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Buongiorno a tutti,
ringrazio i familiari, le Autorit civili e militari, le associazioni partigiane, dei combattenti
e dei reduci, gli studenti e i loro insegnanti e tutti Voi per la Vostra presenza.
La calamit abbattutasi sulla citt nella notte tra il 4 e il 5 marzo scorsi ci impedisce,
questanno, di raccoglierci come avremmo voluto intorno alla lapide che, sul luogo
della loro uccisione, ricorda il sacrificio di Alvaro Boccardi, Aldo Calugi, Lando Vinicio
Giusfredi, Valoris Poli, i nostri ragazzi della Fortezza, che furono fucilati al petto il 31
marzo 1944 perch rifiutarono di arruolarsi nellesercito della Repubblica di Sal.
Nonostante ci, oggi, pur fisicamente in questa sala, siamo tutti con il cuore e la mente
di fronte a quella lapide, che Pistoia, nel 1948, colloc in loro memoria, allinterno della
Fortezza, a fianco di quella che ricorda un altro giovinetto, Attilio Frosini, fucilato dalle
truppe austriache durante il Risorgimento, quasi a voler sottolineare una vicinanza ideale
tra due generazioni di giovani, lontani tra loro, allo stesso modo morti per dare al popolo
italiano un futuro migliore.
Quella lapide, che oggi non possiamo leggere, li ricorda cos:
Per il loro coraggioso rifiuto di servire lesecrata criminocrazia fascista i
giovani Boccardi Alvaro, della classe 1922, Poli Valoris, della classe 1922,
Calugi Aldo, della classe 1922, Giusfredi Lando Vinicio, della classe 1924, il
31 marzo 1944 furono processati e fucilati contro ogni elementare principio
di umana giustizia. Il Movimento Giovanile Socialista e Comunista.
Ponendo idealmente, in rappresentanza di tutti Voi e dellintera citt, una corona sotto le
parole scolpite che commemorano il loro sacrificio, Vi chiedo di alzarVi per raccoglierci in
un minuto di silenzio.
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Alvaro, Aldo, Valoris, Vinicio erano tutti ventenni o poco pi. Furono uccisi perch, come
scrisse il giornale fascista Il Ferruccio, giudicati disertori e renitenti: si erano cio rifiutati
di imbracciare le armi per arruolarsi tra le fila dellesercito di uno Stato fantoccio - quello
della Repubblica Sociale Italiana, che, contro le speranze e la sete di libert del suo stesso
popolo, prolungava, imponendo il reclutamento di giovani alla leva militare, lombra truce
del regime fascista sullItalia del Nord.
Questi nostri ragazzi non furono n disertori, n renitenti.
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Il loro fu un atto di Resistenza: il rifiuto giusto e coraggioso di coloro che non avrebbero
potuto mai accettare di stare dalla parte di quanti stavano lottando per perpetuare lorrore
e la barbarie conosciuta dal Paese sotto il fascismo, per restare schiavi come ebbe a
scrivere Italo Calvino di quel furore e di quellodio, anzich lottare per costruire una
umanit senza pi rabbia, serena, nella quale diventi possibile non essere cattivi, per un
autentico riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le umiliazioni patite.
Loro, ragazzi come tanti, di origini umili mezzadri, operai, artigiani, braccianti - di
pochi anni pi grandi di quelli che oggi partecipano a questa cerimonia, furono messi di
fronte a scelte che interrogano i valori ultimi e scelsero la libert, la giustizia, la pace, il
ripudio della guerra.
Nonostante la giovanissima et, tra loro cera chi conosceva bene gli orrori del fronte:
Alvaro Boccardi veniva da una famiglia di mezzadri, fu chiamato alle armi e inviato sul
fronte orientale: fu uno dei pochi superstiti della drammatica ritirata di Russia.
In realt tutti, anche se non per la crudele esperienza del campo di battaglia, conoscevano
la tragedia della guerra, che non si combatteva pi soltanto al fronte, ma era ormai entrata
nelle case e aveva portato la violenza nel cuore delle citt.
Anche Pistoia conobbe, tra le proprie strade e piazze, lorrore della guerra e della violenza,
e non vi fu quartiere, a partire dalla indicibile strage di Piazza San Lorenzo, che non
pianse la morte di un innocente. Fra tutti, voglio ricordare un episodio che accadde alcuni
mesi dopo luccisione dei quattro ragazzi della Fortezza, tragicamente esemplificativo di
quanto lorrore della guerra continuasse a sconvolgere, anche nelle citt appena liberate, la
vita quotidiana di ciascuno.
Si tratta di un episodio non molto noto, e che stato giustamente ricordato perch
vissuto in prima persona da Pier Luigi Guastini nellultimo numero dei Quaderni di Fare
Storia dellIstituto Storico della Resistenza. Italo Franceschi aveva nove anni e, l8 ottobre
1944, esattamente un mese dopo la liberazione di Pistoia, giocando nei campi tra via
Antonelli e via di Bigiano, vide un oggetto luccicante che colp la sua attenzione. Era una
bomba a mano. Cap che era un ordigno, perch tutti, ed anche i bambini, in tempo di
guerra finiscono per aver dimestichezza con le armi. Pensando fosse scarica, la mise in
tasca, custodendola gelosamente come un oggetto prezioso. Purtroppo, il gioco innesc la
bomba, che esplose uccidendolo.
Innocenti come quel bimbo, anche se giovani uomini, erano anche Aldo, Alvaro, Lando
Vinicio, Valoris.
Appartenevano a quella generazione che non aveva mai conosciuto la democrazia e la
libert e alla quale la guerra stava rubando gli anni migliori della giovinezza. Il loro rifiuto
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