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numero 21 anno VI 4 giugno 2014


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EXPO VA PER IL MONDO: IL NOSTRO DESTINO ARROSSIRE?


Luca Beltrami Gadola
Vi ricordate di Pierfrancesco Gagliardi e di suo cognato Francesco
Piscicelli? Erano i due imprenditori
che il 6 aprile 2009, appena cessata
la prima drammatica seria di scosse
allAquila, se la ridevano pensando
agli appalti che si sarebbero messi
in tasca con le solite collaudatissime
tecniche di corruttela che tutti conosciamo da tempo. Quante sono state le risate che di chi ha potuto festeggiare i paurosi ritardi dei lavori
Expo al grido: " emergenza, siamo
in ritardo, per finire i lavori ci voglio i
poteri speciali. E con loro le deroghe, la corruzione. A Milano la strada dei poteri speciali laveva aperta
lallora sindaco Albertini a proposito
del piano parcheggi, correva lanno
2000 e il governo decret che a Milano era emergenza traffico e nomin il sindaco di Milano commissario straordinario.
Per dovere di cronaca scandali non
ve ne furono soprattutto perch la
distribuzione delle localit destinate
ai parcheggi sotterranei accontent
tutti, bipartisan. La pax edilizia.
Sempre per dovere di cronaca ricordo che Guido Bertolaso fu nominato commissario straordinario 7
volte e lultima in occasione del terremoto dellAquila e che anche Salvatore Cuffaro fu commissario straordinario. Una carica assai poco onorata. Dunque a Milano lAutorit
garante per la vigilanza dei contratti
pubblici, senza velare le parole e
giustamente risentita per aver dovuto raccogliere dove poteva le informazioni che avrebbero dovuto esserle inviate dagli enti interessati, ci
racconta di 56 appalti assegnati in

deroga (con poteri commissariali)


per i lavori di Expo 2015.
Uno scenario impressionante, come
si dice: "Quando la realt supera la
fantasia. Allora venuto il momento che qualcuno ci dica chi (quasi
tutti milanesi) ha preso le decisioni,
quando e perch. Come dice Crozza, io non ci credo che dietro tutti
gli appalti assegnati in questo modo
ci siano fenomeni di corruzione ma
il sospetto, visti i precedenti, legittimo. Quando comincer la revisione delle bucce? Non possiamo cacciare i responsabili perch non c
tempo per le sostituzioni? Daccordo. Ma lurgenza non deve vincere
sulla giustizia, i conti vanno fatti se
non adesso dopo: nessun salvacondotto permanente. Ora i milanesi
chiedono di vederci chiaro e lo
chiedono allinfelice Raffaele Cantone e dico infelice perch ogni magistrato serio non si diverte certo a
scoperchiar puzzolenti pentole nelle
quali ribolle lItalia peggiore. Mentre
Raffaele Cantone scoperchia pentole a noi, per, resta laltra domanda:
chi sono gli utili idioti che non hanno
visto, che non hanno saputo vedere,
che hanno fatto come il lex Prefetto
Lombardi, ora a capo dellAler, quello che diceva che la mafia a Milano
non esisteva? Dove comincia e dove finisce la malafede.
LAutorit garante ha messo il dito
nella piaga giusta: la forma
dappalto col sistema della offerta
economicamente pi vantaggiosa.
La forma pi opaca tra tutte le
possibili. Lo ripeto da anni. Quante
sono le amministrazioni, Milano
compresa, che continuano a utiliz-

zarlo? Expo in prima linea come si


visto.
Mi permetto invece di aggiungere
qualcosa alle dichiarazioni di Sergio
Santoro
dellAutorit
garante
nellintervista a Repubblica di luned
scorso: non basta togliere ai commissari i poteri speciali di deroga,
bisogna rivedere tutta la legislazione sugli appalti e forse tutte le norme che riguardano la filiera
delledilizia. A quando la riforma radicale della legge sullappalto pubblico?
Venerd, prima che la bomba della
relazione dellAutorit di vigilanza
scoppiasse, Diana Bracco, presidente di Expo spa, ci ha raccontato
la favola bella del Padiglione Italia:
una corbeille di buone intenzioni, un
inno al genio italiano, alle nostre eccellenze, una chiamata alle armi per
gli investitori, linizio della ripresa
economica: ad ascoltarla e ad applaudire un parterre de rois di delegati stranieri. Era laltra faccia della
medaglia, la medaglia che non vorremmo qualcuno voltasse. Il 2 giugno, festa della Repubblica, delegazioni italiane in giro per il mondo a
far campagna pro Expo. Speriamo
che nessun giornalista, informato
dei fatti recenti, abbia fatto domande imbarazzanti o facile ironia. Noi
siamo qui, a casa e non ci resta che
arrossire.
N B. Il Governo Renzi con il Decreto
casa sta per distribuire un miliardo
di euro. Pi della met si trasformeranno in appalti. Che qualcuno stia
gi ridendo?

SANIT LOMBARDA TRA DIMISSIONI E SOLDI AL PARTITO. PARLIAMO INVECE DI COSE SERIE

Chiara Porro de Somenzi


Il commento di Luciano Balbo alla
proposta di riforma del sistema sanitario avanzata dal PD mi ha sorpreso. Lintero impianto della proposta
viene liquidato come nulla di nuovo
sotto il sole e si segnala come unico elemento essenziale di novit
la nascita dei Presidi di Comunit,
fatti risalire alle Case della salute di
Livia Turco e alle molte realizzazioni
- o tentativi di realizzazione - di
strutture territoriali che consentano
una presa in carico del paziente,
alleggerendo il carico degli ospedali.
Su queste strutture e sulle difficolt
incontrate, sia per quanto riguarda
la loro nascita sia nel raggiungimento degli obiettivi originari, si esaurin. 21 VI 4 giugno 2014

sce il commento allintero progetto


di legge.
Come rilevato da Balbo, il progetto
di riforma del PD riorganizza le
competenze e la gestione dei servizi: le Aziende sociosanitarie territoriali (ASST), infatti, vengono restituite a compiti di tutela della salute, di
gestione ed erogazione di servizi
sanitari e socio - sanitari e hanno un
ruolo integrato e complementare a
quello delle (poche) Aziende Ospedaliere previste e degli IRCCS. Viene cos a cessare la divisione tra
acquirenti e venditori di prestazioni sanitarie che oggi vede, in posizione di contrapposti interessi, isti-

tuzioni che dovrebbero avere medesimi obiettivi di salute dei cittadini.


Il modello lombardo -anomalo rispetto allintero Paese - che ha diviso e spezzettato il sistema sanitario,
separando non solo il sanitario dal
socio sanitario e dal sociale, ma anche la prevenzione dalla diagnosi, la
cura e la riabilitazione, stato imposto attraverso una semplice riorganizzazione di competenze e di
gestione di servizi, con completa
trasformazione dellorganizzazione
esistente, come ben sanno gli operatori che tale cambiamento hanno
vissuto.
Il progetto del PD propone una trasformazione di uguale portata, ma
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di segno contrario: si vuole unire ci


che stato diviso, si vogliono dare
obiettivi comuni ai diversi attori del
sistema sanitario e sociosanitario, si
vuole affrontare il cambiamento del
quadro epidemiologico con strumenti fino ad oggi usati poco e male, quali la promozione della salute
e la medicina di iniziativa. Il mutamento di quadro riguarda lintero
sistema: dallAssessorato Regionale
(unico per sanit e servizi sociali,
coadiuvato da Agenzie specialistiche), al sistema ospedaliero riorganizzato e riclassificato in base
alla complessit e intensit di cure
erogate in tre tipi di strutture (gestiti

dallAzienda sociosanitaria territoriale) e in Aziende Ospedaliere a elevata intensit e complessit-, alla


rete della ricerca e della formazione.
Altri due punti mi sembrano meritevoli di essere ricordati: i nuovi criteri
di nomina delle Direzioni strategiche
delle Aziende sanitarie, trasparenti
e sottratti alla discrezionalit della
politica, e la modulazione della
compartecipazione in base alla capacit di reddito, per la quale fissata una soglia di reddito famigliare
di 30.000 euro/anno.
In tutto il suo impianto il progetto di
legge persegue un obiettivo principale che quello dellintegrazione (il

termine abusato, ma non per questo la necessit di integrare stata


superata): integrazione delle risorse, delle strutture, delle culture ai
fini di migliorare la situazione oggi
esistente, che accentua sempre pi
la diseguaglianza sanitaria tra i cittadini. Ovviamente ogni progetto di
legge perfettibile, ma deve essere
esaminato e discusso in tutti i suoi
aspetti rilevanti: ignorarne la maggior parte dei contenuti non aiuta
leventuale riflessione utile a revisioni e modifiche.

MASSIMO VIGNELLI: IL GRAPHIC DESIGNER PI FAMOSO DEL MONDO


Antonio Piva
gi stato scritto tutto: nel giro di
poche ore dalla sua scomparsa, si
sono riempiti i giornali americani innanzitutto che hanno raccontato la
loro storia di successi da quando
erano stati accolti giovanissimi prima a Chicago poi a New York.
Massimo e Lella Vignelli sono stati
amati e lo sono tuttora, esaltati per
le loro qualit, ammirati per i loro
eccessi e la seriet del loro lavoro.
Tra le altre cose stato loro dedicato nel 2010 il Vignelli Center for
Design Studies grandioso edificio
al 73 Lomb Memorial Drive Rochester NY dove convivono un archivio
del loro lavoro, una scuola di formazione di graphic design dove
sinsegna oltre alla storia la teoria e
la critica. Non c nientaltro da dire
e c da essere orgogliosi e non tristi per la perdita di un amico che pi
di cos non avrebbe potuto fare, di
un milanese che, con coraggio e
incoscienza, aveva lasciato gli uffici
di Santa Maria Fulcorina per un piano intero di un grattacielo di New
York.
Lella Vignelli e io abbiamo costruito
la nostra tesi di laurea in un sottotetto di via Revere, dove abitavano
appena sposati. In quel sottotetto
spesso alle nostre risate si univano
quelle di Massimo che con allegria
stemperava le tensioni di un lavoro
che in poco tempo doveva essere
terminato. Quelle risate le abbiamo
riesumate pi di cinquanta anni dopo nella casa di New York dove,

con leggerezza, alla presenza di


Lella abbiamo riassunto la nostra
vita. Ho avuto una bella vita, ho fatto tutto quello che desideravo fare e
ora mi sto godendo, giorno per giorno, le ultime risorse del mio corpo e
gi una risata con gli occhi che diventavano due fessure. Nessuna
paura di morire anche se sapeva
che le probabilit di un intervento
delicato ma programmato, avrebbe
potuto ridurre ulteriormente le sue
energie. Bicchiere mezzo pieno
sempre.
Laspetto curioso delle nostre storie
che ci univano era legato anche alle
nostre mogli che entrambi abbiamo
assistito durante le loro malattie.
Non lavrei mai pensato, mi diceva,
che avrei accompagnato Lella a
passeggiare a Central Park, e ancora una risata, mancherebbe il tramonto del sole tra gli alberi, tu che
ci accompagni col bastone e la scritta, fine, nel campo azzurro-rosso
del cielo. Non si pu credere ma
sar cos.
Gli eccessi della sua vita non corrispondevano al rigore del suo lavoro
nemmeno alla forma e allequilibrio
dei suoi colori. La Roll Roys che per
un certo periodo aveva usato con
un autista in livrea faceva forse parte di una recita necessaria per acquisire clienti e conservarli. Creava
negli altri sogni che lui realizzava.
Franco Albini mi raccontava che a
un pranzo, ma era ancora un ragazzo, si era presentato a torso nudo e

una cravatta rossa annodata al collo! Ragazzate che definiscono per


linteresse per la spettacolarit delle
azioni. Lella, daltro campo, seguiva
le bizzarrie e non le ostacolava, rimanendo sobria con uneleganza,
pratica e risoluta. Negli ultimi anni
vestivano entrambi sempre di nero
con calzoni larghi annodati in vita
sormontati da una casacca che facevano parte di un progetto nel
campo della moda.
Sempre propositivo, come un pifferaio magico convinceva, trascinava
inondando di idee e di progetti la
conversazione. Agganciava i clienti
con entusiasmo e molti gli perdonavano alcuni atteggiamenti spregiudicati di cui non lasciava traccia nelle realizzazioni dei suoi progetti.
Con un grande intuito aveva capito
il mondo in cui viveva cogliendo il
rigore necessario per arrivare per
primo a dare le risposte che da lui
tutti si aspettavano. Un uomo del
suo tempo dunque a tutto tondo che
prima di chiudere aveva riconosciuto a sua moglie un ruolo primario,
anzi alla pari, dedicandole un CD
con la sua immagine in copertina:
una Lella che sembra una regina
ritratta con un collier dargento da
cui si libra il collo. Nel cielo di Central Park qualcuno con un aereo ha
scritto in bianco la parola FINE che
si dissolta lentamente lasciando il
cielo terso.

CYBERBULLISMO UN GIOCO PERICOLOSO


Maurizio Tucci*
Quali le dinamiche attraverso cui si
sviluppa il cyberbullismo? Quale il

n. 21 VI - 4 giugno 2014

profilo di vittime e bulli? Quali gli


ostacoli ad unimmediata emersione

dei casi critici? Quale il ruolo della


famiglia e della scuola di fronte al

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fenomeno? Si parlato di questi
temi a Milano, sabato 17 maggio, in
un incontro-tavola rotonda Cyberbullismo un gioco pericoloso, organizzato dallAssociazione Laboratorio Adolescenza e dal Consiglio di
Zona 5 del Comune di Milano.
Sono tanti, troppi, gli eventi drammatici che hanno coinvolto, negli
ultimi mesi, degli adolescenti e che
avevano sullo sfondo, come comune denominatore, episodi di cyberbullismo sviluppatisi allinterno dei
social network. E sappiamo bene
che dietro ogni evento drammatico
che arriva alla ribalta della cronaca
ci sono purtroppo decine, centinaia,
di casi che, seppure non hanno esiti
fatali, compromettono gravemente
la serenit di tantissimi adolescenti.
Il bullismo adolescenziale non
uninvenzione recente. C sempre
stato e tuttora non affatto scomparso, ma si differenzia profondamente da questa nuova versione
online che, seppure pu apparire
pi blanda perch non implica un
contatto fisico, in realt molto pi
insidiosa e pervasiva.
Il bullismo tradizionale agiva in
contesti circoscritti e non interconnessi; implicava un physique du rle
che inevitabilmente scremava a
monte il numero dei potenziali bulli;
consentiva una difesa pi efficace e
comunque, una volta cessato, lasciava raramente strascichi. Il bullismo attraverso il web virale
(spesso ci si aggrega per gioco
senza nemmeno conoscere la vittima); raggiunge lintera sfera di relazioni della vittima; mette tutti nelle
condizioni di poter essere bulli; lascia segni incancellabili.
E la semplificazione: cancellati da
tutti i social network, non obbligatorio esserci, anzi una soluzione

da adulti che non hanno la minima


idea di cosa significhi essere adolescenti oggi. Oggi la socialit in rete
il contesto in cui gli adolescenti
trascorrono la maggior parte del loro
tempo; il cordone ombelicale che
li tiene legati anche con coloro con i
quali condividono una socialit reale (compagni di scuola, amici ).
Uscire dalla rete,oggi, lequivalente del tagliare i fili del telefono e
chiudersi in casa dei nostri tempi.
E allora? Che strumenti abbiamo
per difenderli? Quando abbiamo lasciato che i nostri figli iniziassero a
uscire di casa da soli, non abbiamo
preteso che andassero solo in aree
teoricamente protette (scuola, oratorio, casa di amici ) o che percorressero solo percorsi pedonalizzati
(per evitare le automobili), ma abbiamo spiegato loro i rischi che potevano correre e come fare, in ciascun contesto, per ridurli al minimo:
dal non accettare caramelle da uno
sconosciuto al guardare a destra e
sinistra prima di attraversare la
strada. Dovremmo fare la stessa
cosa anche per spiegare loro quali
sono i rischi a cui la nuova socialit
del web espone; quali sono i comportamenti prudenti da adottare e
quelli imprudenti da evitare.
Il problema, che rende difficile passare dal condizionale allindicativo,
che la maggior parte dei genitori
non ha la minima idea di come si
sviluppa la socialit nel web, che
cosa ben diversa dal saper utilizzare il computer e navigare in Internet.
Oggi il genitore che ha lamicizia
del proprio figlio o della propria figlia
su Facebook (e quindi pu visitarne
il profilo) candidamente convinto
di avere sotto controllo la situazione
(e magari si compiace di condividere post e mi piace con una pleto-

ra di adolescenti amici dei figli),


mentre questi vivono la loro socialit
vera in contesti sempre nuovi e
sempre pi spregiudicati: da ASK a
Chat Roulette a Snap Chat, ai tanti
altri social che spuntano con la
velocit dei nuovi modelli di smartphone.
Ma c di pi: non conoscere le modalit e le regole che strutturano la
socialit creata dagli adolescenti in
questo mondo di social network, dei
quali sono padroni assoluti, rende
difficilissimo poter intervenire in modo adeguato nel momento in cui un
adolescente non riesce pi a controllare il gioco pericoloso al quale
si volontariamente esposto e dallo
scherzo si passa al disagio, alla
paura, al gesto estremo. Perch un
adolescente non ha il coraggio - e
questo ce lo hanno confermato proprio loro nei tanti gruppi di lavoro sul
cyberbullismo che Laboratorio Adolescenza ha realizzato questanno
nelle scuole - di raccontare ai genitori qualcosa che svelerebbe inevitabilmente un s altro da quello
che mamma e pap immaginano.
La strada che dobbiamo percorrere
(e nel plurale c la famiglia, la
scuola e tutte le professionalit che
sono a contatto con ladolescenza)
quella di arrivare ad avere
unadeguata conoscenza dei funzionamento sociale del mondo della rete. Solo cos potremo essere in
grado da un lato di indicare ai nostri
figli unetica comportamentale anche in quello spazio, dallaltro di
apparire ai loro occhi un punto di
riferimento affidabile in caso di necessit.
*Presidente Laboratorio Adolescenza

EDILIZIA A LUCI SPENTE: IL CIECO GUIDA LO ZOPPO


Giorgio Origlia
Illudersi che Milano sia una citt
vitale e piena di salute sempre pi
difficile. Interi palazzi vuoti, centinaia, molti di pi di quanti sono
censiti dal Comune di Milano, alcuni
con penosi e sbiaditi cartelli affittasi/vendesi, altri senza neppure
quelli. Saracinesche abbassate dovunque, anche nel triangolo d'oro
del lusso. Ancora di pi avventurandosi in periferia e nell'hinterland,
dove ai palazzi e negozi vuoti si
aggiungono i capannoni, sparpagliati dappertutto dall'illusione della
crescita senza fine che ha unito
immobiliaristi miopi e amministrazioni pubbliche malaccorte.

n. 21 VI - 4 giugno 2014

Rendendoci conto dell'enormit del


fenomeno, non sapendo che fare
diamo la colpa alla crisi. Ma chi ci
crede ancora? L'economia delle
merci ovunque in declino, la produzione sempre pi decentralizzata, il commercio risucchiato da nuovi centri commerciali che svuotano i
vecchi negozi. Quanto agli uffici, la
nebulizzazione del lavoro un processo irreversibile. Nell'arcipelago
milanese solo una piccola parte delle centinaia di edifici vuoti o semivuoti, le cui facciate sono ridotte a
specchio anche di sera, perch
senza neanche una luce accesa
dentro, e senza neppure un auto
nei posteggi, ritroveranno la vita.

Milioni di metri cubi vuoti, miliardi di


euro di investimenti immobiliari
sbagliati. Risorse di fatto uscite per
sempre dal sistema che dovrebbe
produrre ricchezza e lavoro. Ma anche risorse sottratte alla soddisfazione di altri e ben pi urgenti bisogni, ad esempio di abitazioni a basso costo per giovani e anziani.
Per per una volta tanto possiamo
evitare di compiangerci guardando
all'estero, siamo in buona compagnia. Lo stesso accaduto dappertutto, in tutti i paesi occidentali. Ovvio, possiamo prendercela con il
libero mercato, enfant prodige fasullo perch in realt si dimostrato incapace di badare persino a se

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stesso, o pi direttamente con i pirati del capitalismo finanziario, i lavandai di denaro sporco che
sguazzano nell'edilizia. Ma di fronte
a una diffusione cos globale del
fenomeno legittimo domandarsi
se a rendere cos precocemente
obsoleti questi edifici non sia anche
una visione sbagliata delle tipologie
edilizie radicata nella nostra cultura
stessa, o quanto meno in quella
che accomuna imprenditori e architetti di tutto il mondo.
Ovvero c' da chiedersi se non sia
entrata in gioco la malattia infantile
dell'architettura moderna, che ha
colpito grandi architetti e urbanisti,
da Le Corbusier in poi: il disprezzo
per il passato e l'illusione di poter
rifondare con la sola forza della ragione il processo di sviluppo degli
insediamenti umani. Aborrita la cortina edilizia lungo le strade, sostituita con parallelepipedi liberi di fluttuare nello spazio, di fatto spezzando il senso del luogo dato dal vecchio sistema di strade e piazze,
formatosi spontaneamente a rispondere a una gamma di bisogni
umani civile e articolata.
Rifiutata la mixit che ha mantenuto
vivi i centri urbani per secoli, e
guarda caso tali li mantiene tuttora
a differenza dei deserti periferici,
vista come disturbo dell'ordine razionale. Inventata l'aggregazione in
comparti monofunzionali, per il lavoro, per dormire, per comprare,

ecc., conquistando nuovi territori


esterni alla citt, di fatto ghetti a orario per car-addicted, sui quali si
esercitata una generazione di urbanisti da tavola (da disegno). Sostenuta la necessit di specializzare le
tipologie e di inventarne di sempre
nuove e geniali, anche se la miriade
di abitazioni e uffici grandi e piccoli
felicemente insediati nelle banali
cortine edilizie di formazione ottocentesca la contraddice.
Ci a fatto s che la metastasi
dell'edilizia secondaria e terziaria,
che ha asfaltato gran parte del territorio, sia passata come progresso,
connivente il capitalismo finanziario,
per il quale la specializzazione tipologica ha costituito una grossa
semplificazione dei processi sia
produttivi che commerciali.
Cosa si poteva fare? Non c'era bisogno di guardare con nostalgia
alla citt dell'Ottocento, carica di
problemi ed errori anch'essa, bastava imparare da quello che ci ha
lasciato di buono. Si potevano fare
piani di sviluppo urbano meno faraonici, piani che di fatto hanno consentito di sparpagliare metri cubi
pi o meno dove capitava, e invece
sviluppare la citt in modo pi controllato.
Visto che l'edilizia si realizza attraverso manufatti che durano molto
pi di una generazione, si potevano
soprattutto progettare e costruire
edifici pi flessibili, meno specializ-

zati per funzioni, capaci di assorbire


nel corso della loro lunga vita tutti i
cambiamenti d'uso che ogni architetto consapevole potrebbe aspettarsi. Soprattutto in una civilt ipertecnologica come la nostra.
In pochi lustri le necessit ambientali di chi lavora sono molto cambiate, e sono tornate a essere non
molto diverse da quelle di chi abita:
siamo tornati alla piccola dimensione, a rispettare l'illuminazione e il
ricambio d'aria naturali, e l'attenzione per il risparmio energetico non fa
che ridurre sempre pi tali differenze, o rendere sempre pi oneroso
mantenerle. Da questo punto di vista i vecchi e semplici palazzi
dell'Ottocento si stanno dimostrando assai pi moderni dei palazzi di
acciaio e vetro di trent'anni fa. D'altra parte quello che identifichiamo
come centro della citt sono ancora
loro, il resto, non a caso, chiamata periferia.
Certo, questo senno del poi. Per
ora ci troviamo davanti al problema
di come ridare vita a un enorme
quantit di architettura rifiutata, e
sembra che nessuno sappia bene
che pesci pigliare. Allora almeno
partiamo dalla consapevolezza degli errori del passato, degli errori di
noi architetti, urbanisti, amministratori: ci ci aiuter a capire che fare
ora.

SEMPRE INNAMORATI DELLALFA: I LAVORATORI PER IL MUSEO*


Giuseppe Borra, Renata De Angeli, Mario Rigo, Elvira Ruocco
I primi emotivamente e moralmente
coinvolti nelle vicende dellAlfa sono
i suoi ex dipendenti. Seguono gli
appassionati che del Marchio del
Biscione hanno fatto simbolo di
passione automobilistica e di prestigio. Al riguardo, limitandoci agli Alfisti organizzati, i Club Alfa Romeo
attivi nel mondo sono circa 200,
quelli in Italia unottantina, i lombardi
una ventina. Relativamente agli ex
dipendenti dallazienda, che in Arese tocc 23.000 unit, sono attive
due Associazioni che complessivamente sommano circa 4000 aderenti: sono il Gruppo Seniores (ex Anziani dAzienda) e la Fondazione
XXV Aprile, la societ di mutuo soccorso nata per comune volont del
Comitato Nazionale di Liberazione,
dellAlfa Romeo e dei Sindacati dei
lavoratori nel lontano agosto 1947.
Le due Associazioni comunicano e
dialogano con continuit con i loro
iscritti, percependone umori, pareri,
clima. Per quanto si riferisce
alloggetto denotano un certo sco-

n. 21 VI - 4 giugno 2014

ramento, ma anche un costruttivo


diamoci da fare. In questambito di
adesioni vogliamo ricordare, i colleghi
dellex
Scuola
Aziendale/Ancifap, che nel tempo hanno
avuto un ruolo fondamentale nella
formazione professionale dei giovani Alfisti. Questa popolazione costituisce la massa critica, la coscienza storica, lespressione di un puro
interesse per lAlfa Romeo perch
storia (e loro storia) e per ci che
testimonia, in termini di laboriosit,
ingegno, progresso tecnologico, valori da trasmettere alle nuove generazioni per una sferzata di ottimismo
ed energia positiva verso il futuro.
E veniamo al nocciolo del problema
ovvero allesigenza di rimettere a
disposizione della Comunit il Museo e le Documentazioni Storiche. Il
Museo, inaugurato il 18/12/1976,
conserva ben 256 automobili, molte
delle quali identificate con nomi dei
campioni che le hanno guidate (vedi
la Fangio) oltre a motori, modelli,
cimeli e laeroplanino Angelo dei

Bimbi di Maner Lualdi. Negli anni,


il Museo ha ricevuto visite di moltitudini di appassionati dallItalia e dai
pi lontani Paesi del mondo.
LArchivio Storico, peraltro sotto alcuni vincoli dal 1981, contiene nelle
sue sei sezioni un patrimonio documentale di rara efficacia per le
Scuole, le Universit, gli Istituti di
Ricerca e per gli studiosi in genere
che vogliono rendersi conto di come
si concretizzata levoluzione di
unautomobile sempre allavanguardia sul piano tecnologico, dellinnovazione e dello stile.
Ma da quando queste strutture costituiscono un caso? Su istanza di
alcuni Enti Locali il Ministero per i
Beni Culturali e le Attivit Culturali
della Lombardia (la Sovraintendenza) ha emesso il Decreto 30/1/2011
che dichiara il Centro Direzionale
Alfa Romeo di interesse storico importante, considerando Museo e
Archivio Storico un insieme unitario
e inscindibile dal fabbricato che li
contiene. Dalla primavera 2011 la

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propriet, la Fiat, ha dichiarato inagibili e preclusi alle visite i siti in parola in quanto ormai carenti in Sicurezza e necessitanti di opere di adeguamento.
Da quelle date si innescata una
querelle tra i soggetti che vantano
competenze sui siti e sulla loro fruibilit (Fiat, Comuni area ex Alfa,
Regione Lombardia) e Sovraintendenza. Di fatto non se n ancora
usciti con un progetto di intervento.
Ci anche in presenza di scadenze
urgenti di interesse generale. Ci riferiamo allEXPO 2015, opportunit
ritenuta ineguagliabile come mezzo
di promozione dei territori, dei loro
prodotti e, se si vuole, di potenziale
veicolo di lancio delle nuove politiche produttive dellAlfa Romeo. Non
si ancora innescato il ciclo virtuoso della soluzione e del rilancio.
Quello che fa pi specie che la
riapertura delle strutture, ovviamente dopo tutti gli opportuni aggiornamenti collegati al nuovo progetto
(sembra per limmediato che quello
Fiat esista gi) si pu reggere sul
piano industriale valido sia in chiave
pubblica sia privata. Vedasi al riguardo recenti esperienze quali il

Museo Nazionale dellAutomobile


Gianni Agnelli di Torino e il successo di quello Ferrari di Maranello.
Le vetture storiche attraggono e costituiscono unimportante leva di
marketing e di promozione. E in forza di ci appare ancor pi irragionevole non uscire dalle attuali problematiche in modo costruttivo, togliendo al contendere quelle componenti di litigiosit, del cavillo, del
particolare, che allontanano da ogni
soluzione concreta e praticabile.
E appunto in questo orizzonte che
come associati del Gruppo Seniores
e della Fondazione XXV Aprile ci
appelliamo allintelligente ragionevolezza delle parti (Comuni, Regione
Lombardia, Fiat e, per quanto le
compete, Sovraintendenza) per un
nuovo approccio che porti a una realizzazione rispettosa dellambiente
e proiettata al futuro. A iniziare da
Expo15. Nel contempo mettiamo in
campo le nostre esperienze di lavoro, le nostre competenze, la nostra
passione, la nostra disponibilit operativa al fine di contribuire, se
chiamati, al rilancio e allesercizio
delle future strutture.

E in forza di questi auspici che abbiamo puntualizzato lo stato di fatto


della querelle, ponendoci anche
lobiettivo di informare e sensibilizzare lopinione pubblica perch
faccia pressione per una conclusione positiva della vicenda.
*) APPELLO: 4000 ex lavoratori ALFA
ROMEO pronti ad aiutare Fiat Regione
Comuni per riaprire il Museo Alfa Romeo
in tempi Expo15
Inviato a:
Spett. Ministero dei Beni Culturali Roma
Milano
Spett. Ufficio Relazioni Pubbliche
Fiat Spa Torino
Egr. Maroni Roberto
Presidente Regione Lombardia
Egr. Romano Pietro
Sindaco Citt di Rho Mi
Egr. Palestra Michela
Sindaco Citt di Arese Mi
Egr. Landonio Alberto
Sindaco Citt di Lainate Mi
Egr. Pioli Pier Mauro
Sindaco Citt di Garbagnate Milanese

BENI CULTURALI: RIVOLUZIONE CON ANNIVERSARIO


Paolo Bonaccorsi
Nell'ultimo Consiglio dei Ministri,
prima della parentesi elettorale del
25 maggio stato approvato l'atteso
Decreto legge destinato a rimodellare e a rilanciare le misure di sostegno alla cultura.
Andrebbe ricordato, peraltro, che i
governi del dopoguerra hanno fatto
ricorso con insistenza e nelle circostanze pi diverse all'art. 77 della
Costituzione e che la stessa nascita
del Ministero dei Beni culturali e
ambientali - come allora venne denominato - fu oggetto proprio di un
Decreto legge, varato dal governo
Moro il 14 dicembre del 1974, accompagnato da un saluto tanto deferente quanto inusuale del Presidente del Consiglio al nuovo Ministro, gi designato, Giovanni Spadolini "al quale oggi viene affidato
(sono parole di Moro) - con l'impegno di una normalizzazione legislativa tanto urgente quanto l'eccezionalit dell'esigenza richiede - il
compito di presiedere a un nuovo
Ministero incentrato sulla gestione
dei beni culturali, ivi compresi quelli
inerenti lo spettacolo e sulla tutela
dell'ambiente".
Al di l dei ricordi storicocostituzionali, la nuova normativa
d'urgenza del governo Renzi riscrive, estende e razionalizza l'intero

n. 21 VI - 4 giugno 2014

sistema delle agevolazioni fiscali


riconosciute ai soggetti privati che
sostengono beni e attivit culturali.
Le regole del vigente Testo Unico,
sono sostituite da un ventaglio di
previsioni di favore molto ampio che
va dall'aumento cospicuo della detraibilit dei fondi destinati da singoli
o da imprese alla manutenzione,
protezione, restauro, gestione e
funzionamento del patrimonio culturale pubblico (il meccanismo quello del credito d'imposta, utilizzabile
anche in compensazione), al rimodellamento dei criteri di rendicontazione da parte delle amministrazioni
pubbliche.
Non meno innovativa la previsione
che il Ministero dei Beni e Attivit
culturali possa ricorrere a strutture e
iniziative di fund raising e crowdfunding per lanciare e monitorare campagne di raccolta di finanziamento,
rinunciando cos all'aristocratica e
ritegnosa riservatezza che ha circondato fino a oggi questo non secondario profilo dell'attivit pubblica.
Forse vale la pena ricordare che il
nuovo Decreto legge nasce, a 50
anni esatti dalla data di apertura, nel
1964, dei lavori della Commissione
Franceschini: quella Commissione,
dopo una storica indagine durata 3
anni, consegn al Capo dello Stato

le sue conclusioni in un celebre documento sulle condizioni, gi allora


allarmanti, "di depauperazione e
dacadimento dei nostri beni e valori
culturali" (citiamo dalle prime righe
della relazione).
Ma non possiamo n dobbiamo salutare le nuove norme come un punto d'arrivo. Il Decreto legge va accolto come occasione per stimolare
un rinnovamento profondo anche
nelle strutture e nell'azione delle autorit culturali centrali, decentrate e
periferiche.
Gi Marco Romano, sul Corriere del
3 marzo scorso, indicava un nuovo
percorso per le Sovrintendenze, anzi un vero e proprio salto culturale
"Dalla conservazione alla promozione", che possa prevedere persino
un superamento delle articolazione
operative della burocrazia ministeriale, ferma nella sostanza all'architettura delle Leggi Bottai del '39.
L'ispirazione viene tra l'altro fornita
a Romano dalla confortante esperienza delle "Commissions" in Gran
Bretagna e Scozia che curano, secondo procedimenti variabili a seconda dei casi "iniziative locali, per
salvaguardare i propri antichi monumenti". E, aggiungiamo noi, anche valori ambientali e culturali diffusi, le tradizioni storiche, merceo-

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logiche, sociali che fanno della civitas il luogo primario di riconoscimento di ogni civis.

La prossima, imminente tornata riformatrice, che avr per oggetto


l'annunciata Legge delega sulla
pubblica amministrazione, costituir

il banco di prova, lo speriamo, anche per "liberare la bellezza dallo


Stato".

CITT METROPOLITANA: VERDE, PGT E I PICCOLI PASSI


Francesco Borella
Unidea semplice, che vorrei brevemente sviluppare: di fronte a questo sistema metropolitano - la citt e
larea urbana, pi quello che rimane
della campagna, pi la grande periferia - partire dal verde pu essere
un ottimo approccio per innescare il
grande processo della rigenerazione urbana; ai tre livelli dintervento:
riprogettare e mettere in cantiere il
sistema dei parchi e del verde estensivo di grande scala, ridisegnare e passare a deframmentare e a
realizzare nel concreto la rete ecologica, e infine lavorare al grande,
straordinario sistema delle aree agricole, in particolare a quelle del
Parco Sud.
Il sistema dei parchi di cintura, in
particolare (quel sistema di parchi
gi da tempo presente nel disegno
strategico del PGT e che tuttavia
non diverr mai realt compiuta se
per ciascuno di essi non sapremo
dar vita a un progetto e, soprattutto,
a un processo, quanto pi possibile
corale, di lenta elaborazione e di
tenace e progressiva trasformazione territoriale) potrebbe davvero
configurarsi come un primo spazio
di governance di livello metropolitano, di attivazione anticipata cio di
una prassi di interlocuzione e collaborazione anche non formale, tra i
comuni e le comunit interessate,
sullidea, sul progetto e sullavvio
del processo attuativo di ciascun
singolo tassello di area verde metropolitana, di ciascun parco di cintura.
Una foto da satellite dellarea milanese, confrontata con una planimetria della stessa area di cinquantanni fa, ci mette di fronte alla
realt, pu darci unidea sintetica di
cosa sia successo a questo territorio in questo mezzo secolo. Quel
che limmagine ci mostra con immediatezza uno sviluppo impressionante e informe della macchia
grigia dellurbanizzato, una compromissione generalizzata del territorio, un ingente consumo di suolo,
lentit e lestensione dello sprawl
metropolitano; quel che ci consente
di dedurre il sostanziale fallimento
della pianificazione territoriale di area vasta e la grande bruttezza
(Consonni).
Se, azionando lo zoom, proviamo a
ingrandire quellimmagine satellita-

n. 21 VI - 4 giugno 2014

re, nellinsieme del grigio urbanizzato, fatto di aree compatte che si


vanno poi sfrangiando in una serie
di tentacoli, potremo poco a poco
distinguere gli spazi bianchi interclusi: spazi aperti spesso frastagliati
e residuali, che nel sud milanese
agricolo diventano talora prevalenti
e vasti e compatti, e rendono a loro
volta intercluse le isole edificate
(segno che, almeno come vincolo
urbanistico, il Parco Sud ha funzionato), anche se variamente intersecati e tagliati da infrastrutture le pi
varie e spesso devastanti (e questo
ci dice che ha funzionato un po
meno).
Tra queste due parti di citt, quella
della macchia grigia dellurbanizzato, che gi si troppo e disordinatamente estesa sul territorio, e quella degli spazi bianchi interclusi,
comprendente sia i vuoti metropolitani che i grandi ambiti agricoli,
lurbanistica di nuova generazione
dovrebbe porre forse un confine ben
definito (la Regione Toscana sta
facendo qualcosa in questa direzione; ma questo dovrebbe ormai essere un problema da legge urbanistica nazionale, che per in Italia, va
ricordato, ancora quella del 42!).
Un limite allurbanizzato per porre
fine o almeno contrastare duramente laumento del consumo di suolo
libero e anche per sancire lavvio di
unepoca storica in cui la macchia
grigia della citt abiotica non si pu
pi espandere e deve perci rigenerarsi e riqualificarsi al proprio interno
(problema gigantesco ovviamente,
si pensi solo allimpegno di riqualificazione delle periferie, dei quartieri
dormitorio e in genere di tutta
ledilizia speculativa degli ultimi decenni). Cos come, con processo
complementare al primo, dovrebbe
in parallelo avviarsi la riqualificazione delle macchie bianche, che da
vuoti urbani, spesso anonime e
degradate terre di nessuno, dovrebbero progressivamente trasformarsi
in vero sistema del verde della futura citt metropolitana, componente
strutturale essenziale (e non di
semplice decoro urbano) della citt
stessa.
Zoomiamo dunque ancora un po,
per andare a conoscerli un po pi
da vicino, questi spazi aperti di cui
ci vogliamo occupare: per grandi

categorie di aree. Abbiamo in primo


luogo le grandi aree agricole, che
per il territorio milanese coincidono
in larga misura con le aree del Parco Sud, un parco agricolo voluto e
creato per tutelare e rivitalizzare
proprio queste aree periurbane, a
un tiro di schioppo dal Duomo, con il
loro straordinario paesaggio agrario,
il paesaggio della bassa; supportato dalla ricchezza e dallequilibrio di
una agricoltura giocata sulla sapienza delluso integrato delle risorse, della turnazione delle culture,
della tutela della fertilit del suolo,
della regimazione delle acque; e
segnato dalle piantate, dalle siepi,
dalle colture di ripa, dalle boschine,
dai cedui; e ricco della straordinaria
architettura rurale delle grandi cascine, ma anche di castelli, monasteri, pievi, abbazie, mulini; e di tanto altro ancora.
Quanto rimane di questa bassa
diciamo storica, che conserva la
memoria del lavoro secolare degli
umiliati e dei cistercensi? Poco purtroppo (nonostante si debba riconoscere come esito del parco una certa inversione di tendenza): domina
ancora un paesaggio fatto di grandi
spianate (qualcuno lo chiama deserto agricolo) quasi interamente
destinato allagricoltura intensiva
della chimica e delle multinazionali,
tagliato da una trama infrastrutturale
onnipresente e invadente, ogni
giorno minacciato dal cemento e da
usi impropri.
Un po il parco ha funzionato, come
si detto; ma c ancora molto lavoro da fare, per far diventare davvero
parco questa nostra semi cintura
verde sud milanese; un lavoro soprattutto di conversione dallagricoltura intensiva a unagricoltura di
prossimit urbana, di riscoperta o
forse nuova invenzione del rapporto
vivo e vitale di questa grande area
primaria con la grande citt, di rivoluzione di colture che diverrebbe
anche rivoluzione paesaggistica: la
reinvenzione di un nuovo paesaggio
della bassa per loggi, anzi per il
domani. Un lavoro che dovrebbe
comprendere la creazione dei percorsi e delle aree di fruibilit pubblica del parco, e in particolare delle
teste di ponte urbane, interfaccia
con larea urbana e organicamente
parte della cintura verde metropoli-

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tana (perch il Parco Agricolo Sud
non fatto di sola agricoltura!). Un
discorso vasto e complesso che qui
non pu trovare spazio e che potremo riprendere in una prossima
occasione.
Ma quelle che avevamo chiamato
macchie bianche interstiziali comprendono altro, altre tipologie di aree, in percentuale tuttaltro che trascurabile. Comprendono ad esempio suoli degradati e inquinati, suoli
usati impropriamente come depositi
di materiale allaperto, aree pattumiera (discariche, baraccopoli,
spesso mimetizzate da orti spontanei, sfasciacarrozze, depositi vari),
aree recintate con le pi improprie e
improvvisate recinzioni, ogni sorta di
edificato sparso, disseminato al di
fuori delle aree urbanizzate, ivi
comprese aree agricole dismesse,
talvolta con corredo di cascine semidistrutte (e sappiamo quanto
questa tipologia di aree a usi impropri o residuali abbia nelle frange
extraurbane del nostro paese una
incidenza paesaggistica assai pi
devastante che oltre frontiera, in
qualsiasi altro paese).
Comprendono infine, importanti, le
aree naturali, quasi sempre in corrispondenza di fiumi e torrenti e canali; basta qualche nome per farci
capire quale realt territoriale complessa, difficile, fatta in genere di
marginalit, di abbandono pluridecennale, di indifferenza, di degrado
e anche dinquinamento, si celi entro questa categoria di aree: Lambro, Seveso e Olona, anzitutto, cui
va aggiunto il Lambro Meridionale; e
poi Lura, Bozzente, Lombra, Garbogera, Molgora, Ticinello, Vettabbia e, a scendere di scala, per fortuna verso sistemi pi sani e puliti,
tutto il sistema dei fontanili e della
rete irrigua superficiale storica
(compresa la rilevante quota parte
dismessa e inattiva); e poi tutto il
sistema dei navigli (Grande, Pavese, Martesana) e dei canali irrigatori
(Villoresi, Muzza), scolmatori e deviatori; cui si pu forse aggiungere,
per analogia paesaggistica, anche
se con problematica loro specifica, il
vasto e diffuso sistema e paesaggio
delle cave, sia attive che dismesse.
Di tutto questo articolato sistema di
aree, che dovrebbe gradualmente
trasformarsi nel sistema del verde
metropolitano, una rilevante quota
parte da recuperare, risanare, riqualificare o riorientare, quando non
espressamente da bonificare a sensi di legge.
La scelta del recupero agricolo (cui
si deve accompagnare, come si
detto, lobiettivo di progressiva riqualificazione dellagricoltura da intensiva a periurbana, e della conse-

n. 21 VI - 4 giugno 2014

guente riconversione colturale e paesaggistica) deve essere incentivata


ed estesa a quante pi aree possibile, anche allesterno del Parco Sud
(ad esempio nelle residue aree agricole del nord metropolitano, bagnate dal sistema del Villoresi) cos
da incrementare la percentuale di
aree verdi capaci di autotutelarsi e
autoriprodursi, senza aggravio di
costi per la mano pubblica, e da recuperare il massimo di terreni fertili
allagricoltura.
Perch tutto quello che non diventa
verde agricolo, entra nelle categorie
del verde pubblico, pi o meno estensivo, o della rete ecologica, comunque delle aree verdi a carico
della mano pubblica, sia quanto a
oneri di bonifica, recupero, riqualificazione, che di trasformazione a
verde, che (in spesa corrente, anno
dopo anno) di costo di gestione.
Nel disegno strategico della Grande
Milano, entro questo quadro vasto
di necessit di riqualificazione complessiva degli spazi aperti, la priorit
assoluta, per quel che riguarda gli
interventi di competenza della mano
pubblica, riguarda i grandi spazi interstiziali della periferia e la loro trasformazione in cintura verde metropolitana: un impegno straordinario
per ricucire e interconnettere con il
verde, e con il sistema della viabilit
dolce, le periferie urbane con i tessuti edificati della prima fascia esterna; per trasformare aree marginali e degradate di periferia metropolitana in aree pregiate, in nuove
centralit; per innescare, partendo
dal verde, processi di riqualificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica di area vasta, capaci di
penetrare in profondit nei tessuti
edificati circostanti, cos da modificarne in positivo la vivibilit complessiva.
Nellhinterland milanese, la pi importante delle aree dove questa operazione di recupero e di trasformazione a verde, iniziata pi di
trentanni fa, pressoch completata, quella del Parco Nord (640 ettari di area vincolata, pi di 400 ettari gi trasformati a verde; il primo
Parco milanese moderno che segna
il passaggio dalla scala urbana alla
scala metropolitana); cui si possono
sommare le esperienze similari del
Boscoincitt e del Parco delle Cave,
entrambe di Italia Nostra, entrambe
dimensionalmente (sopra il centinaio di ettari ciascuna) e qualitativamente assai significative e importanti. Insieme questi tre parchi fanno
una bella fetta del verde milanese,
qualitativamente il meglio tenuto e il
meglio gestito; e anche il pi amato
e apprezzato dai milanesi (da quan-

to risulta almeno dai frequenti sondaggi dei giornali cittadini).


Rappresentano anche, questi tre
parchi, la parte realizzata di quella
cintura verde metropolitana che abbiamo visto essere la vera priorit,
lobiettivo strategico che, in materia
di verde, pu saldare le previsioni
del PGT urbano con le linee di un
piano di area vasta, di rigenerazione
e riorganizzazione metropolitana. E
allora perch, ci chiediamo, non c
stato alcun tentativo di ripetere, di
esportare
queste
esperienze
nellarea milanese, e in particolare
per portare ad attuazione altri parchi
di cintura?
Perch, ad esempio, allinizio degli
anni 2000, per il Parco Forlanini si
pensato al concorso internazionale,
che non ha portato a nulla (ed anzi,
recentemente, ha portato addirittura
alla concessione per 19 anni di una
splendida, storica area agricola, gi
di propriet comunale, per la realizzazione di un campo pratica golf,
privato, recintato, devastante e per
di pi autorizzato in pieno Parco
Sud!), e non si invece pensato al
metodo Parco Nord, il metodo della
gradualit, dei piccoli passi, del
work in progress, del far nascere sul
posto un piccolo centro parco,
guidato da un responsabile, capace
di ascolto delle associazioni e dei
cittadini, catalizzatore di partecipazione e di volontariato, ma capace
anche di individuare in loco le linee
di minore resistenza lungo le quali
far maturare progetti immediatamente cantierabili, in risposta a istanze sentite dai cittadini (e quindi
pi facilmente finanziabili)?
Come pure meriterebbe maggiore
attenzione lesperienza del Centro
Forestazione Urbana/Italia Nostra
che, con metodo assai simile a
quello del Parco Nord, in quarantanni ha realizzato e condotto in
modo encomiabile il Boscoincitt, e
in una dozzina ha riqualificato il
Parco delle Cave, quando era ridotto a luogo di spaccio e terra di nessuno. Come mai queste esperienze
sono pi conosciute allestero che
valorizzate a Milano? Siamo sicuri
di poterci permettere, coi tempi che
corrono, di ignorare un modo di mobilitare il volontariato (quello di Italia
Nostra appunto) che non riguarda
qualche fazzoletto di verde qua e l,
ma grandi obiettivi di scala urbana e
territoriale, e che si accompagna
alla capacit di realizzare, gradualmente nel tempo, ambiziosi progetti,
a costi contenuti e anche in assenza
di un piano di finanziamento iniziale
definito (quindi in condizioni improponibili per qualunque tipo di appalto)?

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Ecco dunque unidea, una proposta,
per il verde metropolitano, sopratutto per quei parchi di cintura che
stanno disegnati sulla carta da quasi trentanni e che non riescono a
decollare, sia perch per questo
verde estensivo di scala territoriale
improponibile il metodo dellappalto, sia perch la pubblica amministrazione ha comunque grandi difficolt a mettere in cantiere operazioni di trasformazione territoriale
che si prospettano in partenza di
tempo lungo, con prospettive di attuazione
sullarco
dei
venti/
trentanni.
Di fronte ai grandi progetti del sistema del verde metropolitano, invece di arrendersi e non farne nulla,

accontentandosi di tenere per decenni un vincolo sulle tavole del


PGT, penso che unalternativa possibile sia di recuperare la metodologia dei piccoli passi e della gestione attiva, sul posto, delle dinamiche
territoriali, operando concretamente
su obiettivi intermedi, ravvicinati e
possibili: quello ad esempio di dar
vita sul posto a quella struttura minima di direzione/centro parco cui
prima ho accennato, capace di attivare canali di ascolto e partecipazione, capace di valorizzare nuovi
attori per il verde urbano e metropolitano (sullesempio di Italia Nostra,
ma anche di esempi stranieri altrettanto importanti), capace di portare
a casa qualche primo risultato con-

creto di recupero territoriale, qualche primo tassello di area verde. Un


primo passo in questa direzione pu
portare al conseguimento di un obiettivo importante: quello di aver
innescato il processo verso il
grande obiettivo finale (che continua
a essere una prospettiva trentennale, ma che ora sar sentito come pi
concreto e vicino, e meno irraggiungibile), lobiettivo della futura grande
area verde prevista dal piano di cintura, componente strutturale della
grande citt metropolitana.
Gruppo Petfi Dialoghi sulla Citt Metropolitana /3

UNA NUOVA AUTARCHIA ALLE VISTE: LA SACRA TERRA ITALIANA (2)


Marco Ponti
Mi permetterei di tornare sul tema
consumo del suolo agricolo su cui
gi sono intervenuto, in particolare
leggendo larticolo di ArcipelagoMilano del 21 Maggio di Paolo Sinigaglia, ma molti altri sullo stesso tono.
Scrivevo (16 Ottobre 2012): "Mi occupo di trasporti, ma ho lavorato 13
anni in paesi poverissimi, dove il
trasporto dei prodotti agricoli era
fondamentale per le loro economie,
quindi ho dovuto occuparmi indirettamente anche di agricoltura, specialmente in relazione alle politiche
protezionistiche europee e americane. Comunque sar prudente, per
rispetto ai veri esperti del settore, e
mi limiter a sollevare alcuni dubbi
sul tema. Un nuovo spettro si aggira
per lItalia: la distruzione del suolo
agricolo.
Veniamo ai numeri principali, derivati da un recente rapporto ministeriale: i terreni coltivati in Italia sono
diminuiti del 28% negli ultimi 40 anni, e abbiamo in totale 5 milioni di
ettari in meno, con una perdita media dunque di 125 mila ettari
allanno (5.000.000 : 40). Di questi
125 mila, 35 mila ettari allanno sono stati trasformati per uso urbano o
industriale (e, come noto, case e
fabbriche non servono a nessuno
), cio meno di un terzo, mentre
gli altri 90 mila sono stati lasciati
tornare alla natura. Forse (orrore!)
sono addirittura diventati boschi o
prati.
Ma la fame incombe, e questo il
vero pericolo: infatti la produzione
agricola italiana (altro orrore!) oggi
soddisfa solo l80% dei nostri fabbisogni alimentari. Visto che abbiamo
perso in media lo 0,5% della nostra
produzione
alimentare
allanno
(20% : 40), e la cementificazione

n. 21 VI - 4 giugno 2014

ha contribuito a questa perdita per


un terzo, cio circa lo 0,2% allanno,
se questa cementificazione continua
con lattuale ritmo infernale, nei
prossimi 50 anni perderemo un altro
10% di produzione alimentare! Dovremo importare pi riso, o pi carne, dai paesi poveri, che producono
solo quello! (Per il petrolio degli
sceicchi per nessuno eccepisce).
Due cose si dimenticano tuttavia in
questo drammatico scenario: la prima che la produzione agricola italiana gi oggi del tutto artificiale:
se non ci fossero i sussidi europei
(che sono ancora soldi nostri,
lEuropa certo non fa regali, ridistribuisce quanto gli stati gli versano,
come giustamente dice Renzi),
lagricoltura italiana sarebbe gi in
buona parte scomparsa. invece
sussidiata per pi di 6 miliardi di Euro allanno, e questo in proporzione
a tutta lagricoltura europea. La ragione di questo fiume di sussidi la
protezione degli agricoltori europei,
una piccola minoranza incomparabilmente pi ricca dei contadini dei
paesi poveri, che senza questi sussidi che tengono artificialmente alti i
prezzi, ci venderebbero il loro riso,
zucchero ecc. a costi molto pi bassi (altro orrore!) per i consumatori
italiani. Sussidiamo cio i benestanti
per affamare i poveri, che tra laltro,
se producessero di pi a casa loro
per lesportazione verso i paesi ricchi, premerebbero meno sui nostri
confini.
Questo scandalo per fortuna incomincia a far traballare questa forsennata e reazionaria politica europea. Si pensi che fino a pochissimi
anni fa lItalia sussidiava molto generosamente anche le coltivazioni di

tabacco (magari a chilometri zero,


per salvaguardare lambiente)!
Si pensi anche a quali servizi sociali
dobbiamo rinunciare in questo periodo, date le ristrettezze finanziarie
dello stato. Ma i santi sussidi non
si toccano, e negli articoli sui problemi agricoli italiani non si nominano mai la fame incombe, e magari, se diminuisse la superficie coltivata, saremmo anche circondati da
buie foreste.
la nuova, ipocrita autarchia, sostenuta anche da molti, e speriamo
ingenui, urbanisti e ambientalisti,
oltre che ovviamente da molto solidi
interessi costituiti. Peccato che, dulcis in fundo, lagricoltura, oltre a occupare poche persone, sia anche
molto inquinante, per le emissioni
climalteranti (ossidi di azoto, CO2)
ma soprattutto per lacqua, che consuma in enormi quantit, riversando
nei fiumi, e nel mare poi, liquami e
fertilizzanti di ogni tipo.
A quando una nuova fascistissima
battaglia del grano in piazza del
Duomo a Milano?"
Questo pressappoco scrivevo sia
sul Fatto che su ArcipelagoMilano:
ma occorre aggiornarsi: uno dei
maggiori ambientalisti-alimentaristi
american (Joathan Foley) scrive recentemente sul National Geographic, certo appoggiandosi ai dati
allultimo rapporto IPCC sui cambiamenti climatici: Lagricoltura
tra i principali responsabili del riscaldamento globale, perch emette
pi gas serra di tutti i camion, le automobili, i treni e gli aerei messi insieme ., e nellarticolo su ArcipelagoMilano del 21 Maggio prima citato si sostiene anche una tesi economica che se confermata certo

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varr allautore il premio Nobel in
economia: aumentando lofferta di
un bene (cio costruendo pi case),
i prezzi di questo bene aumentano,
aggravando in questo caso il problema residenziale. Speculatori,
certo: ma quale produttore industriale non uno speculatore, cio uno
che cerca di arricchirsi approfittando
delle circostanze? (Se corrompe,
invece un delinquente, ma la vicenda EXPO richiede uno scatto di

orgoglio, mica di vergogna, per carit Infatti non si dimette nessuno


dei politici e funzionari controllori,
occorrono proprio le manette).
Credo che sia opportuno che ciascuno scriva di quello di cui sa: se si
costruiscono pi case, i prezzi sono
destinati fatalmente a scendere rispetto a uno scenario in cui se ne
costruiscano di meno, quali che siano le condizioni al contorno. Non
solo: se si costruiscono case solo in

posti ben serviti da trasporti e servizi pubblici e privati, queste avranno


prezzi pi alti di quelli di case in
tanta malora, cio quelle che rispondono ai redditi delle categorie
pi deboli. Its the economy, stupid, come pare dicesse Hillary Clinton allaugusto consorte. Ma, si sa,
in nome dellambiente, o della fame
nel mondo come per EXPO, tutto
lecito.

OPERAZIONE MINIBOND: UN BUON INIZIO, MA SERVE PI MERCATO


Valentina Magri
Vogliamo attivare un canale alternativo a quello bancario per il finanziamento delle imprese. Cos il
presidente di Regione Lombardia
Roberto Maroni ha presentato
lOperazione Minibond il 23 maggio
scorso. Come vi abbiamo spiegato
qui, i minibond sono obbligazioni
per le PMI, ossia prestiti concessi
alle piccole-medie imprese dagli investitori. In conferenza stampa,
lassessore alle attivit produttive
Mario Melazzini ha spiegato che la
nuova iniziativa della Regione sui
minibond, con il supporto di Finlombarda, vuole individuare le imprese
lombarde con le potenzialit di emettere obbligazioni, assistendole:
nella ristrutturazione; nellemissione,
mettendo a disposizione 2,5 milioni
di euro; nellacquisto di quote di obbligazioni (20-30%). Basteranno?
Lo abbiamo chiesto ad Alessandro
Sannini, amministratore delegato di
Twinadvisors Limited e fondatore
del portale Minibond.eu. Da circa un
anno uno dei pi esperti in Italia
nel settore debito privato, con
unemissione allattivo (novembre
2013).
Con lOperazione Minibond, Regione Lombardia coprir i costi di
emissione dei minibond per due
milioni e mezzo di euro: goccia
nel mare o cambio di passo? Sicuramente un buonissimo inizio,
sulla scia di altre Regioni italiane
come la Toscana. Si parla di copertura dei costi di emissione con un
voucher: considerato che mediamente per un emissione da 10 milioni di euro si parla di 40mila euro,
con 2,5 milioni se ne possono sostenere molte.
Loperazione
prevede
anche
lacquisto di parte dei minibond
emessi da parte della Regione.
Pensa sia il modo giusto per favorire la diffusione di questa forma di finanziamento? Certamente

il collocamento a fermo gi in alcuni


casi gi effettuato dalla BEI (Banca Europea per gli Investimenti,
ndr). Comunque, considerato che
oltre alla Regione anche le banche
partecipano allemissione, si arriverebbe a coprire met della stessa. Il
collocamento assicurato aiuta gli
imprenditori pi scettici, ma bisogna
poi indagare su criteri e modalit
dacquisto. Infatti la partecipazione
al collocamento dei minibond potrebbe essere contestata dallUe
come aiuto di Stato, se effettuata
direttamente dalla Regione. Sarebbe importante creare dello scambio
sul mercato, favorendo il secondario
(il mercato dove si scambiano titoli
gi in circolazione, ndr), che ad oggi
non esiste.
Con questa operazione, sar anche possibile scendere sotto il
taglio minimo dei 5 milioni di euro, promuovendo laccesso delle
medie imprese ai minibond. Baster? Oppure ci sono altri fattori
al di l di quelli economici a frenare le imprese dallemetterli?
Potrebbe aiutare, ma il rischio che
si configuri il solito stile da aiuto di
stato o da agevolazione stile bando
pubblico. In linea generale, emissioni cos piccole non sono attrattive
per il mercato internazionale. Si ritiene che debbano essere pi grandi e soprattutto figlie di aziende gi
abbastanza strutturate. Ma a parte
la dimensione dellemissione, ci
che frena in molti casi la qualit
dellemittente e la presentazione
formale agli investitori.
Lassessore allEconomia Massimo Garavaglia convinto che
lOperazione possa far decollare
il mercato dei minibond da noi.
Lei daccordo? Il ruolo degli enti
pubblici pu supportare sicuramente
lattivazione del mercato, oltre a sostenere i costi di ammissione, ad
esempio con lutilizzo dei fidi regio-

nali e delle finanziarie per offrire garanzie. Comunque esistono delle


traiettorie pubblico-private di sicuro
sostegno per queste attivit.
Lassessore Garavaglia ha anche
messo sotto accusa le regole di
Basilea III (provvedimenti approvati
in conseguenza della crisi finanziaria del 2007-2008 per perfezionare
la preesistente regolamentazione
prudenziale del settore bancario,
ndr), che nei prossimi anni porteranno a una riduzione del credito
di 100-150 miliardi di euro. Che
ruolo hanno avuto queste regole
nel credit crunch? (il calo
dellofferta di credito da parte delle
banche, ndr) Lassessore ha pienamente ragione: Basilea III crea
oggettive difficolt per le banche nel
coprire il medio-lungo termine, che
tra qualche mese non ci sar pi.
Molti imprenditori sostengono di poter continuare il loro rapporto di lungo termine con il sistema bancario.
Ma non sar pi cos. urgente
passare da un sistema bancocentrico a uno pi basato sul mercato.
Lei anche a.d. di Twinadvisors
Limited, societ londinese nata
per portare i minibond italiani sui
mercati dei capitali internazionali.
Insomma, oltre alla fuga dei cervelli assistiamo anche a quella
dei capitali? Cosa ha Londra pi
di Milano? Siamo andati a Londra
perch siamo in una filiera con un
broker/Sim con un desk internazionale di collocamento con pi di 300
controparti (GMSA Investments) e
Atlantide AM, piattaforma di fondi
che ha gi sottoscritto alcuni minibond. Non parlerei di fuga di capitali, ma di ricerca di capitali che possano essere investiti sotto forma di
bond. LInghilterra e Londra in particolare hanno una platea pi ampia
di investitori che Milano, quindi pi
opportunit.

ANCORA SULLA PIET RONDANINI

n. 21 VI - 4 giugno 2014

10

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Isabella Ventura
Sui trasferimenti della Piet Rondanini, prima a San Vittore, e poi nella
sala rinnovata dellOspedale Spagnolo del Castello Sforzesco, si sono gi espressi esperti e addetti ai
lavori. Condivido pienamente le osservazioni di Amedeo Bellini (Corriere della Sera, pagine milanesi
5/5/14), ma aggiungo, come cittadina milanese, qualche commento ad
alcune affermazioni contenute in
recenti interventi.
Lidea di uno spostamento (temporaneo) della Piet Rondanini nel
carcere di San Vittore stata (fortunatamente) accantonata, ma qualcuno la rimpiange. Tra questi,
larchitetto Stefano Boeri (Corriere
della Sera, pagine milanesi 5/5/14),
perch sarebbe servita a richiamare lo sguardo del mondo verso un
luogo che incarna la vergogna delle
condizioni delle carceri italiane. Ma
il mondo ne gi perfettamente informato: lEuropa ha condannato
lItalia per le condizioni del suo sistema carcerario. Oggi c bisogno
urgente di misure concrete. Oltre a
quelle che prender il governo,
quanti erano pronti a sponsorizzare
la Piet a San Vittore farebbero
meglio a finanziare misure specifiche a favore degli abitanti del carcere, in particolare quelle che riducono
le recidive.
Lo smantellamento dellattuale allestimento della Piet per trasferirla in
unaltra sala del Castello Sforzesco,

invece,

purtroppo
ancora
allordine del giorno, anche se la
rinuncia al progetto sarebbe da
considerare un atto di coraggioso
buon senso, non certo una marcia
indietro.
Strenua difesa di dogmi ideologici
stata definita dal soprintendente
Alberto Artioli (Corriere della Sera,
pagine milanesi, 13/4/14) lopinione
di quanti preferiscono lasciare la
Piet Rondanini dove e come stata per pi di cinquanta anni.
Secondo il sopraintendente, inoltre,
le critiche al progetto di spostamento si concentrano sulla salvaguardia dei valori dellopera dei BBPR,
dimenticando di considerare laltro
valore in campo: Michelangelo. Ma
non il valore dellopera di Michelangelo che in discussione, lo la
sua collocazione, sotto il duplice
aspetto sia della valorizzazione sia
dellopera, sia soprattutto della percezione che di essa hanno i visitatori. Le ragioni per cui si vuole lasciarla dov? Lo hanno ben spiegato
Amedeo Bellini, ed altri prima di lui.
In particolare, progetti esistono o
potrebbero essere ricercati per facilitare ai disabili il godimento
dellopera. Se i visitatori sono troppi
rispetto agli spazi si pu ricorrere
alle prenotazioni, come si fa in tutto
il mondo. Lopera ben visibile a
360 gradi, anche se non da lontano.
Ma sul fondo della questione, utile
citare lo stesso promotore iniziale

dello spostamento, larchitetto Stefano Boeri, che ha qualificato


lallestimento attuale come operazione importante e sofisticata, alla
quale riconosce nobilt e intelligenza (ArcipelagoMilano, 22/1/14). Poi
per ha voluto giustificare lo spostamento della Piet per liberare la
sua potenza dai lacci delleleganza
e dello stile (Corriere della Sera,
pagine milanesi 2/4/14). Ma proprio il connubio tra potenza ed eleganza, che si esprime nellattuale
allestimento dellopera, che caratterizza al meglio lanima di Milano e
delle sue opere pi amate, dal
Duomo alle Case Museo.
Quanti criticano lo spostamento esprimono non lattaccamento a un
dogma, ma, democraticamente, la
ragionevole e fondatissima difesa di
un elemento importante e prezioso
del patrimonio della citt, forse mai
valorizzato finora da un efficace
progetto di comunicazione, e che
dovrebbe esserlo senza bisogno di
smantellamenti. Il fatto che la sensibilit del pubblico, la sua capacit di
lettura e di interpretazione abbiano
subito,
come

normale,
unevoluzione rispetto a cinquanta
anni fa, non implica affatto che
lattuale allestimento precluda altre,
nuove letture dellopera o ne riduca
il valore simbolico e identificativo.
La dimostrazione della necessit del
cambiamento non stata fatta.

Scrive Alessandra Nannei a proposito di Taxi / Uber


L'arrendevolezza di governo, regione e comune nella trattativa coi taxisti stata quanto meno deplorevole e ambigua. Come si pu pretendere di governare un paese, una
regione o una citt come Milano se

si ha paura di qualche migliaio di


taxisti corporativi e scatenati? E mi
chiedo a cosa serva l' Antitrust, che
dovrebbe essere l'autorit garante
della concorrenza e del mercato. Se
si ha paura di un confronto diretto,

come in genere accade di fronte alle


corporazioni, ci si rivolga all'autorit
giudiziaria. Forse le leggi che proteggono i taxisti sono contrarie alla
Costituzuione, e sicuramente lo sono alle norme europee.

Scrive Maria Grazia Tagliabue a proposito di Taxi / Uber


Sono una persona con handycap,
che deve usare molto i taxi, vi posso
assicurare che molti taxisti offrono i
loro servizi privatamente, fuori tariffa, organizzati con cellulare proprio

e pagamento con carta di credito.


non un modo, in piccolo, di lavorare come fa Uber? In Italia come
avete giustamente scritto, non si
muove foglia che Dio ( o le corpora-

zioni) non voglia. Io ho votato Renzi,


perch l'ultima speranza che abbiamo di rifare l'Italia, speriamo.
Grazie.

Scrive Pietro Vismara a proposito del Regolamento Edilizio


Condivido abbastanza le valutazioni
di Ugo Targetti sull'irrilevanza di
molti Regolamenti Edilizi (a meno
che si mettano indebitamente a trattare temi urbanistici): basterebbe un
regolamento tipo nazionale e regio-

n. 21 VI - 4 giugno 2014

nale, con poche norme indispensabili. Ho qualche perplessit invece


sul principio che a garantire la qualit dei prodotti sia sufficiente la
semplice contrattazione fra privati,
visto che oramai gli acquirenti sono

informati e attenti. Giusto, ma a


questa stregua a che servirebbero
la tracciabilit degli alimenti, della
carne o del latte di bufala? Non
sufficiente l'attenzione e la competenza degli acquirenti? (sembrereb-

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be di no). E che farcene allora dei
limiti di velocit stradale, non basta
che gli automobilisti siano sufficientemente informati sui rischi di una
velocit eccessiva? A questo proposito, ricordo che da giovanissimo
avevo partecipato a una assemblea
di gruppi anarchici. Un oratore, dopo avere sostenuto la necessit di
eliminare tutte le regole e imposi-

zioni, si era alla fine impappinato


sulla questione dei semafori stradali: nella felice societ anarchica futura, i semafori ci sarebbero stati o
no? (allora non si parlava ancora di
rotatorie...).Quindi forse un po' di
norme serviranno sempre. Ma devono essere come un semaforo:
rosso, giallo, verde, semplice ed efficace. Non che salti sempre fuori il

funzionario di turno che dice che, in


fondo in fondo, anche con il rosso si
pu passare, e che invece no, con il
verde no assolutamente perch secondo lui valido quello previgente
del '42 che secondo certi suoi archivi adesso segnerebbe rosso (non
una battuta), e che per l'arancione...
be', ci pensa su e ci far sapere.
Questo il problema.

Scrive Piersandra Strada a proposito di Piazza Castello


Sono veramente in linea con quanto
scritto nell'articolo, ma non si pu
cambiare rotta o forse troppo tar-

di. Penso che non ci vorrebbe molto, oppure la burocrazia, come d'uso, incombe? Grazie di avere parla-

to. Mi si stringe il cuore a vedere il


degrado estetico.

Scrive Franco Strada a proposito di Piazza Castello


Grazie per questo articolo saggio e
calibrato. quello che penso e che
cerco di far sapere anch'io ai responsabili del Comune, ma le mie
mail sono considerate pretestuose
ed inutili e quindi indegne di avere
una risposta anche solo se per un
messaggio di ricevimento. Ho sempre fatto presente esempi di malis-

sima organizzazione (scusate se


invento una parolaccia) dettagli di
non previdenza.
Purtroppo "loro" sono solo interessati ai 3000/banchetto e pensano
sia sufficiente aver messo 24 ore su
24 una gazzella ad ogni angolo di
via. Peccato che i pubblici ufficiali
che vi stanno seduti senza alcuna

attivit ignorando che pessima impressione stiano dando soprattutto


ai turisti che in questo momento
scendono abbondanti dalle valli e
che immaginano altre frotte di poliziotti sparsi nella citt per altre incombenze!!!

Scrive Gregorio Praderio a proposito di sottotetti / sopralzi


Vorrei aggiungere qualche considerazione alle valutazioni di Gianni
Zenoni sul tema del recupero dei
sottotetti (anzi, dei sopralzi). Credo
infatti che l'impatto estetico, ancorch rilevante (il caso citato non
certo l'unico "mostro", ce ne sono di
peggiori), non sia l'unico aspetto del
problema. Il problema che proprio il presupposto della legge (soprattutto nelle sue versioni aggiuntive) a essere sbagliato. Si era presupposto infatti che trattandosi di
interventi ridotti e diffusi, sarebbero
stati facilmente assorbiti dal tessuto
urbano esistente, gi dotato di ur-

banizzazioni. In realt (come peraltro non era difficile immaginare), su


alcuni temi (come le dotazioni di
parcheggi), il tessuto esistente non
affatto ben dotato, anzi. E visto
che il recupero del sottotetto conveniente dove i valori immobiliari
superano i costi di rifacimento del
tetto, ovvero nelle zone del centro
storico e della citt berutiana, dove
notoriamente i parcheggi scarseggiano in modo drammatico, le centinaia e centinaia di migliaia di metri
quadri nuovi realizzati senza spazi
di sosta (malgrado la legge alla fine
abbia previsto almeno la verifica

della sussistenza delle urbanizzazioni primarie, tipo i parcheggi...) si


inevitabilmente tradotto in un peggioramento del problema. E quindi
nella ricerca di nuove soluzioni: parcheggi sotto gli spazi verdi, sotto le
piazze, ecc. Era difficile immaginare
che sarebbe finita cos? No, certamente. Ma come al solito ha prevalso (in tutti gli schieramenti) la ricerca del facile consenso: vale di pi la
soddisfazione dei singoli beneficiati
(chi ha comprato a buon prezzo un
quasi attico in centro) che il malcontento silente di tutti gli altri.

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Biografilm Festival
A partire da sabato, per diverse settimane,
all'Oberdan,
verranno
proiettate pellicole dal festival del
cinema biografico, unico evento internazionale dedicato alle storie di
vita e alle biografie che si svolge
quasi in contemporanea a Bologna
dal 6 al 16 giugno, che quest'anno
festeggia il decennale.
Anche a Milano si potranno vedere
in anteprima documentari italiani e

n. 21 VI - 4 giugno 2014

internazionali che altrimenti resterebbero sconosciuti ai pi, con una


concentrazione di anteprime tra il 7,
8,11 giugno. con otto tra i migliori
passaggi delle ultime due edizioni
del festival bolognese, con 5 anteprime, e repliche varie dal 12 al 29.
Tra le anteprime milanesi: Femen LUcraina non in vendita, film diretto da Kytti Green che racconta la

storia di alcune attiviste dellorganizzazione femminista Femen.


E il biopic "Ulay: Performing Life",
sul pioniere della body art Ulay, a
lungo compagno di vita e di performance di Abrahmovic. Altre pellicole
altrimenti invisibili: Stories we Tell,
percorso che esplora i diversi generi
della narrazione, firmato da Sarah
Polley, Per nessuna buona ragione,
documentario sulla vita esagerata di

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Ralph Steadman, geniale illustratore
e caricaturista inglese, e The Act of
Killing, sui massacri avvenuti in Indonesia tra il 1965 e il 1966, e la
successiva persecuzione contro i
militanti comunisti.
E ancora un documentario su Radio
France La Maison de la Radio di
Nicolas Philibert.

Dal 20 giugno un film in programmazione stabile: "Is the Man Who Is


Tall Happy?" il documentario-ritratto
dello scrittore pacifista Noam
Chomsky, del visionario Michel
Gondry su presentato allultimo festival di Berlino, pezzo forte nel Festival Bolognese del percorso
"Whats Culture?. Che cos la Cul-

tura?" che presenta a Bologna


un'ampia selezione di documentaritestimonianza di grandi personaggi
del mondo della Cultura o dei luoghi
pi significativi della cultura stessa.
Clicca qui per il programma.

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Una vera comunit
Spero che i miei quattro lettori mi
perdonino una digressione di carattere pi antropologico che musicale,
ma mi molto difficile non raccontare questo episodio occorsomi sabato scorso in uno dei pi bei paesi
delle Dolomiti, dove si sono celebrate le esequie di una signora appena
scomparsa, in et appena matura,
che ha passato lintera vita a dirigere il piccolo, amato e delizioso albergo al centro del villaggio, in una
incantevole piazza rimasta intatta
per secoli, raccolta fra la chiesa, il
municipio, la farmacia e lufficio postale. Maria era morta due giorni
prima, a causa della solita malattia
improvvisa e incurabile, ma nelle
ultime settimane, perfettamente
consapevole del suo destino, era
riuscita a salutare lintero paese facendo coraggio a tutti, soprattutto
alle sorelle che partecipano alla
conduzione dellalbergo, e ai nipoti
accorsi da Milano e da Innsbruck
dove svolgono con grande successo le loro attivit professionali.
Tutto ci per raccontare la straordinaria cerimonia funebre che si
svolta praticamente per lintera giornata di un sabato gi estivo, davanti
al Latemar e al Rosengarten inondati di sole, con lintero paese
tremila abitanti che riempivano non
solo la gotica parrocchiale ma anche la piazza e il cimitero che in
quelle terre circonda sempre la
chiesa chiuso in un grandioso silenzio rotto solo dalle note
dellorgano, delle campane, del coro, dellorchestra e dallemergere a
tratti delle magnifiche voci soliste
che arrivavano fino ai prati e ai boschi oltre la chiesa e la piazza. Un
concerto di musica sacra, tutta di
grandissima qualit e perfettamente
adeguata
alle
circostanze
e
allambiente, che rifuggiva dalle opere arcinote dei massimi compositori ma frugava in cataloghi assai
meno noti e tuttavia di grande suggestione.

n. 21 VI - 4 giugno 2014

La messa era accompagnata dal


magnifico Requiem opera 9 di Ferdinand Schubert, il fratello maggiore
di Franz, noto non solo per aver avuto 29 figli (proprio ventinove, e da
due sole mogli!) e per aver progettato il sepolcro di Beethoven nel cimitero di Vienna, ma anche per essere
stato un ottimo musicista (suonava
in quartetto con il padre e due fratelli) e per aver curato le edizioni delle
opere del fratello minore morto come si sa - poco pi che trentenne.
Un Requiem molto drammatico per
soli, coro, organo e orchestra, le cui
parti si alternavano ai ricordi e ai
saluti dei parenti e dei compaesani,
quasi interamente espressi nella
loro lingua e tuttavia con qualche
intervento in italiano come segno di
gentilezza per gli ospiti accorsi, come me, fuori stagione a salutare la
carissima amica.
Due corali, di Felix MendelssohnBartholdy e di Heinrich Schtz,
hanno sottolineato con commozione
- ma anche con forza e profondit la partecipazione dellintera comunit alla cerimonia di commiato; sul
finire, nel momento drammatico della tumulazione, il coro letteralmente esploso in un liberatorio Magnificat di Ignaz Mitterer, compositore
tirolese molto amato nelle sue terre
(era nato nel 1850 ad Assling sulla
Drava ed morto novantanni fa a
Bressanone, dunque nato poco al di
l e morto poco al di qua del passo
di San Candido, non lontano dal rifugio di Mahler a Dobbiaco), che
interpretava perfettamente lo spirito
forte della gente di montagna che
sa confrontarsi con la morte senza
piagnistei e che, al contrario, sa
conviverci con fermezza e con serenit.
Ma come possibile ascoltare musica cos preziosa e cos ben eseguita in un paese di tremila anime,
sperduto su un altipiano dolomitico
a 1.300 metri di altezza fra pascoli e
boschi, fra masi e caprioli, dove non

vi sono n sale da concerto n conservatori, solo una chiesa parrocchiale e una banda in costume?
Ebbene Nova Ponente o nel suo
nome originale Deutschnofen che
dovrebbe tradursi Rocca Tedesca
come molti altri paesi del Tirolo ha
un proprio Kapellmeister, legato al
Comune da un contratto, molto simile a quello che legava Johann Sebastian Bach al Municipio di Lipsia,
che prevede una serie impressionante di impegni come la formazione e la direzione di unorchestra e di
un coro per la chiesa, la direzione
della banda comunale, linsegnamento della musica nelle scuole
comunali, la partecipazione con tutti
questi musicisti (rigorosamente volontari) ai riti, alle celebrazioni e alle
festivit, civili e religiose, compresa
la messa cantata settimanale e la
sagra del paese.
Il maestro Hans Simmerle, che da
quasi mezzo secolo appunto il
Kapellmeister di Nova Ponente, ha
creato una comunit musicale di
cantanti - solisti e coristi - di strumentisti per lorchestra e per la
banda, di organisti e direttori - di coro e di orchestra - cos bravi e professionali da portarli in giro per il
mondo in tourne e di pubblicare
una serie di CD con le pi significative esecuzioni del loro repertorio.
Quando durante lestate o nella stagione sciistica il paese si anima di
turisti non solo italiani, ma provenienti da tutta Europa sia la messa cantata domenicale che le esibizioni in piazza della banda sono veri
e propri concerti, con magnifici programmi stampati e distribuiti agli ascoltatori. Ma il pubblico pi appassionato costituito proprio da chi
abita quelle montagne e che nella
musica trova il senso di identit e di
appartenenza, soprattutto il sentimento di essere una vera comunit.
Perch noi cittadini lo abbiamo perso?

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LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
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Nicoletta Mondadori
Donne che sanno ballare e altre storie
Milano, Giampiero Casagrande, 2014
pp.174, euro14
Il libro verr presentato mercoled 4
giugno, ore 18,15, a Palazzo Sormani, sala del Grechetto, via F.
Sforza 7, Milano, con Maurizio Cucchi, Giuliana Nuvoli, Lina Sotis, modera Marilena Poletti Pasero, a cura
di Unione Lettori Italiani Milano
Ci sono libri in cui i racconti si sgranano in rosario: uno dopo laltro con
lo stesso punto di vista. Ci sono,
poi, libri in cui il punto vista dei racconti muta di continuo: rutilante,
imprevedibile, smemorato. Donne
che sanno ballare e altre storie appartiene a questo secondo tipo: non
sai quale voce ti aspetta; di cosa si
parler; dove ti porter quella storia.
Ma un sottile filo c; non lo scopri
subito. Si rivela con la lettura e si
consolida sino a diventare chiaro
nella terza sezione: Ferite. Ed
Thanatos, coi suoi fratelli: Hypnos (il
Sonno), Moros (il Destino inevitabile), Ker (la Morte violenta), gli Oneiroi (la Stirpe dei Sogni). La grande
famiglia dei figli della Notte; lordito
su cui vengono tramate le storie con
le quali Nicoletta Mondadori costruisce uno dei noir pi amari e intensi
degli ultimi anni.
Leredit del pittore, che apre la
raccolta, ha un incipit che la potrebbe collocare fra le novelle di Gozzano. La figura del padre domina (ma
solo da co-protagonista) questo
primo racconto come i due finali,
costituendosi come una sorta di
cornice, allinterno della quale si
muovono storie di donne. Tante
donne: figlie, madri, sorelle, amiche,
madri. Come a una mostra di Campigli, dove per i colori non sono
quelli della terra, ma quelli cupi del
degrado, del disfacimento, della
morte.
Donne senza capelli si mostrano
senza vergogna, donne che vogliono raccontare la loro storia che
faticosa e incerta. Roberta, Angela,
Giovanna, Ilaria . Una sorta di
tacita alleanza si diffonde con qual-

che sorriso che mi fa sentire meglio.


(Lorizzonte e la buca) .I colori costruiscono i pensieri, scrive poco
dopo, attenta e sorvegliata; e continua in questa misura metaletteraria
segnalando al lettore come costruisce le sue storie: Le storie hanno
un inizio ma la fine pu scompaginare lintero racconto, muta, assalire
la loro vita con altri significati, spostare le parti e magari questo ha un
senso anche se non immediato.
(Lorizzonte e la buca).
Ha sempre amato raccontare storie,
anche a colei (il racconto lunico
autobiografico) cui era molto legata
e che non ha potuto salvare: "Tu ti
divertivi alle mie favole, io ci vivevo
nelle mie favole: tu avevi eliminato
limmaginario, linvenzione di una
realt ideale. E me lo dicevi quando
esageravo, il tuo senso della realt
diventava imperioso. Ma quella realt, quella che tu vivevi, era anche
quella una costruzione tutta tua, non
era vera, era incompatibile con
lamore." (Il coniglio rosso).
Con il racconto seguente, Lerrore,
la misura noir del libro si svela di
colpo: Non posso crederci, assurdo, un incubo, non ha senso e
non ci credo. Voglio un motivo. Che,
comunque, non basterebbe a giustificarti. C solo orrore per quello che
hai fatto. Sta parlando delluccisione della moglie, da parte del protagonista, che ha infierito su di lei
sino a toglierle qualunque aspetto
umano, in un attacco parossistico di
rabbia.
Morte drammatica e improvvisa anche quella di Sofia, in Sofia si guarda allo specchio, che muore al modo di Isadora Duncan: la sciarpa
che porta legata al collo, resta impigliata nellobl della lavatrice e la
strangola. Una morte che una sorta di nemesi per una donna incapace di amare e che tratta la madre
malata come un oggetto.

Morte come vendetta, invece, ne I


sogni di Clarissa. Nei suoi incubi
Clarissa ricordava la morte della
madre provocata dal padre e da
Carla, la donna che gli subentra a
fianco: da adulta incendier la casa
dove i due stanno dormendo, e se
ne andr impunita. Un omicidio per
calcolo, come accade in Oreste e
Orlando, dove per lassassinio
solo unipotesi che sembra emergere da una relazione adultera e tre
testamenti in una comprensione
tardiva.
Moros e Ker sono i protagonisti anche del racconto Donne che sanno
ballare: solo che, questa volta, nessuno sembra averlo voluto.
"Sono l davanti a me le donne che
sanno ballare. Sono le donne che
quarantanni fa erano belle ragazze,
magari alcune sfrontate e altre con il
broncio, nonostante una giovinezza
che allora era solo un dato anagrafico. Ora invece sorridono tutte, con
quei bei volti solcati dalle rughe, allegre nella danza, con i loro corpi
non pi esili, con le macchie scure
sulle mani ma fresche di parrucchiere. Si muovono leggiadre una vicina
allaltra, come se avessero scoperta una giovinezza diversa. ()
Ma dun tratto, quando ormai
troppo tardi, il traghetto comincia a
cedere e infine si ribalta. Ecco: cos
se ne vanno le donne che sanno
ballare."
Andarsene: cio morire. Ma morte
anche lallontanamento della persona amata, labbandono della madre,
il rifiuto dellamante. E la morte, gli
esseri umani, la sperimentano gi
nellinfanzia: Tutto ho perduto
nellinfanzia / E non potr mai pi /
Smemorarmi in un grido. / Linfanzia
ho sotterrato / Nel fondo delle notti /
E ora, spada invisibile, Mi separa da
tutto. Quel grido, per, resiste e da
vita a una emozionante scrittura.
Giuliana Nuvoli

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Intervista a Massimo Sgorbani

n. 21 VI - 4 giugno 2014

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In questi giorni sei in scena con


due spettacoli, Blondi al Piccolo
e Per soli uomini al Teatro Libero.
Il primo fa parte della trilogia Innamorate dello spavento, mentre
laltro un testo che hai scritto
pi di dieci anni fa. Come sono
nati questi due progetti? Innamorate dello spavento racconta la storia di tre donne che amarono Adolf
Hitler e morirono insieme a lui nel
bunker. Eva Braun, la sua amante
(e moglie per 24 ore), Magda Goebbels, la moglie di Goebbels che
avvelen se stessa e i suoi sei figli e
Blondi, il cane, un pastore tedesco.
Avevo fatto leggere questo monologo a Federica Fracassi, le era piaciuto molto e aspettavamo l'occasione per metterlo in scena. Poi nel
2012 Federica ha vinto il Premio
Duse come miglior attrice, mi ha
chiesto se poteva leggere un pezzo
del monologo alla serata di premiazione, che sarebbe stata al Piccolo.
Io ovviamente le ho detto di s. La
lettura stata molto apprezzata, e
da l nata l'idea di una coproduzione tra Teatro I e il Piccolo.
Merito anche di Federica che, nello
stesso anno, aveva vinto lUbu ed
era lattrice italiana pi premiata del
momento.
Altrimenti sarebbe stato pi difficile, per un autore italiano vivo,
arrivare a essere messo in scena
al Piccolo. Nel mio caso pensavo
che sarebbe stato impossibile. Per
cui stata una sorpresa pi che
piacevole. Mi ha telefonato Federica
e mi ha detto: lo facciamo al Piccolo, va bene? E io, come puoi immaginare, ho risposto: No, guarda,
non sono sicuro, preferirei un teatro
pi piccolo di periferia. (ride)
Sei rimasto contento dellallestimento? S, moltissimo. Anche se
laspetto problematico delle grosse
produzioni che poi difficile farle
andare in giro. Ma lo spettacolo
venuto molto bene, secondo me.
Per soli uomini invece ha una
storia diversa. S, un testo che
ho scritto molti anni fa, prima di Angelo della gravit e Le cose sottili
nellaria, cio prima di iniziare a
scrivere dei monologhi. Perch da l
in poi, pi o meno e con qualche
eccezione ovviamente, ho scritto
quasi solo dei monologhi.
Come mai? Non lo so. Forse perch il monologo ti permette di esplorare delle connessioni non-logiche
o, meglio, pre-logiche e quindi di
entrare pi in profondit in un personaggio. Con i dialoghi pi difficile - o forse non sono capace io, eh perch nel botta e risposta si rischia
di rimanere nello schema logico,
nella dialettica dell'azione presente.

n. 21 VI - 4 giugno 2014

Invece nel monologo, inteso soprattutto come monologo interiore, si


svolge in un flusso ininterrotto che
attualizza di continuo il passato, lo
rimugina, lo trasfigura, lo ripropone
in veste di presente. , per dirla cos, un passo indietro verso il caos,
un luogo dove le parole non hanno
ancora assunto un significato univoco perch, a ben vedere, chi monologa non ha come primo fine quello
della comunicazione, e tanto meno
quello dell'informazione.
Per soli uomini invece ha due
personaggi... Due, s, e un dialogo
abbastanza serrato, anche se intervallato da alcuni monologhi - anche
stavolta. Questa produzione di Per
soli uomini stata realizzata grazie
a Teatro Libero, ed nata da
uniniziativa di Giovanni Battaglia,
che mio amico da molto tempo e
in questo caso fa sia lattore che il
regista.
Per soli uomini, insieme ad alcuni
altri tuoi testi, era gi stato messo in scena al Franco Parenti dalla Shammah in un rassegna dedicata a te. Beh, detta cos sembra
una cosa molto grossa. Ma in effetti
stato cos.
Una personale su un autore vivente in un teatro importante
una cosa abbastanza rara. S, infatti stato un momento molto bello
e sono grato alla Shammah. Purtroppo la rassegna durata solo
cinque giorni. Ripeto: la cosa difficile in Italia farli girare, gli spettacoli.
Com la scena teatrale milanese? Secondo me una delle migliori
dItalia. Perch ci sono teatri con
ottime stagioni e c la possibilit di
vedere di tutto. A Roma, per esempio, ci sono tanti teatri, pi che a
Milano, ma la mia sensazione che
molti facciano spettacoli locali, che
nascono e muoiono l. Lo dico con
grande affetto, perch ho vissuto
per quindici anni a Roma e la considero la mia citt d'adozione. Per,
lultima volta che ci sono stato, in
giro ho visto solo cartelloni di comici, di spettacoli brillanti. E oltretutto
gli attori non erano fotografati con i
costumi di scena, ma cera solo la
faccia con un sorriso invitante, come a dire vieni a vedere ME attore,
non lo spettacolo. Eppure conosco
tanti bravissimi drammaturghi romani, o che vivono a Roma, e sarebbe bello che ci fosse pi spazio
per i loro testi, non solo per un teatro di intrattenimento che di per s
non ha niente di male, ma che non
dovrebbe monopolizzare le scene di
una citt.
Ti capitato di dover scrivere su
commissione e come ti ci sei
rapportato? Per il teatro no. Mi

capitato per la televisione. Ho scritto


qualche serie insieme a Angelo
Longoni, che come me uscito dalla Paolo Grassi, ma la maggior parte delle volte lidea e il soggetto partiva da noi, quindi non stato frustrante come pu essere non so
scrivere per una fiction in cui ci sono
dieci sceneggiatori ma la storia
gi decisa. stata una bella esperienza e secondo me abbiamo fatto
anche delle belle mini-serie. Certo,
io adesso sto seguendo molto le
serie americane degli ultimi anni e
le trovo strepitose. C molto metodo ma sono anche creativi. Hanno
creato una scuola e facendo cos
non istruiscono solo dei bravi ragionieri, ma anche gente che poi si inventa qualcosa. un peccato che in
Italia la Rai non abbia seguito la
stessa strada.
Che importanza ha avuto per te
laccademia? Pi che altro mi ha
fatto entrare in un mondo nel quale
era considerato possibile fare
questo lavoro. Prima sembrava tutto
molto astratto, molto scollegato dalla realt. Invece quando fai
unaccademia incontri attori, registi
e altri drammaturghi e che considerano il teatro una professione, non
un hobby. Questo ti aiuta a prendere pi sul serio la tua passione e ovviamente - ti permette anche di
conoscere persone con le quali sviluppare dei progetti. Dal punto di
vista dellinsegnamento della scrittura, invece, sono sempre stato convinto - e lo sono ancora - che sia
molto difficile da trasmettere. Puoi
dare dei modelli, ma poi dipende
tutto da quello che uno ha da dire.
Se ce lha.
Da cosa parte di solito la tua
scrittura? Dipende. Mi capitato di
prendere spunto da una notizia di
cronaca (Angelo della Gravit), dalla lettura di un libro (le visioni mistiche di Angela da Foligno per Causa
di Beatificazione), o dalla suggestione di una persona reale (la
guardiana dei bagni negli autogrill
per Tutto Scorre). E a volte niente di
tutto questo, perch le idee, per definizione, sono quelle che ti vengono in mente, e non sai nemmeno tu
perch.
Come vorresti che fosse il teatro
italiano fra dieci anni? Risposta
ovvia, forse, ma inevitabile: vorrei
che ci fossero pi testi di autori italiani contemporanei, che il teatro
fosse una cosa viva, presente, non
solo il luogo dove si mettono in scena i classici.
Emanuele Aldrovandi

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ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
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Leonardo Icon
Leonardo Da Vinci ancora una volta
protagonista di Milano. Si inaugurata ieri sera la scultura intitolata
Leonardo Icon, opera ispirata al
genio di Leonardo e appositamente
disegnata dallarchitetto Daniel Libeskind per valorizzare la piazza
Pio XI recentemente pedonalizzata.
Leonardo continua quindi a dialogare, con un rapporto lungo decenni,
con la Biblioteca e la Pinacoteca
Ambrosiana che sorgono sulla piazza, scrigni darte contenenti tra
laltro il famoso Ritratto di Musico e
limportantissimo Codice Atlantico, a
opera del maestro toscano.
Luogo e posizione centralissima per
la scultura dellarchistar Libeskind,
che oltre ad impreziosire la riqualificata piazza, ha giocato con Leo-

nardo non solo per omaggiare il suo


genio, ma anche sottolineandone il
talento artistico, creando per la scultura un basamento circolare riproducente la mappa della citt di Milano cos come Leonardo stesso
laveva descritta.
Unoperazione in linea con il programma di Expo 2015, che tenta di
arricchire la citt con opere e trasformazioni di ambito culturale a cui
il grande pubblico pu relazionarsi e
magari farle diventare nuovi punti di
riferimento urbano.
Leonardo Icon si presenta come un
totem di quasi tre metri, fatto di leghe metalliche, che lamministrazione comunale ritiene particolarmente significativo per il rilancio della piazza Pio XI.

Questopera si trova allinterno di


un simbolo della trasformazione della nostra citt: due anni fa questa
piazza era un parcheggio selvaggio
ora un gioiello pedonale che vogliamo sia conosciuto da sempre
pi milanesi e turisti, ha dichiarato
lassessore alla Mobilit Pierfrancesco Maran. Per questo larrivo
dellopera di Libeskind doppiamente importante, perch racconta
la Pinacoteca e Leonardo ai milanesi in un nuovo contesto pedonale
ancora tutto da scoprire. Oggi nasce
una nuova stagione, la Pinacoteca
riprende il suo giusto ruolo in citt.

Fragilit, equilibrio e critica per Meireles alla Bicocca


Ancora una volta lHangar Bicocca
non sbaglia un colpo. La mostra dedicata a Cildo Meireles, Installations
tutta da vedere e provare. Coinvolgente, poetica, critica e polisensoriale, la mostra la prima manifestazione italiana dedicata allartista
brasiliano, considerato fin dagli anni
60 un pioniere di quellarte intesa
soprattutto come uno scambio attivo
e vitale con il pubblico, come un
rapporto vivo e attivo in grado di coinvolgere lo spettatore in una esperienza multisensoriale.
La personale, a cura di Vicente Todol, comprende 12 tra le pi importanti installazioni realizzate dallartista tra il 1970 e oggi, ed un percorso ricco di suggestioni che portano lo spettatore ad essere parte
dellopera darte, a farla vivere, ma
anche a mostrargli una realt concettuale nascosta e su cui riflettere.
Cildo Meireles affronta da sempre
tematiche sociali e culturali attraverso opere che rivelano pienamente il
loro significato solo nel momento in
cui sono attraversate e vissute,
coinvolgendo oltre alla vista, anche
ludito, il tatto, lolfatto e addirittura il
gusto.
Il percorso spiazzante, poich si
passa da opere di ridottissime dimensioni ad altre decisamente monumentali. Si inizia con Cruzeiro de
Sul, un cubo di legno di 9 mm, che
rimanda per a concetti e credenze
sacre nella cultura dei Tupi, popola-

n. 21 VI - 4 giugno 2014

zione india del Brasile con cui Meireles entr in contatto.


Si arriva poi ad Atravs, labirinto
trasparente lastricato da frammenti
di vetro rotti, che fa percepire allo
spettatore una sensazione di instabilit e di potenziale pericolo, dovendosi districare lentamente tra filo
spinato, tendaggi, superfici vetrate
(persino due acquari), attraverso le
quali sembra di vedere una via
duscita, resa difficile per dai materiali che creano il percorso. Lattraversamento del titolo simboleggia
dunque un percorso interiore accidentato, ogni passo spezza sempre
di pi il vetro sotto ai piedi, simbolo
della fragilit umana, ed sempre
pi difficile andare avanti.
Passando dalla torre fatta di radio
antiche e moderne, Babel, per arrivare ai cubi bianchi e neri sporcabili di Cinza, quello che colpisce la
variet dei materiali usati, scelti
dallartista solo in base alle loro caratteristiche simboliche o sensoriali,
mettendo insieme elementi contrastanti anche dal punto di vista semantico o visivo.
E in effetti Olvido, un tepee indiano
costruito con 6.000 banconote di
diversi paesi americani, circondato
da tre tonnellate di ossa bovine contenute da 70.000 candele, espressione di questo concetto. Mentre gli occhi sono impegnati a distinguere i diversi elementi, le ossa
emanano un odore difficile da sopportare e dal centro della tende fuo-

riesce un rumore continuo di sega


elettrica. Opera con una critica di
stampo post-colonialista, spesso
presente nei lavori di Meireles, non
affronta per lo spettatore direttamente, imbarazzandolo, ma suggerisce il suo messaggio accostando
elementi dal valore simbolico.
Una delle opere pi amate e fotografate sui social, sicuramente
Amerikka, un pavimento fatto di
22.000 uova di legno dipinte, su cui
troneggia un soffitto fatto da proiettili
sporgenti. Mentre lo spettatore
invitato ad attraversare scalzo lo
spazio bianco delle uova, in una situazione di instabilit, la minaccia
ulteriormente rimarcata da migliaia
di proiettili rivolti al suolo. Opera s
di spaesamento ma di incredibile
impatto visivo e percettivo.
Meireles lavora con tutti e cinque i
sensi. Ecco perch con Entrevendo,
un enorme struttura di legno a forma di imbuto, lo spettatore invitato
ad entrare in questo cono, da cui
esce aria calda, mettendosi prima in
bocca due cubetti di ghiaccio per
sperimentare, man mano che ci si
avvicina alla fonte di calore, lo sciogliersi del ghiaccio in pochi istanti,
per un coinvolgimento completo dei
sensi.
E poi si arriva allopera pi poetica
della mostra, Marulho, la simulazione di un pontile circondato dalle onde del mare, nella luce delicata del
tramonto. Solo ad una visione pi
attenta si scorgono i dettagli, ovvero

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che le onde sono fatte da immagini
di acqua rilegate in migliaia di libretti
disseminati sul pavimento, giocando
sulla ripetizione e laccumulo, con
un effetto non solo visivo ma anche
simbolico.
Mentre ci si perde a osservare le
immagini, ecco che voci, tutto intorno, ripetono allinfinito la parola acqua in 85 lingue diverse, creando
una nenia simile allo sciabordio delle onde. Solo allora si scopre che,
ovviamente, un fondo c, la parete

lilla che delimita lorizzonte. Quello


che si crea allora nello spettatore
una curiosa sensazione alla The
Truman show, accorgendosi che in
realt tutto finto e costruito. Di naturale, non c nulla. Lopera vive
inoltre di riferimenti ad artisti del
passato che hanno giocato sulla
monocromia, come Piero Manzoni,
citato anche in unaltra opera della
mostra, Atlas, e Yves Klein.
Tra suoni, attraversamenti e sensazioni, la personale di Meireles in-

tende mostrare come lo spazio sia


una componente fondamentale
nellenfatizzare i paradossi e le metafore, elementi chiave nella sua
arte, espressi da queste dodici
coinvolgenti installazioni.
Cildo Meireles, Installations fino al
20 luglio 2014 HangarBicocca / via
Chiese 2, Milano / Orario: gioved
domenica 11.00 23.00 Ingresso
libero

Munari politecnico
Il genio di Bruno Munari ha spaziato
in diversi campi: dalla grafica
alleditoria, dalla pedagogia al design, passando per larte pi pura.
La mostra Munari politecnico, allestita nello spazio mostre del Museo
del 900, propone un percorso affascinante su alcune delle sperimentazioni/invenzioni progettate dallartista.
I pezzi in mostra provengono tutti
dalla Fondazione di Bruno Danese
e Jacqueline Vodoz di Milano, che
nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per
decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi diversi. Lobiettivo della mostra dunque rivelare la propensione artistica di Munari, compito
che idealmente prosegue lesposizione allestita nel 1996 nelle sale
della Fondazione stessa, rileggendone per la collezione e aprendola
a un dialogo con una generazione di
artisti, presenti in mostra, che con
Munari hanno avuto un rapporto
dialettico.
La mostra divisa in sezioni, attraverso le quali appaiono gli orientamenti artistici di Munari attraverso il

disegno e il collage, con un modo di


intendere larte vicino alle pratiche
delle avanguardie storiche; ma dalle
quali emerge anche il suo rapporto
con la ricerca scientifica, come supporto di intuizioni plastiche e meccaniche; per arrivare poi alla produzione artistica vera e propria.
Soprattutto queste opere vivono di
corrispondenze e influenze, citate
da Munari nei suoi libri quali quelle
di Mary Vieira e Victor Vasarely; ma
in mostra ci sono anche pezzi di artisti che hanno esposto e condiviso
ricerche con lui come Enzo Mari,
Max Bill, Franco Grignani e Max
Huber; e di artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani e Marina Apollonio. Senza dimenticarsi di
coloro che hanno condiviso momenti importanti del suo percorso, come
Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e successivamente il Gruppo T. Infine,
questa stessa sezione include figure
che con Munari hanno mantenuto
un rapporto ideale in termini di capacit e ispirazione, come Giulio
Paolini e Davide Mosconi.
Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano,
oggi come allora, con limmaginario

estetico di Munari, anche grazie a


un sistema di allestimento fatto di
strutture e supporti legati tramite
incastro e gravit, ma con aspetto
leggero. Quella stessa leggerezza
di cui Munari fece vivere le sue opere, tra cui le famose Sculture da viaggio, le 10 forchette impossibili e
i libri illeggibili, tutti esposti in mostra.
Accanto alla mostra principale il Focus dedicato allopera fotografica,
in parte inedita, realizzata da Ada
Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i
principali momenti della vicenda
professionale e umana dellautore.
Lesposizione ha come titolo Chi
s visto s visto locuzione molto
amata da Munari e che racchiude
tramite immagini, lartista e luomo a
tutto tondo.
Munari politecnico fino al 7 settembre Museo del Novecento
lun.14.30 - 19.30 mar. mer. ven. e
dom. 9.30 - 19.30 gio. e sab. 9.30 22.30

Bernardino Luini e figli: una saga lunga un secolo


Dopo un silenzio durato quasi cinquantanni, Bernardino Luini torna
protagonista di una mostra, e lo fa
in grande stile. Il pittore di Dumenza, chiamato per da tutti di Luino,
il centro di una esposizione come
da tempo non se ne vedevano, con
200 opere esposte per chiarire a
tutto tondo una personalit significativa ma discussa, soprattutto per la
mancanza di dati certi che caratterizza la biografia dellartista.
Da gioved 10 aprile sar possibile
scoprire Bernardino, i suoi figli e la
sua bottega, le influenze illustri che
lo ispirarono (Leonardo, Bramantino, i veneti, persino un certo che
di Raffaello) e pi in generale cosa

n. 21 VI - 4 giugno 2014

succedeva a Milano e dintorni agli


inizi del 500.
Quello sviluppato in mostra un
percorso ricco e vario, che oltre a
moltissime opere del Luini, presenta
anche il lavoro dei suoi contemporanei pi famosi, Vincenzo Foppa,
Bramantino, Lorenzo Lotto, Andrea
Solario, Giovanni Francesco Caroto,
Cesare da Sesto e molti altri, che
spesso giocarono un ruolo chiave
nel definire lestetica artistica milanese.
Un percorso lungo quasi un secolo,
che dalla prima opera di Bernardino,
datata 1500, arriva a coprire anche
le orme del figlio Aurelio, vero continuatore dellattivit di bottega, se
pur gi contaminato da quel Manie-

rismo che stava dilagando nella penisola.


La mostra occuper lintero piano
nobile di Palazzo Reale, e si concluder in maniera scenografica nella sala delle Cariatidi, presentando,
in alcuni casi per la prima volta, tavole, tele, affreschi staccati, arazzi,
sculture, disegni e prove grafiche.
Oltre a prestiti milanesi, con opere
provenienti da Brera, dallAmbrosiana e dal Castello sforzesco, si
affiancano importanti contributi internazionali provenienti dal Louvre e
dal museo Jacquemart-Andr di Parigi, dallAlbertina di Vienna, dal
Szpmvszeti Mzeum di Budapest, dai musei di Houston e Washington.

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Il progetto, curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, oltre a essere
la pi grande retrospettiva mai dedicata a uno dei protagonisti dellarte
del Cinquecento in Lombardia,
una saga famigliare in dodici sezioni, ognuna dedicata allapprofondimento di un momento della vita
dei Luini e delle loro commissioni
pi importanti. Degni di nota sono
gli straordinari affreschi per la Villa

Pelucca di Gerolamo Rabia, mirabile ciclo decorativo tra sacro e profano; e la casa degli Atellani, con una
rassegna di effigi dei duchi di Milano
e delle loro consorti, ricostruita
dallarchitetto Piero Lissoni, responsabile dellallestimento.
Dopo tante mostre dedicate ai contemporanei, la mostra un tuffo in
unepoca che per Milano fu davvero
doro, un momento in cui la citt ma

anche la stessa Lombardia, regalarono un apice artistico in seguito


difficile da eguagliare.
Bernardino Luini e i suoi figli Palazzo Reale, fino al 13 luglio 2014
Orari: Luned 14.30_19.30 da Marted a Domenica 9.30_19.30 Gioved e Sabato 9.30_22.30 Biglietti Intero 11,00 Ridotto 9,50

Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese


Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
fine dell800 ed esauritosi alla fine
degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berlino. uno degli artisti pi amati,
ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli
artisti ospitati di recente a Palazzo
Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno
capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto
il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura
lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato

nel 2006 da Ronald Lauder per 135


milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse
poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in
pittura e in svariate tecniche, il tutto
ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e
onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la
bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuo-

chi fatui (una chicca di collezione


privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche
di decorazioni eleganti e sinuose, in
cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di
matita riusciva a creare un languido
corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna contrapposizione tra il bene e il male, il
viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano


Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Mu-

n. 21 VI - 4 giugno 2014

seo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile

ammirare un nuovo lascito, esposto


insieme alla collezioni vescovili e

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della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari
Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti
in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico
e consigliere, inizia a comprare e
collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.
Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata presso lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano es-

sere esposti tutti e tutti insieme, con


le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.
La raccolta Sozzani costituita da
disegni databili dal XV al XX secolo,
eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,
offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.
Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento
francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, douard Manet, Auguste Rodin, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,

Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.


Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.
Lapertura di questa nuova sezione
sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.
La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,
c.so Porta Ticinese 95)
Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore
17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi

n. 21 VI - 4 giugno 2014

di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso

un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture


che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

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GALLERY

VIDEO

PAOLO BISCOTTINI: ANDARE OLTRE LA PIET RONDANINI


http://youtu.be/k08tjVaWCxs

n. 21 VI - 4 giugno 2014

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