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Progettare e gestire community

online
Abstract: l'intervento presenta i primi risultati di una ricerca in corso sul tema della
gestione delle community online e della misurazione dei risultati. L'analisi prende le mosse
dalla progettazione sociale, intesa come individuazione di idealtipi e social object
aggregante. Dopo avere definito il concetto di engagement grazie anche alla
presentazione dei risultati di alcune interviste a testimoni privilegiati, si prenderanno in
considerazione i temi relativi alla misurazione dei risultati, con particolare riferimento alle
prospettive della social network analysis.
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Il discorso di oggi verte tutto attorno a una parola chiave: engagement. Come ben sa chi si
trovato per lavoro o per passione a dovere gestire una community online, sembra che la
chiave del successo stia proprio qui, in questa parola dalle sfumature quasi magiche
engagement e in formulazioni del tipo dobbiamo aumentare lengagement. Ma dietro
a tutto ci cosa si nasconde? E cosa significa oggi parlare di engagement in una comunit
online non brand oriented ma legata al Terzo settore?
Le parole chiave
Partiamo chiarendoci un po le idee: una comunit online un insieme di persone che
hanno uno o pi elementi in comune tra loro. Le community per essere tali e non un
aggregato di persone devono avere delle relazioni pi o meno strette tra i membri,
configurandosi come reti sociali.
Lelemento aggregante il social object, quel quid che costituisce linteresse comune tra
le persone e attiva il legame tra di loro. Nelle parole che Emanuele Quintarelli mi ha
regalato durante unintervista si tratta, in termini di social network analysis, di identificare
legami non agiti. La social network analysis, ovvero quella disciplina che studia le reti
sociali servendosi di alcuni elementi della teoria dei grafi, individua delle strategie per
capire se siamo di fronte a una vera e propria community o a un aggregato di persone (ad

esempio misura la lunghezza media delle distanze tra i membri, la mutualit e la


frequenza dei legami tra i membri). Il passaggio dallavere qualcosa in comune allentrare
in relazione e discutere, scambiarsi opinioni (ovvero lattivazione della community, il
passaggio dalla community in potenza a quella in atto) avviene attraverso unoperazione
di community management. Il community manager pu essere una figura definita dal
committente di progetto (Ipotesi: bisogna fare una community sul gruppo di lettura e tu
sei il community manager!, social object: i libri che vengono letti in maniera condivisa) o
una figura che emerge in maniera pi o meno spontanea dal gruppo di utenti, quindi pi
simile a quella del moderatore dei forum.
Ci sono sostanzialmente due dinamiche di creazione della community: top-down (come
nel caso della community dei lettori imposta dal vostro capo e che vi stata assegnata)
oppure bottom-up ovvero community che sono state spontaneamente create per
rispondere a un bisogno o a un desiderio. Non tutti condividono lidea che quelle top-down
siano vere community e individuano una dinamica di community solo in quelle bottom-up.
Questa lidea ad esempio di Zuckerberger che ha pi volte dichiarato che le community
non si possono creare in maniera artificiosa. Ma il punto non questo, il punto , dato un
social object, fare funzionare e gestire una community online. E poi misurare anche i
risultati per verificare se si raggiunto lobiettivo o meno.
La progettazione sociale
Sia nelle community top-down sia in quelle bottom-up presente una operazione di
community management per permettere alla comunit di continuare a mantenersi viva,
attiva, stimolante e coerente con il social object dichiarato in ingresso. Molte riflessioni si
concentrano proprio su questi aspetti, quelli della vera e propria gestione delle community
mentre ugualmente di fondamentale importanza parlare di tutta quella parte precedente
alla gestione della stessa, ovvero la progettazione sociale.
Quando si parla di progettazione sociale solitamente non si pensa a community online ma
si intende il modo di lavorare a progetti (project management) di coloro che operano nel
sociale e che spesso ibridano nelle loro pratiche lavorative, tecniche e idee dal mondo
profit. Qui invece usiamo il termine per qualificare un tipo di progettazione che parte dalle
riflessione sulle persone e su di esse mantiene il focus piuttosto che concentrarsi sugli
strumenti da mettere in campo in un contesto di comunit online.
La parte di progettazione strategica fondamentale, non si pu pensare che aprendo un
ambiente online le persone verranno e faranno cose, perch, purtroppo, la pratica ci

insegna che non cos. Mettere in piedi, gestire e far funzionare una community di
successo non traducibile in una ricetta o una formula prestabilita, ma necessita di una
strategia di attenta valutazione di molte variabili, la prima delle quali deve essere: in un
momento storico di scarsit di tempo e di attenzione c davvero bisogno di creare una
ulteriore community? Una volta risposto in maniera onesta e sincera a questa domanda (e
la risposta No! spesso la migliore dopo avere effettuato una analisi del panorama di
riferimento), si passa alla progettazione della stessa.
La prima cosa da capire : qual il social object che funge da elemento di aggregazione?
Creare una community dallalto vuol dire trovare un equilibrio tra le esigenze del
committente e le necessit e i desideri di chi la community la deve poi popolare e far
vivere. Una community implica uno scambio relazionale tra le persone, pertanto ragionare
in una mera ottica comunicativa unidirezionale non funziona. Bisogna essere grati alle
persone che decidono di spendere il loro tempo nellambiente che abbiamo creato per loro
e rendere lambiente funzionale, gradevole e stimolante, specie se vogliamo che
compiano delle azioni per noi. Facciamo un esempio. Ritorniamo alla community del
gruppo di lettura che la nostra biblioteca vuole creare. Il social object abbastanza facile
da individuare: si tratta del piacere di leggere insieme un dato libro. Ma poi possono
esserci anche strategie diverse, pensare fuori dagli schemi pu aiutare a individuare
anche altri elementi comuni che fungano da social object e da attivatori di relazioni.
Questa dinamica si pu ottenere in due maniere: attraverso una progettazione strategica
tra committente e social media/community manager oppure attraverso la co-progettazione
e il co-design cogli utenti stessi.
Nellimplementare la strategia comunicativa bisogna impostare unattenta content curation
ovvero una selezione di contenuti di interesse per la community. Tuttavia non bisogna
pensare che si arringheranno le folle, ma, nello stile comunicativo, ripensare a se stessi
come a persone che comunicano con dei singoli perch se vero che scriviamo a una
community questa fatta di persone che ci leggono ognuna per conto loro. Per questo si
pu usare lesercizio dellidealtipo che ci aiuta, come mi ha detto in una intervista
Alessandra Farabegoli a deprogrammarci da comunicatori e riprogrammarci come esseri
umani. Lesercizio prevede la creazione pratica e effettiva di un disegno, sketch, collage
di uno o pi utenti fittizi della nostra community: vuol dire dare un nome e un volto alle
persone che andranno a comporre la nostra community. Sono piccole attenzioni che per
cambiano il modo di fare le cose.

Lengagement
Una volta progettata, creata, popolata la community non rimane che da mantenerla.
Semplice no? Invece proprio qui che si gioca il cuore della nostra sfida, mantenere alto il
tasso di engagement. Ma, in concreto, cosa vuol dire?
Il termine engagement un termine che le persone che si occupano di social media
usano ampiamente qualificandolo come termine tecnico. Tuttavia si tratta di una parola
polisemantica gi nella lingua inglese il cui range di significati va da fidanzamento a
impegno, da ingaggio a combattimento e ha assunto, come evidenzia la pagina di
disambiguazione di Wikipedia1 altre eccezioni legate al marketing, dove viene qualificato
come a meaningful interaction between a consumer and a brand, ma indica anche
laffezione di un impiegato con la propria azienda, la relazione di un individuo con la
propria comunit (social engagement), mentre in ambito pedagogico student engagement
indica a concept in education describing students' involvement, participation, and
interaction with their work, learning, and school community. In italiano passato come
contaminazione linguistica a indicare un termine di stampo tecnico legato al mondo del
social web ma non stato definito in maniera chiara.
Noi diamo questa definizione di engagement inteso come:
il coinvolgimento della community e la sua reattivit rispetto agli obiettivi dellazione
intrapresa
Oggi lengagement va di gran moda, spinto anche da analytics integrati nei social media
che danno lillusione di poterlo calcolare in maniera semplice e automatica; tuttavia
lengagement qualcosa di complesso che sta al cuore delle dinamiche delle community
online e parlarne in termini semplicistici rischia lappiattimento del concetto con la
conseguente perdita di importanti significati. Le dimensioni del successo della community
non sono valutabili solo in termini di risposta della community a azioni puntuali e,
soprattutto, non sono valutabili pienamente da esterni. C un grande gridare agli epic fail
ovvero, mutuando il linguaggio dei videogiochi, a quei grandi errori che si fanno nelle
strategie comunicative e che comportano danni dimmagine. Una breve ricerca con
#epicfail vi render edotti sullargomento. Il problema che chi mette in piedi una

1 (http://bit.ly/1vl15Fh

community si d degli obiettivi, alcuni sono intuibili anche dallesterno, altri no e sono noti
solo allinterno del gruppo decisionale. Per questo il discorso sullengagement e, pi in
generale, sul successo delle community non generalizzabile e bisogna diffidare delle
semplificazioni in merito.
Vi un ulteriore elemento di complessit in questo discorso, una chiave di analisi che mi
ha regalato in unintervista Mafe De Baggis: il ruolo che gioca la componente dei silenti.
Se pensiamo a una community di successo pensiamo alle sue attivit, al fatto che le
persone facciano cose. Eppure la maggior parte delle persone che costituiscono la massa
critica della community vi entra e non compie azioni esplicite (per usare un linguaggio di
Facebook non mette mi piace, non commenta, non condivide). Eppure viene ugualmente
esposta al messaggio della community e non possiamo sapere se, per esempio, lo
interiorizza e lo fa proprio in maniere che noi non abbiamo pensato (ad esempio non
partecipa alla discussione sul libro, n al gruppo di lettura, n lo prende in prestito in
biblioteca ma decide di comprarlo e, magari regalarlo. In questo caso possiamo dire che
non un membro engaged?). Ribadire tutto questo pu sembrare un inutile accanimento
di scuola, ma di fronte a semplificazioni che si trovano, banalmente, nel pannello delle
statistiche di Facebook che fanno credere che tutto sia riconducibile a una semplice
formula, va applicato un certo spirito critico e bisogna sempre ricordarsi quali sono gli
obiettivi della nostra azione.
La misurazione dei risultati
Usiamo ora il concetto

di vanity metrics ovvero di metriche che servono solo a

ringalluzzire lego ma, allatto pratico, ci dicono poco e, mutuandolo da Avinash Kaushik,
lo contrapponiamo a quello di actionable metrics intendendo con questo ultimo termine
quei dati che servono effettivamente a guidarci a unazione. E tutto sommato facile
raccogliere una pletora di dati nel momento in cui si lavora con contesti online dove ogni
azione lascia una traccia e tutto pu, potenzialmente, essere analizzato. E gli analytics
integrati nelle piattaforme danno lillusione a tutti di potere lavorare facilmente coi dati. Il
problema che spesso raccogliamo dati che non servono a nulla in termini di azioni
pratiche. Facciamo un esempio usando il linguaggio di Facebook. La nostra pagina ha 235
mi piace e i nostri post ricevono in media 12 like. Queste metriche raccolte cos non
dicono granch. 235 mi piace sono tanti o pochi? E soprattutto rispetto ai nostri obiettivi di
progetto come vanno a posizionarsi? I dati vanno espressi in maniera differente, quanto
meno in termini di percentuali o di tassi, ma il vero punto non nemmeno questo. Questi

dati non fotografano in nessuna maniera lo stato di salute della community che vive di altri
indicatori: quanto rimasta coerente la conversazione allinterno della community rispetto
allobiettivo iniziale? Quanto alto il tasso di fiducia tra i membri? cosa fanno quelli che
lurkano (i nostri silenti)?
Mettersi a lavorare in maniera ragionata coi dati dei social media non affatto semplice
non tanto per motivi tecnici, ma perch richiede una profonda capacit di analisi e il
mantenersi sempre focalizzati sullo scopo della community che stiamo creando, valutando
anche le direzioni inaspettate in cui la stanno facendo evolvere i membri stessi.
Se dovessimo ipotizzare quindi un indice complessivo dello stato di salute di una
community online, dovremmo tenere in considerazione la misurazione di almeno tre assi:
le metriche prodotte dagli ambienti online, quelle che prima abbiamo chiamato vanity
metrics, le metriche relative agli scopi di progetto e che solo il committente pu conoscere
e, infine, includere anche la dimensione dei silenti, tutta la massa critica di persone che,
pur non agendo in maniera esplicita a sostegno della community, fanno comunque parte di
essa.
Tutto molto bello e quindi?
Se la domanda : come lo posso applicare nel mio contesto lavorativo da domani? La mia
risposta e sar sempre: parlare di community e social media non vuole mai dire dare a
una persona delle ricette preconfezionate da applicare nella propria pratica lavorativa.
Questo non per pigrizia, ma perch un mondo dove le variabili da considerare sono
troppe. Si tende a concentrarsi troppo sulla tecnologia, ma gli strumenti della community
sono solo secondari rispetto alla progettazione sociale. La community non la fa
Faceboook, Twitter o il forum, la community sono le persone, il fatto che abbiano deciso di
relazionarsi online solo un caso.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI ESSENZIALI:


Mafe De Baggis, World wide we, Milano: Apogeo, 2010
Avinash Kaushik, Web analytics 2.0, Milano: U.Hoepli, 2010

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