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Ora legale

Roma ultima domenica di marzo


Caro Vittorio,
ti scrivo qui dalla terrazza del circolo nel lunghissimo
tramonto di questo primo giorno di ora legale, dopo aver
giocato a tennis fino a stroncarmi, per restituirti le chiavi
del tuo appartamento. La mia storia con Maura si definitivamente chiusa. Dopo i molti e tormentati addii di questi
mesi e di cui tu sei stato a conoscenza come mio unico confidente, ieri siamo giunti alla conclusione che o abbandonavamo le nostre famiglie per vivere insieme davanti agli
occhi di tutti o era meglio lasciarci giurando di non cercarci
mai pi. Ieri sera dopo una serata molto tormentata prima
nel ristorante di periferia dove avevamo preso labitudine
di rifugiarci al riparo da possibili pericolosi incontri e poi
nel tuo appartamento, abbiamo deciso che n mia moglie
n suo marito e i suoi figli meritavano di aver rovinata la
vita dai nostri abbandoni. Cos abbiamo scelto il distacco
stabilendo di farlo in un giorno che non avremmo potuto
correre il rischio di dimenticare, larrivo della prima giornata di ora legale. La cosa avvenuta con una piccola cerimonia. Dopo aver fatto lamore con uno struggimento
che non avevamo mai provato prima, abbiamo preso luno
lorologio dellaltro e abbiamo spostato avanti le lancette
di unora.
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Non so dirti perch labbiamo fatto. Credo per appropriarci di quellora che la legge ci toglieva mentre eravamo
ancora insieme. Forse perch quellora che veniva a mancare ai nostri orologi divenisse un solco che ci aiutasse a separare il nostro passato in comune dal nostro futuro senza di
noi. Non lo so. Ma cos andata. Poi, dopo quella piccola
cerimonia, ci siamo rivestiti e abbiamo lasciato il tuo appartamento. Prima lei vestendosi e raccogliendo per ultime
le sue sigarette e poi io che sono rimasto ancora a lungo
vestito sul letto a guardare il soffitto e pensando a cosa le
avrei scritto oggi per rispettare la promessa che ci eravamo
fatti: scriverci una lettera per dirci come ci sarebbe apparso
il mondo sapendo che non ci saremmo pi rivisti. Non credo che lo far. Da stamattina, quando cominciato questo
lunghissimo giorno, il mondo mi appare cos stupidamente
vuoto di significato che non vale neanche la pena di guardarlo e temo che, scrivendole, potrei tornare sulla nostra
decisione rendendo inutile tutto il dolore provato ieri sera
e con il rischio di doverlo solo rimandare a unaltra occasione.
Ma mi difficile non parlarne con nessuno. Sarei perfino
disposto a pagare qualcuno perch mi stesse ad ascoltare. E
cos eccomi qui al bar del circolo a cercare di colmare il terribile senso di vuoto che provo, scrivendo a te, unica persona a conoscenza della nostra storia. incredibile pensare
alla casualit con cui cominciano sempre le cose importanti
della vita. Quando lavevo vista la prima volta a quella festa a casa sua, dove tu avevi voluto che ti accompagnassi,
mi era sembrata solo una bellissima donna normalmente
sposata con figli, forse un po stanca e nervosa, e mi aveva
lasciato del tutto indifferente. Poi cera stato quellincontro
casuale davanti a quel negozio di abbigliamento mentre le
nostre rispettive famiglie erano in vacanza, la cena consumata insieme, le chiacchiere e poi quella sua domanda fatta
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con una semplicit e una naturalezza che non dimenticher


mai: puoi venire a dormire da me?
Chi lo crederebbe che, quella prima notte, ci saremmo solo limitati a dormire insieme abbracciati? Poi, forse
proprio per quello, tutto aveva cominciato a rotolare travolgendoci. Gli adulterii sono molto faticosi. Credo che i
dieci mesi finiti ieri siano stati i pi logoranti che ricordi.
Come sai ho sempre avuto una specie di orgoglio per la mia
energia fisica, ma nessuna partita a tennis con te o con gli
altri qui al circolo, anche la pi accanita, aveva mai potuto
stroncarmi come le giornate della mia passione per lei. E
non parlo solo di letto, ma anche soprattutto della tensione
continua per la doppia vita a cui gli adulteri sono condannati, per i sotterfugi a cui sono obbligati con le loro famiglie per potersi incontrare, per le continue menzogne a cui
sono costretti con le persone che vivono con loro. Parlo di
faticose giornate di lavoro seguite poi da lunghe, travolgenti notti trascorse in un letto ad amarsi furiosamente fino
alle luci dellalba, quando poi rientravo a casa di soppiatto,
stremato e pieno degli odori di lei da dovermi infilare sotto
la doccia. Parlo di corse notturne sullautostrada ascoltando senza ritegno spudorate canzoni damore e divorato dal
desiderio di essere con lei, parlo di febbrili vagabondaggi
per la citt sempre con il rischio di incontrare qualcuno
che ci conoscesse, eppure decisi a sfidare ogni pericolo pur
di stare insieme. Credo di aver prodotto pi adrenalina in
questi dieci mesi che una industria farmaceutica. Lei era il
mio ultimo pensiero la notte e il primo al mattino, quando cominciavano giornate in cui, qualunque cosa potesse
succedere, la pi importante era sempre creare unoccasione per stare da solo e telefonarle per sentire la sua voce.
Finch, superato il mio odio per i cellulari, non me ne ero
comprato uno da cui non mi separavo in nessun momento
aspettando soltanto una sua telefonata o un suo messaggio.
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E per lei era lo stesso. Eravamo impazziti? Cosa ci spingeva


ad amarci con una partecipazione cos totale? La certezza che non avrebbe potuto durare? Non lo so. Ma so che
questi dieci mesi sono stati forse il periodo pi faticoso e di
certo il pi felice della mia vita con il risultato che, adesso,
me ne sto qui sulla terrazza del circolo, triste e svuotato e
con un cellulare in tasca che butterei volentieri nel fiume se
ancora non aspettassi, disperatamente, di ricevere una sua
chiamata.
Non faccio che pensare a cosa far senza di lei. A come
dar un senso alle mie giornate. Lunica soluzione che mi
viene in mente lavorare sodo e giocare a tennis. Sento
infatti limpellente necessit di stancarmi il pi possibile.
Non so perch, forse per labitudine a stancarmi acquisita in questi dieci mesi ma credo, soprattutto, per cercare
di contrastare il continuo, silenzioso, incessante assalto del
ricordo di lei. Non lo so. Quello che so che sento che la
soluzione pu essere, forse, solo nello stremarsi. Mi capitato di pensarlo oggi venendo al circolo. Lestate questanno molto precoce e sul lungofiume i platani sono gi in
fiore e ribollono sugli argini come sotto la spinta di una
forza silenziosa e inarrestabile. Qui al circolo lo stesso.
Gli oleandri intorno alle reti dei campi sono in fiore sotto
la spinta della stessa forza. In qualche modo ne ho paura.
come se quella stessa forza la sentissi anchio nelle vene con
un solo scopo. Spingermi a tornare da lei. Allora ho capito
che dovevo assolutamente liberarmi di quella forza che mi
urlava dentro e mi sono messo a giocare a lungo, sudando
moltissimo, finch, esausto, sono andato a fare una doccia
gelata. Poi, freddo e indolenzito, sono venuto qui sulla terrazza, a scriverti. E adesso sto qui, in questo lungo tramonto, stremato, a sentire il confortante dolore dei muscoli e i
rumori del barista che ripone le bottiglie sugli scaffali. Dai
campi deserti arrivano gli schiocchi regolari degli innaffia4

tori automatici e, verso il muro di cinta, il vento sta facendo


stormire gli alberi.
Tra poco sar buio. Sento la sua mancanza. La sento al
punto che mi tremano le mani. Ma sono anche cos stanco
che i ricordi sembrano un poco assopiti. Ho voglia solo di
dormire, anche se so gi che non ci riuscir. S, so che avr
davanti lunghe e tormentose notti senza sonno con la mente
avvinghiata a lei e che lunico aiuto che potr cercare sar
solo nello stremarmi. S, sar solo stremandomi che, forse,
riuscir a risolvere la cosa, Vittorio. Solo stremandomi.
Ciao, Francesco
Roma 21 marzo
Amore mio,
il tramonto e ti sto scrivendo da un tavolino del bar
davanti al piccolo lago dellEur dove ho finito per rifugiarmi
al termine di questa prima giornata di ora legale passata a
cercare di abituarmi allidea che tu non farai pi parte della
mia vita. Non sapevo dove avrei mantenuto la promessa di
scriverci per dirci come ci sarebbe apparso il mondo privo
di noi due insieme. Ma non riuscivo a stare in casa con la
mia famiglia e cos, vagando per la citt in automobile, sono
finita in questo bar dove, una sera, eravamo venuti insieme
nonostante il rischio che qualcuno potesse riconoscerci. E
adesso da qui, tristemente al sicuro da ogni possibile pericoloso incontro, che ti sto scrivendo.
Ho ancora davanti agli occhi noi due stanotte che spostavamo insieme le lancette dei nostri orologi accettando che
la legge ci rubasse unora di vita insieme. Forse con il tempo
non sar cos, so che con il tempo, per quanto possa sembrare impossibile, le cose cambiano, ma adesso penso che
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rimpianger quellora per tutta la vita. Forse non avremmo


dovuto farlo quel piccolo rito. Forse avremmo dovuto scegliere un altro giorno per lasciarci, un giorno qualunque,
che potessimo dimenticare. Forse, soprattutto, avremmo
dovuto lasciarci andando verso linverno, quando tutto diventa comunque triste, e non verso lestate quando tutto
proclama di voler vivere. Invece abbiamo scelto proprio
questo giorno cos lungo e che pi a lungo mi fa sentire la
tua mancanza.
Penso a come gli altri anni era un giorno che aspettassi
con gioia. Era la giornata che di colpo mi tirava fuori dal
tunnel dellinverno per proiettarmi verso la luce dellestate.
Un giorno carico di promesse. E adesso, scrivendoti qui
da questo bar, non posso fare a meno di pensare a come
sar la mia estate senza di te con unestate che oggi sembra quasi gi qui come a rendere pi implacabile la sua
minaccia. Andr da qualche parte? Far qualcosa? E soprattutto, mi importer di andare da qualche parte e fare
qualcosa? Ricordo come lestate scorsa ci incontravamo a
quel casello dellautostrada per andare nel nostro Deserto,
come chiamavamo quellimmenso altopiano tra le montagne con quellunico piccolo albergo di legno in mezzo agli
sterminati e deserti campi di zafferano. Amore, ti ricordi il
nostro Deserto? Ti ricordi le notti del Deserto? E le notti
dellestate scorsa, passate a vagabondare in macchina per la
citt stremata dal caldo? Oggi, vagando in automobile senza meta e cercando di abituarmi allidea di una vita senza
di te, non facevo che rivedere i posti dove abbiamo vissuto
la nostra clandestinit, i piccoli ristoranti fuori mano, le segrete piccole piazze allombra delle vecchie basiliche, cos
deserte la notte, il tratto di Lungotevere davanti a Castel
SantAngelo dove, con il cuore in gola, aspettavo di vederti
parcheggiare la macchina prima di farti salire sulla mia per
scomparire poi insieme nel traffico.
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Adesso, lestate che ci aspetta mi sembra solo un lungo,


ostile tunnel comunque buio da cui verr fuori al termine
dellora legale in un brusco approdo allinverno. Mi sento
sola, amore mio. Pur nel sole e anche tra la gente che mi
ama, mi sento sola. Tutti, intorno a me, sembrano in qualche modo senza spessore, come manichini intagliati nel legno o nel cartone. Non mi dicono niente. Le loro voci sono
solo suoni che mi attraversano il corpo senza neanche lambirmi la mente. Sar cos la mia vita senza di te? Un mondo
popolato solo di figure ritagliate nel cartone? Ma anche,
allo stesso tempo, come se volessi chiedere a tutti di tacere,
di essere gentili e miti con me. Ricordo che mi sentivo cos
quando ero incinta del mio secondo figlio. Volevo intorno solo persone silenziose, miti e gentili. Ma adesso, ed
questo latroce, come se mi sentissi incinta di qualcosa di
morto, che non nascer mai.
Ecco, cos che mi sento e vedo le cose e la gente nel
primo giorno del mondo senza noi due insieme. cos che
mi sento qui, in questo lungo tramonto, nel bar davanti
al piccolo lago, questa volta da sola e senza la paura che
qualcuno possa scoprirmi. E mi chiedo perch allora ci stia.
Che senso ha restare qui senza quel pericolo? Che senso ha
una vita senza la paura di essere scoperti a vivere?
Ciao, addio, Maura

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