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nfluisce nel genus di "nuova costruzione", che trova la sua disciplina nell'art.
3 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 (T.U. in materia edilizia) nel quale stato trasfus
o l'art. 31 della legge 5/8/1978 n. 457, ai sensi del quale si intendono e) "int
erventi di nuova costruzione", quelli di trasformazione edilizia e urbanistica d
el territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. S
ono comunque da considerarsi tali: e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuor
i terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della
sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previ
sto alla lettera e.6); (omissis) e.6) gli interventi pertinenziali che le norme
tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio
ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova co
struzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20%
del volume dell'edificio principale; (omissis).
Pertanto l'ampliamento, per il quale si prospetta la necessit di titolo edilizio
, consiste in una modifica del manufatto tale da determinarne un aumento di sago
ma.
La casistica giurisprudenziale varia, e verte frequentemente attorno a interven
ti non diretti a creare ambienti chiusi, come ad esempio archi, pensiline, tetto
ie e simili. E' stato ad esempio deciso che quando la tettoia quando addossata a
l fabbricato esistente determina l'ampliamento dell'edificio principale, e perta
nto soggetta al rilascio di un titolo (T.A.R. Veneto Sez. II Sent., 27 luglio 20
09, n. 2225).
In materia di demolizione e ricostruzione, il Consiglio di Stato ha ribadito ch
e un ampliamento fuori sagoma in sede di ricostruzione delinea la fattispecie de
lla nuova costruzione e non della ristrutturazione edilizia, per configurare la
quale, pur non occorrendo pi la "fedele ricostruzione", occorre comunque rispetta
re sagoma, volume e superficie (Cons. Stato Sez. IV, 30 dicembre 2008, n. 6613).
Dubbio se le Norme Tecniche di Attuazione di un Comune possano consentire un am
pliamento di volumetria in sede di ristrutturazione. Il Consiglio di Stato si pr
onunciato prevalentemente in senso negativo, ricordando che ai sensi dell'art. 3
del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, la ristrutturazione edilizia si sostanzia in u
na attivit di riedificazione che rispetti la piena conformit di sagoma, volume e s
uperficie tra il vecchio e il nuovo manufatto, ed escludendosi di conseguenza ch
e in sede di riedificazione si possa procedere ad un ampliamento di cubatura del
l'edificio in applicazione di una norma tecnica di attuazione del piano regolato
re comunale che consente di procedere ad ampliamenti degli edifici esistenti (Co
ns. Stato Sez. IV, 10 aprile 2008, n. 1550) . Tuttavia il Consiglio di Stato ha
anche avuto occasione di affermare che non possa escludersi - in una prospettiva
di corretto esercizio dei poteri spettanti al Comune per la disciplina dell'ord
inato assetto del territorio e tenuto conto di un certa flessibilit in materia che l'Ente locale preveda nelle N.T.A., allorch talune modifiche risultino opport
une, che la ristrutturazione edilizia implichi anche la possibilit di un certo am
pliamento (nella fattispecie del 20%) del volume preesistente (Cons. Stato Sez.
IV, 17 dicembre 2008, n. 6250). Purch di ristrutturazione si tratti: l'articolo d
elle N.T.A. che consenta l'ampliamento di un originario edificio esistente non p
u certamente ritenersi tale da consentire la realizzazione di una villetta in sos
tituzione di una precedente baracca destinata al ricovero degli attrezzi (Cons.
Stato Sez. IV, 10 aprile 2008, n. 1550).
A questo proposito opportuno ricordare che mentre l'articolo 3 del DPR 380/2001
definisce gli "interventi di ristrutturazione edilizia" gli interventi rivolti
a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che
possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal preced
ente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elem
enti costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di n
uovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edil
TAR PA 3830/2002: D altra parte, occorre anche osservare che l applicazione del dis
posto dell art. 49, comma 2, D.P.R. n. 218 del 6 marzo 1978 ( Fino al 31 dicembre 19
80 le opere occorrenti per il primo impianto di stabilimenti industriali tecnica
mente organizzati e delle costruzioni annesse, e per l'ampliamento, la trasforma
zione, la ricostruzione, la riattivazione e l'ammodernamento degli stabilimenti
gi esistenti, nei territori di cui all'art. 1, sono dichiarate di pubblica utilit,
urgenti ed indifferibili a tutti gli effetti di legge ) richieda pur sempre la ve
rifica della possibilit giuridica del presupposto che alla base della applicazion
e normativa e, cio, la possibilit di operare, nel rispetto delle leggi, l ampliament
o di stabilimenti gi esistenti. Appare evidente, allora, che l impossibilit di opera
re l ampliamento in vista della destinazione dell area a zona di recupero (C.G.A. n.
98 del 26 febbraio 1998 Nel caso in esame, fuori discussione che l area in question
e ricadesse in una zona che il Comune aveva individuato come area da recuperare,
nella quale non erano consentite nuove costruzioni. Perci palese l illogicit della
approvazione di un progetto di ampliamento di un opificio industriale, comportan
te dichiarazione di pubblica utilit, indifferibilit e urgenza dell opera medesima, i
n un area in cui quell ampliamento era vietato dalla normativa urbanistica fino all ad
ozione di determinati strumenti pianificatori. Non vale dire, come ha fatto il g
iudice di primo grado, che per la maggior parte delle opere occorreva soltanto l a
utorizzazione; dal momento che le nuove opere erano vietate indipendentemente da
l fatto che fossero soggette a regime concessorio o autorizzatorio; n pertinente
la circostanza che, al momento della decisione della causa, una di tali autorizz
azioni fosse stata rilasciata ), impedisca qualsiasi automaticit rispetto alla dich
iarazione di pubblica utilit (come osservato anche dal Tribunale di Marsala nella
sentenza n. 210 dell 11 aprile 2002 L applicazione dei superiori principi, del tutto
consolidati, al caso in esame non pu venir messa in discussione dalla consideraz
ione, dedotta dall opponente, che nella fattispecie la pubblica utilit discendeva e
x lege all approvazione del piano di ampliamento dello stabilimento industriale, n
ell ambito della normativa relativa agli interventi nel mezzogiorno (D.P.R. 218/78
), secondo cui le opere occorrenti per l ampliamento di stabilimenti industriali t
ecnicamente organizzati e delle costruzioni annesse sono dichiarate di pubblica
utilit, urgenti ed indifferibili a tutti gli effetti di legge, con termine sino a
l 31.12.1993 (art. 49, 2 co., T.U. leggi sugli interventi a favore del mezzogiorn
o). Tale previsione legislativa, infatti, non ha sicuramente l effetto di conserva
re la qualit giuridica (di pubblica utilit) dell opera cui finalizzato il procedimento
espropriativi indipendentemente dalle vicende degli atti amministrativi che, ne
ll ambito del procedimento stesso, tale utilit dichiarano e riconoscono; piuttosto
finalizzata, a motivo delle finalit politiche sottese alla legislazione speciale
di volta in volta considerata, a rendere pi celere e spedita l espropriazione, medi
ante l eliminazione della fase endoprocedimentale (necessaria nei casi non contemp
lati da tali leggi speciali) finalizzata alla dichiarazione di pubblica utilit de
ll opera. Poste tali precisazioni, appare di tutta evidenza che il ricorso alla di
chiarazione di pubblica utilit ex lege non esime, anzi richiede, l emanazione di pr
ovvedimenti amministrativi cui rimessa la verifica dei suoi presupposti; nel nos
tro caso la stessa infatti implicita, ma al contempo subordinata, all approvazione
del progetto di ampliamento industriale. Orbene, venuti meno, per effetto dell an
nullamento da parte del Consiglio di Giustizia Amministrativa, i decreti prefett
izi con sui si erano approvati i progetti di ampliamento in discorso - non poten
do non rilevare l assoluta illogicit dell approvazione del progetto di ampliamento di
un opificio industriale, comportante dichiarazione di pubblica utilit, indifferi
bilit ed urgenza dell opera medesima, in un area in cui quell ampliamento era vietato d
alla normativa urbanistica vigente - pertanto venuta meno la dichiarazione di pu
bblica utilit che, pur fondandosi sulla normativa del T.U. n. 218/78, decaduta pe
r effetto di tale pronuncia ; nello stesso senso si veda anche Cass., Sez. Un., n.
724/99 La declaratoria - prodromica alla successiva espropriazione di un immobil
e di un terzo - che un opera di pubblica utilit presuppone l accertamento della giuri
dica realizzabilit dell opera stessa; e che questo accertamento deve essere compiut
o anche nelle ipotesi in cui - come nella specie - tale qualifica consegua, per
legge, alla approvazione dell opera; che alla data del decreto accertante la pubbl
ica utilit dell ampliamento del pastificio Poiatti - 17 settembre 1987 - il fondo L
icari era giuridicamente in edificabile in quanto: era ubicato - quale area libe
ra interna - nell ambito di un agglomerato che il Comune di Mazara del Vallo aveva
individuato come area di recupero assoggettata alla disciplina di cui alla L.R. S
icilia 10 agosto 1985 n. 37, dettante norme in materia di controllo dell attivit ur
banistico-edilizia, riordino urbanistico e sanatoria delle opere abusive; il Com
une di Mazara del Vallo non aveva ancora approvato il Piano particolareggiato attr
averso il quale, cos come previsto dall art. 14 della stessa fonte legislativa, si
realizza il recupero urbanistico degli agglomerati individuati come aree da recu
perare; pertanto, e giusta il disposto dell art. 21 della medesima L.R. Sicilia n.
37/1985 - per il quale dalla data della deliberazione con la quale vengono indi
viduati gli agglomerati edilizi e fino alla approvazione del Piano particolaregg
iato di recupero urbanistico nessuna concessione pu essere rilasciata sulle aree
libere ubicate all interno dell agglomerato - in relazione al fondo Licari sussistev
a, per legge, un divieto di rilascio di concessioni per la sua edificabilit; che,
conseguentemente, a quella data - e non gi in assoluto - l opera non poteva che es
sere qualificata come giuridicamente non realizzabile ).
TAR BA 2995/2003: 1. Con il primo motivo di ricorso (Assenza e/o incompletezza
della motivazione), lamenta la ricorrente che l atto impugnato non si premura di c
hiarire i veri motivi che lo hanno ispirato, considerato che dal progetto sono b
en visibili sia le costruzioni esistenti che il loro ampliamento e risultano i c
alcoli dai quali emerge il pieno rispetto delle cubature consentite. L atto impugn
ato si limita a rinviare ad un altro atto, il verbale della C.E.C., il quale, a
sua volta, totalmente immotivato in quanto rinvia ad un aprioristico e immotivat
o parere negativo del relatore , nonch ad un altra procedura completamente estranea a
quella avviata dalla ricorrente, la quale trova fondamento normativo nell art. 6.6
bis delle Norme tecniche di esecuzione del P.R.G.
Ritiene al contrario il Collegio che la censura dedotta sia palesemente infonda
ta per come emerge dalle stesse tesi difensive esplicitate dalla ricorrente.
Infatti, con il secondo e il terzo motivo di ricorso e con la memoria difensiva
depositata in data 1/7/2003, la ricorrente dimostra di ben comprendere le motiv
azioni sottese al provvedimento di diniego tanto da essere in grado di confutarl
e con lo svolgimento di ampie ed articolate censure.
Rileva, d altra parte, il Collegio che la motivazione per relationem , per costant
e orientamento della giurisprudenza amministrativa, perfettamente ammissibile e
conforme al disposto di cui all art. 3 l. 241/90 quando, come avvenuto nel caso di
specie, l atto richiamato sia reso disponibile al destinatario del provvedimento
impugnato, cos da consentirgli di conoscere l iter logico sotteso alla determinazio
ne finale della p.a. e di esercitare pertanto il diritto di difesa.
Segue da ci l infondatezza del primo motivo di ricorso.
2. Ritiene il Collegio di dover procedere all esame congiunto del secondo (Irragi
onevolezza e contraddittoriet della motivazione) e del terzo (Violazione di leggi
e regolamenti) motivo di ricorso.
Lamenta in sostanza la ricorrente che la motivazione contenuta nel provvediment
o di diniego illogica, vaga ed arbitraria, che l art. 6.6 bis delle Norme tecniche
di esecuzione del P.R.G., consente, nella zona di completamento nella quale rie
ntra il lotto di propriet degli eredi di Porro Luciano, la realizzazione di interv
enti di ampliamento anche in sopraelevazione , senza prevedere alcun limite a tale
possibilit, e che irrilevante sia che l intervento edilizio debba operare su due p
articelle distinte, sia che l intervento debba riguardare due distinti corpi di fa
bbrica, essendo rispettati i limiti di cubatura e superficie.
Ritiene al contrario il Collegio che la motivazione del provvedimento di dinieg
o sia logica e congruente con le previsioni contenute nelle N.T.E. del P.R.G.
Recita il provvedimento impugnato: visto che la C.E.C., nella seduta del 06/03/9
7, ha espresso parere negativo in quanto l intervento proposto di ampliamento del
manufatto va ad interessare due distinte particelle catastali, che, sia pure con
tigue, sono distinte dal corpo di fabbrica; inoltre l intervento di ampliamento no
n accoglibile atteso che lo stesso deve essere riferito a interventi la cui enti
t non superi per dimensione (superficie o volumi) i valori delle preesistenze al
fine di non alterare i parametri urbanistici che consentirebbero, in maniera art
ncreta applicazione del criterio di massima recepito tramite il rinvio dal parer
e della C.E.C. n. 2 del 6/3/97 al precedente parere n. 8 dell 11/9/96, di per s log
ico e congruente.
TAR PR 78/2000 Essi sostengono, infatti, che l intervento edilizio non era sogget
to a contribuzione alcuna perch: 1) l edificio ricade in zona agricola e il suo res
tauro serve agli esponenti nella loro qualit di agricoltori (art.9 lett. a)); 2)
l intervento classificabile come manutenzione straordinaria (art.9 lett. c); 3) o
tuttalpi esso consiste sostanzialmente in modifiche interne ed servito per miglio
rare le condizioni igieniche dell edificio (art.9 lett.e); 4) nel caso lo si vogli
a qualificare quale ristrutturazione o risanamento conservativo, esso riguarda u
n edificio unifamiliare e l ampliamento realizzato contenuto nel limite del 20% st
abilito dalla norma per usufruire della gratuit della concessione edilizia (art.9
lett. d).
Il Collegio deve osservare che le suesposte considerazioni non sono meritevoli
di accoglimento.
In primo luogo occorre rilevare che i ricorrenti, i quali, del resto, hanno amm
esso di essere nella situazione di pensionati, non hanno comprovato di possedere
i requisiti di professionalit e di reddito previsti dall art.12 della L. 9/5/1975
n.153 per essere considerati imprenditori agricoli a titolo principale e per pot
ere beneficiare, cos, dell esonero da contribuzione edilizia di cui all art. 9 letter
a a) del citato art.9 della L. n.10 del 1977 (v. T.A.R. Lombardia BS- 20/11/1995
n.1183).
Ugualmente risulta che essi non possono usufruire della gratuit della concession
e prevista dalle lettere c) ed e) dello stesso articolo, in quanto il complesso
intervento edilizio effettuato sull edificio, comprensivo anche di sopralzo e di a
mpliamento di superficie utile, non in alcun modo riconducibile ad interventi cl
assificabili quali manutenzione straordinaria od opere interne .
Per quanto riguarda, invece, l ipotesi contemplata dalla lettera d) del pi volte c
itato art.9, ben vero che la norma riguarda una tipologia d interventi: restauro,
risanamento conservativo e soprattutto ristrutturazione, che di certo ricomprend
ono anche l intervento edilizio realizzato dai ricorrenti ed inoltre vero che l edif
icio ristrutturato destinato all abitazione di un solo nucleo familiare, ma altret
tanto indubitabile il fatto che, nel caso di specie, non risulti sussistente l ult
eriore requisito, parimenti previsto dalla normativa de qua , dell ampliamento conten
uto entro il limite del venti per cento della superficie del manufatto preesiste
nte.
Nel caso di specie risulta chiaro dagli atti di causa ed incontroverso tra le p
arti, che la linea di confine rappresentata dalla percentuale di ampliamento del
20% risulta superata solo se si considerano rilevanti, come ha ritenuto l Amminis
trazione Comunale, ai fini del calcolo dell ampliamento, anche le superfici risult
anti dall eliminazione di pareti interne dell edificio.
L opposta tesi, sostenuta ovviamente da parte ricorrente, si fonda essenzialmente
su quanto previsto dalla circolare del Ministero dei Lavori Pubblici n.3357/25
del 30/7/1985, laddove questa, fornendo chiarimenti circa la connotazione e la d
isciplina afferente le opere interne previste dall art.26 della L. n.47 del 1985, pr
ecisa che non costituisce aumento della superficie utile l eliminazione o lo sposta
mento di pareti interne o di parti di esse .
Il Collegio deve osservare che le riferite considerazioni ricorsuali non paiono
condivisibili, in quanto pare indubitabile, come ha correttamente evidenziato l
a difesa dell Amministrazione Comunale, che l irrilevanza delle superfici risultanti
dall eliminazione di pareti interne, sia funzionale e comunque debba essere circo
scritta esclusivamente alla connotazione di una determinata tipologia d interventi
quali, appunto, le c.d. opere interne , dato che per diversi e pi incisivi tipi d int
ervento, qual quello in esame, e per diverse finalit, qual quella di determinare
l entit di un ampliamento, devono necessariamente considerarsi quale superficie uti
le tutte le superfici nette di calpestio, cos come definite dal Decreto del Minis
tero dei Lavori Pubblici 10 maggio 1977, comunque ricavate dalle modifiche appor
tate al preesistente edificio.
Per quanto sopra esposto, pertanto, l intervento edilizio non poteva essere assen
Nella sentenza del Tribunale di Roma 13.2.1996, n. 2153, anch essa passata in giu
dicato, non viene accolta la domanda di Sebastiano Daga di riconoscimento del pe
rfezionarsi dell usucapione rispetto al terreno ed al fabbricato che vi insiste di
che trattasi.
2.2 - Ne deriva che la doglianza in esame infondata.
3 - Altrettanto a dirsi in ordine alla censura con cui si contesta la dichiaraz
ione di inammissibilit della domanda di condono presentata il 10.12.2004, pure co
ntenuta nel provvedimento impugnato.
L oggetto di detta domanda rappresentato dall ampliamento di un fabbricato, anch esso
abusivo; deve considerarsi, infatti, che anche la domanda di sanatoria del manu
fatto iniziale su menzionato stata respinta con provvedimento rimasto inoppugnat
o, per cui correttamente l Amministrazione comunale ha allegato un ostacolo insorm
ontabile alla concessione del condono edilizio riferito a tale ampliamento.
4 - Non possono poi costituire oggetto di disamina da parte del Tribunale i mot
ivi di doglianza contenuti nella memoria depositata dal ricorrente in Segreteria
in data 30.5.2008, perch si determinerebbe un inammissibile ampliamento del them
a decidendum, in assenza di notifica dell atto, necessaria per consentire il corre
tto instaurarsi del contraddittorio.
CDS 4568/2003: 4.6.1. Si pu prescindere dalla questione se gli alberghi
siano o meno qualificabili come opere di interesse pubblico, risolta sinora in
maniera oscillante e non univoca dalla giurisprudenza soprattutto a proposito de
ll ammissibilit della concessione edilizia in deroga (ammessa per gli impianti e ed
ifici pubblici o di interesse pubblico) in senso negativo, v. Cass., VI, 26 marz
o 1999: La ristrutturazione di un albergo non rientra fra le opere pubbliche o di
interesse pubblico per le quali, ai sensi dell art.1, 1 comma, lett. l), d.l. 4 no
vembre 1988 n.465, conv. con modif. in l. 30 dicembre 1988 n.556, la dichiarazio
ne di compatibilit con i vincoli ambientali e con gli strumenti urbanistici, ai f
ini dell ottenimento del contributo finanziario dello Stato, pu essere sostituita d
a una deliberazione del consiglio comunale, adottata ai sensi dell art.1, 4 comma,
l. 3 gennaio 1978 n.1 .
C. Stato, sez.V, 11 dicembre 1992, n.1428: Ai sensi dell art.30 l.reg. Puglia 31 m
aggio 1980 n.56, la concessione edilizia in deroga pu essere rilasciata limitatame
nte ai casi di edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, tra i quali
non pu includersi un albergo, atteso che l espressione impianti di interesse pubblic
o, deve essere interpretata in senso restrittivo, facendovi rientrare solo quegli
interventi che, seppure eseguiti da privati, corrispondono a compiti assunti di
rettamente dalla p.a. (quali, per esempio, la realizzazione di una strada o di u
n acquedotto) .
C. Stato, sez.V, 25 novembre 1988, n.774: In forza
dell art.41-quarter, l. 17 agosto 1942, n.1150, introdotto con l art.16, l. 6 agost
o 1967, n.765, la deroga alle norme del piano regolatore generale o del regolame
nto edilizio, pu essere esercitata limitatamente ai casi di edifici ed impianti pu
bblici o d interesse pubblico e non anche per l ampliamento di un edificio privato co
n destinazione alberghiera pur se situato in una zona turistica (nella specie, s
i ritenuto che l interesse turistico ad una maggiore ricettivit alberghiera non pot
esse essere preminente rispetto a quello configurato dalle norme del regolamento
edilizio .
In senso affermativo v. C. Stato, sez.IV, 28 ottobre 1999, n.1641 e C. Stato, s
ez.V, 15 luglio 1998, n.1044: L ampliamento di una struttura alberghiera rientra fr
a gli impianti di interesse pubblico per i quali consentito il rilascio di conce
ssione edilizia in deroga ai sensi dell art.41 quater l. 17 agosto 1942 n.1150 .
C. Stato, sez.V, 10 novembre 1992, n.1257: La costruzione da adibire ad esercizi
o di affittacamere, annoverabile nell ambito degli edifici di interesse pubblico,
avuto riguardo alla sua natura alberghiera, per cui ben pu godere del beneficio p
revisto dall art.80 l.reg. Veneto 27 giugno 1985 n.61 (concessione in deroga alle
norme e previsioni nello stesso indicate) .
C. Stato, sez.IV, 6 ottobre 1983, n.700: Ai sensi dell art.16 l. 6 agosto 1967, n.
765, per la qualificazione di edifici ed impianti di interesse pubblico, occorre
avere riguardo all interesse pubblico, inteso nella sua accezione tecnico-giuridi
ca come tipico, qualificato per la sua corrispondenza agli scopi perseguiti dall a
mministrazione, a prescindere dalla qualit pubblica o privata dei soggetti che re
alizzano la costruzione: rientra pertanto nella previsione dell art.16 l edificio al
berghiero che, per le sue strutture, realizzi funzionalmente l interesse turistico
, cui la rilevanza pubblica strettamente connessa ).
4.6.2. Invero, anche a voler qualificare gli alberghi, in via di mera ipotesi,
come opere di interesse pubblico, tale qualificazione non crea alcun obbligo, pe
r l amministrazione, n di rilasciare la concessione edilizia in deroga, n di adottar
e una variante dello strumento urbanistico.
Invero, sia la concessione in deroga, sia la variante dello strumento urbanisti
co, non sono atti dovuti a fronte di opere di interesse pubblico, ma sono oggett
o di poteri discrezionali, che devono comparare l interesse alla realizzazione del
l opera di interesse pubblico con molteplici altri interessi, quali quello urbanis
tico, edilizio, paesistico, ambientale.
Sin da ora si pu osservare, anche al fine dell esame dei motivi di ricorso relativ
i al difetto di motivazione degli atti impugnati, quanto segue.
4.6.3. Il progetto di ampliamento e ristrutturazione dell albergo, nel caso di sp
ecie, era in contrasto con la destinazione di zona dell area secondo il vigente st
rumento urbanistico del Comune di Peschici.
Sicch, non era ammissibile la concessione edilizia in deroga, consentita dall art.
41 quater, l. 17 agosto 1942, n.1150, per gli edifici e impianti pubblici e di i
nteresse pubblico, purch la deroga non riguardi le destinazioni di zona (in tal s
enso C. Stato, sez.IV, 1 luglio 1997, n.1057: L'art.41-quater della legge 17 agos
to 1942 n.1150 e l'art.3 della legge 21 dicembre 1957 n.1357, che disciplinano l
a possibilit di rilasciare concessioni edilizie in deroga ai piani regolatori ed
alle norme di regolamento edilizio, vanno interpretati restrittivamente, nel sen
so che tali deroghe non possono travolgere le esigenze di ordine urbanistico a s
uo tempo recepite nel piano; ne consegue che non possono costituire oggetto di d
eroga le destinazioni di zona che attengono all'impostazione stessa del piano re
golatore generale e ne costituiscono le norme direttrici , e, ora, espressamente,
l art.14, t.u. edilizia, non ancora in vigore, ma che qui si richiama per il suo v
alore esegetico, secondo cui il permesso di costruire in deroga ammissibile solo
se la deroga riguardi i limiti di densit edilizia, di altezza e di distanza tra
i fabbricati).
4.6.4. N il rilascio della concessione edilizia si poteva giustificare qualifica
ndo l intervento come mera ristrutturazione, per la quale occorre avere riguardo a
lla destinazione urbanistica vigente all epoca dell opera originaria, e non al momen
to in cui si chiede l assenso alla ristrutturazione (C. Stato, sez.V, 10 agosto 20
00, n.4397), in quanto il progetto per cui causa non prevede la mera ristruttura
zione, bens l ampliamento dell edificio, con aumento dei piani e dei volumi.
CDS 1165/2008: FATTO - (...) - Con deliberazione n. 302 del 8 aprile 1987, il C
onsiglio Comunale ha fornito una chiara indicazione politico - amministrativa ag
li organi operativi (allora il Sindaco, oggi i dirigenti) chiamati ad applicare
l'art. 4 della legge regionale veneta 5 marzo 1985, n. 24, affermando che "il co
mma 4 dell'art. 4 della L.R. V. n. 24 del 5.3.1985, va inteso nel senso che non
vietata la possibilit che in fase di ampliamento il fabbricato rurale stabilmente
abitato da 7 anni venga recuperato ed adattato con diversa distribuzione intern
a ed ad uso plurifamiliare".
Il dirigente chiamato ad applicare la norma non pu discostarsi dall'indicazione
politico amministrativa del Consiglio, ove questa sia legittima.
3. Violazione della prassi amministrativa legittima. Illogicit della motivazione
. Eccesso di potere.
Nel Comune di Chioggia esiste da oltre venti anni una prassi, secondo la quale
la norma della legge regionale in questione pacificamente interpretata nel senso
di consentire l'ampliamento, non solo per la realizzazione di un'unica unit abit
ativa, ma anche per la realizzazione, nei limiti di volume previsti di 800 mc, d
i pi unit abitative. L'esistenza di questa prassi non contestata dal Comune, ed an
zi, confermata indirettamente dalla assenza di ogni contestazione sul punto.
Tale prassi interpretativa si impone anche al dirigente, pena l illegittimit del p
rovvedimento adottato in difformit dalla medesima, tanto pi quando, come nella fat
tispecie, detta prassi si consolidata da moltissimi anni.
4. Violazione di legge. A) Violazione dell'art. 4 della legge regionale 5 marzo
1985, n. 24. Illegittima interpretazione riduttiva della norma. Difetto di istr
uttoria. Omessa considerazione della giurisprudenza pregressa e non corretta app
licazione della giurisprudenza richiamata. B) Contraddittoriet. illogicit e perple
ssit della motivazione. Incongruenza tra premesse e conclusioni. Illegittima equi
parazione della domanda di ampliamento e frazionamento con la domanda di nuova c
ostruzione. C) Disparit di trattamento con posizioni identiche in cui il fraziona
mento sia gi presente. Eccesso di potere.
A sostegno della propria tesi, il Comune sostiene che l'intervento richiesto co
ntrasterebbe con il disposto dell'art. 7, ultimo comma, e dell'art. 4, primo com
ma, che consentirebbero l'ampliamento di volume, ma non per ricavarne pi unit abit
ative. Si tratterebbe quindi, non di un ampliamento di volume, ma di un allargam
ento dell'unit esistente.
La ratio della norma sarebbe quella di consentire, a chi abita in campagna, mig
liori condizioni di vita con l'allargamento e/o la creazione di nuovi vani, ma n
on con la creazione di distinte unit abitative, anche se all'interno della casa o
riginaria.
Ci sarebbe ricavabile dal fatto che il legislatore regionale ha regolamentato di
versamente l'ampliamento (artt. 7 e 4 l.r.v. 24/85) dalla costruzione di nuove a
bitazioni (art. 3 e 5 l.r.v. 24/85) riservando tale diritto solo ai coltivatori
diretti che dispongano di fondi adeguati, distinguendo l'ipotesi di allargamento
dell'unit esistente (una), da quella di costruzione di nuove abitazioni. Il tutt
o in ossequio alle finalit della legge di salvaguardare la destinazione urbanisti
ca del suolo, di promuove la permanenza degli agricoltori, di favorire il recupe
ro del patrimonio edilizio rurale per finalit agricole.
Le argomentazioni del comune confondono i piani delle diverse questioni e, pur
operando una lettura con un ottica non del tutto esatta, giungono a conclusioni
totalmente sbagliate.
Non vi dubbio che il legislatore abbia disciplinato in modo distinto l'edificab
ilit di nuovi immobili dal restauro e ampliamento degli immobili esistenti. Parim
enti non vi nessun dubbio che il legislatore regionale non ha vietato in alcun m
odo il frazionamento degli immobili esistenti. In questo contesto, non pare dubi
tabile che la manutenzione ordinaria e straordinaria, i restauri e la ristruttur
azione di un immobile esistente in zona agricola, senza ampliamento, possa avven
ire anche con frazionamento dell'unit immobiliare in pi residenze.
In quest'ottica, nessun motivo impedisce la ristrutturazione con ampliamento, c
onsentita espressamente dall'art. 4, comma 1, l.r.v. 24/85, con contestuale fraz
ionamento. Sono quindi le conclusioni del Comune che paiono inaccettabili.
Del resto l'art. 3 della regionale richiamata disciplina espressamente la "cost
ruzione [ex novo] di case di abitazione nelle zone agricole", mentre l'art. 5 di
sciplina la costruzione ex novo di "un 'altra casa" nei fondi rustici nei quali
esista gi una casa. Invece l'art. 4 della medesima legge disciplina solo "l'ampli
amento delle costruzioni esistenti". I concetti sono nettamente diversi e non po
ssono essere tra loro confusi. Un ampliamento dell'esistente resta un ampliament
o dell'esistente, indipendentemente dal numero di unit immobiliari che ne consegu
ono, ed un concetto giuridico ben distinto dalla costruzione ex novo di una o pi
case. La diversa terminologia e la diversit dei requisiti, confermano l'evidente
volont del legislatore di differenziare l'allargamento della costruzione ex novo
di edifici (case). Ma questo per, non nel senso di vietare la realizzazione di un
allargamento con frazionamento. E, infatti, il frazionamento non da luogo alla
edificazione ex novo di costruzioni (artt. 3 e 5 L. 24/85). Al frazionamento con
segue una diversa configurazione del medesimo immobile, della medesima costruzio
ne, della medesima casa, non un edificio o una costruzione nuova. La costruzione
frazionata resta la medesima costruzione allargata e non diventa una costruzion
e ex novo.
Del resto, in questi sensi sarebbe la costante giurisprudenza del TAR adito, se
condo il quale, nel caso di allargamento costruzioni nelle quali siano gi ricavat
e pi unit abitative, il limite di 800 mc deve essere riferito unitariamente alla c
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