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Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Capitolo 4
Variazione delle coordinate ed correzione delle altezze degli astri

4.1 - Rifrazione astronomica


Ad alterare le coordinate degli astri interviene il fenomeno della
rifrazione dovuto alla presenza intorno alla Terra della atmosfera, un
mezzo trasparente di spessore non ben noto e caratterizzato anche dalla
diminuzione della sua densit con la quota secondo una legge anch'essa
non ben definita (temperatura, pressione e sua composizione sono
continuamente variabili entro certi limiti).
Di qui un raggio luminoso proveniente da un astro, quando
giunge al limite estremo dell'atmosfera incidendolo non
perpendicolarmente, subisce una deviazione continuamente variabile
rispetto alla sua primitiva direzione rettilinea, man mano che prosegue
nel suo interno, sempre nel piano verticale dell'astro, giungendo alla fine
all'occhio dell'osservatore. E' supposto che la variazione di densit
avvenga con legge continua da punto a punto, la propagazione del raggio
luminoso attraverso tutta l'atmosfera seguir una linea continua con
concavit rivolta verso il centro della Terra, come mostra la figura 4.1,
nella quale si nota sia il percorso rettilineo (caso di assenza di atmosfera)
che quello curvilineo del raggio luminoso proveniente dall'astro S ed in
arrivo all'occhio dell'osservatore (punto O).

Figura 4.1 Percorso della sorgente luminosa allinterno


dellatmosfera
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Mario Vultaggio

La tangente t alla traiettoria curvilinea in detto punto definisce


l'angolo di distanza zenitale rifratta (zr) e quello di rifrazione R, angolo,
quest'ultimo, compreso tra la tangente t ed il tratto rettilineo del raggio
luminoso in arrivo all'occhio dell'osservatore.
Il fenomeno della rifrazione si verifica anche per i raggi luminosi
in arrivo da oggetti terrestri; di qui la denominazione di rifrazione
astronomica e geodetica a secondo della provenienza dei raggi luminosi,
ed anche quella di curva di rifrazione astronomica e geodetica alle
rispettive loro traiettorie.
L'angolo di rifrazione molto piccolo, al contrario di quanto
mostra la figura; la rifrazione astronomica solleva l'astro nel suo piano
verticale (piano del foglio della fig. 4.1), per cui delle sue due coordinate
altazimutali varia solamente l'altezza; di qui:
h = hr - o

z = zr +

(4.1)

La scoperta della rifrazione astronomica dovuta a Tycho Brahe (15461601) che primo ne constat gli effetti sulle altezze misurate del Sole e
Kepler (1571-1630), suo discepolo, tent, ma senza successo, di
esprimere l'angolo mediante una formula matematica; ci riusc pi
tardi G.D. Cassini (1625-1712), a seguito anche delle note leggi sul
fenomeno, attribuite dagli storici a Snellius (1581-1626) e a Descartes
(1596-1650). Pare certo che quest'ultimo sia stato il primo a formulare la
legge dei seni, a seguito anche dei principi geometrici sull'argomento
enunciati da Kepler.

Figura 4.2 Percorso della sorgente luminosa nellipotesi


dellatmosfera del Cassini
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Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Il Cassini consider un'atmosfera omogenea di spessore l (fig.


4.2) intorno alla Terra, caratterizzata da una densit costante ed uguale a
quella che si misura al suolo (o ).
Per la legge di Stevin (latinizzato Stevino) la pressione esercitata
da questa ipotetica atmosfera data da:
po = o g o l

(4.2)

con go l'accelerazione di gravit considerata costante con la quota. Dalla


(4.2) l'altezza l ,detta altezza di pressione, risulta:
l=

po
o go

(4.3)

L'espressione ora scritta, per la relazione caratteristica dei gas perfetti


considerata al suolo,
p o = o R To

diventa:
l=

RT
go

(4.4)

Assumendo una temperatura al suolo di To = 273 K (corrispondenti a 0


C) ed essendo
R
= R = 29.27
go

con riferimento al sistema (MKS), la (4.4) fornisce per l il valore di circa


8 Km.
Il raggio luminoso proveniente dall'astro S, fig. 4.2, arriva
all'occhio dell'osservatore O seguendo la traiettoria SAO, situata tutta nel
piano verticale dall'astro (piano del foglio). Indicando nel punto
d'incidenza A con i l'angolo d'incidenza e con r quello rifratto, si ha:
sin i = n sin r
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(4.5)

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essendo n l'indice di rifrazione relativo, rapporto, nel caso in esame, tra


quelli assoluti riferiti rispettivamente allo strato atmosferico ed al vuoto
siderale; il primo, No si misura sulla superficie terrestre, il secondo
uguale all'unit. La (4.5) diventa, per essere i = r + :
sin (r + ) = N o sin r

(4.6)
Sviluppando il primo membro della (4.6) in serie di Taylor, con arresto
alla derivata prima per essere molto piccolo l'angolo di rifrazione , si
ottiene:
sin r + cos r = N o sin r

da cui:
= ( N o - 1)tan r

(4.8)

Dal triangolo AOT, per la relazione dei seni, si ricava:


a
sinzr
a+l

sinr =

con a raggio terrestre si ricava:


tan r =

sinzr
l l
cos zr + 2 +
a a

l
Trascurando in quest'ultima espressione, sotto radice, il termine
a

per la sua piccolezza e sostituendola nella (4.8), si perviene infine alla


formula della rifrazione dovuta al Cassini, espressa in primi d'arco:
=

No -1
sin 1'

sin z r
cos 2 z r + 2

l
a

(4.9)
relazione che porta a risultati che non si discostano di molto da quelli
reali, ad eccezione dei casi caratterizzati da distanze zenitali rifratte
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prossime a 90. Infatti, nel caso specifico di zr=90, essendo


No=1,00029 per t=0C e ricordando il valore di sin1' e di l, si ottiene per
l'importo di 20', valore molto differente da quello reale compreso tra
36' e 37'.
Tralasciando l'ipotesi del Cassini, si supponga l'atmosfera
costituita da una successione di strati sferici concentrici, di spessore
limitato, ognuno dei quali comprende aria di qualit e densit omogenea;
la densit, poi, sia uniformemente decrescente da strato a strato con la
quota ed i centri degli strati, infine, coincidenti con quello della Terra di
forma sferica. La figura 4.3 contempla due dei predetti strati (non in
scala rispetto al raggio della Terra), adiacenti tra loro, M1 e M2. Se con N
viene indicato l'indice di rifrazione assoluto dello strato situato al di
sopra dello strato M1, l'indice di rifrazione assoluto di quest'ultimo sar
N+dN. Un raggio luminoso proveniente da S, incontrando in A la
superficie esterna dello strato M1 subisce rifrazione e prosegue
nell'interno di M1 secondo il tratto AB, avvicinandosi alla normale. Nel
punto B si verifica una nuova rifrazione e cos via, fino ad incontrare
l'occhio dell'osservatore.

Figura 4.3 Percorso della sorgente luminosa fra due strati infinitesimi
dellatmosfera

Indicando nel punto A con i l'angolo d'incidenza e con r quello


rifratto ed essendo r=i-di, per la legge dei seni si ha:
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sin i = n sin r

ed ancora:
sin i =

N + dN
sin(i - di )
N

(4.10)

Sviluppando in serie di Taylor sin(i-di) con arresto alla derivata prima


per la piccolezza di di, facilmente si ottiene:
dN
di = N tan i
dN
1+
N

relazione che pu ritenersi in prima approssimazione uguale a:


dN
tan i
N

di =

(4.11)

La deviazione totale che subisce il raggio luminoso dal punto in cui esso
incide sulla superficie limite superiore dell'atmosfera fino a quello in cui
si trova l'occhio dell'osservatore rappresenta l'importo della rifrazione
astronomica , per cui:
=

No

dN
tan i
N

(4.12)

i cui limiti 1 e No rappresentano rispettivamente gli indici assoluti di


rifrazione nel vuoto e sulla superficie terrestre.
Sotto il simbolo d'integrazione della (4.12) compare , oltre ad N, tan(i),
il che comporta la conoscenza dell'angolo di incidenza i fin dal primo
strato, angolo purtroppo ignoto. Occorre, pertanto, porre mano sotto il
segno d'integrale col diretto proposito di trovare un'espressione di tan(i)
facilmente calcolabile. Dal triangolo BCT si ricava:
q 2 sin i2 = q1 sin r1

ed essendo:

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(4.13)

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sin r1 =

N1
sin i1
N2

la (4.13) diventa:
N 2 q 2 sin i2 = N 1 q1 sin i1 = K = N o asin z r

(4.14)

con a il raggio terrestre; la relazione (4.14) nota come relazione


invariativa della rifrazione;
No e zr indicano rispettivamente l'indice di rifrazione assoluto al suolo e
la distanza zenitale rifratta (ultimo angolo d'incidenza). Per uno strato
qualsiasi e per la (4.14), pu scriversi:
Nqsin i = N o asin z r

da cui:
sin i =

Noa
sin z r
Nq

Noa
sin z r
Nq

tan i =

1- (

Noa
sin z r ) 2
Nq

si ottiene:
=

No

Noa
sin z r
Nq
N a
1 - ( o sin z r ) 2
Nq

L'appendice A riporta gli sviluppi di tan i e

dN
N

(4.15)

dN
.
N

Essendo No e zr quantit note, occorre, per la soluzione dell'integrale


(4.15), opportunamente sviluppato in serie, definire la variazione di N
con la quota che dipende, come gi detto, dall'ipotesi assunta circa la
costituzione dell'atmosfera e pi propriamente dalla legge che regola la
variazione della sua densit con la quota. Tra le varie ipotesi formulate
si citano quella di Newton (temperatura costante con la quota), quella di
Bouguer (densit uniformemente decrescente con la quota) e quella di
Ivory (gradiente della temperatura costante con la quota). (v. appendice
A).
Fino a distanze zenitali rifratte non superiori agli 80 i valori di
ottenuti con le varie ipotesi concordano tutti con quelli derivanti dalle
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Mario Vultaggio

osservazioni; al di sopra degli 80 risultano, invece, ben lontani da quelli


reali; comunque l'ipotesi di Ivory quella che fornisce un valore pi
prossimo a quello sperimentale. Ad ogni buon conto, il valore di pu
essere espresso dalla seguente serie con potenze dispari di tanzr :
= A tan z r - B tan 3 z r + C tan 5 z r + K

(4.16)

dove A, B, C, , sono dei coefficienti funzioni della temperatura,


pressione, umidit, ecc., che possono per essere considerati costanti per
distanze zenitali non elevate (minori di 80). Per una localit al livello
del mare, alla latitudine =45, dove temperatura e pressione sono
rispettivamente t=0C e p=760 mm di mercurio, risultano A=60".39,
B=0.07".
Esistono molte tavole che permettono di ottenere l'importo della
rifrazione astronomica R in funzione di zr (o di hr ), calcolato per uno
specifico valore di temperatura e di pressione al suolo, fornendo anche le
dovute correzioni per i veri valori di questi due fondamentali parametri
fisici dell'atmosfera. Nella raccolta delle Tavole Nautiche dell'Istituto
Idrografico della Marina viene dato il valore di calcolato per
temperatura e pressione al suolo di t=10C e p=760 mm con la
possibilit di correggerlo sia per temperature che per pressioni differenti
dai valori standard considerati.

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Figura 4.4 Rifrazione astronomica posizione vera e posizione


rifratta

Indichi in figura. 4.4 S' la posizione rifratta dell'astro S; l'arco di


verticale SS' rappresenta per l'appunto l'importo della rifrazione che si
consideri uguale al primo termine della (4.16).
Dalla figura si nota che per il fenomeno della rifrazione le
coordinate celesti e subiscono delle variazioni date rispettivamente
dagli archi S1S2 e SH che possono essere quantificati considerando piano
il triangolo rettangolo mistilineo infinitesimo SS'H. Indicando S
l'angolo parallattico ZSP si ottiene:
= SS ' ' sec S ' H ' sec SS ' sinS A tan z r sinS sec
= SH = SS ' cos S = A tan z r cos S

con A primo coefficiente dello sviluppo (4.16).

4.2 La curva di rifrazione geodetica


Si consideri (v. figura. 4.5) un punto A della superficie terrestre ed O l'
occhio dell' osservatore di nota elevazione e; si consideri lo spessore d'
aria tra il punto O ed il suolo composto da strati sferici concentrici, di
spessore infinitesimo e caratterizzati da densit decrescente con la quota.

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Mario Vultaggio

Figura 4.5 Percorso del raggio luminoso

La traiettoria descritta dal raggio luminoso proveniente da A (allinterno


dellatmosfera) e diretto ad O, a seguito di rifrazioni nell' attraversare i
vari strati (cinque in figura 4.1), risulta rappresentata da una linea
spezzata che, per lesiguo spessore degli strati, pu considerarsi una
curva nota quale curva di rifrazione geodetica, analoga a quella relativa
alla traiettoria dei raggi luminosi provenienti dagli astri che prende il
nome di curva di rifrazione astronomica. Le curve sono situate nei
piani verticali dei punti terrestri o degli astri e le loro concavit sono
generalmente rivolte verso la superficie terrestre.
Questo fenomeno dellottica fisica, che va sotto il nome di rifrazione,
regolato da due note leggi di Descartes e conduce al principio di
Fermat: La traiettoria seguita dal raggio luminoso caratterizzata dal
minimo tempo impiegato escludendo il tratto rettilineo tra A ed O, il
raggio luminoso segue per il fenomeno della rifrazione la traiettoria di
minimo percorso, data proprio dalla curva di rifrazione ABO (v. figura.
4.6).

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Figura 4.6 Percorso rifratto del raggio luminoso

Si ha rifrazione anche nella propagazione delle onde elettromagnetiche


che differiscono da quelle luminose per la diversa lunghezza d'onda. Il
raggio di curvatura della curva di rifrazione geodetica nel punto O pu
ritenersi espresso dalla relazione:

R+e
cos ec z r
Ko

(4.17)

che, per la piccolezza dell'elevazione e rispetto al raggio terrestre R,


diventa:

R
cos ec z r
Ko

(4.18)

con zr la distanza zenitale rifratta del punto A e Ko coefficiente di


rifrazione geodetica nel punto O, al suolo Ko dato da:
1 1 dT

K o = R +
l To dh
141

(4.19)

Mario Vultaggio

dove la costante di rifrazione, dipendente dalle condizioni fisiche


dell' aria nel punto O, l l'altezza di pressione (laltezza dell' atmosfera
considerata a densit costante, l=8 km), To la temperatura assoluta al
suolo e dT/dh il suo gradiente, sempre nel punto O.
Il coefficiente di rifrazione geodetica ed, in modo speciale, il gradiente
termico nei bassi strati dell' atmosfera caratterizzano la curva di
rifrazione geodetica nel punto d'osservazione; infatti, questa pu
degenerare in una retta, volgere la concavit al cielo ed assumere anche
un raggio di curvatura uguale a quello terrestre. Nel primo caso l'
orizzonte marino od apparente coincide con quello geometrico (vedi
paragrafo successivo), nel secondo si vedono gli oggetti capovolti e nel
terzo si ha la possibilit di vedere, con atmosfera trasparente, oggetti
situati in qualsiasi punto della superficie terrestre, teoricamente anche
all'antipodo: quest' ultimo fenomeno detto miraggio.
Considerando nel punto O condizioni fisiche medie dell' atmosfera
caratterizzate da:
To = 273 K , = 0.000292

dT
= 5.6 / 1000 [C / m]
dh

l = 8000 [m]

ed essendo:
R = 6371000 [m]

il coefficiente Ko assume il valore di circa 0.16 noto quale coefficiente


medio di rifrazione geodetica
La distanza zenitale rifratta zr del punto A pu ritenersi uguale a 90,
per cui la relazione del raggio di curvatura diventa:
=

R
Ko

(4.20)

e, per essere Ko = 0.16 con condizioni fisiche medie dell' aria nel punto
d' osservazione, si ha:

= 6 7R
cosicch il raggio di curvatura della curva di rifrazione geodetica nel
punto O pu ritenersi uguale a circa sei-sette volte quello terrestre;
inoltre, trattandosi di piccoli valori dell'angolo (angolo al centro della
Terra tra la verticale dell' osservatore ed il raggio terrestre relativo al
punto A), pu considerarsi circolare l' arco di curva ABO di figura 4.2.
Dalla (4.20) risulta:

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Ko =

(4.21)

per cui su qualche testo il coefficiente Ko viene definito quale rapporto


tra il raggio terrestre e quello della curva di rifrazione geodetica; questa
definizione non pu .essere accettata dato che valida soltanto nel caso
particolare di zr = 90.
L' osservatore vede il punto A, sempre in figura 4.6, provenire sempre
secondo la direzione della tangente t alla curva nel punto O e l' angolo
che questa tangente forma col tratto rettilineo AO rappresenta l' importo
di rifrazione geodetica, dato da:

r=

Ko

(4.22)

relazione nota quale legge di Biot, ,valida soltanto per piccoli valori di
; questa condizione vale anche per l' attendibilit della (4.18).

4.3- Orizzonte geometrico

Non considerando la presenza dellatmosfera (v. figura 4.7), essendo


rettilinei i percorsi dei raggi luminosi, l' osservatore posto in O, con
elevazione e, ha per limite alla sua vista la circonferenza minore c,
situata in un piano orizzontale, detta orizzonte geometrico. Questa
circonferenza viene definita dalle visuali condotte dal suo occhio (punto
O) e tangenti ai vari punti della superficie terrestre, generatrici di un
cono retto con il punto O nel suo vertice. Langolo tra queste ed il piano
orizzontale passante per O detto depressione geometrica (o vera) dell'
orizzonte e rappresenta anche il raggio dell' orizzonte geometrico, come
ben risulta in figura. Dal triangolo THO si ha:

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Mario Vultaggio

Figura 4.7 Orizzonte geometrico

( R + e )2 R 2

HO
tan I =
=
HT

R2

e
2e
e

= 1 + 1 = +
R
R
R

(4.23)

e2
Trascurando nella 4.23 il termine del secondo ordine 2 si ottiene:
R

2e
R

tan I =

(4.24)

Per la piccolezza dellangolo I pu ritenersi:


tan I = sin I = I ' sin 1'

I' =

1
2
e
sin1' R

ed essendo
sin 1' = 0.00029

si ottiene lespressione
geometrico:

finale

R = 8371000 [m]

della

I = 1.93 e
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depressione

dellorizzonte
(4.25)

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con la depressione vera I espressa in primi d' arco e l' elevazione e in


metri; di conseguenza, il raggio d dell' orizzonte geometrico, espresso in
miglia, risulta:
d = 1.93 e [miglia ]

(4.26)

con l' elevazione e espressa sempre in metri.

4.4- Orizzonte marino

Per la presenza dell'atmosfera, il raggio luminoso proveniente da un


punto della superficie terrestre, ad esempio dal punto A della figura 4.8,
giunge all'occhio dellosservatore O senza essere fermato da questa,
solamente se langolo tra la tangente a alla curva di rifrazione geodetica
nel punto A ed il raggio terrestre relativo allo stesso punto maggiore di
90. Quando quest' angolo proprio uguale a 90, nel punto B della
figura, questo punto rappresenta il limite di visibilit ed visto
dallosservatore provenire secondo la direzione della tangente t alla
curva di rifrazione nel punto O.
O
C

i
A

t
B

D
T

Figura 4.8 Orizzonte marino

L'angolo che questa tangente forma col piano orizzontale passante per O
detto depressione apparente e viene indicato con la lettera i.
Considerando in tutte le direzioni identiche condizioni fisiche degli strati
daria prossimi alla superficie terrestre, la circonferenza minore c
145

Mario Vultaggio

passante per tutti i punti analoghi al punto B, di raggio sferico CB (CB =


D), rappresenta l' orizzonte marino apparente.
In figura 4.9, che non rispetta le proporzioni, S rappresenta il centro
dellarco di curva di rifrazione geodetica BO considerata circolare, il cui
raggio dato dalla (4.6), per cui SB = . Dal triangolo STC, indicando
con b la distanza SC, ed applicando il teorema di Carnot, si pu scrivere:
2
b 2 = ( R ) + R 2 2( R )R cos( D ) =
(4.27)
2
= ( R ) + R 2 + 2( R )R cos D

Figura 4.9 Orizzonte marino

Ricordando che: cos D = 1 2 sin 2

D
, sostituendo e semplificando si
2

ottiene:

2 b 2 = 4( R )R sin 2

D
2

( b )( + b ) = 4( R )R sin 2 D
2

da cui:
sin 2

D ( b )( + b )
=
2
4 R ( R )

Con sufficiente approssimazione si pu porre:


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+ b = 2 , - b = e, = 7R

per cui si pu ottenere la seguente relazione:


sin 2

D 7 e
=
2 12 R

(4.28)

che per la piccolezza dell' angolo D pu porsi ancora


D ( D ')
=
sin
sin 2 1'
2
4
2

per cui la (4.28) diventa:


D' =

1
7
e = 2.08 e
sin 1' 3R

(4.29)

con D raggio dell'orizzonte marino espresso in miglia ed e l'elevazione


dellocchio dellosservatore in metri. Sempre dalla figura 4.6 risulta:
TC S = TO S + CSO e per essere langolo CSO molto piccolo, pu
ritenersi TC S TO S .Ma langolo TO S uguale ad i (angoli i cui lati
sono tra loro perpendicolari), per cui: TC S = i . Dal triangolo STC per la
relazione dei seni si ha:
sin TC S R sin i 6
=
=
=
b
sin D 7
sin STC

per essere
= 7 R , b 7R e sin i = i' sin 1' , sin D = D' sin 1'

si ottiene la seguente relazione:


i = 1,78 e

(4.30)

con i in primi ed e in metri.


Il valore di i fornito dalla (4.30) noto quale depressione media
apparente dellorizzonte, perch corrisponde a condizioni fisiche medie
dei bassi strati atmosferici attraversati dai raggi luminosi provenienti
dalla superficie marina, per le quali il coefficiente Ko = 0.16 pu
ritenersi abbastanza attendibile; lontano dalle predette condizioni il
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Mario Vultaggio

valore di i pu risultare notevolmente diverso da quello dato dalla


(4.25); valori anormali si hanno pi frequentemente con calma assoluta
di vento (fenomeno particolarmente presente in alcuni mari, quali il Mar
Rosso, il Golfo Persico ed il Mare del Nord). Alcuni, poi, fanno
dipendere il coefficiente di rifrazione geodetica dalla differenza fra le
temperature dei bassi strati dell'aria e dell' acqua marina superficiale.
Infine, lipotesi della uniformit in azimut delle condizioni fisiche dei
bassi strati dellatmosfera pu essere accettata soltanto se si in mare
aperto, lontani dalle coste, risultando di conseguenza circolare l'
orizzonte marino o apparente. Quanto fin qui detto sulla depressione
dellorizzonte i molto importante, dato che le altezze degli astri
vengono misurate da bordo rispetto all'orizzonte marino, per essere poi
riferite al piano orizzontale passante per l' occhio dell' osservatore. Un
valore anormale di i inficia di conseguenza la precisione della posizione
astronomica calcolata.
Tavole relative alle relazioni (4.29) e (4.30) sono riportate nelle varie
pubblicazioni nautiche in dotazione a bordo (v. Tavole Nautiche
dellIstituto Idrografico).
4.5 La parallasse.

Parallasse significa spostamento di direzione, e sotto questo nome si


comprendono appunto le variazioni che subiscono le direzioni secondo
cui gli astri sono visti proiettati sulla sfera celeste, in dipendenza dei
mutamenti di posizione dell'osservatore posto in O (fig. 4.10) nella
direzione OS , quindi proiettato in S' sulla sfera celeste; ma sarebbe
visto invece nella direzione CS , e proiettato in S'' sulla sfera celeste, se
l'osservatore si trovasse in C. Ovviamente nella figura 4.5 il rapporto
delle distanze non rispettato. L'angolo O( S )C = , compreso fra le due
direzioni OS e CS , detto in generale parallasse S, nel senso di
deviazione apparente S, dovuta al mutamento del luogo d'osservazione
da O in C. E' opportuno notare che la parallasse di un astro rispetto a due
luoghi da cui viene osservato in sostanza, l'angolo sotto il quale
dall'astro considerato si vede la distanza fra due luoghi d'osservazione.
I due punti O e C possono essere:

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Figura 4.10 Angolo di parallasse concetto generale

a) due luoghi d'osservazione terrestri, che al massimo si


troveranno alla distanza di un diametro equatoriale della Terra (raggio
6370 km); ma pi spesso (fig. 4.11 O sar il centro della Terra (luogo
d'osservazione fittizio) e C l'effettivo luogo d'osservazione terrestre. In
questo caso la determinazione della parallasse ha lo scopo di dedurre
dalla direzione osservata (topocentrica) CS , la direzione della parallela
OS condotta da C. L'angolo prende allora il nome di parallasse
geocentrica o diurna dell'astro.
La parallasse geocentrica praticamente nulla per le stelle.
La parallasse geocentrica pu essere invece notevole per i corpi
del sistema solare, e specialmente per la Luna, relativamente assai
vicina, per la quale raggiunge il valore massimo di quasi un grado

Figura 4.11 Parallasse annua: Sole Terra - Astro


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Mario Vultaggio

b) il punto O il centro del Sole e C il centro della Terra (l'orbita


della Terra in questo caso pu benissimo considerarsi circolare con un
raggio uguale all'unit astronomica, distanza media Sole-Terra, circa
150 milioni di km). La conoscenza di permette di ridurre le direzioni
geocentriche in direzioni eliocentriche e si chiama parallasse annua o
eliocentrica dell'astro (fig. 4.12). La parallasse annua si considera solo
per stelle conosciute ed sempre inferiore ad un secondo d'arco.

Figura 4.12 Parallasse eliocentrica

La misura della parallasse di un astro (geocentrica per i corpi del


sistema solare,
eliocentrica per le stelle) ha un'importanza
fondamentale. E' difatti evidente che nel triangolo OSC (che possiamo
sempre considerare rettangolo in C e con base OC conosciuta, perch se
O rappresenta il centro della Terra, essa circa 6370 km e se O
rappresenta il centro del Sole essa 150 milioni di km) la conoscenza
della parallasse consente immediatamente il calcolo della distanza OS
dell'astro dal centro O di riferimento: questa distanza risulta infatti
uguale alla base divisa per il seno della parallasse. In ci consiste la
grande importanza della misura delle parallassi; senza di esse nessun
progresso si sarebbe potuto realizzare nelle conoscenze astronomiche,
perch non avremmo potuto formarci alcuna idea delle distanze degli
astri e quindi delle loro dimensioni e posizioni effettive nello spazio.

4.5.1 Parallasse geocentrica

Consideriamo la Terra come un ellissoide di rotazione attorno all'asse


polare; sia O il suo centro (fig. 4.13) e O' un luogo d'osservazione sulla
sua superficie, di coordinate (raggio vettore) e (latitudine
geocentrica). L'ellisse tracciata nella fig. 413 rappresenta l'ellisse
150

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

meridiana passante per O' cio l'intersezione dell'ellissoide terrestre col


piano determinato dall'asse polare e dal punto O'.

Figura 4.13 Parallasse geocentrica

Riferite allo zenit geocentrico

distanza zenitale geocentrica z g = Z g S 2


distanza zenitale topocentrica z ' = Z S

g
g 1

Riferita allo zenit astronomico: distanza zenitale astronomica osservata

z 0 = ZS1 . Notare che O S 2 parallela a O S = r

Un astro S, visto O', si proietta sulla sfera celeste topocentrica in S1


(posizione topocentrica); visto da O, nella direzione OS, si proietta sulla
stessa sfera nella posizione S 2 (posizione geocentrica); la parallasse
geocentrica diurna.
La direzione OO' del raggio vettore e la normale in O'
all'ellissoide (verticale astronomica) incontrano la sfera celeste
rispettivamente nello zenit geocentrico Z g e nello zenit astronomico Z.
Se l'astro S in meridiano (dove si eseguono quasi tutte le misure
astronomiche), e alla distanza r da O, considereremo tre valori distinti
della distanza zenitale. Precisamente, due distanze zenitali riferite allo
zenit geocentrico Z g .
151

Mario Vultaggio

1a - distanza zenitale geocentrica z g , corrispondente all'arco


Z g S2

2a - distanza zenitale topocentrica z g corrispondente all'arco


Z g S1 e infine una distanza zenitale riferita allo zenit astronomico Z:

3a - distanza zenitale astronomica osservata z 0 , corrispondente


all'arco ZS1 .
Applicando il teorema dei seni al triangolo OO'S, risulta:
sen

sen (180 z g )
r

cio:
sen =

sen z g

(4.31)

Ma d'altra parte come si deduce facilmente dalla Fig. 4.13 si ha:


z g = z 0 ( ) = z 0 + ( )

(4.32)

cio z g risulta determinata dalla distanza zenitale astronomica osservata


z 0 e dalla quantit ( ) nota per il luogo della superficie terrestre
(angolo della verticale).
Ne segue che quando siano noti il raggio vettore del luogo di
osservazione e la distanza geocentrica r dell'astro, mediante la misura z 0
(corretta di rifrazione), tramite le osservazioni, la (4.31) d la parallasse
diurna cercata.
Inversamente, dato ; possiamo calcolare r.
Determinato l'angolo , possiamo trovare subito z g , essendo:
z g = z g

152

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

e poich, di conseguenza, z g risulta maggiore di z g , la parallasse diurna


ha per effetto di aumentare la distanza zenitale degli astri, o anche
diminuire l'altezza osservata sull'orizzonte.
Poich O S 2 parallela ad OS , si vede che l'abbassamento
della direzione topocentrica O S1 rispetto alla direzione geocentrica
O S 2 , si verifica nel piano OO'S, il quale, pur non coincidendo in
generale col piano verticale passante per S, ne differisce di poco: il
verticale infatti il piano O'ZS, mentre il piano in cui si manifesta
l'abbassamento (piano OO'S) coincide col piano O Z g S . Per se S in
meridiano (condizione questa necessaria affinch valga la relazione
(4.32), mentre la (4.31) vale in generale), la diminuzione di tutta in
altezza.
Dalla (4.31) risulta che , essendo funzione di z g varia col
tempo; il suo valore massimo si avr quando z g per effetto della
rotazione terrestre, divenuto 90, cio O S perpendicolare al raggio
vettore . Poich la verticale astronomica differisce di poco dalla
direzione del raggio vettore , l'astro si trover allora presso l'orizzonte
e l'angolo 0 , tale che sia:
sen 0 =

(4.33)

si chiama parallasse orizzontale dell'astro e rappresenter il valore


massimo della parallasse diurna dell'astro considerato.
Se O' sull'equatore (cio = = 0 ) e quando l'astro
all'orizzonte z g = z 0 = 90 ; d'altra parte uguale al raggio equatoriale
a e della Terra e quindi la (4.18) si potr scrivere:
sen e =

a e 6378160
(Ellissoide UAI)
=
r
r

con r espresso in metri. Il valore di e prende il nome di parallasse


equatoriale orizzontale dell'astro.
Se l'astro ha una distanza variabile dal centro della Terra (come
per tutti i corpi del sistema solare) e r0 indica la distanza media, 0 e e
definiti dalle (4.31) e (4.33) acquisteranno le denominazioni di
153

Mario Vultaggio

parallasse medie, quando si sostituisca r0 ad r. Cos la parallasse


equatoriale orizzontale media di un astro definita da
sen e =

ae
r

(4.34)

r0 esprimendo la distanza media geocentrica dell'astro.

Nella pratica astrometrica si suole esprimere la parallasse


generica di un astro, in un luogo qualunque, in funzione di 0 ; avremo
cos:
a r
sen z g = e 0 sen z g =
r
a e r0 r
r
= 0 sen 0 sen z g
a e r

sen =

(4.35)

Le Effemeridi Astronomiche forniscono tutti i dati necessari per il


calcolo di questa quantit, dopo aver dedotto da altre apposite tavole la
quantit:

ae

= f ( )

relativa al luogo d'osservazione.


Inoltre sempre nelle Effemeridi astronomiche, tanto per il Sole
che per la Luna e i Pianeti si trovano i valori giornalieri della parallasse
orizzontale (4.33).
In un paragrafo successivo parleremo della parallasse del Sole; la
parallasse lunare (nel sistema UAI del 1964, quel sistema che defin
l'Ellissoide UAI).
sen L = 0.01659251;

L = 3422.451

(Ep.1900.0)

la distanza media geocentrica dalla Luna, essendo:


r = 384 400 10 3 metri

4.5.2 - Parallasse del Sole


154

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Non conveniente usare le (4.35) per la determinazione diretta della


parallasse del Sole, perch il disco solare troppo esteso e brillante: le
incertezze notevoli delle osservazioni condurrebbero a valori molto
inesatti della parallasse del Sole. Di conseguenza ne risulterebbe
notevolmente errata la distanza media Terra - Sole, che occorre invece
conoscere con la massima precisione possibile, essendo nel Sistema
Solare l'unit di lunghezza: unit astronomica U.A.
Vedremo subito per che la parallasse solare pu essere
determinata con notevole esattezza attraverso la determinazione della
parallasse di un altro corpo del sistema solare, il quale, nel corso del suo
moto orbitale intorno al Sole, si avvicini sufficientemente alla Terra, in
modo da rendere possibile la misura esatta della sua parallasse, o della
sua distanza. A questo scopo oggi ci si riferisce, preferibilmente ad un
pianetino, di solito l'asteroide EROS, il cui moto orbitale intorno al Sole
stato lungamente studiato.
Riferiamoci, per esempio, alla prima delle due formule (4.35).
Essa esprime la variazione , subita dall'ascensione retta di un astro di
declinazione e posto alla distanza r dal centro della Terra, osservata in
un luogo di coordinate , nell'istante in cui l'angolo orario t. E'
chiaro che:
= max t = 90

Supponiamo perci d'osservare Eros intorno all'epoca della sua


opposizione, cio quando il pianetino, visto dalla Terra si trova dalla
parte opposta a quella in cui si trova il Sole: Eros allora culminer
superiormente intorno alla mezzanotte.
Se le osservazioni d'ascensione retta dell'astro sono fatte quando t
pi vicino possibile a 90, potremo distinguere le osservazioni
mattutine (t > 0) da quelle serali (t < 0) ; siano perci:
1 , 1 , t1
2 , 2 , t2

le coordinate topocentriche osservate al mattino di un dato


giorno;
le coordinate topocentriche osservate alla sera dello stesso
giorno;
le corrispondenti ascensioni rette geocentriche dell'astro al
mattino e alla sera di quel giorno.
155

Mario Vultaggio

Per il moto orbitale intorno al Sole sia della Terra che del Pianetino,
queste coordinate varieranno col tempo; le coordinate topocentriche
( 1 , 1 ) , ( 2 , 2 ) si determineranno mediante uno strumento a montatura
equatoriale munito di micrometro oculare, misurando le loro differenze
all'istante dell'osservazione, rispetto alle coordinate corrispondenti
( 0 , 0 ) di una stella vicina appartenente al Sistema FK 4:
m1 = 1 0 = ( 1 ) + ( 0 )

m2 = 2 0 = ( 2 ) + ( 0 )

(4.36)

Le differenze m1 , m2 saranno dunque note dalle osservazioni


dell'astro fatte rispettivamente al mattino e alla sera e risultano espresse
dalle (4.35), in cui 0 stato mantenuto costante, per semplicit
didattica, data la piccolissima variazione nel corso delle osservazioni. In
pratica questa piccolissima variazione pu calcolarsi tramite l'Apparent
Places of Fundamental Stars (APFS).
Se poniamo:
1 = 1 ;

2 = 2

(4.37)

1 e 2

rappresenteranno le variazioni delle ascensioni rette


geocentriche , dell'astro per effetto della parallasse diurna
rispettivamente al mattino e alla sera, e si potranno esprimere mediante
la prima delle (4.35)

1 = r sec 1 cos sen t1


1

2 = sec 2 cos sen t 2

r2

(4.38)

essendo r1 , r2 le distanze geocentriche dell'astro agli istanti delle


osservazioni mattutina e serale rispettivamente.
Se poniamo inoltre:
=

(4.39)

sar la variazione dell'ascensione retta del pianeta nel corso delle


due osservazioni considerate, e si pu determinare mediante serie di
osservazioni del Pianetino fatte in meridiano (utilizzando il Cerchio
156

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Meridiano accoppiato tramite cronografo scrivente ad un orologio


atomico al Cesio); quindi, per la prima delle (4.35), all'infuori da
influenze parallattiche in quanto in meridiano t = 0 .
Ora dalle (4.36), tenendo conto delle (4.37), (4.38), (4.39)
otteniamo per sottrazione:
m2 m1 = 2 1 =
=

r2

sec 2 cos sen t 2 +

r1

sec 1 cos sen t1

(4.40)

D'altra parte le variazioni di e di r fra le due osservazioni sono


cos piccole, che possiamo senza errori apprezzabili (anche nelle misure
pi precise) sostituire ad (r1 , r2 ), ( 1 , 2 ) i loro valori medi rm e m .
Avremo quindi:
m2 m1 =

rm

cos sec m (sen t 2 sen t1 )

(4.41)

Per quanto abbiamo detto, il primo membro della (4.41) noto in


quanto direttamente misurabile, e sono noti ( , ), m , t1 , t 2 ; per cui dalla
(4.41) si pu ricavare l'unica incognita rm , cio la media delle distanze
geocentriche dell'astro ai due istanti corrispondenti a t1 e t 2 ;vale a dire
praticamente la distanza geocentrica del Pianetino all'istante medio
delle osservazioni. Con ci la parallasse dell'astro in quell'istante risulta
nota.
Ora poich il moto orbitale del Pianetino esattamente
conosciuto dalla Teoria delle Orbite della Meccanica Celeste, si sa che
possibile - essendo pure noto il moto orbitale della Terra intorno al Sole
determinare la distanza geocentrica dell'astro, in quell'istante, espressa in
unit astronomiche (U.A. = 1); chiaro quindi che il confronto fra le due
distanze geocentriche, la prima risultante dalla (4.41) espressa in
chilometri, la seconda espressa in unit astronomiche, fornisce
immediatamente il valore in km dell' U.A.
Ma noi possiamo far figurare direttamente nella (4.41) la
parallasse equatoriale orizzontale media S del Sole. Difatti S data in
accordo con la sua definizione espressa dalla (4.34):

157

Mario Vultaggio

S =

ae
(U.A.)

essendo a e il raggio equatoriale della Terra ed (U.A.) l'unit


astronomica. Poich nella (4.41) a = a il vettore espresso in raggi

equatoriali terrestri e con (rm )U.A. =


astronomiche; la (4.41) diventa:
m2 m1 = s

rm

(rm )U.A.

( U.A ).

la distanza rm espressa in unit

cos sec m (sen t 2 sen t1 )

e quindi:
S =

(rm )U.A.

m2 m1
cos sec m (sen t1 sen t 2 )

(4.42)

S dunque determinata, perch - come abbiamo detto - (rm )U.A.


determinabile dagli elementi orbitali dell'astro e della Terra.
Praticamente le osservazioni sono molto numerose e coordinate in
Campagne internazionali dall'Unione Astronomica Internazionale
(U.A.I.). Di regola si sceglie un'opposizione favorevole di Eros (in cui
l'asteroide si avvicina notevolmente alla Terra) e, intorno all'epoca di
questa opposizione, lunghe ed accurate serie d'osservazioni sono fatte in
moltissimi Osservatori Astronomici del mondo, anche con procedimenti
fotografici.
Naturalmente le osservazioni debbono essere fatte nelle
condizioni che consentono la massima precisione possibile per il calcolo
di S . Ora la (4.42) mostra che, a parit d'errore con cui pu
determinarsi il numeratore (m2 m1 ) , errore che non potr ridursi
inferiore ad un certo limite per motivi strumentali, S sar determinata
con tanta precisione quanto pi grande il denominatore:
a
(rm )U.A. cos sec m (sen t1 sen t 2 )

A questo scopo, si avr cura di condurre le osservazioni in luoghi


di bassa latitudine (preferibilmente all'equatore, dove cos = 1 e
158

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

= a e ), all epoche in cui (rm )U.A. piccolo - e in ci consiste la scelta di


un'opposizione favorevole - e, in modo particolare di rendere massima la
differenza (sen t1 sen t 2 ) . Ci si ottiene osservando Eros 6 ore prima e 6
ore dopo al suo passaggio al meridiano del luogo, o quanto pi
possibile avvicinandosi a queste condizioni. Nelle anzidette condizioni
pi favorevoli, la (4.42) diventa:
S =

1
(m2 m1 )(rm )U.A. cos m
2

Da numerosissime ricerche in merito, condotte anche con metodi


notevolmente diversi da quello descritto, il valore accettato nel Sistema
fondamentale U.A.I. moderno :
S = 8.79405

U.A. = 149 600 10 6 m

4.5.3 - Parallasse eliocentrica o annua.

La parallasse annua dovuta allo spostamento periodico


dell'osservatore per effetto del moto annuo di rivoluzione della Terra
intorno al Sole, e interessa le stelle. Consideriamo l'orbita che la Terra
descrive annualmente intorno al Sole; senza errori sensibili per le
considerazioni che seguiranno, quest'orbita pu essere supposta circolare
(Fig. 4.14), col Sole al centro. Sia X una stella qualunque, T la posizione
della Terra ad un certo istante. Dal Sole, X vista nella direzione SX,
dalla Terra nella direzione TX: sulla sfera celeste queste due direzioni,
eliocentrica e geocentrica, determineranno due punti X 1 e X 2 che
rappresenteranno rispettivamente le posizioni eliocentrica e geocentrica
di X, all'istante considerato. La parallasse eliocentrica o annua di X,
all'istante considerato, l'angolo = S ( X )T compreso fra le due
anzidette direzioni, e varier con la posizione di T, periodicamente, nel
corso dell'anno. Indichiamo con a il raggio dell'orbita terrestre e
poniamo:
T (S ) X = 180 ;

S (t ) X = ;

d = SX

Dal teorema dei seni, applicato al triangolo STX abbiamo:


159

Mario Vultaggio

sen =

a
sen
d

e poich = in nessun caso supera 1 , possiamo scrivere:


= =

a
1
sen e sen1" =
d sen 1"
206265

(4.43)

La parallasse annua = definita dalla (4.31) come


funzione dell'unica variabile ; avr, quindi, un massimo valore fornito
dal rapporto a/d ed espresso in secondi d'arco, da:
= max ( ) = 206265

a
d

(4.44)

Figura 4.14 Parallasse eliocentrica o annua

Questo valore massimo, corrispondente all'angolo sotto il quale dalla


stella X visto perpendicolarmente il raggio dell'orbita terrestre, si
chiama semplicemente parallasse della stella, ed una costante per ogni
stella, entro i limiti in cui d, che pure varia da istante ad istante, pu
ritenersi costante.
Per avere un'idea chiara di ci, consideriamo la stella PROXIMA
CENTAURI, che la stella conosciuta pi vicina al Sole. Per questa
stella = 0.760 e per la (4.42), ponendo a = 1. U . A. , si avr:
0.760 =

206265
206265
d =
= 271 401 U.A.
d
0.760
160

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Volendo tenere conto della sua velocit spaziale, e supponendo


che PROXIMA CENTAURI abbia una variazione di d 100 km/sec
(variazione molto alta, dato che le velocit spaziali delle stelle sono in
media dell'ordine di 30 km/sec) avremo in un anno (pari a secondi
316 10 5 ) una variazione d pari (ricordando dalla fisica che s = vt ) a
316 10 5 100 = 316 10 7 ; ora riassumendo 1 U.A. = 15 10 7 km, la
variazione di d in unit astronomiche sar:
d =

315 107
21 U.A.
15 107

che non certamente poco. Ma questa variazione corrisponde a:


21
1
in un anno.

271401 10000

e a meno di 10 2 di d in un secolo. E' dunque anche in questo caso,


scelto appositamente a sfavore, una quantit senza alcuna importanza
pratica.
Per la (4.44), la (4.43) diventa generale:
e = = sen

(4.45)

che d l'espressione della parallasse eliocentrica in funzione della


parallasse della stella e dell'angolo formato dalla direzione Terra - Sole
con la direzione Sole - Stella.
Nota , attraverso un procedimento d'osservazione, la (4.44)
permette immediatamente il calcolo della distanza d della stella dal Sole
in miliardi di km, d risulta espresso da, essendo 149.6 10 6 km = 1 U.A. :
d=

149.6

= 206265 =

30.860

circa

(4.46)

La (4.43) e le formule seguenti sono state dedotte


indipendentemente dalla posizione della stella X, la quale in generale
non giacer nel piano dell'orbita terrestre; la legge dello spostamento
parallattico eliocentrico dunque: la direzione geocentrica di una stella
giace nel piano contenente la Terra, il Sole e la Stella ed deviata,
rispetto alla posizione eliocentrica, verso la direzione Terra - Sole.
161

Mario Vultaggio

Si vuole infine far notare che la considerazione del fenomeno


della parallasse annua non ha solo importanza per l'apprezzamento della
variazione periodica delle direzioni delle stelle, ma soprattutto per la
possibilit di dedurre le distanze delle stelle dalla Terra e cos avere
l'ordine di grandezza delle distanze degli astri che vediamo sulla volta
celeste.
4.5.4 - L'unit di distanza stellare: parsec, anno luce.

La piccolezza delle parallassi stellari, a cui corrisponde una


grandezza enorme delle distanze delle stelle dal Sole, suggerisce la
necessit di definire un'altra unit di distanza, oltre all'unit astronomica
U.A., che sufficiente nell'ambito del sistema Solare, ma troppo
piccola per essere adoperata ad indicare le distanze delle Stelle.
La nuova unit di lunghezza si chiama parsec ed usata
nell'ambito del Sistema Siderale. Per definizione:
1 PAERSEC uguale a 206265 UNITA' ASTRONOMICHE e
rappresenta la distanza da cui il semiasse maggiore dell'orbita che
la Terra descrive intorno al Sole visto, perpendicolarmente, sotto
l'angolo di un secondo d'arco
Il termine parsec abbreviazione di parallasse-secondo, perch
appunto la parallasse corrispondente ad un parsec uguale ad un
secondo d'arco.
Il parsec nel nuovo sistema UAI misura:
1 parsec = 206265 U.A. = 3085 7244 109 metri
Dalla (4.46) risulta evidente:
=

1 parsec 1
=
d
D

dove con D si indicata la distanza d espressa in parsec. Risulta quindi


che la distanza di una Stella dal Sole, espressa in parse, l'inverso della
sua parallasse, espressa in secondi d'arco.
Nel linguaggio corrente le distanze stellari si esprimono anche
rispetto ad un'altra unit, avente un significato assai pi suggestivo del
162

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

parsec, e cio rispetto all'anno luce, che la distanza percorsa in un anno


dalla luce (Epoca 1900.0). Nel nuovo sistema UAI, essendo:
c = 299 792.5 10 3 m / sec

e il numero di secondi contenuti in un anno tropico (1900.0)


s = 3155 6925.9747 sec

(la costante s determina l'unit di tempo: il secondo delle effemeridi),


l'anno luce misurer:
1 anno luce = 9.50 1012 Km = 63502.67 U.A.
1 parsec = 206 265 U.A. = 3.248 anni luce

(4.47)

4.5.5 Parallasse diurna della Luna

Si definisce parallasse lunare langolo sotto il quale un


osservatore posto sulla Luna osserva la distanza osservatore centro della
Terra. Per la parallasse lunare non consentita lipotesi della Terra
sferica; in questo caso, a causa della variabilit della distanza
dellosservatore rispetto al centro della Terra, il calcolo della parallasse
lunare si presenta pi complesso; in particolare si distingue la parallasse
lunare equatoriale (osservatore sullequatore) da quella orizzontale per
un generico osservatore; la parallasse lunare varia al variare della
latitudine. Per il suo calcolo si utilizza lipotesi della terra ellissoidica.
La figura 4.15 riporta lesempio della parallasse in altezza h,(( e della
parallasse orizzontale o ,(( della Luna per un osservatore O( , ) con la
Luna al passaggio al suo meridiano.
La figura 4.16, invece, riporta lesempio della parallasse in altezza he,(( e
della parallasse orizzontale oe,(( della Luna per un osservatore O( , )
con la Luna al passaggio al suo meridiano.
Per una osservazione in altezza della Luna, laltezza vera data dalla
seguente relazione:
hv (( = ho (( + h

163

(4.48)

Mario Vultaggio

Figura 4.15 Parallasse in altezza e orizzontale della Luna al


passaggio al meridiano dellosservatore O Ipotesi terra ellissoidica.

Figura 4.16 Parallasse in altezza e orizzontale della Luna al


passaggio al meridiano di un osservatore allequatore Ipotesi Terra
ellissoidica.

dove
h (( = o (( (1 f sin 2 )cos(ha V cos Az )
e

nella quale
164

(4.49)

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

o la parallasse orizzontale equatoriale;

f =

a b
a

lo schiacciamento della terra;

rappresenta la latitudine dellosservatore;


1
2

V = e 2 sin 2 langolo alla verticale (relazione valida per il


calcolo della parallasse v. figura 4.17);
Az lazimut della luna osservata.

Figura 4.17 Ipotesi della Terra ellissoidica

La quantit:

o (( (1 f sin 2 )
e

(4.50)

Rappresenta la parallasse orizzontale locale ed indicata con o .


Apposite tavole forniscono una correzione da applicare alla parallasse
orizzontale equatoriale per ottenere la parallasse orizzontale della Luna
ad una generica latitudine:
c oe = oe o = oef sin 2
165

(4.51)

Mario Vultaggio

Nota anche come riduzione della parallasse equatoriale orizzontale per


una data latitudine.. le effemeridi forniscono la parallasse orizzontale
equatoriale, per cui, la parallasse orizzontale alla latitudine data dalla
seguente relazione:
o = oe c
o

(4.52)

Nelle applicazioni nautiche sufficiente applicare, in sostituzione della


relazione esatta, la seguente equazione semplificata:
h = o cosh a

(4.53)

L o sviluppo integrale delle relazioni e formule riportate lo studente pu


riferirsi alla Appendice B allegata al presente capitolo.

4.6- Semidiametro

Quando si osservano astri di dimensioni sensibili (Luna, Sole), la


misura della loro altezza sullorizzonte difficile misurarla rispetto al
loro centro per cui si preferisce collimare il loro lembo inferiore o
superiore dello stesso. La determinazione della effettiva altezza legata
al calcolo della dimensione del disco nota come semidiametro.
Si definisce semidiametro langolo sotto il quale misurato il raggio di
un astro dal centro della Terra (semidiametro vero o geocentrico) o da
un punto della superficie della (semidiametro apparente).

166

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Figura 4.18 Geometria del semidiametro con astro (Sole, Luna) al


meridiano dellosservatore O.

Questa correzione additiva se si collima sullorizzonte il lembo


inferiore, sottrattiva se si usa il lembo superiore.
Il semidiametro normalmente si calcola, in navigazione
astronomica, per il Sole e la Luna. Per il suo calcolo consideriamo la
geometria di figura 4.18
Sia O losservatore posto sulla superficie della Terra supposta sferica,
OZ la sua verticale e lastro di centro S considerato sul piano verticale.
Dai due triangoli rettangoli THS e OHS, indicando con d e da le
distanze del centro della Terra e del punto O dal centro dellastro S, si
ottengono le relazioni che forniscono il semidiametro vero e quello
apparente:
sin =

r
r
e sin a =
d
da

(4.54)

con r il raggio dellastro. Queste due relazioni permettono di esprimere il


rapporto dei semidiametri in termini del rapporto delle distanze:
a
d
=

da
167

(4.55)

Mario Vultaggio

Dalla figura , inoltre, facile ricavare il semidiametro con la parallasse


orizzontale:
o R
= =K
(4.56)
r

Con K rapporto dei raggi della Terra e del corpo osservato (Sole-Luna)
Inoltre, il rapporto delle distanze permette di passare dal semidiametro
geocentrico a quello apparente. Infatti dal triangolo OTS, applicando la
relazione dei seni si ha:
cos(ha )
cos(ha )
d
=
=
da
cos(h ) cos(ha + )

(4.57)

Questa relazione pu essere successivamente semplificata sviluppando


in serie il denominatore in termini della parallasse e ricordando che
= o cosh a ; dopo lo sviluppo si ottiene:
1
d
=
= 1 + K sinh a
d a 1 K sinh a

(4.58)

Che sostituita nella relazione del semidiametro fornisce la relazione


finale:
a = + K 2 sinh a

(4.59)

Con i semidiametri espressi in radiante. Il termine correttivo, sempre


positivo, ha leffetto di far crescere il semidiametro con laltezza
apparente.
Il semidiametro del Sole e della Luna, assieme alla parallasse,
sono riportati sia dalla Effemeridi astronomiche che in quelle nautiche.
Il semidiametro vero del Sole oscilla in un anno tra i valori di
16.3 (inizio gennaio) a 15,8 (inizio mese di luglio) quello della Luna
ha un valore medio di 15.7, oscillando tra 14.7 a 16.7

4.7 - Precessione e nutazione

Per fare comprendere nel migliore dei modi questo gruppo di


fenomeni un po pi complessi, preferiamo trattare separatamente le
varie componenti. Per fare ci abbiamo seguito lo sviluppo storico delle
168

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

conoscenze sui fenomeni della precessione e della nutazione. In tal


modo possiamo comodamente impostare la trattazione seguendo una via
d'approssimazione successive.
I fenomeni che finora abbiamo esaminati concettualmente e anche
analiticamente, ci hanno obbligato a distinguere, quando guardiamo un
astro da un punto determinato dello spazio, la posizione in cui esso ci
appare sulla sfera celeste (posizione apparente), da quella in cui esso
effettivamente dovrebbe trovarsi in quell'istante, qualora quei fenomeni
non esistessero.
Ma la posizione di un astro, riferita all'equatore celeste o
all'eclittica, cambia col tempo anche per un'altra specie di fenomeni, che
dipendono esclusivamente dal moto della Terra, riferito al suo centro di
massa.
Le osservazioni astronomiche dimostrano infatti, in primo luogo,
che l'asse del mondo non fisso rispetto alle stelle, cio i poli celesti
nord e sud non sono affatto punti immobili sulla sfera celeste. Accertato
questo fatto, ne segue che l'equatore celeste non un cerchio di
riferimento fisso fra le stelle; non solo, ma risulta che anche l'equinozio
di primavera non fisso sull'equatore n sull'eclittica.
Gi nel II secolo a. C. IPPARCO scopr che le longitudini celesti
delle stelle aumentavano annualmente di circa 50", mentre le loro
latitudini si mantenevano costanti. La spiegazione logica del fenomeno,
data da IPPARCO, che l'aumento delle longitudini eclittiche delle
stelle doveva corrispondere ad uno spostamento in senso retrogrado
dell'equinozio di primavera, da cui, come sappiamo, si contano in senso
diretto le longitudini eclittiche. Dato che le latitudini eclittiche
rimanevano costanti, ovvio che a spostarsi doveva essere la giacitura
dell'equatore celeste, poich il punto l'intersezione dell'equatore
celeste con l'eclittica.
Vediamo pi attentamente questa teoria che rappresenta il nostro
fenomeno in prima approssimazione. Sia (fig. 4.19) Eq(t 0 ) la posizione
dell'equatore celeste ad una data epoca, assunta iniziale, t 0 . Alla stessa
epoca t 0 , sia Pn (t 0 ) la posizione sulla sfera del polo celeste nord; E c (t 0 )
la giacitura dell'eclittica, (t 0 ) la posizione dell'equinozio di primavera,
(t 0 ) il valore dell'obliquit, (0 , 0 ) le coordinate eclittiche di un astro
S. Dato che le osservazioni mostrano che la latitudine eclittica 0
dell'astro rimane costante nel tempo T, evidentemente rimarr fissa la
giacitura dell'eclittica, cio in un qualsiasi istante successivo t1 , si avr
E c (t 0 ) E c (t1 ) . Per semplicit di trattazione supponiamo in questa prima
169

Mario Vultaggio

approssimazione che anche il valore dell'obliquit rimanga


costante, cio (t 0 ) (t1 ) . Allora dato che si osserva solo un aumento
della longitudine eclittica 0 della stella, ovvio che si avr lo
spostamento solo dell'equatore celeste, che passer dalla giacitura Eq(t 0 )
relativa all'epoca t 0 , a quella Eq (t1 ) relativa all'epoca t1 . Di conseguenza
il punto sar passato nell'intervallo di tempo (t1 t 0 ) dalla posizione
(t 0 ) alla posizione (t1 ) sulla sfera celeste. In tal modo la longitudine
eclittica 0 dell'astro S, all'istante t 0 , si sar incrementata, dopo (t1 t 0 ) ,
della quantit:
1 = 0 + [ (t1 ) (t 0 )]

come risulta dalle osservazioni.

Figura 4.19 Fenomeno della Precessione

Ma in corrispondenza dello spostamento dell'equatore da Eq(t 0 )


ad Eq (t1 ) , il polo celeste boreale (ed anche quello australe) si sposter da
Pn (t 0 ) a Pn (t1 ) . Ma se l'obliquit dell'eclittica rimane costante, sar
170

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

ancora uguale ad la distanza angolare di P(t ) dal polo dell'eclittica K.


Ne segue che lo spostamento del punto sull'eclittica, determinato da
un moto dell'equatore per il quale rimanga costante, corrisponde ad
uno spostamento del polo celeste Pn lungo un parallelo di latitudine
eclittica, in senso identico a quello dell'equinozio, cio in senso
retrogrado. L'asse del mondo O Pn (e OPs ) descriver di conseguenza un
cono circolare retto intorno all'asse dell'eclittica.
Se il moto dell'equinozio fosse uniforme, tale dovrebbe essere
anche il moto conico dell'asse del mondo intorno all'asse dell'eclittica.
Ora poich lo spostamento annuo di di circa 50''.3, l'asse del mondo
compir un giro completo in 360 60 60 : 50.3 , cio in circa 25800 anni
(anno platonico).
Ma in questo ragionamento noi ci siamo limitati ad interpretare
nel modo pi logico e (semplicistico) il fenomeno osservato; per ora
altrettanto logico che ci poniamo la domanda: qual la causa che lo
produce ?

4.7.1 - L'interpretazione di Newton

Sappiamo che la Terra ha due movimenti: uno diurno attorno


all'asse polare Pn Ps e uno annuo attorno al Sole che si svolge sul piano
dell'eclittica. Sappiamo inoltre che l'eclittica inclinata sull'equatore di
2326': cio questi due moti terrestri non si compiono attorno agli stessi
assi; ci troviamo di fronte ad un particolare fenomeno giroscopico.
Per comprendere meglio questo particolare moto giroscopico
della Terra, richiamiamo prima quello generale studiato in meccanica
(fig. 4.20) che si verifica quando una trottola ruota velocemente attorno
ad un asse a, inclinato rispetto alla verticale b, condotta dal punto di
appoggio A, posto sulla superficie terrestre. Se la trottola ruotasse
attorno alla verticale b, la sua forza-peso p (applicata al centro di gravit
G) non produrrebbe alcun disturbo sulla rotazione principale, in quanto
p passerebbe per il punto d'appoggio A della trottola; ma quando la
trottola ruota velocemente attorno ad un asse inclinato di un angolo
rispetto alla verticale, la sua rotazione verr disturbata dalla forza-peso
p, che non passer pi per il punto d'appoggio A.
Questa forza-peso p allora tender ad allontanare l'asse di
rotazione a dalla verticale b, ma la rapida rotazione della trottola si
oppone a quest'azione d'allontanamento esercitata da p. Combinandosi le
171

Mario Vultaggio

due azioni ne risulter una forza F che in ogni istante agir


normalmente al piano a A b, individuato dalla verticale b e dall'asse di
rotazione principale a.

Figura 4.20 Cono di precessione forzata

Questa forza F far ruotare l'asse a attorno all'asse b nello stesso


senso della rotazione principale della trottola. Combinandosi le due
rotazioni, il moto della trottola nello spazio, risulta cos semplicemente
rappresentato dal rotolamento, senza attrito, del cono di asse a su un
cono fisso avente per asse b. Se poi la velocit di rotazione principale
(cio quella attorno all'asse a) si manterr costante, anche l'angolo si
manterr costante, quindi l'asse descriver un cono, con vertice in A ed
ampiezza 2 , attorno all'asse verticale b, detto cono di precessione.
Se invece facessimo agire sulla trottola una forza che cercasse
d'avvicinare l'asse di rotazione a alla verticale b, allora il moto di
precessione avverrebbe in senso contrario a quello della rotazione
principale della traiettoria attorno ad a. Ed proprio quello che si
verifica nel caso della Terra, dove per non si pu parlare n di punto
d'appoggio n di forza-peso.
Vediamolo direttamente nel caso della Terra.

172

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

In questo caso la forza che disturber il moto di rotazione diurna


della Terra attorno all'asse Pn Ps , sar la risultante delle forze attrattive
del Sole e della Luna sul rigonfiamento equatoriale del nostro pianeta.
Infatti se la Terra fosse rigorosamente sferica ed omogenea, passerebbe
per il centro di gravit terrestre e non potrebbe quindi indurre alcuna
azione perturbatrice sulla direzione dell'asse di rotazione diurna
(rotazione principale) della Terra; proprio come si avrebbe nel caso della
trottola se la forza-peso passasse per il punto d'appoggio. Ma la Terra ha
la forma di un ellissoide di rotazione, schiacciata ai poli e rigonfia
all'equatore; per cui, descrivendo l'eclittica, che inclinata rispetto al
piano dell'equatore, il Sole (per esempio) eserciter, sulle varie parti
della Terra, attrazioni che per l'esistenza del rigonfiamento equatoriale
danno luogo ad una risultante che non passa pi per il centro di gravit.
Ci fa anche la Luna che si muove su un piano lievemente inclinato (5
08'.5) sull'eclittica.
Ora l'intensit di queste forze dipende sia dalla massa che dalla
distanza del corpo perturbante dalla Terra. Quantunque il Sole ha una
massa notevolmente molto pi grande di quella della Luna, le distanze
della Luna dalla Terra sono molto minori (in media 60 volte il raggio
terrestre) e l'effetto del nostro satellite naturale sul fenomeno della
precessione leggermente maggiore del doppio dell'effetto prodotto dal
Sole. Infatti numericamente il punto si sposta complessivamente in un
anno di 50" circa; ma lo spostamento di provocato dall'azione del Sole
circa 16"/anno, mentre quello dovuto all'azione della Luna di circa
34"/anno. Inoltre l'orbita lunare giace su un piano molto vicino a quello
dell'eclittica, quindi si comprender bene la configurazione della fig.
4.16, in cui sull'Ellissoide terrestre agisce una forza, disturbatrice del
moto di rotazione diurna attorno a Pn Ps , provocata da un corpo ls
(lunisolare), che non il Sole n la Luna, ma un corpo fittizio posto
sull'eclittica alla distanza d (non grandissima rispetto alle dimensioni del
globo terrestre) dal centro O della Terra, che produce sulla Terra la
stessa perturbazione complessiva prodotta in realt dalle azioni
combinate del Sole e della Luna.
Allora (fig. 4.20) la Terra ruota attorno all'asse del mondo Pn Ps , e
poich la Terra ha una forma ellissoidale, l'attrazione di ls sulla parte
Pn Q Ps Q del suo rigonfiamento equatoriale risulta maggiore
dell'attrazione, esercitata sempre da ls, sulla calotta opposta Pn Q Ps Q ,
perch (ls )Q < (ls )Q . Siano F ed F1 queste due forze attrattive, applicate
rispettivamente nei due punti, diametralmente opposti, Q e Q'
173

Mario Vultaggio

dell'equatore terrestre, e dirette verso ls. Decomponiamole secondo la


parallela al piano dell'eclittica (direzione Q ls ) e secondo la normale
al detto piano. Secondo quest'ultima direzione si otterranno due
componenti f ed f1 (con f > f1 ) che creeranno una coppia il cui momento
OA, applicato in O, giacer sulla direzione O , normale al piano del
foglio. Inoltre la differenza (f f1 ) sar una forza che tender a far
coincidere il piano dell'equatore col piano dell'eclittica. Ma la Terra
ruotando velocemente attorno all'asse del mondo, nel senso diretto,
generer un altro momento OPn , dovuto alla coppia v = velocit di
rotazione della Terra. Questo momento OPn sar ovviamente normale
all'asse QQ'. Componendo il momento OPn con OA si otterr la
risultante OPn , dove Pn giacer sul cono di precessione avente come
asse l'asse K dell'eclittica. Questo cono di precessione sar percorso in
senso opposto a quello della rotazione principale, cio in senso
retrogrado, come sappiamo che avviene nel caso della trottola, quando
la forza p tende ad avvicinare l'asse di rotazione principale a (nel caso
della Terra: l'asse del mondo Pn Ps ) alla verticale b (nel caso della Terra:
la verticale al piano dell'eclittica).
Questa dimostrazione di Newton, anche se non rigorosa al
100% dal punto di vista della Meccanica analitica, ha il notevolissimo
pregio di visualizzare chiaramente il fenomeno della precessione
lunisolare, cio della precessione dovuta agli effetti del Sole e della
Luna.
Il fenomeno viene chiamato di precessione in quanto il punto
retrograda, cio precede il ritorno del Sole dopo una rivoluzione
apparente sull'eclittica
4.7.2 - Precessione e nutazione lunisolare; nutazione totale.

Abbiamo visto che l'asse di rotazione della Terra avr un


movimento conico attorno all'esse dell'eclittica, che in queste
considerazioni abbiamo supposto fissa nello spazio (rispetto alle stelle
lontane). Abbiamo detto che questo moto si chiama precessione
lunisolare. La posizione dei Poli celesti, rispetto alle stelle, cambier
perci continuamente nel corso del tempo: e ciascuno di essi dovr
descrivere un cerchio avente l'ampiezza di 2326', corrispondente
all'angolo compreso fra l'asse dell'eclittica e l'asse di rotazione della
Terra, e cio all'inclinazione dell'eclittica sull'equatore. Si tratta dunque
174

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

di un vasto movimento, ma molto lento e non percettibile a vista


d'occhio.

Figura 4.21 Traccia dellellisse di precessione prodotta dallasse


terrestre

Perci la Stella Polare ( Ursae Minoris), oggi assai vicina al Polo


celeste nord, ne sar distante di oltre 45 quando questo Polo avr
compiuto met del suo giro; l'equatore celeste, il cui piano deve essere
sempre normale all'asse di rotazione terrestre, dovr cambiare
continuamente fra le stelle.
Di conseguenza le declinazioni delle stelle, come quelle di
qualunque astro, varieranno dunque continuamente col tempo, e di
quantit molto sensibili; ma anche le ascensioni rette di tutti gli astri
cambieranno continuamente, perch l'equinozio di primavera (da cui le
ascensioni rette sono contate in senso antiorario) dovr pure spostarsi
sull'equatore. Si comprende ora il perch nelle Effemeridi Nautiche si
costretti a riportare ogni tre giorni le coordinate delle stelle.
Ma come si fa a valutare esattamente lo spostamento
dell'equinozio ? Ci risulta dalle variazioni che subiscono, col tempo, le
posizioni osservate (in , ) delle Stelle. Se dalle loro coordinate
175

Mario Vultaggio

equatoriali si deducono per via di calcolo le corrispondenti coordinate


eclittiche, si trova, qualunque sia la stella osservata, che la longitudine
cresce ogni anno di circa 50''.3; mentre la latitudine eclittica non cambia
sensibilmente.
Ma lo spostamento di sull'eclittica, per effetto dell'attrazione
del Sole e della Luna (con predominio dell'azione della Luna) sul
rigonfiamento equatoriale terrestre, non uniforme, come facilmente
s'intuisce. Infatti le orbite del Sole (apparente) e della Luna relative alla
Terra, non sono circolari ma ellittiche: quindi le distanze del Sole e della
Luna dalla Terra variano periodicamente; inoltre, la Luna non si muove
sul piano dell'eclittica ma su un piano inclinato su questo di circa 5.
Alla variazione periodica delle distanze del Sole e della Luna
corrisponder, ovviamente, una variazione periodica dell'azione
perturbatrice lunisolare che si aggiunge alla variazione precessionale
detta prima.
In ultima analisi il moto di sull'eclittica si pu scomporre in
due movimenti: uno progressivo o secolare esprimibile in serie di
potenze del tempo t:
at + bt 2 + ct 3 + K

(4.60)

e l'altro periodico esprimibile mediante funzioni periodiche della


longitudine S del Sole e della longitudine L della Luna:
a sen 2 S + b sen 2 L + K

(4.61)

a partire da una definita Epoca (JD2000) a cui sono riferiti i coefficienti.


Il moto progressivo o secolare dell'equinozio sull'eclittica fissa,
che in prima approssimazione si pu ritenere uniforme (trascurando i
termini in t 2 , t 3 ,K nella (4.60)), quello che abbiamo gi studiato nei
paragrafi precedenti: cio la precessione lunisolare.
Il moto periodico, che ora studieremo, espresso dalla relazione
(4.60) detto: nutazione lunisolare in longitudine.
Si tenga presente che il termine nutazione viene dal latino nutatio
che significa oscillazione, infatti vedremo che questo fenomeno produce
un'oscillazione che si sovrappone alla precessione.
Consideriamo quindi l'effetto che la Luna, non muovendosi sul
piano dell'eclittica, produce sul moto precessionale del polo celeste nord
Pn .
176

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Nella fig. 4.22 rappresentata l'intersezione della sfera celeste col


piano dell'orbita lunare ed indicata con L la posizione occupata, ad un
certo istante, dal polo di questa orbita. Sia N la posizione del nodo
ascendente lunare nell'istante considerato ed la sua longitudine
eclittica. Da quanto abbiamo detto nell'interpretazione di Newton
chiaro che la Luna determiner un moto precessionale di sull'eclittica
fissa, perch il polo celeste Pn descriver un cerchio minore Pn Pn
intorno ad L, in modo del tutto analogo a quanto avveniva per il corpo ls
considerato nel paragrafo precedente (cio nel caso dell'orbita lunare
coincidente con l'eclittica). La Luna quindi, considerando anche il moto
nella sua propria orbita, determiner nello spostamento di i termini
progressivi e periodici gi considerati nelle espressioni (4.60) e (4.61).

Figura 4.22 Traccia delleclittica Sole-Terra e piano orbitale TerraLuna

Ma dalle osservazioni noi sappiamo che il polo L dell'orbita


lunare ha un moto periodico intorno al polo dell'eclittica K, che si
compie in 18 anni e 2/3 di anno; quindi dovendosi muovere Pn attorno
ad L, come abbiamo visto prima, ne risultano due nuovi fatti da
considerare:

177

Mario Vultaggio

La distanza KP = , rappresentata dall'obliquit dell'eclittica,


non potr rimanere costante;
Ai termini periodici espressi dalla (4.61) dovranno aggiungersi
altri termini periodici (che poi sono i pi importanti da un punto
di vista numerico), che saranno funzioni della longitudine del
nodo ascendente N dell'orbita lunare, in quanto al moto L intorno
a K corrisponde un moto periodico (con lo stesso periodo di anni
18 e 2/3) del nodo ascendente N sull'eclittica.
Questi termini periodici, della forma:
u sen + v sen 2 + K

(4.62)

costituiscono la cosiddetta nutazione dei nodi lunari in longitudine: per


cui la nutazione totale in longitudine , sar uguale alla somma della
nutazione lunisolare in longitudine, data dalla (4.61), e dalla nutazione
dei nodi lunari, sempre in longitudine e data dalla (4.62).
Avremo perci, sostituendo ai coefficienti costanti che figurano
in queste due espressioni, i loro valori numerici dedotti dalle
osservazioni astronomiche:
nutazione totale in longitudine

= -(17.234 + 0.017T ) sen + 0.209sen2 K

(4.63)

tenendo conto che il coefficiente u di sen lievemente variabile col


tempo T (T espresso in secoli, a partire dal 2000.0) e che invece di
considerare S, longitudine vera del Sole, si preferisce introdurre LSm
longitudine media del Sole, cio la longitudine del Sole medio eclittico.
In quanto all'obliquit dell'eclittica, la sua variazione ha
pure un carattere periodico; la sua espressione analitica del tutto simile
a quella di , salvo a sostituire i coseni ai seni e i diversi valori dei
coefficienti numerici:
nutazione in obliquit

= (9.210 + 0.001 T ) cos 0.090 cos 2 + K

con:
178

(4.64)

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

T=

( JD2000 JD )
36525

La chiamata nutazione in obliquit (o in latitudine): il termine


principale, come si vede, rappresentato dal termine contenente cos e
il suo coefficiente 9".120 si chiama costante di nutazione.
Pertanto, sino a questo momento, abbiamo visto che il polo Pn
sottoposto ai seguenti spostamenti:
precessione lunisolare: moto progressivo;
nutazione totale in longitudine, che comprende la parte periodica
dell'effetto lunisolare + quella parte periodica dovuta allo
spostamento del nodo lunare sulla sua orbita.
Abbiamo visto inoltre che l'obliquit dell'eclittica non pu
mantenersi costante, quindi ai due moti precedenti si deve aggiungere
anche un terzo, dovuto all'effetto lunare, cio la nutazione in obliquit.
In tutto questo ragionamento d'approssimazioni successive
abbiamo sempre considerato l'eclittica fissa, infatti anche nel caso della
nutazione in obliquit abbiamo visto che la variazione di dovuta ad
uno spostamento dell'equatore celeste rispetto all'eclittica fissa.
Vedremo nel prossimo paragrafo che anche l'eclittica si sposta e il
perch di questo fenomeno; in tal modo avremo descritto nella sua
completezza il fenomeno delle variazioni delle coordinate per le
variazioni dei cerchi massimi di riferimento.

4.7.3 - Precessione planetaria e precessione generale

Come detto, nelle considerazioni precedenti, l'eclittica stata


considerata fissa; ma evidente che, se si considerano tutti i pianeti del
Sistema solare, si vede che le loro orbite giacciono in piani lievemente
inclinati sull'eclittica. Allora, identicamente a quanto detto prima, le
perturbazioni da essi indotte sul moto orbitale della Terra attorno al Sole
(rotazione principale) avranno, per conseguenza, una variazione della
giacitura del piano dell'eclittica e quindi uno spostamento dell'eclittica
sulla sfera celeste .
Consideriamo la figura 4.23, in cui stata disegnata la posizione
dell'eclittica ad una data iniziale (per es. JD2000), insieme con la
posizione dell'equatore alla medesima data. Questa data detta Epoca,
179

Mario Vultaggio

sin d'ora quella da cui contiamo i tempi t espressi in anni. Sulla stessa
figura rappresentata la posizione dell'equatore e dell'eclittica al 2001.

Figura 4.23 Variazione del piano delleclittica annuale

In corrispondenza l'equinozio che nel 2000 era in 0 , nel 2001 si trover


in 1 . Se facciamo astrazioni dal fenomeno della nutazione, lo
spostamento dell'equinozio di primavera da 0 a 1 sar unicamente
determinato:
Idalla precessione lunisolare, che sull'eclittica 2000
considerata fissa, avrebbe determinato lo spostamento da 0 a ;
dallo spostamento dell'eclittica, che sull'equatore 2000
II considerato fisso, avrebbe determinato lo spostamento di da 0
a : precessione planetaria, perch dovuta alla sola azione dei
Pianeti.
La posizione dell'equinozio di primavera al 2001, sempre non
considerando dalla nutazione, risulta dunque dalla composizione dello
spostamento 0 (precessione lunisolare in longitudine = p1 ); con lo
spostamento 1 , praticamente identico a 0 (precessione
planetaria = p 2 ). La precessione planetaria p 2 molto piccola in
confronto alla precessione lunisolare; il valore numerico p 2 circa
1/400 di p1 : nella figura. 4.24 si esagerato l'effetto per chiarezza
grafica.
180

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Se vogliamo determinare l'effetto complessivo in longitudine


delle due precessioni, baster proiettare 1 da K sull'eclittica fissa (al
2000), ottenendo cos il punto , e lo spostamento sull'eclittica fissa
sar rappresentato da:
0 = 0

e considerando approssimativamente il triangolo 1 rettangolo


avremo = p 2 cos e quindi
= p = p1 p 2 cos

(4.65)

Lo spostamento 0 dell'equinozio sull'eclittica fissa, in un anno


si chiama precessione generale in longitudine e si indica con p.
Osserviamo che la precessione planetaria p 2 , esprimendo uno
spostamento dell'equinozio sull'equatore, in senso diretto, ha per effetto
di diminuire le ascensioni rette di tutte le stelle, lasciando inalterate le
declinazioni; la sua espressione data da una serie di potenze del tempo
t, a coefficienti costanti:
p 2 = ct + dt 2 + K

e sotto questa forma si pu anche esprimere la variazione che subisce col


tempo l'obliquit dell'eclittica, in dipendenza dell'azione perturbatrice
dei pianeti sull'orbita terrestre.
La precessione generale in longitudine p, e l'obliquit dell'eclittica
sono numericamente espresse da:
p1 = 50.290966 + 0.0022226t 0.00000042t 2

2
3
= 232621 .448 46.8150 t 0.00059t + 0.001813t

(4.66)

La precessione lunisolare in longitudine p1 e la precessione planetaria in


ascensione retta p 2 , hanno i valori:
p1 = 50.290966 + 0.0022226 t 0.00000042t 2

p 2 = 0.011113 0.000000042 t

dove t l'intervallo di anni tropici decorsi dal 2000.


181

(4.67)

Mario Vultaggio

4.7.4 - Visione globale dei fenomeni di precessione e nutazione

Cerchiamo di renderci conto di come si sposta il Polo celeste Pn sotto


l'azione combinata dei fenomeni della precessione e della nutazione. Il
modo pi semplice di vedere globalmente il fenomeno quello di
ricorrere ad una rappresentazione geometrica dello stesso tipo di quella
adoperata per descrivere i risultati delle osservazioni d'Ipparco.
Data la piccolissima variazione di p 2 , precessione planetaria, per
la nostra rappresentazione geometrica possiamo considerare ancora
come fissa l'eclittica e di conseguenza il suo polo K.
Incominciamo subito col dire che in meccanica l'aggettivo medio,
che qualifica l'equatore, il polo celeste e l'equinozio ad un dato istante,
significa che nel considerare le loro posizioni non si tiene conto
dell'effetto prodotto dalla nutazione; mentre l'appellativo vero significa
che in quella posizione stiamo considerando anche l'effetto prodotto dal
fenomeno della nutazione.
Abbiamo visto che la precessione lunisolare determina un
movimento sensibilmente uniforme del polo celeste Pn su un parallelo di
latitudine eclittica e quindi un moto conico dell'asse di rotazione della
Terra intorno all'asse dell'eclittica: (figura 4.19). Vediamo in qual modo
la nutazione altera questa semplice rappresentazione geometrica.
Consideriamo la fig. 4.24, in cui sono rappresentati, ad un certo
istante t, l'equatore medio e l'equatore vero, oltre l'eclittica che abbiamo
detto di considerare fissa. Saranno m e v l'equinozio medio e

l'equinozio vero, sempre all'istante t, e l'arco m v avr quindi


l'ampiezza della nutazione in longitudine data dalla (4.63), che
trascurando i termini secondari, possiamo semplicemente scrivere:
= 17.1996 sen

(4.68)

Se Pm e Pv rappresentano, rispettivamente il polo celeste nord

medio e vero, all'istante t, avremo KP m = e KP v = + dove la


nutazione in obliquit, data dalla (4.64) ed espressa semplicemente da:
= 9.2025 cos

182

(4.69)

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Riferiamo Pv ad un sistema di assi cartesiani Pm xy , nel piano


tangente alla sfera celeste nel punto Pm , e sia y diretto secondo la

tangente all'arco orientato K P m ; l'asse x secondo la tangente al


parallelo di latitudine eclittica nello stesso senso in cui descritto da Pm
per effetto della precessione lunisolare. Assunto, come unit di misura di
x e di y, il raggio della sfera, e tenendo conto che Pm Pv molto piccolo
avremo:
x = sen = 17.1996 sen sen

y = = 9.2025 cos

(4.70)

Le (4.70) ci dicono che al variare di , Pv descrive intorno a Pm


una ellisse (l'ellisse di nutazione), avente il semiasse maggiore, di
ampiezza uguale a 9".2 (costante della nutazione) diretto verso il polo
dell'eclittica ed il semiasse minore, d'ampiezza uguale a:
17 .1996 sen = 6.9

parallelo all'eclittica.
Ne segue che il moto del polo vero Pv fra le stelle, risulta
composto dal moto sensibilmente uniforme di Pm sul parallelo di
latitudine avente per distanza polare e dal moto ellittico sopra
indicato. Il moto risultante dunque un moto non uniforme del polo
vero Pv su un parallelo di latitudine lievemente ondulato. Cio la
nutazione produce un'oscillazione (latino: nutatio) rispetto al moto
precessionale.

183

Mario Vultaggio

Figura 4.24 Composizione del moto di precessione e nutazione

In corrispondenza l'asse di rotazione della Terra (e quindi l'asse


del mondo) descriver nello spazio, cio rispetto alle stelle, una
superficie conica leggermente ondulata.
Si badi bene a non confondere questo fenomeno (spostamento fra
le stelle dell'asse del mondo Pn Ps ) con quello della polodia (spostamento
in seno alla Terra dell'asse di rotazione istantaneo).
I due fenomeni sono distinti e derivano da effetti astronomici
differenti.

4.8 - Il sestante e le correzione delle altezze

Il sestante un misuratore di angoli che si basa sulla doppia riflessione


di un raggio luminoso in uno stesso piano: langolo tra il primo raggio
incidente ed il secondo riflesso uguale al doppio di quello formato
dalle due superfici riflettenti (v, figura 4.25).
Consta di un settore metallico ampio una sessantina di gradi (da
qui il suo nome), il cui raggio misura circa 20 cm ( in alcuni moderni
sestanti lampiezza del settore arriva fino a 80); il suo bordo, detto
lembo, opportunamente graduato e su questo scorre unalidada, il cui
asse di rotazione passa esattamente per il centro del settore. Lalidada
184

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

fornita di una linea di fede in corrispondenza della quale viene letta


lampiezza dellangolo misurato. Solidale a questa e ruotante
Intorno al suo asse si nota uno specchio, comunemente detto specchio
grande (meglio denominarlo specchio mobile), la cui superficie
perpendicolare al piano del lembo.
Sul lato sinistro (lato sinistro per un osservatore che guarda il
sestante dal lato del lembo) trovasi un secondo specchio detto specchio
piccolo (meglio denominarlo specchio fisso). Questo specchio met
amalgamato, cio speculare e met trasparente; talvolta manca questa
seconda parte e la loro linea di separazione parallela al piano del
lembo.
Sul lato destro del settore si nota un collare nel quale viene
avvitato un cannocchiale (terrestre, astronomico, o speciale per le
osservazioni crepuscolari e notturne), un binocolo od un semplice tubo
traguardo. Il loro asse ottico parallelo al piano del lembo e passa per la
linea di separazione delle due parti dello specchio fisso.
Larmatura dello specchio mobile munita di una vite di rettifica
che permette di farlo ruotare intorno ad un asse parallelo al piano del
lembo. Quella dello specchio fisso ne possiede due: una per la sua
rotazione intorno ad un asse parallelo al piano del lembo e laltra per la
sua rotazione intorno ad un asse perpendicolare al detto piano.
Davanti ai due specchi sono sistemati dei vetri colorati onde
attenuare leccessivo splendore dei raggi luminosi del Sole.

Figura 4.25 Il sestante marino Plath


185

Mario Vultaggio

Lalidada scorre con dolce attrito sul lembo e pu essere bloccata a


questo; per piccoli suoi spostamenti c una speciale vite di richiamo. E
munita di un nonio o di un tamburo. Se corredata del nonio, la
graduazione sul lembo in decine o quindicine di primi; in tal modo, sul
lembo, in corrispondenza dellindice dellalidada, si leggono i gradi e le
decine (quindicine) di primi e dal nonio si rilevano i primi e le decine di
o quindicine di secondi.
Con il tamburo la graduazione sul lembo in gradi soltanto; per
un giro completo di questo, azionato dalla vite di richiamo, lalidada si
sposta di un grado. In generale il bordo del tamburo viene graduato in
centoventi, permettendo cos la lettura del mezzo primo in
corrispondenza di unapposita linea di fede. Senza difficolt si pu
apprezzare il quarto di primo, cio i 15 secondi darco.
Sul lembo, in corrispondenza dellindice dellalidada, si leggono i
gradi e sul tamburo, in corrispondenza dellapposita linea di fede, si
leggono i primi e la frazione di primo. Anche il tamburo pu essere
munito di un nonio, permettendo cos una lettura ancora pi spinta.
Il settore munito di unimpugnatura che permette di maneggiare
comodamente lo strumento e di piccoli gambi per poterlo poggiare su un
piano;infine, nei pressi del nonio o del tamburo possiamo trovare una
piccola lampada elettrica, la cui pila si trova allinterno
dellimpugnatura, onde permettere le letture in assenza di luce.

4.8.1 - Il principio ottico.

Rappresenti il foglio il piano in cui avviene la doppia riflessione, piano


parallelo a quello del lembo e passate per la linea di separazione delle
due parti dello specchio fisso, e siano S1 e S2 i due specchi, mobile il
primo con lalidada, fisso il secondo. Essendo locchio dellosservatore
in P, si vuole misurare langolo tra le direzioni ai due oggetti A e B,
entrambi situati nel piano di riflessione (v. figura 4.26).

186

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Figura 4.26 Il principio ottico del sestante - doppia riflessione

Ruotando lalidada ( e quindi lo specchio S1) si cerca con cura la sua


posizione onde permettere al raggio luminoso proveniente dalloggetto
A, dopo la doppia riflessione (prima sullo specchio S1 e poi sullo
specchio S2), di giungere allocchio secondo la direzione delloggetto B.
Losservatore vede, cio, loggetto A sul bordo superiore della parte
amalgamata dello specchio fisso S2 coincidente con loggetto B, visto
direttamente (senza riflessioni) attraverso la parte non amalgamata dello
stesso(bloccata nella giusta posizione di sovrapposizione delle due
immagini), dicesi punto di collimazione o di coincidenza.
Indicando co S1 e S2 anche i punti dei due rispettivi specchi in cui
avviene la riflessione e con n1 e n2 le normali agli stessi nei detti punti, si
considerino i due triangoli S1 S 2 Q e S1S2 P .
Dal primo triangolo si ricava:
= +

e dal secondo:
2 = 2 +

(4.71)

Dividendo per 2 questultima relazione e confrontandola con la prima, si


ottiene:
= 2

187

(4.72)

Mario Vultaggio

dal che langolo sotteso in P ai due oggetti A e B uguale al doppio di


quello formato tra le normali n1 e n2 in Q alle due superfici riflettenti o
anche al doppio dellangolo formato dalle due superfici in V.
)
Dalla figura 4.26 si nota che langolo anche uguale allangolo VS1M ,
rappresentando S1M la direzione assunta dallalidada con lo specchio
mobile parallelo a quello fisso. E in corrispondenza di questultima
direzione che la casa costruttrice segna sul lembo lo zero della
graduazione; per cui langolo desiderato uguale al doppio dellangolo
sotteso dallarco di lembo MV. Per evitare di raddoppiare questangolo,
ogni mezzo grado di lembo viene assunto per un grado allatto
dellincisione della graduazione sul lembo,

4.8.2 - Verifiche e rettifiche.

La doppia riflessione del raggio luminoso deve verificarsi in un piano


parallelo a quello del lembo, perch in questultimo avvengono le
rotazioni dellalidada. Necessita, di conseguenza, che siano gli specchi
perpendicolari al detto piano e lasse ottico del cannocchiale parallelo.
Queste condizioni vanno spesso verificate onde procedere ad eventuali
rettifiche.
Per la prima verifica della perpendicolarit dello specchio mobile
si blocca lalidada al lembo ad un terzo della sua corsa e, tenendo il
sestante con il vertice verso la persona, si guarda nello specchio mobile.
Se la parte di lembo riflessa da questo in continuit con quella vista
direttamente, lo specchio perpendicolare al piano del lembo. Nel caso
contrario bisogna agire sullapposita vite gi accennata, che permette
allo specchio una rotazione intorno ad un asse parallelo al piano del
lembo. Nel caso contrario bisogna agire sullapposita vite, che permette
allo specchio una rotazione intorno ad un asse parallelo al piano del
lembo.
Assicurata la perpendicolarit dello specchio mobile, con
lalidada verso lo zero della graduazione, si osserva un oggetto molto
lontano, cercando di far coincidere la sua immagine diretta con quella
doppiamente riflessa. Piccolissime rotazioni dellalidada vengono
effettuate mediante la vite di richiamo. La sovrapposizione delle due
immagini sar possibile soltanto quando gli specchi sono paralleli.
Ottenuta la sovrapposizione, si ha la certezza che lo specchio
fisso anchesso perpendicolare al piano del lembo: con specchi
paralleli e quello mobile perpendicolare al piano del lembo anche lo
specchio fisso risulter perpendicolare al detto piano. Lindice
188

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

dellalidada indica sul lembo il punto di parallelismo che dovrebbe


coincidere con lo zero della graduazione. In caso contrario gli angoli che
verranno misurati risulteranno errati.
Se lo specchio fisso non perpendicolare al piano del lembo non
sar possibile effettuare la sovrapposizione delle due immagini
delloggetto (diretta e riflessa), cio non esister nessuna posizione
dellalidada che permetta allo specchio mobile di essere parallelo a
quello fisso. In tal caso bisogna agire sullapposita vite di rettifica che fa
ruotare lo specchio intorno ad un asse parallelo al piano del lembo.
Per questa verifica non necessario procedere alla
sovrapposizione delle due immagini: basta soltanto notare che quella
doppiamente riflessa scorra nello stesso piano verticale di quella diretta.
Loggetto lontano pu essere una stella, la linea dellorizzonte o
un oggetto terrestre lontano ad una distanza non inferiore al km. Con la
linea dellorizzonte, quando la parte diretta si mantiene in
prolungamento di quella riflessa, facendo oscillare il sestante attorno
allasse ottico, vorr dire che esiste la perpendicolarit dello specchio
fisso.
A queste due verifiche segue quella della relativa al parallelismo
dellasse ottico del cannocchiale con il piano del lembo. Si dispone il
sestante su un piano orizzontale e si traguarda attraverso il collare privo
di cannocchiale, una linea orizzontale (o lo spigolo orizzontale di un
edificio) distante una trentina di metri, linea che deve risultare
allaltezza di quella di separazione tra la parte amalgamata e quella
trasparente dello specchio fisso. Si avvita nel collare il cannocchiale
astronomico in modo da fare risultare orizzontale due fili del reticolo di
cui munito. Se la linea orizzontale presa in considerazione risulter
esattamente in mezzo ai due fili del reticolo, vuol dire che esiste il
parallelismo desiderato. Se lasse ottico inclinato rispetto al piano del
lembo, la linea apparir pi vicina ad una dei due fili. In questo caso
bisogna agire sulle rispettive vite di rettifica di cui munito il collare.
Molti sestanti non sono corredati del cannocchiale astronomico,
utilizzando a bordo soltanto quello terrestre. In tal caso non possibile
procedere a questa verifica; invero,per molti sestanti mancano le
apposite viti di rettifica.

4.8.3 - Correzione dindice

189

Mario Vultaggio

Il sestante messo in commercio col punto di parallelismo


coincidente con lo zero della graduazione del lembo; ma, con il passare
del tempo, pu venire a mancare questa coincidenza.
Possono verificarsi due casi:

Figura 4.27 Punto di parallelismo e zero strumentale

punto di parallelismo a destra dello zero;


punto di parallelismo a sinistra dello zero.
Guardando il sestante con il lembo rivolto verso losservatore. Nel
primo caso le ampiezze degli angoli misurati risulteranno minori di
quelle esatte, nel secondo caso maggiori; lerrore rappresentato
dallarco di lembo OP . Volendo tenere conto come correzione, da
190

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

sommare algebricamente alla lettura errata per avere quella esatta, nel
primo caso la correzione (detta correzione dindice ed indicata con il
simbolo ) positiva, nel secondo caso negativa.
La sua determinazione viene effettuata dopo le verifiche di cui al
paragrafo precedente. Si pu traguardare una stella, il Sole,la linea
dellorizzonte o un oggetto lontano oltre un km. Ottenuta la perfetta
sovrapposizione delle due immagini, si procede alla lettura
dellampiezza dellarco OP .

Figura 4.28 Punto di parallelismo non coincidente con lo zero


strumentale

191

Mario Vultaggio

Figura 4.29 Punto di parallelismo coincidente con lo zero


strumentale

Con il Sole non possibile avere la perfetta sovrapposizione dei


due dischi, per cui si questi si portano a tangenziarsi, una volta il
riflesso sopra quello diretto ed unaltra volta al disotto, effettuando per
ciascuna delle due posizioni le relative letture sul lembo; la correzione
dindice , in valore assoluto, data dalla semi differenza delle due
letture. Se la lettura pi grande stata fatta a destra dello zero, la
correzione positiva, altrimenti negativa.
La semisomma delle due letture fornisce, invece, langolo sotto il
quale viene misurato il diametro del Sole, il cui valore si aggira ai 32.
Quasi sempre a bordo viene osservata la linea dellorizzonte, si
procede alla lettura della correzione dopo aver bloccato lalidada quando
la linea riflessa viene notata in perfetta continuazione con quella diretta
(v. figura 4.28 e 4.29).

4.8.4 - Correzione strumentale

Questa correzione viene fornita dalla casa costruttrice o dallente che


verifica il sestante. Dipende dai difetti di costruzione dello strumento,
principalmente dalleccentricit dellalidada, dalla non esatta
graduazione del lembo e dal prismatismo degli specchi e dei vetri.
Leccentricit dellalidada presente quando il suo asse di
rotazione non passa esattamente per il centro del settore circolare. Il
relativo errore, detto di eccentricit, dipende, per un dato sestante e per
una data distanza dellasse di rotazione dal centro del settore,
dallampiezza dellangolo misurato (aumenta con il crescere di questo).
Se, per esempio, lasse di rotazione si trova sulla congiungente centro
del settore-punto origine della graduazione, ad una distanza dal centro
di un decimo di millimetro, con il raggio del settore di 20 cm, lerrore di
eccentricit raggiunge il valore di 143 quando langolo misura di
90. Lerrore diminuisce aumentando il raggio del settore circolare,
donde i grandi sestanti ed ottanti di una volta.
Il prismatismo degli specchi e dei vetri dovuto al non perfetto
parallelismo delle loro facce; inesistente risulta limprecisione di
graduazione del lembo date le moderne tecniche di incisione.
192

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Utilizzando adatti banchi prova viene esaminato il sestante e


valutata la relativa correzione strumentale che funzione dellangolo
misurato. Questa viene annotata su una tabellina che si trova incollata
sullinterno della cassa di custodia del sestante, assieme ad altri dati,
quali le caratteristiche dei cannocchiali.
Indicando con hi ed ho laltezza letta al sestante e quella che si
dovrebbe leggere se questo fosse perfettamente esatto, con c e
rispettivamente la correzione istrumentale e quella dindice , risulta:
ho = hi + c +

(4.73)

formula da risolvere algebricamente, tenendo conto dei segni delle due


correzioni.

4.9 - Misure delle altezze

Rappresenti il punto O locchio dellosservatore e la


circonferenza C lorizzonte marino (v. figura 4.30). Se A lastro,
)
langolo A1OA ,

Figura 4.30 Collimazione dellastro sullorizzonte (punto di contatto:


piede del verticale sullorizzonte)
193

Mario Vultaggio

contato nel piano del suo verticale, rappresenta laltezza osservata ho . Il


punto A1 il punto dellorizzonte marino situato nel piano verticale
dellastro (detto piede del verticale).
Si proceder alla lettura dellaltezza hi quando si vedr
limmagine dellastro, per la doppia riflessione degli specchi, provenire
dalla direzione del punto A1.
Se lastro una stella o un pianeta, specialmente per un
principiante, si consiglia di osservare nel cannocchiale la coincidenza
delle due immagini, diretta e riflessa, con lindice dellalidada prossimo
allorigine della graduazione o proprio in corrispondenza di questa. Si
ruota poi contemporaneamente lalidada ed il sestante, nel piano
verticale, senza perdere di vista limmagine riflessa dellastro fino a
portarlo in collimazione dellorizzonte (in questa fase il piano del
lembo che ruota tramite il polso dellosservatore mentre lalidada rimane
verticale). Si blocca, quindi, lalidada e si fa oscillare il sestante
pendolarmente in modo da fare descrivere allimmagine riflessa
dellastro un arco di circonferenza (in questo modo di individua
perfettamente il piede del verticale sullorizzonte); Agendo, poi, sul
nonio, si effettua una perfetta collimazione dellastro sullorizzonte.
Per il Sole e la Luna non necessario seguire (portare)
limmagine riflessa come teste detto sullorizzonte; basta, invece, tenere
il sestante nel piano verticale di detti astri e traguardare la line
dellorizzonte. Ruotando il piano del lembo e mantenendo verticale
lalidada (rotazione del polso contenete limpugnatura del sestante) si
cerca limmagine riflessa dellastro; successivamente si affina la misura
con il nonio portando il lembo inferiore o superiore a collimare con il
piede del verticale sullorizzonte. La scelta del lembo inferiore o
superiore per il Sole indifferente; per la Luna consigliabile usare
sempre il lembo (inferiore o superiore) che meglio si presta alla
collimazione (v. figura 4.31):

194

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

Figura 4.31 - Esempio di collimazione del lembo inferiore o superiore


della Luna

4.9.1 - Correzioni delle altezze

Laltezza osservata ho (v. figura 4.32) dellastro A, misurata col


sestante e corretta per le eventuali imperfezioni dello strumento,
rappresentata in figura dallangolo in O (occhio dellosservatore) fra le
due direzioni l1 e t1 tangenti rispettivamente agli ultimi tratti delle curve
di rifrazione astronomica e geodetica.

195

Mario Vultaggio

Figura 4.32 Osservazione di un astro

Sottraendo da ho la depressione i si ottiene laltezza apparente rifratta,


ho =
i =
_________________
har =

indicata con har .; sottraendo poi da questultima la rifrazione r si ottiene


laltezza apparente ha .
ho =
r =
_________________
ha =

Questa rappresenta laltezza esatta dellastro rispetto allocchio


dellosservatore. Laltezza dellastro rispetto al piano orizzontale
astronomico, indicata con hv , rappresentata in figura (sotto)
)
)
dallangolo ATQ , uguale a sua volta APQ' perch angoli corrispondenti
rispetto alle due rette t e t (rispettivamente tracce dei piani orizzontali
passanti per O e intersecati dalla trasversale TA. La conoscenza
196

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

dellangolo OAT , parallasse diurna in altezza dellastro h , permette di


passare da ha ad hv . Infatti dal triangolo piano OAP si ha:
ha =
+h
_________________
hv =

h = ha + h

(4.74)

Figura 4.33 Altezza apparente ha e altezza geocentrica hv

Com noto, la parallasse orizzontale della Luna, ad una distanza media


dalla terra, ha unampiezza di circa 57, quella del Sole, considerata
costante per tutto lanno, dellordine di 0.1, e quella dei pianeti Marte
e Venere raggiunge rispettivamente i valori di circa 0.0 e 0.4. Per gli
altri pianeti utili alla navigazione (Giove e Saturno) e per le stelle la
parallasse pu essere considerata nulla. Per questi astri, pertanto, si pu
considerare coincidente con il piano orizzontale passante per locchio
dellosservatore quello dellorizzonte vero.
Misurando laltezza del lembo superiore o inferiore del Sole e
della Luna, occorre, per ottenere quella corrispondente al loro centro,
tener conto dellampiezza angolare del loro raggio semidiametro
197

Mario Vultaggio

apparente a ; questo va sottratto allaltezza del lembo superiore e


sommato a quella del lembo inferiore.
Tanto premesso, per ottenere laltezza vera da quella misurata con
il sestante, bisogna tener conto delle seguenti formule a secondo
dellastro:
stelle
pianeta
Sole
Luna

hv = hi + c + i r
hv = hi + c + i r + h

hv = hi + c + i r a + h
hv = hi + c + i r a + h

(4.75)
(4.76)
(4.77)
(4.78)

Le effemeridi nautiche edite dallIstituto Idrografico della Marina, per


semplificare le operazioni di calcolo introduce delle tavole di correzione
delle altezze osservate con le seguenti relazioni:
STELLE: hv = ho + C1 + C 2 1 con C1 = 20'i e C 2 = 40'r

(4.79)

PIANETI: hv = ho + C1 + C 2 + C3 1
con C1 = 20'i , C 2 = 40'r e C3 = h

(4.80)

SOLE: hv = ho + C1 + C 2 + C3 1
con C1 = 20'i , C 2 = 16'r e C3 = 24' a

(4.81)

LUNA: hv = ho + C1 + C 2 + C3 1
con C1 = 20'i , C 2 = 20'r + 57' cosh a
C 3 = 20' a + ( o ,e 57')cosh a

(4.82)

4.10 - Sorgere e tramonto della luna e del Sole Crepuscoli.

Per il Sole e la Luna gli istanti del sorgere e del tramonto


allorizzonte marino(apparente) si verificano quando il lembo superiore
del disco rifratto lambisce lorizzonte marino: al sorgere quando
198

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

compare il detto lembo, al tramonto quando scompare. In questi casi


laltezza del centro dei due astri reali risulta:
ho = 0
Sole

hv = i r a + o

ho ( ( = 0
Luna

hv = i r a + h

Per unelevazione dellocchio dellosservatore (e 12m ) , la depressione


dellorizzonte di 6 (i 6') , la rifrazione astronomica degli astri
allorizzonte circa 35 (r 35') ; la parallasse del Sole trascurabile
mentre quella della Luna circa 57 ( o 57') ; i semidiametri dei due
corpi (Sole e Luna) sono pressappoco uguali ( 16') . Per queste
condizioni si ottengono le seguenti altezze vere:
Sole

hv = i r a + o = 6'35'16' = 57' 1

Luna

hv = i r a + h = 6'35'16'+57' = 0

Di qui, per il Sole, listante del sorgere marino (lembo superiore)


precede quello astronomico e listante del tramonto segue quello
astronomico. Per la Luna, invece, gli istanti del sorgere e tramonto
marini coincidono con quello astronomico.

199

Mario Vultaggio

Capitolo 4 -Appendice A
Sviluppo della formula di rifrazione
d =

dN
tan i
N

a) Sviluppo di tan i :
Dalla relazione invariantiva applicata al suolo

Figura 4.A.1 Deviazione del raggio luminoso prodotto dallatmosfera

qN sen i = N 0 q 0 sen z
q 0 = a = semiasse maggiore o raggio della Terra
q =a+h
h = altezza dell'atmosfera

Con le considerazioni fatte la (4.A.1) diventa:

200

(4.A.1)

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

(a + h )N sen i = aN 0 sen z
sen i =

N0 a
sen z
N a+h

da cui si ricava tan i :


tan i =

tan i =

sen i

d N0
sen z
a+h N

1 sen 2 i

a2

N0

sen 2 z
2
(a + h ) N

(4.A.2)

sen i
2

N2 a + h
2
sen z
2
N0 a
2

N
Nella (4.A.2) presente il termine che occorre sviluppare. Nella
N0

Fisica noto che:


N 2 = 1 + 2c

(4.A.3)

con 2c = potere rifrangente dell'aria; per unit di massa e di peso.


2c = 0.0006

Riscrivendo la (4.A.3) per il suolo [ = 0 ] si ha:


N 2 = 1 + 2c
N 02 = 1 + 2c 0
2

N
1 + 2c 1 + 2c 2c 0
=

=
1 + 2c 0
1 + 2c 0
N0
2c 0
= 1
1
1 + 2c 0 0
201

Mario Vultaggio

ed indicando con:
=

c 0
0.0003
1 + 2c 0

= 1

si ha:
2

= 1 2
N
0

(4.A.4)

con:
=0

per

= 0 (h = u )

=1

per

= 0(h = )
2

a + h
Inoltre, possiamo semplificare il termine
; ponendo:
a
x=

h
l

con h altezza del generico strato ed l altezza dell'atmosfera del Cassini.


a+h
h
l
= 1 + = 1 + x = 1 + Vx
a
a
a

con
V =

l
a

Il valore della costante V :

202

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

8
8
1

=
6378 6400 800
h 64
x= =
=8
l
8

V =

mentre il prodotto Vx assume i seguenti valori:


h = 0 Km

Vx = 0

h = 64 Km

Vx =

8
1
=
800 100

per cui
0 Vx

1
100

Dopo di che il rapporto


2

a + h
2

= (1 + Vx ) 1 + 2Vx
a

(4.A.5)

Combinando la relazione (4.A.4) e la relazione (4.A.5) si ha:


2

a + h N
a N = [1 + 2Vx ][1 2 ]

0
= 1 2 + 2Vx 4Vx
= 1 + 2(Vx )

nella quale stato trascurato il termine 4Vx


Ponendo u = Vx , si ha:
a + h

N
= 1 + 2u

N0
203

(4.A.6)

Mario Vultaggio

Dopo di ci per mezzo della (4.A.6), la relazione (4.A.2) diventa:


tan i =
=

b) Sviluppo di

sen z
1 + 2u sen 2 z
sen z

(4.A.7)

cos 2 z + 2u

dN
N

Rimane, ora, da sviluppare il termine

dN
in funzione di .
N

Riprendendo la (4.A.3):
N 2 = 1 + 2c

e differenziando si ha:
2 NdN = 2cd
dN cd
cd
= 2 =
N
1 + 2c
N

ma ricordando che:
= 1

d
, d =
0
0

si ottiene che:
c 0
dN
=
N
1 + 2c

(4.A.8)

Al denominatore della (4.A.8) compare la variabile che vale 0 al


limite superiore dell'atmosfera (h = , = 0) e 0.0013 al suolo dove
(h = 0, = 0 ) .
Nel prosieguo dello sviluppo della (4.A.8) si pone al denominatore il suo
valore medio:

204

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

h = 0, = 0 1 + 2c 0
h = , = 0

1
2 + 2c 0 1+c 0

Dopo di che, la (4.A.8) diventa:


c 0
dN
a
=
N
1 + c 0

(4.A.9)

La relazione (4.A.9) pu essere espressa in termini della costante .


Essendo:
=

c 0
1 + 2c 0

+ 2c 0 = c 0
= c 0 2c 0 = c 0 (1 2 )
c 0 =

1 2

che sostituita nella (4.A.9) da:

c 0

= 1 2 = 1 2 =
1 2 + 1

1 + 2c 0
1+
1 2
1 2

per cui:
dN

=
d
N 1

Dopo di ci l'equazione differenziale della rifrazione diventa:

senz
d =
d
1 cos 2 u + 2u
che pu essere ulteriormente scritta nel seguente modo:
205

(4.A.10)

Mario Vultaggio

senz

cos z
d =
1
2u
1+
cos 2 z
=

tan z [1 + 2u sec 2 z ] 2 d
1

(4.A.11)


= 1

u = Vx

La (4.A.11) viene risolta mediante il seguente sviluppo in serie


binomiale:
d =

1
n

yz 2 (2u sec 2 z )d
1 x =0 k

con 2u sen 2 z < 1 che assicura la convergenza della serie.


Integrando si ha:
=

1
1
1

3
tan z d
tan z sec 2 z ud +
tan z sec 4 z u 2 d +
1
1
2 1
0
0
0

5
+
tan z sec 6 z u 3 d
2 1
0
1

i cui integrali vanno calcolati assegnando la legge = (h ) + 0 .


Per la soluzione degli integrali diversi autori (Cassini, Bouguer, Newton,
Ivory), cos come gi riportato hanno ipotizzato differenti leggi sulla
distribuzione della densit dell'atmosfera.
Si dimostra che arrestando lo sviluppo al secondo termine si ricava la
relazione approssimata della rifrazione valida per z 87
206

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

tan z 1 + V sec 2
1

tan z < 0 tan z


= 60 tan z

207

Mario Vultaggio

Capitolo 4 - Appendice B

4.B.1 - Sviluppo della parallasse lunare

Consideriamo una sezione meridiana dellellissoide terrestre di


semiassi maggiore e minore a,b ed un osservatore O( ) e sia L la
posizione della Luna considerata in meridiano e C il centro dellellisse
meridiana.

Figura 4.B.1 - Geometria della parallasse della Luna al passaggio al


meridiano dellosservatore

Dal triangolo OLC, di figura 4.B.1, applicando il teorema dei seni si ha:
sin[90 + (ha + V )]
d

OC = , CL = d , ZZ' = V
sin h

(4.B.1)

con V, d e di significato noto.


E ovvio che questa relazione risulta valida solo per il caso di Luna al
meridiano; quando la Luna non al meridiano occorre considera la
proiezione di Z sul verticale della Luna in L (langolo fra i due
verticali rappresentato dallangolo azimutale della Luna). La direzione
della verticale dellosservatore incontra la sfera apparente in Z, la
direzione geocentrica in Z. Per considerare il contributo dellangolo alla
208

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

verticale V(ZZ) sul nuovo verticale della Luna, si traccia un arco di


circonferenza massima passante per Z. e perpendicolare al verticale
della Luna in L Si determina cosi un piccolo triangolo ZZZ sferico,
rettangolo in Z, che tiene conto del fatto che la luna non pi in
meridiano.
Dalla figura 4.B.2 si ha:
ZZ ' ' =

)
, Z ' ' ZZ ' = Z

, ZZ ' = V

Figura 4.B.2 Triangolo sferico (modificare gli elementi dei due


triangoli)

Dal triangolo sferico rettangolo di figura 4.B.2 si ha:


cos Z = tan ZZ ' ' cot ZZ ' , tan = tan V cos Z

(4.B.2)

E considerando che e V sono piccoli, si pu porre


= V cos Z

(4.B.3)

Per cui applicando al triangolo piano COL il teorema dei seni:


sin h =

cos(ha + V cos Z )

(4.B.5)

Nelle applicazione nautiche, la relazione trovata subisce una ulteriore


semplificazioni dato che langolo alla verticale dellordine dei primi,
per cui si pu usare la seguente relazione:
sin h =

cosh a

209

(4.B.6)

Mario Vultaggio

Appare evidente che la variabilit della parallasse dipende dalla distanza


geocentrica ( ) che pu per essere facilmente calcolata per mezzo
delle ben note relazioni della sezione meridiana per la Terra ellissoidica:
z=

a (1 e 2 sin

(1 e

sin 2

x=

1
2

a cos

(1 e

sin 2

1
2

Dalle quali si calcola la distanza ( ) :


= x2 + z2 = a

1 2e 2 sin 2
1 e 2 sin 2

(4.B.7)

ed applicando lo sviluppo in serie e trascurando i termini superiori ad


e 2 , si ottiene:

1
2

= a1 e 2 sin 2

(4.B.8)

La (4.B.8) pu essere ulteriormente semplificata introducendo lo


schiacciamento f :
e2 = 2 f f 2 2 f

f =

1 2
e
2

(4.B.9)

per cui, la distanza geocentrica ( ) pu essere espressa anche in


termini dello schiacciamento:
= a (1 f sin 2 )

(4.B.10)

Ritornando sulla espressione della parallasse e sostituendo la relazione


semplificata della distanza geocentrica:
sin h =

a 1 f sin 2
cos(ha )
d

(4.B.11)

dalla quale si ricava lespressione della parallasse equatoriale orizzontale


della Luna:

210

Capitolo 4 Variazione delle coordinate e correzione delle altezze degli astri

sin oe =

a
d

(4.B.12)

Successivamente, ponendo ha = 0 si ottiene la parallasse orizzontale


locale:
sin o =

a 1 f sin 2
a
= 1 f sin 2 = sin oe 1 f sin 2 .
d
d

esprimendo tutto in primi:


o = oe oe f sin 2 = oe c

oe

(4.B.13)

relazione precedentemente introdotta. Dopo, si ottiene la formula


semplificata della parallasse in altezza della Luna:
h (( = o cosh a

211

(4.B.15)

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