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Definizione e significato del giardino

Quando comparvero i primi giardini? E, soprattutto, cosa si intende per giardino?


Sulla questione le idee sono contrastanti, ma sicuramente il giardino deriva dagli
orti e dai frutteti, quando pian piano, tra le piante utili si andarono inserendo
alberi e cespugli ornamentali. Del resto a lungo prevalsero su queste le
pianteutili, peraltro estremamente decorative.
Giulio Carlo Argan definiva il giardino una "sistemazione artificiosa, secondo
moduli geometrici o fantastici, di terreni coltivati, allo scopo di ottenere un
risultato prettamente estetico".
Dal francese jardin, derivato dal franco gart o gard (recinto), un terreno
coltivato senza scopo produttvo, nel quale l'uomo, isolato dal resto del territorio,
svolge una serie di attivit a contatto con la natura:riposo, passeggiata, svago,
gioco, coltivazione di piante. Altre sue caratteristiche sono il legame con ledificio
di cui il giardino rappresenta il suo espandersi all'aperto; l'estensione limitata per
favorirne lattraversamento a piedi; la sistemazione artificiale del sito e della
vegetazione (aiuole, piazzali, sentieri, bacini d'acqua), la presenza di piante
ritenute particolarmente decorative; l'esistenza di un disegno spesso geometrico,
facilmente rappresentabile. Quest'ultima caratteristica, "la figurabilit", permette
di conoscere i giardini del passato attraverso le descrizioni, i dipinti, le stampe
d'epoca arrivati fino a noi.
Il carattere estetico del giardino collegato soprattutto a due elementi: la scelta
delle specie vegetali con selezione degli esemplari migliori e la distribuzione delle
colture secondo un disegno iniziale che, comprendendo la scelta del sito,
l'esposizione o la facilit d'irrigazione, rappresenta il momento tipicamente
architettonico o progettistico. In tale progettualit le coltivazioni sono distribuite
in modo che il giardino, in tutte le stagioni, offra un aspetto ameno e fiorente,
proponendosi come una natura in piccolo, secondo l'idea che il bello pu essere
isolato e messo in evidenza dall'uomo mediante una scelta tra le forme pi belle
presenti in natura.
E proprio l'elemento vivente, le piante convenientemente scelte, che fanno del
giardino un'opera d'arte completamente diversa dalle altre: la durevolezza, la
stabilit, l'effetto, qualit caratteristiche dellarchitettura, della pittura, della
scultura sono assenti dall'arte dei giardini, soggetti a continui mutamenti.
Soltanto gli edifici e gli ornamenti lapidei (statue, fontane, scalinate, terrazze)
sono immutabili: la forma della vegetazione espressa e voluta dall'artista,
soggetta sia alla crescita che ai cambiamenti stagionali, non sempre evidente.
Anzi, provocatoriamente, si potrebbe dire che i giardini storici non esistono pi,
cos come li videro i loro ideatori, committenti, viaggiatori o cronisti dell'epoca.
Molte piante sono morte e quelle che sopravvivono hanno ormai un'immagine ed
un ruolo che non potevano avere nel passato.
Per una corretta comprensione del giardino non si possono trascurare gli
importanti significati simbolici che ogni cultura e religione, sia occidentale che
orientale ha attribuito al giardino, globalmente o nelle sue parti. Nel suo insieme
simbolo del Paradiso e del Cielo e rievocazione del paradiso perduto; le piante

rappresentano personificazioni divine, poteri magici, virt, aspirazioni e


sentimenti umani (la palma segno di vittoria presso i Greci e Romani, e per i
Cristiani simbolo del premio eterno meritato con la virt e col martirio; il
sicomoro il cui legno era adoperato dagli antichi Egizi per fare i sarcofagi
destinati a contenere le mummie dei Faraoni; il loto particolarmente presente
nell'iconografia simbolica dell'Induismo e del Buddismo; l'alloro, l'albero sacro ad
Apollo, ritenuto simbolo della sapienza e della gloria; il mirto, pianta sacra a
Venere, era il simbolo dell'amore e della poesia erotica; l'olivo simbolo di pace;
l'edera di fedelt; la quercia del vigore e della resistenza fisica); la presenza
dell'acqua (fonte, pozzo, cascata) evoca il fluire ed il rinnovarsi della vita in senso
materiale e spirituale.
Il giardino dunque come luogo sacro, in cui le armonie vegetali richiamano quelle
dell'universo ed una complessa simbologia associa a determinate essenze o
composizioni, eventi e figure della mitologia e della religione, ma anche luogo di
tecniche e lavorazioni del tutto materiali che erano alla base della composizione
del giardino.

Il giardino nella storia


Molti centri urbani del territorio provinciale di Caserta e Benevento, nonostante il
degrado di cui spesso sono stati vittima, custodiscono gelosamente parchi e
giardini storici, un patrimonio notevole ereditato dal passato pi o meno glorioso,
ma sempre degno di rispetto, di cure, di restauri e manutenzioni adeguate. Si
tratta di giardini annessi a dimore gentilizie o aiuole profumate racchiuse nel
silenzio dei chiostri, di parchi adibiti alla gloria e ricreazione dei principi o di ville
comunali costruite n secolo scorso per soddisfare il decoro e le esigenze
salutiste delle citt.
Per documentare quanto l'arte dei giardini sia presente nella storia dell'uomo e
ne esprima, con la stessa dignit delle altre opere d'arte, il grado di civilt, la
cultura e la tecnologia si ritenuto opportuno tracciarne brevemente la storia
tenendo conto, da una parte, dei valori estetici, sociali, economici una data
cultura e dell'evolversi di concetti fondamentali come il rapporto uomo-natura,
citt-campagna, lavoro-tempo libero (giardino monastico, umanisticorinascimentale, barocco, neoclassico-romantico, giardino privato e parco
pubblico) e, dall'altra, assumendo un modello ideale, che norma mente coincide
con le sistemazioni a giardino tipiche di ogni classe dominante nel paese che, in
quell'epoca, era in fase di egemonia politica, culturale ed economica (giardino
egiziano, babilonese, romano, arabo, italiano, francese, inglese).
Il breve excursus storico, documentando le diverse tipologie dei giardini storici e
confrontandole con alcuni di quelli presenti nel territorio casertano e
beneventano, oltre che favorirne la conoscenza. vuole offrire uno spunto di
dialogo e di riflessione sulla complessa tematica legata alla tutela, conservazione
e fruizione di un patrimonio culturale difficilmente assimilabile alle altre opere
d'arte, sospeso com' tra arte e natura e soggetto ai continui mutamenti di
quest'ultima. Le notizie sui giardini delpassato si ricavano da diverse fonti: i testi
antichi, la rappresentazione nell'arte figurativa e in alcuni casi, anche attraverso
lo scavo archeologico.

I giardini egizi
I giardini pi antichi, di cui abbiamo diverse testimonianze, sono quelli egizi. In
una tomba di Tebe, una delle antiche capitali dell'Egitto, stato ritrovato un
affresco rappresentante una lussuosa villa risalente al 1405-1370 a.C.
Nell'acquerello, che riproduce il disegno, si vede la casa sulla sinistra ed il
giardino riprodotto in pianta. Un muro lo delimita, interrotto da una porta
maestosa, da dove fino alla casa si estende un grande vigneto, sostenuto da
quattro pergolati. Attorno alla costruzione vi sono aiuole con fiori e viali
fiancheggiati da sicomori e palme. Vi sono inoltre due padiglioni, rivolti verso due
dei quattro bacini dacqua circondati da bordure di fiori di loto ed allietati da
anatrelle. Fiori alberi e laghetti abbellivano edifici religiosi ed abitazioni private in
un ambiente, come quello egiziano, in cui lacqua scarseggiava e bisognava
sostituirne il suolo sterile. Tuttavia sorsero parchi e giardini circondati da alte
mura e le stesse case erano decorate con affreschi rappresentanti giardini.

I giardini assiro-babilonesi
Altrettanto famosi erano nellantichit i giardini degli Assiri, nella Mesopotamia, la
fertilissima regione asiatica compresa tra due fiumi, il Tigri e l'Eufrate. Questo
popolo di guerrieri spietati, che praticava la legge del Taglione occhio per
occhio, dente per dente) nel bottino di guerra metteva anche gli alberi, della cui
bellezza si gloriavano. Il re assiro Tiglat Pileser I (circa 1100 a.C.) si vantava di
aver riportato sia il cedro del Libano che il bosso, che "nessuno dei suoi antenati
aveva mai avuto".
Ma i pi famosi giardini della civilt assiro-babilonese furono quelli pensili di
Babilonia, attribuiti a Semiramide una regina vissuta forse nel sec. IX a.C., la cui
esistenza non stata storicamente accertata. Alcuni storici latini (Diodoro Siculo
e Strabone) ne danno una descrizione che ci permette di ricostruire una delle
meraviglie del mondo. Si presentavano come una collina artificiale con i fianchi
sistemati a terrazze larghe ognuna m 3,50 che andavano stringendosi man mano
che salivano. Muri di sostegno alti m.5 collegati da grandi archi le sostenevano.
L'ultima terrazza, la quarta, era il giardino vero e proprio che occupava tutta la
sommit della costruzione. Per impedire infiltrazioni dacqua la terrazza poggiava
su un soffitto di pietra, sul quale veniva steso uno strato di giunchi ed asfalto,
coperti da un doppio strato di mattonelle o mattoni annegati nella malta. Infine si
ponevano larghe lastre di piombo ed il terreno necessario alle piante. Il sistema di
irrigazione veniva alimentato dal vicino Eufrate, da dove, secondo Strabone, gli
schiavi attingevano l'acqua mediante delle pompe. Venivano coltivate molte
piante: accanto a quelle apprezzate per la loro bellezza, i loro fiori e profumi,
molte altre da cui si potevano estrarre droghe adatte ad aiutare la medicina e la
magia. Erano luoghi ideali di perfezione, adatti alla meditazione e al riposo. La
loro bellezza cattur anche Alessandro Magno che qui soggiorn e cerc di
acclimatarvi, senza riuscirvi, l'edera molto diffusa nella sua terra, la Macedonia.

I giardini della civilt greca

In Grecia, il giardino, come luogo di delizie collegato ai fabbricati apparve molto


pi tardi rispetto a quelli egizi e babilonesi. Quelli descritti da Omero nell'Odissea
non sono che orti e frutteti. Soltanto alla fine del VI secolo a.C. sicominciarono ad
avere spazi verdi nelle citt, acclusi ai templi, stadi, palestre e scuole. Erano
lasciati il pi possibile allo stato naturale ed adornati da fontane e da bacini
d'acqua, rallegrati da piante ombrose e roseti profumati, con palestre e portici
adatti a riparare dal sole e dalla pioggia e ideali per la pratica degli esercizi fisici.
Lo stesso Platone teneva le sue lezioni nell'Accademia: un giardino molto bello e
ricco di edifici.
I giardini privati nelle citt furono sempre pochi e di piccole dimensioni, in
compenso era molto diffusa la coltivazione in vasi di terracotta di piante a rapido
accrescimento come il finocchio, la lattuga ed anche il grano e lorzo, legati al
culto di Adone, lo sfortunato amante di Venere. Da essi derivata la coltivazione
di piante ornamentali in vaso che, attraverso i secoli, arrivata fino a noi.
Teofrasto, amico di Platone, il primo giardiniere professionista della storia, che
sull'argomento scrisse due libri classificando le essenze secondo la loro specie:
Ricerche sulle piante e Cause delle piante.

I giardini romani
Anche i giardini romani derivarono dagli orti. Intorno al sec. II a.C. si diffuse la
distinzione tra villa di campagna e villa di citt: hortus o villa indicava il giardino
rurale, horti invece furono chiamati l'insieme di edifici e giardini costruiti intorno
e al centro di Roma. Una fascia di grandi parchi, annessi per lo pi alle ville
patrizie circondava la capitale, abbellita del resto da parchi pubblici destinati al
popolo. Si trattava quasi sempre di grandi recinti, costeggiati da lunghissimi
portici, abbelliti da filari di alberi, statue e fontane. Le ville dei patrizi erano
invece abbellite da terrazze, scalinate, uccelliere, viali ricchi e maestosi, raccolte
di arte e di animali. In vasi o in aiuole disposte intorno alla piscina si coltivava il
bosso, il mirto, il cipresso, il leccio insieme agli alberi da frutta ed i fiori.
A Roma poco rimasto dei famosi horti: in compenso sappiamo quasi tutto dei
giardini pompeiani ed ercolanensi, perfettamente conservati dalle ceneri del
Vesuvio. Di dimensioni inferiori a quelle dei giardini romani, il giardino pompeiano
era quasi sempre chiuso nella casa stessa, il giardino-peristilio come quello
dell'elegante casa di Giulia Felice a Pompei, abbellito da fontane e vasche. Il
grande cortile, circondato da portici colonnati, comprendeva il viridarium con
aiuole, vialetti, fontane, statue e tavolini, elementi di arredo ricorrenti nei giardini
di tutte le epoche. L'acqua era la protagonista nei giardini pompeiani abbelliti da
zampilli, fontane, canali, ninfei ampiamente documentati negli scavi. Lo
testimoniano la fontana a mosaico nel giardino-peristilio della casa detta proprio
della Fontana Grande o quella nella casa di Marco Lucrezio Frontone. Il giardino di
quest'ultima oltre che essere arredato sontuosamente con statue ed erme
marmoree era ingrandito, come spesso succedeva nei piccoli giardini di Pompei,
da un affresco sulla parete di fondo del colonnato, rappresentante un paradeisos
medio-orientale che suggeriva spazi infiniti. Gli scavi della lussuosa villa di
Oplonti documentano la presenza di un giardino pi vasto ed imponente, ricco
com'era di statue importanti, canali e vasti bacini, che fa presupporre la presenza
di un progetto pi consapevole di architettura del verde. Di notevole raffinatezza

l'affresco del porticato presso la grande piscina natatoria raffigurante un giardino con fontanella o le statue da giardino raffiguranti centauri o centauresse,
rinvenute negli scavi. Polline, semi, resti di frutti carbonizzati, ci fanno sapere
quali tipi di piante erano coltivate. Quasi sempre si trattava di alberelli e cespugli
scelti per il piacere di avere a portata di mano i loro frutti. Viti e fichi, ciliegi
qualche volta, rarissimo il cedro. Poi oleandri, rossi melograni e ai loro piedi le
violette. Piccoli giardini, ma luoghi piacevoli in cui la casa e la natura si
compenetravano piacevolmente. Il primo studio sull'arte del giardinaggio si trova
nella Historia naturalis di Plinio.
Le specie botaniche coltivate nei giardini dell'antica Roma si possono conoscere
dalla tavola storico-botanica pubblicata in appendice al testo Giardini storici.
Teoria e tecniche di conservazione e restauro di Mario Catalano e Franco Panzini
(Roma 1985).

II giardino medievale
II medioevo un periodo storico-culturale che abbraccia circa un migliaio di anni,
dalla caduta dell'impero romano d'Occidente (476 d.C.) alla scoperta dell'America
(1492). Quest'epoca fu a lungo considerata un periodo di crisi e di barbarie e lo
stesso termine Medioevo fu coniato per indicare un'et di decadenza posta in
mezzo (medio evo) tra due et di splendore, l'et classica e l'et rinascimentale.
Oggi il termine ha perso ogni significato negativo e sta solo ad indicare una
grande epoca storica fondamentale per la storia della civilt europea, in cui si
sono fusi i valori pi alti di diverse culture: la greca, la romana, la cristiana e la
germanica.
Nella lunga crisi che interess l'Europa tra il V e il X secolo, la Chiesa svolse un
ruolo di primo piano essendo riuscita a garantire per secoli un minimo di
organizzazione civile e sociale. Ogni aspetto della vita medievale fu improntato
alla visione della vita cristiana, fondata anzich sui valori terreni, mondani ed
umani della civilt classica, sugli ideali spirituali e trascendentali della nuova
sensibilit cristiana che portavano a svalutare la terra a favore del cielo, la
ragione a favore della fede.
In corrispondenza di ci riaffior nell'uomo il primitivo timore per i luoghi selvaggi
e sconosciuti, la diffidenza per la "selva selvaggia", i vasti territori insicuri ormai
per le continue invasioni e scorrerie. Scomparve contemporaneamente la
propensione ad ammirare le opere della natura e la considerazione del paesaggio
come fonte di piacere e di svago. I territori si coprirono di rocche, castelli e
fortificazioni che per ragioni strategiche e difensive sorsero sulle alture, a difesa
del feudo, sempre racchiusi da cinte murarie che seguivano la conformazione del
sito. Insieme ai castelli ed ai borghi, in Italia fiorirono in questo periodo tanti
monasteri ove i monaci vivevano in contemplazione ed in mistica meditazione,
mentre le abitazioni si stringevano attorno ai castelli dei feudatari. Cos i giardini
erano piccoli, recintati e sorgevano nei chiostri dei conventi e nei pochi spazi
delle corti dei castelli.
Gli insediamenti conventuali avevano una conformazione abbastanza complessa:
una cinta muraria conteneva edifici, giardini e tutto quanto era necessario
all'autonomia della vita del convento. I giardini, che sorgevano all'interno della

cinta muraria, erano in genere nettamente distinti tra loro: un'area era riservata
alla coltivazione delle piante medicinali per il sollievo dei malati; nell'orto
crescevano le specie orticole e le erbe aromatiche; un'altra era riservata agli
alberi da frutta. L'organizzazione planimetrica del monastero si articolava intorno
a uno o pi chiostri.
Il chiostro consisteva in uno spazio pi o meno ampio, a cielo aperto, circondato
da portici, sempre di forma regolare e chiuso in se stesso. Nella sua pianta
quadrata si ritrovano numerose simbologie che fanno del chiostro il luogo
destinato alla meditazione: il quadrato rappresenta lo spazio per la preparazione
in terra del paradiso terrestre. Nel pozzo al centro il simbolo di Dio, la fonte
della vita; l'acqua che in canaletti irriga i riquadri vegetali, l'acqua della vita cui
si deve attingere per meritare il paradiso. In quest'epoca il rapporto con Dio era
un'esigenza molto sentita, accompagnata dalla considerazione della natura
inaccessibile e chiusa nella sua purezzae da un timore reverenziale per il soprannaturale. Questa concezione della vita si riflette anche nell'arte del giardino
che diviene cos il luogo in cui ricercare il contatto con la divinit.
Molti chiostri degli antichi conventi presenti nel nostro territorio hanno perso
l'originaria sistemazione a riquadri vegetali spesso sostituiti con pavimentazioni
in pietra anche a seguito delle diverse destinazioni d'uso a cui erano
adibiti.Conservano, tuttavia, il fascino originale legato a quegli aspetti del
chiostro meno facilmente "deperibili" quali la forma o i portici che delimitano lo
spazio, simbolo del divino in terra. Questi, come nel caso del chiostro adiacente
alla chiesa di Santa Sofia a Benevento (prima met del sec. XII), sono a volte
particolarmente eleganti e presentano decorazioni di tipo arabo ricorrenti anche
altrove, come nel chiostro del Duomo di Monreale. In area campana si avvicinano
a queste tipologie il chiostro dei Cappuccini (prima met del sec. XIII) ed il
chiostro del Paradiso (1266-1268) ad Amalfi.
Nella citt medievale, sul retro delle case, sorgevano angusti orti in cui si
coltivavano, in ordinati riquadri, erbe aromatiche, generi di prima necessit, a
volte anche vigneti e frutteti. Sono giardini delimitati da un muro di cinta, che
racchiudono uno spazio gelosamente chiuso e murato, lhortus conclusus, il
giardino perfetto, dove la natura ritrova l'originaria bellezza della creazione.
Dei giardini medievali che furono all'interno delle mura dei castelli, nei chiostri
dei monasteri o alle spalle delle case restano alcune descrizioni letterarie,
rappresentazioni pittoriche e numerose miniature di notevole valore
documentario. Un modello di hortus conclusus rappresentato dal piccolo dipinto
(olio su tela) del "Maestro del Giardino Paradiso" dell'inizio del sec. XV, di un
ignoto autore renano conservato a Francoforte, che riproduce l'ideale medievale
di bellezza di natura assoluta e sovraterrena. Infatti in uno spazio delimitato da
mura merlate sono rappresentati fiori perfetti, alberi e cespugli di ogni specie,
carichi contemporaneamente di fiori e frutti. Queste immagini di natura perfetta
ricorrono ancora negli sfondi delle opere del Beato Angelico e nelle miniature
contenute nel codice manoscritto Theatrum sanitatis, del secolo XV, conservato
presso la Biblioteca Casanatense di Roma. A Ravello, sulla costiera amalfitana,
particolarmente interessante il giardino medioevale di Villa Rufolo, unico
esemplare di giardino privato del tempo. La villa sorge nella zona pi alta di un
terreno fortemente scosceso che termina verso il mare con una muraglia, e alle
spalle presidiata da due torri. un insieme di villa fortezza, con cisterne per

l'acqua e bagno. Fu costruita nel 1270 sotto il regno di Carlo I d'Angi per Nicola
Rufolo, descritta anche dal Boccaccio nel Decamerone. Il palazzosi svolge intorno
al cortile, con doppia loggia, le cui arcate del piano intermedio sono adornate da
arabeschi orientali.

Il giardino arabo-moresco e normanno


Nell'831 d.C. Palermo diventa una citt araba. Gli Arabi la amanoelaabbelliscono
di giardini ed altre meraviglie. Quando nel 1072 viene conquistata dai Normanni,
la cultura araba continua ad essere coltivata. Le bellezze di quest'epoca sono
giunte fino a noi soprattutto attraverso l'architettura. Dei fantastici giardini
arabo-moresco-normanni nulla ci pervenuto, ma dovevano essere sicuramente
simili ai giardini delle altre regioni islamizzate del Mediterraneo: circondati da alte
mura, solcati da canaletti di pietra in cui scorreva l'acqua che alimentava vasche,
fontane e peschiere ed irrigava le aiuole, dove i fiori erano pochi ma numerose le
palme e gli alberi da frutta.
Questo giardino vuole rappresentare il paradiso dei Maomettani, pieno di delizie
che soddisfano tutti e cinque i sensi: la vista con i colori dei fiori e le linee
armoniose; l'olfatto con i profumi intensi di ogni stagione; il tatto con la
freschezza degli alberi e delle foglie in particolare; il gusto con i frutti sempre
presenti; l'udito con il mormorio dell'acqua (che da anche il senso dello spazio). I
popoli arabi, abituati alle innumerevoli difficolt del deserto, hanno tanto
desiderio d'acqua e di vegetazione lussureggiante da rappresentare cos il loro
paradiso.

Il giardino quattrocentesco
Nella sua progettazione e realizzazione riflette i grossi cambiamenti culturali
avvenuti in Italia ed in Europa nei sec. XIV e XV. Il giardino o orto, anzi orti,
come venivano chiamati, ha di nuovo il suo valore, come luogo d'incontro e di
svago ove bello conversare, meditare e riposarsi, continuando ad essere un orto
vero e proprio, ricco di frutta ed ortaggi, come era avvenuto nell'et classica. Qui
gli umanisti amavano passeggiare contemplando e desiderando conoscere la
natura in ogni suo aspetto. Si assiste ad una rivalutazione, fondamentale per il
pensiero umanistico, della umanissima caratteristica di alzare lo sguardo e
"contemplare", cedendo a quel "piacere degli occhi" (concupiscentia oculorum)
condannato dalla religiosit medievale.
Ricorda nella forma ancora LHortus conclusus: un vasto rettangolo,
estremamente equilibrato, recintato da un alto muro che lo divide, non lo
confonde con la casa e rispecchia una vita ancora piena d'intimit. Ha un
disegno lineare e semplice con criteri funzionali e si armonizza molto bene con
l'architettura. L'insieme, giardino casa, una composizione armoniosa, eppure il
giardino non la continuazione della casa. C' sempre un desiderio di ordine, di
chiarezza, di semplicit che andr per man mano riducendosi. Questo giardino

il tranquillo rifugio di un uomo colto, di un tempo sereno. A Roma era famosa


la villa al Pincio dellumanista Colocci, il cui giardino era custodito da una ninfa
dormiente che sar l'ornamento ricorrente in molti giardini rinascimentali. Ad
essa sicuramente si ispira la ninfa riprodotta in altorilievo su una lastra
marmorea ritrovata nel parco vanvitelliano a Caserta, ma appartenente ai
giardini annessi al palazzo degli Acquaviva, principi casertani. La scritta
riportata sulla lastra, datata 1496, praticamente uguale a quella dell'incisione
presente nell'opera di L.L. Boissard Romanae urbis topographiae, 1602.
In quest'epoca nascono i primi trattati sull'arte di progettare i giardini come il De
re aedificatoria di Leon Battista Alberti (1404-1472). Qui, l'autore, rifacendosi
alle descrizioni delle ville romane, d le indicazioni su come costruire le nuove
ville. Raccomanda di scegliere luoghi panoramici, sui quali sorger la casa
aperta sul paesaggio, in modo tale che lo sguardo possa spaziare liberamente
sulle radure fiorite, pianure, boschi ombrosi e ruscelli ricchi d'acqua. La
costruzione collegata tramite le logge al giardino e al paesaggio che la
circonda; le pareti, affrescate con motivi floreali accrescono lo stretto rapporto
con la natura. Ci devono essere gallerie aperte per prendere il sole e il fresco,
grotte incrostate di conchiglie, boschetti di alberi da frutta e cipressi ben potati,
capannine con colonne di marmo intrecciate di vite per godersi l'ombra,
belvederi, sedili. Indispensabile sono i sentieri bordati da siepi di bosso ben
tagliate e la disposizione ordinata di vasi di pietra, statue antiche, fontane con
acqua zampillante. La villa quindi inserita nell'ambiente naturale, ma intorno
ad essa l'architetto crea un paesaggio nuovo, che ha per stretti legami con
l'antichit classica. Esempi di giardini quattrocenteschi si trovano soprattutto in
Toscana: le colline fiorentine, con i loro dolci pendii ed i vasti panorami furono i
luoghi prediletti soprattutto dai Medici, signori di Firenze. Cosimo il Vecchio si
fece costruire e modificare diverse ville tra le quali la preferita si trovava a
Careggi in un incantevole panorama, altre si trovavano a Cafaggiolo e al
Trebbio. Quest'ultimo giardino esiste ancora; una delle pergole ha le sue colonne
originarie, i suoi muri che lo circondano e la chiesetta. Le ville medicee,
costruite tra la fine del '400 e del '500 furono riprodotte dal pittore fiammingo
Utens, su commissione del granduca Ferdinando I, in quattordici lunette per la
"sala grande" della villa di Artimino. Pi che per l'aderenza alla realt, il loro
valore consiste nella documentazione del valore attribuito in quest'epoca al
giardino in s.

I giardini rinascimentali

Bramante con i giardini del Belvedere per papa Giulio II e Raffaello con Villa
Madama progettata per Clemente VII, cominciarono a creare i grandi giardini
del Rinascimento romano, su terreni spesso collinari dove risolvono il problema
dei dislivelli con scalee e terrazze, secondo linee di grande solennit. La storia
delle ville rinascimentali, iniziata a Firenze con un certo stile, culmina a Roma
in uno splendore straordinario e riguarda soprattutto la vita delle corti papali. Il
fatto nuovo che il giardino viene del tutto sottomesso all'architettura del
palazzo. Poich lo spazio destinato al soggiorno dell'aria aperta, esso
meraviglioso come la villa, se non pi, ed sua parte integrante. Ha importanza
come ambiente, come fondale, come scena. L'uomo del rinascimento manifesta
cos il suo senso della natura che in realt il culto della natura umana: si sente
al centro dell'Universo e se ne compiace. la rinascita dell'uomo dopo il
medioevo. In questo periodo il giardino si separa completamente dall'orto. Esso
ha il suo nucleo che parte dalla casa e tutti gli elementi naturali vengono rimaneggiati, plasmati, adattati alle forme volute. L'acqua ha funzione decorativa con
zampilli, cascate, vasche e peschiere. Si tiene gran conto del paesaggio
circostante e si collega con questo il giardino mediante visioni paesistiche create
dalla fantasia. Si preferisce costruire sulla collina, in cima o a mezza-costa
(considerata anche la conformazione orografica del territorio italiano); si
sfruttano i dislivelli con terrazzamenti e spiazzi, uniti tra loro con rampe e
scalinate scenografiche, e si creano visuali paesistiche, su una o pi direttrici,
facendo di piccoli appezzamenti di collina brulla delle verdi opere d'arte. Tutte
le parti del terreno sono rivoluzionate, ridotte a forme geometriche; i viali
dirigono lo sguardo sui punti pi interessanti come le fontane, i belvederi, i
giochi d'acqua, gli spiazzi ameni, le statue ecc.. Poich la vegetazione plasmata
con potature eccezionali, sono preferite le specie di alberi che possono essere
potate come il cipresso, l'alloro, il mirto, il bosso, il tasso, il leccio. Gli agrumi
sono disposti in vasi e servono soprattutto per ornamento col loro verde tenero
sullo sfondo verde-scuro dei cipressi, dei lecci e del bosco. Non ci sono fiori in
questi giardini, ma piuttosto tante diverse tonalit di verde, godibili tutto l'anno.
Certo sono stati creati cos anche in considerazione del nostro clima. I fiori e le
erbe aromatiche vengono coltivati nei piccoli giardini segreti, di regola nel
Cinquecento; sono anch'essi una grande invenzione perch portano nel grande
giardino un angolo intimo, riservato e felice, dove intrattenersi coi familiari e gli
amici.
Talvolta si arriva ad esasperazioni nel creare giardini fantastici e ricchi di
ornamenti: gli splendidi giardini romani del Belvedere, creati dal Bramante per
Giulio II, subito dopo la morte dell'artista vengono gi modificati con
rimaneggiamenti ed aggiunte per volont dei nuovi papi Paolo V e Sisto V.

Questi giardini di diventano quasi musei archeologici tale la ricchezza delle


opere artistiche che ospitano e diventano sempre pi grandiosi e scenografici.
Pure fantastici sono quelli di villa Farnese a Caprarola e villa Lante, progettati
dal Vignola a Bagnaia, e soprattutto quello di villa d'Este a Tivoli progettato da
Pirro Ligorio.
|Sicuramente collegati al gusto dell'epoca erano i giardini sorti a Caserta intorno
al palazzo baronale degli Acquaviva e alle ville suburbane "del boschetto" e del
"belvedere di S. Leucio" descritti con ricchezza di particolari in un atto notarile
del 1635. Oltre alle descrizioni documentarie, restano alcune sculture in pietra
che abbellivano i giardini cinquecenteschi, un Atlante, una Sfinge ed un Pastore
che suona il flauto, attualmente collocati nel Giardino Inglese della reggia,
nonch ledificio inglobato nel parco vanvitelliano noto nell'Ottocento col nome
di Castelluccia costruito fossero vicini a quelli toscani e romani si pu dedurre
dagli affreschi nella volta di una sala del "palazzo al boschetto" che raffigurano
ville e giardini ideali, ma comunque rappresentativi dell'adesione al gusto ed alla
cultura contemporanea.

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