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numero 10 anno VI 12 marzo 2014


edizione stampabile

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COMUNE E #OPENBILANCIO: TRASPARENTE MA INUTILE


Luca Beltrami Gadola
Qualche giorno fa sulla bacheca del
sito del Comune comparso
lavviso che il cosiddetto bilancio
trasparente era consultabile. Liniziativa parte da una mozione del
consigliere 5stelle Matteo Calise di
pochi giorni successivo a un Ordine
del giorno a firma del consigliere
Lamberto Bertol e altri che invita
Sindaco e Giunta ad accogliere una
serie di criteri, particolarmente stringenti, nella formulazione del bilancio
di previsione 2014.
Che cosa dice la mozione Calise,
approvata a larga maggioranza:
"Impegna il Sindaco e Giunta: 1) a
condividere nella sezione bilancio
trasparente del portale del Comune
di Milano, almeno 15 giorni prima
della sua approvazione in Giunta gli
elementi dello schema del Bilancio
Previsionale 2014 affinch fornisca elementi indicativi utili alla comprensione delle dinamiche in atto e
al processo di contribuzione da parte della cittadinanza; 2) a promuovere la condivisione di tale documento con la cittadinanza anche
tramite apposite assemblee pubbliche in tutte le zone della citt..
Siamo allinterno di unoperazione di
trasparenza
e
partecipazione?
Scarsamente ed un peccato. Prima di tutto perch il sito del Comune non cos frequentato dai cittadini tanto da garantire la notoriet

del fatto che siano a disposizione


dati sul bilancio, in questo caso fatto
rilevantissimo per i cittadini, poi perch il documento in s raggiunge
solo formalmente lobiettivo della
trasparenza ma non certo quello
della partecipazione.
Si tratta di un prospetto di 11 pagine
sostanzialmente costituito da tabelle
che sintetizzano un ben diverso ed
enormemente pi ampio documento, il vero bilancio di previsione,
questultimo in pratica dimpossibile
lettura per i non addetti ai lavori. Ci
troviamo di fronte a due documenti:
il primo troppo sintetico il secondo
inutile ai pi (compresi alcuni consiglieri comunali).
Quali sono le principali carenze del
primo? Come si detto leccessiva
sintesi che impedisce una vera valutazione e dunque non potrebbe servire ad altro che a essere il supporto
per un esperto che partendo da quei
dati li disaggreghi quel tanto che
serve a un normale cittadino per
capire e dunque giudicare ma, ancora di pi, a suggerire modifiche
perch la partecipazione non solo
informazione ma pure proposta a
condivisione.
Lultimo capoverso della mozione
Calise parla di condivisione in apposite assemblee pubbliche. Chi in
quelle sedi illustrer lo scarno documento del quale abbiamo parla-

to? Quante persone hanno la competenza e le informazioni necessarie? Anche solo per rispondere a un
uditorio reattivo? Eccoci dunque a
uno degli aspetti dei quali si discute
oggi molto attivamente affrontando il
tema della pedagogia della partecipazione: lelaborazione delle informazioni in funzione della loro intelligibilit, utilit e loro diffusione anche
con strumenti informatici come i social network. Non servono dilettanti
allo sbaraglio.
Quanto ai criteri secondo i quali si
debba valutare un bilancio comunale, faccio interamente mie alcune
righe del citato Ordine del giorno, l
dove si parla di un monitoraggio delle spese secondo criteri di efficacia,
efficienza e appropriatezza.
Queste parole mi sono balzate improvvisamente davanti domenica
scorsa alla lettura dei quotidiani a
proposito di Expo Gate in Piazza
Castello. Spendiamo 5 milioni e
mezzo per un allestimento che servir sei mesi e che si pensa di conservare dopo Expo. stato progettato e costruito per durare? Chi ne
far la manutenzione? vero che di
lavavetri pullula la citt ma anche se
abusivi qualche spicciolo lo vogliono. Chi ne sar proprietario? A chi
dunque la manutenzione? Efficacia,
efficienza, appropriatezza. Pensaci
Giacomino!.

SE VUOI SOLDI NON DARE LAVORO: LA FINANZA DEL TEMPO E QUELLA DEL DANARO
Giuseppe Gario
Dichiarata ufficialmente finita ogni
volta che la produzione riprende e
pazienza per loccupazione, la crisi
si trascina e aggrava. Continuiamo
a dare enormi e crescenti quantit
di denaro alle banche (a tasso reale
nullo o negativo, sogno di famiglie e
imprese), fingendo che cada come
pioggia su chi lavora o vorrebbe.
Purtroppo resta nel bacino finanziario, rimescolato da una finanza ombra, senza regole, in circuiti informatici al microsecondo, con profitti
speculativi senza paragoni.
La crisi finir quando le banche torneranno a dare credito a imprese e
lavoro, obbligate da governi e leggi
a scala sovranazionale, perch oggi
la finanza globale ha in pegno e in
pugno tutti gli Stati, inclusi governo
e congresso USA, e dal 2007 trasferisce magicamente su noi cittadini
del mondo i costi della sua incompetente avidit. Ora la magia rivela
un suo trucco: la Federal Reserve
n. 10 VI 12 marzo 2014

USA, che stampa i dollari, continuer a fornirli gratis fino alla ripresa
delloccupazione. Se vuoi i soldi,
non dare lavoro. Appunto. Oggi solo
in Europa c la concreta, straordinaria opportunit di fare uno scatto
in avanti dandoci un vero governo.
Le lobby finanziano pi o meno lecitamente i politici e fanno propaganda: oggi lo Stato-famiglia che accusa famiglie e disoccupati di non
accontentarsi, di non darsi da fare.
Non c povert senza colpa, figurarsi ricchezza. Ma cos non si va
da nessuna parte, tanto meno sul
mercato del lavoro e il disoccupato
sparisce dalle statistiche, non
nemmeno pi un numero. Joseph
Stiglitz ha dimostrato la falsit di
questa ideologia. Lo Stato-famiglia
taglia la spesa, come la famiglia,
che per continua a lavorare e guadagnare finch altri spendono, dando lavoro. Nello Stato e in economia
invece, i consumi tuoi danno lavoro

a me e viceversa; se crollano i consumi, crolla il lavoro, mentre migliaia


di miliardi pubblici regalati alla finanza si sterilizzano in cartamoneta, anzi in bites.
Come ogni ideologia, anche questa
nasce da interessi particolari che si
sostituiscono alleconomia reale della reciprocit e dellequilibrio degli e
tra gli interessi, anzitutto quello di
una vita decente e dignitosa per tutti, che poi un diritto. Incolpare i
ricchi pleonastico, perch ci guadagnano, ma il loro ricambio
traumatico, come la storia moderna
insegna. Sempre nuovi, i ricchi non
imparano.
Oggi il turno della finanza, ma la
crisi ha in s linestimabile potenziale di ricchezza del tempo forzatamente libero di chi forzatamente
non lavora, specie dei giovani. Siamo ricchi di tempo, e dintelligenza,
pur se poveri di carta-moneta e bites. La crisi si protrae e il tempo di2

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sponibile aumenta, ma lintelligenza


finisce in depressione, angoscia,
rivolta. Per non perderla dobbiamo
investire il tempo in ci che i ricchi
di turno non fanno, imparare, come
conferma il Daily Telegraph del 18
febbraio: gli studenti inglesi upper
class sono oggi meno alfabetizzati
dei figli dei contadini cinesi. Noi
dobbiamo investire nel leggere,
scrivere e fare di conto, perch siamo in fondo alle classifiche internazionali di alfabetismo funzionale
(sappiamo parole e numeri, ma li
usiamo a caso). Il 45,2% di noi italiani 25-65enni ha solo la licenza
media (27% in Europa). La scuola
primaria un nostro punto di forza,
ma non basta per vivere bene in
questo mondo.
Nel primo decennio 2000 gli italiani
laureati sono il 36% in pi, i lettori il
9%. Leggiamo almeno un libro
lanno in 46 su cento (51,9 donne e
39,7 uomini): gli spagnoli 61,4, i
francesi 70, i tedeschi 82. I tedeschi
hanno capito prima e meglio di noi
la crisi e agito di conseguenza grazie a una cultura diffusa che crea
coesione, forma migliori dirigenti
anche politici ed elettori pi preparati di noi. il pane quotidiano in un
mondo che ormai la casa di tutti,
lo dicono i nostri aggeggi elettronici.

Eppure, come i cinesi, abbiamo dato ben altra prova nel "miracolo economico", trasferendoci in massa
da campagne e Mezzogiorno nelle
citt industriali del nord, culturalmente molto pi distanti delle omologate nazioni oggi. La lingua fu un
ostacolo maggiore, ma superato da
milioni di persone che lavorando
impararono dialetti e gerghi tecnici
locali, mentre tutti simparava
litaliano in tv investendo tempo e
intelligenza. Motivazione e mezzi ci
sono anche oggi, maggiori e migliori.
La sicurezza viene solo da universit scuole biblioteche teatri case editrici librerie cinema edicole, attivit
culturali e luoghi e momenti di apprendimento. La rete informa, forse,
ma ci si forma solo nellincontro e
confronto personale, in presenza,
col tempo necessario. Il futuro dipende da noi, dalla nostra iniziativa
anche personale, di piccolo gruppo
per imparare a vivere bene anche
dal resto del mondo, che pi di noi
sa e agisce. legittima difesa culturale. Come funziona? Una bimba
inglese salv se stessa, familiari e
ospiti dellhotel avendo imparato a
scuola che cos lo tsunami. Gli italiani del "miracolo economico", nonostante stragi e assassinii, realiz-

zarono istruzione e salute per tutti,


tutela per i deboli, previdenza per gli
anziani. Ci sono ancora: giorni fa sul
tram a Milano, con un accenno di
cadenza veneta due nonne si confidavano la vera delusione avuta dalle nipoti che rinunciano alluniversit, buttando via il proprio potenziale e mangiandosi il grano in erba.
La pancia vuole la sua parte. Nei
luoghi e momenti di apprendimento
si pu condividere il cibo, come nelle librerie-caf, con la differenza che
qui ognuno porta qualcosa (altrove
lo si fa da anni). Dalla crisi si esce
solo insieme qui e ora, mente e
pancia. Persino gli svizzeri ticinesi ci
chiudono le scappatoie personali.
La crisi ci rid ci che gli ultimi
ventanni ci hanno tolto: la motivazione e il tempo per imparare, metterci in pari col mondo e la vita. A
Milano le iniziative sono molte, anche se invisibili. A Napoli anche, e
in Italia. Qui il futuro gi cominciato per chi vi investe tempo.
La finanza del tempo ha pi valore
di quella del denaro circolante e
molto pi della finanza araba fenice,
che c, ma non si sa dove metta i
nostri soldi.

A CHE SERVE LOSTRACISMOI AI GRILLINI?


Antonella Nappi
Da Pasqua scorsa volevo dire qualche cosa sul dissidio sinistra / grillini
perch ero iscritta alla F.G.C.I. (Federazione Giovanile Comunisti Italiani) a sedici anni e da allora sapevo che Napolitano era considerato
filo americano; che nessuno pu
turbare il conducente: vedi gli esuli
del manifesto, gli studenti rifiutati e
spinti alla violenza, le femministe
ignorate nel loro desiderio di avere
un lavoro a mezzo tempo, la lega
lombarda posta nellincomunicabilit
e oggi ancora il conducente investe
invece di scendere dal mezzo a parlare e a concordare. Chi cera dietro
Bersani? Erano in grado di accettare un governo con i contestatori e lo
era lui stesso? O ci si compromette
davvero con i contestatori o non si
muove n raccoglie nulla di buono e
si rallentano i cambiamenti validi di
decenni. Cos stato ed rispetto
alle potenzialit delle donne.
Loccasione mi viene dalla trasmissione di Fazio con lintervento di
Gramellini, perch mi sembrato
enorme che il vice direttore della
stampa dicesse: Se volete fare la
rivoluzione perch andate in parla-

n. 10 VI - 12 marzo 2014

mento! Lassalto al palazzo dinverno che indicava ai Grillini come


scelta da rivoluzionari fatto di
sangue e lutti, ma gli sembra il caso
di suggerirlo agli Italiani e di giocare
a pensare che rivoluzione (o primavera) debba essere la carneficina?
E soprattutto: il caso di deridere il
valore dei tentativi di una rivoluzione
pacifica? Ne abbiamo bisogno in
ogni contesto di tentativi. Penso
sempre che siano troppo realizzati
quelli che disprezzano chi annaspa.
Gi stata fatta una piccola rivoluzione dai grillini con il voto, bene
prosegua pacificamente in parlamento, dal momento che hanno individuato le cose che tentano di mutare! interessante a mio avviso il
loro tentativo di opposizione, dal
momento che non li hanno ingaggiati davvero nel formare un governo. Governo che poteva essere soltanto diversamente condotto e
composto, cos come volevano provare a fare con Rodot e le altre
persone della societ civile che cercavano di individuare.
interessante che siano critici e le
loro critiche informino la popolazio-

ne. interessante che provino a


dibattere anche con il computer oltre che de visu (dal momento che il
potere ha setacciato un mucchio di
soldi imponendo di comperare computer e wireless a tutte le famiglie).
Un giornalista di cui non ricordo il
nome fece notare qualche giorno fa
che i voti di quarantamila persone
alle scelte politiche sono meglio dei
soli voti di un comitato centrale. E
nei sondaggi cui crediamo da anni
di quante persone sono interpellate? Risposte che neppure sono
spontanee ma devono essere scelte
tra quelle gi fortemente orientate
da altri. interessante che i grillini
insistano sullesempio personale nei
confronti del denaro e delle relazioni
di fiducia perch questa una rivoluzione culturale di per s, prosegue
laffermazione che il privato politico, che se cambi te stesso cambi il
contesto, come le femministe hanno
confermato.
Da un anno vedo tanti perbenisti
temere ogni cambiamento che dia
voce agli altri: cio dia voce ai diversi. Il coraggio di ascoltare e comunicare e ingaggiarsi ci migliora

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tutti. Anche la paura della grossolanit, del poco colto, nasconde il desiderio di continuare a delegare e
non entrare nel merito della politica
e delle sue relazioni; ci illudiamo
che la rappresentanza sia colta e

che possa operare senza di noi ma


vive solo alle nostre spalle se non la
controlliamo passo, passo; ci si deve rendere visibili e critici. Io non ho
votato cinque stelle, lunico mulino
che mimporta lallargamento del

sapere e della democrazia. Quando


in tanti dite che loro non vogliono
governare con nessuno, chiedo a
Voi, volete batterli o volete governare anche con il loro contributo?

MUSEO ALFA ROMEO, IL TESORO TENUTO NASCOSTO


Pablo Rossi*
Parafrasando un famoso detto (Anche i duri piangono), anche i grandi
manager, a volte, sbagliano. Ecco
perch. Il 4 marzo a Ginevra Sergio
Marchionne ha dichiarato a Corriere.It: Sono esattamente sei anni
che sto cercando di riaprire il Museo
Alfa di Arese. (...) Non possiamo
nemmeno entrare o utilizzarlo perch un sito protetto. Per amor di
verit, il Museo stato chiuso il 7
febbraio 2011, quindi tre anni fa e
non sei ... ma sorvoliamo ... .Se
lAmministratore Delegato di Fiat
Chrysler ha veramente intenzione di
riaprirlo, pu farlo subito. Infatti fu
proprio Fiat a chiuderlo, dopo che il
Ministero dei Beni Culturali il 31
gennaio 2011 aveva apposto un
vincolo di tutela storico-artistica.
Lo scopo del vincolo ministeriale era
ed tutelare un Museo che, nato
nel 1976 negli immediati dintorni di
Milano, nei suoi 4.800 mq. espone
130 vetture originali Alfa Romeo
prodotte tra il 1909 e il 1977, mentre
altre 120 si trovano nel suo deposito. Il Museo dispone inoltre sia di
una officina per il restauro dei veicoli esposti, sia di un grande centro
documentazione. Va anche sottolineato che senza alcuna pubblicizzazione, nel 2010 il Museo Alfa
Romeo stato visitato da 24.000
appassionati.
Ledificio che lo ospita e lallestimento interno sono dovuti a una
squadra di architetti di grande valore, Vito e Gustavo Latis, Vittore Ceretti e Antonio Cassi Ramelli. Facendo un passo indietro nel tempo,
il Museo fu voluto fin dai primi anni
Sessanta del '900 da Giuseppe Luraghi, Presidente di Alfa Romeo dal
1960 al 1974, per testimoniare la
straordinaria storia di ricerca e di
innovazione, di design e di made in
Italy, di cultura dimpresa e di storia
economica e sociale dellazienda
automobilistica milanese. Luraghi,
infatti, era convinto che la reputazione internazionale della casa del
Biscione (Quando passa unAlfa

Romeo mi tolgo il cappello, diceva


Henry Ford) passava anche dalla
rivisitazione di un passato, che aveva visto uninesausta ricerca di
sempre nuovi primati tecnicoproduttivi.
in questi giorni che si deve decidere il futuro di questo concentrato
di storia e tecnologia. Fiat lo ha
chiuso e ha fatto ricorso al TAR
contro il vincolo. In parallelo, Torino
ha agitato un progetto di ristrutturazione, e per finanziarlo chiede di
poter vendere alcune vetture, si
presume tra le pi pregiate del Museo. Concezione piuttosto singolare
quella di amputare una collezione
completa e unica. Sarebbe come se
Brera decidesse di vendere magari
un Raffaello e un Caravaggio per
pagare gli investimenti necessari.
Voi visitereste un museo privato dei
suoi capolavori?
Forse nellidea di vendere un certo
numero di auto storiche per ricavarne risorse prevale una miope concezione ragionieristica. O invece
bisognerebbe cercare una motivazione freudiana? Infatti, quando
lAlfa Romeo pass alla Fiat, sulla
casa del Biscione si abbatt una
pesante rivalsa, forse originata dal
rancore verso chi aveva osato sfidare con successo Torino.
Lazienda
venne
polverizzata
nellillusione di annettersi quote di
mercato e di fermare lentrata di auto straniere in Italia. La prima possibilit abort a causa di una contraddizione evidente: per conquistare il
mercato delle auto medie sportive
per famiglie occorreva il know-how
dellAlfa, che venne invece buttato
via. Per quanto riguarda le auto
dimportazione, basta dare una occhiata al parco circolante in Italia.
Perfino Romiti, anni dopo, ammetter che lannessione era stata un errore.
La chiusura del Museo appare ancora pi singolare se si pensa che
Fiat Chrysler rinuncia a questo straordinario strumento di marketing

proprio nel momento in cui Marchionne dice di voler rilanciare lAlfa


Romeo (ridotta oggi a una produzione annua inferiore alle 100.000
auto, come cinquantanni fa), e portarla sul mercato americano, forse
nella speranza di bissare lidea di
Luraghi, quando, a met degli anni
60, lAlfa riscosse grandi successi
negli USA (basti ricordare la spider
Duetto e i suoi primi piani nel film
cult Il laureato del 1967). E per il
futuro? Una proposta
Caro Marchionne, il Museo Alfa
Romeo riaperto e adeguatamente
pubblicizzato si autofinanzierebbe,
raccogliendo le risorse necessarie a
un graduale processo di modernizzazione. Lesempio lo danno i grandi musei stranieri dellauto (tedeschi, americani ) che attirano milioni di visitatori con incassi ragguardevoli
grazie
a
biglietti,
merchandising e manifestazioni varie. Funzionerebbe certamente anche qui, magari arricchendo il tutto
con unofferta gastronomica (Farinetti?) e un invito a provare le nuove vetture sulla pista di prova adiacente (un modo per rinnovare i famosi Incontri con il brivido organizzati da Sinisgalli negli anni
1952/53).
E cari Maroni, Pisapia, Podest, ministro Martina perch non rimediate
a una situazione, che alla fine vedrebbe tutti perdenti? Il 2015 per
Milano vuol dire Expo: perch non
inseriamo tra i punti di forza
dellevento stesso questo straordinario Museo, che dista solo sette
chilometri dal luogo dove si svolger
lEsposizione? E lex silo dei prodotti
finiti di Arese, adiacente al Museo,
sar uno dei posteggi pi grandi per
i visitatori. Quale location migliore
per fare quei grandi numeri che tutti
auspicano?
Basta volerlo e tutto potr cambiare
subito (in meglio).
*Curatore dellArchivio
Eugenio Luraghi

Giuseppe

UN PIANO STRATEGICO PER LA CITT METROPOLITANA


Ugo Targetti

n. 10 VI - 12 marzo 2014

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Quando il Senato approver il DDL


1542 (DDL Citt metropolitane,
province, unioni e fusioni di comuni.) detto svuota province la provincia di Milano diventer Citt metropolitana (CM). Il sindaco di Milano diventer, de jure, sindaco metropolitano e avr il compito di far
approvare lo Statuto e di dirigere la
fase transitoria fino allelezione dei
nuovi organi della CM.
Lo Statuto dovr essere approvato
entro il 30 giugno da una Conferenza metropolitana, composta ed eletta dagli amministratori comunali. La
legge, in prima istanza, assegna
alla CM i poteri e i compiti della
provincia; lo Statuto potr aggiungere competenze proprie dei comuni, con il loro consenso, o delegate dalla regione. Se lo Statuto
deve essere approvato entro il 30
giugno (e il Senato non prorogher
le scadenze) il tempo per costruire
il consenso molto ristretto e bisogner iniziare subito la discussione.
Se la discussione gi iniziata sarebbe bene portarla al pubblico dibattito.
La nuova istituzione avr senso se
diventer uno strumento pi efficace della dismessa provincia, per
governare larea metropolitana di
Milano. La CM dovrebbe quindi avere poteri pi incisivi della provincia. Dovrebbe avere poteri in materia di: pianificazione territoriale ma
anche urbanistica, trasporti, infrastrutture, grande
distribuzione,
grandi impianti sportivi e di spettacolo, (riuso dellarea Expo?) edilizia
residenziale pubblica e sociale, ciclo delle acque, rifiuti, aree protette,
agricoltura ecc..
Dovrebbe disporre di strumenti
dintervento sul territorio, quindi avere il controllo delle aziende partecipate: ATM, MM, SEA, PIM, Serravalle, ALER, CAP Holding, AMIACQUE, ecc. Dovrebbe avere
risorse maggiori rispetto alla vecchia provincia, senza nuovi prelievi
fiscali ma modificando la distribuzione della spesa pubblica: trasferimenti europei, statali e regionali:
quote di tasse, contributi e tariffe
(1)
comunali
. Dovrebbe essere lo
strumento per distribuire in modo
equo tra i comuni gli oneri e i vantaggi che deriveranno dalle scelte
del piano strategico e dalla pianificazione territoriale; uno strumento
essenziale per contenere le spinte
locali al consumo di suolo senza
penalizzare alcuni comuni a scapito
di altri. La CM infine dovrebbe sosti-

n. 10 VI - 12 marzo 2014

tuire la farraginosa rete di organismi


che governano larea metropolitana:
ATO, Consorzi, enti parco, ASL,
ecc...
In realt il modello di Citt metropolitana che ha in testa il legislatore
un modello super leggero. Il carattere dopolavoristico dellimpegno
degli amministratori metropolitani
imposto dalla legge (amministratori
comunali gi impegnati nei loro comuni che si occupano di governare
la CM a titolo gratuito ) presuppone un ente che assume decisioni
politiche (non vincolanti ma con valenza dindirizzo) attraverso la trattativa (serale) tra sindaci, ma non
gestisce gli interventi.
Chi conosce lattuale ente provincia
di Milano sa bene quale impegno
richieda agli amministratori una seria gestione. La gestione politica
delle funzioni provinciali trasferite
alla CM sar quindi o delegata ad
altri enti o affidata ai dirigenti provinciali divenuti metropolitani.
Statuto, Piano strategico del territorio metropolitano e pianificazione
Per verificare in concreto il modello
istituzionale che lo Statuto dovr
conformare sarebbe utile affrontare
subito il tema del Piano strategico
del territorio metropolitano, il primo
atto politicamente significativo della
nuova istituzione, previsto dalla
legge. Larticolo 9 del DDL 1542
dice che ... il piano strategico del
territorio metropolitano ... costituisce atto di indirizzo per lente e per
lesercizio delle funzioni dei comuni
... anche rispetto allesercizio di
funzioni delegate o assegnate dalle
regioni.
La legge afferma dunque due principi. Primo. I comuni devono adeguare piani e bilanci agli indirizzi del
Piano strategico metropolitano. Tutto sta a vedere cosa si intende per
indirizzo, se abbia una valenza sovraordinata e se vi sia lobbligo da
parte dei comuni di conformare i
propri atti agli obbiettivi del Piano
metropolitano. Secondo. La Regione pu delegare o assegnare sue
funzioni alla CM. Vuol dire che il
Sindaco di Milano deve aprire un
confronto con la regione Lombardia
per inserire nello Statuto alcune
funzioni di rilievo metropolitano che
la provincia non ha o ha solo in parte, come ledilizia residenziale pubblica e sociale, la grande distribuzione, i parchi, ecc... .
Dunque le elaborazioni dello Statuto e del primo Piano strategico dovrebbero svilupparsi contempora-

neamente per definire da una parte


gli obiettivi della CM e dallaltra i
poteri e gli strumenti necessari per
raggiungerli. Diversamente lo Statuto si ridurr a un atto formale per il
trasferimento delle competenze della dismessa provincia, il Piano strategico si aggiunger agli infiniti piani formulati nei decenni scorsi dai
tavoli interistituzionali e rimasti
inattuati e la CM sarebbe la gattopardesca rinominazione della vecchia istituzione provinciale, resa
politicamente ancor pi debole
dallessere ente di secondo livello.
Il Piano strategico pone obbiettivi
generali non solo di governo del
territorio. Tuttavia gli obbiettivi di
assetto territoriale - policentrismo,
rapporto tra assetto insediativo e
trasporti, contenimento del consumo di suolo, riqualificazione delle
periferie metropolitane, rapporto tra
urbanizzato e territori agricoli periurbani, ecc. - costituiscono la
struttura portante e concreta del
Piano strategico.
Il Piano strategico deve dunque avere un solido riferimento alla pianificazione territoriale. Il vigente Piano territoriale provinciale (PTCP)
non adeguato sopratutto perch
sono inconsistenti le relazioni con il
PGT di Milano. Per impostare la
discussione sul Piano strategico
sarebbe quindi utile comporre il
quadro della pianificazione territoriale e urbanistica in atto che, bene
o male, esprime le decisioni e gli
obbiettivi maturati negli anni dagli
enti locali. Si tratta di assemblare gli
elementi di valenza sovra comunale
dei 134 PGT dei comuni della CM,
compresa Milano, del PTC provinciale e dei PTC dei parchi, di sottoporli ad analisi critica, di individuare
le priorit strategiche e trarre da
questoperazione valutazioni sui
poteri, gli strumenti e i mezzi necessari alla CM per attuare gli obbiettivi del Piano strategico.
(1) La discussione in Senato sul
DDL 1542 Svuota province, sulla
riforma del Titolo V, sul programma
del nuovo Governo, potrebbero essere loccasione per attribuire alle
CM vere (Roma capitale, Milano,
Napoli e forse Torino) poteri e condizioni particolari di finanza locale
liberando le risorse dei comuni metropolitani, che giacciono in Banca
dItalia, congelate dal patto di stabilit.

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ARREDO URBANO? NO, GRAZIE


Cecilia Bolognesi
In un ambito dove il disordine e
lopinione personale la fanno da padroni cerco di riassumere ci che
oggettivamente non va al riguardo
del tema arredo urbano in questa
citt e su cui sono certa converga
lopinione generale: la pluralit e
frammentazione di prodotti di arredo
confliggenti lun laltro e compresenti
nella stessa via o piazza; la pressoch totale assenza di capitolati che
riguardino posa o contratti per la
manutenzione di questi oggetti e
che ne pregiudicano principi di fruibilit e decoro nel tempo; limpossibilit palese di concertare principi
permanenti su collocazione in situ,
quando anche di stabilirne leffettiva
necessit di posa.
In sintesi il disappunto non si palesa
quasi mai per il disegno di un oggetto darredo urbano in s, ma per la
disarmante mancanza dellunit
dellinsieme nello stesso spazio, per
lespressione del disordine; per la
costante espressione della logica
della gara dappalto caso per caso
lontana anni luce dallidea di un
progetto di immagine collettiva; per
lamara constatazione dello spazio
pubblico come terra di nessuno,
scarico delle contraddizioni di norme che abbondano di dettaglio ma
scarseggiano di principi, come se la
norma salvasse dalla bruttura; per
la necessit di ogni categoria,
quando non del singolo, di dire la
sua, dallinsegna del negozio,
allazienda che posa la rete, alle
municipalizzate, agli uffici tecnici, al
graffitaro.
Non abbiamo il controllo dello spazio pubblico semplicemente perch

non ne condividiamo i principi, figuriamoci i valori, ma sicuramente tutti


concordiamo che ora potremmo assumere il togliere, quella cosa che
ha un corrispettivo in edilizia pari al
demolire, come azione riqualificante
le nostre vie e piazze.
Un programma. Una prima fase, un
bel lavoro: togliere lobsoleto, il ridondante, linutile, molto laicamente. Uno sfoltimento nella segnaletica, stradale, viaria, turistica, delle
luci: troppi pali, illuminazione episodica, semafori, frutto di un funzionalismo che vede la citt come una
grande macchina e non come una
grande casa, come potevano dirlo i
classici del nostro rinascimento.
Sappiamo per che quando ci fermiamo a parlare di pali e paletti, arbusti e aiuole, misure di ordinamento necessario per una civilt maleducata e chiassosa, dietro queste
necessarie e urgenti misure di emergenza cerchiamo altro.
Una seconda fase: in questa citt
che racchiude non poche eccellenze nel design e nella progettazione
urbana iniziare la sperimentazione
dellordinario su un quartiere, un bel
quartieraccio necessitante di cure, e
non piazza della Scala, vedere cosa
si potrebbe fare per poi eventualmente estendere. Forse non
lennesimo progetto ma lesperimento di pochi principi: un colore,
dei materiali, delle essenze, delle
collocazioni che fanno i conti con la
morfologia del vuoto e non con degli
articoli di legge. Poche cose e sani
principi. Principi che potrebbero regolamentare nel prossimo anno anche i 25.000 mq di aiuole che acco-

glieranno, nella nostra citt, i visitatori di Expo (le aiuole, un progetto


per i 25.000 mq, unoccasione imperdibile per la qualit urbana).
Una terza fase, basta parlare di paletti e panchinette, finalmente lo
straordinario: lo slittamento dellattenzione dallorrendo funzionalismo
che genera loccupazione dello spazio pubblico con il "problema
dellarredo" verso un progetto pi
alto che mira a dare valore
allimmaginazione del cittadino mediante la cura della citt e dello spazio pubblico. Mi riferisco ai profumatissimi tigli di K.F. Schinkel nella
Berlino di una volta, che ringraziamo ancora oggi nelle sere di primavera; o al meraviglioso progetto di
Aldo van Eyck per i suoi settecento
playground ad Amsterdam, che ha
plasmato felicemente una generazione di bambini con un intervento
di spazialit urbana decisivo per la
citt, una scelta; ma anche mi riferisco ai regali di un Banksy su di un
muro cieco a Bristol, o a Londra,
che ci rubano il sorriso in una visione condivisa. Finalmente restituire
lo spazio ripulito allimmaginazione
del cittadino. La citt non certo la
somma delle sue funzioni, di cui
larredo, da noi, la pi disordinata
emanazione. Allo spazio pubblico
con tutto ci che lo definisce, noi
demandiamo lattivit umana collettiva, i processi di interazione sociale
e, come fa larte con chi ne fruisce,
lesaltazione del senso di appartenenza a un luogo mediante la sua
incentivazione dellimmaginazione
umana.

A MILANO 10.000 PASSI VERSO IL FUTURO


Francisca Parrino
Siamo nati per camminare non un
progetto educativo ma unoccasione
per fare unesperienza. Per una settimana, dal 17 al 21 marzo, poco
meno di diecimila bambini, dai 6 agli
11 anni, andranno a scuola a piedi,
in bici, in monopattino e ci racconteranno poi com stato. Mi piace
camminare perch toccando il terreno mi sento una persona migliore. Potreste supporre che queste
parole siano state scritte da un uomo che, dopo tanto camminare, ne
ha colto il senso ultimo, ma difficilmente immaginereste che lautore di
questo pensiero, originale e non retorico, ha solo sette anni.
Pi scientifico, quasi darwiniano, il
coetaneo Lorenzo osserva che

n. 10 VI - 12 marzo 2014

camminare ci caratterizza. Un anonimo settenne, che perso nel suo


mondo poetico si scordato di scrivere il proprio nome, ci consegna
invece questa immagine: camminare mi sembra loceano. Lelenco
potrebbe proseguire. Sono moltissime le frasi raccolte nelle scorse
edizioni di Siamo nati per camminare che fanno vacillare la nostre solide certezze di adulti investiti del
ruolo di educatori.
I bambini hanno bisogno si insegni
loro che camminare bello e aiuta a
crescere? Che muoversi fa bene
alla salute e allumore? Che andare
in bici d un grande senso di libert? La risposta no. Lo sanno gi e
meglio di noi. Ci di cui hanno biso-

gno che li si metta nelle condizioni


di poterlo fare, che la citt si renda
meno ostile e consenta loro di muoversi in libert e in sicurezza.
Competenti, efficaci e poetici nel
descrivere le sensazioni che provano, quando entrano in relazione con
lambiente urbano, hanno le idee
chiare e sanno cosa li fa star bene e
cosa no. Io amo la mia citt, ma c
un piccolo disturbo dentro di me: lo
smog. Ma Io cerco di ignorarlo e
continuo a camminare. Alessandro,
10 anni. Ignorare ci che non siamo
in grado di cambiare, in un bambino
di 10 anni, non rassegnazione ma
impotenza.
Ed ecco la contabilit venirci incontro, inesorabile. In una citt in cui ci

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sono 55 auto ogni 100 abitanti, in
cui ogni giorno entrano in citt pi di
400.000 auto di non residenti (che
tradotto in termini comprensibili anche per un bambino significa una
fila lunga dal centro di Milano a
quello di Stoccolma), in cui si contano pi di 2 milioni di spostamenti
di veicoli, in cui laggressivit e pervasivit del traffico si traduce in una
profonda insofferenza reciproca tra
gli utenti della strada, in questo contesto, come si pu anche solo pensare di proporre uniniziativa come
Siamo nati per camminare? Possiamo essere cos naf da credere di
modificare e incidere su questa situazione invitando i bambini e le loro famiglie ad andare a scuola a
piedi o in bici?
Ma a chi conosce questa citt non
apparir cos insensato. Ogni milanese sa, se non per esperienza almeno in cuor suo, che Milano una

citt piccola in cui le distanze a piedi, in bici o con i mezzi pubblici sono
alla portata di tutti. Far sperimentare, ai familiari dei bambini che partecipano al progetto, nuovi percorsi
e modalit di spostamento un modo molto concreto ed efficace per
correggere una diffusa percezione
dei tempi di percorrenza e delle distanze, spesso e volentieri assolutamente errata.
Diventare tutti pedoni e ciclisti, e
continuare a pensare da pedoni e
ciclisti anche quando in rare e selezionate occasioni siamo alla guida
di unauto, anche il modo pi
semplice per rendere le strade delle
nostre citt pi sicure. Solo il 5% dei
bambini italiani, tra i 7 e 14 anni, va
a scuola senza essere accompagnato da un adulto contro il 12%
degli inglesi e il 28% dei tedeschi.
La paura e la pericolosit del traffico
sono uno dei principali motivi

allorigine di questa contrazione degli spazi di autonomia concessi ai


bambini nei loro spostamenti in citt. Privare i bambini della libert di
muoversi in autonomia nel proprio
ambiente ha un peso, e non indifferente, sulla loro crescita sia come
individui, sia come cittadini attivi e
responsabili.
Il tema della sicurezza nelle nostre
strade deve dunque essere riportato
in cima allagenda di chi amministra
la citt. Le strade devono tornare ad
essere vigilate, le infrazioni sanzionate, il principio di legalit ripristinato. Daltra parte se si vuole sostenere questo cambiamento, e accelerarne i tempi, necessario chiederlo
in tanti e sostenerlo con coerenza.
Anche un bambino sa che il mezzo
deve essere adeguato allo scopo.
Hai un sogno davanti ai piedi,
cammina per raggiungerlo. Pietro,
9 anni.

LA POPOLAZIONE CARCERARIA IN OSTAGGIO AI LEGISLATORI


Raffaello Morelli
Come avevo scritto il gennaio scorso sul numero 6 di ArcipelagoMilano, i senatori Compagna (NCD) e
Manconi (PD) hanno presentato il
29 gennaio - avvalendosi del lavoro
di Federazione dei Liberali (membro
di Internazionale Liberale), Liberali
Italiani e nuovo PLI - il ddl 1290 (Misure al codice di procedura penale
in materia di misure cautelari) che
una risposta vera alla condanna della Corte dei Diritti Umani allItalia
per aver violato i Diritti umani con il
sovraffollamento delle carceri. Lo fa
innovando profondamente la materia, al di l della revisione delle
norme penali conclusasi a met
febbraio con le modifiche sul piccolo
spaccio o con leliminazione del reato di immigrazione clandestina. La
novit che oggi si pu affermare
con certezza che questa strada indicata dal ddl 1290 la sola percorribile se lItalia vuole evitare a fine
maggio la pesante multa di Strasburgo e al contempo compiere una
svolta verso una maggior civilt. Infatti alla fine della settimana scorsa,
il Consiglio dEuropa ha avvertito
formalmente lItalia dellinsufficienza
strutturale di quanto fatto finora e ha
reclamato altre misure, anche preventive, compreso un cronoprogramma preciso.
Il fatto che i detenuti che eccedono la capienza delle carceri anche
con le nuove norme di febbraio, restano quasi quindicimila (il 31% della capienza) e quasi niente ci si pu
aspettare dalla dichiarata (12 febbraio) incostituzionalit per motivi di

n. 10 VI - 12 marzo 2014

tecnica legislativa della norma sulla


equiparazione di droghe leggere e
pesanti sotto laspetto delle sanzioni
(per i detenuti condannati con la
norma incostituzionale, andr rideterminata la pena in base alla legge
del 1990 rientrata in vigore, senza la
punibilit dei consumatori tolta dal
referendum del 1993, e dunque una
procedura non brevissima).
Il ddl 1290 prende invece il toro per
le corna e affronta i due problemi
reali. Con i primi otto articoli ridefinisce e restringe le condizioni della
carcerazione preventiva legandola a
casi precisi. Cos gli abusi della custodia cautelare, da parte della magistratura con lassistenza della
stampa, saranno molto meno agevoli (il che irrobustisce la regola per
cui solo il processo pu privare un
cittadino della libert) e si frener il
flusso di entrata nelle carceri dei
non condannati. Con il nono articolo, il ddl 1290 compie un atto di realismo dotato di una forte carica innovativa.
Questo art.9 del ddl 1290 congiunge
da una parte il principio di civilt per
cui, salvo delitti molto gravi (tipo omicidio, strage, sequestro, rapina,
associazione criminale,
violenza
sessuale) un cittadino pu essere
privato della libert solo dopo un
giudizio definitivo, dallaltra parte la
contingente ed urgente necessit di
rimuovere la causa della Condanna
della Corte dei Diritti Umani, cio il
sovraffollamento delle carceri. Ottiene questo risultato stabilendo
senza arzigogoli che tutti i detenuti

non condannati alla data di entrata


in vigore di questa norma vengano
messi in libert. Un simile provvedimento libererebbe gli edifici carcerari di quasi ventimila persone, risolvendo in radice la causa del sovraffollamento. In pi, questione essenziale, il ddl 1290 non avrebbe
bisogno della pressoch impossibile
maggioranza dei 2/3 dei parlamentari che la Costituzione impone per
amnistia e indulto (due istituti che
oltretutto danno messaggi contrastanti con il significato della pena,
che dovrebbe essere espiata una
volta erogata).
Purtroppo il governo pare non avere
ad ora una strategia. Del resto troppi non riescono a pensare ad altro
che a provvedimenti di clemenza e
in questambito resta poco o nulla
(tipo irrobustire gli accordi perch gli
stranieri scontino la pena in patria)
se si escludono amnistia e indulto.
Soprattutto ci vorrebbe tempo. Pi
che da ora a fine maggio.
Se invece si cambia registro (dagli
atti di clemenza al ricupero dei valori costituzionali) e si approva il ddl
1290 di Compagna e Manconi, si
compirebbe una vera e propria svolta politico culturale. La convivenza
non sarebbe pi regolata in base
alle grida della sicurezza conformistica che, avendo paura di ogni novit, invoca i comportamenti comunitari al di fuori delle leggi e si affretta a chiedere il carcere dautorit. E
insieme taglierebbe le unghie alla
giustizia come esibizione del proprio
potere che praticata da alcuni pm

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e da certa magistratura. Insomma
sarebbe uniniezione di libert civile

in un paese che ne assai carente.

COMUNE E RISPARMIO ENERGETICO: AVANTI PIANO?


Luciano Bavestrelli
Non passato un mese da che si
parlato pubblicamente di "Energia
bene comune. Proposte per una
nuova politica energetica del Comune di Milano". Sabato 15 febbraio
il convegno su una nuova politica
energetica del Comune, era centrato su due temi fondamentali: da un
lato lorganizzazione, nella struttura
comunale, di un Sistema di Gestione dellEnergia (SGE), coordinato
da un Energy Manager (EM) e
dall'altro la riqualificazione energetica del settore edilizio, pubblico e
privato, intesa come strumento per
attuare il risparmio energetico. Risparmio energetico che si impone
per migliorare la qualit dellambiente cittadino, ridurre il consumo
dei combustibili fossili non rinnovabili e, anche, generare risparmi nella
spesa, sia pubblica che privata, per
riscaldamento / condizionamento e
illuminazione e, last but not least,
creare lavoro e occupazione per le
imprese coinvolte.
Una occasione di colloquio tra il
Comune di Milano con il City
Manager Tomarchio e gli assessori
Maran, Rozza e DAlfonso, e i maggiori esperti italiani rappresentanti
delle industrie ed enti interessati alla
riqualificazione energetica: Albonico
Presidente di AGESI, De Paoli direttore scientifico di Energy Lab, Picchiolutto del CTI, Pessina di SPES
Consulting e Vidoni di ASSILEA.
Credo senza entrare nel dettaglio
dei singoli interventi sia utile riassumere le considerazioni svolte e le
raccomandazioni operative emerse
dalle relazioni e dal dibattito che ne
seguito.
Il Comune ha gi effettuato o intrapreso numerosi interventi di risparmio / efficientamento energetico: la
revisione dei contratti di forniture
energetiche, utilizzando e migliorando la convenzione CONSIP, con
un risparmio di sola spesa, a pari
consumo, previsto di oltre 4 milioni/anno; la convenzione con A2A
per la realizzazione, in tre anni, di
tutta lilluminazione stradale del
Comune a LED, con un prevedibile
forte risparmio di energia e spesa, e
con Milano che, se il progetto sar
effettivamente completato nel tempo
previsto, e dar i risultati sperati,
diventer leader italiano e, forse,
europeo nellilluminazione stradale
a led; un programma di riqualificazione energetica di 38 scuole, con

n. 10 VI - 12 marzo 2014

finanziamento BEI, attraverso la


Provincia, disponibile da diversi anni
,e solo ora in fase di emissione del
bando per lesecuzione dei lavori;
l'ampliamento del numero di utenze
comunali servite dal teleriscaldamento fornito da A2A.
Per quanto vada riconosciuto quanto fatto o impostato finora, tenendo
conto degli strettissimi vincoli di bilancio e indebitamento, esso non
sufficiente. Troppo poco stato fatto finora dal punto di vista di una
gestione dellenergia, in quanto Bene Comune di tutta la cittadinanza,
pi razionale e rispettosa sia delle
raccomandazioni derivanti dalle
norme europee, sia dagli impegni
presi dal sindaco firmando di nuovo
il Patto dei Sindaci (dopo la pessima
figura fatta dalla precedente amministrazione Moratti, che gi aveva
firmato nel 2008, senza poi adempiere ad alcuna delle clausole previste da esso), che di quanto richiesto
dalla norma ISO 50001 sul Sistema
di Gestione dellEnergia .
Ci che si attende dal Comune, per
completare lopera per quanto riguarda la gestione energetica del
suo patrimonio edilizio la sollecita
nomina dellEnergy Manager, definendone responsabilit, obiettivi e
budget, insieme al fatto di cominciare a ragionare per obiettivi e non
funzioni e quindi individuare una
struttura interna allAmministrazione
comunale, con un responsabile di
adeguato livello e competenze, che
affronti il tema dellEnergia in modo
diretto, risolvendo il problema attuale delle troppe funzioni comunali
coinvolte, ognuna perseguente obiettivi diversi o, forse anche peggio, nessun obiettivo.
Cos come sarebbe necessario formare e sensibilizzare il personale
dellAmministrazione sul tema del
risparmio energetico, con particolare attenzione alla valutazione comparativa dei vantaggi/costi degli investimenti di efficientamento energetico e dei meccanismi di finanziamento tramite terzi (FTT), quali
ESCO e Leasing in Costruendo: si
tratta di fattori indispensabili a fare
scelte ottimali che tengano conto
dei vincoli di bilancio e indebitamento ma anche degli interessi dei cittadini. In particolare sono emersi
dubbi, da parte degli esperti relatori,
sul Teleriscaldamento, come solu-

zione ottimale per gli utenti e non


solo per A2A.
Altrettanto importante affrontare un
approccio di sistema, al di l delle
lodevoli iniziative spot sopra elencate, assicurandosi che ogni intervento sia giustificabile da un calcolo
tecnico/economico, e non solo dalla
volont del Fare. Dal dibattito anche emersa la raccomandazione
che la politica energetica, proprio in
quanto politica, debba essere prerogativa del Comune e non delle
imprese fornitrici dei servizi energetici, anche se partecipate (come il
caso di A2A), a garanzia del fatto
che le scelte siano nellinteresse
della cittadinanza tutta
Per quanto riguarda il patrimonio
edilizio privato si dovrebbe migliorare la comunicazione alla cittadinanza degli interventi comunque effettuati o in corso, oltre a quelli sulla
mobilit, per dissipare limpressione
diffusa che la nuova amministrazione abbia fatto poco o nulla nel campo e coinvolgere maggiormente i
privati (cittadini e condomini) al perseguimento di obiettivi di efficienza
energetica nelledilizia privata esistente (per quella nuova ci pensa il
PGT e il suo regolamento energetico): un passo avanti sono stati i Patti Chiari, illustrati dallassessore Maran nel suo intervento
Raccomandazioni finali. Al termine
del Convegno la consigliera Elisabetta Strada, che con Milano Civica
ha promosso l'incontro, si fatta
carico di formalizzare le conclusioni
in una proposta che verr presentata in Consiglio Comunale, sugli interventi di tipo procedurale e organizzativo necessari ad attuare lSGE
e quindi a cambiare marcia, come
del resto auspicato e dimostrato dalla presenza e dagli interventi del DG
Tomarchio e dagli assessori coinvolti Maran e Rozza.
In particolare, sollecita nomina
dellEnergy Manager, coordinamento stretto delle funzioni dellAmministrazione coinvolte nella gestione
dei consumi energetici, e relative
spese, con lobiettivo della realizzazione del Sistema di Gestione
dellEnergia secondo la ISO50001 e
attuazione di scelte strategiche mirate ed economicamente valide, attraverso anche listituzione di un
Comitato per il Risparmio Energetico, con la partecipazione dei molteplici saperi disponibili nella nostra

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citt (Universit, Energy Lab ma
non solo), formazione del personale
comunale e sensibilizzazione della
cittadinanza sullefficienza energeti-

ca, chiavi queste ultime del successo di altre citt europee virtuose,
quali Bristol (UK) e Firenze, le cui
esperienze sono state presentate e

da cui si possono trarre esempi di


best Practices.

IL CONSIGLIO COMUNALE LA PARTECIPAZIONE E LASCENSORE DI EINSTEIN


Giulia Mattace Raso
Primo ordine di problemi: (labbiamo
segnalato pi volte perch il tenore
degli articoli, delle lettere, di quanto
si va leggendo on line o ascoltando
nelle chiacchiere da caff in giro
sembra dire:) ma cosa stanno facendo? ma cosa stanno facendo di
diverso? non sono diversi, tante
promesse e poi Un malcontento
montante che si fatto sempre pi
rumoroso,
esploso
sul
finire
dellanno, il botto arrivato nelle
dovute stanze: ai primi di gennaio si
riunita la maggioranza per un bilancio di met mandato.
E come nella favola di Sherazade
(cera una volta un re seduto sul sof che disse alla sua serva raccontami una storia e la serva incominci: cera una volta un re ...) siamo
daccapo perch di questo famoso
bilancio di met mandato nella sua
essenza poco o nulla ci stato dato
di sapere.
Levidenza dei fatti afferma: abbiamo un problema di comunicazione
(il secondo ordine di problemi).
La questione non cos scontata
perch in effetti stanno facendo
molto e di diverso. Che non si riesca a cogliere il cambio di direzione,
che non si sia in grado di raccontarlo, dice di ciascuno un po. Di chi si
speso molto e ha altrettante aspettative, di chi non governa da
venti anni e si trova a (re-)imparare
come si fa, di chi pretende tutto e

subito e non fa i conti con la burocrazia, di chi non ha pensato prima


di fare i conti con la burocrazia, di
enne pi uno uffici stampa e di una
assenza di una comunicazione
complessiva. Veramente siamo tutti
nellascensore di Einstein e non
sappiamo distinguere la natura del
cambiamento di cui facciamo parte?
Non si certo spenta la voglia di
partecipare e mai come questa
amministrazione ha riconosciuto i
corpi intermedi della cittadinanza
come interlocutori. Esempi positivi e
negativi non mancano. Gli ultimi in
ordine di apparizione nel bene e nel
male: la riqualificazione del sottopasso alla stazione centrale di via
Parravicini con la spinta delle associazioni di quartiere, la progettazione partecipata al quartiere Isola per
la riqualificazione del cavalcavia
Bussa e la costruzione del nuovo
Centro Civico da un lato, la battaglia
dei comitati in opposizione alla trasfigurazione del Vigorelli o al progetto delle vie dacqua di Expo
dallaltro.
Progetti e battaglie che testimoniano un forte attaccamento al territorio
e una grande disponibilit a prendersene cura, in modello ancora tutto da costruire di relazioni e dinamiche.
Pensiamo anche alle esperienze
degli orti urbani, al parco Ponti ai
Giardini in Transito o alla mobilita-

zione in difesa del parco dellex Paolo Pini, alle associazioni che studiano, progettano e promuovono la
riapertura dei Navigli, al Drago del
Giambellino: una enorme massa di
energia, desiderio, investimento in
progettualit, in qualit dellambiente urbano e quindi in qualit della vita. Tutto questo un patrimonio
da valorizzare, non si pu correre il
rischio di vederlo disperso nella frustrazione.
I partiti sembrano comparire in filigrana in questa onda trasformatrice
della citt: non appaiono come primi
attori, ma giusto cos, a ciascuno la
sua parte. A loro spetta il compito di
articolare e di mettere a sistema nel
quadro istituzionale questa impalcatura di relazioni che per le vie spicce
definiamo partecipazione. Il consiglio comunale ripensa se stesso e i
suoi rapporti con la giunta, oggi se
ne discute in un incontro promosso
da Citt e Costituzione: fatica a trovare un suo ruolo, schiacciato tra
elezione diretta del sindaco e delibere di giunta. Non tema di venire
esautorato da una partecipazione
istituzionalizzata, ma lavori per favorirla, e colga loccasione per intavolare una delibera di consiglio che
finalmente renda organico quello
che non pu essere lasciato alla inesausta energia dei volenterosi.

Scrive l'onorevole Simona Malpezzi al direttore sul caso PD Pioltello


Egregio direttore, volevo condividere con lei, e mi auguro con i lettori di
ArcipelagoMilano, le mie riflessioni
riguardo l'articolo a firma di Diego
Corrado e Gaetano Nicosia rispetto
a, come lo definiscono loro, il "case
study" Pioltello. Sono una deputata
del Partito Democratico, eletta con
le primarie e iscritta al circolo di
Pioltello e devo dire che ho provato
una grande amarezza nel vedere il
circolo da cui provengo definito come un luogo in cui "gruppetti locali
si impadroniscono del simbolo per
utilizzarlo a loro beneficio" o come
luogo preso d'assalto da un "mani-

n. 10 VI - 12 marzo 2014

polo di politici locali" che avrebbero


"preso in ostaggio il Pd cittadino".
Non mi ritrovo in queste definizioni
che offendono profondamente gli
iscritti, i militanti, i simpatizzanti e
anche me in particolare. Definizioni,
oltretutto, prive di alcun fondamento
e la mia storia ne una dimostrazione.
Mi sono iscritta al Partito democratico di Pioltello nel 2009, non appena
sono rientrata in Italia dopo anni
all'estero, in Germania, dove avevo
contribuito alla nascita dei circoli
locali. A Pioltello ho trovato le porte
spalancate, nonostante io fin da su-

bito abbia fatto scelte e sia stata


portatrice di istanze minoritarie
all'interno del circolo. All'epoca eravamo in fase congressuale e io sostenevo la mozione Marino. Pur in
minoranza, mi sono candidata alla
segreteria del Partito locale e ho
perso. Il segretario Franco Marras
non solo mi ha dato spazio in segreteria ma ha sempre garantito la minoranza che io rappresentavo. Alle
comunali del 2010 sono stata candidata come capolista, un atteggiamento decisamente strano per un
partito "che non fa entrare nessuno
ed espelle i corpi estranei" come si

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legge sempre nell'articolo sopra citato. Infatti, non ho mai avuto problemi, se non di forte, continuo, anche duro scontro politico, a trovare
spazio all'interno del partito. Un partito che aveva gi accolto esperienze provenienti dalla lista civica. Alle
primarie del 2012 ho sostenuto Laura Puppato, minoranza delle minoranze, mi sono candidata alle parlamentarie e chi del mio circolo riteneva di voler firmare per la mia
candidatura l'ha fatto e devo dire
che i numeri sono stati considerevoli. Anche qui, molto strano per un
circolo descritto dai due giornalisti
come luogo di estrema omologazione. Fatto sta che sono arrivata in

Parlamento. Ripeto, le difficolt, lo


scontro dialettico, la discussione
accesa, la verve polemica: ci sono
tutte nel mio circolo. Ed cosa nota
che io e Antonello Concas fossimo
sempre politicamente su posizioni
differenti, come cosa nota che non
fossi la candidata migliore per lui.
Ma questo rientra nella normale vita
di un circolo in cui esistono diverse
posizioni, tipiche di un partito che si
definisce pluralista. Poi ci possono
essere le vicende personali e caratteriali ma nulla hanno a che fare con
la politica, quella con la P maiuscola. Il resto sono vicende legate a
una storia che non conosco e che
non mi appartiene e che non la

storia del Pd che, lo ricordo se qualcuno se lo fosse dimenticato, nasce


nel 2007. Tutto quello che viene
prima riguarda un passato che il
Partito Democratico ha assorbito e
poi rielaborato guardando al futuro.
Ecco, guardiamo al futuro. Abbiamo
delle elezioni amministrative da vincere. Un Pd unito, con tutte le anime che compongono la grande famiglia del centro sinistra, l'unica
risposta vera e concreta alla sfida
che ci attende. Chi vuole dare una
mano trover le porte aperte come
sempre, per contribuire al progetto
di amministrazione della citt.

Scrive Adriano Gasperi a Edoardo Croci


Concordo in buona sostanza con
quanto scritto dall'Assessore. Expo
2915 sar (probabilmente) una
grande kermesse ludico-alimentare,
ma non risponder se non in misura
minima, alle aspettative costruite in
fase di candidatura e di progettualit
iniziali. basate su una visione sostenuta da solide basi scientifiche e
tecnologiche, quali quelle di cui si
fece promotore il Comitato Scientifi-

co Internazionale - fortemente voluto dal Sindaco Moratti - e di cui ho


avuto l'onore di condividere l'impegno, quale Segretario Generale, fino
al 2011. In quell'anno infatti il
management della societ organizzatrice ne decise la fine, prospettando l'entrata in scena di un nuovo
comitato di altissimo livello - che
mai vide la luce. Pi i lavori preparatori sul sito vanno avanti, pi au-

menta in me il dispiacere per la perdita, ormai evidente, della componente e dei ritorni immateriali di
quello che resta l'ultimo grande evento globale di lunga durata della
nostra epoca. Peccato (Segretario
generale del Comitato Scientifico di
Expo Milano 2015 (2007-2011))

Scrive Fiorello Cortiana a proposito di citt metropolitana


Ugo Targetti ha ben definito la
natura del governo e dell'amministrazione per una Citt Metropolitana funzionale ad armonizzare e
qualificare ci che gi oggi la
Grande Milano nell'azione individuale degli stakeholders che la
animano. Il suo essere, a un tempo, sovraordinante negli indirizzi
di pianificazione strategica e agile, con responsabilit interdisciplinari a progetto.
Gli incontri che abbiamo tenuto
come Comitato per la Citt Metropolitana Partecipata hanno
confermato l'articolazione dell'impostazione che propone Targetti.
Per ultimo quello alla Cascina Caremma di Besate sulla filiera agroalimentare e la cintura verde
della Grande Milano. Qui la multifunzionalit e l'intersettorialit
proprie del tema trattato e dei protagonisti hanno messo in luce la
necessit di una Citt Metropolitana organizzata ad agenzie di
progetto. Cos da valorizzare le
potenzialit di un intero sistema
cui fornire servizi adeguati, nel

caso specifico si pensi alla multifunzionalit ben rappresentata


dalla rete delle cascine come la
Caremma: agricoltura biologica e
integrata, quindi gestione sostenibile del territorio, vendita diretta
dei prodotti, ristorante, agriturismo, SPA. Chi mette in relazione
questa rete con le diete e gli acquisti per le mense della ristorazione collettiva? Chi mette in relazione la domanda di specifiche
prestazioni meccaniche delle
macchine agricole per le colture
biologiche, la ricerca e le proposte
delle aziende che fabbricano
quelle macchine? Chi mette in
relazione le necessit logistiche di
magazzino dei GAS- Gruppi di
Acquisto Solidale con la possibilit di acquisto collettivo anticipato
di prodotti coltivati in modo concordato con la rete dei produttori
della cintura agricola? Chi mette
in rete il sistema dei parchi in modo che le sue presenze colturali e
culturali possano definirsi come
offerta di qualit accessibile per
una mobilit importante ma legge-

ra? utile e necessaria un'agenzia di progetto piuttosto che un


assessorato pi grande, occorrono funzioni che rispondano dell'efficacia nella facilitazione dell'intrapresa e dell'impresa piuttosto
che una burocrazia che presidia
procedure lineari del processi autorizzativi. Ecco, questi alcuni degli spunti usciti dal confronto che,
cos impostato, non ha visto i sindaci presenti preoccupati di diventare una periferia estesa di Milano
Capoluogo, ma parte di una rete
di citt nella citt metropolitana.
Resta incomprensibile l'autoreferenzialit da ente di secondo livello di una Citt Metropolitana senza l'elezione diretta del sindaco e
del consiglio. Questo sia per la
legittimazione di quel che si configura necessariamente come una
"Citt Stato" (e per questo Maroni
la osteggia), sia per non confermare il distacco e la "disabitudine"
all'esercizio del voto di quasi il
50% degli aventi diritto. Cosa non
buona in democrazia...

Scrive Adriana Grippiolo a Franco D'Alfonso


Leggo come sempre con molta attenzione il numero, e mi fermo in

n. 10 VI - 12 marzo 2014

particolare sul pezzo di D'Alfonso.


Prima lo ringrazio per chiarezza di

un testo pieno di fatti e riferimenti e


insieme scorrevole (con 30 anni di

10

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Rizzoli-Corriere non perdo il vizio
), poi grazie per ritrovarmi con lui
in ogni dettaglio, spesso proprio

un testo altrui a farci comprendere


quello che pensiamo. La conclusio-

ne non molto confortevole, ma


cos.

Scrive Luigi Lunari a LBG


Caro Gadola, tutta la mia approvazione al Suo "pezzo" sull'Expo. Sono fin dalla prima ora tra gli scettici
nei riguardi dell'ambizioso progetto
e ho sempre irriso allo sconcio balletto della Moratti e di Penati, a Pa-

rigi, quando Milano sconfisse - non


Monaco o Lione o Francoforte o altre parigrado - ma la povera Smirne.
Mi batto anche - pur nella mia condizione di inerme - contro il riempirsi
la bocca dell'espressione "Grande

Milano". Milano non grande; e uno


dei suoi guai proprio quello di non
rassegnarsi al ruolo di modesta citt
(che non implica nessuna qualifica
negativa) e di continuare a fare
passi pi lunghi delle gambe.

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
12 anni schiavo
Di Steve McQueen [Usa, 2013, 134]
con Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict Lumberbatch, Lupita Niongo'o, Brad Pitt
Dopo Lincoln di Spielberg, e Django di Tarantino, l'America nell'era di
Obama, continua a fare i conti con il
fantasmi del passato: le atrocit della schiavit. Le colpe da espiare sono tante per questo grande paese
che almeno ha la forza di interrogarsi sul tragici eventi irrisolti della
sua storia.
Il film racconta la storia vera di Solomon Northup, nero nato libero
nellAmerica della prima met
dell'Ottocento, venduto come schiavo in Georgia attraverso un inganno. Violinista, uomo colto e raffinato
si trova improvvisamente a vivere la
atroce vita da schiavo. Lo schiavo
una cosa nelle mani del padrone e
non deve sapere n leggere n
scrivere e per dodici anni Solomon
passer attraverso le mani di vari
padroni, la testa sempre bassa e le
frustate dietro l'angolo.
Ora il film un tentativo iperrealistico di raccontare una verit non
completamente interiorizzata dagli
autori. Tanto bella e intensa la
scena della falsa impiccagione di
Solomon, quanto poco credibili,
fredde e didascaliche le scene di
vita degli schiavi ridotte a pure stereotipo. In fondo noi spettatori, per
quanto sicuramente colpiti dalle

scene cruente, dalle pelle lacerate


dalle frustate, dalle urla strazianti
non riusciamo a essere coinvolti da
quello che resta uno svolgimento fin
troppo prevedibile della sceneggiatura. Restiamo con un sentimento di
compassione per la vicenda di Solomon ma senza una reale immedesimazione.
La denuncia dell'ingiustizia rimane
troppo legata alla figura del protagonista, uomo ingiustamente schiavizzato, mentre la schiavit in generale al Sud quasi un dato di fatto.
In questo grande affresco solo il
personaggio di Patsy, le sue urla
laceranti, il suo sguardo disperato e
dolcissimo, interpretata da una intensa Lupita Nyongo'o, esce dal
luogo comune per dar vita a un personaggio complesso e vero.
Bella la regia di McQueen quando
apre ampi squarci sul Mississipi e
sulla natura silenziosa e indifferente
della Georgia. Suggestive la riprese
del lavoro nei campi di cotone,
sembra di sentire il caldo soffocante
dell'afa che toglie il respiro e che fa
ansimare gli schiavi.
Un cast con attori d'eccezione, anche in piccoli ma significativi ruoli, in
particolare quello di Padron Ford
dove Benedict Cumberbatch riesce

perfettamente nel doppio ruolo di


uomo buono ma debole e schiacciato dalla violenza delle convenzioni.
Un ruolo pi significativo e giocato
con magistrale e istrionica presenza
quello di Edwin Epps, ultimo padrone di Salomon, uomo dall'occhio
azzurro di ghiaccio, gelido, psicotico, simbolo del disfacimento della
societ schiavista interpretato da
uno straordinario Michael Fassbender, attore molto amato da McQueen.
La poca verosimiglianza del film
forse causata anche dallimpossibilit di sentire le vere voci degli
attori. Il doppiaggio, in questo film,
come in altri, ci toglie l'occasione di
aderire all'opera come gli autori avrebbero voluto. Sarebbe stato,
probabilmente, ben pi emozionante sentire la voce dei neri del sud o
la voce traslucida del grande Fassbnder piuttosto che l'accento nazional padano dei nostri pur bravi
attori italiani.
Premio Oscar 2014 l miglior film,
migliore attrice non protagonista
(Lupita Nyongo'o) e migliore sceneggiatura non originale (John Ridley).
La strana coppia

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Quattro concerti
Proviamo ad accostare - non certo a
mettere a confronto - concerti molto

n. 10 VI - 12 marzo 2014

diversi fra loro ascoltati nei giorni


scorsi, per fare qualche riflessione.

In ordine cronologico: alla Scala


Daniel Barenboim ha diretto la Fi-

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larmonica nel Falstaff di Elgar e
suonato e diretto il concerto K. 482
di Mozart; sul podio de laVerdi Gaetano DEspinosa ha proposto due
Sinfonie di Schubert (la Quarta e la
Quinta); al Conservatorio per la Societ del Quartetto Andras Schiff ha
concluso il ciclo integrale delle Sonate per pianoforte di Beethoven
(ha eseguito le ultime tre, le celeberrime opere 109, 110 e 111); infine, nellaula magna del liceo musicale Secco Suardo di Bergamo, il
duo violino e pianoforte di Giorgia
Righetti e Maria Luisa Gori ha eseguito tre complesse Sonate, rispettivamente di Mozart (Sonata K. 454),
Beethoven (opera 23) e Brahms (opera 108).
Avendo ascoltato i quattro concerti
in un lasso di tempo molto breve, mi
stato impossibile non fare alcune
considerazioni sul panorama musicale che ne scaturisce: da una parte
due miti al culmine (forsanche superato) della loro carriera, come Barenboim e Schiff, dallaltra dei giovani come DEspinosa - che ha gi
un pezzo di carriera alle spalle ed
ora in fase di consolidamento- e le
due soliste Righetti e Gori che, lavorando luna in orchestra (laVerdi) e
laltra nella scuola, avranno dovuto
faticare non poco per trovare il tempo di suonare insieme.
La prima considerazione relativa a
come gli ascoltatori godono questi
concerti, partendo dalla critica sui
grandi quotidiani, che dovrebbe
rappresentare proprio la voce del
pubblico e che si prodiga in recensioni o annunci importanti per i concerti di Barenboim e di Schiff mentre
resta silenziosa per i protagonisti
minori: giustamente, si dir, ma ne
siamo sicuri? Non dovrebbe essere
il contrario? Non sarebbe pi inte-

ressante, soprattutto per i lettori dei


quotidiani, essere informati su ci
che meno si sa anzich su ci di cui
gi si sa tutto? Specialmente sapendo bene che dei maestri gi affermati non si dir mai alcunch di
negativo [avete mai letto una critica
severa alle prestazioni di Barenboim
o di Schiff? Eppure le delusioni pi
cocenti vengono spesso proprio da
loro, o dai colleghi celebri come loro. Possibile che i nostri critici non
scoprano mai nessuno, e parlino
solo di musicisti il cui successo sia
gi palese e incontroverso? Salvo
divertirsi a massacrare giovani che
non hanno ancora scalato le classifiche, come ha fatto Isotta con il
trentenne Daniele Rustioni (insieme con Ottavio Dantone il peggior
direttore di fronte al quale io mi sia
trovato sul Corriere della Sera) a
proposito del Trovatore che in questi giorni in scena alla Scala. Ma il
manicheismo di Isotta ormai un
luogo comune; solo lui sa dividere
con tanta precisione il mondo dei
compositori e degli interpreti fra i
geni assoluti del bene e i geni assoluti del male!].
Vediamo come sono andate le cose. I due divi hanno offerto buone
performance, senza tuttavia raggiungere alcuna vetta interpretativa:
Barenboim, dopo averci proposto il
noiosissimo Elgar, ha suonato e diretto Mozart, il che non gli ha permesso ovviamente di eccellere n
come pianista n come direttore. Ha
sorpreso Schiff che, a fronte di una
commossa e intensa 111, di cui gli
va dato doverosamente atto, ha eseguito a velocit improponibile
quella stessa 109 che poche settimane fa aveva offerto in bis in una
incantevole interpretazione (come a
dire che nei bis si senta pi libero e

riesca a dare il meglio di s). Il


DEspinosa un trentacinquenne in
carriera di cui abbiamo salutato con
entusiasmo lesordio con laVerdi
nellottobre 2012, che poi ha deluso
in qualche altra occasione, ma
laltra sera stato un ottimo interprete delle due sinfonie schubertiane; tempi giusti, fraseggio elegante,
una gestualit morbida ed efficace.
Avrebbe potuto risparmiarci, a dir la
verit, due tormenti inutili: linsignificante balletto finale dellIdomeneo
di Mozart, sopportabile solo nel contesto dellopera e a sostegno di una
buona messa in scena, e un modesto e molesto pezzo intitolato Gutta
cavat lapidem per orchestra, della
cinquantenne compositrice romana
Lucia Ronchetti.
Molto gradevole e sorprendente infine il duo Righetti-Gori con un programma impegnativo e di grande
bellezza composto da tre Sonate
che abbracciano lintero secolo
doro della musica, dal 1784
dellopera mozartiana al 1888 di
quella brahmsiana, mettendo al
centro un capolavoro beethoveniano del 1801. Combattendo con un
pianoforte Kawai molto male in arnese, le due raffinate e affiatate soliste - palesemente nel pieno della
loro maturit artistica - hanno offerto
una interpretazione rigorosa e appassionata dei tre lavori aggiungendovi, per bis, il romantico e celebre
Liebesleid di Fritz Kreisler. Una vera
delizia.
Concerti assai diversi fra loro, che
bisognerebbe saper godere con spirito libero dagli idola baconiani, pi
sensibili alla passione, allimpegno,
alla cura, allattenzione degli interpreti piuttosto che al loro prestigio
internazionale e alla loro fama.

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Nicola Nosengo
I robot ci guardano
Zanichelli editore, Bologna, 2013
pp. 198, euro 12,90
Io ne ho viste cose che voi umani
non potreste immaginarvi. Navi da
combattimento in fiamme al largo
dei bastioni di Orione e ho visto i
raggi B balenare nel buio vicino alle
porte di Tannhuser. E tutti quei
momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia.
tempo di morire. Con questa frase
commovente, si conclude il film
Blade Runner, tratto dal romanzo

n. 10 VI - 12 marzo 2014

Il cacciatore di androidi di P. K.
Dick. Sono passati trentanni da allora, ma di Replicanti simili non ne
abbiamo ancora visti. A molti la robotica pu sembrare un settore di
promesse mai mantenute, eppure i
robot ci circondano, ci sorvegliano,
ci aiutano a lavorare e a far ricerca.
Nicola Nosengo, saggista e uno
dei pochi giornalisti italiani che contribuisce alla rivista Nature, a intro-

durci nel mondo della robotica, partendo dalle origini di questa affascinante materia, uno dei filoni di successo della tecnologia dei prossimi
anni.
Nei primi secoli dopo Cristo, ad Alessandria dEgitto, muove i primi
passi la scienza che noi oggi chiamiamo robotica. Partendo da Erone,
un geniale inventore, siamo passati
attraverso secoli di storia a realizza-

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re automi sempre pi efficaci, sino
ad arrivare, agli inizi del novecento,
a costruire il primo robot da fabbrica. Imita la parte del corpo pi preziosa per il lavoro manifatturiero: si
tratta del primo braccio meccanico.
Dopo il successo nel campo industriale, i robot sono stati ricercati nel
campo medico, in particolare per le
operazioni chirurgiche di grande
precisione, dove limpiego di bracci
robotici abbinati a strumenti laparoscopici ha permesso di fare miracoli.
Auto senza pilota sono gi in grado
di viaggiare a 100 km/h, piloti automatici guidano aerei, assicurandoci
un volo sicuro. Sono robot validis-

simi, ma ben lontani dallassomigliarci. Dal punto di vista di un ingegnere, che pu dotare le sue creature di tutti gli arti che vuole e che pu
dare la forma pi idonea rispetto
alluso, sarebbe limitante attenersi
al modello Homo sapiens. Ma siamo
riusciti a soddisfare anche questo
desiderio. Lultima superstar dei robot umanoidi iCub, il robot bambino, ma Eccerobot, lo supera, non
certo in bellezza, ma in qualit: ha
muscoli azionati da motori elettrici e
tendini realizzati con funi elastiche.
Quello che si chieder ai robot del
futuro sar di orientarsi e muoversi
in luoghi dove luomo non mai stato: al centro della Terra, sul fondo

degli oceani, nello spazio, nelle arterie. Siamo alla ricerca di robot
sempre pi perfetti e pi intelligenti.
unidea che fa paura, ma nemmeno il timore che alcune caratteristiche degli esseri umani, una volta
inserite in una macchina, diventino
incontrollabili, pu fermare questa
rivoluzione tecnologica. A garantirci
ci saranno sempre le tre leggi di Isaac
Asimov,
che
leggiamo
nellantologia di racconti Io, robot.
Le qualit dei robot del futuro dipenderanno dalle qualit dei loro
progettisti: saranno creati a loro
immagine, somiglianza e talento.
Cristina Bellon

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Kings of the dance
Sar Londra, la citt retta dalla monarchia pi in vista dEuropa (e forse del mondo), a ospitare i Re della Danza. I prossimi 19-22 marzo
presso il Londons Coliseum saranno i quattro giorni di balletto extravagante per liniziativa promossa
ormai dal 2006 Kings of the Dance
2014.
I king di questanno sono il nostro
Roberto Bolle (principal allAmerican
Ballet Theatre di New York ed toile
al Teatro alla Scala di Milano), il
brasiliano Marcelo Gomes (principal
allABT), lamericano David Hallberg
(toile del Teatro Boloj di Mosca),
lucraino Denis Matvienko (toile al
Teatro Mariinskij di San Pietroburgo), lucraino Leonid Sarafanov (toile al Teatro Michajlovskij di San
Pietroburgo) e il russo Ivan Vasilev
(principal allABT). Lunica artista
ospite, la ballerina che interpreter
un pas de deux, Svetlana Lunkina
(principal al Balletto Nazionale del
Canada e prima ballerina al Teatro
Boloj).
Il programma della serata prevede
tre atti, i primi due occupati da due
coreografie pi lunghe, il terzo da
quattro brevi e intense danze. Aprir
la serata una coreografia dello spa-

gnolo Nacho Duato, direttore artistico del Teatro Michajlovskij, su musica dello spagnolo Enrique Granados, dal titolo Remanso (Sarafanov,
Matvienko, Gomes). Il pezzo prevede unesaltazione della potenza e
bellezza maschile nella danza, ricca
di salti, dal sapore neoclassico: la
scelta di apertura si intona perfettamente con liniziativa.
Seguir il secondo atto con Le Jeune homme et la Mort di Roland Petit
con interpreti Roberto Bolle e Ivan
Vasilev (a serate alterne) con Svetlana Lunkina. Questo balletto, capolavoro dellesistenzialismo francese
messo in danza, mostrer la durezza dellamore non corrisposto, visto
per una volta dalla prospettiva maschile, tanto dura che porter il giovane uomo a ricercare la morte in
un suicidio dal pathos ineguagliabile
per carica virile e allo stessa tempo
sensibilit. Il medesimo spettacolo
con i medesimi interpreti verr riproposto il prossimo maggio al Teatro alla Scala nella Serata Petit, in
omaggio al grande coreografo francese.
Il terzo atto vedr coreografie pi
brevi, ma intense dallo stile e sensibilit pi contemporanea, come

quelle di Petit (Les Intrmittences


du cur da Proust) o Prototype di
Massimiliano Volpini (Teatro alla
Scala) creato per Roberto Bolle.
Chiuder una coreografia del pi
anziano dei king, Marcelo Gomes,
dal titolo KOd (acronimo di King
Of the Dance) interpretata da tutti i
danzatori in ensemble, come coda e
morale delliniziativa.
In unintervista rilasciata appena
qualche giorno fa, Roberto Bolle
metteva in risalto la bellezza della
collaborazione di cos grandi interpreti e danzatori di fama mondiale,
dalla bravura e dal virtuosismo indiscusso, per dimostrare come la teoria estetica antica (romantica e tardoromantica) di Thophile Gautier,
che aveva assunto la ballerina in
punta (Giselle o la Silfide) a suprema bellezza, sia affiancata (per non
dire anche superata) dalla rivincita degli uomini. Infatti, i danzatori
oggi mostrerebbero il lato migliore,
pi atletico e sano della danza,
quasi un ritorno alla bellezza dei
kouroi nellantica statuaria greca.
Domenico G. Muscianisi

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese
Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
n. 10 VI - 12 marzo 2014

fine dell800 ed esauritosi alla fine


degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berli-

no. uno degli artisti pi amati,


ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia re13

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lativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli
artisti ospitati di recente a Palazzo
Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno
capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto
il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura
lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato
nel 2006 da Ronald Lauder per 135
milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la se-

zione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse


poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in
pittura e in svariate tecniche, il tutto
ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e
onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la
bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuochi fatui (una chicca di collezione
privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche

di decorazioni eleganti e sinuose, in


cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di
matita riusciva a creare un languido
corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna contrapposizione tra il bene e il male, il
viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano


Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile
ammirare un nuovo lascito, esposto
insieme alla collezioni vescovili e
della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari
Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti
in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico

n. 10 VI - 12 marzo 2014

e consigliere, inizia a comprare e


collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.
Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata presso lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con
le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.
La raccolta Sozzani costituita da
disegni databili dal XV al XX secolo,

eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,


offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.
Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento
francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, -

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douard Manet, Auguste Rodin, Edgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,
Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.
Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.

Lapertura di questa nuova sezione


sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.

La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,


c.so Porta Ticinese 95)
Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore
17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

Kandinsky e la nascita della pittura astratta


Che cos lastrattismo? Che significato hanno cerchi, linee, macchie di
colori a prima vista casuali ma di
gran impatto visivo? C qualcosa
oltre la superficie del quadro? Per
rispondere a questi leciti interrogativi arriva a Milano una grande retrospettiva dedicata a uno degli artisti
pi significativi del secolo scorso:
Vassily Kandinsky.
Sono oltre 80 le opere in mostra,
tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e tutte firmate dal padre dellastrattismo. Una esposizione che offre una panoramica completa dellevoluzione dellartista, partito da una figurazione semplice e
legata alla tradizione, ma che arrivato a concepire alcune delle teorie
artistiche pi interessanti del 900.
Un percorso di ricerca lungo e fatto
di molte sperimentazioni, che caratterizza larte di Kandinsky come
qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.
Lapertura di grande impatto, con
la ricostruzione, per la prima volta
portata
fuori
dalla
Francia,
dell"ambiente artistico totale" ricreato nel 1977 dal restauratore Jean
Vidal, ovvero pitture parietali eseguite riportando fedelmente i cinque
guazzi originali con cui Kandinsky
decor il salone ottagonale della
Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, esposte tra il 1911 e il 1930.
Il percorso prosegue poi in ordine
cronologico, esaminando le tante
fasi vissute da Kandinsky. Gi dalle
prime opere lartista russo dimostra
una passione per il colore, le atmosfere di gusto impressionista e fau-

ve con unattenzione ai temi leggendari e legati al passato, come ad


esempio i cavalieri, soggetti che si
trova ad affrontare allinizio del 900.
Abbandonata la Russia, Monaco
sembra offrire una vita migliore a
Kandinsky, che frequenta lAccademia di Belle Arti e si lega ad artisti
che sperimentano con lui un tipo di
arte ancora di gusto Art Nouveau:
il momento del gruppo Phalanx.
Dopo viaggi che lo conducono in
giro per il mondo insieme alla nuova
compagna, la pittrice Gabriele Munter, Kandinsky si trasferisce a Murnau, in Baviera, ed l che, passo
dopo passo, nascer lastrattismo.
Gradatamente i disegni si fanno
piatti, il colore prende piede e nel
1910 vedr la luce il primo acquerello astratto, dipinto con i colori primari che hanno, agli occhi dellartista,
una valenza e un significato unico e
fondamentale.
Nel 1912, in compagnia dellamico
Franz Marc, nascer il celebre
Blaue Reiter, quel Cavaliere Azzurro protagonista degli esordi di Kandinsky e che diverr anche un fortunato almanacco artistico. Seguir a
breve Lo spirituale nellarte, trascrizione del pensiero e della dottrina di
Kandinsky sullarte astratta.
Con lo scoppio della guerra Kandinsky costretto a tornare in Russia, momento in cui torner a una
fugace figurazione e in cui conoscer la futura moglie Nina. Nel 1922
accetta il prestigioso invito del Bauhaus di Gropius e si trasferisce a
Dessau come insegnante. Dopo la
chiusura nazista di questa prestigio-

sa scuola, Kandinsky decide di recarsi a Parigi, sua ultima meta e citt allora pervasa dalle grandi novit
del cubismo e del surrealismo, corrente questultima, che influenzer
fortemente gli ultimi lavori dellartista.
Figure biomorfe sembrano galleggiare leggere e impalpabili su cieli
blu, diagonali di colore, griglie e colori pastello. Il cielo e la luce tanto
amata della ville lumiere lasceranno
unultima suggestione nelle grandi
composizioni cos come nei piccoli
dipinti su cartone che Kandinsky
cre durante la Guerra.
In mostra sono presenti alcune delle
opere pi significative dellartista,
quelle che tenne per s costantemente appese in casa o che don
allamata moglie Nina, e che danno
quindi il resoconto esatto di unarte
che si rivelata fondamentale anche per i pittori moderni. Molto dovettero a Kandinsky Pollock e i suoi
irascibili, cos come, larte astratta
e lInformale ebbero un debito enorme nei confronti di questuomo
che ebbe il coraggio di dire che le
forme e i colori sono fondamentali,
spirituali, e che la pittura deve trasmettere lessenza pi profonda di
chi la crea e di chi la guarda.
Kandinsky: la collezione del Centre Pompidou fino al 4 maggio
2014 Orari: luned:14.30 - 19.30 dal
marted alla domenica: 9.30 - 19.30
gioved e sabato: 9.30 - 22.30 Biglietti: intero 11,5, ridotto 9,5

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta

n. 10 VI - 12 marzo 2014

darte, di fede e di persone, dal


quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di

inserirsi in questa felice congiuntura


temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi

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di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala al-

tamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso
un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture
che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che

un congegno in ferro del 1700,


sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

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SERGIO BORGHI: COME CAMBIA IL CLIMA A MILANO


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n. 10 VI - 12 marzo 2014

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