin sua vita. Questo convito, nel quale parimente la nativit e fine
d'esso Platone si contiene, tutti gli antichi platonici infino a' tempi di Plotino
e Porfirio ciascuno anno celebravano. Ma dopo Porfirio anni MCC si
che gli vanno innanzi, di che quelle che l'accompagnano, e cos quelle che
seguitano dipoi. E se queste parti essere buone appruova, essa cosa loda, e
cos per contrario. Quella adunque laude perfecta la quale l'antica origine
della cosa racconta, narra la forma presente e dimostra e fructi futuri. Dalle
prime parti ciascuna cosa di nobilt si loda, dalle seconde di grandezza,
dalle terze di utilit. Il perch per quelle tre parti nelle lode queste tre cose
si concludono: nobilt, grandezza e utilit. Per la qual cosa el nostro Phedro,
principalmente contemplato la presente excellentia d'Amore, grande iddio lo
chiam. Sobgiunse: agli huomini e gli dii degno d'ammiratione. E non sanza
ragione, con ci sia che noi propriamente delle cose grandi pigliamo
admiratione. Colui veramente grande allo imperio del quale tutti gli
huomini e tutti gli dii, secondo che si dice, si sottomettono; imper che
apresso agli antichi, cos gli dii come gli huomini s'innamorano. La qual cosa
Orpheo e Esiodo insegnano quando dicono le menti degli huomini e degli dii
da Amore essere domate. Dicesi ancora essere degno d'admiratione, perch
ciascuno quella cosa ama, per la bellezza della quale si maraviglia.
Certamente gl'iddii, o vero angeli come vogliono e nostri theologi,
maravigliandosi della bellezza divina, quella amano, e similmente adviene
agli huomini di quella de' corpi. Questa certamente laude d'amore, che si
trahe dalla sua presente excellentia che esso accompagna. Dipoi dalle parte
che gli vanno innanzi Phedro lo loda, quando afferma Amore essere
antiquissimo di tutti gl'iddii, dove risplende la nobilt d'Amore, quando la
sua prima origine si narra. Terzo, lo loder dalle cose che seguitano, dove
apparir la sua maravigliosa utilit. Ma imprima dell'antica e nobile sua
origine, appresso della sua futura utilit disputereno.
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