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In copertina
Benozzo Gozzoli, La scuola di Tagaste
San Gimignano, chiesa di Sant'Agostino
Introduzione
Il presente lavoro strutturato in tre parti, ciascuna delle quali
tratta una tematica differente, ma strettamente connessa alle altre.
Nel primo capitolo si deciso di trattare linterculturalit intesa
come visione del mondo contemporaneo, come progetto per un rinnovamento della societ odierna, in cui le differenze culturali riescano non solo a convivere, ma anche e soprattutto a dialogare tra loro.
Vengono analizzate la cause, legate ai fenomeni dellimmigrazione e
della globalizzazione, che rendono questo progetto estremamente necessario, nonch gli obiettivi che ci si pone lavorando in questa prospettiva. Viene messo in luce il forte legame che esiste tra la cultura e
il potere, legame che spesso causa discriminazioni e disuguaglianze
sociali.
Si rende quindi necessaria una riformulazione di quei concetti,
come cultura e straniero, che sono portatori di divisioni (intese
come confini rigidi e insuperabili). Grazie alla loro nuova enunciazione, tali concetti possono condurre a una valorizzazione delle differenze (intese come ricchezze e confini in continuo mutamento) che permetta una corretta apertura al mondo e alla sua variet e un adeguato
approccio a ci che ci straniero. Questo mutamento deve necessariamente passare attraverso lo sviluppo di competenze relazionali e
cognitive, che consentano di avere flessibilit mentale e disponibilit
al dialogo. Tale il compito della pedagogia interculturale, che si rivolge non solo agli stranieri, ma a tutti i soggetti che vivono in un
contesto multiculturale. Vengono analizzati i tre principali approcci
utilizzati, individuandone pregi e difetti, e indicando il modello pluralista/integrazionista come quello pi corretto. La finalit di tale approccio la costruzione dellidentit personale, attraverso lascolto e
la comunicazione che portano alla valorizzazione delle differenze,
nonch al superamento di pregiudizi e stereotipi mediante il decentramento culturale.
Il secondo capitolo tratta della didattica interculturale dellarte e
della sua utilit sia per lo studio dellarte, sia per la pedagogia, sia per
il dialogo interculturale. La complessit del mondo artistico, infatti,
4
permette lo sviluppo di capacit cognitive indispensabili alla pedagogia interculturale. Viceversa, linterculturalit apporta nuove letture e
nuovi punti di vista allo studio dellarte. Vengono inoltre analizzati i
quattro metodi utili a costruire un percorso che, a partire dalla nostra
stessa cultura, permetta, a stranieri e autoctoni insieme, di raggiungere quella che la finalit ultima di questa didattica: lacquisizione
di competenze che permettano di vivere nel mondo multiculturale in
cui ci troviamo. Il primo metodo, quello ludico-laboratoriale, permette un approccio iniziale allopera di tipo emotivo, creando un terreno
comune a tutti e consentendo di mettere in campo sensazioni ed
emozioni, per scoprire affinit e differenze con quelle degli altri. Il secondo metodo, quello autobiografico, consente di collegare queste
sensazioni a esperienze vissute e conoscenze pregresse, aiutando cos
a sviluppare capacit comunicative e di ascolto, portando alla consapevolezza della limitatezza di ogni singolo punto di vista e della necessit di aprirsi agli altri e alle loro culture personali. Infine, il metodo comparativo consente di utilizzare le competenze acquisite per accostarsi alle forme artistiche delle culture straniere.
Nel terzo e ultimo capitolo, viene analizzato il rapporto tra patrimonio culturale e interculturalit. Anche in questo caso si tratta di un
legame positivo e produttivo per entrambi: il patrimonio ha loccasione di rinnovarsi (diventando pi aperto, dialogico, dinamico) attraverso la nuova lettura datagli dallinterculturalit, mentre questultima riceve nuovi linguaggi e nuovi materiali.
Occorre quindi partire dalla consapevolezza del ruolo sociale del
museo e di come esso debba rendersi accessibile e fruibile da tutti.
Vengono poi analizzate le iniziative sviluppate dai musei in questo
ambito, differenziando quelle che intendono linterculturalit come
fine dellattivit didattica museale (attraverso progetti di sviluppo allaccesso, di integrazione delle culture immigrate e di programmazione culturalmente specifica) da quelle che invece la considerano un
mezzo (attraverso la promozione di una partecipazione attiva di ogni
tipo di pubblico, sia nella fruizione che nella produzione della cultura). questultima categoria quella che risulta pi utile dal punto di
vista dellinterculturalit. I progetti appartenenti a questultima sono
contraddistinti da alcune caratteristiche comuni: la formazione di
5
Indice
I. Linterculturalit e la pedagogia interculturale
11
1.1 L'interculturalit
Obiettivi e cause dell'interculturalit
Il concetto di cultura
Cultura e potere
Il concetto di straniero
Immigrati e minoranze
I tre modelli di incontro con lo stato straniero
11
13
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7
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83
87
93
94
101
3.1 Il Patrimonio
101
104
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3.3 Il dialogo
110
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114
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123
136
136
136
136
150
150
157
162
168
168
173
173
GAMeC (BERGAMO)
PROGETTO OspitiDONOre
Corso di formazione per mediatori museali
176
177
181
MAMbo (BOLOGNA)
Iniziative legate allinterculturalit presenti nel museo
186
186
193
193
199
200
207
207
208
208
209
147
MAP for ID
Educard
210
211
Bibliografia
212
Bibliografia generale
Bibliografia specifica
Documenti giuridici
Riviste
Sitografia
212
213
216
217
217
10
1.1 L'interculturalit
Nel mondo sempre pi globalizzato in cui viviamo, caratterizzato
da unaccelerazione continua delle comunicazioni, delle informazioni
e delle trasformazioni, in cui lo spazio sembra restringersi a livello
planetario, sempre pi spesso sentiamo parlare di multiculturalit e
interculturalit, termini dal sapore un po esotico e alternativo, che
sembrano usciti dal manifesto programmatico di qualche gruppo pacifista, ma che invece toccano da vicino ognuno di noi.
I termini multiculturalit e interculturalit spesso vengono usati
come sinonimi, ma in realt essi rimandano a significati e a modelli
educativi diversi.
Multiculturale un aggettivo usato per descrivere le situazioni di
coesistenza tra diverse culture. quindi un termine neutro, descrive
una realt senza alcun riferimento al modo in cui sintende intervenire per favorire lincontro... 1
Nellambito della pedagogia, descrive la posizione di chi opera per
favorire la coesistenza dei gruppi e delle culture le une accanto alle altre come in un mosaico. Bench abbia come scopo la convivenza pacifica e quindi appaia a prima vista un modello positivo, corre per il
rischio di trasformare la coesistenza in separazione. comunque la
situazione pi frequente, riscontrabile nella maggior parte delle grandi citt, nelle quali si trovano inevitabilmente persone di provenienze
diverse, che cercano di coesistere in comunit le une accanto alle altre. inevitabile che ci accada, in quanto i nuovi arrivati cercano i
propri conterranei o connazionali, coi quali stabilire dei forti rapporti che consentano di inserirsi nella vita della citt. ci che accade per esempio a Milano, citt in cui la comunit cinese, stabilitasi
nella zona di via Paolo Sarpi, e le comunit latino-americana, rumena
1
D. Bobisut, (a cura di), Interarte, laboratori di civilt europea e identit nazionale alla sfida della multiculturalit, PensaMultimedia, Lecce, 2008, p. 57.
11
3
4
5
Ibidem.
12
Ecco quindi emergere i due concetti fondamentali dellinterculturalit: linterazione e la cultura, ai quali fanno riferimento gli obiettivi
fondamentali di questa pratica.
Obiettivi e cause dell'interculturalit
Il tuo Cristo ebreo e la tua democrazia greca. La tua scrittura
latina e i tuoi numeri sono arabi. La tua auto giapponese e il tuo
caff brasiliano. Il tuo orologio svizzero e il tuo walkman coreano. La tua pizza italiana e la tua camicia hawaiana. Le tue vacanze sono turche, tunisine o marocchine Cittadino del mondo,
non rimproverare al tuo vicino di essere straniero. (Anonimo)
Secondo i due studiosi Antonio Genovese 6 e Francesca Gobbo7,
linterculturalit persegue i seguenti obiettivi:
- la relazione tra le diverse culture;
- la convivenza e il reciproco rapporto fra punti di vista diversi;
- la collaborazione solidale, ma rispettosa fra le culture e le persone;
- la riduzione dei possibili conflitti e il loro superamento in direzione della negoziazione e non della deflagrazione violenta;
- una visione critica del pregiudizio economicistico e tecnologico
caratterizzante le politiche dei paesi cosiddetti avanzati;
- la promozione di una sempre pi inclusiva partecipazione dei
nuovi venuti e delle minoranze interne alla vita sociale, culturale e
politica del paese che li accoglie.
Questi obiettivi non riguardano esclusivamente i nuovi venuti, in
quanto tutti gli sforzi, gli studi e i progetti sullinterculturalit partono dalla convinzione della sua importanza sia per gli autoctoni, cio
per gli appartenenti alla cosiddetta cultura dominante, sia per gli
6
13
alloctoni, cio coloro che, provenienti da unaltra cultura, si inseriscono in quella dominante.
Da un lato, quindi, lapproccio interculturale permette di comunicare, agire, stabilire relazioni con persone di origine, credenze, lingua, abitudini differenti dalle nostre, permettendo cos di sviluppare
nuove conoscenze, nuove competenze relazionali e perci di arricchirsi; dallaltro, consente di dare il giusto riconoscimento, culturale
e politico, alla domanda di giustizia, di diritti, di solidariet, proveniente da immigrati e da minoranze. 8
Questi due aspetti dellinterculturalit si ritrovano nella Conferenza dellUE sul dialogo interculturale, svoltasi a Bruxelles nel marzo
2002, allinterno della quale, nella dichiarazione che tratta della politica del dialogo interculturale, si legge (punto 2.) che tale dialogo
uno strumento efficace per prevenire e gestire i conflitti [] e favorire larricchimento e la comprensione reciproca, garantendo una
riflessione attiva e costante sul rispetto dei diritti umani, sul funzionamento della democrazia e sulle radici della violenza e del terrorismo.9
Non si tratta perci solamente di aiutare i migranti a inserirsi nelle
societ di accoglimento, ma anche di mettere in discussione, rivedere
e relativizzare nozioni fondamentali e principi comuni sia alla cultura
dominante sia a quella di minoranza, in modo da costruire una nuova
cultura.
Occorre fermarsi a riflettere sul perch si parla sempre pi di multiculturalit.
sotto gli occhi di tutti che la nostra realt si sta trasformando
sempre pi in direzione multiculturale.
Una delle cause senzaltro il fenomeno delle migrazioni, che negli
ultimi tempi sta vedendo larrivo in Europa di persone provenienti da
zone problematiche del mondo. In realt la nostra preoccupazione
per questo evento molto influenzata dallinformazione massmediatica, che ne amplifica le problematiche rendendolo unemergenza costante e continua. Tale paura potrebbe invece essere attutita dalla ri8
Ibidem, p. 10.
14
15
linterno della nostra societ, sviluppano processi multiculturali indipendentemente dalla presenza di immigrati stranieri nel nostro paese11. La globalizzazione dei mercati, con lo spostamento di merci,
mezzi di produzione, capitali e persone da un paese allaltro; la crescita del turismo e delle comunicazioni di massa, grazie allo sviluppo del
web, che ci mette in contatto con laltro non solo fisicamente, ma soprattutto virtualmente; lavanzata dei processi di integrazione economica e politica fra i diversi Stati, nel nostro caso la costruzione dellUnione Europea, sono tutti fenomeni che rendono inevitabili i contatti
con culture e persone straniere. La stessa condizione di immigrato
(cio una persona nata in un paese, ma che vive in un altro) caratterizzer in futuro un numero sempre maggiore di persone, a causa della mobilit che ormai molti lavori richiedono.
quindi chiaro che al giorno doggi pressoch impossibile non
avere contatti e scambi con lesterno e quindi con altre culture.
sempre pi difficile pensare le nostre societ come caratterizzate
da una cultura omogenea e condivisa ugualmente da tutti i cittadini
in cui le culture degli immigrati farebbero irruzione (citando lespressione usata da Francesca Gobbo) producendo complessit e pluralit culturale, questo perch la nostra stessa cultura sempre pi
variegata al proprio interno.
Non esistono pi quelle che Stefano Piazza 12 definisce le culture
create dal nazionalismo: un nazionalismo che non si fondava su realt comunitarie, etniche, culturali, sociali o politiche preesistenti, ma
che anzi le distruggeva per imporre una cultura omogenea e uneducazione nazionale, entrambe funzionali alla modernizzazione industriale.
Questo modello generale di societ nazionale e di integrazione sociale non corrisponde pi alla realt sociale odierna, o meglio, la nostra realt sociale non pi in grado di adattarvisi, come invece le societ investite dalla rivoluzione industriale nei secoli scorsi furono in
grado di fare.
Quali sono i vantaggi e i rischi di una prospettiva interculturale?
11
12
Ibidem, p. 6.
S. Piazza, F. Toscani, Cultura europea e diritti umani (nella societ globale del
rischio), CLEUP, Padova, 2003, p. 112.
16
17
santuari intoccabili, perch esse sono pur sempre un prodotto umano e la loro funzione non solo quella di proteggere, ma anche di
sorreggere lo sforzo che ogni uomo deve fare per affrancarsi dalle
condizioni di partenza, allargando lo sguardo non solo alla variet
dei modelli di umanit esistenti, ma anche a quelli possibili. 15
Si tratta perci di abbandonare lidea di cultura come di un contenitore allinterno del quale si situano le persone, come un recinto che
le delimita e le differenzia; va invece considerata come uno strumento per la crescita dellindividuo, come un bagaglio di conoscenze e
competenze che egli pu sfruttare a proprio piacimento per realizzarsi pienamente come persona.
Dalle molte analisi che psicologi, sociologi e antropologi hanno sviluppato attorno a questo concetto apparentemente semplice emerge
la sua vasta complessit.
Occorre prima di tutto rendersi conto che ognuno di noi possiede
una cultura stratificata, che Aluffi Pentini divide in quattro livelli 16:
cultura privata, cultura operativa, cultura generalizzata e cultura pubblica.
Si intende per cultura privata una combinazione unica e individuale di standard, ovvero ci che ha a che fare con la persona, con la
sua famiglia, con le abitudini quotidiane di vita in una dimensione
privata.
Si intende per cultura operativa quellinsieme di conoscenze e
comportamenti scelti sulla base della cultura privata che vengono utilizzati per muoversi in determinate interazioni o situazioni.
Si intende per cultura generalizzata una modalit di interazione tra le persone diffusa e consolidata, che riguarda gruppi e contesti
pi o meno ampi, e si configura come spazio trasversale alle diverse
modalit di agire e di essere, standardizzato e che permette loro di interagire.
Si intende per cultura pubblica uno spazio di consenso pi ampio, esplicito o implicito, sulle culture generalizzate e che allo stesso
15
16
Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, Pronuncia sullEducazione Interculturale, 23 aprile 1992.
A. Aluffi Pentini, op. cit., p. 25.
18
tempo sostiene o depotenzia le diverse manifestazioni di cultura generalizzata di cui sopra. Questo livello si configura come livello ufficiale sovraordinato agli altri e quindi in ultima analisi prevalente, in
ambito appunto pubblico, in caso di conflitti tra i vari livelli.
Questa variet di livelli dovuta al fatto che la societ contemporanea molto segmentata e variegata, anche indipendentemente dal fenomeno migratorio: interessi, professioni, idee politiche, tradizioni
fanno s che anche allinterno di una singola cultura pubblica ci siano moltissime altre suddivisioni. Ogni individuo deve perci sapersi
adattare ai variegati ambiti culturali con cui viene a contatto.
evidente che in qualsiasi fascia di et le influenze e i condizionamenti derivanti dai vari livelli si combinano in modo diverso e orientano pi o meno direttamente le scelte dei soggetti coinvolti in una
relazione interculturale. Ci appare quindi sempre pi difficile dare
una definizione di cultura, cos come creare delle rigide distinzioni
tra una cultura e laltra.
importante, quando si parla di intercultura, interrogarsi su quali
e quanti di questi livelli siano coinvolti e dove si collochi rispetto a
loro lincontro culturale. Nella maggior parte dei casi, sottolinea Aluffi Pentini, importantissimo lavorare interculturalmente a livello
della cultura privata. Bisogna arrivare a intendere linterculturalit in
modo pi ampio e complesso, che non il semplice scambio e confronto tra individui di etnie e culture diverse. Va intesa anche e soprattutto come capacit di riconoscere le identit molteplici di cui
ciascuno di noi portatore.
Il concetto di cultura, oltre a essere diversificato al suo interno,
anche aperto a cambiamenti e a contaminazioni, in continuo sviluppo
e rivolto contemporaneamente al passato e al futuro. Lantropologo
Hannerz17 descrive la cultura attraverso la metafora di un flusso, in
continuo movimento e mutazione, ma anche dipendente dal processo
continuo in cui ogni azione, ogni espressione del pensiero e dei valori
dellindividuo, rimanda e si fonda su esempi antecedenti. La cultura
quindi strettamente connessa al passato, ma in continua evoluzione
verso il futuro.
17
U. Hannerz, Cultural complexity. Studies in the Social Organization of Meaning, Columbia University Press, New York, 1992, p. 4.
19
20
essa, vengono spesso usati per escludere dal potere determinati gruppi (etnie, classi sociali,ecc).
Cultura e potere
La riflessione attorno a un approccio interculturale al mondo,
quindi, non una questione meramente teorica e filosofica, utile soltanto ad antropologi e filosofi, ma ha a che fare con questioni concrete e spesso legate a situazioni di disagio materiale.
La diversit culturale, infatti, spesso servita (e tuttora viene usata
in tal modo) per legittimare la presa di potere di un determinato
gruppo e lesclusione di altri.
Piazza21 individua tre tipologie di reazione alla conflittualit etnica
e razziale, legate allacquisizione o meno del potere sociale, politico
ed economico.
Ci possono essere situazioni di esclusione-rifiuto-espulsione, in cui
il gruppo che prende il potere, fa in modo che gli altri ne siano esclusi, attraverso leggi o violenza. In questi casi non sono ammissibili (n
tanto meno cercati) il dialogo e la cooperazione tra gli attori sociali,
ma solo laggressione e la lotta. ci che accaduto in Sudafrica con
lApartheid, la politica di segregazione razziale che a partire dal 1948
e fino al 1994 fu messa in atto dal Governo di etnia bianca nei confronti della popolazione nera. Attraverso una serie di leggi, ai neri
venne vietato lingresso in alcune aree urbane, lutilizzo delle strutture pubbliche riservate ai bianchi, venne ostacolato il loro accesso all'istruzione e infine venne tolta la cittadinanza sudafricana e i diritti a
essa connessi a tutti gli abitanti dei bantustan, i ghetti riservati alla
popolazione nera, ufficialmente indipendenti, ma in realt sottoposti
al controllo del Governo sudafricano.
Ci sono invece situazioni di inclusione subordinata. Si tratta di una
strategia economicistica: viene offerto lavoro agli immigrati, in quanto necessari alleconomia, ma in campo civile viene applicata la defezione, non riconoscendo lo statuto di cittadino allimmigrato lavo21
21
ratore22. Si tratta della situazione pi ricorrente nella storia dei rapporti delloccidente con il resto del mondo. Anche questa soluzione
porta spesso al conflitto, infatti quanto pi gli immigrati si integrano
nel tessuto sociale grazie al loro inserimento nel mondo del lavoro,
tanto meno sono disposti ad accettare unesclusione dalla cittadinanza politica.
Di recente abbiamo assistito a un caso di questo genere, nelle vicende di rivolte di immigrati africani nella campagna calabrese. Da
anni essi vengono sfruttati come manodopera dalla criminalit organizzata e ormai sono cos numerosi da mandare avanti il comparto
agricolo del Sud col proprio lavoro. I migranti africani e arabi non
regolarizzati sono una presenza fondamentale per l'economia del
Sud, senza i quali fallirebbe questo comparto, affonderebbero le economie di parecchie regioni e non vedremmo pi arrivare i fondi europei di sostegno all'agricoltura 23 spiega lo studioso dei fenomeni
mafiosi Antonello Mangano. Le condizioni di lavoro, com facilmente intuibile, sono al limite della schiavit e questi lavoratori vengono
mantenuti nellillegalit, una condizione accentuata dalle recenti norme contenute nel Decreto sicurezza che rende reato la condizione di
immigrato irregolare. Sempre Mangano afferma che le leggi razziste
volute dalla Lega non mirano a espellere gli immigrati, vogliono
mantenerli in una condizione servile, sotto ricatto. La fascia di immigrazione irregolare che lavora nei campi non accetterebbe mai
condizioni tanto dure in presenza di un'alternativa; inizierebbe ad
organizzarsi ed a rivendicare diritti: sanno di essere in dispensabili
e di sostenere un intero settore economico. Senza loro tante lande
del Meridione sarebbero condannate allo spopolamento. Dunque
che rimangano a lavorare, ma da schiavi.24
Alla fine del dicembre 2009, per, unaggressione da parte di due
teppisti (probabilmente legati alla criminalit organizzata) che hanno
sparato su un gruppo di africani, provocando la morte di due di loro,
22
23
24
Ibidem.
G.Ursini,
Gli
africani
di
Rosarno,
http://it.peacereporter.net/articolo/19556/Gli+africani+di+Rosarno,
31/12/2009.
Ibidem.
22
in
ha fatto s che questi immigrati si siano ribellati a una tale insostenibile situazione, scatenando una serie di proteste sfociate poi, qualche
giorno dopo, in violenza. A Rosarno, in provincia di Reggio Calabria,
le ribellioni hanno portato devastazione e violenza e sono state seguite da una feroce ritorsione da parte dei cittadini che hanno dato vita a
una vera e propria caccia al nero, com stata definita da pi giornali, fomentata da agguati e aggressioni mafiose.
C poi una terza via, quella della cittadinizzazione25, forse la pi
complessa da seguire, in quanto coinvolge non solo le dinamiche sociali, ma anche il diritto, le scienze politiche e lideologia, perseguendo il fine di integrare i nuovi arrivati in tutti gli aspetti della vita sociale e politica. Si tratta anche del pi difficile da incontrare, proprio
a causa di questa sua complessit.
Per quanto riguarda il nostro Paese, la situazione italiana si presenta variegata, con molte situazioni in cui in cui linclusione subordinata il modello dominante (si pensi alle centinaia di badanti in attesa di essere regolarizzate, o ai tantissimi operai e muratori mantenuti nellillegalit), alcune altre in cui la cittadinizzazione sta
faticosamente raggiungendo un buon livello, ma persistono ancora
occasioni di esclusione, rifiuto ed espulsione.
A questi atteggiamenti gli immigrati e le minoranze solitamente rispondono in tre modi: rifiutando la propria identit etnica pur di venire accettati dalla societ, accettandola ma considerandola in modo
negativo (poich causa della loro esclusione o parziale
integrazione), oppure accettandola in modo positivo attraverso il rafforzamento della propria appartenenza a un gruppo etnico. questultimo latteggiamento auspicato dalla teoria interculturale, nonostante sia quello che comporta i maggiori rischi, in quanto il rafforzamento delle identit etniche pu portare pi facilmente a estremismi
e quindi allo scontro con la cultura dominante. Si tratta anche del
modello pi complesso da analizzare e studiare, dal momento che
laccettazione e la riaffermazione della propria identit producono
25
23
reso diverso. Alcuni segni (colore della pelle, origine, razza, ecc)
vengono caricati simbolicamente e viene loro assegnato un significato
negativo. A questo punto non si cerca certo la comprensione, ma si
vuole piuttosto aumentare la distanza esistente, fino a farla diventare
estraneit e addirittura inimicizia. Queste delimitazioni sono sintomo
di unidentit traballante, che ha bisogno di ristabilire rigidamente i
propri confini, poich pensa di averli perduti. Al contrario unidentit certa di se stessa accetta di aprire i confini.26
Immigrati e minoranze
Nella societ contemporanea lo straniero con cui i rapporti sono
pi problematici limmigrato.
Poich visto come un intruso, un elemento estraneo che arriva a
disturbare lequilibrio, difficilmente ci si sofferma a riflettere sulle
condizioni in cui si trova.
Levento migratorio infatti sconvolge completamente la vita di chi
ne protagonista, investendo la sfera emotiva, fisica e cognitiva, mettendo in gioco molteplici fattori. Sono quindi molte le domande da
porsi per cercare di comprendere meglio il fenomeno.
Anche la semplice definizione di chi sia limmigrato e delle sue caratteristiche, mostra la complessit dellargomento, dato che non ci
sono risposte univoche e nessuno ha lautorit necessaria per dire
quale sia quella giusta.
Quando inizia levento migratorio? Da pedagogista, Aluffi Pentini
afferma che il viaggio inizia per il bambino tre volte: quando ne sente
parlare, quando parte da casa, quando arriva in un nuovo mondo e
inizia un viaggio di scoperta.
Quando si conclude la migrazione? Sempre secondo Aluffi Pentini,
levento migratorio pu dirsi concluso quando si progetta il proprio
futuro nel luogo dove ci si trova e/o quando non ci sono pi le condi zioni di precariet e spaesamento dovute allo spostamento. Questo
26
25
pu anche non avvenire mai, perch non detto che lobiettivo del
migrante sia di stabilirsi definitivamente nel nuovo paese.
Proprio lo spaesamento il sentimento che caratterizza levento
migratorio: spaesamento fisico, culturale ed emotivo. Pu essere dovuto alle difficolt nel trovare modalit di ambientamento e nellintegrare soggettivamente i cambiamenti oggettivi che si sono verificati.
Questo spaesamento viene influenzato, in particolare, da una variabile oggettiva nel rapporto col paese di arrivo, che riguarda la regolarit o meno dellingresso e le chance in senso lato di accesso a opportunit e servizi. Il mancato raggiungimento del benessere sperato
infatti rischia di protrarre a lungo tale spaesamento. La pedagogia interculturale cerca quindi di assumersi anche lobiettivo di facilitare la
capacit del bambino e della sua famiglia di trovare un nuovo equilibrio, integrando soggettivamente e come nucleo familiare il vecchio e
il nuovo.27
da tener presente che la migrazione pu aver portato s un miglioramento materiale delle condizioni di vita, ma contemporaneamente pu aver provocato un brusco e profondo peggioramento del
benessere psicologico ed emotivo. Bisogna perci evitare che le nuove
positive condizioni materiali spingano a minimizzare la portata delle
conseguenze psicologiche di questo cambiamento di vita.
Paradossalmente, proprio queste persone, spaesate e in situazioni
precarie, fanno paura, inducono gli altri a restare a distanza. Il circolo
vizioso di diffidenze reciproche speculari in agguato in una situazione di spaesamento.
Per questo i luoghi per i bambini sono importanti, perch se il
bambino trova un luogo in cui vivere e in cui star bene, questa dinamica rasserena i genitori e aiuta anche loro a vivere nel luogo in cui si
trovano. Quindi lintervento interculturale, per Aluffi Pentini, consiste inizialmente nel creare luoghi nei quali le modalit di accoglienza
rendano possibile linstaurarsi di relazioni positive e significative.
Ovviamente non si pu pretendere che lintervento educativo interculturale venga caricato della piena responsabilit del benessere
degli allievi immigrati, ma sicuramente gioca un ruolo importante.
27
26
29
30
27
Ibidem.
28
33
34
35
29
30
Ibidem, p. 144.
31
Ibidem, p. 146.
Ibidem, p. 148.
Ibidem, pp. 149-150.
32
Come scrive anche Francesca Gobbo: i confini non rappresentano una barriera alla comunicazione e alla comprensione
reciproca40
A questo quarto modello di incontro viene dato il nome di modello omeostatico.
1.2 Pedagogia interculturale
La societ contemporanea, caratterizzata da una forte multiculturalit, richiede un pensiero complesso capace di interpretare e spiegare una realt diversificata, articolata e multidimensionale, grazie al
quale realizzare uneducazione allascolto attivo, allautoconsapevolezza delle proprie emozioni per poter gestire in modo creativo
anche i possibili conflitti.41
Spesso invece ci troviamo di fronte a un pensiero semplicistico e
monodimensionale, il cosiddetto pensiero riduzionista, che ignora e
dissolve gli insiemi complessi e multidimensionali, limitando tutto al
misurabile e quantificabile.
Si delinea quindi la necessit di mettere in atto una pedagogia interculturale, cio quel settore del pensiero delleducazione che delinea le strategie migliori perch soggetti portatori di culture e origini
culturali diverse possano imparare a comunicare fra loro, indipendentemente dalle differenze culturali, linguistiche e comportamentali.
Lagire educativo quindi non pu pi essere inteso come la semplice trasmissione di valori legati esclusivamente a una cultura, a una
lingua e a una nazione, ma deve tener conto dei cambiamenti sociali
legati alla modernizzazione e alla globalizzazione.
Ci non deve tuttavia portare a sottovalutare limportanza della
propria cultura, ma casomai stimolare un desiderio di conoscere criticamente la propria storia e quella delle altre culture attraverso altre
prospettive.
40
41
33
34
35
36
Modelli pedagogici
A seconda del grado di equilibrio tra i tre concetti precedentemente analizzati, si possono individuare delle tipologie di intervento nella
pratica pedagogica interculturale, tra le quali Genovese 50 identifica
due modelli principali situati ai due poli opposti della vasta gamma di
opinioni pedagogiche interculturali.
Il primo modello viene definito assimilazionista: in questo
modello il processo di socializzazione inteso fondamentalmente
come un percorso di omologazione e di adattamento al nuovo contesto sociale e culturale.
Le differenze non hanno rilievo pedagogico, anzi, si cerca di attutirle e di eliminarle, in quanto la loro esistenza viene vista come un
potenziale pericolo.
Viene fuori un modello fondato sul dover essere in cui linsegnante ha un ruolo ispiratore: lazione pedagogica si basa sullesempio, sulla parola e sullesortazione.51
Ci si trova di fronte a una visione non interventista sul piano didattico e poco flessibile dal punto di vista della programmazione: le attivit non si devono modificare perch non bisogna mettere in rilievo
una presenza che potrebbe essere percepita dai bambini autoctoni
come diversa e invasiva.
Dal punto di vista pratico il problema viene affrontato prevalentemente sul piano degli apprendimenti linguistici e delle regole di comportamento, con lobiettivo di un inserimento non conflittuale nella
societ, attuando la cosiddetta pedagogia compensativa, che ha lobiettivo di compensare le lacune a livello linguistico e di contenuti.
Per quanto a prima vista appaia un metodo valido, che mette tutti
sullo stesso piano, in realt non valorizza le differenze personali,
ignorando la loro influenza nei processi di apprendimento e nello sviluppo dei bambini. Francesca Marianna Consonni della GAM di Gallarate52 mette in evidenza questo aspetto quando parla di alcuni bam50
51
52
37
bini che hanno partecipato alle attivit didattiche organizzate dal museo. Alcuni allievi provenienti dal Sud America, cresciuti nella zona
della foresta amazzonica e quindi abituati a un ambiente caratterizzato da forti contrasti di luce e ombra, hanno mostrato di avere una
percezione visiva diversa, pi sensibile alle differenze di luminosit,
rispetto agli altri allievi pi abituati a concentrasi sulle forme degli
oggetti.
Questo metodo, perci, oltre a non trarre alcun vantaggio dalle differenze, rischia di renderle ancora pi evidenti, proprio perch le
considera un impedimento e un handicap. Si tratta inoltre di un metodo impositivo, in cui le conoscenze e le competenze, vengono stabilite dallalto senza tener conto delle capacit personali di chi vi sottoposto. lo stesso tipo di atteggiamento che Sundermeier, in quello
che definisce modello delluguaglianza 53, attribuisce ai conquistatori europei che, allinizio dellera moderna, incontravano nuove popolazioni totalmente sconosciute.
A questo modello fa riferimento la scuola prodotta dal cosiddetto
modello repubblicano, riscontrabile in Francia, in cui la scuola ha il
compito di formare il cittadino francese, qualunque sia la sua provenienza. Questo tipo di modello ha le sue radici nel rapporto della
Francia con le sue colonie e si basa su un patto di scambio tra lo stato
laico e democratico da un lato e, dallaltro, i lavoratori migranti che,
se accettano le regole, grazie al patto diventano soggetti di diritti. 54
Questa acquisizione di diritti ovviamente non si traduce automaticamente in parit sociale: anzi, solitamente questi immigrati, pur ottenendo la cittadinanza, continuano a vivere in condizioni disagevoli e
precarie. Si viene cos a creare una separazione tra cittadini di serie B
e di serie A. Questa situazione stata messa in luce dalla rivolta delle
banlieu francesi nel 2005. Le difficolt dei sobborghi francesi hanno
le loro radici nei piani di ricostruzione che sono stati attuati dopo la
seconda guerra mondiale. Durante il 1950 una carenza di abitazioni
port alla creazione di baraccopoli per accogliere giovani lavoratori
provenienti dalle colonie, prevalentemente dall'Africa del Nord e dell'Ovest. Il paese accolse con gioia larrivo di queste persone, chiamate
53
54
38
39
Il modello differenzialista quello dominante nel mondo anglosassone, in cui si mira alla costituzione di comunit etniche autonome in
assenza per di qualsiasi tipo di scambio culturale. Sono esemplari i
casi della famosa Chinatown a San Francisco e della numerosa comunit indiana in Inghilterra.
I limiti di questo modello (cos come di quello precedente) sono
evidenti: attraverso la valorizzazione unilaterale e assoluta della
propria cultura si vogliono creare mondi separati e incomunicabili fra
loro. Forse pi sottili, perch meno evidenti, ma ugualmente negative
per linterculturalit, sono quelle separazioni che fanno riferimento a
realt e dati oggettivi, come la non conoscenza linguistica, la differenza di comportamento, ecc tutte separazioni che trovano spesso
la soluzione pi adeguata nella formazione di luoghi formativi separati, cio di ghetti.
Un esempio non molto lontano lo si rintraccia nella pratica della
pedagogia per stranieri che si concretizzata nella formazione di
scuole, classi e programmi differenziati.
In Italia la Lega Nord, attraverso una mozione proposta nellottobre del 2008, ha proposto la costituzione delle cosiddette classi ponte per linserimento degli alunni immigrati nel sistema scolastico italiano. La mozione identifica la presenza di allievi immigrati come
causa di difficolt oggettive d'insegnamento per i docenti e di apprendimento per gli studenti57 e prevede lintroduzione di un test
linguistico e di una valutazione generale dello studente straniero, che
se non reputato capace di stare al passo degli altri in una classe normale va a finire in una classe di inserimento. Inizialmente approvata, seppur con un minimo scarto tra maggioranza a opposizione, questa mozione ha scatenato una moltitudine di polemiche, da parte di
esponenti di entrambi gli schieramenti politici, del mondo cattolico e
di esperti delleducazione, che lhanno accusata di essere uno strumento di discriminazione. Il ministro Mariastella Gelmini ha assunto
alcuni dei concetti di questa mozione e li ha inseriti nella Circolare
Ministeriale n.2 dell8 gennaio 2010, che fissa al 30 per cento il nu-
57
40
mero massimo di alunni con cittadinanza non italiana che sar possibile inserire nelle classi.58
Si tratta di un provvedimento che, se da un lato evita la creazione
di classi ghetto, crea comunque delle discriminazioni. Lerrore sotteso a questo provvedimento sta nella frase del Ministro Gelmini che
ha dichiarato non certo un problema di razzismo ma un problema
soprattutto didattico: lo sanno le molte mamme che vedono la classe dei loro figli procedere a due velocit di crescita formativa, con
alcuni studenti che rimangono indietro ed altri che riescono ad andare avanti meglio59. evidente che i bambini stranieri possono
avere maggiori difficolt, ma fatto normalissimo che in una classe i
bambini abbiano velocit di crescita formativa differenti. Gli insegnanti hanno proprio il compito di gestire queste differenze; la motivazione di voler diminuire le difficolt dinsegnamento per i docenti e
di apprendimento per gli studenti appare come un pretesto per soddisfare le esigenze di quei genitori che ancora non vedono di buon occhio la presenza di bambini stranieri nelle scuole dei propri figli, perch preoccupati che ci li rallenti nellapprendimento. Seguendo questo ragionamento, bisognerebbe individuare le caratteristiche
dellallievo standard (che esiste solo nella teoria) e separare tutti
quelli che vi si discostano. Dato che nella pratica la maggior parte degli allievi presenta qualche scomodit60, si dovrebbero sviluppare
un gran numero di classi che separino i bambini a seconda delle loro
capacit, del loro livello e velocit di apprendimento, creando classi il
pi possibile omogenee. Questo ragionamento per non tiene conto
del fatto che i bambini imparano moltissimo osservando anche i compagni e che un ambiente omogeneo offre molti meno stimoli e di conseguenza non accelera lo sviluppo di un bambino con difficolt di apprendimento. Bisogna infatti ricordare che sono molte le conoscenze
(informazioni, regole, comportamenti, linguaggi) che si apprendono
dagli altri, senza che essi ne abbiano avuto lintenzione o se ne siano
resi conto. Il comportamento dei compagni autoctoni risulta molto si58
59
60
41
42
43
Ibidem, p. 21.
44
to egocentrismo, in quanto le differenze interessano anche gli appartenenti alla cultura dominante: interessi, competenze, gusti, variano
da un individuo allaltro anche tra gli autoctoni. Lo si vede nella stessa definizione di Italiani, che comprende persone provenienti da regioni con tradizioni e stili di vita anche molto differenti. Il problema
che queste differenze vengono percepite come meno ingombranti
rispetto a quelle che riscontriamo negli stranieri.
Assistiamo perci a un paradosso in cui, nonostante la diversit e
la variet delle attitudini e delle esperienze degli individui e delle collettivit appaiano una condizione indispensabile allinnovazione e
allo sviluppo, si per ancora lontani dal dare il giusto valore, o
quanto meno il dovuto rispetto alle diversit e alle variet individuali
e collettive.
Bisogna imparare a dare il giusto riconoscimento a ci che diverso da noi: Il modello di vita altrui non [va] considerato come disordine e caos, come barbarico e pericoloso, ma come ordinamento di
un altro.64
Nella prospettiva interculturale la differenza va perci assunta
non come un limite ma come una ricchezza come cammino verso il
superamento delle condizioni esistenti, verso il superamento del livellamento e dellegualitarismo forzato che impoverisce dei talenti
che ognuno ha. La diversit vissuta come possibilit porta alla conquista della differenza.65
Spesso tutti noi tendiamo a leggere e a interpretare le differenze
secondo uno schema noi/loro di tipo rigido (stranieri contro autoctoni) e scarsamente modificabile, per cui lo scambio culturale non
viene percepito come una componente importante della vita di tutti,
ma funzionale solo allinserimento del bambino/ragazzo migrante.66
Secondo la pedagogia interculturale la differenza andrebbe intesa
come un criterio regolativo e riorganizzatore delle attivit didattiche,
dei rapporti interpersonali, come una qualit che riguarda e investe
tutti i partecipanti al processo formativo, per cui tutti dovrebbero imparare a riconoscerla, a convivere con essa e a usarla positivamente.
64
65
66
45
Invece ci accade molto raramente: nelle nostre convinzioni pi profonde quasi sempre lo straniero che deve cogliere le differenze. In
questo modo lo schema noi/loro, diventa fisso e le differenze si cristallizzano e si trasformano in diversit inconciliabili.
Al contrario, se il gioco delle differenze porta a comporre e scomporre continuamente i gruppi che formano il noi e il loro, appare
chiaro che le differenze non sono cristallizzate, ma cambiano in rapporto ai parametri che utilizziamo e, di volta in volta, ognuno di noi
pu trovarsi collocato in versanti diversi e pu interpretare ruoli differenti nelle relazioni interpersonali. 67
Questo gioco delle differenze pu portare ad acquisire la consapevolezza che proprio dallo scambio e dallinterazione nascono elementi innovativi accanto a ci che permane e resiste: passato e presente, tradizione e innovazione.
Il riconoscimento delle differenze di cui ogni allievo portatore
passa anche attraverso la scoperta delle sue capacit, grazie a una pedagogia dellascolto, che consente di sentire e interpretare i bisogni di
ogni bambino, al fine di valorizzare le capacit di tutti loro, stranieri e
autoctoni.
Chi non in grado o non disposto a prestare ascolto allaltro, finisce inevitabilmente col richiudersi nei propri stereotipi e nelle proprie idee.
Un problema che ha bisogno di essere affrontato con una disponibilit di questo genere quello relativo allapprendimento della seconda lingua per il bambino migrante. Un atteggiamento didattico
non aperto allascolto e alla valorizzazione dellalunno porta a interpretare, o per meglio dire a etichettare, la condizione del bambino
straniero come un non alfabetizzato, quando in realt si tratta di
soggetti che non solo parlano bene la loro lingua (o addirittura anche
una seconda, come spesso accade), ma soprattutto sono gi scolarizzati con un altro linguaggio.
Anche la diversa concezione del tempo un fattore che spesso porta lalunno straniero ad apparire agli occhi dellinsegnante molto lento nellesecuzione dei compiti assegnatigli e per questo giudicato negativamente dal punto di vista didattico, come se fosse lento perch
67
Ibidem, p. 9.
46
Per far ci deve assolutamente tener conto delle difficolt materiali, ma soprattutto emotive che i giovani stranieri incontrano nellinserirsi in una societ nuova, a volte diversissima da quella di origine.
Molti insegnanti, inoltre, dimenticano che la scuola stessa ha una
propria cultura, formata da regole e codici di comportamento non
scritti, e che spesso questa molto lontana dallambiente culturale da
cui proviene il bambino straniero. Il bambino, quindi, non solo deve
imparare una nuova lingua per apprendere nuove conoscenze disciplinari, ma deve anche imparare a essere un allievo.
Lo spaesamento, che viene definito anche sradicamento, il sentimento che pi caratterizza lesperienza della migrazione in un paese
straniero; il termine sradicamento fa comprendere bene la situazione
di chi stato distaccato violentemente dal proprio contesto per essere
trapiantato in un nuovo luogo, lo spaesamento mette in luce lo stato
danimo di chi ha perso i propri punti di riferimento. Per questo i luoghi sono importanti: necessario che i bambini trovino un ambiente
rassicurante che diventi loro familiare e in cui star bene, per potersi
poi inserire mano a mano in tutti gli altri luoghi che costituiscono la
societ. in questo senso che lintervento interculturale inizialmente
consiste, secondo Aluffi Pentini, nel creare luoghi nei quali gli stranieri si sentano accolti e nei quali sia possibile linstaurarsi di relazioni positive e significative. Uno di questi luoghi pu essere costituito
proprio dal museo e dallarte, come verr pi avanti mostrato.
Aluffi Pentini mette inoltre in luce il fatto che lapproccio interculturale pu bastare laddove gli interlocutori appartenenti a culture diverse si collocano su un piano di parit dal punto di vista sociale, economico e culturale 68. Ci significa che la parit non deve consistere solo nel riconoscimento della cultura dello straniero, ma
anche nel riconoscimento di pari dignit e pari opportunit di ascesa
sociale. Significa che non vi deve essere rischio di sopraffazione, n
senso di inferiorit. Per questo occorre evitare che qualcuno diventi
il diverso per definizione e venga messo su un gradino pi basso rispetto agli altri. Inizialmente quindi levitare di mettere in evidenza le
differenze di cui il nuovo arrivato portatore pu essere il metodo
migliore per consentirgli di acclimatarsi nel nuovo contesto della
68
48
70
71
72
Ibidem.
49
73
Ibidem, p. 63.
50
Costruzione dell'identit
lidentit viene messa insieme individualmente come un tappeto fatto di tanti pezzi di stoffa cuciti insieme 74
Lascolto, il dialogo e il confronto con lo straniero non solo permettono di aiutarlo nellintegrazione, ma sono una pratica fondamentale per se stessi, in quanto consentono di sviluppare appieno la propria identit, uno dei compiti fondamentali delluomo come essere
sociale e che in una societ complessa come la nostra, in cui assistiamo a preoccupanti fenomeni di omologazione e di massificazione, diventa un tema centrale. Secondo Sundermeier il problema dellidentit nella nostra societ si rafforza perch questa non conosce pi
dei limiti fissi. () non viene valorizzata la stabilit, la
continuit75
Come gi accennato, Sundermeier nel suo modello omeostatico di
incontro con lo straniero afferma che nel confronto fra due persone
lidentit delluna legata allidentit dellaltra, in quanto ci che costituisce lidentit di un individuo quello che allo stesso tempo lo separa dallaltro. Mantenere il contatto con gli altri, quindi, di vitale
importanza e nessuno pu considerarsi autosufficiente da questo
punto di vista.
Questa interdipendenza messa in luce anche dai due processi attraverso i quali lidentit personale di un individuo viene acquisita:
quello dellidentificazione e quello dellindividuazione.76
Il primo il processo che riguarda il rapporto con ci che ci circonda e che attraverso la capacit di rappresentarsi gli altri mentalmente
permette di sviluppare una sana rappresentazione anche di s. Ecco
quindi che, secondo le idee formulate dallo psicologo James, una
persona ha tanti s sociali quanti sono gli individui che lo riconoscono, ne possiedono unimmagine nella mente, sono importanti per
74
75
76
J. Breidenbach, I. Zukrigl, Danza delle culture. Lidentit culturale in un mondo globalizzato, tr. It. Bolalti Boringhieri, Torino, 2000, p. 72.
T. Sundermeier, op. cit., p. 171.
D. Bobisut (a cura di), op. cit., p. 64.
51
Ibidem, p. 65.
L. Pirandello, Uno, nessuno e centomila, Mondadori, Milano, 2008.
Ibidem, p.23.
A. Genovese, op. cit., p. 7.
52
Ibidem.
Ibidem.
53
diventare cos diffuso e potente da influenzare automaticamente lelaborazione dellinformazione, favorendo categorizzazioni senza riflettere 83
La forza dello stereotipo infatti proprio quella di essere recepito
distrattamente, senza che noi ci rendiamo conto dellimportanza che
assume nel determinare i nostri atteggiamenti.
Gli stereotipi, dal punto di vista educativo, ostacolano il processo
di apprendimento, bloccando ogni possibile approfondimento, perch impediscono di osservare com veramente la realt, rimanendo
alla superficie del luogo comune.
Lavorare sul superamento del pregiudizio non facile, perch bisogna non solo far mutare gli atteggiamenti, ma anche riuscire a determinare le condizioni in grado di influire sui comportamenti individuali e di gruppo, cio su strutture radicate in profondit e rinforzate
dal contesto familiare e sociale. Da una parte far collaborare le persone, farle stare a contatto, fare in modo che si conoscano a vicenda pu
far diminuire linfluenza degli stereotipi. Dallaltra parte, risulta molto utile anche la riflessione su se stessi, sui pregiudizi di cui siamo
stati vittime e sul nostro modo di categorizzare gli altri. Giocare uno
dei sistemi pi efficaci per lavorare al riconoscimento e alla denuncia
di stereotipi e pregiudizi. Essi spesso sono molto difficili da rimuovere con le informazioni e le conoscenze, proprio perch si rifanno allordine del simbolico e quindi sono difficilmente permeabili a critiche fondate sul ragionamento. Ridere dei propri stereotipi, invecealmeno per un momento- pu favorire un processo di logoramento
su cui bisognerebbe riflettere con maggiore convinzione. 84
Lo strumento metodologico che pu consentire di lavorare al superamento del pregiudizio il decentramento, cio lacquisizione della
capacit di uscire dal proprio punto di vista per avvicinarsi al diverso
senza renderlo simile a noi, ma riconoscendone ragioni e significati
specifici e particolari.
Nella comunicazione con membri di altre culture necessario variare punto di vista, cio mettere in discussione quellinsieme di valori, senso del tempo, della gerarchia, dello status di cui normal83
84
54
mente non siamo consapevoli85, rendendosi conto che si tratta di visioni parziali del mondo e quindi non assolutizzabili. Per fare ci
occorre costruire esercizi di approssimazione allaltro () attraverso un ripensamento critico delle rispettive conoscenze86, che permettano quellesperienza che Pasquale DAndretta definisce la vertigine dello spaesamento che scaturisce dal percepire come relativo
ci che si era abituati a considerare assoluto, o nel percepire come
culturale ci che si era abituati a considerare naturale.87
La capacit di decentrarsi porta a considerare in maniera diversa,
pi paritaria, le differenti storie di vita e cos sgombrare il campo da
tutti quegli elementi ideologici e culturali che impediscono di affrontare il problema nella sua consistenza pi vera, nella sua dimensione
umana.
Tematiche
Quanto detto finora mostra la complessit dellapproccio interculturale alla pedagogia, complessit che si rispecchia nellattivit di
progettazione delle attivit pedagogiche. infatti necessario tener
presente che non esistono un modello e una tematica che vadano
bene per tutte le situazioni e siano privi di effetti collaterali indesiderati. Potenzialmente qualunque tema, se sviluppato nel modo giusto,
pu essere utile in direzione interculturale. Anche perch di fondamentale importanza ricordare che linterculturalit deve essere il metodo e non il tema, il percorso e non la meta.
Esistono, per, alcune tematiche che meglio si prestano al nostro
discorso.
Si tratta di tematiche significative per tutti i bambini, perch si ricollegano a esperienze della vita quotidiana: giochi, paure, sogni, abitudini, feste, viaggi. Queste tematiche permettono di svilupparne altre pi nascoste come il tema della comunicazione, del dialogo, dellempatia, dellaggressione, della comprensione, della somiglianza,
85
86
87
55
89
56
costruiti e verificati sul campo dalla scuola dellautonomia, concorrono a definire una possibile via italiana allintegrazione.90
In Italia leducazione interculturale ha fatto la sua comparsa piuttosto tardi rispetto ad altri paesi europei. Con la circolare ministeriale
n.205 del 26 luglio del 1990 per la prima volta viene trattato lo spinoso tema dellinserimento degli alunni stranieri nella scuola italiana e
delleducazione interculturale.91 Inizialmente venne sviluppata semplicemente la cosiddetta pedagogia compensativa, volta a colmare le
lacune linguistiche e culturali degli alunni immigrati, che per venne
erroneamente considerata (e ancora oggi questo equivoco duro a
scomparire) educazione interculturale. Aluffi Pentini sottolinea che la
peculiarit dellItalia in questo campo consiste nella capacit di creare soluzioni spontanee che, nonostante singoli casi purtroppo disastrosi, complessivamente ha avuto esiti positivi. La normativa in materia ha, infatti, praticamente da sempre previsto linserimento immediato del bambino immigrato nella classe corrispondente alla sua
et anagrafica, obbligando quindi i docenti a fare ampio uso di buona
volont, spirito di iniziativa e fai da te. Da tutto ci quindi derivata tutta una serie di sperimentazioni ed esperienze, poco sistematiche, che vanno dalla pedagogia sociale, alla pedagogia speciale, alla
pedagogia interculturale. Molte scuole sono cos diventate dei laboratori spontanei di intercultura. Aluffi Pentini ammira tutti questi sforzi
fatti, mettendo per in guardia da uneccessiva improvvisazione e
consigliando agli insegnanti di progettare proposte di intercultura allinterno di solide coordinate concettuali.
90
91
57
92
G. Bevilacqua, Didattica interculturale dellarte, in Quaderni dellinterculturalit n. 22, EMI, Citt di Castello (PG) 2001, pp. 8-9.
58
Larte ha quindi una funzione interculturale poich, secondo Bevilacqua, facilita le relazioni fra gli uomini, in quanto nellesperienza
estetica larte solleva lo spettatore oltre il suo ego: le cose descritte o
rappresentate sono generalizzate, contemplate universalmente;
questo () il piacere estetico e questo fa s che larte educhi al superamento dellego individuale o collettivo (cultura). 93
Vi poi una motivazione che pu essere definita pi politica e che
consiste nella cosiddetta democratizzazione dellarte e della cultura.
In una societ sempre pi multietnica, la necessaria integrazione fra
persone di provenienze diverse passa anche attraverso la possibilit
condivisa di accedere alla cultura e allarte.
Tutte queste motivazioni, che verranno qui di seguito analizzate in
modo pi ampio, permettono di affermare che una didattica interculturale dellarte utile allarte, alla pedagogia e allinterculturalit.
2.1 Aspetti interculturali dell'arte
arte tutto ci che nei diversi luoghi e nei diversi tempi gli uomini chiamano arte (D. Formaggio)94
Come gi accennato, larte stessa interculturale, metafora e indicatore della variet culturale e sociale.
Innanzitutto larte definibile come una forza metaculturale in
cui universale e culturale si toccano95; cio, usando la terminologia
della globalizzazione contemporanea, globale e locale sono sempre
strettamente in contatto.
Questa considerazione porta ad analizzare il concetto di etnico,
spesso usato per etichettare un tipo di arte considerata meno importante, perch legata a culture minoritarie. Dal punto di vista sociologico letnia definibile come collettivit di persone che condividono
consuetudini culturali interiorizzate attraverso un processo conti93
94
95
Ibidem, p. 8.
M. Dallari, C. Francucci, Lesperienza pedagogica dellarte, La Nuova Italia, Firenze, 1998, p. 37.
G. Bevilacqua, op. cit., p. 41.
59
97
98
60
Un altro aspetto importante riguarda il fatto che la storia dellarte una storia di attori in continua movimentazione cosmopolita
e interculturale.99
Si tratta di una movimentazione sia fisica che culturale. Fisica
perch gli artisti e le tecniche si sono sempre spostati da un paese allaltro, portando con s innovazioni e idee che hanno portato avanti
lo sviluppo delle civilt con cui venivano a contatto. Fisica anche dal
punto di vista temporale, in quanto dietro a ogni opera darte c una
tecnica, che solitamente si rif a un tradizione, intesa non come una
rigida serie di regole da rispettare, ma come ci che viene trasmesso di generazione in generazione come degno di fede e di rispetto100.
Ogni individuo nasce sempre dentro una tradizione, una cultura, cresce grazie a esse e talora si fa promotore di innovazioni. La storia dellarte ha visto lavvicendarsi di tradizioni e scuole, con le conseguenti
resistenze e scontri fra gli attori coinvolti.
Sundermeier constata che: nella storia dellarte non si certo
studiato a sufficienza quali tensioni si producano, quando larte circola tra le culture, come le varie culture vengano sfruttate, mescolate, ricomposte e vengano aperte nuove dimensioni della vita e della
convivenza.101
Talora, innovazioni stilistiche sono state introdotte usando mezzi
tradizionali (come nel caso dellimpressionismo e di buona parte della pittura della Avanguardie di inizio 900). Viceversa, tradizioni molto avanzate dal punto di vista tecnico possono essere usate per soluzioni iconiche tradizionali (come accadde con la fotografia pittorialista di fine 800).
Si tratta per anche di una movimentazione culturale, in quanto
ogni artista si muove tra impressioni, informazioni, suggestioni derivate dalle varie culture a lui contemporanee, per raccogliere materiale culturale da mescolare e rielaborare secondo la propria sensibilit.
Lo studio di queste movimentazioni permette di trovare tra artisti e culture artistiche differenti e lontane tra loro similitudini inte99
100
101
Ibidem, p. 61.
Ibidem, p. 59.
T. Sundermeier, op. cit., p. 38.
61
ressanti ai fini delleducazione interculturale. Inoltre, e forse laspetto pi importante, mette in luce la necessit di fare riferimento
alla propria cultura e tradizione, ma con la volont di andare oltre,
aprendosi a novit, cambiamenti e influenze esterne.
Strettamente legata a quanto sopra, troviamo lidea di evoluzione
delle culture figurative. Ogni cultura figurativa possiede una sua storia, ma occorre fare attenzione al fatto che non esiste un unico modello evolutivo. Inoltre anche le culture apparentemente prive di evoluzione o di movimentazione, se analizzate pi attentamente, rivelano
svolte e rotture. cos possibile abbandonare la concezione evoluzionistica delle culture, che porta alla loro gerarchizzazione.
Larte, o meglio, la storia dellarte una storia di punti di vista e di
interpretazioni: sia chi produce lopera darte, sia chi la guarda ne d
una propria lettura. La didattica interculturale insegna a dare ascolto ai punti di vista diversi, anche ai pi insoliti e lontani dal proprio
modo di pensare. La storia dellarte non pu che trarre giovamento
da un atteggiamento del genere, come verr pi avanti analizzato.
Esistono inoltre nodi concettuali come immaginario, pratica artistica e territorio che, pur nelle loro differenti accezioni, sono stati
considerati da varie culture come capaci di unire in un sogno di condivisione lumanit diversificata.102 Per esempio limmaginario comune a ogni popolo, non appannaggio di una sola cultura, in quanto in tutto il mondo gli esseri umani sono sempre stati impegnati a
dargli un senso e unespressione. Esso stato di volta in volta investito di valori religiosi, o ideologici, o puramente estetici, o in un certo
modo utilitaristici. Anche il concetto di pratica artistica accomuna
culture di tutto il mondo, focalizzando inoltre lattenzione sulla materialit tecnica dellarte e dunque sulla capacit manipolatoria comune
a ogni popolo.103 Questi elementi comuni permettono di avvicinare le
varie culture artistiche e di porle tutte su un piano di parit.
Nel corso della storia ci sono stati artisti, collezionisti, correnti artistiche e mecenati attenti e interessati alla diversit culturale presente nel mondo dellarte.
102
103
62
104
105
106
63
107
108
Ibidem, p. 68.
Ibidem, p. 71.
64
Ibidem, p. 28.
65
Ibidem.
Enciclopedia Universale dellarte, III, Istituto Geografico De Agostini, Novara,
1980, col. 701, in G.Bevilacqua, op. cit., p.47.
66
67
Come gi accennato, laggettivo primitivo rivolto anche allartista che, pur vivendo nella societ tecnologica, volontariamente regredisce allingenuit istintiva delluomo arcaico. Regressione che
spesso allinsegna di un archetipo che anche un luogo comune:
quello del buon selvaggio, ingenuo, primordiale, innocente. Tale artista cerca nel modello primitivo un modo per ridurre la complessit del reale. Proprio perch di riduzione si tratta, non c intercultura,
ma anzi autoriflessivit. In fondo non si esce da se stessi. quello che
Sundermeier definisce modello di complementarit112 nellincontro
con lo straniero.
Sempre Sundermeier analizza le esperienze di Paul Gauguin, Pablo
Picasso, Emil Nolde e di tutti quegli artisti dellepoca moderna che
hanno rivolto lo sguardo fuori dallEuropa.
Il viaggio di Gauguin a Tahiti non un cammino verso gli altri,
verso gli stranieri, ma una fuga per cercare se stesso. Questo non vuol
dire che fosse completamente isolato e immune dalle influenze dellambiente culturale che lo circondava. Per, pur interagendo e vivendo con gli autoctoni, non diventato uno di loro, perch ha continuato a vederli da una prospettiva europea, cio come selvaggi. Anche
la sua arte, pur subendo linfluenza degli stimoli polinesiani, rimane
unarte europea, seppure mutata e arricchita.
Picasso ha guardato allarte africana perch affascinato dalle sue
forme inusuali, non le ha per percepite in se stesse, n gli interessato comprenderle. Gli sono solo servite per la scomposizione e la destrutturazione delle leggi di forma e stile fino ad allora vigenti.
Un altro esempio il caso di Nolde, che prese parte a una spedizione dellufficio coloniale imperiale in Nuova Guinea. Qui lartista non
era interessato al contatto sociale con la popolazione locale, ma cercava gli originali e immaginari uomini primordiali, incontaminati e
puri come la natura in cui sono immersi.
Queste autoriflessivit e regressione possono dar luogo a esiti diversi: alleclettismo come surrogato della complessit, allesotismo e
infine alla ricerca partecipante del mondo primitivo che () pu
condurre al riconoscimento dialogico di un mondo estetico altro. In
questultimo caso le contaminazioni formali si basano sullaccetta112
68
69
oggi sembrano dividerci dai nostri vicini e concittadini appartenenti a culture altre.116
Strana invece quellopera che, pur richiedendo uno sforzo di
comprensione, rientra comunque nel contesto dellosservatore.
Quando dunque usiamo il termine straniera il riferimento contenutistico, cio riguardante la distanza dai nostri contenuti. In questo
senso anche molta dellarte contemporanea, pur essendo prodotta da
artisti appartenenti alla nostra cultura, pu essere considerata straniera a causa della sua indecifrabilit.
La maggior parte delle opere contemporanee sono infatti caratterizzate da ambiguit e mistero, sono strane e insolite, in quanto sporgenti dal flusso percettivo, capaci di costituirsi come figure staccate
dallo sfondo culturale in cui sono inserite. 117 Richiedono poi uno sforzo interpretativo notevole, in quanto non ancora storicizzate e quindi
non del tutto codificate e comprese.
Lapproccio interculturale pertanto non permette soltanto di approcciarsi allarte straniera, intesa come appartenente a culture a noi
contemporanee, ma anche di comprendere meglio larte del passato e
quella contemporanea appartenenti alla nostra stessa cultura.
Bevilacqua indica il metodo comparativo (che verr pi avanti analizzato) come il pi indicato alla comprensione dellarte straniera.
Per facilitare questo processo di comprensione, inoltre, suggerisce
di far rivivere e rifare il processo che diede vita a quellopera, per stimolare un sentimento di empatia verso lautore. Una osservazione
partecipante118 che conduce non tanto a una fruizione erudita, quanto a un rivivere in profondit il processo creativo. Il comprendere attraverso il fare una concezione dellattivit didattica e pedagogica
che annovera tra i suoi fautori e sostenitori grandi nomi della pedagogia, da John Dewey a Maria Montessori, ed alla base della didattica dellarte cos com praticata nei musei. Bruno Munari sosteneva
che comprendendo il linguaggio degli artisti si comprendono gli arti116
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sti e le loro opere. Lo stesso pu essere fatto con le opere darte straniere, secondo lopinione di Bevilacqua. Dallari e Francucci pongono
in risalto lidea di comprensione rispetto a quella di spiegazione, in
quanto questultima una pratica passiva, mentre la prima unoperazione attiva e laboratoriale.
La comprensione non ha soltanto lobiettivo di capire larte, in
quanto se il processo di comprensione veramente riuscito, losservatore non pi lo stesso. Lincontro ha cambiato lui e i suoi criteri119, ora consapevole dei propri limiti e i suoi canoni sono stati
messi fortemente in discussione.
Sundermeier mette in guardia da modelli di incontro che potrebbero portare a esiti deludenti. Per esempio il modello giocato sulluguaglianza, secondo cui non ci sarebbero opere darte straniere perch tutte le opere darte sono uguali: lestraneit cos negata in
nome della pari dignit di ogni notevole creazione umana. Vi poi il
modello inverso, che mette in primo piano la distanza: lopera darte
straniera mi totalmente estranea e la addomestico, cio la faccio entrare nel mio angolo dellesotico. Infine vi un modello di incontro in
cui lopera darte straniera cercata perch essa l per completarmi.
Questi modelli negativi lasciano trapelare comunque esigenze e
stimoli autentici.
Spetta alleducatore, partendo da essi, portare il soggetto a riconoscere la diversit, la distanza di unopera, prodotto di una cultura locale e nel contempo patrimonio dellumanit.
2.3 Importanza dell'arte per l'interculturalit
Lutopia di vivere insieme, riconoscendo non solo laltro, ma anche la sua storia, pu trovare nelle arti visive e nei loro prodotti un
efficace fil rouge. Larte pu essere vista come strumento, interconnessione, modus operandi, chiave di lettura in linea con indirizzi pe-
119
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care il senso nascosto e profondo del reale: nasce cos la voglia di conoscenza e di andare oltre il momento dello stupore. questo atteggiamento di curiosit che va stimolato, affinch lincontro con lo straniero non venga pi vissuto in modo negativo, ma come momento di
apertura al mondo e a nuove scoperte. Ovviamente si tratta di unesperienza che pu destabilizzare: lesperienza estetica sempre un
piccolo trauma, uno shock collegato, poco o tanto, a quelle categorie
di vertigine e di rischio che accomunano tutte le significative esperienze del sentimento e dellemozione 123: lo stesso shock che si pu
provare davanti a qualcosa di straniero. questa paura di perdere lorientamento e lequilibrio che scatena il timore verso lignoto e lo sconosciuto, portando al rifiuto per tutto ci che non familiare.
Per Fiorenza Mariotti oggi le occasioni di stupirsi sono rare. Da
una parte linformazione incessante e selvaggia appiattisce e omologa
ogni evento, rendendo tutto ovvio o utile solo per limmediato consumo, e quindi volatile. Dallaltra parte il sovraccarico di stimoli, per lo
pi visivi e uditivi, rischia di saturare e portare al cortocircuito la percezione.124
Questo appiattimento porta a una sorta di irrigidimento mentale, a
causa del quale lincontro con ci che diverso viene vissuto come
qualcosa di negativo e disturbante, dal momento che non siamo abituati ad affrontarlo.
Il contatto con larte pu quindi aiutare a mantenere in allenamento questa capacit di stupirsi e di incuriosirsi.
Decentramento, pensiero critico e costruzione dellidentit.
Entrare in contatto con larte e la sua complessit permette lo sviluppo e lampliamento dei propri orizzonti, attraverso la comprensione di come un concetto o unidea possano essere declinati e interpretati in modi molto diversi. Il nostro punto di vista, della cui validit
eravamo cos convinti, viene messo in forte discussione dallincontro
con la testimonianza di unopinione diversa. per questo che a volte
unopera darte ci infastidisce, perch rende palese la relativit del
nostro punto di vista.
123
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Nel corso della storia dellarte le opere del passato sono state interpretate in modo differente a seconda del patrimonio di conoscenze di
chi le guardava: questo fa comprendere come le culture siano tuttaltro che scienze esatte o regole immutabili e come gli avvenimenti del
passato e del presente difficilmente siano descrivibili e analizzabili in
modo totalmente oggettivo. Anzi, tutto viene interpretato alla luce
delle proprie esperienze pregresse.
Questa complessit dellarte, inoltre, permette di imparare a riconoscere e valorizzare le differenze, ostacolando cos lomologazione
del pensiero a cui la nostra societ tende. Se infatti da un lato la globalizzazione ha portato a un mescolamento delle culture e quindi a
una maggiore variet sociale e culturale, assistiamo contemporaneamente alla diffusione di un modello di vita dominante, quello occidentale, che esporta i propri valori, mode, idee e prodotti in tutto il
mondo. Persone di varie parti del globo vedono gli stessi film, indossano vestiti delle stesse marche, frequentano gli stessi social network.
Questo rischia di portare a unomologazione di gusti e idee, ma soprattutto a unincapacit di muoversi nelluniverso delle comunicazioni e dei saperi in modo critico, selettivo e autonomo125 facendosi
trascinare dalle mode o dalle opinioni di chi si proclama pi esperto o
competente.
Si tratta perci di utilizzare larte per sviluppare un pensiero critico, ovvero una autonomia di giudizio e rifiuto del dogmatismo
aprioristico126, che partendo dal campo dellarte poi applicabile allintera realt circostante. Ci significa arrivare a essere in grado di
selezionare e confrontare le informazioni per poter scegliere consapevolmente e non per accettazione o abitudine, come invece accade
molto spesso. questinclinazione ad accontentarsi della rassicurante gratificazione del riconoscimento127 a fare la fortuna dei pubblicitari, che sfruttano i marchi per indurre i consumatori allacquisto.
125
126
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Ibidem, p. 55.
T. Sundermeier, op. cit., p. 158.
Ibidem, p. 159.
75
Scoprire che una persona, proveniente da una cultura apparentemente inconciliabile alla nostra, prova i nostri stessi sentimenti davanti a un dipinto o parlando di un determinato tema, permette di accorciare la distanza che ci separa e dispone maggiormente allascolto,
anche di ci che inizialmente non comprendiamo o non approviamo.
Anche i linguaggi utilizzati dallarte (limmagine, la gestualit)
hanno caratteristiche quasi universali e quindi favoriscono la comunicazione non verbale. Ovviamente occorre tenere conto dellambiguit insita in questi linguaggi, che pu portare a fraintendimenti. Le
stesse immagini infatti possono avere significati diversi a seconda del
contesto e della cultura di chi le osserva, come anche i gesti e i movimenti del corpo. Un esempio semplicissimo quello del gesto che
consiste nel muovere la testa in su e in gi: in quasi tutti i paesi del
mondo vuol dire "s", tranne in Grecia, Bulgaria, Turchia e Jugoslavia
dove significa lesatto contrario.
Larte poi patrimonio di tutti, chiunque pu accostarvisi se munito degli strumenti adatti. La didattica dellarte perci aiuta il processo di integrazione interculturale, fornendo strumenti uguali per
tutti, necessari a entrare quasi fisicamente nella cultura di una societ. Perch lintegrazione passa anche attraverso la condivisione della
cultura.
Infine permette lo sviluppo di una cittadinanza attiva, cio lacquisizione di valori utilizzabili e praticabili e la presa di posizione
sui problemi che hanno per oggetto il bene comune.131
Questa tematica verr affrontata in modo pi approfondito in seguito.
2.4 Approcci e metodi didattici
Una didattica dellarte che guarda allinterculturalit coinvolge sia
la sfera emotiva che quella delle conoscenze. Per questo motivo chi
opera nellambito della didattica interculturale deve innanzitutto decidere quale obiettivo vuole raggiungere: la conoscenza dellarte stra131
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77
primo incontro, che potrebbe essere utile sviluppare attraverso attivit ludiche, permette di creare quel terreno comune a tutti (stranieri e
non) che, oltre a mettere i soggetti su un piano di parit (in quanto
non richiede competenze disciplinari), consente di mettere in campo
sensazioni ed emozioni per scoprire affinit e differenze con quelle
degli altri. Si crea cos unesperienza condivisa che oltretutto permette di acquisire competenze e saperi in modo divertente, attraverso
lattivit pratica del gioco e del laboratorio.
In un secondo momento, attraverso il metodo autobiografico, si
collegano queste sensazioni a esperienze vissute e a conoscenze pregresse, aiutando cos a sviluppare capacit comunicative e di ascolto,
portando alla consapevolezza della limitatezza del punto di vista di
ognuno e della necessit di aprirsi agli altri e alle loro culture personali. Infine, una volta acquisite queste capacit e questa flessibilit
mentale, si potr passare alla conoscenza di culture straniere utilizzando il metodo comparativo, per interpretarle e relazionarle alla cultura autoctona.
Il gioco come metodo
Il gioco viene definito unattivit volontaria, senza finalit contingenti, con determinate regole e valenze simboliche133 ed fondamentale per lo sviluppo del bambino. Infatti, bench non risulti produttivo perch non produce nulla di materiale, non significa che sia
unattivit inutile. Favorisce infatti lo sviluppo armonioso di tutte le
abilit e capacit umane dal punto di vista cognitivo, emotivo e motorio; educa alladattamento alle regole, alla socializzazione ed funzionale alla creazione di modelli culturali attraverso il meccanismo della
simulazione. in grado, insomma, di far tirare fuori al soggetto il
meglio di s, oltretutto in modo piacevole e divertente.
Il gioco una delle variabili psichiche cruciali della nostra esistenza.134 Ci sono tanti tipi di gioco che rispondono a bisogni altret133
134
Ibidem, p. 67.
78
tanto diversi e sottovalutarne limportanza dal punto di vista evolutivo sarebbe un grosso errore.
Il gioco stato oggetto di studio e di analisi di molti studiosi, i quali mettono in luce il suo forte legame con la societ e la cultura della
civilt allinterno della quale si trova. Secondo lo psicologo statunitense Jerome Bruner135, per esempio, il gioco umano sviluppa labilit
di capire quale comportamento adottare in una determinata situazione e come metterlo in atto coordinando le proprie capacit mentali e
gestuali.
Secondo lo psicologo Jean Piaget136 il gioco un elemento cruciale
nel corso di tutta linfanzia dato che assolve, progressivamente, a varie funzioni: si parte dalla semplice manipolazione, passando alla padronanza funzionale, per giungere poi al gioco di imitazione. Si tratta
di tre attivit legate alla prima fase del processo evolutivo del bambino, nella quale avviene lassimilazione della realt agli schemi della
propria attivit sensoriale e motoria, attraverso la ripetizione di ci
che si visto fare. Proseguendo nella crescita, il bambino passa poi al
gioco simbolico (la fase definibile del far finta che) e ai giochi di
fantasia pi complessi di tipo sociale, dove intervengono sostituzioni
pi elaborate e linguaggio pi complesso. Nella fase della scuola elementare il gioco simbolico di fantasia viene progressivamente sostituito dal gioco con regole. Queste attivit sono legate al processo di
accomodamento delle azioni e degli oggetti appresi, attraverso il quale il bambino pu svolgere un'osservazione attiva sull'ambiente, tentando di dominarlo.
Il gioco unattivit importante anche dal punto di vista interculturale perch permette di sviluppare le competenze necessarie a relazionarsi col mondo attraverso la sua universalit e transculturalit, autoformandosi in modo divertente137 ed molto fruttuoso dal
punto di vista della costruzione di sentimenti dappartenenza, nuove
amicizie, legami e solidariet. Aiutando a conoscere meglio se stessi e
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79
gli altri, il gioco permette quindi ai bambini di appropriarsi delle abilit necessarie alla vita nel proprio contesto culturale.
Il gioco sociale, per esempio, permette il riconoscimento dellaltro
come identit autonoma (molto importante dal punto di vista interculturale), attraverso lindividuazione di ruoli per i vari giocatori,
ruoli che interagiscono e vengono sempre scambiati, per consentire
lesperienza di identificazioni contrarie.
La maggior parte dei giochi poi richiede il rispetto di regole fondate su un mutuo consenso: si tratta dei giochi di gruppo, che permettono di comprendere limportanza di una regolamentazione allinterno
della vita di una comunit (piccola o grande che sia), ma soprattutto
aiutano a prendere coscienza della convenzionalit delle regole. Si
tratta di obiettivi molto importanti sul piano dello sviluppo sociale e
morale e rappresentano un punto importante della didattica interculturale, la quale pone attenzione alla relativit dei valori. In un momento successivo il gioco di gruppo evolve nel gioco di squadra, che
caratterizzato dalla contrapposizione di due fazioni, favorendo cos
lidentificazione attorno a un simbolo comune e sviluppando la coesione e la collaborazione allinterno di un gruppo.
Il gioco legato allespressivit del corpo che emette e riceve messaggi, in modo consapevole o involontario: i giochi sono quindi una
sorta di dialogo, esigono un interlocutore, sono estroversione e consentono di sviluppare le capacit comunicative del bambino. Dal punto di vista didattico questa caratteristica una splendida risorsa per
educare e comunicare, soprattutto quando la tradizionale trasmissione frontale dellinformazione non basta (come accade spesso per i
temi dellinterculturalit). Il gioco in grado di scardinare il classico
schema comunicativo formato da emittente/messaggio/ricevente.
Nessuno di questi tre elementi presente, esiste solo un ambiente
creato dalle regole, in cui i giocatori agiscono contemporaneamente,
abitandolo e conoscendolo meglio.
Dal punto di vista socio-culturale il gioco un modo per avvicinarsi alle altre culture scoprendo le diversit e le similitudini con la propria, poich la tipologia dei giochi praticati da un popolo rispecchia i
valori della loro civilt. Il gioco infatti, secondo lo storico olandese
80
81
Questo modello d maggiore importanza allo sviluppo di competenze relazionali che non alla trasmissione di nozioni, infatti, come
scrive DAndretta, la cosa pi importante non la quantit delle
informazioni che si riesce a fornire agli studenti, ma la qualit della
loro partecipazione e del loro coinvolgimento142.
Per quanto riguarda il mondo dellarte e la sua didattica, il gioco
ha sempre avuto un ruolo importante.
Gli artisti stessi amano mettersi in gioco e giocare, perch il gioco
simula la vita e permette in qualche modo di ricrearla e modificarla a
proprio piacimento. Paul Klee, per esempio, incarna lartista moderno che gioca con larte come un bambino. La sua ispirazione ludica
diventa metafora esistenziale e investe anche i campi della sperimentazione tecnica. Lartista gioca con larte in modo intimo e privato e ha capito che la relazione tra arte e mondo infantile alla
base di molte creazioni artistiche. 143 Forse per lartista/giocatore
per antonomasia Marcel Duchamp, che insieme agli artisti dadaisti
e surrealisti port avanti il filone ludico della casualit e dellimprevedibilit come espressione dellantiarte del Novecento.
Anche lagire dellartista contemporaneo molto legato al gioco
(Il mio lavoro consiste nel giocare144 affermava Allan Kaprow).
Un esempio italiano di artista che lavora col mondo del gioco
Pino Pascali. Nel suo ciclo di opere dedicate alle armi trasforma questi oggetti inquietanti e distruttivi in grandi sculture a forma di giocattoloni, rifacendosi al tipico gioco dei soldatini e trasportando cos
nel mondo dell'arte l'infanzia e il gioco. Nella serie degli animali, invece, l'artista vuole ricostruire una nuova Arca di No ingigantita dall'occhio di un bambino, creando grandi animali leggeri come nuvole
oppure realizzati come giochi di peluches sovradimensionati.
Scrive Bobisut: lartista contemporaneo oltre che essere sapiens e
faber anche ludens, utilizza il play (il comportamento) e il game
(sistemi di regole e schemi di azione) spiazzando volutamente lo
spettatore a cui d sempre scacco matto attraverso processi di si142
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tanti perch sono il nostro mezzo per entrare in relazione con gli altri
e con lambiente circostante. Spesso per i bambini non sono abituati
a parlare di ci che provano, perci attraverso il metodo autobiografico hanno la possibilit di imparare a nominare le emozioni passando
cos da una conoscenza implicita a una conoscenza esplicita151. La
prima riguarda la semplice constatazione di ci che si prova, la seconda permette di comunicarlo.
Il metodo autobiografico un approccio mentale, che allo stesso
tempo diventa un modo di relazionarsi, aprendo uno spazio per accorciare le distanze () per far emergere le risonanze e la corrispondenza tra le storie e nel contempo portare alla luce le differenze
() e rispettarle. 152
Infatti, la pratica autobiografica non inibisce le relazioni umane,
n porta a chiudersi in se stessi, come pu apparire a un primo sguardo. Educando a distinguersi e conoscersi come individui e valorizzando la visione personale delle cose, permette allo stesso modo di comprendere le ragioni degli altri, dei motivi in base ai quali pensano e
agiscono in una determinata maniera. Infatti prendere coscienza del
valore della propria autobiografia fa comprendere che lo stesso rispetto va riservato a quella degli altri.
Si tratta di quella che Demetrio definisce educazione allegotismo
solidale153.
Lautobiografia uno scrivere per laltro e con laltro154, infatti da
un lato raccontare la propria storia inevitabilmente porta a narrare
anche le storie di coloro che vi sono coinvolti, e dallaltro lato il lavoro
autobiografico presuppone il dialogo e quindi ha bisogno di aprirsi
alla narrazione, allaltro, alla comunicazione.
Non si tratta per di realizzare una classica intervista; in essa i
ruoli dellintervistatore e dellintervistato non sono intercambiabili,
ma fissi e passivi e la relazione priva di coinvolgimento emotivo.
151
152
153
154
Ibidem.
S. Bodo, E. Daffra,S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura di),
op. cit., p. 23.
D. Demetrio, op. cit., p.167.
D. Demetrio, op. cit., pp. 133-134.
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157
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86
160
P. Canova, Narrarsi e narrare con le immagini, in R. Spadaro (a cura di), Metodologie interattive nel lavoro didattico interculturale, Associazione Fratelli
dellUomo, Milano, 1999.
T. Sundermeier, op. cit., p. 38.
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88
Daltro canto non dobbiamo comparare tutto: non ci interessa lelenco completo delle affinit o delle diversit; si cadrebbe nel rischio
di dover adottare modelli astratti, addirittura statistici.
C la necessit che leducatore proponga alcune semplici categorie
per orientare il lavoro di comparazione. Infatti il senso di differenti
civilt lo possiamo confrontare solo mediante categorie generali che
possiedono una loro forza euristica universale.
La risposta a ciascuna domanda chiaramente chiama in causa una
pluralit di scienze. La crescita interculturale quindi basata su un
pensiero relazionale, interdisciplinare.
Infine, quali verifiche predisporre? Secondo la didattica per concetti, una valutazione correttamente intesa deve avere le caratteristiche della diffusivit (cio non limitarsi al momento finale), della
metaconoscenza (valutare per rimettere a fuoco i propri stili cognitivi), della riflessivit (cio il momento del controllo e miglioramento del processo di apprendimento attivato). 162 Il docente avr cura
di verificare la padronanza concettuale dellalunno, ossia lorganizzazione delle informazioni raccolte, attraverso processi di gerarchizzazione, di definizione per affinit e diversit, di inclusione, di enumerazione ed etichettatura di eventi, fatti e via dicendo.
Tutto questo lavoro ha come meta finale la capacit di assumere
proceduralmente il punto di vista dellaltro.
In questo approccio linterculturalit pi un metodo per studiare
larte che un modo per sviluppare un nuovo modo di pensare e di relazionarsi agli altri. Ovviamente la forma mentis richiesta da questo
lavoro di comparazione porta a sviluppare unapertura mentale e una
capacit di analisi che aiutano molto nelleducazione interculturale.
Limpressione per che manchi la parte relazionale e interpersonale
che sono fondamentali nella pratica interculturale.
Risulta inoltre un po difficile nella pratica disporre una visione
dinsieme e dei valori profondi che animano il tempo storico e la lunga durata di una civilt. Chi pu ritenersi in grado di conoscere cos
approfonditamente una civilt e la sua cultura da poterla riassumere
in un museo virtuale che la esemplifichi alla perfezione e nella sua
totalit? Gi difficile unoperazione simile con la propria cultura di
162
Ibidem, p. 89.
89
90
Ibidem, p. 180.
G. Bevilacqua, op. cit., p. 93.
91
si scopre che i segni hanno dei sovratoni168 che danno loro una forza simbolica. qui che lopera dovrebbe apparirci quale campo di ricerca dei caratteri fondamentali di unepoca o pi in generale di un
paradigma di civilt. Essa allora va oltre il dato figurativo immediato
o convenzionale e, collocata nel tempo della lunga durata di un popolo e della sua storia collettiva, attinge e rivela i criteri di fondo di una
cultura e di una civilt. Lopera darte letta come significante di un
contenuto essenziale razionale.169 Tale contenuto obbliga a chiamare in causa anche altri saperi, e quindi a vagliare ipotesi comparative.
Scavando, unopera infine rivela quello zoccolo duro della sua cultura dappartenenza di cui testimonianza diretta. Sundermeier suggerisce limportanza dellempatia in questa fase dellinterpretazione,
cio della capacit di calarsi spontaneamente nel mondo diverso, senza per perdersi in esso e senza necessariamente approvarne le scelte
e i comportamenti170.
Il contenuto essenziale portato alla luce dalliconologia pu avviare
lopera in esame verso una pratica di riconoscimento e di identit.
Dal punto di vista didattico e da quello della pedagogia comparativa essa presenta un indubbio vantaggio: cogliendo legami di una rete
profonda, liconologia pu davvero aiutare listanza comparativa e
dunque una svolta cognitiva interculturale. Ha per anche dei grossi
difetti: da un lato ha in s il rischio di svalutare in qualche modo lartista facendone uninconsapevole e laboriosa formica che trasporta
significati impliciti pi grandi di lui. Dallaltro lato irrigidisce lapproccio allopera darte, come se esso fosse possibile solo allinterno
di una struttura tassonomica rigida e portasse solamente alla scoperta del senso essenziale dellopera.171
Come precedentemente detto a proposito del metodo comparativo
generale, anche nel procedimento iconologico individuabile una
mancanza di attenzione verso lo sviluppo di capacit relazionali e comunicative.
168
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92
La Ricerca-Azione
Per Ricerca-Azione si intende una concezione della ricerca che ha
come obiettivo non tanto lapprofondimento di determinate conoscenze teoriche, ma lanalisi di una pratica relativa a un campo di
esperienza (come la pratica educativa) da parte di un attore sociale
con lo scopo di introdurre, nella pratica stessa, dei cambiamenti migliorativi.
Molte delle caratteristiche di questapproccio corrispondono agli
obiettivi della didattica interculturale, quindi risulta essere un buon
metodo sia per la progettazione dei laboratori didattici, sia per la loro
realizzazione. Si tratta per di una metodologia rivolta principalmente agli adulti.
un approccio nato negli anni Quaranta e teorizzato per la prima
volta dallo studioso inglese Kurt Lewin. Alla base di questo metodo si
trovano lidea che la ricerca non debba essere neutrale, ma debba
diventare agente di cambiamento e di emancipazione sociale, e lidea
che lo scopo della ricerca-azione non sia quello di ampliare le conoscenze, ma di risolvere problemi che si presentano nellambito di un
contesto lavorativo o sociale. Tale approccio prevede un rapporto di
collaborazione e di confronto fra ricercatori e attori, sia nella fase di
definizione del problema, sia nella gestione della concreta attivit di
ricerca; viene inoltre posta unattenzione particolare al contesto ambientale e alle dinamiche sociali, intese sia come possibili elementi
del problema che come risorse per il cambiamento, nonch alla dimensione formativa della ricerca. inoltre caratterizzato da una circolarit fra teoria e pratica.
Le parole chiave della Ricerca-Azione sono:
- complessit, cio attenzione a tutti gli aspetti di un fenomeno e a
tutte le dimensioni dellessere umano;
- ascolto sensibile basato sullempatia;
- ricercatore collettivo, cio il soggetto della ricerca costituito dal
ricercatore e da tutti gli attori implicati;
- cambiamento, infatti scopo della ricerca lintroduzione di cambiamenti migliorativi;
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Fasi di lavoro
Innanzitutto ai bambini viene raccontata una storia: Tim era proprio arrabbiato. Aveva di nuovo litigato con Tom, il suo cugino preferito che, quando lo faceva arrabbiare cos, non era poi cos il suo preferito!...
Laveva invitato a giocare a casa sua, come faceva spesso. Tutto era
andato a meraviglia, finch Tim non aveva proposto di giocare agli
esploratori. Suo cugino aveva risposto di no, dicendo che si trattava
di un gioco noioso. Non vero! un gioco divertentissimo! aveva
ribattuto Tim. Macch! Lo sanno tutti che una barbae poi non si
pu giocare qui, perch questa stanza troppo piccola... Troppo
piccola! Ma se grandissima! Ci stanno dentro anche tutti i miei giochi! aveva risposto Tim, sempre pi arrabbiato. Cos avevano iniziato a litigare: ogni volta che uno diceva una cosa, laltro ribatteva affermando il contrarionon cera niente da fare: non riuscivano proprio
a mettersi daccordo cos Tim, furibondo, si era rifugiato in soffitta,
dove non andava mai nessuno e dove avrebbe potuto starsene un po
in pace.
Dopo un po, gironzolando per la soffitta, Tim trov uno scatolone
ricoperto di polvere. Sopra cera scritto LENTI MAGICHE.
Incuriosito, lo prese e lo port in cameretta per farlo vedere a Tom.
Aprirono lo scatolone e videro che era pieno di vetri colorati, pezzi di
plastica, retine e stoffe non sembravano nulla di speciale
Tim, un podeluso, prese in mano un pezzo di plastica blu, lo rigir
un pofra le dita, poi pens che le lenti servono a guadarci attraverso:
cos chiuse un occhio e avvicin la lente blu allaltro.
Meraviglia!!! Tutta la sua stanza era diventata blu!!! Improvvisamente sembrava di essere finiti in fondo al mare! Il suo letto era uno
scoglio sommerso, larmadio una grotta in cui dormivano dei pesci
variopinti e il lampadario un simpatico pesce palla.
Anche Tom volle provare, ma quando avvicin il pezzo di plastica
agli occhi, la stanza divent lo spazio pieno di stelle e pianeti, il letto
unastronave e il lampadario il sole luminoso.
Tim Prov unaltra lente, una rosa: eccolo magicamente trasportato in un dolcissimo mondo di dolci, tutto rosa, fucsia e violetto.
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Nella fase successiva, loggetto della sperimentazione un compagno. Viene osservato da vicino, da lontano, da dietro, a testa in
giLo si vede sempre uguale? Cosa si vede da vicino? Cosa da lontano? Viene poi osservato attraverso le lenti. Sembra diverso? Ogni
filtro lo trasforma in un personaggio. Ecco allora che ai bambini
viene chiesto di fare il ritratto del proprio compagno, visto attraverso
un filtro a propria scelta. A questo personaggio viene poi assegnata
una storia, un carattere e dei gusti, attraverso un testo scritto, una serie di disegni o un racconto orale.
Nellultima fase, si pu passare alla ricerca di personaggi tipo riscontrabili nei miti e nelle fiabe di culture diverse, partendo sempre
da quelle personali dei bambini. Si potr allora confrontare il personaggio del mago nelle fiabe cinesi e in quelle africane, oppure vedere
com la figura del guerriero nella mitologia europea e in quella giapponese. In questa fase le possibilit di sviluppo sono tantissime, occorre quindi tener conto degli interessi dei bambini coinvolti, cercando anche di fare collegamenti con limmaginario contemporaneo, costituito da personaggi ed eroi di film e cartoni animati.
Versione per la scuola secondaria di primo grado e secondo grado
Questo laboratorio pu essere modificato e adattato a utenti un
popi grandi.
In questo caso si salter la parte riguardante il racconto della storia, si dar meno spazio alla sperimentazione con i filtri, dando pi
rilevanza al discorso autobiografico e al confronto delle opere darte.
Bibliografia
D. Demetrio, Raccontarsi. Lautobiografia come cura di s, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1996.
M. Dallari, C. Francucci, Lesperienza pedagogica dellarte, La Nuova
Italia, Firenze, 1998.
P. D'Andretta, Il gioco nella didattica interculturale, EMI, Bologna, 1999.
99
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UNESCO, Convenzione per la tutela del patrimonio culturale e dei beni naturali, Parigi, 1972, art.1-2.
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turali, promuovendo la loro cittadinanza attiva e dando loro la possibilit di dedicarvisi sotto la guida dei responsabili della loro educazione.181
Il museo deve quindi cercare di diventare uno strumento per avvicinarsi sempre pi a una societ veramente interculturale.
3.2 Patrimonio e inclusione sociale
Lidea che il patrimonio possa diventare strumento interculturale
nasce dalla sua cosiddetta funzione sociale.
La concezione che dimensione culturale e dimensione sociale siano
strettamente legate e che le politiche e le istituzioni culturali possano
esercitare un impatto positivo sulla vita degli individui e delle comunit, non una novit.
per solo da qualche anno a questa parte che sta prendendo piede una tesi allapparenza ben pi radicale, ovvero che le istituzioni
culturali possano agire come veri e propri veicoli di lotta allesclusione sociale, intendendo per esclusione un processo dinamico che
preclude del tutto o in parte allindividuo la possibilit di partecipare a quei sistemi sociali, economici, politici e culturali che determinano la sua integrazione nella societ.182 Con questo non si vuole affermare che questa lotta al disagio sociale debba diventare la finalit
principale delle istituzioni culturali, ma piuttosto che esse hanno il
dovere di contribuire a questa lotta, perch ormai ampiamente riconosciuto che lesclusione culturale possa alimentare e rafforzare processi sociali di alienazione pi ampi.
La diffusione di questa idea, peraltro, non sinonimo di un effettivo cambiamento di mentalit; infatti c sempre il rischio che la logica con cui le politiche e le istituzioni culturali si mobilitano su questo
fronte sia puramente indotta da fattori esterni e non il frutto di un
cambiamento di prospettiva maturato dallinterno. Una logica di questo genere, per quanto opportuna, fa perdere di vista un principio
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182
104
fondamentale, sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dellUomo ancora prima che fosse coniato il termine stesso di esclusione sociale: ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente
alla vita culturale della comunit, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici183.
Questa mancanza di sensibilit ha determinato nei fatti una distinzione tra cultura e socio-cultura184 (o, nel caso delle societ multietniche, tra cultura e culture) nella formulazione delle politiche
pubbliche.
Una delle conseguenze che i programmi e le attivit considerate
appartenenti al secondo ambito sono spesso promosse da attori non
istituzionali, facilmente caratterizzate dalla non continuit, caricate
di aspettative irrealistiche (risoluzione di problematiche sociali fuori
dalla propria portata) ed escluse dai circuiti di finanziamento che garantiscono maggiori risorse e sostegno istituzionale.
Un pieno ed effettivo riconoscimento delle potenzialit inclusive
della cultura, invece, pu avvenire solo nel momento in cui la promozione del diritto di tutti alla partecipazione culturale, viene assunta a
pieno titolo come parte integrante della missione e del modus operandi delle istituzioni culturali diffuse sul territorio.
Esistono tre principali ambiti di esclusione culturale 185. Il primo riguarda laccesso alla cultura, che viene ostacolato da barriere di vario
tipo; il secondo riguarda la partecipazione dei vari pubblici (e pi in
generale delle comunit di riferimento) a un effettivo processo di
consultazione e di progettazione partecipata; il terzo riguarda la mancata o distorta rappresentazione di determinati gruppi e culture o
sotto-culture nel circuito delle istituzioni culturali, con laffermazione e la promozione di valori sociali e culturali dominanti e quindi, sia
pure in maniera indiretta, la subordinazione o il rifiuto di valori alternativi.
183
184
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105
106
mente la visita a un museo viene vista come uninutile perdita di tempo e di soldi. In secondo luogo, ma fattore ugualmente importante, i
musei non sono preparati ad accoglierli; perch gli stranieri dovrebbero venire? Non abbiamo nulla da offrir loro, non abbiamo un linguaggio, non ci siamo mai chiesti cosa ci fosse dallaltra parte racconta Giovanna Brambilla Ranise (del Dipartimento Didattico della
GAMeC di Bergamo) nel suo intervento al convegno Il patrimonio risorsa per leducazione interculturale, svoltosi a Milano, il 4 marzo
2009. Mancano gli strumenti, i linguaggi, le competenze. Chi straniero non si sente accolto dal museo, che viene percepito come un
luogo fuori dalla propria portata. In questo modo il museo stesso a
diventare straniero, nelle due accezioni che ne d Sundermeier 187:
allo stesso tempo sia strano sia inaccessibile.
da queste riflessioni che nasce lidea di una didattica museale rivolta allutenza straniera, il cosiddetto sviluppo dellaccessibilit188,
fondato sullidea di democratizzazione della cultura189. Il suo obiettivo garantire pari opportunit di accesso a ununica cultura ritenuta universalmente valida, attraverso lindividuazione di specifici
gruppi sottorappresentati e la messa a punto di attivit/programmi
finalizzati a promuoverne la partecipazione e la rimozione di specifiche barriere (siano esse fisiche, intellettuali, culturali/attitudinali o
finanziarie).
Pur rappresentando un punto dinizio per lo sviluppo di una vera e
propria didattica museale interculturale, questo tipo di iniziative ha
pi a che fare con lintegrazione di specifiche comunit e minoranze,
che non con lo sviluppo di uneffettiva comunicazione interculturale.
Matarasso aggiunge che limpulso allorigine di questo modello
spesso paternalistico, se non addirittura ancora colonialistico: armato di una fede assoluta nel valore di determinate forme ed
espressioni artistiche, esso si propone di insegnare a coloro che non
sono ancora credenti ad apprezzare ci che viene percepito come
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193
F. Matarasso, Ltat, cest nous: arte, sussidi e stato nei regimi democratici, in Economia della Cultura, n. 4/2004, pp. 491-498.
108
lizzatore e vettore del processo di rigenerazione si ha una rigenerazione incentrata sulla cultura; se lattivit culturale integrata in
una strategia che comprende anche altre attivit riguardanti la sfera
ambientale, sociale ed economica si parla di rigenerazione
culturale; infine nel caso in cui lattivit culturale non parte integrante della fase di sviluppo strategico, si ha un approccio di cultura
e rigenerazione e lintervento in questione spesso di scala ridotta.
Anche lo sviluppo socio-economico, come il modello analizzato
precedentemente, presenta alcuni rischi. Per quanto riguarda i progetti legati alla riqualificazione del territorio, lenfasi eccessiva sugli
impatti ambientali ed economici a breve termine rischia di mettere in
secondo piano quelli sociali e culturali; nel caso dei progetti legati ai
problemi di specifiche comunit, i rischi maggiori sono la mediocrit
del prodotto finale sotto il profilo artistico, lepisodicit degli interventi (che difficilmente lasciano una traccia permanente sul territorio
e nel vissuto delle comunit), e un approccio dallalto verso il basso,
non supportato da unanalisi attenta dei bisogni e delle attese dei partecipanti.194
Il modello di inclusione (o democrazia) culturale.
Il modello di inclusione o democrazia culturale195 consiste nellampliare laccesso non solo al consumo culturale, come si propongono i due modelli precedentemente illustrati, ma anche alla produzione e alla distribuzione
Il concetto di democrazia culturale emerso ufficialmente in occasione della Conferenza intergovernativa dei ministri europei della
cultura promossa dallUnesco a Helsinki nel 1972. Nelle Raccomandazioni finali della Conferenza, a una concezione elitaria di democratizzazione (dallalto verso il basso) di una cultura ereditata dal
passato196, veniva infatti contrapposta lidea di una democrazia culturale da conseguirsi dal basso verso lalto, sostituendo a un consumo
passivo la creativit individuale. In questo modello, lenfasi posta
sul coinvolgimento attivo degli individui, che si traduce nella loro op194
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Nessuno dei progetti analizzati in questa sede risulta essere appartenente a tale categoria.
3.4 Vecchi approcci
Esistono tre tipi di approcci, ancora utilizzati da molti musei, che
confondono il dialogo interculturale con lo sviluppo allaccesso e con
lintegrazione nella cultura dominante.
Il primo il cosiddetto multiculturalismo conoscitivo198.
lapproccio che si propone di promuovere la conoscenza, soprattutto nel pubblico autoctono, delle culture straniere, che solitamente
sono poco esposte nei musei, spesso in modo distorto, o addirittura
escluse del tutto. Queste iniziative (chiamate anche culture in mostra) si sono spesso risolte in mostre infarcite di stereotipi e di
semplificazioni, di distorsioni e fraintendimenti, attraverso una visione delle culture esoticheggiante, anche perch solitamente si tratta di
mostre progettate e allestite da persone non appartenenti alla cultura
esposta. Hanno inoltre il difetto di essere riservate al solo pubblico
autoctono, non consentendo cos alcun confronto reale con persone
appartenenti a unaltra cultura.
Il secondo approccio mira allintegrazione delle comunit immigrate attraverso la loro alfabetizzazione e fa parte delle strategie
di sviluppo allaccessibilit.
Con questo approccio sintende aiutare i nuovi cittadini a familiarizzare con la cultura del paese in cui si sono stabiliti. Lo sforzo di andare incontro ai nuovi arrivati lodevole, per, oltre al limite di essere rivolto ai soli immigrati, questo metodo risente ancora dellatteggiamento quasi coloniale delloccidente che vuole istruire e assimilare
lo straniero, senza dare valore alla sua cultura. Per assimilazione sintende il processo attraverso il quale, nellincontro di due culture, limmaginario di uno dei due gruppi di contatto, precisamente il pi debole, dopo un periodo di decadenza cessa di esistere culturalmente.
198
S. Bodo, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per leducazione interculturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
111
Occorre fare attenzione a non fraintendere lassimilazione con lacculturazione. Questultima, infatti, un processo di contatto continuativo, diretto, strutturale, su vasta scala fra uomini e istituzioni
di culture diverse, al punto che si innescano fenomeni di trasformazione rispetto alle situazioni originarie di ciascuna cultura.199 In
questo caso perci la trasformazione riguarda entrambe le culture a
contatto, spesso porta alla nascita di una terza, nuova cultura, frutto
di una volont di dialogo e cooperazione che porta a nuove forme di
espressione e comunicazione visiva.
Il terzo approccio viene definito programmazione culturalmente specifica200.
Consiste in iniziative che si propongono di aiutare le comunit immigrate a mantenere il legame con la propria cultura dorigine, attraverso lesposizione di oggetti e opere che hanno una specifica valenza
interculturale. Bench queste iniziative abbiano il pregio di voler valorizzare le differenze di ogni cultura, presentano il grosso difetto di
tenere separato il pubblico di immigrati dal resto dei visitatori. anche da notare il fatto che il dialogo interculturale ancora visto come
una finalit e non come un processo.
Simona Bodo, nel suo intervento al convegno Il Patrimonio risorsa per leducazione interculturale. La scuola, il museo, il territorio
tenutosi a Milano il 4 marzo 2009, precisa che, pur pieni di difetti,
questi approcci non sono da screditare o abbandonare, ma vanno inseriti in un processo pi ampio che tenda allo sviluppo di spazi ed
espressioni culturali complessi e condivisi, in cui individui di culture
diverse possano veramente interagire su un piano di effettiva parit e
reciprocit.
199
200
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202
S. Bodo, Sviluppare spazi terzi: una nuova sfida per la promozione del dialogo interculturale nei musei europei, Intervento al convegno Musei e dialogo
interculturale, Bologna, 10 giugno 2008.
CNEL, Organismo nazionale di coordinamento per le politiche di integrazione
sociale degli stranieri, documento Politiche per la mediazione culturale. Formazione ed impiego dei mediatori cultuali, Roma, 2000.
114
il mediatore non prende le parti di nessuno, n pu risolvere personalmente problemi che emergono dallincontro da lui mediato. Egli
facilita il dialogo tra le due parti, verificando che non ci siano malintesi legati alla cultura e alla lingua dei partecipanti.
evidente che il lavoro del mediatore non si ferma alla semplice
traduzione linguistica, ma egli ha il compito di tradurre in senso
lato, accompagnando lo straniero ad accedere efficacemente alle diverse istituzioni, stimolandolo a confrontarsi con gli usi e i costumi
della societ in cui si trova; ha inoltre il compito di informare e rendere pi consapevoli gli operatori dei servizi su logiche, codici comportamentali, abitudini e norme a cui l'utente straniero fa riferimento. Il mediatore, insomma, deve essere una persona capace di ascoltare e di leggere, talvolta tra le righe, le richieste delle persone di cui
interpreta le esigenze.
Anche nellambito del museo, il mediatore non si limita a tradurre,
ma diventa parte attiva della progettazione didattica.
A Torino, per esempio, il Museo di Antropologia ed Etnografia nel
2009 ha realizzato il progetto Lingua contro Lingua: un corso di
formazione per mediatori culturali, al termine del quale essi hanno
avuto il compito di realizzare percorsi legati al proprio vissuto e alla
propria cultura, strutturati per su oggetti e opere non appartenenti
al loro patrimonio culturale dorigine.
Molto importante stata anche liniziativa compiuta dalla Galleria
d'Arte Moderna e Contemporanea (GAMeC) di Bergamo: stato realizzato un corso per mediatori museali, rivolto a tutti i cittadini "migranti" presenti a Bergamo e provincia che desideravano diventare
protagonisti del dialogo tra il museo e i propri connazionali. Gli unici
pre-requisiti richiesti erano la maggiore et, il permesso di soggiorno
e la buona conoscenza della lingua italiana. Non stata pretesa alcuna competenza in storia dellarte perch questa era lunica cosa che
potevamo offrire noi203, racconta Brambilla Ranise del Dipartimento
Educativo del museo.
Il corso di formazione partito mettendo in risalto limportanza
del punto di vista: tutti hanno messo a disposizione le proprie cono203
G. Brambilla Ranise, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per leducazione interculturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
115
scenze, sia gli operatori didattici, sia gli aspiranti mediatori e tutti attraverso la propria interpretazione delle collezioni del museo hanno
contribuito ad arricchire se stessi e gli altri. C stato quindi un intenso scambio di conoscenze, competenze e riflessioni da entrambe le
parti. accaduto qualcosa di simile a ci che affermava il pedagogista
Freire: nessuno educa nessuno, le persone si educano insieme204.
A conclusione del corso di formazione, nel settembre del 2007, e
dopo il conseguimento del relativo diploma, si passati alla fase della
progettazione condivisa. I mediatori hanno elaborato percorsi, basati
sulla collezione permanente e su mostre temporanee, rivolti alle comunit di immigrati loro connazionali, gratuiti e in lingua madre (o
in italiano come lingua franca). Non si trattato dei classici percorsi
per stranieri, ma di una rilettura del patrimonio artistico attraverso lo
sguardo di persone immigrate. Questo ha permesso anche la riflessione da parte dei mediatori su alcuni aspetti della loro cultura di origine. Per esempio la mediatrice giapponese ha avviato una riflessione
sulla propria cultura e su i suoi pregiudizi a partire dellopera di Giacomo Manz La signora giapponese. La scultura infatti ritrae una
donna con le mani sui fianchi e i gomiti verso lesterno: una donna
giapponese non si farebbe mai ritrarre in un atteggiamento simile,
poich considerato sinonimo di eccessiva disponibilit sessuale. Questo ha permesso alla mediatrice di iniziare una serie di considerazioni
sui rigidi codici comportamentali che ancora vigono nel suo Paese e
sulle chiusure mentali che vi persistono.
Tale iniziativa ha anche avuto il vantaggio di avvicinare al museo
persone che non vi avevano mai messo piede, come nel caso della comunit cinese, che grazie al percorso sulla mostra dedicata allartista
Yan Pei-Ming nel 2008, per la prima volta ha fatto il suo ingresso nel
museo.
Questi mediatori museali, inoltre, sono diventati un vero e proprio
punto di riferimento culturale, vengono visti come paladini di possibilit dai propri connazionali; ma soprattutto hanno acquisito delle
competenze spendibili nei confronti non solo dei loro conterranei, ma
204
A tal proposito si rimanda alle teorie di P.Freire, in particolare ai testi Pedagogia dell'autonomia. Saperi necessari per la pratica educativa, EGA, Torino,
2004 e La pedagogia degli oppressi, EGA, Torino, 2002.
116
G. Brambilla Ranise, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per leducazione interculturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
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Anche la GAMeC di Bergamo ha realizzato uniniziativa che ha visto coinvolti i mediatori culturali e lartista Luca Vitone, nellambito
della sua mostra Ovunque a casa propria. Lartista, che lavora molto
sul tema delle migrazioni e delle identit diverse, ha coinvolto le comunit di immigrati, chiedendo loro di riflettere e raccontare come
immaginano il proprio ritorno nella terra dorigine.
Il Castello di Rivoli, nellambito di Sul Tappeto Volante, nel 2006
ha realizzato Luce per raccontare lacqua in collaborazione con lartista palestinese Walid Mawed, in cui un enorme telo nero, opera dellartista, ha attraversato il Po nei pressi del Castello del Valentino
come una barriera, evocazione di conflitti. Il tessuto utilizzato poi
diventato il luogo di unazione che ha coinvolto centinaia di bambini
e ragazzi.
Il museo Pecci nellambito delliniziativa Radici Intrecciate si invece avvalso della collaborazione dellartista Gilberto Zorio, che ha
condotto un laboratorio sullargilla e sulle sue potenzialit materiche
e concettuali.
L'attivazione di collaborazioni interistituzionali
Molti progetti hanno attivato nuove collaborazioni tra i musei e altre istituzioni.
Il partner pi frequente la scuola, dato che il principale luogo
di formazione. I progetti didattici vengono pensati in modo da poter
essere inseriti nel curriculum scolastico e da poter coinvolgere le varie discipline scolastiche. Questo perch importante dare continuit
alle attivit didattiche vissute allinterno del museo, evitando che si
riducano a esperienze straordinarie, sporadiche e isolate da qualunque altro contesto, inserendole invece nel cosiddetto sistema formativo integrato209. Si tratta di una logica allinterno della quale la
scuola pu cogliere tutte le proposte e tutte le occasioni per dilatare
anche allesterno delle proprie mura i luoghi e gli strumenti delle209
121
ducazione e della formazione. 210 Questo utile anche alla formazione degli insegnanti, che attraverso la collaborazione col museo possono ampliare la gamma dei propri strumenti didattici, sviluppare nuove strategie per una corretta gestione dellinserimento di alunni stranieri e dei possibili conflitti interni alle classi, acquisendo la cultura
dellarte allinterno del proprio patrimonio di conoscenze. Nella pratica reale, questa collaborazione si traduce in:
iniziative progettate da operatori didattici e insegnanti insieme.
Linsegnante, infatti, interprete delle esigenze formative degli
alunni, portavoce delle capacit di apprendimento degli allievi e
delle esigenze di gradualit, sa come selezionare gli obiettivi formativi, e conosce il registro linguistico pi idoneo da utilizzare nella
formulazione delle proposte.211. Inoltre conoscendo le storie dei singoli bambini e le loro problematiche, riesce a strutturare il percorso
in modo molto pi adeguato rispetto alloperatore che li incontra per
la prima volta.
Iniziative svolte in parte al museo e in parte a scuola.
il caso per esempio del progetto A Brera anchio, che prevede attivit in classe prima e dopo la visita in Pinacoteca, per acquisire i
prerequisiti necessari e approfondire le tematiche toccate.
Richieste di aiuto fatte al museo da parte delle scuole, per risolvere
situazioni di disagio, o particolarmente complesse dal punto di vista
sociale e culturale, perch considerato pi competente e abituato alle
questioni di diversit culturale.
il caso per esempio della Galleria dArte Moderna (GAM) di Gallarate (provincia di Varese). Nel 2006 una scuola primaria del centro
della citt ha chiesto letteralmente aiuto al museo, perch le insegnanti non erano preparate al massiccio arrivo di bambini stranieri
(di ben quattordici nazionalit diverse). Alcuni edifici del centro storico, infatti, erano stati ristrutturati e convertiti in case popolari, portando in quella zona della citt famiglie di classi sociali pi svantaggiate, tra cui moltissime straniere.
210
211
Ibidem.
S. Bodo, E. Daffra, S. Mascheroni, A. Montalberti, M. Sozzi, P. Strada (a cura
di), op. cit., p. 20.
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126
127
219
Ministero per i Beni e le Attivit culturali, Atto di indirizzo sui criteri tecnicoscientifici e gli standard di funzionamento e di sviluppo dei musei, 10 maggio
2001, p. 18.
A. Garlandini (a cura di), Carta nazionale delle professioni museali, Icom Italia,
2006.
128
di tale didattica attraverso lapplicazione di svariati approcci interdisciplinari. una disciplina che apporta un utile contributo al dialogo
interculturale, in quanto tecniche multisensoriali, applicate allesperienza dei prodotti artistici presenti sul territorio, possono stimolare il pensiero critico ed ampliare gli orizzonti culturali degli
operatori e dei discenti220 e attraverso la didattica del patrimonio gli
utenti sono in grado di condividere una tradizione e una memoria comuni, riscoprendo le radici della propria storia e della propria umanit. 221
Daniela Bobisut individua due diversi approcci: quello di Ivo Mattozzi (docente di Metodologia e didattica della storia allUniversit di
Bologna) e quello dello studioso Argenton.
Secondo Mattozzi222 possibile dare significati e valori ai beni culturali attraverso lorganizzazione di attivit che permettano di comprenderli anche in assenza di emozioni o reazioni affettive da parte
dei fruitori. il caso di utenze straniere o immigrate, che inevitabilmente sentono un legame meno forte col nuovo territorio in cui vivono, rispetto a chi vi nato.
Argenton, invece, ha un approccio pi empatico, egli infatti ritiene che far luce sullemozione estetica potrebbe giovare di riflesso, al
miglioramento della qualit [di quellistruzione formale], a cui deleghiamo gran parte del compito di formare le nuove generazioni. 223
La sperimentazione diretta degli oggetti del patrimonio del territorio
risveglia quindi curiosit, emozioni, immaginazione in chi ne fruisce,
indipendentemente dai sentimenti che egli nutre prima di questo incontro.
Vi perci il problema di trovare un adeguato equilibrio tra aspetto ludico/emozionale e aspetto pedagogico nel coinvolgimento dellutenza multietnica.
220
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222
223
129
225
226
L. Perla, La scuola il compito e le prospettive, in C. Laneve, D. Nardelli, R. Pagano, L. Perla, Pedagogia e didattica dei beni culturali, viaggio nella memoria
e nellarte, Editrice la Scuola, Brescia, 2000, p. 106.
Ibidem.
Ibidem, p. 27.
130
131
230
A. Di Mauro, Intervento al Convegno Il patrimonio risorsa per leducazione interculturale. La scuola, il museo, il territorio, Milano, 4 marzo 2009.
DVD MAP for ID, MAMbo, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Museo Nazionale del cinema, Torino, 2009.
132
be, ma come accadeva anche in Italia fino a cinquantanni fa): le strade e le piazze troppo spesso vengono vissute come luoghi di transizione, da attraversare per andare da un posto allaltro, quasi dei non
luoghi. Questatteggiamento pu portare a un senso di de-responsabilizzazione nei confronti del territorio e dei beni che vi si trovano, con i
conseguenti disinteresse e incuria che spesso si riscontrano nel nostro Paese. Il confronto costruttivo con questi modi di abitare il territorio, perci, pu aiutarci a mettere in discussione le nostre abitudini,
per cercare di tornare a viverlo pienamente.
Questa rilettura del modo di vivere il territorio pu anche aiutare a
superare la visione della citt come un luogo pericoloso perch abitato da persone di culture altre. quello che accade in molte parti dItalia e che ha portato le autorit locali a prendere provvedimenti molto duri, basati sulla repressione, sul controllo ferreo degli abitanti e
sul dispiegamento massiccio di forze dellordine. Se si cercasse invece
di intraprendere la strada del dialogo, si potrebbero trovare punti di
incontro e nuove modalit di convivenza, senza dover arrivare a soluzioni drastiche che portano a discriminazioni nei confronti dei cittadini delle fasce sociali pi disagiate e a ghettizzazioni" di intere zone
cittadine.
Conclusione
La trattazione di un argomento complesso come linterculturalit
richiederebbe uno spazio molto pi ampio rispetto a quello qui riservatogli. In questo progetto si quindi cercato di focalizzare lattenzione sui legami che tale prospettiva ha stabilito e pu stabilire con larte, il patrimonio artistico e la loro didattica.
stata una piacevole sorpresa scoprire come questa problematica
sia molto sentita in vari ambiti del mondo museale e culturale, bench ancora non abbia raggiunto il pieno sviluppo. Molto spesso, infatti, le iniziative e le sperimentazioni messe in atto, pur interessanti e
innovative, rimangono episodi isolati, privi di seguito e di approfondimento ed difficile che entrino a pieno titolo nella normale programmazione delle attivit didattiche. Risultano cos poco efficaci per
133
135
Appendice
Appendice
Esperienze di didattica interculturale nei musei d'arte
italiani
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Destinatari
Educatori, insegnanti, gli allievi delle scuole del quartiere San Salvario e loro famiglie.
Finalit e Obiettivi
- Ricercare e sperimentare inedite modalit comunicative e relazionali mediate dai linguaggi artistici contemporanei;
- Favorire la comunicazione non verbale allinterno della scuola soprattutto tra i bambini di diversa provenienza geografica, utilizzando
larte contemporanea come dispositivo per facilitare altre forme di
comunicazione;
- Creare le migliori condizioni per esprimere il nuovo tessuto sociale del quartiere San Salvario, utilizzando le metodologie didattiche
connesse alle pratiche artistiche contemporanee e alla metafora del
tappeto volante;
- Promuovere significativi rapporti sociali tra i bambini, tra i bambini e gli adulti, tra gli adulti (genitori, insegnanti, abitanti del quartiere);
- Favorire linclusione sociale attraverso la conoscenza dellarte
contemporanea, capace di esprimere e contenere la complessit del
tempo presente a dispetto della sua apparente natura elitaria. stata
cos attuata una forma di democratizzazione della cultura: il museo
uno spazio pubblico al servizio del pubblico, di tutti i pubblici;
- Riqualificare gli spazi del quartiere, come testimoniano i numerosi wall drawings sulle facciate e nelle scuole.
Il progetto non aveva ambizioni risolutive circa i conflitti presenti
nella zona, ma semplicemente avviava nuove procedure finalizzate a
promuovere il senso didentit e di appartenenza tra tutti i cittadini
del quartiere. Consapevoli che unistanza culturale non pu, da sola,
risolvere problematiche sociali pi o meno gravi, si intendeva invece
aprire prospettive, creare occasioni dincontro. Tutte azioni che puntualmente sono state realizzate a sostegno della gente nel contesto del
Tappeto Volante.
138
Metodologia
Educare allarte con larte e il sapere che passa dal saper fare
sono le metodologie fondamentali di approccio ai linguaggi artistici
prescelte dal gruppo di lavoro: le visite periodiche al museo, le successive attivit di laboratorio (al museo, a scuola, nelle strade del
quartiere), il contatto diretto con gli artisti e le altre attivit realizzate
nel corso dei tredici anni di vita del progetto hanno permesso agli allievi di sperimentare in prima persona i linguaggi e le modalit della
produzione artistica, che sono diventate la chiave di accesso privilegiato per la comunicazione tra individui portatori di sensibilit culturali differenti. Per coinvolgere i genitori sono stati organizzati laboratori teatrali madre-figlio e attivit di pittura collettiva. La riqualificazione di spazi interni ed esterni agli edifici scolastici e la
frequentazione del museo, ma anche di parchi e giardini, sono state
impiegate per affrontare in modo creativo questioni legate allidentit, alla differenza, alla convivenza.
Le fasi di lavoro
Nei primi tre anni del progetto, il tappeto rivisto come spazio
reale e simbolico di intreccio stato il fil rouge delle attivit teorico-pratiche realizzate tra scuola (a cadenza settimanale per lintero
anno scolastico) e museo (nuclei tematici e percorsi di ricerca, una
volta al mese); al termine di ogni anno scolastico stata allestita una
mostra con le opere dei bambini e sono state organizzate con lAssociazione Genitori della scuola feste multietniche aperte a tutto il
quartiere.
Il progetto cos strutturato durato dal 1996 al 1999, anno in cui
comincia a definirsi un pi ampio e organico impianto progettuale,
promosso dalla Divisione Servizi Educativi della Citt di Torino e finanziato dalla Fondazione per la Scuola - Compagnia di San Paolo.
Rinominato Sul Tappeto Volante, il progetto ha incluso tra i suoi
obiettivi lo stimolo della capacit di collaborazione tra le scuole di
San Salvario per meglio corrispondere ai bisogni formativi, e lattivazione di una rete tra le agenzie e le associazioni del quartiere. Nel momento in cui il progetto stato esteso allintero quartiere, si deciso
139
di costituire un comitato tecnico di lavoro, inizialmente composto dagli operatori del Castello di Rivoli, i rappresentanti delle scuole comunali e statali fino alla scuola secondaria di primo grado del quartiere, lAgenzia per lo Sviluppo Locale di San Salvario, un rappresentate del Ministero della Pubblica Istruzione esperto in problematiche
interculturali, un rappresentante dellUniversit di Torino, alcune associazioni di quartiere, lassessore e i dirigenti delle istituzioni scolastiche coinvolte. iniziato dunque un periodo di intensa collaborazione, fondata sulla co-progettazione e sullanalisi dellambito sociale,
delle difficolt e degli elementi positivi. Il gruppo di lavoro, riunitosi
ogni due settimane per tre anni, aveva individuato tra gli obiettivi del
progetto il miglioramento della qualit del processo insegnamento-apprendimento, della dimensione multiculturale delleducazione e
dellintegrazione con il territorio.
Alla fine del 2002 la rete di progetto ha firmato un Patto territoriale di quartiere, che segna il passaggio definitivo dalla fase sperimentale a quella di consolidamento del progetto, ed finalizzato allo sviluppo della cittadinanza, della comunicazione e della creativit, cos
come al riconoscimento della molteplicit culturale, nelle scuole di
San Salvario. Chiamati a fornire competenze specifiche nelle differenti aree espressive, sono intervenuti numerosi Laboratori Territoriali,
quali il Laboratorio dellInfanzia comunale Il Trillo (specializzato
nella progettazione di attivit educative rivolte alla conoscenza della
musica), il Laboratorio dellImmagine di via Millelire - Citt di Torino
e il Gruppo Almateatro dellAssociazione Almamater.
Le attivit realizzate nellultimo decennio, dedicate a nuclei tematici e percorsi di ricerca sempre nuovi, comprendono interventi di riqualificazione degli spazi comuni destinati al gioco nelle scuole del
quartiere, laboratori al museo e a scuola, produzione di spettacoli,
mostre, video e allestimenti scenografici, attivazione di collaborazioni
con artisti per realizzare veri e propri happening, feste in piazza. Caratteristica del progetto lannuale Festa del bianco nella Scuola dellInfanzia Bay. Un percorso festoso che parte dalla trasformazione
dello spazio (si colorano le pareti, i bambini si cuciono addosso carta
candida) e si conclude con il cibo bianco: riso dolce, biscotti coperti di
zucchero a velo, meringhe, pane arabo.
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Tematica
Nel corso degli anni sono stati toccati vari argomenti,attraverso
molti percorsi e laboratori:
1996: Il tappeto come luogo dellintreccio; dal corpo allidentit
(impronte, segni, forme); dai colori primari alla policromia, dalla
striscia allintreccio, la nascita del nuovo spazio.
1997: La diversit come risorsa; materia e materiali; eco-giochi; il
suono del rifiuto.
1998: Tra oriente e occidente; maschere, identit e alterit.
1999: e se io dico?; produzione video in collaborazione con Laboratorio dellImmagine di Via Millelire a Torino.
2000: Face to face, identit e differenza; la struttura e la superficie; modulo e composizione; io/tu/noi/mille.
2001: Around the world, primo percorso bilingue italiano/inglese; viaggio, mappa, percorso, bagagli, storia e storie.
2002: Tra natura e artificio, secondo percorso bilingue
italiano/inglese; giardino e paesaggio tra natura e cultura.
2003: Image&color, terzo percorso bilingue italiano/inglese; immagini, colori, moduli, progressione.
2004: con il laboratorio Le parole della luce, per la Festa del
Bianco, si avviato il progetto Ritratti di Famiglia, in collaborazione
con Progetto Famiglia Assessorato Sistema Educativo Citt di Torino.
Il tema della famiglia stato protagonista sia dellallestimento che
della grande azione di pittura Paesaggi familiari, a cura del Dipartimento Educazione. Nato per volont del Sistema Educativo della Citt di Torino con lobiettivo di ridisegnare limmagine della nuova famiglia torinese, ha reso evidente il formarsi del nuovo tessuto sociale,
sempre pi variegato e multietnico. Nella realt del Tappeto Volante,
Ritratti di famiglia acquisisce ulteriori significati, offrendo al contempo altri ambiti di ricerca che arricchiscono le attivit pregresse,
gi patrimonio delle scuole e dellintero quartiere.
2005: Ritratti di Famiglia in un esterno.
2006: Luce per raccontare lacqua, evento Olimpico con Walid
Mawed, UNIDEE Cittadellarte Fondazione Pistoletto.
141
Un enorme telo nero, opera del palestinese Walid Mawed, ha attraversato il Po nei pressi del Castello del Valentino come una barriera, evocazione di conflitti. Il tessuto utilizzato poi diventato il luogo
di unazione che ha coinvolto centinaia di bambini e ragazzi, con una
forte partecipazione delle scuole di San Salvario. Ideale risposta alle
questioni sollevate dallopera, il laboratorio ha segnato il passaggio
dal buio del telo alla luce dellenorme tessuto intrecciato a mano dai
partecipanti, a partire da cordoni di alluminio fornito da CiAl - Consorzio Nazionale Imballaggi Alluminio. Il nuovo tessuto di luce ha
completamente saturato il telo originario: i bagliori dellalluminio
hanno reso palpabile lallusione alla luce quale desiderio di costruire
pace attraverso lintreccio fra le genti.
2007: Il Fiume della Poesia parole nella corrente, in collaborazione con Torino Capitale Mondiale del Libro con Roma; Art & Sound,
percorso pluridisciplinare in collaborazione con Maison Musique Rivoli.
2008: Saperi e sapori. Arte e cibo.
Punti di forza individuati dallquipe di progetto
- La scuola come luogo dincontro del quartiere;
- La sperimentazione di nuove procedure finalizzate a promuovere
il senso didentit e di appartenenza tra tutti i cittadini del quartiere;
- Larte contemporanea come mondo portatore a sua volta di linguaggi eterogenei, utile per comprendere come nella molteplicit delle espressioni sia racchiusa la complessit dellesistenza, e come lapproccio allarte rappresenti lincontro con lalterit, con laltro da s e
il suo mondo;
- Il riconoscimento delle singole individualit, indispensabili per
declinare i concetti di identit/differenza;
- Linternazionalit;
- Lesperienza plurisensoriale dellarte;
- Educare allarte con larte: il sapere che passa attraverso il saper
fare;
- Il laboratorio come spazio della conoscenza;
- La frequentazione di musei e spazi espositivi (far incontrare i
bambini di San Salvario e le loro famiglie con larte contemporanea
142
Patto Territoriale sulla formazione del quartiere San Salvario, Torino, 2002,
p. 1.
143
Nel corso degli anni, il progetto ha inoltre ispirato lideazione di progetti contigui come Tessere Arte, Abi-tanti. La moltitudine migrante
e Art & Sound, Un mondo di sapori e saperi.
Criticit individuate dallquipe di progetto
Lestensione della rete di progetto, che ha consentito di attingere a
una pluralit di saperi e competenze e di massimizzare limpatto sociale del progetto, ha presentato anche qualche criticit. Il nucleo
storico di Intorno al Tappeto Volante, costituito da persone che
per intelligenza, per vocazione, per forma mentis, per adeguatezza
ai ruoli, hanno avuto la capacit di incidere maggiormente rispetto a
progetti che hanno bisogno di strutture pi ampie (intervista ad
Anna Pironti 2007), si ampliato in seguito allinclusione nel progetto di altri istituti scolastici del quartiere, rendendo pi complessa la
collaborazione e la condivisione di esperienze.
La carenza di finanziamenti negli ultimi anni ha inoltre sottratto
energia vitale allorganizzazione delle attivit del museo legate al processo di integrazione interculturale, in continua evoluzione.
Le azioni per la valorizzazione del progetto da parte delle istituzioni avrebbero dovuto essere pi efficaci e costanti, nonostante gli incoraggianti esiti dellesperienza, ritenuta positiva dalle famiglie e dalla
comunit territoriale.
Differenza con le altre iniziative (gi presenti e indirizzate agli
utenti italiani)
A differenza dei progetti proposti dal museo nella normale progettazione didattica, questa iniziativa molto pi articolata sia per
quanto riguarda la durata temporale, sia per il numero delle persone
e delle istituzioni coinvolte, sia per la quantit di iniziative che comprende. Si tratta inoltre di un progetto pensato e realizzato per una
situazione sociale e territoriale specifica.
Credo che queste due caratteristiche siano anche due delle qualit
migliori del progetto, dal punto di vista interculturale.
144
- feste in piazza;
- video: Untitled (E se io dico... ), realizzato dal laboratorio Immagine Millelire, Torino 1999; Etica peretica, realizzato da E. Data
e M. Teodoro, prodotto dai Servizi Educativi della Citt di Torino e
dallArchivio Nazionale cinematografico della Resistenza, Torino
2000; Musica , realizzato dai Centri di Documentazione dei Servizi Educativi di Torino, Torino 2000; Face to face, realizzato dal
laboratorio Immagine Millelire, Torino 2001;
- CD: Cibifavolecanzoni, realizzato dai genitori di Nido e Scuola
dellInfanzia Bay, con il coordinamento di L. Carri e la supervisione
tecnica del Centro culturale Soundtown, Torino 2001.
Da parte dellquipe di progettazione, sono state prodotte alcune
pubblicazioni con lo scopo di diffondere questiniziativa:
A. Pironti (2000), Les ateliers exprimentaux du Castello di Rivoli, atti del convegno Mediation de lArt Contemporain, Perspectives
Europennes, Galerie Nationale du Jeu de Paume, Parigi.
C. Da Milano (2001), Un progetto multiculturale in un museo
darte contemporanea, in Economia della Cultura, Rivista quadrimestrale dellAssociazione per lEconomia della Cultura, ed. il Mulino, Bologna.
D. Chiesa (2003), Sul tappeto volante. Un progetto per lo sviluppo della cittadinanza, della comunicazione e della creativit nelle
scuole del quartiere San Salvario di Torino, in Lotta alla dispersione
e orientamento. Che cosa c di nuovo nelle grandi citt europee, atti
del convegno Intrecci e percorsi (Torino, 11-12 aprile 2002), Compagnia di San Paolo Fondazione per la Scuola, Torino.
A. Pironti (2004), Arte come dono del presente, in Segni e disegni,
nero, bianco, colore, edizioni Junior, Bergamo.
Il tappeto volante nel quartiere San Salvario di Torino, in G.
Scardi (a cura di) (2005), Voyages croiss Dakar Milano Biella Torino Roma Zingonia, 5 Continents Editions, Fondazione Pistoletto onlus Editore, Biella.
146
C. Da Milano, M. De Luca (2006), Attraverso i confini. Il patrimonio culturale come strumento di integrazione sociale, Eccom Compagnia di San Paolo.
M. Criscuolo (2007), Il museo come risorsa per il dialogo con le
altre culture. Un progetto per il museo di fotografia contemporanea
di Cinisello Balsamo, tesi di laurea, Universit degli Studi di Milano,
Corso di Laurea Specialistica in Storia e Critica dellArte, relatore
Prof. Antonello Negri; secondo relatore Prof.ssa Silvia Mascheroni,
A.A. 2006-2007.
S. Bodo, C. Da Milano, S. Mascheroni (2009), Periferie, cultura e
inclusione sociale, Fondazione Cariplo, Collana Quaderni dellOsservatorio n. 1, marzo 2009.
Mostre, convegni, conferenze o workshop organizzati sul tema
dellinterculturalit
Il progetto ha previsto, come momento qualificante, una formazione comune. Agli educatori e agli insegnanti coinvolti sono stati riservati diversi momenti formativi, articolati in corsi di aggiornamento, attivit al museo, seminari di approfondimento, convegni/presentazioni, progettazione condivisa, incontri di verifica. Nel 2002-2003
il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli ha inoltre partecipato a un percorso di formazione e ricerca-azione promosso dalla Citt di Torino e dallIRRE Piemonte e rivolto a un gruppo ristretto di
docenti/dirigenti scolastici e direttori ed educatori dei musei di Torino e dellarea metropolitana, impegnati in progetti di partenariato
educativo-culturale. Tale percorso formativo ha permesso ai referenti
del progetto Sul tappeto volante, in rappresentanza del Museo e della
Scuola dellInfanzia Bay, di confrontarsi con altri operatori, di aggiornare le conoscenze e le competenze esperite nellambito delleducazione al patrimonio culturale, mettendo a punto modalit e strumenti per la verifica dellimpianto progettuale.
147
148
Finalit e Obiettivi
- Favorire, nella dimensione pubblica, la relazione tra le persone e
la riflessione su temi etici, politici, culturali e scientifici;
- Metodologia;
- Laboratoriale-ludica.
Le fasi di lavoro
ABI-TANTI. La moltitudine migrante un laboratorio di assemblaggio polimaterico che parte da una base lignea, comune, ecologica
e quindi etica, quasi un primitivo DNA.
Scarti industriali, astine, sfere e semisfere, quadrelle e cubotti (da
assemblare e rivestire con infiniti materiali, colori, segni grafici, alfabeti) diventano braccia, gambe, corpi, teste, piedi di giocattoli, piccoli
oggetti che assumono la forma di umanoidi/robot (h. 30 cm).
Gli ABI-TANTI si caratterizzano in tantissime varianti, a costruire
una moltitudine composita di esseri apparentati per famiglie contraddistinte dal differente aspetto esteriore, frutto di decori, cromie e
vari materiali organizzati in modo sempre diverso e originale. 233
Tematica
Identit/differenza, io/te, singolare/plurale, uno/tanti.
Materiali prodotti dagli utenti e dal museo
Gli ABI-TANTI. La moltitudine migrante nel suo lungo viaggio
partito da Torino nel 2000, sono diventati migliaia di esemplari e
hanno invaso innumerevoli spazi in Italia e oltralpe nellambito di
grandi eventi culturali:
- nel 2007: Italian Tour W i bambini, Piazza del Plebiscito, Napoli,
in collaborazione con Modidi Museo dei Bambini di Udine, SAF Autoservizi Udine e con Rilegno Consorzio Riciclaggio Imballaggi in Legno;
- Arte Plurale, Promotrice delle Belle Arti, Torino;
- Remida Day, Centro Internazionale Loris Malaguzzi, Reggio Emilia in collaborazione con Modidi Museo dei Bambini di Udine e SAF
233
Ibidem.
149
Destinatari
Nei progetti realizzati fino ad ora lutenza stata quella dei giovani
studenti del CTP (Centro Territoriale Permanente) Drovetti di Torino.
Attualmente non esistono progetti che coinvolgano italiani e stranieri contemporaneamente.
Proposta di realizzazione
La creazione e lo sviluppo dei progetti di dialogo interculturale alla
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo partono dalla partecipazione,
nel biennio 2005/2007, alla formazione internazionale per operatori
museali Museums Tell Many Stories, finanziato dal Programma
Comunitario Socrates Grundtvig. Nasce con l'intento di sviluppare le
competenze del personale che si occupa di educazione al
patrimonio/mediazione culturale e per sostenere l'apprendimento interculturale tramite l'elaborazione e lo sviluppo di metodologie con
cui si possano interpretare e rendere accessibili al pubblico le collezioni e gli oggetti appartenenti ad altre culture.
In seguito a questa esperienza, stato realizzato un primo progetto
pilota, A Vision of my Own nel 2008, e nel 2009 il Dipartimento
Educativo della Fondazione ha partecipato al progetto europeo MAPforID Museums as Places for Intercultural Dialogue, con un percorso chiamato City Telling, progettato in collaborazione con il Dipartimento Educativo del MAMbo di Bologna.
La realizzazione stata voluta e sviluppata dallo staff del Dipartimento Educativo della Fondazione. La presidenza e lufficio stampa
hanno sostenuto la crescita di questi progetti, anche dal punto di vista della comunicazione e della diffusione.
Lquipe di progetto
Nel caso specifico dei progetti che abbiamo realizzato negli ultimi
anni, gli operatori sono stati:
Elena Stradiotto, responsabile dei progetti educativi, che ha una
formazione allAccademia di Belle Arti e una specializzazione in pedagogia;
151
152
Finalit
- Favorire il dialogo interculturale tra persone con differenti background culturali, producendo esperienze nuove e condivise;
- Favorire laccesso ai luoghi della cultura e alle attivit culturali,
lincontro con larte e i suoi mezzi espressivi, per potenziare le capacit di orientarsi in maniera critica e personale nel mondo della comunicazione e nel mondo che ci circonda.
Obiettivi
- Sviluppare le potenzialit del museo come luogo di dialogo e promozione di un impegno attivo con tutti i cittadini, utilizzando il patrimonio come fonte di scambio interculturale;
- Favorire lapprendimento linguistico tramite la fruizione mediata
del patrimonio (collezioni e mostre temporanee) e attraverso lapprofondimento dei contenuti progettuali direttamente presso i centri
educativi territoriali, grazie alle competenze specifiche degli insegnanti, mediatori e operatori referenti;
- Creare un progetto interdisciplinare, che comporta lutilizzo e lo
sviluppo di abilit trasversali: artistica, storica, linguistica, geografica;
- Sviluppare le capacit di indagine personale, di lettura critica del
testo artistico e del dato reale, di riscoperta estetica del territorio urbano di appartenenza;
- Coinvolgere gli organi direttivi e gli altri dipartimenti dei musei
nelle attivit del Dipartimento Educativo, attivando un confronto e
un aggiornamento continuo sullo sviluppo del progetto.
Differenze con le altre iniziative (gi presenti e indirizzate agli
utenti italiani)
I progetti dedicati al pubblico dei giovani di origine immigrata
sono generalmente molto strutturati e hanno una durata maggiore rispetto a quelli dedicati, per esempio, alle scuole: questo favorisce il
dialogo e la fiducia reciproca, soprattutto perch le attivit sono spesso legate alla narrazione e allidentit personale.
Da segnalare anche la partecipazione di professionisti esterni, che
hanno collaborato con lo staff del Dipartimento Educativo - in parti153
- la funzione del progetto come mezzo per facilitare la socializzazione allinterno del gruppo;
- punti critici come la mancata partecipazione attiva da parte di
tutti i ragazzi, che a volte hanno trovato le attivit noiose. Questi
aspetti negativi indicano che la futura attivit dovr cercare di coinvolgere maggiormente lintero gruppo, soprattutto nei momenti in
cui alcuni compagni stanno realizzando in piccoli gruppi alcuni scatti
fotografici o riprese video, durante i quali gli altri sono chiamati a assistere o a proseguire autonomamente o senza lausilio degli artisti
coinvolti.
Molto importante stata lopinione delle insegnanti. Per quanto riguarda i progressi dei ragazzi che le insegnanti hanno riscontrato, seguono le parole utilizzate da loro stesse: Il progetto ha contribuito a
costruire un atteggiamento critico verso ci che non si conosce. stata unopportunit per interagire tra loro, per stimolare un approccio
curioso allambiente circostante e per lacquisizione di nuove conoscenze. I ragazzi sono riusciti a sviluppare un senso di appartenenza e
di cittadinanza attiva. E migliorata anche la capacit di ascolto di
culture ed esperienze diverse
Gli aspetti positivi del progetto sono stati, secondo il loro parere:
la metodologia in quanto ha sviluppato:
- la capacit di lavorare in gruppo;
- il confronto di idee ed esperienze;
- lespressione di emotivit e affettivit;
- la condivisione responsabile di regole;
- una maggiore autonomia di giudizio e comportamento;
- la relazione con il territorio e la creazione di un legame affettivo
con esso.
Legami e collaborazioni con altre istituzioni
In prima battuta, linterlocutore del museo stato il Settore Educazione al Patrimonio Culturale della Citt di Torino, nella persona
del dirigente, Dott. Vincenzo Simone, grazie al quale la Fondazione
ha avuto accesso al bando per Museums Tell Many Stories, dal quale
si sono successivamente sviluppati gli altri progetti. Un altro importante interlocutore nellambito dei progetti europei stato lIBC
155
Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna, nella persona della D.ssa Margherita Sani. Entrambe le istituzioni si sono dimostrate presenti e hanno supportato i progetti, oltre che dal punto
di vista economico (Citt di Torino), anche dal punto di vista scientifico e divulgativo.
City Telling, nellambito di MAPforID, stato progettato in collaborazione con il Dipartimento Educativo del MAMbo di Bologna, e la
piattaforma multimediale interattiva sulla quale sono visibili i risultati del progetto, stata concepita e progettata con gli studenti del Primo Liceo Artistico di Torino e i Servizi Educativi del Museo Nazionale del Cinema.
Unaltra realt che ci ha dato grande spazio e sostegno Patrimonio e Intercultura, risorsa on-line della Fondazione ISMU di Milano,
che attraverso il sito www.ismu.org/patrimonioeintercultura garantisce visibilit e un costante aggiornamento a tutti i progetti, grazie a
schede approfondite, immagini e video.
Materiali prodotti dagli utenti e dal museo
Sono stati prodotti i seguenti materiali:
- Progetto Museums Tell Many Stories: un DVD che racconta e documenta il progetto, pubblicazione Museums Tell Many Stories.
Unesperienza di formazione alla mediazione interculturale;
- Progetto A Vision of my Own: un DVD che contiene i 3 video realizzati, un CD con la documentazione fotografica, linvito alla presentazione, la scheda approfondita di progetto;
- Progetto City Telling: un DVD con piattaforma multimediale interattiva (prodotto con MAMbo Bologna e Museo Nazionale del Cinema), un CD con la documentazione fotografica, linvito alla presentazione, la scheda di progetto.
Mostre, convegni, conferenze o workshop organizzati sul tema
dellinterculturalit
Sono state organizzate le presentazioni dei risultati dei progetti A
Vision of my Own e City Telling, presso la Fondazione.
156
Nella sede del museo non sono stati organizzati workshop o convegni sul tema, ma lquipe di progetto stata invitata a presentare i
progetti nelle seguenti occasioni:
- Convegno Patrimoni Plurali, Ravenna, ottobre 2008;
- Corso sui nuovi pubblici dei musei, NABA Nuova Accademia di
Belle Arti, Milano, aprile 2008 e febbraio 2009;
- Convegno Occhio allArte, Accademia di Belle Arti di Torino, dicembre 2008;
- Biennale Democrazia, Cavallerizza Reale, Torino, aprile 2009;
- Conferenza finale del progetto MAPforID, Madrid, Museo de
America, ottobre 2009;
- Presentazione del progetto Map for Torino, Torino, Cinema
Massimo, novembre 2009;
- Convegno Larte contemporanea come progetto educativo,
LABA, Brescia, novembre 2009.
A vision of my own
Questo laboratorio si rivolge a un pubblico di giovani che in un
luogo della cultura cercano sia il rapporto diretto con il patrimonio e
gli strumenti per la lettura delle opere, sia la possibilit di partecipare
a esperienze di fruizione del museo personali e appassionanti e gli stimoli per mettersi in gioco con sperimentazioni creative.
L'quipe di progetto
lo staff del Dipartimento Educativo della Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo,
le insegnanti del CTP Drovetti di Torino,
lartista e regista Gianluca De Serio,
con la collaborazione dei mediatori culturali darte della Fondazione e con il supporto scientifico dello staff della Divisione Educazione
al Patrimonio Culturale della Citt di Torino, in particolare nella persona del dirigente, Dott. Vincenzo Simone.
157
158
- riprese;
- fase di montaggio a cura dellartista;
- presentazione ufficiale al pubblico.
Il lavoro stato svolto allinterno della Fondazione Sandretto Re
Rebaudengo, nello specifico negli spazi espositivi e nellaula didattica, attraverso visite alle mostre in corso e laboratori. Gli studenti
hanno acquisito grande familiarit con gli spazi della Fondazione e
disinvoltura nel viverli e nel sentirli come propri, nellapproccio alle
opere darte contemporanea e nella relazione con i mediatori culturali
darte. interessante segnalare che, lungo il tragitto dalla sede scolastica alla Fondazione, che si trovano nello stesso quartiere di Torino,
Borgo San Paolo, le insegnanti hanno regolarmente condotto un percorso di scoperta delle opere darte contemporanea presenti sullex
passante ferroviario, nello specifico quelle di Per Kirkeby, Mario
Merz e Giuseppe Penone. Gli studenti hanno inoltre visitato lEcomuseo della Circoscrizione 3 della Citt, approfondendo la conoscenza di
Torino e del quartiere, attraverso un percorso storico, che idealmente
trova la sua prosecuzione nellattivit e nel ruolo della Fondazione
nellambito della cultura contemporanea.
Durante il percorso, oltre alle opere video viste in mostra, gli studenti hanno avuto modo di vedere anche una selezione dei cortometraggi di Gianluca De Serio, artista e regista che ha collaborato alla
conduzione dei laboratori e alla realizzazione dei video. Questi cortometraggi, realizzati da Gianluca e da suo fratello Massimiliano, hanno come tema principale lidentit, e spesso sono ritratti di migranti a
Torino. La visione servita per dare unidea pi chiara ai ragazzi di
che cosa si intende per video-ritratto, e di che cosa significa raccontare una storia la propria, quella di qualcun altro, quella di un luogo
attraverso le immagini.
Tematiche
Uno degli obiettivi del progetto quello di indagare e sperimentare, attraverso il percorso, in mostra e in laboratorio, le seguenti tematiche correlate agli eventi espositivi:
- lidentit (ritratto e autoritratto);
160
- il viaggio;
- lesperienza della distanza e della prossimit;
- la riflessione sul presente e sulla storia (collettiva e personale).
I punti di forza individuati dallquipe di progetto
- Il dialogo con lartista, la sua presenza stabile e il suo mettersi in
gioco in prima persona nel rapporto con gli studenti;
- La qualit estetica e tecnica degli elaborati video;
- La partecipazione costante e appassionata degli studenti;
- La disponibilit allascolto e alla sperimentazione da parte degli
insegnanti e del gruppo di lavoro;
- La possibilit data dalla Fondazione di lavorare liberamente allinterno degli spazi espositivi, dove le opere sono diventate riferimento per la progettazione dei video e set delle riprese.
Criticit individuate dallquipe di progetto
- Liniziale difficolt degli studenti nellesporre le proprie idee ed
esperienze personali;
- La tendenza iniziale degli studenti inseriti da poco e con una minore padronanza della lingua e delle consuetudini culturali, a non
dare sufficiente valore al proprio contributo personale.
Materiale prodotto
Il prodotto finale del percorso sono i tre video: Sotto la neve,
Raccontami la tua storia e Il primo giorno di scuola.
Possiamo parlare di documentazione fotografica, realizzata sia internamente dallo staff del Dipartimento Educativo , che dalla fotografa professionista e insegnante del CTP Anna Largaiolli, oltre che di
documentazione video, che sar entro breve on-line sul sito della
Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (www.fondsrr.org) e sul sito
Patrimonio e Intercultura (www.ismu.org/patrimonioeintercultura)
con alcuni estratti.
Verifiche
La verifica avvenuta in modo periodico e costante, attraverso
confronti e valutazioni dello staff del Dipartimento Educativo con gli
161
L'quipe di progetto
Lquipe di progetto formata da:
lo staff del Dipartimento Educativo della FSRR (Elena Stradiotto,
Francesca Togni);
le insegnanti del CTP Drovetti (Ornella Costan, Liliana Porta);
lartista e regista Gianluca De Serio e la fotografa Anna Largaiolli;
con la collaborazione dei mediatori culturali darte della Fondazione (Anna Maria Cilento, Alessia Palermo) e di studentesse in tirocinio
(Erminia Forte, Tania Labrosciano), e con il supporto scientifico dello
staff della Divisione Educazione al Patrimonio Culturale della Citt di
Torino (in particolare il dirigente, Vincenzo Simone) e dellIBC Regione Emilia Romagna (in particolare Margherita Sani).
Destinatari
Due gruppi di giovani studenti di origine immigrata (14/20 anni)
del CTP Drovetti.
Durata
Da novembre 2008 a maggio 2009 le passeggiate sul territorio e
i laboratori (cfr. Le fasi di lavoro); nellultima fase del progetto (giugno-settembre 2009), realizzazione di una piattaforma multimediale
che contiene i contributi fotografici, video, testuali e sonori prodotti
dai ragazzi.
Finalit e Obiettivi
- Potenziare le capacit dei destinatari di orientarsi in maniera autonoma e critica nel mondo della comunicazione e nella realt circostante, e di attivare dispositivi utili per analizzare e raccontare la propria esperienza nel mondo;
- Sviluppare la capacit di indagine personale, di lettura critica del
testo artistico, di riscoperta estetica del territorio urbano;
- Promuovere esperienze nuove e condivise;
- Favorire lapprendimento linguistico;
- Sviluppare abilit trasversali, coinvolgendo le seguenti aree disciplinari:
163
164
Il progetto stato inoltre occasione di confronto tra operatori culturali, insegnanti e artisti, di crescita delle capacit interculturali dello staff del Dipartimento Educativo , e di sensibilizzazione dellintero
personale della Fondazione. Il dialogo con gli artisti e i professionisti,
la loro presenza stabile e il loro mettersi in gioco in prima persona nel
rapporto con gli studenti, la disponibilit allascolto e alla sperimentazione da parte degli insegnanti e del gruppo di lavoro, e la partecipazione costante e appassionata degli studenti, si sono rivelati cruciali per la buona riuscita del progetto.
Infine, City Telling ha esercitato un significativo impatto a livello
istituzionale in termini di:
- rapporto con una tipologia di pubblico spesso distante dai luoghi
dellarte contemporanea;
- impegno a realizzare un progetto interculturale su base annuale;
- maggiore riconoscimento del ruolo della Fondazione da parte
della comunit circostante.
Criticit individuate dallquipe di progetto
Il partenariato tra CTP e Fondazione Sandretto Re Rebaudengo,
che pure stato un punto di forza del progetto, ha anche fatto emergere la necessit di:
- definire meglio ruoli e responsabilit rispettive nellambito di
progetti futuri, di migliorare la comunicazione tra insegnanti e Dipartimento Educativo ;
- definire in modo chiaro gli obiettivi finali del progetto di modo
che i partecipanti siano pi coscienti;
- rispettare maggiormente la tabella di marcia relativa allo svolgimento del progetto.
Sotto il profilo logistico/organizzativo, sono state apportate modifiche al numero di passeggiate sul territorio (in parte sostituite dalle
visite interattive alle mostre), a causa della difficolt di condurre attivit di laboratorio (narrazione verbale e scrittura) durante le uscite;
escludendo la fase di selezione materiale e montaggio video, sono stati necessari 5 incontri in pi rispetto al calendario di inizio progetto;
166
il coinvolgimento del Primo Liceo Artistico nella progettazione grafica e la collaborazione con il Museo Nazionale del Cinema non erano
state previste in fase progettuale, e hanno incrementato notevolmente limpegno dello staff di Dipartimento (pur arricchendo di nuovi
contenuti il progetto).
Dopo un primo momento progettuale intenso e fruttuoso, la relazione con il MAMbo ha assunto un carattere episodico, a causa delle
iniziali difficolt incontrate dal MAMbo nellindividuare e coinvolgere
i giovani destinatari (rapporto con il quartiere San Donato) e della
conseguente diversa tempistica di svolgimento delle attivit.
Materiale prodotto
La produzione consiste in:
- Progetto fotografia: due strisce fotografiche, Hello and Goodbye e Doppio Risveglio. La prima racconta il rapporto con il passato, con un padre e con una vita completamente nuova; il secondo
una riflessione a due voci sulle difficolt della vita in una citt straniera e le personali prospettive sul futuro.
- Progetto video: quattro video di diversa durata, dai 5 ai 13 minuti: Tre volte nello stesso posto, Il Diario, In viaggio e
Citt/Shahr. Due sono stati realizzati immergendosi nel quartiere
Borgo San Paolo: le strade, i giardini, i cantieri, la fontana di Mario
Merz e anche la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo; altri due sono
stati realizzati su un tram in corsa per le strade di Torino. Nei video i
ragazzi raccontano e si raccontano: il diario che diventa dono di addio e segno di amicizia prima di una partenza; un giro in bicicletta
per ricordare la scomparsa di una persona cara; Torino che si trasforma in Teheran dai finestrini del tram; una riflessione filosofica su
presente, passato e futuro ispirata da una lettera.
Inoltre, lungo gli incontri stata realizzata una ricca produzione
fotografica, che documenta il lavoro di ricognizione e le passeggiate
estetiche per il quartiere.
Un laboratorio fatto allinizio del percorso, incentrato sullidea di
ascolto e relazione di fiducia con laltro, ha prodotto un grande wall
drawing collettivo.
167
Verifiche
Unazione di verifica periodica e costante stata condotta attraverso confronti dello staff del Dipartimento Educativo con gli artisti
coinvolti e le insegnanti, con lobiettivo di discutere sulla partecipazione degli studenti, sullo svolgimento delle attivit di laboratorio e
sulle modalit e possibilit di intervento ove ce ne fosse stata necessit.
La valutazione del progetto stata effettuata dallo stesso Dipartimento Educativo della Fondazione. Sono stati utilizzati moduli di valutazione compilati dai partecipanti, integrati da interviste ai ragazzi
stessi e alle insegnanti; sono stati inoltre conservati bozzetti e appunti raccolti durante lo svolgimento del progetto a proposito di reazioni,
criticit e buoni esiti emersi durante gli incontri.
Galleria d'arte moderna (Gallarate)
Le seguenti informazioni sono state tratte dal colloquio con la responsabile della sezione didattica, Francesca Marianna Consonni, in
data 3 dicembre 2009.
Iniziative legate allinterculturalit presenti nel museo
Sono stati realizzati due progetti legati allinterculturalit: Identit
e Persepolis.
Proposta di realizzazione
Il progetto Identit nato su richiesta della scuola primaria situata
nel centro di Gallarate. Alcuni edifici del centro storico erano stati ristrutturati e convertiti in case popolari, portando in quella zona della
citt famiglie di strati sociali pi bassi, tra cui moltissime straniere.
Nella scuola in questione erano in breve tempo arrivati alunni di 14
nazionalit diverse e la direzione scolastica ha chiesto aiuto al museo.
168
Destinatari
Entrambe le iniziative erano rivolte ad alunni di scuole primarie,
anche se il progetto Persepolis ha avuto una consistente parte dedicata ai genitori dei bambini, attraverso una serie di incontri seminariali.
Finalit
In entrambi i laboratori le finalit concernevano lo sviluppo cognitivo e delle capacit comunicative dei bambini coinvolti.
Obiettivi
Identit:
- prendere coscienza del proprio corpo, delle sue forme e delle sue
linee,
- prendere coscienza del rapporto tra il proprio corpo e quello degli
altri,
- prendere coscienza del rapporto tra il proprio corpo e lo spazio,
- prendere coscienza delle differenze e dei vari punti di vista,
- imparare a trarre vantaggio dai propri errori,
- riflettere sui propri gusti,
- imparare a sintetizzare unimmagine, attraverso poche linee.
Persepolis:
- prendere coscienza del proprio corpo, attraverso losservazione
del colore della propria pelle,
169
Le fasi di lavoro
Identit
Nella prima fase i bambini hanno avuto tre incontri con un attore,
che ha sviluppato liberamente i seguenti temi: io; io e laltro, io e
lo spazio.
In questi incontri hanno imparato a osservare, toccare e ascoltare
il proprio corpo e il proprio ambiente, a esprimersi attraverso il movimento e a osservare e capire quello degli altri.
Nella seconda fase i bambini hanno seguito sei lezioni durante le
quali, attraverso lutilizzo di varie tecniche espressive, hanno imparato a individuare le linee fondamentali di un viso, a sintetizzarle e riprodurle in diverse varianti.
Nella terza fase i bambini hanno ragionato sul tema del cibo, scegliendo il loro alimento preferito e trasformandolo nella propria identit: il disegno stilizzato di quel cibo diventato la loro firma ed stato acquisito e interiorizzato attraverso la ripetizione.
Nella quarta e ultima fase i bambini hanno partecipato a un lavoro
collettivo: hanno decorato con le loro firme (i loro cibi preferiti) le
pareti del corridoio che porta alla mensa scolastica.
Persepolis
Ai bambini stato chiesto di ragionare sul concetto di pelle, attraverso alcune domande apparentemente banali: che cos la pelle?,
170
171
La Fondazione Torino Musei (FTM) raggruppa quattro musei civici in cui si conserva un patrimonio variegato, che illustra l'arte antica
dal Medioevo fino all'Ottocento (Palazzo Madama), l'arte moderna e
contemporanea (GAM - Galleria dArte Moderna e Contemporanea),
il mondo medievale e rinascimentale di Piemonte e Valle d'Aosta nella ricostruzione realizzata in occasione dell'Esposizione Generale del
1884 (Borgo Medievale), e l'arte del grande continente asiatico (Museo d'Arte Orientale, recentemente aperto al pubblico).
Presenza di mediatori culturali
Dal materiale analizzato non risulta la presenza di mediatori culturali.
Destinatari
Studenti adulti (italiani e di origine immigrata) dei CTP Drovetti
e Braccini, studenti di scuola secondaria di secondo grado. Il progetto ha coinvolto un totale di 6 gruppi molto eterogenei, composti da
123 persone provenienti da 20 paesi diversi.
Finalit e Obiettivi
- Adeguare il progetto educativo dei musei civici ai mutamenti sociali in atto;
- promuovere la conoscenza della citt e del suo patrimonio in un
nuovo pubblico;
- utilizzare il patrimonio come strumento di confronto tra individui di nazionalit diverse e come stimolo per elaborazioni espressive
individuali e collettive;
- promuovere il dialogo interpersonale e lintegrazione sociale attraverso un fare e un sentire comune.
Metodologia
stato utilizzato il metodo autobiografico, per permettere il racconto del proprio vissuto a partire dagli oggetti contenuti nei musei.
Le fasi di lavoro
174
Il progetto ha preso spunto dalle conchiglie della decorazione barocca di Palazzo Madama, cui hanno fatto da contrappunto le nature
morte con conchiglie del pittore Filippo de Pisis esposte alla GAM, e
lo stemma sulla facciata dellAlbergo dei Pellegrini al Borgo Medievale.
Intorno a questo tema, oggetto di percorsi guidati nei musei coinvolti, stato avviato un confronto tra i punti di vista e i ricordi personali dei partecipanti, emersi attraverso racconti di forte impatto emotivo. Il confronto autobiografico si sviluppato nelle attivit di narrazione orale e scritta, in una serie di giochi proiettivi, ascolti musicali,
laboratori espressivi (fotografici e pittorici) centrati sulla relazione
tra arte e persone, nella realizzazione di composizioni fotografiche
con oggetti daffezione sul genere still life e nella creazione di pitture
policrome per uninstallazione collettiva spiraliforme. Grande cura
stata prestata agli aspetti relazionali e ai tempi di elaborazione individuale.
Lintero percorso (43 incontri per un totale di oltre 100 ore dattivit), fondato sulla stimolazione plurisensoriale e sullinterazione tra
persone e opere darte, stato documentato con circa 1.500 fotografie
e 10 ore di registrazioni video. Le esperienze dei partecipanti sono
state ricucite in una grande installazione collettiva, presentata in
occasione di una festa finale. Una selezione delle immagini stata effettuata per la realizzazione di un diaporama che sar duplicato e utilizzato per diffondere il progetto.
Tematica
La natura morta nelle collezioni dei musei coinvolti.
Punti di forza individuati dallquipe di progetto
Tra i risultati pi significativi per i destinatari si evidenziano la
scoperta del patrimonio, la partecipazione e il coinvolgimento, lelaborazione collettiva e personale e la cooperazione creativa.
Il progetto ha avuto ricadute importanti anche per gli educatori
museali che, grazie al confronto con un pubblico eterogeneo (spesso
di provenienza extra-europea), hanno potuto sperimentare nuove
strategie di mediazione culturale. La pluralit degli sguardi dei parte175
176
GAMeC (BERGAMO)
Le seguenti informazioni sono state tratte dallincontro con la
Dott.ssa Brambilla del Dipartimento Didattico e dal materiale reperito sui siti internet http://www.ismu.org/patrimonioeintercultura e
http://www.gamec.it
Iniziative legate allinterculturalit presenti nel museo
Nel 2001-2004 cinque educatori della GAMeC hanno seguito per
larco di tre anni scolastici cinque classi (1^, 2^, 3^, 4^, 5^) della
Scuola Primaria Fratelli Calvi di Bergamo, che ha pi del 50% di
alunni stranieri. Il progetto, dal titolo Arte, formazione e intercultura, prevedeva interventi degli operatori su base quindicinale.
Nel 2006 stato realizzato il progetto OspitiDONOre, sviluppatosi,
a partire dal gennaio, in sei incontri con cadenza settimanale; la mostra degli elaborati ha avuto luogo dal 5 maggio al 21 maggio 2006.
Nel 2007, da febbraio a maggio, stato realizzato un corso di formazione per mediatori museali.
PROGETTO OspitiDONOre
Proposta di realizzazione
Il progetto stato proposto dal Dipartimento Didattico del museo
e realizzato in collaborazione col Centro EDA (di educazione agli
adulti) di Redona.
Lquipe di progetto
Giovanna Brambilla Ranise, responsabile Servizi Educativi;
Sara Rubbi, educatore museale;
Giuliana Speziali, educatore museale;
Paola Nevola, stagista (Universit Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Master "Servizi Educativi del patrimonio artistico, dei musei di
storia e di arti visive");
Giusi Berardi, docente della classe del Centro EDA di Redona;
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178
Metodologia
- Interventi in museo come sostituzione di lezioni di italiano per
creare un maggior vincolo alla presenza e una maggiore motivazione
(sono persone che difficilmente seguono tutti gli interventi);
- incontri nelle sale espositive del museo;
- compresenza degli educatori museali e dellinsegnante di italiano;
- interventi basati sul dialogo e non sulla lectio frontalis.
Le fasi di lavoro
- Analisi della situazione dei migranti sul territorio, grazie anche
alle rilevazioni del Provveditorato e della Provincia.
- Contatti con il Centro EDA per valutare la fattibilit del coinvolgimento di una classe, il quale ha dato la disponibilit a sostituire una
delle due lezioni settimanali con la frequenza agli incontri del museo.
- Condivisione con linsegnante Berardi, con gli educatori e con la
tirocinante della individuazione delle fasi di articolazione del progetto.
- Allestimento dello spazio museale con sedie in una sala espositiva per entrare nel vivo delle collezioni.
- Attivazione del percorso: il progetto si articolato in cinque incontri di due ore e mezza ciascuno, che si sono svolti con cadenza settimanale allinterno della GAMeC. Durante il primo incontro, gli educatori hanno spiegato lorigine delle collezioni Stucchi, Spajani e
Manz, tutte e tre donate da privati alla citt di Bergamo, come patrimonio per la collettivit; si insistito molto sul concetto di dono, alla
ricerca di un significato condiviso del termine e delle sue diverse declinazioni. Nella seconda e terza lezione sono state analizzate e interpretate insieme ai partecipanti le opere delle collezioni, riflettendo
anche sulle diverse interpretazioni relative alle culture dei paesi di
provenienza. Negli ultimi incontri gli educatori hanno richiesto alla
classe un apporto pi attivo, invitando i partecipanti a individuare un
oggetto che esprimesse il loro rapporto con la citt di Bergamo e facendone dono simbolico.
- Condivisione con i partecipanti dellidea e del significato della
mostra e scelta degli oggetti da fotografare ed esporre in museo.
179
Obiettivi
- Portare avanti un percorso che sostiene il diritto al patrimonio
culturale;
- avvicinare gli adulti migranti al museo;
- trovare nella condizione di migrante una ricchezza da mettere
al servizio del museo per coinvolgere connazionali nelle visite alle collezioni e alle mostre; tali visite sono condotte nella lingua madre;
- utilizzare lincontro con il museo come luogo di integrazione, di
conoscenza e di arricchimento culturale reciproco;
- sostenere la cittadinanza culturale delle persone rendendole protagoniste del processo di apertura e di accessibilit del museo.
Metodologia
- Interventi nello Spazio ParolaImmagine della GAMeC accompagnati a interventi nelle sale (mostra di Soto, collezioni permanenti,
visite alla citt);
- interventi basati sul dialogo e non sulla lectio frontalis; alcune lezioni hanno avuto una struttura laboratoriale;
- utilizzo di immagini, diapositive e videoproiezioni;
- distribuzione di materiali di studio (dispense, fotocopie, suggerimenti bibliografici, informazioni sulle biblioteche rionali in cui reperire testi);
- promozione di interscambio tra i corsisti (attraverso la diffusione
delle e-mail dei partecipanti, dietro loro richiesta).
Le fasi di lavoro
- Analisi della situazione dei migranti sul territorio, grazie anche
alle rilevazioni del Provveditorato e della Provincia.
- Colloqui con mediatori culturali e agenzie per lintegrazione presenti sul territorio per valutare la fattibilit delliniziativa, ritenuta
molto valida da questi interlocutori, senza nascondere le riserve sulla
effettiva adesione da parte dei migranti.
- Scelta degli educatori museali da coinvolgere e verifica della loro
disponibilit e del loro interesse.
- Stesura del bando e della domanda di iscrizione.
182
- Diffusione del bando per via istituzionale (mediatori, cooperative, agenzie per lintegrazione, centri legati alle comunit del territorio) e capillare (ristoranti etnici, chioschi, supermercati etnici, phone
center).
- Raccolta delle adesioni e colloqui individuali con ogni persona
che ha presentato domanda per valutarne le competenze linguistiche,
le motivazioni, il livello di inserimento nella comunit di riferimento,
le idee relative alla possibilit reale di coinvolgere persone della stessa nazionalit in visite in museo al termine del corso.
- Progettazione del corso e delle modalit di conduzione dello stesso.
- Selezione dei partecipanti e avvio del corso.
- Preparazione delle dispense.
- Colloquio/esame finale (maggio 2007), consegna dei diplomi (3
giugno 2007).
- Dal 3 giugno 2007 al 3 giugno 2008: anno di sperimentazione;
ogni migrante ha avuto a sua disposizione un pacchetto di dieci visite guidate (quattro alle collezioni permanenti e sei alle mostre temporanee, per le quali sono stati previsti interventi di formazione in itinere condivisi con gli educatori museali), rivolte ai propri connazionali e retribuite dalla GAMeC. In questo periodo, grazie allapporto
dei mediatori, pi di 500 migranti hanno varcato le soglie del museo
(molti dei quali per la prima volta).
- Revisione e riprogettazione della modalit delloperato dei mediatori museali.
- A partire dal settembre 2008 una nuova fase del progetto vede i
mediatori coinvolti nelle scuole dallinfanzia alle superiori per
creare un contatto con le ultime generazioni e, per tramite loro, con i
genitori e i familiari.
Tematica
Museologia, storia dellarte, italiano.
Punti di forza individuati dallquipe di progetto
Nello svolgimento del corso di formazione:
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porto tra soggetto e luogo, tra identit privata e spazio pubblico. Lintento stato quello di fornire ai partecipanti nuovi strumenti per conoscere il territorio in cui vivono, offrendo loro la possibilit di ritrarsi in loco, costruendo un terreno comune, uno spazio terzo di condivisione culturale, linguistica ed estetica.
Obiettivi
- Favorire laccesso ai luoghi della cultura e alle attivit culturali;
- utilizzare lincontro con larte e i suoi mezzi espressivi per potenziare le capacit dei giovani di orientarsi in maniera critica e personale nel mondo delle comunicazioni e nel mondo che ci circonda;
- sviluppare le potenzialit del museo come luogo di dialogo e promuovere un impegno pi attivo nei confronti di tutti i cittadini, utilizzando il patrimonio come fonte di scambio interculturale;
- creare un progetto inter-museale, fondato sulla condivisione di
valori, metodi e buone pratiche.
Nel lungo termine, un obiettivo fondamentale di City Telling di
stabilire un legame duraturo tra il MAMbo e il gruppo coinvolto nel
progetto, in modo da accrescerne il livello di confidenza con i luoghi e i linguaggi dellarte contemporanea.
Metodologia
La metodologia stata oggetto di confronto e scambio dapprima
con la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (per la stesura di un
progetto educativo condiviso) e in seguito con le istituzioni della citt
di Bologna coinvolte.
Il progetto si basato sul metodo autobiografico, attraverso la narrazione orale, scritta e per immagini (video e foto), lespressione corporea e vocale.
Sono state inoltre sperimentate varie modalit relazionali allinterno del gruppo partecipante.
Il vissuto dei giovani, le loro reazioni agli stimoli ricevuti, lascolto
delle loro esperienze e vicende personali hanno sempre costituito il
nucleo centrale intorno al quale lavorare e riflettere.
188
Le fasi di lavoro
Il progetto durato da novembre 2008 a ottobre 2009.
Le principali fasi di lavoro sono state:
- comunicazione sul territorio del progetto, attraverso diversi incontri con i responsabili del territorio, con gli educatori dei gruppi
giovanili Katun e Katun Party e con i potenziali partecipanti;
- visite e laboratori allinterno del Museo con i giovani interessati
per favorire lapproccio ai linguaggi dellarte contemporanea, considerati come pretesto iniziale per un percorso in cui lo sguardo rinnovato e la creativit personale sono fondamentali;
- incontri dedicati a passeggiate nel quartiere. Utilizzando la
mappa del Quartiere Pilastro, i partecipanti hanno individuato i luoghi per loro significativi (scuole, biblioteche, giardini, installazioni
urbane, punti dincontro...), mettendo in comune suggestioni e storie
personali e raccogliendole in un diario di viaggio, fatto di contributi
fotografici, sonori e video;
- progettazione di un supporto multimediale in collaborazione con
il Dipartimento Educativo della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo e il Museo Nazionale del Cinema. La piattaforma, che conterr i
contributi raccolti nel corso del progetto, stata progettata tramite
Google Earth; linterfaccia visualizza i luoghi mappati, sar accessibile a tutti i partecipanti al progetto, e pu essere utilizzata per presentare i risultati del percorso e condividere buone pratiche con altri
gruppi di lavoro e istituzioni culturali. Le caratteristiche grafiche
sono state progettate da un gruppo di studenti del Primo Liceo Artistico (Curvatura Cinema e Arti Visive) di Torino, guidati dai Dipartimenti Educativi della Fondazione Sandretto e del Museo del Cinema;
la realizzazione della piattaforma informatica a cura di Ars Media.
Ciascun incontro (sia al MAMbo sia al Pilastro) si svolto alla presenza degli operatori sul territorio, degli educatori museali e delloperatore video.
Tematica
stato sviluppato il tema della ri-scoperta della citt e del territorio.
189
- iniziale difficolt nelladeguare la metodologia educativa del Museo a quella adottata allinterno dei gruppi; questo fattore ha avuto
tuttavia dei risvolti positivi in termini di continuo monitoraggio del
progetto, che stato adattato alle esigenze e ai tempi dei ragazzi;
- il Gruppo Katun ha attraversato alcune difficolt per motivazioni
esterne al progetto;
- carenza di tempo;
- diffidenza iniziale nei confronti del Museo.
Da queste criticit sono emersi alcuni importanti punti di attenzione per la progettazione di attivit future:
- prevedere tempi lunghi per lo sviluppo di progetti come questo,
in modo da consentire una maggiore conoscenza del contesto e dellutenza specifica a cui il museo si vuole rivolgere, nonch lo sviluppo
delle relazioni interpersonali tra i partecipanti;
- considerare limportanza di occasioni dincontro mirate allinserimento degli educatori esterni allinterno del gruppo di ragazzi coinvolti;
- prevedere in tutte le fasi del progetto momenti in cui le istituzioni, gli educatori e i partecipanti coinvolti possano conoscersi reciprocamente, per stabilire un linguaggio e un sentire comuni, e instaurare
un rapporto di fiducia reciproca.
Differenza con le altre iniziative (gi presenti e indirizzate agli
utenti italiani)
Le differenze riscontrabili consistono nel particolare pubblico a cui
rivolta liniziativa e nel rapporto interpersonale stabilitosi coi partecipanti, pi complesso e continuo di quello normalmente stabilito
con le classi che partecipano alle attivit didattiche del museo.
Riscontri (interesse, affluenza)
A parte liniziale difficolt a dialogare nel modo corretto coi ragazzi
coinvolti, stata poi superata la diffidenza iniziale e i partecipanti
hanno risposto in modo positivo, contribuendo con entusiasmo alla
realizzazione del progetto.
191
Destinatari
Le conferenze erano rivolte al pubblico adulto, la parte laboratoriale riguardava la scuola secondaria di primo grado "Ser Lapo Mazzei".
Finalit
Il progetto si articolato in laboratori e conferenze sulla cultura
orientale, in particolare cinese, per favorire, attraverso la conoscenza
e la riflessione, il rispetto e l'integrazione fra popoli e culture diverse.
Obiettivi
Per quanto riguarda il laboratorio Lo spazio e le sue regole lobiettivo era considerare limmagine quale potente possibilit comunicativa, ovvero come linguaggio che, nei suoi tratti caratterizzanti, pu essere compreso universalmente, qualunque sia la cultura di chi ne
usufruisce.
Per quanto riguarda il laboratorio Dal pittogramma al segno lobiettivo era la conoscenza della scrittura cinese e la scoperta di come
nella cultura cinese non ci sia stacco concettuale tra scrittura, disegno
e pittura, ma vengono utilizzati lo stesso strumento e le stesse procedure logiche.
Per quanto riguarda invece il laboratorio Energia e segno lobiettivo era evidenziare come il segno sia energia e come questa sia il segnale visibile di una memoria e di una volont.
Metodologia
Conferenze e laboratori.
Le fasi di lavoro
Lo spazio e le sue regole
Il lavoro di laboratorio inizia con stimolazioni tendenti a chiarire
ed evidenziare l'importanza del formato del supporto, che diventa il
campo visivo nel quale si rende intellegibile la figurazione. La proporzione delle figure rispetto al formato e la loro collocazione nello spazio/foglio assumono significati comunicativi diversi. Si trattato
194
dunque di rendere coscienti sul significato del rapporto formato/orizzonte nella comunicazione visiva e nella capacit evocativa di questa
nel momento in cui ci si accinge a costruire un'immagine. A questo
scopo l'invito era a riempire un intero foglio di linee continue, sempre
diverse, attraversando ogni volta in orizzontale lo specchio del formato.
Successivamente veniva scelta una di queste linee e collocata in
formati diversi creando un orizzonte.
Le variabili date dalla diversit del formato e dalla diversa collocazione dell'orizzonte suggeriscono immagini diverse, diversit resa
evidente dalla disposizione di piccole forme in cartoncino, fossero
esse casuali o no. Nel riguardare quanto fatto, risulta evidente quanto
sia potente la forza evocatrice del rapporto orizzonte/formato, anche
quando le forme collocate non fossero ben caratterizzate.
Ci che la figurazione cos costruita "pare e sembra ", viene meglio
evidenziato negli elaborati successivi dove l'invito teso a cercare il
modo di caratterizzare meglio i singoli elementi, ridisegnandoli operando le aggiunte che ognuno ritiene opportune.
L'aggiunta finale del colore, inserisce nell'immagine ulteriori e intellegibili informazioni.
Dal pittogramma al segno
Inizialmente stata diversificata e schematizzata la scrittura cinese
in:
- pittogrammi (disegni), cio quell'insieme di segni grafici che in
origine erano la stilizzazione di ci che volevano rappresentare ( es. :
uomo, montagna, sole, luna)
- ideogrammi (idea), cio quell'insieme di segni grafici i quali, attraverso la stilizzazione di un qualcosa di riconoscibile, intendono
esprimere un'idea che a quello si riconnette (es.: crescere=albero,dividere= un fiume fra due anse, casa=una capanna con all'interno un
maiale, ecc.)
- suonogrammi (suono), cio tutti i segni di scrittura aventi ognuno un suo suono. Ci si rivela utile per la traduzione di nomi non cinesi, altrimenti intraducibili
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Si tratta di un metodo attraverso il quale, parlando di s, possibile ripercorrere e mettere in questione le nostre esperienze, la nostra
vicenda di apprendimento.241 Il lavoro autobiografico presuppone il
dialogo e quindi ha bisogno di aprirsi alla narrazione, allaltro, alla
comunicazione.
Grazie a questo metodo si possono perci sviluppare:
- il meticciamento di prospettive diverse;
- lo spiazzamento e la mobilit cognitiva;
- la problematizzazione del nostro punto di vista;
lacquisizione di consapevolezza sulle rappresentazioni proprie di
ciascuno, che spesso si fossilizzano in stereotipi.
In questo processo di auto-narrazione le immagini sono utili sia
come mediatori di relazione per parlare di s, per narrarsi e narrare, sia come strumenti linguistici pi facilmente ed universalmente
condivisibili242. Le immagini, inoltre, possono aiutare a comprendere che i loro significati sono molteplici, poliedrici e strettamente legati al vissuto di chi le produce e di chi le osserva.
Viene qui messa in evidenza limportanza dellaspetto relazionale.
Le fasi di lavoro
Questo progetto si sviluppa in cinque fasi, oltre ai tre incontri che
coinvolgono solo le insegnanti e i responsabili del progetto (allinizio,
a met progetto, al termine).
- a scuola: acquisizione di prerequisiti attraverso attivit progettate
e realizzate dalle insegnanti, a partire da argomenti e temi definiti dai
responsabili di progetto;
- prima visita in Pinacoteca: presentazione di due opere con animazione e attivit su schede;
- a scuola: rielaborazione di ci che stato fatto in Pinacoteca e
consolidamento di ci che stato appreso. Preparazione alla seconda
visita.
- seconda visita in Pinacoteca: presentazione di altre due opere,
sempre attraverso lanimazione e le attivit su schede;
241
242
Ibidem, p. 24.
P. Canova, Narrarsi e narrare con le immagini, in R. Spadaro (a cura di), op. cit.
203
Tematica
Viene sviluppato il tema del cibo, inteso come valore e come simbolo, non solo come prodotto. Questo permette di entrare in risonanza col vissuto personale e affettivo degli alunni.243
Si parte dal cibo presente in alcune opere della Pinacoteca, per far
riflettere i bambini su che ruolo e importanza abbia esso nella loro
vita.
Osservando i personaggi, le loro azioni, gli utensili che utilizzando,
i bambini, guidati dalle domande delloperatore didattico, parlano
delle proprie abitudini familiari, dei piccoli riti quotidiani legati al
cibo, dei propri gusti.
Qui viene messa in risalto la differenza tra la cultura attuale e quella passata: una differenza che maggiore rispetto a quella con i nostri
contemporanei appartenenti a culture a noi estranee. Il passato diventa quindi terra straniera davanti al quale siamo tutti allo stesso
livello.
Punti di forza individuati dallquipe di progetto
Nel volume A Brera anchio. Il museo come terreno di dialogo interculturale vengono messi in evidenza quegli aspetti che sono stati
individuati come punti di forza del progetto e che sono poi stati assunti come condizioni necessarie per la buona riuscita del progetto
stesso.
- La proposta progettuale risulta organica rispetto al curriculum
scolastico.
243
204
Ibidem, p. 45 .
205
Le differenze sono rintracciabili nella maggiore attenzione allinterculturalit che viene dichiarata negli obiettivi.
Riscontri (interesse, affluenza)
Da parte delle insegnanti si ha un generale entusiasmo. Da parte
dei bambini, la curiosit e le attivit svolte riescono a tenere alta la
loro attenzione, soddisfacendo le loro aspettative. Per quanto riguarda le famiglie coinvolte il risultato stato deludente, data la scarsa
partecipazione, soprattutto delle famiglie non italiane.
Materiali prodotti per queste iniziative (depliant, pannelli didattici, ecc)
Per ogni alunno partecipante sono state realizzate alcune schede,
che permettono losservazione e lanalisi dei dipinti e la riflessione sul
proprio vissuto, attraverso quiz, domande aperte e disegni da completare.
Materiali prodotti dagli utenti e dal museo
Tutto il progetto ben illustrato nel volume A Brera anchio. Il
museo come terreno di dialogo interculturale edito da Electa.
Conclusioni e commenti
Dalla partecipazione diretta al percorso sono emerse alcune discrepanze tra i propositi teorici e la pratica reale di questo progetto, soprattutto per quanto riguarda i punti di forza individuati dallquipe
di progetto. Per esempio, lorganicit del progetto rispetto al curriculum scolastico, se da un lato apprezzata dagli insegnanti, dallaltro a
volte finisce col trasformarsi in un punto critico, in quanto il lavoro in
classe legato al progetto, risulta rubare un po troppo tempo alle
classiche attivit didattiche.
Un secondo aspetto critico riguarda lintenzione, a livello teorico,
di utilizzare modelli di apprendimento informale e non legati esclusivamente alle abilit di lettura/scrittura. In realt, per, buona parte
dellattivit, soprattutto in Pinacoteca, consiste nella compilazione di
schede, che inevitabilmente richiedono la capacit di leggere e scrivere in italiano. Allinterno della classe con la quale stato seguito il
206
percorso, alcuni bambini hanno avuto bisogno dellaiuto dellinsegnante per poter svolgere queste attivit.
Tra i punti di forza viene individuata la possibilit di contrapporre
agli elementi dinamici e frenetici, che caratterizzano lesperienza
quotidiana degli alunni, occasioni di incontro con la staticit, sia
nella lettura delle immagini, sia nella relazione con il s e con gli altri.
Questo punto per non sempre percepito in modo positivo dai bambini, i quali a volte si annoiano, davanti allinsolita lentezza (rispetto
alla velocit a cui sono abituati) delle attivit proposte in Pinacoteca.
Istituzioni e progetti legati all'interculturalit
245
208
ERICarts
ERICarts - European Institute for Comparative Cultural Research
ha realizzato nel corso del 2007 lo studio Sharing diversity. National approaches to intercultural dialogue in Europe. La ricerca ha
messo sotto lente di ingrandimento i diversi approcci dei 27 membri
UE alla promozione del dialogo interculturale come strategia per promuovere la diversit culturale e la coesione sociale in Europa, con
una particolare attenzione ai seguenti ambiti: cultura, educazione,
sport e giovani. Da questo studio nato il sito web interculturaldialogue.eu dal quale sono consultabili il rapporto finale di ricerca, i
challenge papers prodotti dagli esperti coinvolti nel progetto sui diversi ambiti presi in esame (patrimonio culturale e musei inclusi),
una selezione di casi esemplari, tavole sinottiche sulle politiche di
promozione del dialogo interculturale nei contesti nazionali, e altri
materiali.
Museums Tell Many Stories
Il Progetto "Museums tell many stories", finanziato dal Programma Comunitario Socrates Grundtvig 2 per il biennio 2006- 2007,
inteso a promuovere l'accesso ai luoghi della cultura e alle attivit
culturali a un numero crescente di pubblici appartenenti a diversi
gruppi etnici o con background culturali diversi.
Coordinato dall'Istituto per i Beni Culturali dell'Emilia Romagna,
partner del Progetto sono: Engage (UK), Imagine IC (NL), Citt di
Torino, Chester Beatty Library, Dublino (IR).
E' stato costituito un gruppo di lavoro formato dai rappresentanti
delle istituzioni partner e da operatori dei Servizi Educativi presenti
presso i musei per avviare un processo di apprendimento, di scambio
e di crescita professionale.
Il progetto quindi era rivolto agli operatori museali e non al pubblico dei musei coinvolti.
Il progetto, infatti, aveva la finalit di sviluppare le competenze del
personale di istituzioni culturali che si occupa di educazione al patrimonio e di mediazione culturale per sostenere l'apprendimento inter209
Educard
Il progetto Educard, partito nel 2001, uniniziativa organizzata
dalla Regione del Veneto-Direzione Beni Culturali e lUfficio Scolastico Regionale del Veneto, che ha come finalit favorire il rapporto
scuola-museo facendo interagire le rispettive comunit professionali.
Per lanno scolastico 2008-09 stato realizzato il progetto Un patrimonio di culture avente come obiettivi:
Favorire il rapporto scuola-museo attraverso linterazione delle
due comunit professionali
Conoscere nuove modalit di lettura delle collezioni museali in
chiave interculturale
Favorire occasioni di progettazione interistituzionale mediante
una consapevolezza interculturale
211
Bibliografia
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C. Gelao, La didattica in Italia 1960-1981, Mezzina, Molfetta,
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G. Dorfles, Lintervallo perduto, Feltrinelli, Milano, 1989.
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