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I N COPERTINA

Lo stambecco, ungulato emblema della fauna selvatica dellarco alpino, un animale delle
rocce, un formidabile arrampicatore che, grazie alla struttura degli zoccoli e alla potenza dei
muscoli, riesce a spingersi anche nelle zone pi impervie. In primavera, passata la stagione
degli amori, le femmine vivono solitarie il periodo della gestazione che, generalmente, si
conclude a giugno. Poche ore dopo il parto i piccoli sono gi in grado di seguire la madre
negli spostamenti del branco. Scampato al pericolo dellestinzione, in seguito a campagne
di caccia sconsiderate protrattesi fino ai primi del novecento, oggi, questa specie ha
ripopolato molte valli. Nonostante continuino ad avanzare le opere distruttrici delluomo, ci
piace pensare che, per gli stambecchi, ci sia sempre una rupe pi alta sulla quale rifugiarsi.

NUNATAK
Con questo nome, originario della lingua dei popoli nativi del polo
artico, sono denominate le formazioni rocciose che spuntano dalla
coltre ghiacciata della Groenlandia e del circolo polare antartico. Si tratta in
effetti delle vette di alcune, le uniche al giorno doggi ancora coperte dai
ghiacci perenni, di quelle montagne su cui, allepoca delle glaciazioni, si
rifugiarono embrionali forme viventi che, con il ritiro dei ghiacci,
ripopolarono di vita il pianeta.
Dinnanzi al dilagare degli scempi sociali ed ecologici prodotti dalla
societ della Merce e dellAutorit, le montagne della Terra tornano ad essere
lo spazio della resistenza e della libert. Affinch una vita meno alienata e
meno contaminata possa, giorno dopo giorno,
scendere sempre pi a valle.

NUNATAK rivista di storie, culture, lotte della montagna.


Numero sei, primavera 2007.
Supplemento al n. 3 (67), dicembre 2006, di ALP - vos d larvira piemontisa.
Reg. Trib. di Biella n. 207 del 7/5/1975, Dir. Resp. Tavo Burat.
A causa delle leggi sulla stampa risalenti al regime fascista, la registrazione
presso il Tribunale evita le sanzioni previste per il reato di stampa clandestina.
Ringraziamo Tavo Burat per la disponibilit offertaci.
Pubblicazione a cura dellAssociazione Culturale Rebeldies,
struttura senza finalit di lucro.
Per pagamenti copie e contributi economici:
Conto Corrente Postale n. 69975381, intestato ad Imeri Alessandra, Cuneo.
Stampato in proprio presso la Biblioteca Popolare Rebeldies.
Cuneo, aprile 2007.
Prezzo di copertina: 2,50 Euro. Per il momento non si effettuano abbonamenti.

Il prossimo numero di Nunatak previsto in estate (giugno 2007).


Chi fosse interessato a contribuire alla rivista pu mettersi in contatto con la redazione tramite lettera o posta elettronica utilizzando i recapiti indicati a fondo pagina.
Per pagamento copie ed arretrati si pu utilizzare il
Conto Corrente Postale n.69975381, intestato ad Imeri
Alessandra, Cuneo. Prezzo per copia: Euro 2,50.
Per distributori, edicole e librerie sono previsti sconti
anche su quantitativi limitati di copie richieste (minimo
3 copie).
Si segnala inoltre che la redazione disponibile ad
effettuare gratuitamente presentazioni pubbliche della
rivista.

Gli arretrati della rivista sono esauriti. Si possono per scaricare dal sito: www.ecn.org/peperonenero

Per contatti:

Nunatak
c/o Biblioteca Popolare Rebeldies
via Savona, 10
12100 Cuneo
e-mail: nunatak@autistici.org

SOMMARIO
EDITORIALE

PAG.

ALPINI E FRONTIERE: COME GLI STATI


SI SERVONO DELLE MONTAGNE PAG. 5
VIAGGIARE PER VIAGGIARE PAG. 18
HERRIAK BIZIRIK! PAG. 23
NON POTETE FERMARE IL VENTO PAG. 32
ALP. TRENTACINQUE ANNI DI
ARVIRA PAG. 35
QUESTA STRADA NON SHA
DA FARE! PAG. 38
LA NATURA DEI COLORI PAG. 46

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EDITORIALE
Nelle pagine che seguono troverete, oltre ai consueti articoli con cui affrontiamo le tematiche a
cui si dedica la rivista, uno sviluppo pi articolato di interventi rispetto a due questioni che a nostro
avviso necessitano, e di questi tempi con urgenza, di una particolare attenzione e di un maggiore
impegno di conoscenza ed approfondimento.
La prima di tali questioni, seguendo lordine con cui vengono presentate nella rivista, si esprime
attraverso la critica del mito dellalpino, punto di partenza di una pi ampia riflessione sul ruolo
sia dei corpi militari (tanto nellimmaginario delle popolazioni alpine quanto nella realt dei fatti
storici e degli avvenimenti dei nostri giorni) sia delle patrie frontiere come limiti geografici
imposti dagli Stati per dividere e portare alla contrapposizione genti che abitano i diversi versanti
delle stesse montagne.
Affrontare questargomento ci parso di grande importanza ed attualit pensando alle guerre in
corso, che vedono la partecipazione dei contingenti militari di stanza nelle zone alpine, ed alla
celebrazione, in maggio a Cuneo, delladunata nazionale degli alpini. Un evento, questultimo,
che gode di grande popolarit e che mal cela, dietro il cameratismo di quanti hanno indossato o
indossano luniforme di tale corpo militare, lesaltazione degli eserciti e la difesa di una patria
che tante sciagure e disgrazie ha significato per le genti delle montagne a noi vicine e per le
popolazioni di tutti quei territori che hanno visto operare i soldati delle Alpi al servizio di quello
che un tempo era lespansionismo di Casa Savoia e del regime fascista, e di quelle che oggi,
spesso con la maschera dellintervento umanitario, sono le mire di conquista dei grandi poteri
economici e laffermazione guerreggiata del nuovo ordine mondiale voluto dalle potenze occidentali.
La seconda questione a cui sentiamo di dover prestare estrema attenzione il confronto tra le

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vicende ed i metodi dintervento che hanno segnato le resistenze alle nocivit (che potremmo
limitatamente definire come tutte le manifestazioni nefaste del progresso legate allalterazione
della vita e al deterioramento dellambiente) in distinte zone montane. Nello specifico degli
articoli che troverete: la lotta contro la diga di Itoiz, nei Pirenei navarri, e la mistificazione che
i mass media utilizzano per demonizzare istanze e pratiche dopposizione, banalizzandole in
una grossolana antitesi tra legale e illegale.
Un confronto che, lasciando da parte schemi e strategie stabiliti a priori e pregiudizi di natura
ideologica, ci aiuta a valutare le esperienze passate sulla base della loro efficacia e delle loro
debolezze. cos possibile aprire lo sguardo sui potenziali percorsi della resistenza contro gli
attacchi che, senza sosta, Autorit e Denaro sferrano contro popolazioni e territori.
Lesperienza dei Solidari@s con Itoiz mette in luce, per certi versi, lappassionante coesione che,
allinterno di una lotta comune ma con metodi diversificati, andata crescendo, nel corso di anni
di mobilitazione, tra vecchi e nuovi abitanti delle montagne, tra la comunit che, generazione
dopo generazione, ha popolato i territori minacciati dalla costruzione della diga e le persone ed
i gruppi accorsi da fuori ad impedire lennesimo sopruso sviluppista. Ma daltro canto gli
elevati costi in termini di repressione, e soprattutto lormai avviata realizzazione dello scempio
programmato dal governo spagnolo ai danni delle vallate pirenaiche, del loro assetto
idrogeologico e delle genti che vi vivono (o vivevano, come nel caso dei paesi e dei baserriak cascine - sommersi dalle acque del bacino), rendono drammaticamente evidenti i limiti di una lotta
impostata esclusivamente sulle pratiche alla luce del sole, ovvero rivendicate pubblicamente dai
responsabili dinnanzi alle forze dellordine ed ai tribunali. Viene da pensare a quanti altri efficacissimi bastoni tra le ruote si sarebbero potuti continuare ad opporre alla diga se decine e decine
di procedimenti penali non avessero affaticato (affaticato, non certo portato alla resa) le popolazioni impegnate nella lotta e se cos tanti attivisti non fossero stati incarcerati o costretti alla
latitanza.
Accennare ad una vicenda personale originata dalla campagna repressiva messa in atto sul finire
degli anni 90 per troncare lopposizione allAlta Velocit in Val di Susa, ci conduce invece a
considerare una tra le forme con cui, da sempre, individui e comunit umane ribelli si sono
opposte alle aggressioni dei poteri forti: quella del mordi e fuggi, la piccola guerra con cui, di
fronte alla sproporzione numerica delle forze messe in campo, il piccolo Davide ha fiaccato, e
spesso sconfitto, il mostruoso Golia. Quelle vicende ci trasmettono quanto sia efficace e ricco di
dignit cercare gli strumenti per opporsi concretamente al disastro programmato da chi comanda, anche quando non si pu contare sulla consapevolezza e sulla mobilitazione di grandi numeri
di oppositori (le vaste mobilitazioni popolari contro il TAV, in quegli anni, erano ancora lontane a
venire). Tali strumenti possono risultare utili nella completezza di una lotta dalle mille sfaccettature
in cui si affiancano metodi e pratiche diversi ma con un comune obiettivo. Daltra parte per quelle
stesse vicende, e lostracismo a cui, senza discussione, viene tuttoggi spesso condannata la
pratica del sabotaggio da parte di molti partecipanti alle lotte popolari, mettono in luce quanto
purtroppo siano ancora radicati il pregiudizio politico e la mancanza di rispetto verso le diverse
scelte di metodo che possono venir espresse contro un comune nemico. Di conseguenza, quanto
accaduto a Baleno e Sole, e come a loro a tanti altri uomini e donne di cuore che la giustizia
dello Stato ha cercato di strappare da affetti e lotte in ogni tempo ed in ogni dove, ci fa pensare a

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quanto siano importanti la solidariet ed il mutuo appoggio: autentiche armi che permettono ad
una comunit in lotta di essere in grado di arginare i tentativi di mistificazione e criminalizzazione
che i potenti, fedeli al sempre efficace divide et impera, mettono in campo per diffondere
diffidenze, prese di distanza ed indebolire quindi la coesione dei resistenti.
Per concludere, le due questioni che riteniamo portanti nel numero della rivista che avete tra
le mani sono fondamentali perch, da un lato, si mettano finalmente in discussione i retaggi di
un passato mistificato e manipolato ad uso di coloro che mai si sono interessati alle genti
delle nostre montagne, se non come carne da cannone per le loro guerre, e dallaltro ci si
renda conto che sono tante le strade per salvaguardare il nostro futuro ed opporsi alle
prevaricazioni e ai disastri che ci vogliono imporre, e tutte sono degne di essere prese in
considerazione, sostenute e praticate.

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ALPINI E FRONTIERE:
COME GLI

STATI SI SERVONO
DELLE MONTAGNE

SOLDATI DELL A LPE ...

I VAN
Unaura di mito del tutto falsa ed ingiustificata circonda la figura degli alpini, sia come corpo
militare nel suo insieme, sia come singoli, presentati quali esempi delle migliori qualit delle
popolazioni delle zone alpine ed appenniniche italiane, loro tradizionale zona di arruolamento.
Qualit di adattamento, di resistenza a condizioni di vita difficili, di una perfetta conoscenza dei
territori montani di origine, di audacia e forza nel combattimento, ma anche di umanit, bont ed
altruismo. Lalpino, secondo uno dei suoi molti agiografi, uomo di robusta stirpe montanara,
sobrio, entusiasta, attaccatissimo alla specialit delle cui tradizioni di gloria e di valore [] molto
orgoglioso [Porcari, pag. 38 nota 4]. Le truppe alpine, seppur abbiano partecipato a tutte le
aggressioni italiane ai danni di paesi e popoli vicini e lontani e alle dure repressioni contro la
stessa popolazione della penisola, ricoprono perfettamente il ruolo stereotipato di italiani brava

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gente con il quale si velano le responsabilit di tragedie immani, come la conquista dellimpero
coloniale in Africa e le guerre condotte a fianco del Terzo Reich. Questo mito dellalpino stato
propagandato, per palesi motivi di costruzione del consenso, dalle Forze Armate stesse, ma anche
da gruppi come lAssociazione Nazionale Alpini (composta da ex alpini), da storici ed autori di
memorie di guerra, fino a diventare un luogo comune.
Le prime compagnie alpine vengono istituite con il Regio Decreto del 15 ottobre 1872 ed
hanno la particolarit di essere, a differenza di tutti gli altri corpi dellesercito del regno, a
reclutamento territoriale. I distretti di arruolamento ricoprono la parte dellarco alpino o delle
zone pedemontane che allepoca fanno parte del Regno dItalia: Cuneo, Torino, Novara,
Como, Brescia, Treviso ed Udine. Tutti i coscritti di una data area alpina vengono inquadrati
in ununica unit, stanziata in quella stessa zona. Tale scelta giustificata dal compito specifico che viene attribuito a queste truppe, cio la difesa delle frontiere montane dellItalia (che
non difenderanno mai, attaccando
sempre per primi), e dalla constatazione che, in unepoca di acuti fermenti sociali, le vallate alpine erano tutte saldamente conservatrici,
cattoliche e monarchiche, caratterizzate da una piccola propriet contadina poverissima, ma incapace di
ribellarsi [Oliva, pag. 27].
Per smentire fin da subito la dichiarata missione difensiva, caratteristici
sono i primi due impieghi del Corpo
degli alpini: la campagna di Eritrea
e limposizione dellordine pubblico
nella Milano del 1898. Se la prima
missione in Eritrea, nel marzo 1887,
si conclude in breve tempo con la
conquista incruenta dellentroterra di
Massaua, la seconda spedizione, del
1895-96, a cui gli alpini partecipano con quasi mille uomini, finisce con
la disfatta di Adua del 1 marzo 1896,
La propaganda e le guerre coloniali. La resa delloasi di Cufra,
quando lesercito etiopico sconfigLibia, alle truppe italiane (copertina de La Domenica del
Corriere, 8 febbraio 1931).
ge gli invasori provocando loro gravi perdite. Pochi anni dopo, nel maggio 1898, anche alcuni reparti alpini fanno parte dei 20.000 soldati agli ordini del generale
Bava Beccaris, comandante la piazza di Milano, che reprime con i fucili e i cannoni linsurrezione popolare scatenata da un aumento del 50% del prezzo del pane e dalla precedente
repressione di moti popolari nel Sud. Le giornate di Milano, esempio del comune utilizzo
dellesercito, nellEuropa del XIX secolo e del primo XX, in compiti di ordine pubblico, portano

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a circa 400 manifestanti morti e ad un migliaio di feriti (ma le cifre ufficiali parlano di 80 decessi
e 450 feriti).
I pruriti colonialistici della classe dirigente italiana si riaccendono con il nuovo secolo, portando, nellautunno 1911, allinvasione di Tripolitania e Cirenaica (allora province dellImpero Ottomano, oggi in Libia). Il corpo di spedizione alpino in Libia, inserito allinterno dellarmata di invasione, molto numeroso: 13 batterie di artiglieria da montagna e 10 battaglioni
(circa diecimila soldati). Buon esempio del
comportamento dei portatori di civilt in Libia la rappresaglia seguita alla sconfitta di
Sciara Sciat. Il 23 ottobre 1911 i soldati turchi,
affiancati da volontari locali, attaccano gli italiani presso il villaggio di Sciara Sciat, vicino
alla Tripoli occupata, impartendo loro una cocente sconfitta e distruggendo completamente due compagnie di bersaglieri. Le perdite
italiane sono di quasi 500 uomini. Immediata
Raduno degli alpini nella capitale della colonia
la rappresaglia contro la popolazione civile,
libica: oltre il danno la beffa!
accusata del tradimento di aver aiutato i turchi contro le forze di occupazione. Fra fucilazioni sommarie ed esecuzioni tramite impiccagione,
gli arabi uccisi sono, secondo fonti libiche ed europee, circa 4000. Altri quattromila rivoltosi
vengono poi deportati in Italia (a Gaeta e nelle isole di Ustica, Ponza, Favignana), dove molti
moriranno per le terribili condizioni di prigionia. (Nel 1915 la resistenza libica riesce a
costringere gli italiani in poche citt sulla costa e solo allinizio degli anni 30, dopo dieci anni
di guerra, con fucilazioni di donne e bambini e la deportazione di gran parte della popolazione della Cirenaica, circa 100.000 persone, in campi di concentramento, la colonia libica
verr pacificata dallItalia fascista. Questa per unaltra storia.)
Anche la Grande guerra, che contribuisce alla definitiva consacrazione dellalpino come
soldato eroico, pronto ad affrontare le asprezze della montagna e la minaccia di un nemico
dipinto come incarnazione del male, registra episodi di crudelt ai danni delle popolazioni
civili dei territori conquistati. Pochi resoconti lo ricordano, ma la conquista del Monte Nero
(giugno 1915), esaltata come prova di grande valore e di spirito di sacrificio da parte degli
alpini, accompagnata dallincendio immotivato di sei villaggi sloveni. Non lontano, sul
monte Mrzli decine di civili inermi sono fucilati dai buoni alpini italiani.
Ad una delle pagine peggiori della storia italiana si arriva per solo nellottobre 1935, con la
cosiddetta campagna di Abissinia. Muovendo dallEritrea, a nord, al comando del gerarca
fascista De Bono e dalla Somalia, a sud, guidato da Rodolfo Graziani, due corpi di spedizione italiani attaccano limpero etiopico. Nel corso della guerra i militari italiani (e coloniali)
impiegati raggiungono la cifra di quasi 500.000 uomini, un contingente preponderante al
confronto dellesercito etiopico, numeroso ma male armato ed equipaggiato. Il ruolo degli
alpini nellinvasione rilevante: viene appositamente costituita la divisione Pusteria, forte di
due reggimenti di alpini e uno di artiglieria, che d un contributo decisivo alla presa delle
localit montuose dellAmba Aradam e dellAmba Alagi (febbraio 1936) e nella battaglia di

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Mai Ceu. Nonostante la gi favorevole spro- le vicende che vedono centinaia di alpini conporzione di forze, Mussolini autorizza fin dal gelati sulle Alpi, durante il breve conflitto (la
principio luso di gas asfissianti: bombe del- pugnalata alla schiena) con la Francia, senlaeronautica riempite con iprite e proiettili za che gli italiani si muovano significativadartiglieria caricati ad arsine. Dal dicembre mente dalla linea di confine. Secondo teatro
1935, a campagna appena iniziata, inizia- di operazioni belliche il confine grecoalbanese, dove la dino i bombardamenti
visione alpina Julia,
con gas asfissianti
che prima era entradelle truppe etiota nella regione grepiche, ignare del peca dellEpiro, viene
ricolo che questi rapdistrutta dalla reapresentano e del tutzione greca e respinto prive di maschere
ta in Albania, con il
antigas. Nonostante
rischio per lItalia di
le proteste internazioperdere anche quenali per luso delle
sta. Loccupazione
armi chimiche, duitaliana di parti di Jurante la battaglia
goslavia e Grecia
dellAmba Aradam
(conquistate succeslesercito spara 1367
sivamente dallesercolpi di artiglieria
cito tedesco) ha
caricati ad arsine.
La prima fase delle campagna di Grecia (dicembre
Complessivamente, 40 - aprile 41): attacco italiano e contrattacco greco. poco da invidiare ai
metodi nazisti. In Jule armi chimiche utilizzate dagli italiani in Etiopia raggiungono goslavia (pi precisamente in parti di Slovenia
le 350 tonnellate. Addirittura, come emerge e Montenegro) porter a circa 250.000 morda telegrammi fra Badoglio e Mussolini, sem- ti e a progetti, non attuati, di deportazione di
bra che questultimo arrivasse ad escludere 300.000 sloveni dalla provincia di Lubiana,
lipotesi di utilizzare armi batteriologice sol- annessa al Regno dItalia. In Grecia, dove
tanto per timore delle ritorsioni diplomatiche lodio per gli italiani supera quello per i solinternazionali [Del Boca, 2005, pag. 197]. dati della Wehrmacht, loccupazione provoca
La resistenza etiopica durer fino alla fine una grave carestia, sfruttata dalle autorit midelloccupazione italiana, nonostante i mas- litari come arma contro la Resistenza poposacri ordinati dal vicer Graziani: migliaia lare [Mantelli, pag. 37].
(le stime variano da 1.400 a 30.000) di civili Gi sulle Alpi e sulle montagne dellEpiro le
assassinati in soli tre giorni, ad Addis Abeba, ambizioni aggressive del regime fascista si
dopo un attentato che lo vede ferito, 2000 scontrano con la dura realt dellimprepamonaci fucilati nella citt santa di Debr razione tecnica del suo esercito: mancano
Libans, interi villaggi bruciati o bombardati mezzi di trasporto, armamenti di grosso calibro, carri armati, aerei, equipaggiamento
con liprite.
Con lentrata dellItalia fascista in guerra a individuale, addirittura, per gli alpini, vestiti
fianco dei nazisti, nel giugno 1940, iniziano adatti al freddo delle alte quote.

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Ma il peggio deve ancora arrivare. Sulla partecipazione delle tre divisioni alpine Julia, Tridentina
e Cuneense alla campagna di Russia (le altre due, Pusteria e Taurinense, occupano rispettivamente la Francia del sud-est ed il Montenegro), conclusasi, dopo pochi mesi di stasi sulle rive
del fiume Don, con la tragica ritirata del gennaio 1943, sono stati scritti moltissimi libri di
ricordi di chi vi ha partecipato. Tutti mettono in risalto da una parte lumanit degli alpini
italiani nei confronti della popolazione locale, in contrasto con il comportamento bestiale di
Wehrmacht ed SS, dallaltra la situazione di totale abbandono in cui questi si vengono a
trovare dopo lo sfondamento sovietico del fronte, il 17 gennaio 1943. Riguardo al comportamento dei buoni italiani, in mancanza di prove contrarie, segnatamente di studi di parte
nemica, accettiamo lagiografia tradizionale, pur in presenza di direttive molto esplicite,
come la circolare del Comando del corpo darmata alpino datata 2 agosto 1942, che al
punto Repressione recita: diffidare gli starosta [sorta di sindaci dei villaggi russi, NdA] di
segnalare, sotto pena di gravi rappresaglie e sanzioni, la presenza di partigiani nella zona
[Porcari, pag. 54]. Anche unordinanza del comando dellARMIR (Armata Italiana in Russia)
specifica che di fronte ad attentati terroristici si deve provvedere a fucilare degli ostaggi
presi fra i civili e a bruciarne i villaggi [Mantelli, pag.35]. Dubitiamo che la popolazione russa
abbia denunciato agli invasori elementi della Resistenza, ma nulla si sa a proposito di eventuali gravi rappresaglie effettuate dai soldati italiani.

Rastrellamento dellesercito italiano in un villagio russo.

Nella precipitosa fuga che segue lo sfondamento del fronte, 34.000, dei 57.000 uomini che
componevano il Corpo darmata alpino, sono i morti accertati o i dispersi (per lo pi morti
anchessi, pochi torneranno a baita). In particolare la Cuneense, con 13.500 morti e dispersi, risulta quasi del tutto distrutta, con conseguenze molto gravi per la demografia della
vallate cuneesi, liguri e apuane, da cui proviene la maggior parte dei suoi appartenenti. Tutta
la memorialistica riguardante la ritirata di Russia sottolinea il fatto che questo disastro poteva

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essere evitato con un diverso comportamento dei comandi, ma uno dei pochi ufficiali a denunciare
con precisione e determinazione le responsabilit individuali degli alti ufficiali stato il capitano
Giuseppe Lamberti, comandante del Battaglione sciatori Monte Cervino. La sua ostinazione
nellaccusare gli alti comandi, colpevoli materiali della tragedia, gli costa, nel 1949, un processo
militare e lespulsione dal corpo per aver leso lonore dellEsercito (denigrazione dellEsercito
Italiano; propaganda intesa a sconvolgere le basi della disciplina, Bertone, pag. 248). In pratica
una condanna per antifascismo, ma comminata nei primi anni della Repubblica.
La constatazione del fatto che i soldati italiani coinvolti nella guerra (quella di Russia, ma pi in
generale tutta la Seconda guerra mondiale), eccezion fatta per pochi volontari e fascisti fanatici,
non erano che coscritti costretti a partire controvoglia, pedine nelle mani di un regime scellerato,
non deve per avere una funzione assolutoria, che miri a ricoprire, con un manto di pietas per i
morti, i loro metodi e quelli che erano gli obiettivi che essi servivano. I soldati italiani, la brava
gente di tanta memorialistica, erano le truppe di conquista del fascismo e del nazismo e volenti
o, pi spesso, nolenti, difendevano e cercavano di estendere il sistema che stava costruendo
Auschwitz; non osiamo pensare cosa sarebbe successo se
essi fossero tornati vincitori. La perdita di tanti giovani sui
fronti europei ed africani, cos come la successiva guerra
civile in Italia, stata il prezzo pagato dal popolo italiano alla sua adesione, o per lo meno alla sua non
sufficiente opposizione, al fascismo, durante i due decenni precedenti.
Troviamo ancora un esempio di utilizzo degli alpini in
funzione di ordine pubblico quando, a Cuneo il 26 luglio 1943, durante le manifestazioni di giubilo seguite
alla caduta del governo Mussolini, gli alpini sparano
sulla folla, provocando un morto e due feriti (in una
situazione simile, per, il 17 agosto, mentre altri reparti
sparano sugli operai torinesi in uscita dalla FIAT, gli
alpini si rifiutano di obbedire agli ordini).
Con larmistizio dell8 settembre 1943, lesercito italiaCartolina del I Gruppo Alpini Valle,
commemorativo delle campagne di Grecia no si sfalda: dei reparti alpini che sono allestero, la divie Jugoslavia.
sione alpina Pusteria, nella Francia occupata, si scioglie e
molti dei suoi uomini, passata la frontiera, si radunano nelle vicinanze di Boves, dove iniziano la
Resistenza. Alcuni uomini della Taurinense, in Montenegro, si uniscono ai partigiani iugoslavi;
altri saranno catturati dai nazisti e deportati in Germania, cos come molti delle divisioni Cuneense
e Tridentina, di stanza in Alto Adige. Molti alpini compiono, a livello individuale, spinti da maturati
motivi politici o dalle contingenze (ad esempio la lontananza da casa), la scelta di aderire alla
Resistenza, di cui gli ex militari saranno una parte importante. Troviamo per reparti organici di
alpini sia nellesercito della Repubblica di Sal, sia nel Corpo Italiano di Liberazione, che combatte a fianco degli Alleati (il Reparto esplorante alpino, divenuto successivamente Battaglione Piemonte e poi Terzo reggimento alpini). La Divisione alpina Monterosa della R.S.I., formata con
giovani richiamati alla leva dalla Repubblica fascista e con militari gi internati in Germania,

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svolge compiti di presidio territoriale in Liguria, quando ci si aspetta uno sbarco anglo-americano, in
Garfagnana e in Piemonte. Ha un ruolo importante
nella guerra antipartigiana e in alcune zone diventata tristemente famosa per gli eccidi compiuti e il
sadismo di alcuni suoi ufficiali, come il tristemente
noto tenente Pavan (Adriano Adami, di Perugia), il
torturatore dei partigiani della Valle Varaita.
Dopo la guerra, il Corpo degli alpini viene ricostituito, ma, per cinquantanni, non ha impiego in compiti
bellici. Nel luglio 1960, in seguito alla rivolta popolare di Genova, volta ad impedire al partito
neofascista MSI di tenervi il suo congresso, vista limpossibilit da parte di Polizia e Carabinieri di ristabilire
lordine costituito, truppe alpine vengono inviate ad occupare la citt. IntelligenteCartolina del Battaglione Feltre. In basso, le
mente, si sfrutta lampio credibattaglie: di dieci, le prime tre sono in Libia,
to che gli alpini riscuotono e il
lultima in Albania.
tutto avviene in maniera pacifica: anzi, i militari sono accolti con amicizia dalla gente.
Negli anni successivi, il Corpo, cos come lAssociazione Nazionale
Alpini, partecipa ad operazioni di soccorso della popolazione civile
in caso di disastri come quello del Vajont ( 1963) e dei terremoti in
Friuli (1976) ed Irpinia (1980).
Negli ultimi decenni assistiamo allacquisizione, da parte dellesercito (alpini compresi), di una serie di funzioni di polizia, di una portata
raramente vista prima, in un quadro di generale militarizzazione (in
senso poliziesco pi che veramente militare: a met anni 90 ai militari riconosciuto lo status di agente di pubblica sicurezza) della
societ. Se lesercito era gi stato utilizzato con funzioni di sicurezza
in casi di emergenza, ad esempio durante il sequestro di Moro, il
primo esperimento organico in merito del luglio 1992, con lesercitazione Forza Paris. Sfruttando lo scalpore suscitato dal rapimento di
un bambino, tutta la parte centrale della Sardegna viene occupata da
8.000 soldati, in una attivit addestrativa allargata [dal sito dellEsercito] di pattugliamenti e rastrellamenti. Pochi giorni dopo prende il via la ben pi estesa operazione Vespri Siciliani, che vedr per sei
anni limpiego dei militari nel controllo del territorio siciliano e nel presidio di edifici pubblici etc. Compiti simili hanno avuto le operazioni
Riace e Partenope, svoltesi in Campania fra il 1994 e il 1998 e Salento,
effettuata in Puglia nel corso dellanno 1995, che aveva come scopo
anche quello di bloccare laccesso agli immigrati clandestini che arriva-

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vano dallAlbania (funzione anti-clandestini aveva gi avuto loperazione Testuggine, con lutilizzo
dei militari, in particolare gli alpini del quarto Corpo darmata, per presidiare il confine italosloveno, fra il 1993 e il 1995).
Allo stesso tempo, visti i cambiamenti intervenuti nello scenario geopolitico mondiale, ricominciano operazioni pi tipiche di ununit militare, con missioni allestero. Notevole limpegno
italiano in quelle che vengono spacciate per missioni di pace, ma dietro le quali si nascondono
precisi interessi politici ed economici: non casuale, ad esempio, che le truppe italiane in Iraq
siano state stanziate nella zona di Nassirya: l si trovano i pozzi petroliferi in concessione allENI.
Nonostante il generale ridimensionamento delle Forze Armate, che passano da 360.000 a 200.000
uomini, e alla recente sospensione della leva obbligatoria, che crea un esercito di volontari, si
tocca, negli scorsi anni, la cifra di 12.000 militari italiani impiegati in contemporanea in diverse
operazioni al di fuori dei confini. Del 1991 loperazione Airone: la Brigata alpina Taurinense
viene mandata nel Kurdistan iracheno, nel quadro della missione di peace keeping con cui si
maschera loccupazione occidentale dellIraq sconfitto. Negli anni 1993 e 1994, reparti alpini
sono inviati in Mozambico sotto le insegne dellONU. Pi lungo lintervento italiano nella ex
Jugoslavia e in Albania, tradizionali zone di interesse colonialistico, nel quadro delle missioni
NATO in Albania (1991-1993, 1997 e 1999), Bosnia (1995), Kosovo (1999), Macedonia (2002).
Alle ultime due guerre del Nuovo Ordine americano, in Afghanistan e Iraq, lItalia collabora poi
fornendo truppe di occupazione, fra cui troviamo ancora i baldi alpini, ora ad arruolamento
volontario e promossi a corpo di specialisti della guerra. Nonostante la persistente propaganda
che le ammanta, queste operazioni di polizia internazionale, spesso chiamate missioni di
pace, non sono altro che guerre di occupazione condotte ai danni delle popolazioni civili, come
tutte quelle che le hanno precedute.

Bibliografia:
- Gianni Oliva, Storia degli Alpini, Rizzoli, Milano, 1985.
- anonimo, 1898. Cannonate a Milano, Fulmini Coop. Sociale Colibr, Paterno Dugnano (MI), 1998.
- Angelo del Boca, Italiani, brava gente?, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2005
- Angelo del Boca, La guerra di Abissinia 1935-1941, Feltrinelli, Milano, 1965.
- Carlo Corina, Monterosa. Storia della Divisione Alpina Monterosa della R.S.I., Tip. Del Bianco, Udine, 1971.
- Libero Porcari, La Cuneese. Storia di una divisione alpina, Larciere, Cuneo, 1982.
- Antonella Randazzo, Roma predona. Il colonialismo italiano in Africa, 1870-1973, Kaos Edizioni, Milano,
2006.
- Brunello Mantelli, La memoria rimossa. Politiche persecutorie e crimini di guerra dellItalia fascista, in Asti
contemporanea, num. 10, dicembre 2004, ed. dallIstituto per la storia della resistenza e della societ contemporanea in provincia di Asti.
- Gianni Bertone, a cura di, Giuseppe Lamberti alpino ribelle, EGA Editore, Torino, 2006.
- Sito dellesercito: www.esercito.difesa.it

12 z

Oltre la frontiera.
F RAIRE J ACOU
Nei giorni verso lEquinozio di Primavera, tra la poca neve e gi i fiori di un
inverno che quasi non c stato, riflettevo, tra lo sfrigolo del legno di faggio
nella stufa e le fusa del gatto, di quando fosse iniziata la mia educazione
libertaria e il punto pi lontano che ho ricordato stata la lettura di The call of
the Wild, il richiamo della foresta, di Jack London. Avevo dieci anni, il che
vuol dire un bel po di inverni fa, my friends: sarebbe passato poco tempo, un
paio danni, e sarei andato a caccia per le colline (mai preso neanche un
passero, per: era lidea di girare per i boschi con un fucile, che mi piaceva) con il Winchester portato fin sui monti di Reggio Emilia da un nonno
scappato in America in cerca di avventura e ritornato con poco pi di quanto
aveva alla partenza ma con in tasca le foto dei minatori del Wyoming nellultima corsa alloro dei primi anni del 900, una tessera dellIWW, e ricordi che
io ero troppo piccolo per capire (avrei capito, dopo). Quel Winchester,
nascosto non troppo bene in casa, per, lo capivo eccome: lodore della
polvere da sparo era odore di terra lontana, di indiani ribelli, di un mondo
sognato. Quello che non sapevo era che non si poteva, eh gi, mica si
poteva giocare in quel modo: mi fu spiegato un po rudemente ma in maniera
inequivocabile quando si scopr con che cosa ogni tanto me ne andavo a
spasso.
Cera un limite, e io lo avevo attraversato: non lo sapevo, e nemmeno volevo
farlo, ma era successo.
Un limite. Limes, dicevano i Romani: il confine, la frontiera. Come la prima
volta che dai cugini della Valtellina, camminando su un sentiero, mi dissero:
Adesso siamo in Svizzera!, e che stupore vedere che gli alberi erano gli
stessi, lo stesso ruscello, lerba la stessa, lodore delle foglie dautunno era
lo stesso. Dovera la frontiera, qualera il limite? Non si vedeva, ma cera:
uomini che forse su quel sentiero di montagna non erano mai saliti avevano
tirato una linea su una carta e la voce del Dominio aveva detto fin qui
mio: la mia acqua, i miei alberi, il mio odore di foglie, la mia luce nel mio
cielo. La frontiera: come quella che mio nonno quandera un ragazzo and a
cercare quando mezza America ancora era fatta di boschi e sentieri poco o
per niente esplorati, e sulla pista dellOregon non si faceva trekking ma difficile cammino, passo dopo passo. Ma anche l, nella frontiera, il confine. Gli
uomini, nella loro finitezza, hanno la necessit di segnare il proprio spazio:
una esigenza animale, profonda, quella di delimitare il proprio spazio, lo
fanno tutti gli animali del bosco, che difatti pieno di questi segni:
CONTINUA NELLA PAGINA SEGUENTE

z 13

CONTINUA DALLA PAGINA PRECEDENTE

qui passato il capriolo, volpi che venite dallaltra valle attente, qui ci sono gi io,
tracce odorose di martore tassi donnole ermellini, segnali di lupi. Segni del territorio,
confini, ma limiti fluttuanti, legati ad unoccupazione mobile del territorio, architetture
nomadi di tane e nidi. Anche gli uomini hanno saputo fare cos, si pensi alle piste su cui
gli indiani delle pianure seguivano i bisonti, ai territori di caccia degli Inuit, alle infinite
tracce delle yurte dei nomadi delle steppe.
Lo spazio si delimita, ma poi torna libero: la terra non si vende, la vita non si compra.
Le comunit di montagna dellarco alpino hanno, nei secoli, saputo creare qualcosa
di analogo: quando fin lepoca del nomadismo, le terre villaggi che si andavano
definendo in insediamenti stabili furono prevalentemente terre collettive. Fu cos nella
cosiddetta Repubblica degli Escartons, che dur dal 1343 al 1713 tra Brianonnais,
Quyras, Oulx, Bardonecchia, Valchisone e Casteldelfino, finch gli accordi tra il re di
Francia e quello di Sardegna ne decretarono la fine. Fu cos, e in parte lo ancora, nei
boschi della Carnia, sullaltopiano di Asiago. Fu cos e in parte lo ancora in valli
riparate e un po distanti dove nessuna sorgente privata, dove le dimensioni delle
terre comuni, a pascolo e bosco, devono essere sempre sufficienti a mantenere gli animali e a fornire legna dopera e per il riscaldamento. Riesce ancora
ad esserlo l dove la voracit di un capitalismo in agonia e per questo pi feroce non ancora, nonostante tutto, riuscita a vincere.
Le Alpi non erano mai state frontiera,
finch i regni dEuropa non iniziarono a
Minatori a Diamondville, Wyoming, 1912.
pensare se stessi come stati: Hobbes,
nellInghilterra del XVII secolo, agli inizi del fenomeno, lo inquadr lucidamente, descrivendolo in un testo a cui diede come titolo il nome di un mostro biblico, Leviathan.
Questo era, ed , uno Stato: una mostruosit che sale da un abisso, che soggioga e dove
non pu soggiogare devasta e distrugge. Nel suo cammino di controllo planetario, la
macchina Stato segna i propri progressi con tante bandierine, come in un gioco crudele:
segna i propri confini.
La guerra il modo con cui gli stati avanzano e si definiscono, la politica la continuazione della guerra con altri a volte pi subdoli mezzi. Quanto proibito in tempi ordinari (il
tempo del lavoro che prepara la guerra) consentito in tempo di guerra: si pu uccidere,
distruggere, sterminare. Quando si vince si prende tutto, anche la verit, anche la storia. La
nostra arma pi forte, per, che si pu ancora e sempre dire di no. Si pu andare oltre,
passare in Savoia, come dicevano i contrabbandieri della val di Lanzo: riappropriarsi di
spazi e destini, non accettare pi i confini, di nessun genere, che si vorrebbero mettere ai
nostri pensieri e alle nostre vite. Andare, davvero, oltre la frontiera

14 z

... UN

FALSO MITO

B ARBARA
Nella seconda met dellOttocento nasce lItalia e nasceranno gli italiani; si former lidea di
nazione, si costituir lesercito pronto a difenderla, si svilupper la cultura borghese promuovendo i valori che dovranno formare la cultura di questo popolo. Un periodo storico che non
pu che dirsi cruciale per questo Paese.
Anche dal punto di vista cronologico sar un susseguirsi di eventi che, vedremo pi avanti,
rivestiranno tutti un ruolo ben preciso allinterno del nuovo quadro politico-sociale che va
delineandosi: nel 1861 lUnit dItalia e negli anni immediatamente successivi la guerra al
brigantaggio nelle regioni meridionali, nel 1864 la fondazione del Club Alpino Italiano, nel
1872 la costituzione delle prime quindici compagnie di Alpini, dal 1887 linizio delle guerre
coloniali in Africa, dal 1883 la pubblicazione di romanzi di largo accesso come Pinocchio di
Carlo Collodi e tre anni dopo Cuore di De Amicis.
Il cammino che lItalia intraprende raggiunger una sorta di traguardo nel secolo successivo
con lo scoppiare della Prima Guerra Mondiale, quando lItalia entra in guerra sostenuta da
tutti gli intellettuali ad eccezione di pochi che la condanneranno.
La mentalit borghese dellepoca proporr a questa nazione in via di formazione dei punti
fermi a cui rivolgersi in un momento di cos grandi trasformazioni. Innanzitutto la famiglia
come nucleo fondante della societ e, ad essa connessi, la deferenza per il padre e la madre, poi
la patria ed il suo esercito incaricato di proteggerne i sacri confini ed infine il rispetto per lautorit.
A ci si un limportanza dello spirito di sacrificio, della bont e della solidariet nazionale, temi
che troveranno posto e ampia descrizione tra le pagine di Cuore e di Pinocchio. Due libri di
narrativa per ragazzi che avranno un enorme successo, anche internazionale, e che ben rappresenteranno lItalia dellepoca contribuendo notevolmente alla sua formazione culturale.
La borghesia settentrionale svilupper inoltre una sorta di egemonia sullintera penisola, sia dal
punto di vista repressivo, con la sanguinosa guerra al brigantaggio, sia dal punto di vista culturale.
A questo punto gli italiani si dovevano riconoscere in un territorio che diverr Suolo Patrio e
questo compito lo assolver pienamente la montagna, in particolar modo le Alpi saranno uno dei
grandi riferimenti in questo percorso di ricerca della propria identit collettiva. La catena
alpina diverr il principale confine di questa nuova nazione, confine alto, forte, che separa la
nuova Italia dagli altri stati, ma che al tempo stesso unisce un popolo piuttosto eterogeneo. La
montagna rappresenter il tempio dei valori nazionali e la vita condotta dai suoi abitanti un
esempio a cui guardare per elevarsi, mondo incontaminato, simbolo di volont. Tutti questi
concetti saranno considerati veri e propri fattori educativi, argomento principale di testi letti in
tutte le scuole come ad esempio il Bel Paese di padre Antonio Stoppani. La montagna
esplica una importante funzione sociale: sar scuola di carattere contrapponendosi alla vita
di citt in cui sono gi insite molte contraddizioni che esploderanno ben presto. Anche la
costituzione del Club Alpino Italiano e la successiva diffusione della pratica alpinistica sosterran-

z 15

no lidea di educare con sani principi i neonati italiani. Trover cos spazio, non certo
senza secondi fini, la propaganda del contadino-soldato e delle sue virt: semplicit,
rassegnazione, pazienza, etica del lavoro e
del sacrificio, sopportazione del dolore.
Queste campagne di indottrinamento e di
formazione di questo nuovo popolo si pu
intuire a cosa porteranno: lesaltazione dello Stato e della Guerra. Ma chi meglio di
tutti adempir a questo triste compito sar
lAlpino ed il suo mito, unificando ideali e
Sulle montagne dellAlbania.
aspettative. Nel 1872 si formano le prime
quindici compagnie di Alpini, il loro reclutamento avviene territorialmente nonostante i dubbi
delle gerarchie militari e politiche. NellOttocento infatti lesercito, non solo italiano ma anche
degli altri Stati, doveva assolvere due principali compiti: quello delle guerre offensive e difensive
e quello del mantenimento dellordine interno. Per conciliare entrambi gli scopi, i diversi Stati
europei adottarono tipi di organizzazione differenti. In Italia, dopo lunificazione, i reggimenti
furono costituiti intorno allesercito piemontese dai giovani provenienti da due regioni diverse,
stanziati in una terza (perlopi chi proveniva dal Nord inviato al Sud e viceversa) ed ulteriormente
ruotati ogni quattro anni. In questo modo si cerc di evitare il pi possibile che la popolazione ed
i soldati stringessero legami saldi e profondi perch fosse alta lefficienza delle truppe in caso di
tumulti. Nel caso degli Alpini non si segu questa regola perch si ritenne che i soldati provenissero da zone strettamente cattoliche, conservatrici e monarchiche e quindi incapaci di ribellarsi. I
battaglioni alpini avrebbero difeso i nuovi confini nazionali forti della conoscenza del territorio,
sostenuti dalle proprie genti e sarebbero anche stati adatti per la repressione antioperaia nelle
citt. Non a caso le milizie alpine verranno stanziate anche a Milano e Torino. Le Alpi cos
rappresenteranno le porte dItalia e gli Alpini non potranno che essere le loro sentinelle.
Praticamente da subito nacque un mito intorno a questi soldati: provenivano da un luogo di
elevazione come la montagna, incarnavano doti umane e capacit militari ammirabili, fedeli
servitori dello Stato, potevano unire tutta lItalia sotto la propria ala protettiva. E cos fu. Lalone
mitico che ancor oggi circonda il corpo degli Alpini fu continuamente alimentato. I primi
caduti tra gli alpini nelle terribili guerre coloniali furono da subito considerati degli eroi, dei
martiri; le loro gesta raccontate, tramandate consolidando lidea che una guerra potesse
essere giusta e che cadere per la propria Patria fosse un onore. Nelle lettere e nei diari si
possono trovare descrizioni di questo tenore:Pure io comprendo la gioia di essere in mezzo
ai monti nel momento del pericolo. E ancora : la montagna richiama le cose eterne, avvicina allimmortalit. La rinuncia alle cose temporanee appare pi facile e lidea della morte
diviene talmente commista coi nostri pensieri che sembra pi lieve.
I legami che uniranno truppa ed ufficiali saranno fondamentali per il consolidamento ulteriore
di questo mito: faranno sentire tutti una grande famiglia soprattutto al di fuori delle caserme dove
il rapporto instaurato continuer e si consolider. Il mito prosegue cos nelle canzoni e nelle

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adunate che coinvolgeranno unintera popolazione o un territorio, avallato da altri simboli, tre in
particolare: muli, vino e bestemmie. Il mulo e laquila sono gli animali presenti accanto alla figura
degli Alpini, condividono seri e silenziosi le stesse fatiche e gli stessi sforzi dei soldati oppure li
rappresentano ufficialmente. Il vino, lelemento pi popolare che ridona vita, scaccia le angosce di
questo mondo dominato dalla distruzione o alimenta la nostalgia per la propria casa, per la vita
passata. La bestemmia sostiene lumanit di questo Corpo, non viene percepita come atto di
insubordinazione ma, con luso del dialetto, spesso caratterizza alcuni personaggi. Anche luoghi
della montagna si trasformano in simbolo degli Alpini: lAdamello, lOrtigara, il Grappa o il Piave,
cos come la ritirata di Russia, avvenimenti tragici delle due guerre mondiali assurti a mito nella
memoria collettiva e giunti intatti nei tempi moderni. Questo mito cresciuto e si sviluppato nei
decenni conservando intatte alcune immagini diventate evocative ma ci che fa riflettere che la
realt dei fatti era spesso molto lontana da queste fantasie. Lesistenza delle genti sulle montagne
era dura e fatta di reali sacrifici quotidiani, nessun governo si preoccup di ci ma us vite e
territori per i propri fini distruggendo proprio quel
mondo utilizzato in senso propagandistico.
Il mito dellalpino, del suo coraggio e della sua lealt
sono serviti e servono tuttora per credere in valori di
guerra ed obbedienza allautorit, chiudendo gli occhi e tappando le orecchie di fronte alle tragiche conseguenze dei conflitti, di fronte alla deriva verso cui ci
stanno portando gli Stati, la politica e leconomia. A
questo vogliamo contrapporre le ricchezza di unesiIl massiccio dellAdamello.
stenza che non delega e non si sacrifica per il potere,
ma che solidarizza e conosce.

Bibliografia:
-Claudia De Marco, Il mito degli Alpini, Gaspari, 2004.
-George L. Mosse, Le Guerre Mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti, Editori Laterza,1990.

La fotografia a pag. 14 un ricordo di famiglia dellautore: ritrae, fra gli altri, suo nonno. Le altre immagini che
illustrano questi tre articoli sono prese da Internet.

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VIAGGIARE
PER VIAGGIARE
LA

COMPAGNIA A BASSA VELOCIT

Ogni cosa perseguita vale per i modi e i percorsi, per lo stile con cui raggiunta. Unisola lontana nei mari unaltra cosa se raggiunta con un veliero, con una nave a vapore, con un aereo
a reazione. Raggiunta senza viaggio, senza avvistamento, senza approdo, alla fine non pi
lontana, non pi unisola. Una montagna raggiunta senza scalata non pi alta; non solo la
sua cima sinchina alla potenza della tecnica, ma sino laltitudine sinchina.
Giuseppe Sermonti, Lanima scientifica
Questo il racconto di un viaggio un po diverso dal solito, non una vacanza, non un andare
incontro ad una meta e neanche solo un girovagare vagabondo. unesperienza personale che
vorremmo condividere, assieme alle riflessioni a cui ci ha portato. Ci soffermeremo anche su
dettagli tecnici del viaggio, partendo dal presupposto che non abbiamo fatto niente di straordinario che chiunque altro non possa ripetere a modo suo, e chiss che proprio dalla curiosit su
questo nostro racconto non nasca la voglia di provare, o ri-provare, a viaggiare a bassa velocit.
Siamo partiti sul finir della primavera, a fine maggio. Quattro bipedi e tre quadrupedi. Di questi
ultimi uno un cane, fedele compagno di avventure e sventure, e gli altri due una cavalla da tiro
ungherese e sua figlia, una puledra che partita con noi che aveva appena un mese. Tra i bipedi,
due di noi avevano gi viaggiato in questo modo, anche per pi anni, in giro per lEuropa, un altro
aveva avuto esperienze estive saltuarie andando a trovare amici gi in viaggio, e lultima, rimasta
entusiasta dellidea, si era unita senza remore agli altri.
Tutta la nostra roba era caricata su un tamagnun, un semplice carretto non coperto, trainato dalla
cavalla. Questo carretto ce leravamo costruito noi stessi, con lindispensabile aiuto di chi era gi
del mestiere, ed era dotato di quattro ruote da carro in ferro e gomma piena, con quattro

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balestre che fungevano da sospensioni. Sopra un semplice pianale in legno con tre sponde
apribili, e davanti un sedile. Nella struttura portante cera poi una parte anteriore girevole, la ralla,
a cui era legata la cavalla per mezzo di due tubi di ferro agganciati ai suoi finimenti in cuoio.
Il nostro bagaglio, pur nel tentativo di ridurlo allessenziale, era comunque considerevole: portavamo con noi due tende e tutto loccorrente per dormirvi dentro, ogni notte in un luogo diverso,
una cosiddetta cucina da campo, ovvero bombola del gas, pentole, padelle, piatti e posate. Inoltre
avevamo un po di attrezzi senza i quali, ci duole ammetterlo, saremmo andati poco lontano:
chiavi e cacciaviti, chiodi e viti, ma anche un flessibile e un trapano, che ci sono stati indispensabili
nei momenti in cui cerano da fare delle inevitabili riparazioni. In pi, ovviamente, ognuno di noi
aveva il suo bagaglio di vestiti, libri e quantaltro.
Portavamo anche in giro con noi un ingombrante scatolone di legno con uno spettacolo: un teatro
dombre in cui, con lausilio di sagome di cartone, interpretavamo a modo nostro una fiaba
tradizionale, ma poco conosciuta, dei fratelli Grimm, quelli di Cappuccetto Rosso, Biancaneve,

Pollicino, o Cenerentola, per capirci. uno spettacolo semplice, animato da un lume a petrolio
che proietta le ombre su di un telo. Rappresentabile ovunque: in un campo, cortile, bosco, piazza,
senza bisogno di energia elettrica. Ci permetteva di tirare su qualche soldo, ma anche di offrire
qualcosa in cambio magari dellospitalit ricevuta, o di rompere il ghiaccio in posti sconosciuti
e creare nuovi rapporti basati su scambio e reciprocit. Senza contare che ci divertivamo, e ci
divertiamo, tantissimo.
Questo era dunque lo scenario: una carovana formata da cavalla e carretto, pi puledra al fianco,
uno di noi sopra alla guida, dietro e davanti tutti gli altri a piedi, sempre preceduti dal nostro
cane in avanguardia. Eravamo partiti senza ben sapere quanto saremmo stati via, di sicuro mesi,

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e senza una meta troppo precisa. Lidea iniziale


era la presunzione di attraversare tutta lItalia, dal Piemonte alla Puglia, ma cos non
avvenuto perch abbiamo viaggiato ancor pi
a bassa velocit di quanto pensassimo allinizio, e poco male, perch man mano che passavano i giorni, ed i chilometri, ci accorgevamo
di quanto la meta diventasse dimportanza secondaria, e di quanto, invece, avessimo voglia
di viaggiare per viaggiare. La partenza avvenuta dal basso Piemonte, dalle Langhe, terre
di vigne e di vini che per tutto linizio del viaggio ci hanno fatti incagliare da una cantina al-

rimasti piacevolmente sorpresi nel constatare


che tra Alpi e Appennini si pu viaggiare per
giorni e giorni su strade comode, ampie abbastanza perch passasse il nostro carretto, rimanendo sempre nei boschi. La scelta di rimanere
il pi possibile in luoghi naturali non era solo
dettata da una nostra simpatia o preferenza,
ma anche dalle necessit dettate da una vita
cos. Innanzitutto le cavalle ogni giorno avevano bisogno di buoni pascoli. Noi ci portavamo
dietro dei picchetti e filo elettrico con relativa
batteria, per costruir loro, ogni volta che ci fermavamo, un recinto il pi ampio possibile, dove

laltra. Poi ci siamo inoltrati nellentroterra


ligure, rimanendo quasi sempre sui monti, e ci
siamo diretti verso la Lunigiana, dalla quale
siamo entrati in Toscana. Da l abbiamo attraversato la Garfagnana, dietro le Alpi Apuane, e
il Mugello, per poi arenarci definitivamente in
Val di Sieve, sopra Firenze. L abbiamo trovato
buoni amici e bei posti, ed essendo in viaggio
gi da due mesi e mezzo, ci siamo fermati. Abbiamo poi trovato una sistemazione per le
cavalle, da un amico sugli Appennini, dove passeranno linverno, perch viaggiare nella stagione fredda risulta decisamente difficile.
In questo nostro tragitto abbiamo attraversato
posti splendidi: boschi millenari e piccole valli,
costeggiato torrenti, conosciuto borgate e luoghi altrimenti ignorati da chi si sposta con mezzi a petrolio!
Considerando che lItalia densamente abitata e la terra molto coltivata e sfruttata siamo

potessero mangiare a saziet e riposarsi o correre. Inoltre, ogni giorno dovevamo trovare un
luogo in cui vi fosse acqua in abbondanza, considerando che le cavalle bevevano tantissimo,
e che a noi lacqua serviva per bere, cucinare,
lavarci, lavare la roba sporca, ecc...
Rimanere tra boschi e montagne ci permetteva
quindi di trovare pi facilmente posti dove accamparci con tende, carretto e recinto, senza
dare troppo nellocchio e senza dare fastidio e
nessuno. Infine, mentre nelle strade pi frequentate e nelle citt venivamo visti come un
intralcio alla scorrevolezza del traffico, passare nei luoghi meno abitati ha fatto s che potessimo conoscere persone che sorridevano al
nostro passaggio. I bambini volevano accarezzare la cavallina, i giovani ci facevano domande e gli anziani ci dicevano, nostalgici, che era
dai loro tempi che non vedevano pi gente
viaggiare con carretto e cavalli. In questi luoghi

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abbiamo quasi sempre trovato unaccoglienza generosa e disinteressata. Abbiamo incontrato


persone con cui abbiamo stretto amicizia, sperimentato pi da vicino modi di vivere a cui ci
sentiamo pi affini, e conosciuto realt davvero interessanti, da cui c tutto da imparare: accoglienti agriturismi a conduzione famigliare, piccoli produttori di latte e formaggi di capre e pecore,
coltivatori biologici, produttori di vini e di altre bevande naturali, birrai, suonatori, artigiani,
nonch altri viaggiatori. Abbiamo passato bellissime serate raccontando del nostro viaggio e
delle nostre avventure e facendoci raccontare le storie
dei luoghi doveravamo e
magari delle lotte che vi erano state: una volta contro
una cava che distruggeva le
falde acquifere (vedi foto),
una volta contro uno stabilimento per lavorare il marmo, unaltra volta contro il
terzo valico del TAV.
Infine, in viaggio era completamente cambiata la nostra
concezione dei tempi e degli
spazi. Le giornate, essendo molto intense, sembravano pi lunghe, cosicch arrivati alla sera
sembravano trascorsi giorni anzich ore dalla mattinata stessa. Ogni attivit quotidiana prendeva
molto pi tempo di quanto non siamo abituati: per cucinare bisognava prima trovare lacqua, poi
fare un riparo per il fuoco,
dopo lavare i piatti; per lavarsi occorreva cercare un
torrente e un posticino un po
riparato; montare e smontare la tenda anche richiedeva
il suo tempo, e cos fare e
disfare il recinto alle cavalle,
lavare i vestiti, e cos via...
successo che ci dicessero che
per permettersi un viaggio
cos bisogna avere un sacco
di soldi, e la nostra risposta
era che bisogna essere s ricchi, ma di tempo! I nostri ritmi non erano dettati dallorologio, bens dalla luce e dal buio, dalla
fame e dalla stanchezza, da qualcosa che ci entusiasmava o da una passione che ci prendeva. Cos
abbiamo fatto nostra la frase di Jacques Camatte che dice il tempo uninvenzione degli uomini
che non sanno amare.
In egual modo era cambiata anche la percezione degli spazi. Avendo tempo per guardarsi attorno

z 21

mentre si camminava, tutto sembrava dilatarsi: si poteva spaziare con la vista oppure soffermarsi
sui particolari. Allo stesso tempo tutto sembrava raggiungibile, e non ci si accorgeva di essere
proprio su quello stesso monte che prima era solo allorizzonte. Comunque, per farsi unidea
della nostra velocit, o meglio della nostra lentezza, percorrevamo in media 15 chilometri al
giorno. A riguardo curioso accennare al fatto che ci capitato spesso di chiedere informazioni
sulla strada, e di sentirci, ad esempio, rispondere s, s, il prossimo paese vicino, sar a
mezzoretta, per poi scoprire che la mezzoretta corrispondeva a 30 chilometri, cio, per noi,
a due giorni di viaggio.
Cos, sperimentando nuovi rapporti, conoscendo luoghi sempre diversi, sentendoci fuori dal
tempo e dallo spazio, ci sembrava di fare parte un po di pi del nuovo mondo, quello che si
lasciato indietro la burocrazia, le istituzioni, lautorit e tante altre nocivit, quello che ha fatto
spazio per passioni e desideri, quello che avevamo conosciuto linverno scorso in Val Susa.

Le foto sono opera della compagnia a bassa velocit.

22 z

HERRIAK BIZIRIK!
LOPPOSIZIONE
I NTERVISTA

ALLA DIGA DI ITOIZ

AI

S OLIDARI@S

CON I TOIZ

Itoitz (Itoiz secondo la grafia castigliana) un mucchio di pietre sotto milioni di metri cubici
dacqua ma, fino a poco tempo fa, era un villaggio abitato sulle sponde del fiume Irati, nella parte
dei Pirenei abitata dal popolo basco. Euskal Herria, appunto la terra del popolo che parla
Euskera, la lingua basca, secondo alcuni la pi antica del continente europeo.
Una terra contesa da secoli (siamo poco lontano da Roncisvalle, dove pi di mille anni fa Carlo
Magno fu attaccato e messo in fuga dai locali
nascosti nelle foreste di quelle montagne),
capace di una resistenza strenua, che non
ha perso la propria voglia di libert nonoz
stante sia ripartita tra lo Stato nazionale spagnolo e quello francese. La costruzione della diga
di Itoiz paradigmatica: unopera studiata da Franco
ma realizzata in regime democratico. Investita da numerosi scandali con arresti per tangenti di relativi ministri, la sua costruzione non mai stata interrotta se non
dai sabotaggi. Dichiarata illegale dai tribunali ma propagandata dai governi, osteggiata a lungo
dagli abitanti delle valli per le troppe somiglianze con la diga del Vajont, lopera diventata un
problema di politica interna. S, perch quello che lo Stato spagnolo non pu accettare che il
popolo basco decida per s. Ecco allora che lacqua dei Pirenei deve bagnare la Navarra secca
(bacino di voti per la destra nazionalista) da contrapporre a quella umida (la parte pi
indipendentista) per poi scorrere gi per centinaia di chilometri e raggiungere la costa mediterranea con i campi da golf e gli acqua park dello sviluppo urbano-turistico costiero. Riportiamo
questa intervista raccolta il passato dicembre a Irua/Pamplona in un incontro con Solidari@s con
Itoiz, un collettivo che ha partecipato alle lotte contro la diga. Ci racconta una delle forme di lotta
possibili e le relative conseguenze, sperando possa contribuire alla riflessione necessaria laddove
ci si trovi a fronteggiare opere di tal genere.

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-Per cominciare, ci descrivete qualera la situazione di queste valli prima della costruzione della diga?
Queste vallate subirono un processo di spopolamento che cominci con gli esiliati politici della
guerra civile negli anni 30. Si calcola che in quegli anni furono pi di 150.000 le persone che si
rifugiarono in Iparralde1 dando luogo al pi grande esodo conosciuto fin allora nel Paese Basco.
Poi venne la seconda guerra mondiale e infine gli anni 50-60 quando prese forma la cintura
industriale di Irua. Lemigrazione verso la citt ruppe definitivamente con il modello tradizionale
di vita: la gente che decise di continuare a vivere qui sopportava ormai condizioni economiche molto difficili e lo faceva per attaccamento
alla propria terra ed al proprio modo di vita,
anche se per rimanere e sopravvivere dovettero aumentare, nel caso di agricoltori e allevatori,
terre e capi di bestiame.
Nonostante tutto, per, rimanevano ancora tracce di forme organizzative pi dirette da sempre
radicate nella cultura del popolo basco, come
lauzolan, lavoro comunitario di cui si incaricavano gli abitanti di ogni villaggio (un esempio
fu la costruzione della strada tra Itoiz e OrozBetelu ancora in tempi recenti) e poi la batzarre,
assemblea popolare a carattere decisionale.
Tutto questo per lo si va sempre pi perdendo
col tempo, cos come si van perdendo le numerose terre comunali che indicavano altre forme
Architettura rurale nella valle del Irati-Urrubi.
di organizzazione sociale: molte vengono
privatizzate o espropriate dal governo della comunit forale di Navarra per realizzare opere come
linvaso, il Canal de Navarra o lAHT (treno ad alta velocit in euskera).
Quindi nella valle dellIrati-Urrobi rimanevano pochi abitanti, alcuni agricoltori ed allevatori, ma
vi era anche un processo inverso di ripopolamento della parte alta delle montagne della valle da
parte di persone che ripristinarono i villaggi abbandonati da decenni: questo cominci gi 27 anni
fa e si arrivati ad un numero di 80-90 persone che, ripartite tra varie comunit, ricominciarono
a gestire autonomamente le terre e le altre risorse.
- Queste grandi opere in realt nascondono enormi interessi privati, intrecci ben marcati tra
politica ed economia come nel caso di Benigno Blanco2 sotto la propaganda del non possiamo
restare indietro. Nel caso della diga di Itoiz, e per quanto diversi possano essere stati i governi
che si sono succeduti nel corso degli ultimi decenni (franchismo, partito socialista, destra e oggi
di nuovo partito socialista) si pu parlare di continuit nella progettazione di tale opera?
Sono i governi stessi che definiscono queste opere come infrastrutture strategiche: strategiche
allinterno di uno sviluppo capitalista senza le quali ci sarebbe crisi. Su questo convergono i
politici tutti: il capitale tanto di destra quanto di sinistra. Le faranno al di sopra di ogni cosa.
Qualcuno diceva che il sistema capitalista come una bicicletta, se si smette di pedalare cade. Ci

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fu un momento in cui Franco si rese conto che


doveva modernizzare il paese, un po per non
essere da meno nei confronti degli altri paesi
europei e un po sotto la spinta della Banca
Mondiale. Allora si mise a fare dighe ovunque
arrivando ad immagazzinare la pi grande quantit al mondo di metri cubici dacqua per abitante: questa fase si definisce tecnocratica per la
progressiva quantit di tecnici, formatisi nelle
scuole dellOpus Dei, che si dedicarono alla
modernizzazione del paese. Questa stessa
impostazione venne rilevata dai successivi governi senza essere minimamente messa in discussione: in effetti tutta la transizione democratica fu ben organizzata fin dalle sue fondamenta dal Caudillo stesso sul letto di morte, in
modo da lasciare pesanti conseguenze che perdurano tuttora (la divisione del Paese Basco tra
Comunit Autonoma e Comunit Forale, la divisione tra Pas Valenci e Pasos Catalanes,
etc.). Infatti il progetto dellinvaso di Itoiz appariva gi ai tempi di Franco tra i vari studiati per
regimentare le acque dellultimo affluente ancora libero dellEbro, il fiume Irati.
Ma fu poi Uralburu Gabriel, uomo del Psoe
(partito socialista spagnolo), che prese il progetto cos comera e lo mise in marcia in quanto presidente della Comunit Forale di Navarra: pochi anni dopo fin in manette insieme
al consigliere delle opere pubbliche, il seor
Aragn.
- La sottrazione delle risorse naturali e la conseguente perdita di autonomia delle comunit
locali sono sempre state fondamentali per sviluppare i grandi commerci caratteristici della
economia moderna, per molti definiscono linsieme di queste opere che vi colpiscono (Y
basca dellalta velocit, superporto di Jaizkibel,
eurocitt Donosti-Baiona, nuova autostrada
transpirenaica 3) un attacco deliberato allintegrit del popolo basco.

Il livello dello scontro qui molto alto. La diga


si fa per i loro interessi economici, ma acquisisce implicazioni politiche pi importanti (lo stesso successo anche in altre parti della penisola, come a volte in Catalunya). Sempre, quando si crea unopposizione, arriva un momento
in cui non valgono pi ragioni logiche, basti
pensare a quanto ripeteva spesso lex ministro
dellagricoltura del PP (Partito Popolare): linvaso di Itoiz si far por cojones e sar una
marcia militare. Ci succede perch qui c un
conflitto chiamato basco - ma che pi propriamente una questione spagnola - che dura
da molti anni, o meglio secoli, e che f s che
possano andare al di l di ogni limite, giustificando qualsiasi tipo di intervento poliziesco
con la totale impunit. accettato come normale che possano loro stessi attuare fuori dalla legalit. La prassi bollare qualsiasi tipo di
opposizione come violenta per criminalizzarla: facile dire che ci sia ETA (Euskadi Ta
Askatasuna, organizzazione indipendentista
armata attiva dalla fine degli anni 50) dietro
qualsiasi lotta o dissidenza per poter intervenire come vogliono.
- Come nacque lopposizione allopera e chi vi
partecip?
Sorse dalle stesse vallate, dagli abitanti riuniti
nelle batzarreak e si mise in contatto con forze
esterne come partiti politici del panorama locale (la sinistra radicale abertzale, indipendentista, e altre organizzazioni), sindacati
(anche qui il panorama vasto, c unampia
base sociale, si tratta di piccoli sindacati che si
sono sempre opposti chiaramente alla realizzazione di grandi infrastrutture), ambientalisti
ed associazioni amanti della montagna.
Nasce cos la Coordinadora di Itoiz, 23 anni
fa. Nel 1984 presentano il primo studio sul
caso e cominciano un grosso lavoro di informazione, convocando manifestazioni e portan-

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do la causa in tribunale per dimostrare lillegalit dellopera prima che questa venisse realizzata.
Di fatto lAudiencia Nacional e poi il Tribunal Supremo4 giudicarono lopera nulla e illegale: fu
la prima volta che si diede una sentenza favorevole ad una causa ecologista. Ma se la via dei
tribunali era necessaria, non abbiamo mai creduto che si potesse scommettere tutto su di essa.
Credere ancora che sia reale la separazione dei poteri negare levidenza. E questo si vide
chiaramente non molto tempo dopo, quando riuscirono a girare la tortilla cambiando la legge
per far quadrare il cerchio.
Il progetto della diga implicava linondazione di alcune fasce limitrofe ad una riserva naturale e la
realizzazione di una cava per somministrare materiale da costruzione che ricadeva nella stessa
area protetta. Nonostante per legge non fosse possibile modificare dette aree, se non in caso di
estremo pericolo per la vita umana, quello che fecero fu esattamente tracciare nuovi confini sulla
carta perch tutto risultasse formalmente perfetto. In poche parole adeguarono la normativa al

Un anziano preferisce incendiare la propria casa prima che gli venga espropriata ed abbattuta: sul muro la
scritta Politici e guardie poveri anormali... davanti a 1000 anni di storia non siete altro che scoria.

progetto, cos da riuscire a legalizzare lopera con successiva sentenza di tribunale, nonostante
fosse illegale cambiare i confini del parco per finalit economiche. Fu cos dimostrato come il
Potere potesse fare delle pataccate giuridiche che gli risultassero convenienti.
Quindi, nel 1993, cominci la costruzione, nel 1994 ebbe inizio il processo per lillegalit
dellopera e nel 1995 lAudiencia Nacional annull il progetto ma, perch venisse fermato il
cantiere, il giudice chiese alla Coordi-nadora uninden-nizzazione di 36 miliardi di pese-tas (quasi
217 milioni di Euro) a favore dellimpresa costruttrice, somma pi tardi ribassata a 12 milioni di
pesetas. Nonostante ci fossero pi di 10.000 persone che chiedevano la paralizzazione dellopera con manifestazioni e campeggi di protesta, i lavori non vennero fermati neanche un minuto.
Fu allora che nove persone, esecutori della sentenza dellAudiencia Nacional, decisero di

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tagliare i cavi che portavano il cemento alla lizzammo decine di azioni grazie allapporto di
diga, riuscendo cos a fermare i lavori per pa- molte persone che si esposero per impedire la
recchi mesi. Questazione fu promossa da realizzazione della diga e denunciare le impliSolidari@s con Itoiz,
cazioni politiche e
collettivo nato nel 1993
impresariali che nacon lobiettivo di rendescondeva. A volte riure compatibili altre forscimmo a fermare i lame di lotta allinterno
vori per alcuni minuti,
dellopposizione al
ed altre volte per mesi,
progetto. Lintervento
come con lazione che
del collettivo fu totalrealizzarono due ramente pubblico e non
gazze che in una notte
violento: lazione si
riuscirono a manometNagore,
il
Progresso
si
fa
spazio.
fece in presenza della
tere i macchinari della
stampa e gli esecutori rimasero sul luogo strada Aoiz-Nagore6, compresa la talpa
consegnandosi volontariamente alle forze di scavatrice, mettendole sabbia nellolio del mopolizia.
tore. Anche loro si presentarono spontaneaQuesta fu la scelta, per quanto unazione clan- mente al giudice, cosa che le valse una condandestina avrebbe evitato le torture (gravi e con na ad un anno di prigione ed una multa di 330
conseguenze permanenti) sofferte dai membri milioni di pesetas.
del collettivo dopo larresto e la successiva E cos andammo avanti, incatenandoci al
condanna a 4 anni e 10 mesi di carcere. Si cementificio interno al cantiere, bloccando le
decise per unazione pubblica perch lidea era strade ancorati a bidoni di cemento da 300
di coinvolgere pu persone in una chili, appendendoci un p dappertutto, ecc. Fudisobbedienza civile generalizzata. rono centinaia le persone che parteciparono in
Questimpostazione affonda le radici nella lun- questo modo allopposizione alla diga. Inoltre
ga storia delle lotte degli insumisos5 che rifiu- la nostra lotta si internazionalizz, arrivarono
tavano pubblicamente la leva militare con azioni persone da ogni dove per aiutarci, come nel
dimostrative che obbligavano la polizia ad ar- caso di unazione che alcuni ecologisti europei
restarli, dando cos
realizzarono indipengrande diffusione a una
dentemente, mettendo
pratica che i militari cerchiodi e vetri negli alcavano di minimizzare.
beri per impedire luso
Inoltre era necessario
delle motoseghe nella
assumersi chiaramente
deforestazione dei
la responsabilit delpendii interessati dallazione, perch la relinvaso, azione che ripressione non ricadesvendicarono autono16 luglio 2003, manifestazione contro la diga.
se indiscriminatamente
mamente.
sulle persone che avevano ripopolato i villaggi Allo stesso modo noi venimmo in contatto con
della valle. Di fatto poi questa non fu lunica altre lotte simili alla nostra in altre parti del
azione pubblica non violenta: negli anni rea- mondo, e realizzammo azioni congiunte ad

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esempio a Londra, con attivisti del fiume


Narmada (India).
- Nonostante la vostra forma di agire fosse pubblica, interponendo i vostri corpi alle macchine
o sabotandole senza mai produrre danni a persone, la criminalizzazione stata molto forte
Viviamo in un luogo dove una delle opposizioni allo Stato la lotta armata. Lo Stato cerca di
criminalizzarti tirando in ballo ETA. Ma ci sono

diga, cosa che smentimmo con i filmati dellazione, ed in generale mont una campagna
di criminalizzazione molto forte, descrivendo i
danneggiamenti prodotti ai macchinari come
atti violenti.
Per ottenere leffetto voluto, il governo di
Navarra si avvalse degli aiuti di una nota impresa di marketing (la Burson-Marsteller), conosciuta per il servizio prestato al dittatore
argentino Videla o alle imprese responsabili
del disastro della Exxon-Valdez.
Per mezzo di seminari, questa impresa si occupa del lavoro sporco di formare diplomatici e
funzionari affinch apprendano come reagire
di fronte alle critiche e passino alloffensiva, nei
confronti di gruppi sia locali che nazionali o
internazionali7.
Quando denunciammo questo fatto, lo scandalo fu talmente forte che limpresa abbandon
lincarico prima di terminarlo.
- Qual la situazione legale dopo questa campagna di criminalizzazione, e qual la situazione dei detenuti?

Itoiz, 16 luglio 2003 : la ruspa abbatte le case.

molte forme di lotta: la nostra non fu clandestina, cerc di essere una resistenza pubblica condivisa, che potesse estendersi a pi persone.
Molti di noi sono abitanti dei villaggi colpiti che
rifiutarono di abbandonare le proprie case, incatenandosi alle pareti quando arrivarono le
ruspe per abbatterle. Ci nonostante la stampa
non ebbe dubbi nel mentire accusandoci di percosse nei confronti della guardia giurata della

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Dal punto di vista giuridico la condanna per il


taglio dei cavi non ha nessun appiglio legale,
aggirarono le loro stesse leggi per infliggere
un castigo politico con unaccusa di sequestro
di persona basata su una legge dellanno 1870
e una richiesta da parte del governo di Navarra
di 19 anni di prigione! Le condanne sono diventate sempre pi dure, secondo un processo
iniziato gi nel 1992 in tutti gli Stati europei, e
che qui coincise con le Olimpiadi, lesposizione internazionale di Siviglia e i 500 anni dal
genocidio in America.
Lo stato manipola, mistifica , comanda i giornali, crea paure nella societ perch tutto questo
sia giustificato: cos la nostra strategia agli
sgoccioli, perch nonostante la quantit di gente che scelse di disobbedire pubblicamente, ora
abbiamo tanti carichi pendenti che ci impossi-

bile agire ancora. E con questo hanno ottenuto che non ci fosse pi ricambio: di fronte a tante botte, denunce, condanne, di volta in volta
meno numerosa la gente disposta a
esporsi. Ora, a livello tecnico sarebbe il momento di darci dentro pi che
mai, visto che linvaso quasi pieno
per non c nessun politico che voglia farsi responsabile di quello che
potrebbe succedere (stranamente, alAprile 1996: taglio dei cavi per il trasporto del cemento.
linaugurazione della prima parte del
Canal de Navarra non si vista neanche unautorit, se si pensa a quanto piaccia loro farsi
fotografare in queste occasioni). Stanno riempiendo la diga ma non sanno neanche loro se terr
davvero oppure no: sono in sella alla bici e devono pedalare ed il Canale ancora da finire!
Ma anche se la situazione questa, ci sono stati dei momenti di punta dove ancora abbiamo avuto
la forza di opporci, come nella demolizione dei villaggi ora inondati.
Demolizione che non aveva nessuna giustificazione, se non quella di spezzare la resistenza di
quelli che vivevano ancora l8. Molti erano anziani: rimasero l con noi fino allultimo giorno.
Fummo quasi in 300 a restare nei villaggi posti sotto sgombero, spartendo tutto: vivemmo qualcosa di molto raro al giorno doggi, vivemmo il fatto di essere una comunit in lotta. Gente della
valle e gente da tutta Euskal Herria, dalla Catalunya, dallo Stato spagnolo e da tutta Europa fummo
accolti di nascosto nelle case che gli abitanti finivano di svuotare dagli ultimi effetti, e l preparammo la resistenza, incatenandoci tra le pietre portanti degli antichi muri, presidiando le montagne,
monitorando le strade, e costruendo bunkers di difficile accesso dove alcuni di noi si rinchiusero
per impedire il lavoro delle macchine.
Tirarci fuori da l cost mesi ed altri 86 detenuti: 19 sono ancora in attesa di giudizio.
Dei condannati per il taglio dei cavi uno ha scontato 4 anni di carcere ed ora in libert condizionale fino al 2007, un altro ne ha fatti 3 ed ora ha ottenuto il terzo grado9. Sei sono ancora
ricercati. In pi bisogna ricordare un compaero gi condannato per insumisin che decise di farsi
arrestare con unazione, e che ha scontato un anno di carcere, e le due compagne prima citate.
Le ore sono passate velocementesanno gi che arriver il momento di domande a cui sar
difficile rispondere: mi precedono, e prima di poterne fare altre tirano fuori una bottiglia di
Patxaran. Dopo tanta concentrazione ci rilassiamo, il momento di scherzare un po e poi via,
continuiamo.
- Ora tenteranno la prima prova di riempimento totale, tra laltro senza rispettare i tempi di
sicurezza. A quota 585, cosa rimarr di voi sotto lacqua e cosa no?
Sinceramente, 11 anni dopo ti rendi conto che il gruppo com. Non ci pentiamo, guardandoci
indietro, di quello che abbiamo fatto magari ci resta la sensazione che avremmo potuto realizzare meglio certe azioni.
un momento di analisi, il panorama questo, abbiamo portato avanti una lotta frontale con

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conseguenze giudiziarie pesanti. una realt frustrante, e come collettivo questo ha significato
uno sforzo rilevante a livello umano, non avendo avuto ricambio: non un momento moltopositivo.
I lavori ancora non sono terminati per non possiamo affrontarli perch non abbiamo a disposizione le armi che avevamo 11 anni fa. Molta gente ha anche mollato vedendo che non si ottenevano risultati e si dedica ad altre lotte.

Distruzione di Itoiz. Sullo sfondo, il muro della diga.

In fin dei conti stata una difesa molto dignitosa, con la consapevolezza che in un determinato
momento le persone possono unirsi per un giusto fine: la tua lotta servita, perch si sono potuti
fermare i lavori che non si riusciti a fermare in altro modo, ma non si raggiunta la disobbedienza
civile generalizzata.
A livello personale ci sono stati dei momenti brutti, deprimenti e di lotta interiore, per s che c
soddisfazione. Come individuo sei ricco di esperienze che rimangono nella tua vita, e che rimarranno nelle prossime lotte Perch, al di l della legalit/illegalit, avvertiamo tutta la legittimit
della nostra azione: ci sentiamo parte di una lotta molto pi grande.
I bicchieri sono vuoti... c un p di tristezza per anche tranquillit. E soprattutto nessun fatalismo:
non c tempo per molto altro, ci alziamo tutti e usciamo in fretta. Chi va ad un dibattito, chi ad una
assemblea, chi vuole partecipare a un presidio di solidariet ai prigionieri politici.
Presto mi trovo solo in Nabarrera Plaza, al centro del casco viejo. Capannelli di persone
parlano, si incontrano, vanno e vengono ognuno con le proprie storie. Mi sorprende un particolare: molti, nonostante siamo in citt, calzano scarponi da montagna.
No, potranno toglier loro tutto, ma non la voglia di lottare.

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Note:
1. Iparralde, terre del nord, la parte del Paese Basco ora sotto lo Stato francese. Accolse i profughi che attraverso
le montagne del Pireneo giungevano dallAlta Navarra spagnola. I dissidenti della Ribera, della piana, cos come
in altre parti della penisola (Andalusia, Galizia, ecc.), non trovarono via di fuga e furono in gran parte fucilati.
2. Personaggio di punta di Iberdrola, multinazionale spagnola nel campo della produzione di energia elettrica, divenne
in seguito ministro della gestione delle acque. Fu uomo chiave in tutte le vicende riguardanti i grandi travasi fluviali e
la costruzione di dighe e centrali idroelettriche, dove continu a rappresentare gli interessi dei gruppi privati.
3. La regione basca una zona strategica in quanto porta per il nord Europa e porto sullAtlantico. attualmente
teatro di grossi interventi infrastrutturali quali la linea TAV tra Bilbo Baiona Madrid (Y basca) con connessione al futuro
superporto intercontinentale di Jaizkibel-Pasaia, il progetto di metropoli transfrontaliera Donosti-Baiona (eurociudad),
la nuova autostrada Pamplona-Pau (transpirenaica) che poco piace ai francesi, ed altre opere.
4. Sono i vari gradi della giustizia nazionale spagnola. Audiencia Nacional: tribunale giurisdizionale collegiale con sede
nella capitale, creato per risolvere determinate questioni di indole penale e contenziosi amministrativi; Tribunal
Supremo: il tribunale di tutti gli organi giurisdizionali, tanto civili che penali o amministrativi, con giurisdizione in tutto
lo Stato. Le sue sentenze non ammettono ulteriori ricorsi e servono per fare giurisprudenza. Tribunale collegiale con
sede a Madrid.
5. Sono i Renitenti, movimento antimilitarista di disobbedienza civile allesercito, che incontr ampio appoggio
popolare.
6. Nuova strada che perfor la montagna, realizzata in sostituzione della vecchia inondata in seguito.
7. Comunicacin e ideologas de la seguridad, Michle Mattelart/Armand Mattelart, Cuadernos Anagrama, Editorial
Anagrama. 1998.
8. Le case sarebbero state comunque inondate e distrutte con linnalzamento del livello dellacqua.
9. Regime di semilibert.

Le foto alle pagine 24 e 25 sono di Patri Subeltz, le altre provengono dallarchivio dei Solidari@s.

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NON POTETE
FERMARE IL VENTO
A RTURO F AZIO
una splendida giornata dinverno. Un inverno in cui fa caldo e non nevica.
Assorto nei miei pensieri catastrofici sullandamento climatico non posso fare a meno di
ammirare il magnifico paesaggio che mi circonda.
Dal colletto della Bossola sto salendo verso lomonima cima. Alla mia sinistra la valle Sacra,
dominata dalle vette della Quinzeina, da qui si indovinano gli imbocchi della valle di Locana,
delle valli di Lanzo, i pendii del Musin, la Val di Susa e tutta la sequenza delle valli che
attraversano le Alpi occidentali fino alle Marittime. Alla mia destra il Chiusella, il torrente che d
il nome alla vallata, di questi tempi ridotto ad un rigagnolo dacqua. In fondo alla valle il monte
Marzo, il massiccio della Rosa dei Banchi.
In un vallone laterale della Val Chiusella, quello di Brosso, abitava Edoardo Massari, detto
Baleno. Condividevo con lui la passione per la montagna e pure alcuni sogni e desideri. La
sua morte, oltre a provocarmi dolore e rabbia, ha modificato anche le mie sorti e mi ha fornito
il tempo, durante otto anni e mezzo di latitanza, di fare lunghe passeggiate e profonde
riflessioni sul senso della lotta e della violenza. Quel giorno a Brosso, durante il funerale del
nostro compagno ci accusarono di essere violenti perch avevamo scacciato gli avvoltoi
dellinformazione.
I giornali agitarono lo spettro del terrorismo per commentare lincendio di qualche trivella,
mentre i loro padroni sventravano le montagne e violentavano il destino dei loro abitanti.
In effetti, la Storia di queste montagne stata da sempre segnata dalla violenza, linvasione
nazifascista e la Resistenza dei partigiani ne sono un nitido esempio.

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Gli stessi giornali che oggi ci additano come banditi e terroristi, durante il ventennio fecero la
stessa cosa con chi si opponeva al regime. I governi si arrogano il monopolio della violenza e
chiunque si opponga viene sistematicamente criminalizzato con lobiettivo di emarginarlo dalle
lotte sociali e dai propri compagni. I governi vogliono impedire, con ogni mezzo, i legami che
stanno crescendo e si concretizzano nellopposizione agli scempi del TAV, ai progetti dei signori
della guerra, contro gli inceneritori e le nefandezze che fanno lievitare i conti in banca di politiciimprenditori senza scrupoli.
Sono arrivato alla cima della Bossola, lemozione della salita lascia spazio alla contem-plazione...
Ammaliato dal silenzio di queste altezze penso che anche grazie a Baleno e Soledad lalta velocit

Cima della Bossola, estate 1913.

non ancora passata, che limpulso delle lotte valsusine ha stimolato la nascita e la reciproca
conoscenza dei comitati che lottano contro le nocivit. Da questo incontro nato il patto di mutuo
appoggio, la manifestazione di Vicenza non sarebbe stata possibile senza la Val di Susa.
stato bello tornare dallesilio e trovare la Val di Susa in fermento. Penso agli inizi degli anni 90
quando, con alcuni compagni cercammo, attraverso dei volantini ed una rivista, il confronto con i
valsusini e poi, dopo gli arresti del marzo 98, i volantinaggi nei mercati della valle presidiati dai
blindati dei carabinieri.
stato bello tornare e constatare che oltre alla Val di Susa tutta una serie di lotte stanno crescendo
ovunque nella penisola.
stato bello tornare proprio in questi giorni il mio nome, insieme a quello di altri compagni,
apparso a pi riprese sulle pagine della Stampa di Torino. Io vengo definito un picchiatore durante
la feroce aggressione ai cronisti del dolore.
Il solito ribaltamento dei ruoli, il revisionismo della Storia.
stato bello tornare, ma devo ammettere che dormivo pi tranquillo mentre ero latitante.
Meglio non farmi rovinare la giornata da cupi pensieri. Intraprendo la discesa verso valle, mi dico

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che sarebbe bello fare una festa qui per ricordare Sole
e Baleno, amanti della libert. Una festa per diluire il
dolore, per sfatare langoscia verso questo mondo di
guerre e miseria, lontani dalle commemorazioni, vicini nel ricordo di compagni che avevano un odio viscerale per le catene.
Getto un ultimo sguardo alla Val di Susa, dove si parla
di autogestione e lautodeterminazione una realt.
Invano i politici di ogni risma hanno provato a cavalcare la belva, in Val di Susa si canta e si danza e sul
presidio di Venaus fa sempre bel tempo.
Il Sole e lArcobaleno giocano a rincorrersi tra le nuvole mentre il Vento, lui, continua a soffiare.
Valchiusella, marzo 07.

Partigiani della zona di Rueglio.

In seguito ai sabotaggi verificatisi in Val Susa a partire dal 1995, nel marzo 1998 vengono spiccati tre mandati di
cattura contro altrettanti anarchici accusati di associazione sovversiva e di essere gli autori di queste azioni. Il 28
marzo viene ritrovato, nel carcere delle vallette, a Torino, il corpo senza vita di Edoardo Massari. Al suo funerale i
giornalisti, pur invitati a non presentarsi, arrivano in gran numero e sono allontanati energicamente. Per questo, tre
compagni, tra cui Arturo Fazio, saranno accusati di lesioni gravi ai danni di uno di loro.
Nel luglio 98 anche Soledad si toglier la vita, durante i domiciliari. Dopo otto anni e mezzo la vicenda si conclude
anche per Arturo, che pu tornare a casa.

Le immagini per questo articolo sono tratte da Gente del Canavese, a cura del Centro Etnologico Canavesano,
Bajo Dora (To), s.d. (ma 1979), 2 voll.

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ALP
TRENTACINQUE

ANNI DI ARVIRA

T AVO B URAT
Nellottobre 1973 usciva il primo numero di Alp, vos d larvira piemonteisa, voce della rivolta
piemontese. Quella prima serie ha avuto soltanto sette numeri: lultimo fu stampato con i
compagni sardi immigrati a Biella, il numero sette del giugno 1977. Poi, una sosta sino al
dicembre 1984, quando la voce tornata a ribellarsi.
ALP ha un posto particolare nella storia dei periodici in piemontese: sia dal punto di vista geografico sia da quello politico. Per quanto riguarda laspetto geografico, per molti anni stata lunica
rivista nel Piemonte Nordorientale al servizio, pi che della Koin (o lingua comune, regionale),
degli idiomi locali delle province di Biella, Vercelli, Novara e del Verbano-Ossola. Dal punto di
vista letterario, ALP, iniziando il suo percorso da unispirazione socialista libertaria, estranea
comunque ad ogni partito, non ha mai abbandonato quella strada, estendendo tuttavia la sua
azione allimpegno per la difesa della madre-terra (la Pacha-mama degli amerindi), ponendosi
nella posizione eco-libertaria. Un sentiero, questo, che ha pure una sua tradizione, iniziata con la
poesia giacobina di Edoardo Ignazio Calvo (1773-1804), di Angelo Brofferio (1802-1866) e
portata avanti dalla Gasett d Giandoja (1864-1866) ma, tuttavia, differenziandosi da coloro
che, affascinati dal pensiero giacobino francese, hanno disprezzato la cultura popolare, guardando da bravi borghesi la povera gente come plebaglia ignorante. I giacobini pagarono cara la
loro politica cittadina, poich le repubbliche che fondarono, al servizio delle mire espansionistiche francesi, furono travolte dallira dei contadini e dei montanari, furenti contro la borghesia che
aveva sostituito la nobilt senza smettere di sfruttare la povera gente. Purtroppo, la Sinistra
italiana, e pure quella piemontese, non sono guarite dalla malattia giacobina, sempre ponendo in
primo piano la virt dei cittadini e tenendo in nessun conto i contadini, ritenuti sempre e

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comunque reazionari. Parole come urbano care alla Sinistra la necessit di riscoprire i tehanno assunto un senso positivo, mentre quel- sori della cultura popolare. Infatti, abbiamo molle connesse alla campagna, come contadino, to da imparare dai contadini e dai montanari,
appunto, villano, bifolco, buzzurro, ca- poich, tuttaltro che ignoranti, sono portafone, burino, hanno tutte un significato tori di una loro cultura e conoscono i segreti
dispregiativo, sinonimi di maleduca- preziosi, innanzitutto quelli di essere capaci di
to,ignorante, rozzo. Quasi un disprezzo vivere in e di un luogo, traendo profitto dalla
razzista dei borghesi, verso tutto ci che at- terra senza offenderla e guastarla. Siamo contiene al mondo contadino e montanaro. Que- vinti che oggi, quando lo schiacciasassi della
statteggiamento della Sinistra si innestato massificazione va spianando la strada al potecon quello operaistico: certamente loperaio re omologante, tutto ci che fa differenza pu
chiave di volta nel processo produttivo, e aiutare a resistere, un antidoto, un
marxianamente ha unimportanza primaria per controveleno, come ci ha insegnato la lezione
la trasformazione dellassetto sociale, ma non pasoliniana. Per questo, non perdiamo occasi deve dimenticare che i contadini non sono sione per testimoniare la nostra simpatia ansempre e comunque i retrivi dipinti dai partiti che per gli Zingari (in particolare per i Sinti
che nelle metropoli hanno le loro strutture piemontesi), i pi diversi di tutti e per ci i pi
direttive. Basterebbe ricordare la funzione ri- disprezzati.
voluzionaria dei mezzadri toscani (ricordate il Arvira, rivolta, dunque contro i pregiudizi e
film di Bertolucci, Nocontro la furia sconsivecento), e delle monderata con cui si abdine, una straordinaria
battono i monumencomunit femminile,
ti (sissignori, monuformata proprio da
menti, perch tali non
donne, tutte, provesono soltanto le chienienti dalla societ ruse ed i palazzi del porale. Ebbene, ALP ha
tere) della vita e del lavoluto trarre dalla culvoro dei proletari,
tura giacobina le idee
come le case operaie,
di libert, eguaglianza
i cascinali e le baite,
e fratellanza - che
le fabbriche ed i labosono, poi, dei principi
ratori artigiani con
evangelici - rovescianla mania di ridurre i
do per il discredito
nostri bei paesi, le noper quella cultura che
stre citt con i loro
intendiamo, invece, ALP dellagosto 2006. Nellillustrazione, il treno del portici e le loro antiCapital lanciato contro il muro del Limit Ecolgich.
portare allonore del
che strade, testimoni
mondo. I discepoli di Brofferio, ed il loro gior- dellidentit piemontese, ad una sola grande
nale La gastta d Giandoja, volevano diroz- periferia, squallida ed uguale, piena di grattazare la plebe educandola, emancipandola, cieli e di palazzacci, con cemento ed asfalto al
indicandole i valori della cultura scolastica; ALP posto di alberi e prati. ALP sa bene di essere
vuole invece percorrere la strada inversa: indi- tra lincudine ed il martello, poich si diffe-

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renzia dalla Sinistra, essendo autonomista e federalista, per la lingua


piemontese come per tutte le lingue
regionali (quelle che loro, quelli della Sinistra bene e gli accademici,
chiamano dialetti).
Siamo eretici e corsari come Pasolini. Ma abbiamo contro di noi pure
i piemontesisti, perch non siamo
nazionalisti, ma paesani del mondo, sempre e comunque, per la pace,
senza odio, fratelli degli Zingari. Tavo e un altro compagno di ALP alla festa Dolciniana (Trivero,
Come scriveva il poeta Tni Bodrero, settembre 2006). Ai loro fianchi, la bandiera del cantone dei
Grigioni (Svizzera) e la Bundschuhe , simbolo dei contadini
abbiamo molte patrie: dove affondiatedeschi ribelli del XVI secolo.
mo le nostre radici, certo, ma anche
dove lavoriamo per guadagnare il pane; e poi, quelle che ciascuno di noi ha scelto con grinor,
affetto: ad esempio, io sento la mia patria tutte le montagne, la Provenza, i Grigioni, i paesi celtici,
lEuskadi e persino il Tawantinsuyo degli Incas. E, riguardo agli stranieri, vogliamo (tutti noi di ALP,
anche coloro che non sono credenti) ascoltare la parola di Ges Cristo. A coloro che, per vivere,
giungono in Piemonte, vogliamo dire bin riv, benvenuti, in Piemontese, dar loro una mano e
testimoniare cos che si pu lottare per la nostra bella lingua senza avere listeria xenofoba.
Lacqua scende, invece noi andiamo in su, testardi, finch ne avremo forza. Due o tre dozzine
danni di ribellione! Non siamo molti, ma non siamo mai rimasti soli. Coraggio, compagni.
Per voi lantico saluto nostrano: Algher!
(Da Lassomse nen taj la lenga/Non lasciamoci tagliare la lingua), interventi di Tavo Burat in piemontese, con
traduzione italiana, ALP 2006.

Concludiamo con lestratto di una lettera di Tavo: Adesso ALP ben lieta di dare la sua grangia
a disposizione di Nunatak, che esce come suo supplemento.

Per chi volesse conoscere meglio ALP, labbonamento annuo di 6 euro, da versare sul conto corrente postale n.
31020134, intestato ad ALP, via Vercellotto 3, 13836 Cossato (BI).
Il sito della rivista : alpiemont.altervista.org
Per contatti: perodijvalentin@virgilio.it oppure alp.biella@katamail.com

z
z 37

QUESTA STRADA
NON SHA DA FARE!
DATI

E CONSIDERAZIONI SULLA NASCENTE

LOTTA CONTRO LA

V ICINI

STRADA

DELLE CAVE

E SOLIDALI

Sempre di pi, in un periodo in cui le circostanze del momento hanno stimolato le genti che
abitano le vallate alpine, e non solo, a riflettere sul proprio rapporto con il territorio che abitano,
su quanto questo rapporto stia alla base della propria autodeterminazione quotidiana, e su come
opporsi alle sempre pi evidenti sciagure che il capitale vorrebbe riversare su questi luoghi,
nascono ovunque focolai di resistenza, determinati nel voler ostacolare il tragitto, apparentemente lineare, del progresso imposto da questa societ.
Le sciagure di tale progresso si traducono, almeno nei suoi termini pi evidenti, in treni ad alta
velocit, industrializzazione, trafori, turismo di massa, cemento, inceneritori, discariche e, non
ultime, le strade che in fin dei conti, garantiscono tutto ci.
Ed proprio a proposito di strade che, in questi mesi, la Val Pellice vede un gruppo di valligiani
riunirsi in un comitato (in questo momento la forma pi immediata e spontanea, anche se non la
sola, per riunirsi a livello popolare) contro la cosiddetta strada delle cave. Un progetto di vecchia
data che silenziosamente stato pensato nellalto delle sale regionali e provinciali e, altrettanto
silenziosamente, stava per essere realizzato.

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Esso consiste, inizialmente, nel raccordo tra Bibiana e Luserna S. Giovanni che squarcerebbe
irreversibilmente unarea della Val Pellice in parte ancora intatta a livello naturalistico e animata da
unattivit umana semplice e, per certi versi, insubordinata alla megaproduzione.
Il progetto di questa strada, oltre a non essere che il primo tassello di un progetto molto pi ampio
che vedremo meglio nel seguito dellarticolo, non la sola cosa a mettere a repentaglio la qualit
della vita e lindipendenza della valle. La strada infatti funzionale a due piaghe gi presenti sul
territorio: lo stabilimento per limbottigliamento delle acque minerali SPAREA (acqua Valmora),
responsabile insieme ad altre strutture del dissennato sfruttamento delle risorse idriche (privare la montagna del suo bene pi prezioso ma gratuito, per costringere chi di questo bene ne
potrebbe usufruire direttamente ad accedervi attraverso le bottiglie del negozio o supermercato) e allo sconsiderato aumento delle cave destrazione della pietra di Luserna (un tempo
patrimonio della comunit, come primario materiale di costruzione in loco, utile alla vita di
quei paesi e non oggetto di folle esportazione e mercificazione).
Con il subdolo pretesto di porre rimedio al fastidioso transito dei camion di cava e di azienda
sulla strada che oggi porta alle cave, creeranno tutte le condizioni affinch, poco lontano, il
traffico merci si moltiplichi, determinando cos laumento esponenziale degli spostamenti
commerciali, essenziali per i gigantismi imprenditoriali e multinazionali, ma inutili e deterioranti per gli abitanti della valle che verrebbero spossessati della possibilit di godere della
propria terra coscientemente e direttamente.
Verosimilmente vedremmo la via per la Val Pellice diventare uno strategico asse di collegamento tra due pianure (pinerolese e torinese con Bibiana e provincia di Cuneo), senza escludere
la possibilit, che man mano si fa sempre pi attendibile, di vedere la strada protrarsi oltralpe,
rompendo in tal modo il felice isolamento di cui gode questa valle.
La lotta iniziata, come spesso accade, per specifiche e, in un certo senso, parziali ragioni, ma
bene fin da subito, se desideriamo essere incisivi e determinanti, tenere a mente le cause ed i
meccanismi insiti in tali scelte di sviluppo, mantenere uno sguardo profondo e capace di sviscerare
la realt, senza con ci distrarci dai processi che ci sfiorano e ci urtano giorno dopo giorno.
Sapere riconoscere la strada, ma individuarne lorigine, la partenza e, se mai ne possa avere uno,
il termine.
Le porzioni di testo tra virgolette sono estratte da una conferenza tenutasi il 15 febbraio 2007
presso lo Spazio Popolare Nio di Pinerolo.
La strada.
Il progetto della strada delle cave, tanto per inquadrare la situazione, un progetto vecchio
cos come quello del traforo del Queyras. Tanto per darvi unidea, mio padre, nel 1960, andato
alla cerimonia del taglio del nastro per linaugurazione di tale traforo che poi non ha avuto
seguito
Ultimamente, invece, si parla seriamente della strada delle cave poich, a differenza di prima, ci
sono i fondi per realizzarla.
Il progetto comprende due lotti. Il primo va dalla rotonda di Bibiana fino al cimitero di Lusernetta.
Il secondo, che quello maggiormente contestato, dal cimitero passa attraverso un bosco (tale
tratto comporter la costruzione di un ponte ed un terrapieno alto sette metri) che confluir nella

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rotonda di San Marco, ancora da costruire, che il luogo in cui c la fabbrica dacqua minerale
SPAREA.
E importante sapere la suddivisione in due lotti perch abbiamo scoperto che i fondi olimpici, in
realt, erano preposti esclusivamente per il lotto numero uno mentre del secondo se n parlato
a partire dalla fine del 2005
Le dimensioni dellopera non lasciano alcun dubbio sugli effettivi interessi che si celano dietro le
motivazioni date dallamministrazione locale. Essa vorrebbe liquidare il tutto come un intervento
atto a smaltire il traffico nella valle, ma ovvio che creer i presupposti che ne determineranno

Il bosco del Martinetto, dove dovrebbe passare la strada.

laumento e la concentrazione in quel territorio.


Daltra parte non si mai assistito ad un mantenimento del traffico costante fornendo capacit
stradali maggiori. Figuriamoci una diminuzione! Le strade, daltronde, vogliono automobili.
Una delle cose pi assurde riguarda il bosco di cui abbiamo parlato prima. Su di esso dovrebbe nascere questa strada a quattro corsie pi un parcheggio ed unarea di servizio con tanto di bar.
I motivi della costruzione della strada delle cave, dicono sono legati alla risoluzione dei problemi
del traffico. Per quanto riguarda Luserna Alta, con la nuova strada, il traffico non intaser pi una
strettoia al centro del paese, che effettivamente un problema, ma anche vero che semplicemente sar spostato di pochi metri.
Per quello che riguarda linquinamento da polveri sottili inoltre, va detto che queste non sono
localizzate solo nel punto in cui passano i camion, ma chiaramente si spostano a seconda del
vento. Tenete poi conto che il comune di Luserna ha investito in questo progetto 500.000 euro in
vista di un possibile aumento del numero delle cave. Aumentando il numero delle cave attive, di
conseguenza, anche il traffico aumenter. Si costruisce cos una nuova strada e, per rientrare dei

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soldi spesi, si danno ulteriori concessioni (per lestrazione della pietra) aumentando cos il numero dei camion in circolazione.
perverso come pensiero! La strada non una soluzione perch, se agevola chi abita nel punto
dove passano ora i camion, finir per danneggiare coloro che vivono nei pressi del nuovo
tracciato (e si parla di pi di 500 persone coinvolte).
Le sfaccettate implicazioni di questo progetto in termini di viabilit, trasporto, gestione ed economia territoriale, speculazione edilizia e aziendale, turismo ecc., portano la discussione a spostarsi
dallo specifico dellopera ad un piano pi generale di valutazione dei sistemi malati che ne sono
la sorgente.
Lalto costo dellopera (dieci milioni di euro) e il suo impatto ambientale devastante hanno
spinto il nostro comitato a chiedersi se sia effettivamente utile o se esistono delle alternative; se
essa risolve dei problemi o ne crea di nuovi. C poi da chiedersi inoltre se ci sia il bisogno di
facilitare il trasporto della pietra o se sussista un sovra-utilizzo delle cave e dellattivit estrattiva.
Ci che il comitato ha chiesto invano stato, ad esempio, che non fosse costruito un viadotto del

Camminata collettiva promossa dal Comitato.

costo di 2,5 milioni di euro, lungo oltre 100 metri. Seguendo il vecchio percorso ci simbatterebbe, senza bisogno di alcun ponte, in unex fabbrica in disuso e nella seconda casa del proprietario
della SPAREA che, tra laltro, uno dei finanziatori dellopera.
Gli amministratori locali di fronte alle obiezioni hanno sempre affermato che esisteva solo un
progetto provvisorio finendo poi per cestinarle con la scusa che era troppo tardi.
A proposito di trasparenza
Dalla fine del 2005 in poi liter stato piuttosto veloce. Sempre alla fine del 2005 c stata anche
lapprovazione del progetto definitivo che ha comportato il superamento immediato dei dissensi
da parte degli enti preposti alla tutela ambientale del territorio. Il 18 dicembre 2006 avvenuta
lapprovazione del progetto esecutivo ed il 29 dello stesso mese partito il bando della gara
dappalto. Dobbiamo a questo punto fare due considerazioni che sono intrecciate luna con
laltra: per prima cosa ci ha stupito liter velocissimo e la seconda riguarda la non trasparenza di

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tale procedimento. In particolare abbiamo dovuto constatare la non trasparenza da parte degli
amministratori di Luserna San Giovanni nella gestione del problema. Mentre a Bibiana e a Lusernetta
ci sono stati incontri pubblici sullargomento a Luserna S.G. zero! Non se n mai parlato.
Liter burocratico durato un anno da considerarsi velocissimo per chi conosce i tempi della
realizzazione delle opere pubbliche. Evidentemente non cera assolutamente tempo per degli
intoppi: lo dimostra anche il fatto che il superamento delle obiezioni di ben quattro enti preposti
alla tutela ambientale stato possibile, non attraverso una conferenza dei servizi, ma direttamente
grazie alla firma della presidente della Regione, Mercedes Bresso. Inoltre, finora, non siamo
ancora riusciti a vedere il progetto definitivo. Persino il comune di Luserna ha visionato un progetto provvisorio risalente al 2002. Inutilmente il comune ha cercato di tranquillizzarci; il progetto
non era definito, ad esempio non si capiva che, di fronte alla rotonda di San Marco, ci sarebbe
stato un terrapieno alto sette metri. Sette metri pi tre metri di barriera anti-rumore, vuol dire che
dinverno il sole non lo si vede mai.
Un altro problema inerente alla non trasparenza; il 20 gennaio 2006 gli amministratori avevano
pubblicamente dichiarato che avrebbero ascoltato eventuali problemi riguardanti lopera e le
obiezioni degli abitanti che vivono nella zona. In realt non stato fatto assolutamente niente.
Allinizio del 2006 uno degli espropriati aveva presentato un esposto chiedendo lo spostamento
del tracciato della strada nella zona adiacente al torrente. In una conferenza dei servizi a maggio
i soliti amministratori avevano dichiarato di aver preso in considerazione le modifiche richieste, il
che ha tranquillizzato un po tutti. Peccato che poi, ad ottobre, sono arrivati gli espropri con tanto
di picchetti su tutto il tracciato. Noi, una volta che ci siamo costituiti in comitato abbiamo subito
chiesto un consiglio comunale aperto stiamo ancora aspettando!
Unaltra incognita rappresentata dai 330.000 euro stanziati dalla provincia di Cuneo per un
progetto che, sulla carta, tocca tre comuni (Bibiana, Luserna e Lusernetta) che sono in provincia di
Torino. Anche da questo punto di vista, cos come stato detto per lasse di valle, la strada delle
cave sembra essere il primo tassello per qualcosa di pi vasto. Lipotesi pi verosimile che
vogliano deviare su questa tratta anche i camion che, normalmente, utilizzano altre strade nella
zona di Barge, Bagnolo e Montoso.
Qualche considerazione va fatta su quelle
opere che devono essere fatte per forza, se
no si perdono i soldi dei
finanziamenti e la possibilit per qualcuno di
mangiarci su. In Val
Pellice ci sar il rinnovo
del piano strutturale
(2007/2013) con il
quale arriver una valanga di soldi che gli
Rischia di essere abbattuta una delle pi importanti aree boschive della zona.
amministratori locali

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hanno intenzione di investire in viabilit. Quello a cui si vuole arrivare una super strada che
permetta di arrivare a Torino in quaranta minuti. Un collegamento cos veloce comporter
altre costruzioni, agevolando non solo le lobby
della pietra e dellacqua, ma anche quelle del
mattone.
Va poi detto inoltre che la comunit montana
tende ad intrecciare interessi poco chiari con
ditte ed amministratori locali.
Ad esempio, lassessore alla viabilit della comunit montana al tempo stesso il sindaco di
Ror e quindi dietro lestrazione della pietra ha
tutti i suoi interessi. Suo figlio uno dei pi
importanti progettisti e guarda caso vince tutti i
concorsi possibili.
proprio la comunit montana, in effetti, a detenere il potere decisionale per gli interventi
sul territorio. stata proprio questistituzione
ad avere inserito lasse di valle nel documento
programmatico attraverso giunte compiacenti
di centro-sinistra. Ovviamente pochi in valle ne
sanno qualcosa
Lasse di valle e il traforo del Queyras.
Cos come in altre occasioni, i signori delle
grandi opere di espansione urbanistica e stradale si avvalgono della possibilit di avanzare
gradualmente, un passo alla volta, abituando
lo sguardo e la mente di chi subir i risultati dei
loro prodotti, permettendosi di arrivare trulli
trulli al loro grande obiettivo finale senza
che ciascuno dei piccoli lavori intrapresi sia riconosciuto per tempo come pezzo da inserire
nel gran puzzle della conquista urbanizzatrice.
Il vero motivo per la costruzione di questa strada legato ad un suo futuro proseguimento gi
pensato in precedenza: il cosiddetto asse di
valle che, superato gli abitati di Luserna e Torre Pellice, porterebbe ad un traforo sotto il
Queyras (nei pressi del colle della Croce) creando un collegamento con la Francia.

Questo almeno nelle intenzioni; sicuramente


comunque lasse di valle non stato pensato in
funzione dei due centri abitati pi popolosi
(Luserna e Torre Pellice) e nemmeno per i centri minori dellalta valle (Villar Pellice e Bobbio
Pellice).
Un altro motivo per la realizzazione della strada delle cave rappresentato da Lusernetta,
paese oggi poverissimo perch in una posizione scomoda e di difficile accesso. La nuova
strada offrirebbe un veloce collegamento con
la bassa valle, ma, verosimilmente, anche una
modifica del piano regolatore indirizzata verso
nuove concessioni per costruzioni abitative ed
industriali. Gi ora sono in costruzione quindici villette ed un nuovo agriturismo.
Tra laltro, il percorso della vecchia strada, logicamente, passava nella zona dove ora sorgono le villette. Quella nuova invece nel punto
in cui il dislivello maggiore tanto da rendere
necessari terrapieni e cavalcavia. Perch? Perch se seguisse il vecchio percorso si avvicinerebbe a queste nuove costruzioni facendone
precipitare il valore.
Aprire un collegamento con la Francia significa esporre lalta valle alla speculazione edilizia. Questo un motivo in pi per lottare contro questa strada.
Teniamo conto del fatto che la bassa Valle Pellice
gi pesantemente compromessa da fabbriche, capannoni ed infrastrutture. Lunica sua fortuna di non avere uno sbocco in Francia, cosa
che fino ad ora ha preservato lalta valle dal
traffico e dalla cementificazione.
Terra ed acqua, resistere allassalto della privatizzazione.
ormai un dato acquisito che le risorse naturali da cui gli uomini potrebbero attingere senza
mortificarle, se solo sapessero percepirle come
beni da cui prendere e a cui dare e non merce
con cui alimentare i propri privilegi, siano di-

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ventati i mezzi attraverso i quali, chi li possiede, pu stabilire il sottile ricatto sotto cui gli altri
dovranno piegarsi per potervi accedere.
Ormai comunemente per risoluzione del problema traffico sintende una riduzione di percorso,
di tempo perso (nellordine di un paio di minuti su unora di percorrenza). questa concezione che
va messa in discussione anche se molto arduo.
Oggi tuttavia si incomincia a ragionare sui beni comuni. Lacqua ad esempio, non solo privatizzata,
imbottigliata in involucri di plastica (e quindi petrolio), ma trasportata lontano utilizzando altro
petrolio. E un qualcosa che non ha alcun senso.
Altro bene comune, la terra. E mai possibile che si arrivi ad un livello di devastazione tale come
nel territorio delle cave? Un territorio devastato ed al tempo stesso inaccessibile, poich soggetto
a precise normative di sicurezza. Anche questa una cosa che non si pu dire.
Tutti gli amministratori sostengono che le cave sono un bene della valle, ma quale bene? Oltretutto

Sopra uno dei terreni espropriati.

i metodi di lavorazione tradizionali appartengono al passato. Oggi, di fatto, le cave sono una
porzione di terreno estratto e portato altrove per lavorazioni industriali. Per altro, la pietra non
nemmeno cos prestigiosa da sviluppare un mercato estero. Ha senso spostare cos tanto materiale? Ci che si produce ormai non ha pi un legame con il territorio, ma esiste in funzione di un
successivo spostamento. Nel caso della pietra, infatti, in valle, gli unici a lavorarci (a parte eccezioni) sono i camionisti che la trasportano creando altro traffico.
Le leggi sulle emissioni delle polveri sottili affermano che il limite massimo di sopportazione non
dovrebbe essere superato per pi di 45 giorni lanno. Oggi il 15 febbraio, quindi il 45 giorno
del 2007, e tale limite gi stato superato in 35 giorni. In tutto questo i politici della Val Pellice ma
non solo, pensiamo anche a Pinerolo ed ai fondi olimpici, che cosa escogitano? Costruire una
nuova strada!
I piani regolatori della valle si stanno adeguando ad una situazione che prospetta collegamenti
sempre pi veloci con la grande citt, in questo caso Torino. Questo significher altro cemento.
Dietro la strada delle cave quindi non c un progetto, ma i soliti interessi dei soliti pochi.
Gli interessi dei costruttori che, grazie ad una strada con la quale ci si sposta velocemente,
venderanno senza pi difficolt le case in valle. Sar cos presentata una valle che ha ancora delle
caratteristiche dintegrit, soprattutto nella parte alta, ma comoda poich facilmente raggiungibile. Opponendosi in modo intransigente alla strada delle cave ci si oppone a tutto questo.

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Si contrastano maggioranze ed opposizione partitiche fra le quali non c


alcuna differenza, ma che anzi sono
intercambiabili, tanto vero che sulla
realizzazione dei grandi scempi sono
sempre concordi. Basti pensare, agli inceneritori o in un senso pi ampio anche alle guerre.
Nel frattempo le iniziative proseguono. Si sono susseguiti incontri inforCresce il dissenso nei confronti degli amministratori locali.
mativi, riunioni ed assemblee aperte.
Lincontro in sede comunale tra amministratori e comitato ha sovraffollato la sala. Lungo lipotetico tracciato della strada sono state fatte camminate partecipate, tra musica e discussioni. Una
fiaccolata ha visto sfilare un centinaio di persone per le strade dei paesi. Un presidio/concerto ha
raccolto lattenzione animando un sabato pomerigio pinerolese. E tanto ancora dovr succedere

Le foto utilizzate in questo articolo sono state fornite dal Comitato No Strada delle cave.

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LA NATURA DEI
COLORI
Z IA P ILOSELLA*
*Pianta erbacea che cresce dal mare alle Alpi (fino ai 3000 metri), fa parte di un genere difficile; O. de Serres
assicurava che il succo tratto da questa pianta era impiegato nella composizione di una tempera per le spade e i coltelli,
che riusciva a far tagliare loro il ferro come fosse legno.

Introduzione
In contrapposizione ad un utilizzo imperante della sintesi chimica che, oltretutto, produce
risultati sempre pi distruttivi e devastanti ai danni dellambiente, assistiamo, soprattutto negli
ultimi anni, ad un recupero di vecchi metodi di tintura naturale. Seppur in limitati campi,
come quello dellartigianato, per la tessitura e la tintura con pigmenti di origine vegetale,
avvalendosi delluso di prodotti naturali, si evita sicuramente un ulteriore fonte di inquinamento. Limpatto sullambiente ovviamente un fattore di rilevante importanza quando ci troviamo
ad affrontare questioni legate ai colori, vernici, tinte per non parlare dei solventi che spesso
si devono utilizzare nella diluizione: gi questo aspetto basterebbe per approfondire un po di
pi la questione delle tinte naturali, ma doveroso anche interessarsene toccando altri
aspetti che sicuramente hanno unimportanza rilevante. Ad esempio, non tutti sanno che per
tingere non indispensabile lutilizzo di piante esotiche o quanto meno rare, infatti, si possono
impiegare piante comuni, facilmente reperibili nei nostri giardini, in campagna, in montagna, nei
terreni incoltiovviamente la conoscenza del territorio nel quale viviamo, anche da un punto di
vista botanico, basilare. Guardandoci intorno, camminando su un sentiero, ci rendiamo conto

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della variet di piante ed erbe con le quali pos- seppur naturali sono comunque velenosi. Non
siamo cibarci (vedi articolo: Cibarsi di prima- sempre, chiaramente, naturale sinonimo di
vera nel num. 2), con le quali potersi curare a-tossico vedi per es. i funghi che sono quindi
(vedi articolo: La notte del sole nel num. 3), da tener lontano dalla portata dei bambini e
con le quali, perch no, dilettarci nel dare colo- degli animali.
re ai pi diversi materiali come la carta, il tes- giusto ricordare che il materiale colorante
pu essere sia di origine animale, sia vegetale,
suto, il legno, largilla, il cuoio.
Non bisogna tralasciare di dire, a questo pro- sia minerale (terre coloranti principalmente utiposito, che quando si vuole tingere con le erbe lizzate per la tinta nelledilizia).
occorre una grande quantit di materia prima, Menzioniamo rapidamente, senza voler urtare
la sensibilit di nessuno, alcuni
quindi doveroso non eccolori che si estraggono dal
cedere nella raccolta di
mondo animale fin dai tempi
piante, frutti, etc ed aver
pi antichi come la porpora (rossempre presenti quelle reso-violetto) estratta dalla ghiangole basi, coscienziose,
dola di Purpurea Maemastoma,
della raccolta delle erbe,
Murex Brandaris e Murex
ad es. raccoglierle dove ve
Trunculus (mollusco), il rosso
ne sono in abbondanza, e
scarlatto che deriva dalla femlasciarne sempre sul luomina di un insetto: il Kermeilicis
go pi di quante se ne siache vive su determinati alberi
no raccolte.
(leccio, quercia, quercia spinoCome in tutte le attivit
sa), oppure dalla femmina del
manuali, anche se sono
Dactilopius coccus cacti che vive
importanti gli stimoli che
sui fichi dIndia.
possiamo trarre dal mateChiaramente impressionante
riale scritto (non semplice
da reperire su questo ar- ROVO (Rubus ulmifolius), utilizzato la quantit di animali che a volte
nella tintura dei tessuti. Parte
si necessita per ottenere una
gomento), provando,
tingente: i getti. Colore estratto:
riprovando e anche sba- nero/grigio. Mordenzatura: di ferro esigua quantit di colore, ad es.
per ottenere un grammo di porgliando possiamo accumulare una certa esperienza dapprima nella rac- pora sono necessari ottomila molluschi!
colta delle erbe e successivamente nelle varie Appartengono, invece, al mondo minerale
fasi pi propriamente legate alla tintura che ci tutte quelle terre coloranti impiegate soprattutconsentir unabilit tale da poter conseguire to nei sistemi tradizionali di tinteggiature murale: a calce, a tempera, a velatura. Lutilizzo in
una buona riuscita.
Tingere non difficile, anche se alcuni colori purezza, cio in assenza di leganti di sintesi, di
sono pi facili da ottenere di altri (ad es. il gial- tali materiali oggi per lo pi riservato al relo, il marrone ed il grigio), ma occorrono alcu- stauro o alla preparazione di colori per belle
ni attrezzi particolari ed uno spazio adatto a arti.
tale operazione, meglio se allaperto. Inoltre,
Un po di storia
non va dimenticato che alcuni prodotti impieRitengo molto importante ed interessante fare
gati a tale scopo, specialmente i mordenti,
qualche passo indietro a differenza di quello

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che si crede, fin dai tempi pi antichi gli uomini


e le donne hanno sviluppato un interesse particolare anche per lestetica legata al loro
corpo, ai loro abiti e agli interni delle loro
abitazioni.
Sicuramente le prime piante ad essere utilizzate per tingere furono quelle con le quali
luomo era pi a contatto, cio quelle commestibili.
indubbio limpiego maggiore delle tinture, fin
dai tempi pi antichi, in campo tessile (per es. i
Cinesi, gi 5000 anni fa, avevano raffinato
unindustria complessa), ma anche limpiego di
erbe nella produzione di tinte per capelli risale
a periodi molto remoti. Per esempio, sono state rinvenute tracce di henn (rosso ricavato da
foglie essiccate e polverizzate di alcanna:
Lawsonia Inermis) persino sui corpi mummificati
scoperti nelle affascinanti piramidi. Molti altri
popoli, anche dopo gli Egizi, se ne sono serviti
per colorare non solo i capelli, ma anche le
unghie e la pelle.
Gli usi cosmetici delle piante non sono certo
un mistero: la camomilla e lo zafferano per
le loro propriet schiarenti, il mallo di noce
per ottenere leffetto contrario (quindi
scurente).
Una leggenda narra persino che gli antichi
Britanni si tingevano il corpo di blu utilizzando le foglie del Vituperato Guado (Isatis
Tinctoria), non solo per le sue propriet
emostatiche, ma anche allo scopo di incutere paura nel nemico. A questo proposito sarebbe interessante addentrarsi nel mondo
delle erbe dalle quali uomini e donne di tutti
i tempi hanno estratto principi coloranti per
abbellire i loro corpi, come con la tecnica del
tatuaggio.
In passato venivano utilizzate anche alcune
piante (petali della calendula) per dare colore al burro e ad alcuni formaggi.
Ci sono degli esempi di reperti risalenti allepo-

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ca preistorica che oltre a testimoniare luso


rudimentale della filatura e tessitura, testimoniano anche limpiego di prodotti naturali per
colorare tali manufatti. Se dapprima le
colorazioni risultano ottenute da frutti o erbe
semplicemente schiacciati, in seguito, grazie
alla sperimentazione, si scorgono tracce di
tinture nuove, ottenute da incroci di vari colori fino a raggiungere la gamma cromatica
completa.
Molte civilt si dedicarono anche a questa
ricerca nel colore, come nellantico Egitto, dove
larte tessile aveva trovato in quella tintoria
unalleata considerevole. I tintori erano noti per
gusti raffinati e conseguentemente per saper
dosare i colori in tal modo da ottenere composizioni molto armoniose e delicate, non vistose. Avevano unampia conoscenza di piante
come lhenn e la robbia (per il rosso), il
cartamo, la curcuma e lo zafferano (per il giallo), il guado (per il blu), mentre rimane a noi
sconosciuto come potessero ottenere diverse
tonalit di azzurro, probabilmente da piante
delle quali si perso luso. Ci che certo
che sapessero, grazie alla tecnica di
sovrapposizione, ottenere colori composti
come il verde. Avevano affinato a tal punto la
tecnica tintoria da riuscire ad ottenere non solamente stoffe colorate in modo uniforme, ma
bens anche decorate ed istoriate, anche se dai
vegetali ottenevano soprattutto tonalit dal rosa
al rosso intenso, ma utilizzavano anche ocre,
ossidi di ferro e derivanti da altri minerali, scelta spesso obbligata, non per la loro poca
conoscenza di chimica applicata, quanto piuttosto per la contingente difficolt che presenta
la tintura di fibre quale il lino.
Molte le testimonianze anche scritte, come la
Bibbia, che descrivono le donne ebree come
dedite alla tintura di fibre naturali (lino e lana),
in recipienti marmorei, da loro stesse lavorate
precedentemente. Oltre allo scarlatto e alla

porpora erano in grado di ottenere il nero dalla galla di


quercia oppure dal mirtillo.
Sempre nellantichit, grazie ad alcune tavolette ritrovate
nei resti di palazzi sumeri e babilonesi, veniamo a conoscenza dellesistenza di veri e propri gruppi, abbastanza
settari, di tessitori e tintori ai quali veniva riconosciuta
una certa qualifica solamente dopo un lungo praticantato.
Sicuramente tra tutti i tintori del mondo antico i Fenici
furono i pi esperti, si distinguevano per una certa raffinatezza e spiccarono per aver saputo rendere questo artigianato una fiorente attivit economica. Riuscirono a
creare sfumature di porpora (origine animale) veramente
particolari, tanto da essere ricercate da sovrani, sacerdoti e imperatori romani: la loro bellezza cromatica era tale
da attribuirgli addirittura la credenza che chi indossasse
vesti tinte con questa porpora avesse poteri soprannatu- MIRTILLO (Vaccinium myrtillus), utilizzato
nella tintura di tessuti. Parte tingente:
rali. Questo popolo di mare oltre il particolare colore
foglie. Colore estratto: giallo cromo.
ottenuto dal prezioso mollusco utilizzavano anche soMordenzatura: di allume. Dosaggio
stanze coloranti come il sangue di drago, una resina bagnocolore: per 100 gr. di lana, 200 gr. di
che estraevano da una dracena (Dracaena Draco) raccol- foglie secche. Dosaggio mordenzatura: 20
gr. di allume, 6 gr. cremore, 4 lt. di acqua.
ta nelle isole Canarie e Azzorre.
I Persiani allabilit nella tessitura affiancarono unautentica
maestria nellarte tintoria, approdando ad eccezionali risultati
cromatici frutto di ricerche ed esperienze secolari, soprattutto
nella ricerca di un raffinato stile cromatico oltre che nelle stoffe, nei tappeti. Per il rosso si servivano della robbia, per il
turchino dellindaco, per il giallo, oltre allutilizzo dello zafferano, anche dal melograno si potevano ottenere sfumature rare.
Anche nelle opere di Omero si narra di tinture naturali legate
alla manifattura della lana, differenziando luso di sostanze
derivanti dal mondo animale, tecnica diffusa sulle coste,
dalluso di erbe e piante, tipico dei territori dellentroterra.
Solo la severit di Sparta vietava la tintura delle fibre tessili che
dovevano rimanere il pi sobrie possibili, in nome di una legge che proibiva qualunque forma di frivolezza; fu in un secondo periodo che si cominci anche qui a tingere di scarlatto,
SAMBUCO (Sambucus nigra), per la ma solo i vestiti dei soldati per confondere, mimetizzando, le
tintura di tessuti.
macchie di sangue e dar cos unapparenza di invulnerabilit ai
Parti tingenti: frutti. Colore estratto:
guerrieri spartani.
viola. Mordenzatura: di allume.
Dosaggio bagnocolore: per 100 gr. di Plauto testimonia come non da meno i Romani si dedicassero
lana, 200 gr. di frutti. Dosaggio
ai colori. I tintori, presso questa civilt, venivano chiamati a
mordenzatura: 20 gr. allume, 6 gr.
seconda del colore prodotto, cos chi tingeva di arancio erano
cremore, 4 lt. acqua.

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i flaminari, chi di viola: i violari, chi di giallo: i dove largo spazio era dedicato alla
crocei, chi di porpora: i porporari. I porporari sperimentazione.
erano tenuti in grande considerazione dato che Si arriva poi a Perkin che nel 1856, del tutto
questo colore era riservato, anche presso que- casualmente, scopr il primo colorante chimisto popolo, ai re, ai sacerdoti ed ai notabili, co, derivante dallanilina che chiam malvina.
divenendo cos sinonimo di status sociale, per- Ancora durante la Prima Guerra Mondiale si
ch indicante una precisa condizione socio-eco- utilizzavano coloranti naturali, il cui impiego,
nomica. I colori venivano,
per, and pian piano
anche qui, associati a mestieri
sempre pi perdendosi e
(il rosso per i militari) o a circon esso sicuramente
costanze particolari (il giallo
anche molte antiche coper le vesti nuziali).
noscenze, per dar semIn seguito alle invasioni barpre pi spazio alle sobariche le botteghe dei tintostanze coloranti chimicari sparirono quasi del tutto,
mente ottenute. Se quedovremo attendere lepoca
ste possono risultare pi
dei Comuni per rivedere sorcomode, perch velogere questa pratica che diverci e facili da utilizzare, al
r fonte di ricchezza per molcontempo hanno spazzati centri italiani. In questo peto via tutta una serie di
riodo i tintori si riuniranno in
elementi propri di quecorporazioni, per difendere i
sto ingegno: quali, per
loro interessi, regolate da una
esempio, la creativit e
serie di leggi ben precise e
la sperimentazione.
NOCE (Junglans regia). Per la tintura di
tessuti. Parte tingente: mallo. Colore
severe. Furono anche stilati
Le prime fasi
e stampati importanti statuti estratto: verde oliva. Dosaggio bagnocolore:
per 100 gr. di lana, 100 gr. di mallo. (Con La raccolta
e ricettari.
il mallo si pu evitare la mordenzatura)
Vale la pena spendere
Per quanto riguarda la comdue parole su questa prima importante fase,
parsa dellutilizzo della cocciniglia (derivante
dando alcune fondamentali basi:
da un insetto-parassita del fico dIndia) occorre
-la raccolta delle piante o di alcune parti di
invece risalire alla scoperta dellAmerica. Queesse, va effettuata al mattino di giornate seresta sostanza, infatti, originaria del Messico, era
ne, appena si asciugata la rugiada;
gi conosciuta dagli indigeni e utilizzata per la
-occorre cernire scegliendo gli esemplari micolorazione di fibre tessili. Il suo prodotto, rosgliori e scartando quelli deboli, troppo giovaso acceso, anche molto apprezzato nellinduni, troppo vecchi, malaticci o infestati da parassiti;
stria dolciaria, in quella alimentare e liquoristica,
-come per lutilizzo medicinale delle piante, anoltre che nella colorazione di inchiostri.
che quelle tintorie hanno un tempo tintorio
Il 600 ed il 700 furono secoli molto imporovvero quel particolare periodo nel quale contanti e decisivi per questarte, furono scritti intengono la pi alta quantit di principi coloranfatti molti trattati specifici sullargomento che
ti (sostanze di varia natura chimica con proriprendevano le scoperte, gli studi e le ricerche
priet tintorie ben definite), anche il clima, la
del passato; si istituirono anche alcune scuole
temperatura, la piovosit, lesposizione alla

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luce, laltitudine, la costituzione del terreno, linfluenza di


piante vicine, lo sviluppo, lo stato di salute, let ed il ciclo
vitale sono fattori che incidono sulla quantit e qualit dei
principi attivi contenuti;
-non va tralasciato ricordare che le radici, i rizomi ed i bulbi
si raccolgono in autunno o in inverno, durante il periodo di
riposo delle piante, normalmente questi organi sotterranei
vanno prelevati da piante che abbiano due o tre anni di vita;
-le cortecce si raccolgono invece allinizio della primavera,
quando cio si staccano con maggior facilit, il metodo da
applicare illustrato in figura;
-le foglie vanno raccolte a completo sviluppo, dalla fine
Come si stacca la corteccia.
della primavera allinizio dellautunno;
-i fiori raccolti allapice della fioritura, cio nel momento del loro massimo splendore;
-i frutti sempre a completa maturazione;
-i licheni non prevedono particolari periodi di raccolta, si possono infatti raccogliere tutto lanno,
di preferenza per dopo la pioggia.
Bisogna inoltre avere laccortezza, durante questa fase, di non ammassare mai i prodotti perch il
surriscaldamento che potrebbe scaturirne altererebbe i principi anche coloranti.
Essiccamento-conservazione
In linea generale, un po come per lalimentazione e la medicina, preferibile utilizzare i prodotti
(piante, frutti, foglie, fiori, etc) subito dopo la raccolta per prevenire eventuali alterazioni e
affinch i colori possano risultare pi vivi, nitidi e brillanti; infatti usando prodotti essiccati si
avranno colori con tonalit diverse se non, a volte, colori completamente differenti.
Lessiccamento al sole non consigliabile perch i raggi solari hanno effetto decolorante, ovviamente bisogna tener conto del fatto che la disidratazione porta inevitabilmente ad una considerevole diminuzione di peso.
Alcune schematiche indicazioni:
-le parti sotterranee vanno pulite dalla terra, dalle radichette, dalle gemme, dai fusti aerei e dalle
parti secche, sempre meglio non lavarle, ma se si ha difficolt nel rimuovere la terra, si deve,
dopo averle lavate, asciugarle accuratamente; per diminuire i tempi di essiccamento si possono
tagliare in pezzi pi o meno grossi;
-le foglie e i fiori vanno essiccati in strati sottili, distesi su stuoie, in luoghi ombreggiati e aerati;
-le erbe si legano in mazzetti e si appendono sempre in luoghi riparati dal sole e aerati;
-per i semi, le cortecce, i rizomi, i bulbi e le radici si deve ricorrere allessiccamento per mezzo di
stufe o forni, prestando attenzione che la temperatura non superi i 30/40C;
-tutte le parti vegetali, una volta essiccate, possono essere conservate intere o sminuzzate;
-gli agenti che possono influire negativamente sulla conservazione sono: laria, la luce, lumidit,
gli insetti e altri animali, come i topi.
-il bagnocolore (decotto molto concentrato) ottenuto dalla bollitura in acqua di fiori e foglie pu
essere, una volta filtrato, conservato congelandolo;
-i frutti e le bacche possono anchessi essere congelati come qualunque altro frutto, non possono

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invece essere essiccati perch tale operazione porterebbe ad ottenere colori molto diversi.
Gli strumenti e lacqua utilizzabili
Elencheremo brevemente gli attrezzi utili per tingere, segnalando una piccola, ma importante,
accortezza: le pentole e i barattoli nei quali si sciolgono i sali, in linea generale, possono essere
in vetro o in ferro smaltato (questi ultimi integri, cio privi di crepe), questo perch il metallo a
contatto con il colorante pu modificare di molto il colore che desideriamo ottenere, anche se
quando si vogliono ottenere delle variazioni
RICETTA
RICETT
A PER
cromatiche particolari, in tal caso, consigliato
BAGNOCOL
ORE
BAGNOCOLORE
lutilizzo di pentole in ferro, rame, alluminio.
Si lascia a macerare per 12 ore
Sinteticamente, come attrezzatura, necessitiamo:
in un recipiente coperto il vege-due fuochi;
tale, fresco o secco, dopo aver-due pentole della capacit di 10 litri;
lo finemente tritato, in 4 litri
-un setaccio;
dacqua e 1 cucchiaio
-un telo di garza, per colare il bagnocolore;
di ammoniaca.
Trascorso questo tempo, si pone
-quattro bastoncini di legno, per agitare i moril tutto sul fuoco e si fa bollire
denti e il bagnocolore;
per unora.
-una bilancia, in grado di pesare sia grammi,
Si
spegne
il fuoco, si lascia rafsia etti;
freddare e poi si filtra.
-alcuni contenitori graduati per liquidi, da 100
Si aggiunge al decotto, cos ottecc, 1 litro, etc.;
nuto, tanta acqua fino a riportar-un termometro, che arrivi ai 140C;
lo a 4 litri e si attende che intie-due cucchiai;
pidisca per immergervi
-delle bacchette di vetro;
100gr. di filato o di tessuto.
-dei barattoli, per sciogliere i sali.
Lacqua migliore da utilizzare in questa pratica
quella piovana perch relativamente pura, mentre da sconsigliare quella continentale (laghi,
fiumi, mari) perch contiene troppi sali minerali che, reagendo con i pigmenti, comprometterebbero il buon risultato auspicato.
Si pu invece utilizzare sia quella distillata, quella demineralizzata o, pi semplicemente, quella
potabile che, in quanto tale, ha subito dei processi di depurazione, perdendo cos buona parte dei
minerali.
Alcune considerazioni
Iniziando questa ricerca ancora non sapevo se avrei trovato materiale sufficientemente interessante per produrre un articolo, in realt, pi andavo avanti nella mia ricerca, pi mi rendevo conto
che c davvero tanto sullargomento anche se, per lo pi, si deve ricercarlo su libri molto specifici.
Ci che mi ha stupito molto soprattutto la quantit di erbe che gi sapevo riconoscere, delle
quali non ero a conoscenza avessero anche la quasi magica propriet di dare colore, erbe che
mille volte ho incontrato sui sentieri delle mie terre e che mille volte ho raccolto per altri utilizzi:
commestibili o medicinali per lo pi.
Le piante utili per la tintoria ancora oggi hanno il termine di tinctorius, ovvero dei tintori.

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Non stato semplice doverne scegliere alcune, sempre troppo poche, da illustrare pi
dettagliatamente, cos la cernita stata orientata su quelle erbe o piante che forse anche chi non
ha una conoscenza troppo approfondita del mondo vegetale sa riconoscere senza alcuna difficolt, metodo di scelta che, tra laltro, penso anche seguito da chi, nel numero primaverile dellanno
passato, si ritrovato ad occuparsi delle piante commestibili.
Una piccola, ma doverosa, considerazione andrebbe anche fatta per ci che riguarda i diversi
supporti sui quali potremmo sperimentare i nostri giochi di colore.
Per quanto riguarda le fibre tessili abbiamo, in natura, fibre vegetali, animali o minerali che, in
quanto tali, devono osservare alcune importanti caratteristiche: finezza, lunghezza, sezione, aspetto,
colore e morbidezza, capacit nellassunzione di umidit, facilit di lavaggio.
Le fasi intermedie
Mentre le fibre tessili minerali sono pericolose per luomo e
quindi non contemplata la loro tintura in alcun testo da me
consultato, per quanto riguarda, invece, le fibre tessili naturali,
vegetali o animali, ogni buon testo dedica spazio ad approfondite
specificazioni sulle varie propriet dei materiali che incidono sulla loro tintura e sui procedimenti che vanno eseguiti precedentemente al bagnocolore vero e proprio, tra cui:
-il lavaggio e conseguente sgrassaggio, soprattutto della fibra di
origine animale, che pu essere fatto semplicemente con sapone
in scaglie, un tempo anche per questo passaggio si adoperava
una pianta decotta, la comune saponaria;
ROSSO (Picea excelsa).
-la mordenzatura, trattamento di un materiale con una sostanza ABETE
Parte tingente: cono. Colore
mordente cio capace di fissare il colore tenacemente rendendo estratto: arancio. Mordenzatura:
il colorante da solubile a insolubile in acqua; i mordenti si trova- allume. Dosaggio mordenzatura:
no in drogherie, in farmacie ed alcuni, come il solfato di rame e di 20 gr. allume, 6 gr. cremore, 4 lt.
acqua.
ferro, in consorzi agrari. Altre sostanze che sono impiegate in
questa fase possono essere: lallume, lo stagno, il cromo (attenzione, questo particolarmente
velenoso!), anche laceto da cucina pu essere utilizzato in questa fase di fissaggio dando, oltretutto,
una particolare morbidezza e lucentezza alla fibra.
Il processo di tintura
Il bagnocolore
Lestrazione dei pigmenti avviene, nella maggior parte dei vegetali, per macerazione e decozione
in acqua, quindi per bagnocolore si intende la soluzione contenente la sostanza colorante estratta, mediante decozione, dalla pianta.
METODI DI TINTURA:
1) Tintura diretta
il metodo pi semplice perch il colorante aderisca al filato senza ricorrere al mordente prima.
Questo tipo di tintura si applica bene con il mallo di noce e con alcuni licheni. Per 4 litri di
bagnocolore, 100 gr. di filato inumidito. Si riscalda il tutto lentamente, facendo bollire per unora
continuando a mescolare dal basso verso lalto. Terminata la fase della bollitura, si lascia riposare

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il filato per qualche ora, fino al suo raffreddamento, nel liquido colorante. La risciacquatura una
fase delicata, va eseguita con acqua fredda e ripetuta fino a quando lacqua non sar completamente limpida. Il lavaggio finale, con scaglie di sapone, permetter leliminazione del colore non
fissato, in eccesso quindi. Procedere, come ultima fase, allasciugatura in un luogo ombreggiato
e areato.
2) Tintura a bagno unico
Si procede preparando il bagnocolore nel solito modo riscaldandolo a 40C; si aggiunge, mescolando bene, la quantit di mordente, precedentemente sciolta in una piccola quantit di acqua
calda. Si immergono le fibre inumidite, ma non mordenzate. Portare gradualmente a bollore e
lasciarle per 1 ora. Si procede, come nel precedente metodo, nel risciacquo e nellasciugatura.
3) Tintura del filato o del tessuto mordenzato
Si immerge nel bagnocolore il filato o il tessuto ben bagnato e mordenzato. Si porta il tutto ad
ebollizione per unora, avendo laccortezza di mescolare in continuazione, in modo che il colore
si distribuisca in modo uniforme; si risciacqua e si lava
con le stesse accortezze sopra descritte. A volte il
bagnocolore non si esaurisce e quindi pu essere
riutilizzato 1-2 volte, considerando che in ogni volta successiva si otterr una sfumatura pi tenue.
Ricettando per i tessuti
(vedi le figure)
Ricettando per il legno
Partendo da un pigmento potete realizzare una tinta per
rivestimenti in legno o anche una vera e propria tempera.
Ingredienti: 100 gr. di fiori di sophora, 80 gr. di allume di
sodio, 40 gr. di creta, gesso o osso di seppia, gomma
arabica.
Preparazione del pigmento: con laiuto dei fiori di sophora
possibile creare un pigmento. Se avete dei fiori secchi
fateli semplicemente bollire, prima di filtrare linfuso. GraORTICA (Urtica diotica). Parte tingente:
zie allaiuto dellallume di sodio e di una base opaca (la
pianta intera. Colore estratto: verde
gomma arabica) otteniamo un pigmento molto pi coVeronese. Mordenzatura: di allume.
Dosaggio bagnocolore: per 100 gr. di lana, prente. La soluzione detergente di cenere di legno sar
400 gr. di pianta. Dosaggio mordenzatura: sostituita da creta in polvere, oppure da osso di seppia
20 gr. allume, 6 gr. cremore, 4 lt. acqua.
grattugiato.
Il pigmento, una volta ben secco, verr polverizzato con laiuto di una pietra. Aggiungiamo poi
circa la met del suo volume di gomma arabica dopo averla polverizzata. Il tutto deve essere ben
omogeneizzato. Aggiungiamo dellacqua e stemperiamo fino ad ottenere una pasta abbastanza
densa. Ne risulter una tinta molto facile da usare in grado di caratterizzare sia legno, sia carta,
con tonalit brillanti che diventeranno un po pi opache asciugandosi.
Per conservare pi a lungo gli oggetti dipinti con questi pigmenti e per poterli rendere lavabili, si

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RICETTE PER DUE MORDENTI


Mordente di allume:
Il mordente di gran lunga pi usato
il solfato di alluminio di potassio, noto
come allume; a volte si usa unito col
cremore di tartaro, per facilitare la
penetrazione della tinta e per rendere
pi brillanti i colori.
120 gr. di solf. di alluminio
30 gr. di cremore di tartaro
450 gr. di lana in matasse
acqua
Si mettono i primi due ingredienti in
un recipiente con acqua fredda. Si
mescola bene, e quando il composto sciolto, aggiungere la lana. Si
porta lacqua gradualmente a bollore, si abbassa il fuoco e si lascia bollire adagio per unora. Si tira fuori la
lana, si lascia sgocciolare e si strizza
delicatamente.

Mordente di ferro:
Questo mordente ha la particolarit
di scurire i molto i colori.
15 gr. di solf. di ferro
30 gr. di cremore
450 gr. di lana
acqua
Si fa bollire la lana per trenta minuti.
Si aggiunge il ferro ed il cremore allacqua e si mescola affinch si sciolgano, si lascia
bollire fino a
che si ottiene
il colore desiderato.

pu ricorrere ad una verniciatura finale a tampone o gommalacca, mentre per la conservazione


dei colori sufficiente riporli in contenitori ricordando che una volta secchi potranno essere
recuperati riumidificandoli con il pennello.
Ricettando per il vimini
I materiali naturali utilizzati, ovunque nel mondo, per lintreccio possono essere considerati nel
loro colore naturale, oppure possono essere anche un campo dapplicazione interessante per le
nostre colorazioni naturali.
La canna, la rafia ed il vimini decorticato si impregnano facilmente di colore nei bagni di tinta ed
offrono interessanti effetti in superficie. Come tutte le fibre a base di cellulosa (lino, cotone,
canapa) i giovani rami utilizzati nella lavorazione del vimine possono essere colorati con laiuto
delle preparazioni proprie della colorazione dei tessuti.
Ingredienti: acetato dallume, radice di robbia in polvere, o guado selvatico o melograno, calce,
solfato di ferro, fiori di indigo, lisciva di cenere di legno, sodio in cristallo, sapone, cera.
Procedura per effetto bronzatura: loggetto di vimini viene innanzitutto imbevuto in un bagnocolore
di robbia (20 gr. in polvere ogni litro di acqua), portato ad ebollizione, lasciato intiepidire e filtrato.
Per ravvivare il colore si pu utilizzare un bagno di mordenzatura per il cotone. Dopo la tintura,
una volta lasciato asciugare, loggetto pu essere spalmato con una patina di cera per proteggerlo.

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Se si desidera immergerlo in un bagnocolore di guado selvatico occorre poi spennellare loggetto


con una soluzione di solfato di ferro.
Per ottenere una sfumatura pi tendente al bruno-cioccolato con riflessi violetti, loggetto deve
essere imbevuto alternativamente in un bagnocolore di robbia ed in uno di solfato di ferro; per
ottenere, invece, una colorazione pi gialla, loggetto deve essere immerso nel mordente per
cotone e poi in un bagnocolore caldo di guado selvatico. Il giallo ottenuto viene ravvivato attraverso unimmersione in acqua tiepida con aggiunta di un po di lisciva di legno. Come finitura
frizionare loggetto.

NOTA BIBLIOGRAFICA:
Tingere al naturale, piante tintorie per tessuti, Anna Rita Lonardoni, Edizioni linformatore agrario, Verona, 1995;
Coleurs vgtales, Michel Garcia, EDISUD, Aix-en-Provance, 2002;
De la garance au pastel, Michel Garcia, Marie-Francoise Delaroziere, EDISUD, Aix-en-Provance, 2002;
Il libro delle erbe, Pierre Lieutaghi, Rizzoli Editori, Milano, 1977;
Terre coloranti naturali e tinte murali a base di terre, Paolo Scarsella, Pietro Natale;
Scoprire riconoscere usare le erbe, AAVV, Fabbri Editori, Milano, 1995.

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