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N.01109/2015REG.PROV.COLL.

N. 04432/2014 REG.RIC.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4432 del 2014, proposto da Edison s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo Villata, Andreina Degli Espositi,
Wladimiro Troise Mangoni, con domicilio eletto presso Riccardo Villata in Roma, Via Caccini, 1;
contro
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in persona del Ministro in carica, rappresentato e
difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZIONE STACCATA DI PESCARA: SEZIONE I n. 204/2014, resa tra le
parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 gennaio 2015 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti gli
avvocati Troise Mangoni, Villata e lavvocato dello Stato Rocchitta;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La Edison s.p.a. (in seguito ricorrente), con il ricorso n. 472 del 2013 proposto al Tribunale amministrativo
regionale per lAbruzzo, ha chiesto lannullamento del provvedimento prot. n. 47512/TRI del 9 settembre 2013 con
il quale il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (in seguito Ministero) ha diffidato la
ricorrente alla rimozione di rifiuti depositati nelle discariche realizzate nell'area nel Comune di Bussi, denominate
Tre Monti, 2 A e 2B, dove localizzato lo stabilimento industriale di propriet della stessa, al ripristino dello
stato dei luoghi e alla eventuale bonifica delle matrici ambientali risultanti inquinate allesito della rimozione dei
rifiuti, con lavviso che lAmministrazione avrebbe provveduto in danno in caso di mancato adempimento entro
trenta giorni dal ricevimento della diffida.
2. Il Tribunale amministrativo regionale per lAbruzzo, sezione staccata di Pescara, sezione prima, con la sentenza
n. 204 del 2014, ha dichiarato il ricorso inammissibile secondo quanto indicato in motivazione.
Nella sentenza il ricorso dichiarato inammissibile, per lo meno nella parte con cui la ricorrente impugna il
provvedimento in riferimento a terreni oggi non in sua propriet, perch non notificato alla controinteressata
societ Solvay, che tale, afferma il primo giudice, pur se non menzionata nel provvedimento impugnato poich
da questo agevolmente individuabile in quanto proprietaria dei terreni dove sono situate le discariche 2A e 2B
ed avendo la detta societ interessi contrastanti rispetto a quelli della ricorrente, poich, in caso di fondatezza del
ricorso, sarebbe gravata della bonifica se non fosse individuato il responsabile dellinquinamento.
Ci rilevato il ricorso , in ogni caso, giudicato infondato nel merito, con la condanna della ricorrente al pagamento
delle spese del giudizio in favore dellAmministrazione resistente liquidate in euro 5.000,00, oltre gli accessori di
legge.
3. Con lappello in epigrafe chiesto lannullamento della sentenza di primo grado, con domanda cautelare di
sospensione dellesecutivit.
Alla camera di consiglio del 15 luglio 2014 lesame della domanda cautelare stato abbinato alla trattazione della
controversia nel merito.
4. Alludienza del 13 gennaio 2015 la causa stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con lappello si afferma anzitutto lerroneit dellimpostazione della sentenza di primo grado per avere fondato il
giudizio, quanto al merito, non sullaccertamento della legittimit o meno del provvedimento impugnato ma sulla
verifica della fondatezza del presunto tentativo del gruppo Montedison Edison di dimostrare di non essere
responsabile dellinquinamento, laddove tale responsabilit non pu dirsi accertata dal Ministero, il cui

procedimento in corso non ha portato a conclusioni sul punto, n sulla scorta della relazione dellISPRA ovvero in
base alla sola ipotesi accusatoria assunta dalla Procura di Pescara e alle relative consulenze, cui il primo giudice
si invece riferito nonostante la detta relazione non sia stata considerata nel provvedimento impugnato e
lestraneit a questo dei richiamati aspetti delle indagini giudiziarie.
Con ci trascurando, si deduce, la palese illegittimit del provvedimento in questione in quanto basato sui commi
da 24 a 33 dellart. 3 della legge n. 549 del 1995 (legge finanziaria 1996), relativi a un tributo speciale per il
deposito in discarica dei rifiuti solidi, e in particolare sul comma 32, recante una sanzione pecuniaria per lesercizio
di discariche abusive o labbandono di rifiuti; su una normativa cio inconferente perch di natura esclusivamente
finanziaria, recante soltanto oneri ulteriori per le discariche realizzate in violazione del d.P.R. n. 915 del 1982 e,
comunque, non applicabile ratione temporis essendo stata labrogazione del detto d.P.R., gi superato dallart. 17
del d.lgs. n. 22 del 1997, confermata dal d.lgs. n. 152 del 2006.
Non si pu condividere, daltro lato, quanto opposto dallAmministrazione resistente, per cui il citato comma 32
dellart. 3 della legge n. 549 del 1995 avrebbe natura di principio fondamentale ex art. 119 Cost. ai sensi del
successivo comma 35, trattandosi comunque di una norma istitutiva di un tributo speciale da devolvere alle
Regioni, essendo completamente mutato il citato art. 119 e con esso tutto il sistema dei tributi regionali, n
condivisibile lasserzione del primo giudice per cui lAmministrazione sarebbe incorsa in un mero e non invalidante
errore di sussunzione normativa contando comunque la previsione di cui allart. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 che
giustificherebbe lordine di ripristino e bonifica emanato nella specie; accogliendo questa tesi risulterebbe infatti
violato il principio di tipicit dei provvedimenti amministrativi, che richiede siano basati sul potere allo scopo
normativamente conferito, conseguendone che, nella specie, si sarebbe dovuta applicare la normativa specifica
prevista dal Codice dellambiente per lemanazione degli ordini di bonifica e non la norma abrogata di una vecchia
legge finanziaria, neppure valendo allo scopo lart. 21-octies della legge n. 241 del 1990, come invece asserito dal
primo giudice, sulla cui base sono possibili assai limitate integrazioni della motivazione dei provvedimenti.
Restano, inoltre, la contraddittoriet tra laver disposto limmediata bonifica del sito e lavvenuta misure - messa in
sicurezza di emergenza (Mise) e lincongruit del termine di trenta giorni, assegnato per le complesse operazioni
disposte con il provvedimento, non giustificabile con il richiamo degli articoli 305 e 306 del codice dellambiente
fatto dal primo giudice, poich non riguardanti il caso degli inquinamenti storici, nonch contrastante con
lintervenuto sequestro, in un quadro di lesione dei principi di proporzionalit e ragionevolezza dellazione
amministrativa.
Si censura, infine, la dichiarazione di parziale inammissibilit del ricorso poich, quandanche le aree relative alle
discariche 2A e 2B siano tuttora di propriet della Solvay, ci che noto al giudice eventualmente per sua sola
scienza privata, linteresse del proprietario attuale delle aree nellannullamento del provvedimento impugnato,
essendo perci la sua posizione quella di cointeressato sostanziale.
2. Lappello da accogliere essendo fondato e assorbente il motivo dellillegittimit del provvedimento impugnato
in quanto basato su una normativa abrogata.
2.1. Il provvedimento motivato con la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi per lapplicazione alla
fattispecie in questione dellart. 3, comma 32, della legge n. 549 del 1995, e in base alla stessa norma viene
imposto alla ricorrente di adottare tutte le misure necessarie per eliminare il rischio di contaminazione delle
matrici ambientali e procedere al risarcimento del danno ambientale con ripristino dello stato dei luoghi, mediante
la completa rimozione delle discariche abusive e lavvio a smaltimento dei rifiuti illecitamente depositati nel sito..
2.2. Lart. 3, comma 32, della legge n. 549 del 1995 dispone che <<Fermi restando l'applicazione della disciplina
sanzionatoria per la violazione della normativa sullo smaltimento dei rifiuti di cui al D.P.R. 10 settembre 1982, n.
915, e successive modificazioni, e l'obbligo di procedere alla bonifica e alla rimessa in pristino dell'area, chiunque
esercita, ancorch in via non esclusiva, l'attivit di discarica abusiva e chiunque abbandona, scarica o effettua
deposito incontrollato di rifiuti, soggetto al pagamento del tributo determinato ai sensi della presente legge e di
una sanzione amministrativa pari a tre volte l'ammontare del tributo medesimo. Si applicano a carico di chi
esercita l'attivit le sanzioni di cui al comma 31. L'utilizzatore a qualsiasi titolo o, in mancanza, il proprietario dei
terreni sui quali insiste la discarica abusiva, tenuto in solido agli oneri di bonifica, al risarcimento del danno
ambientale e al pagamento del tributo e delle sanzioni pecuniarie ai sensi della presente legge, ove non dimostri di
aver presentato denuncia di discarica abusiva ai competenti organi della regione, prima della costatazione delle
violazioni di legge. Le discariche abusive non possono essere oggetto di autorizzazione regionale, ai sensi
dell'articolo 6 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915.>>
2.3. La normativa in questione, in vigore con il 1996, deve ritenersi abrogata e perci inidonea quale base
normativa del provvedimento impugnato, emanato nel 2013, essendo intervenuta la successiva specifica disciplina
della materia della bonifica dei siti inquinati, dapprima con lart. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 (Attuazione della
direttiva 91/156/CEE sui rifiuti, della direttiva 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e della direttiva 94/62/CE sugli
imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), e relativo regolamento attuativo disposto con il d.m. n. 471 del 1999, e quindi
con il d.lgs. n. 152 del 2006 (Norme in materia ambientale), il cui titolo V della Parte IV (articoli da 239 a 253)
interamente dedicato alla Bonifica dei siti contaminati, recando lart. 264 dello stesso d.lgs. labrogazione
espressa del d.lgs. n. 22 del 1997 (oltre quella del d.P.R. n. 915 del 1982 gi abrogato con larticolo 56 del d.lgs. n.
22 del 1997).
In particolare la normativa ora citata del d.lgs. n. 152 del 2006 disciplina oggi il procedimento per la bonifica
prevedendo nellart. 240, in estrema sintesi, da un lato, che lintervento si esplica attraverso lobbligo di messa in
sicurezza (a sua volta prevista di emergenza, operativa e permanente) e la bonifica e, dallaltro, che esso
presuppone la duplice fase, dellaccertamento dei valori CSC (concentrazioni soglie di contaminazione) e, al

superamento di questi e a seguito del conseguente obbligo di caratterizzazione, dellaccertamento del


superamento dei valori CSR (concentrazioni soglie di rischio), passandosi con ci, eventualmente, dalla situazione
di sito potenzialmente contaminato a quella di sito contaminato.
Si tratta quindi di una integrale disciplina del procedimento, poich relativa a tutte le sue fasi, da quella dellattivit
di accertamento della contaminazione al susseguente intervento, a sua volta compiutamente articolato nella
previsione della bonifica e della messa in sicurezza, e, se necessario, in misure di riparazione e di ripristino
ambientale (art. 242, comma 7). Una nuova disciplina perci dellintera materia, comportante di conseguenza
labrogazione di una normativa (gi superata con il d.lgs. n. 22 del 1997) risalente al 1996 nella quale non
previsto uno specifico procedimento per la bonifica dei siti inquinati, poich limitata alle sole previsioni dellobbligo
di procedere alla bonifica e alla rimessa in pristino dellarea, nonch dellobbligazione in solido agli oneri di
bonifica, al risarcimento del danno ambientale e al pagamento del previsto tributo e sanzioni, neppure valendo in
contrario la ritenuta specialit di questa normativa per il suo riferimento alla attivit di discarica abusiva, non
essendovi ragione per ritenere che la disciplina integrale di cui oggi al d.lgs. n. 152 del 2006 (che prevede anche
un preciso sistema sanzionatorio) non debba applicarsi ai casi di contaminazione prodotti da discariche abusive,
che resterebbero in tal modo disciplinati da una normativa incompleta a fronte di quella vigente per ogni altro caso.
Non contrasta con tali considerazioni la giurisprudenza di questo Consiglio citata dallAmministrazione resistente,
per cui linquinamento d luogo a una situazione di carattere permanente che perdura fino a che non ne siano
rimosse le cause e i parametri ambientali non siano riportati entro i limiti normativamente accettabili (VI: 23 giugno
2014, n. 3165; 9 ottobre 2007, n. 5283); nelle dette pronunce, infatti, da tale presupposto fatta derivare
lapplicazione della legge ratione temporis vigente per far cessare i perduranti effetti della condotta omissiva ai fini
della bonifica (nei casi di specie lart. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997), anche indipendentemente dal momento in cui
siano avvenuti i fatti allorigine dellinquinamento e non, come nel caso in esame, lapplicazione, quando
lAmministrazione ritenga ai detti fini di provvedere, di una normativa abrogata dalla previsione di uno specifico
procedimento in materia, gi introdotto con lart. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997, poi ulteriormente e compiutamente
regolato con il d.lgs. n. 152 del 2006 vigente alla data di emanazione del provvedimento de quo.
Pi in generale, lassunto della sentenza appellata di considerare applicabili non retroattivamente - le leggi
sopravvenute in ragione della natura di illecito permanente del fatto contestato inquinamento in seguito ad
esercizio di attivit di discarica abusiva appare unimpropria lettura della nozione penalistica del reato
permanente, trasposta nella nozione di illecito amministrativo permanente.
In particolare, tale assunto appare fondato sullequivoco tra la permanenza della compressione del bene giuridico
protetto e la permanenza della condotta.
Come noto, il reato permanente si caratterizza per il fatto che, una volta realizzatisi tutti gli elementi costitutivi
indispensabili per lesistenza di un determinato illecito e prodotta loffesa al bene protetto, questa si protrae nel
tempo a causa del perdurare della condotta antigiuridica e colpevole del soggetto agente e si consuma
definitivamente e si esaurisce sul piano della rilevanza penale soltanto con la cessazione della condotta.
Cos, il reato di costruzione abusiva ha natura permanente per tutto il tempo in cui continua lattivit edilizia illecita
(Cass. pen., sez. III, 25 settembre 2001, Triassi).
Nel caso di esercizio dellattivit di discarica abusiva, la permanenza dellillecito dura finch dura la condotta
antigiuridica e non gi soltanto levento di inquinamento.
N vale sostenere una concezione bifasica dellillecito permanente, che durerebbe finch dura lomissione rispetto
allobbligo di rimuovere la situazione dannosa.
Tale concezione non seguita dalla giurisprudenza, che afferma costantemente la struttura unitaria del reato
permanente (Cass. pen., 11 luglio 2013, n. 40329; 1 ottobre 2012, n. 37930; 12 dicembre 2006, Gentile).
Essa, inoltre, confutata dalla prevalente dottrina, che la considera un argomento che prova troppo: se fosse
concepibile un obbligo secondario di rimozione, ogni reato che determina la sola compressione del bene protetto
sarebbe allora un reato permanente, mentre tale solo quello in cui permane la condotta antigiuridica.
Nemmeno vale richiamare che linquinamento produce una situazione di danno ingiusto eventualmente risarcibile
ai sensi dellart. 2043 cod. civ., trattandosi, nel caso, delleventuale azione di responsabilit da proporre davanti al
giudice ordinario e non dellesercizio dei poteri amministrativi in tema di bonifica regolati, come visto, da
unapposita normativa.
3. Deve anche essere accolta la censura avverso la dichiarazione di inammissibilit parziale del ricorso di primo
grado per la mancata intimazione in giudizio della Solvay s.p.a.
La detta societ non assume infatti la qualit di controinteressata nella causa in esame, non solo perch non
formalmente menzionata nel provvedimento impugnato, ma in quanto non titolare di un interesse giuridico
qualificato al suo mantenimento; essa infatti, quale proprietaria dei siti di cui si tratta, in caso di annullamento del
provvedimento, potrebbe essere chiamata ad assolvere agli oneri gravanti sul proprietario dellarea ai sensi
dellart. 253 del d.lgs. n. 152 del 2006, ma ci soltanto a seguito di un procedimento eventuale, essendo in sola
facolt dellAmministrazione gravare il proprietario dei detti oneri ai sensi dellarticolo citato e venendo attivato
perci un procedimento non di per s necessitato dallannullamento del provvedimento qui impugnato e comunque
diverso da quello per lui causa.
4. Per le ragioni che precedono, assorbita ogni altra censura, lappello risulta fondato e deve essere perci
accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti dellAmministrazione.
La novit della questione trattata, in relazione alla circostanza della successione delle leggi nel tempo regolanti la
specifica fattispecie in controversia, giustifica la compensazione tra le parti delle spese dei due gradi del giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie lappello in epigrafe n. 4432 del 2014.
Compensa tra le parti le spese dei due gradi del giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorit amministrativa.
Cos deciso in Roma, nelle camere di consiglio del giorno 13 gennaio 2015 e del 10 febbraio 2015, con l'intervento
dei magistrati:
Stefano Baccarini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/03/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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