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Patrick Modiano.

Nobel Lecture < Speciali < Einaudi

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di Evelina Santangelo
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Nobel Lecture
Domenica 7 dicembre 2014 Patrick Modiano ha tenuto il tradizionale discorso di accettazione del
Premio Nobel per la Letteratura presso l'Accademia di Svezia a Stoccolma.
Ecco il testo completo nella traduzione di Emanuelle Caillat (qui, il video integrale).
Per i Bastardi di Pizzofalcone

di Severino Cesari

Bitti, 5 dicembre, ore 18.30

di Paola Gallo
ARCHIVIO

THE NOBEL FOUNDATION 2014


***
Vorrei dirvi molto semplicemente quanto io sia felice di essere tra voi e quanto sia emozionato per lonore
che mi avete fatto assegnandomi questo Premio Nobel per la Letteratura.
la prima volta che devo pronunciare un discorso davanti a unassemblea cos numerosa, e provo una
certa apprensione. Verrebbe da pensare che per uno scrittore sia naturale e facile dedicarsi a questa
pratica. Ma uno scrittore o quantomeno un romanziere ha spesso un rapporto difficile con la parola.
Se ricordiamo la divisione scolastica tra scritto e orale, un romanziere pi portato per lo scritto che per
lorale. abituato a tacere e a confondersi tra la folla per immergersi in unatmosfera. Ascolta le
conversazioni facendo finta di niente, e se interviene soltanto per rivolgere qualche domanda discreta
con lo scopo di capire meglio le donne e gli uomini che lo circondano. Il suo parlare esitante, per via
dellabitudine a correggere i suoi scritti. Certo, dopo molteplici cancellature, il suo stile pu sembrare
limpido. Ma quando prende la parola non ha pi la possibilit di correggere le esitazioni.
E poi appartengo a una generazione in cui non si lasciavano parlare i bambini, tranne in certe occasioni
abbastanza rare, e se chiedevano il permesso. Ma non venivano ascoltati e molto spesso venivano zittiti.
Questo spiega il difficile eloquio di alcuni di noi, talora esitante, talora troppo rapido, come se temessimo
in ogni momento di essere interrotti. Forse da qui il mio desiderio di scrivere che, come per tanti altri,
nato sul finire dellinfanzia. Speri che gli adulti ti leggeranno. Cos saranno costretti ad ascoltarti senza
interromperti e sapranno una volta per tutte cosa ti opprime il cuore.
Lannuncio del premio mi parso irreale ed ero impaziente di sapere perch mi avevate scelto. Credo di
non avere mai avvertito in modo cos forte come quel giorno quanto un romanziere sia cieco rispetto ai
propri libri, e quanto i lettori conoscano meglio di lui ci che ha scritto. Un romanziere non pu essere mai
lettore di se stesso, tranne per correggere nel proprio manoscritto errori di sintassi e ripetizioni, o per
depennare un paragrafo inutile. Ha soltanto unimmagine confusa e parziale dei propri libri, come un
pittore intento a dipingere un affresco sul soffitto che, steso sullimpalcatura, lavora ai dettagli da troppo
vicino senza una visione dinsieme.
Che strana attivit solitaria la scrittura. Quando butti gi le prime pagine di un romanzo attraversi
momenti di sconforto. Ogni giorno hai limpressione di sbagliare strada. Ed davvero grande la
tentazione di tornare indietro e seguire un altro percorso. Non bisogna cedere alla tentazione ma

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rimanere sempre sulla stessa via. un po come essere al volante di unauto in una notte invernale, e
percorrere una strada ghiacciata senza nessuna visibilit. Non hai scelta, non puoi fare dietrofront, devi
andare avanti ripetendoti che prima o poi la strada si far pi sicura e la nebbia si dissolver.
Quando stai per terminare un libro, ti sembra che questo cominci a staccarsi da te e respiri gi unaria di
libert, come gli scolari subito prima delle vacanze estive. Sono distratti e rumorosi, e non ascoltano pi il
professore. Direi addirittura che nel momento in cui scrivi gli ultimi paragrafi, il libro ti manifesta una certa
ostilit nella sua fretta di liberarsi di te. E non appena hai tracciato lultima parola, ti lascia. finita, non ha
pi bisogno di te, ti ha gi dimenticato. Dora in poi saranno i lettori che gli riveleranno la sua vera natura.
In quel momento provi un grande vuoto e la sensazione di essere stato abbandonato. E anche una
specie di insoddisfazione dovuta al legame tra te e il libro, legame spezzato troppo in fretta.
Linsoddisfazione e il senso di incompiutezza ti spingono a scrivere il libro seguente per ristabilire
lequilibrio, senza riuscirci mai. Man mano che passano gli anni, i libri si susseguono e i lettori parleranno
di unopera. Ma tu avrai la percezione che si sia trattato solo di una lunga fuga in avanti.
S, il lettore conosce il libro meglio del suo stesso autore. Tra romanzo e lettore si verifica un fenomeno
analogo a quello dello sviluppo fotografico, come lo si faceva prima dellera digitale. Quando si stampava
in camera oscura, la foto diventava visibile a poco a poco. Man mano che si procede nella lettura di un
romanzo, avviene lo stesso processo chimico. Tuttavia, perch nasca un simile accordo tra autore e
lettore, necessario che il romanziere non forzi mai il lettore nel senso di forzare la voce per un
cantante ma lo trascini in modo impercettibile e gli lasci un margine sufficiente affinch il libro penetri in
lui poco alla volta, con unarte simile allagopuntura in cui sufficiente introdurre lago in un punto preciso
perch il flusso si propaghi nel sistema nervoso.
Di questa relazione intima e complementare tra romanziere e lettore credo si ritrovi lequivalente in
campo musicale. Ho sempre pensato che la scrittura fosse affine alla musica, sebbene assai meno pura
di questultima, e ho sempre invidiato i musicisti che mi sembravano praticare unarte superiore al
romanzo e i poeti che sono pi vicini ai musicisti rispetto ai romanzieri. Quando ero piccolo ho
cominciato scrivendo poesie, e forse grazie a questo ho capito meglio una riflessione letta da qualche
parte: I prosatori si fanno con i cattivi poeti. Inoltre, parlando di musica, il romanziere deve spesso
trasporre persone, paesaggi, strade su una partitura musicale dove ritornano gli stessi temi melodici da
un libro allaltro, una partitura musicale che tuttavia gli sembrer imperfetta. Il romanziere rimpianger di
non essere stato un musicista puro e di non avere composto I Notturni di Chopin.
La mancanza di lucidit e di distanza critica del romanziere rispetto allinsieme dei propri libri dovuta
anche a un fenomeno che ho riscontrato in me stesso e in molti altri autori: ogni nuovo libro, nel momento
della scrittura, cancella il precedente al punto tale che ho la sensazione di averlo dimenticato. Credevo di
averli scritti uno dopo laltro, in modo discontinuo, dimenticandoli man mano, ma spesso gli stessi visi, gli
stessi nomi, gli stessi luoghi, le stesse frasi ritornano da un libro allaltro, come i motivi di una tappezzeria
tessuta nel dormiveglia. Un dormiveglia o un sogno ad occhi aperti. Spesso il romanziere un
sonnambulo, talmente assorto nella sua scrittura che rischia di farsi investire attraversando la strada.
Ma non bisogna dimenticare lestrema precisione dei sonnambuli che camminano sui tetti senza mai
cadere.
Nella dichiarazione seguita allannuncio del Premio Nobel, mi ha colpito la frase seguente che alludeva
allultima guerra mondiale: Ha svelato il mondo dellOccupazione. Come tutte le donne e gli uomini nati
nel 1945, io sono un figlio della guerra, e pi precisamente, visto che sono nato a Parigi, un bambino che
deve la sua nascita alla Parigi dellOccupazione. Le persone vissute in quella Parigi hanno voluto
dimenticarla in fretta, o ricordare soltanto particolari di vita ordinaria, particolari che davano lillusione che
in fin dei conti la vita quotidiana non era stata cos diversa rispetto a quella vissuta in tempo normale. Un
brutto sogno e anche un vago rimorso di essere in qualche modo dei sopravvissuti. E quando pi tardi
venivano interrogati dai figli su quel periodo e su quella Parigi, davano risposte evasive. Oppure
mantenevano il silenzio come se volessero depennare dalla memoria quegli anni bui e tenerci nascosto
qualcosa. Ma davanti ai silenzi dei nostri genitori, abbiamo intuito tutto, come se lavessimo vissuto.
Che strana citt la Parigi dellOccupazione. Apparentemente la vita continuava, come prima: i teatri, i
cinema, i music-hall, i ristoranti erano aperti. Alla radio trasmettevano canzoni. Anzi, nei cinema e nei
teatri cera molta pi gente di prima della guerra, come se quei luoghi fossero stati rifugi in cui le persone
si radunavano e si stringevano le une alle altre per confortarsi. Ma alcuni particolari inconsueti indicavano
che Parigi non era pi la stessa di un tempo. A causa della mancanza di automobili era diventata una
citt silenziosa un silenzio in cui si sentiva il fruscio degli alberi, gli schiocchi degli zoccoli dei cavalli, il
rumore dei passi della folla sui boulevard e il clamore delle voci. Nel silenzio delle strade e del coprifuoco,
che dinverno iniziava verso le cinque del pomeriggio e durante il quale era vietata la bench minima luce
alle finestre, la citt sembrava assente a se stessa la citt senza sguardo, come dicevano gli
occupanti nazisti. Adulti e bambini potevano sparire da un momento allaltro, senza lasciare alcuna
traccia, e anche tra amici ci si parlava a mezze parole e le conversazioni mancavano di sincerit, perch
nellaria si sentiva incombere una minaccia.
In quella Parigi da incubo, dove si rischiava di cadere vittima di una denuncia e di una retata alluscita del
metr, si facevano incontri rischiosi con persone che in tempo di pace non si sarebbero mai incrociate,
nascevano amori precari allombra del coprifuoco senza la certezza di ritrovarsi nei giorni successivi. In
seguito a questi incontri spesso senza un domani, a volte brutti incontri, pi tardi sono nati dei bambini.
Ecco perch la Parigi dellOccupazione per me sempre stata come una notte originaria. Senza di lei
non sarei mai nato. Quella Parigi non ha mai smesso di ossessionarmi e la sua luce velata a volte inonda
i miei libri.
Ecco la conferma che uno scrittore segnato in modo indelebile dalla propria data di nascita e dal
proprio tempo, anche se non ha partecipato direttamente allazione politica, anche se sembra un essere
solitario, rifugiato in quella che chiamano la sua torre davorio. E se compone poesie, esse riflettono il
tempo in cui vive e non avrebbero potuto essere scritte in unaltra epoca.
cos per la poesia I cigni selvatici a Coole di Yeats, il grande scrittore irlandese, la cui lettura mi ha
sempre commosso profondamente. In un parco Yeats osserva alcuni cigni che scivolano sullacqua:
[]
Gi diciannove autunni mi hanno raggiunto
da quando li contai la prima volta;
li vidi, prima che finissi il conto,
tutti di colpo sollevarsi
e spendersi rotando in grandi cerchi interrotti
sulle ali clamorose.

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[]
Ma ora scivolano sullacqua immobile,
misteriosi, bellissimi.
Fra quali giunchi nidificheranno,
sulle sponde di quale lago o stagno
delizieranno occhi nuovi quando un giorno,
svegliandomi, mi accorger che sono volati via?
I cigni appaiono spesso nella poesia dellOttocento in Baudelaire o Mallarm. Ma questa poesia di
Yeats non avrebbe potuto essere scritta nel XIX secolo. Per il suo ritmo particolare e la sua malinconia,
essa appartiene al XX secolo e addirittura allanno preciso in cui stata scritta.
Succede pure che uno scrittore del XX secolo a volte si senta prigioniero della propria epoca e che la
lettura dei grandi romanzieri dellOttocento Balzac, Dickens, Tolstoj, Dostoevskij gli ispiri una certa
nostalgia. In quellepoca il tempo scorreva pi lento di oggi e tale lentezza si conciliava con il lavoro del
romanziere, che poteva concentrare meglio energia e attenzione. Rispetto ad allora il tempo ha
accelerato e procede a scatti, e ci spiega la differenza tra le grandi creazioni romanzesche del passato,
con architetture simili a cattedrali, e le opere discontinue e frammentarie di oggi. In questa prospettiva, io
appartengo a una generazione intermedia e sarei curioso di sapere come le generazioni successive, nate
con Internet, i cellulari, le mail e i tweet esprimeranno attraverso la letteratura un mondo in cui ognuno
continuamente connesso e dove i social network violano quella parte di intimit e di segreto che fino
a non molto tempo fa ancora ci apparteneva il segreto che dava spessore alle persone e poteva essere
il tema di un grande romanzo. Ma voglio rimanere ottimista riguardo allavvenire della letteratura e sono
convinto che gli scrittori del futuro prenderanno il testimone come ha fatto ogni generazione da Omero in
poi
D'altra parte lo scrittore, come qualsiasi altro artista, per quanto legato al proprio tempo in modo cos
radicale da non potergli sfuggire perfino laria che respira laria del suo tempo nelle proprie opere
esprime sempre qualcosa di atemporale. Negli allestimenti delle tragedie di Racine o Shakespeare, non
importa se i personaggi sono vestiti allantica o se il regista vuole i blue-jeans e i giubbotti di pelle. Sono
dettagli senza peso. Leggendo Tolstoj un secolo e mezzo dopo, Anna Karenina ci talmente vicina da
farci dimenticare che indossa abiti del 1870. E certi scrittori come Edgar Allan Poe, Melville o Stendhal
sono accolti meglio duecento anni dopo la loro morte che quando erano in vita.
Insomma, dove si colloca di preciso il romanziere? Ai margini della vita, per descriverla, poich se sei
immerso in essa nellazione ne trai unimmagine confusa. Ma questa distanza non impedisce la
capacit dellautore di identificarsi nei personaggi e nelle persone che li hanno ispirati. Flaubert dice:
Madame Bovary, sono io. E Tolstoj si subito identificato nella donna che ha visto buttarsi sotto un
treno, una notte, in una stazione russa. E questo dono dellidentificazione era cos forte da renderlo
tuttuno con il cielo e il paesaggio che descriveva e che assorbiva, fino al pi lieve battito di ciglia di Anna
Karenina. Questo stato alterato lopposto del narcisismo poich presuppone loblio di s e nel
contempo la massima concentrazione per riuscire a percepire ogni minimo particolare. Ci implica anche
una certa solitudine. Non un chiudersi in se stessi, ma la possibilit di raggiungere un grado di
attenzione e di iperlucidit di fronte al mondo esterno, per restituirlo in un romanzo.
Ho sempre pensato che il poeta e il romanziere conferiscono mistero a esseri umani che sembrano
sopraffatti dalla vita quotidiana, a oggetti apparentemente banali, e questo a forza di osservarli con
unattenzione intensa e in modo quasi ipnotico. Sotto lo sguardo dello scrittore la vita di tutti i giorni
finisce per avvolgersi di mistero e assumere una specie di luminescenza che a prima vista non cera e
rimaneva nascosta in profondit. Il ruolo del poeta e del romanziere, e anche del pittore, di svelare il
mistero e la luminescenza che si trovano in ogni persona. Penso al mio lontano cugino, il pittore Amedeo
Modigliani: le sue tele pi commoventi sono quelle in cui ha scelto come modelli persone anonime,
bambini e ragazze della strada, serve, piccoli contadini, giovani apprendisti. Li ha dipinti con precise
pennellate che richiamano la grande tradizione toscana, quella di Botticelli e dei pittori senesi del
Quattrocento. In questo modo ha dato loro o meglio ha svelato loro tutta la grazia e la nobilt celate
dietro umili apparenze. Il lavoro del romanziere deve andare nella stessa direzione. La sua
immaginazione, ben lungi dal deformare la realt, deve penetrarla in profondit e svelare la sua vera
natura, grazie alla potenza degli infrarossi e degli ultravioletti che captano ci che si nasconde dietro le
apparenze. Mi spingerei quasi a dire che nei casi migliori il romanziere una specie di veggente e di
visionario. E anche una sorta di sismografo, pronto a registrare i movimenti pi impercettibili.
Ho sempre esitato a leggere la biografia di tale o talaltro scrittore che ammiravo. A volte i biografi si
soffermano su dettagli minori, testimonianze non sempre esatte, lati del carattere che risultano
sconcertanti o deludenti, e tutto ci mi ricorda il fruscio che disturba le trasmissioni alla radio rendendo
impercettibili le musiche o le voci. Solo la lettura dei libri ci fa entrare nellintimit di uno scrittore, l che
si mostra al meglio e ci parla a bassa voce, senza nessuna interferenza.
Tuttavia, leggendo la biografia di uno scrittore a volte si scopre nella sua infanzia un avvenimento
significativo che diventa la matrice della sua futura opera: senza che lui ne sia davvero consapevole
questo avvenimento torna sotto varie forme ad abitare i suoi libri. Oggi penso ad Alfred Hitchcock, che
non era uno scrittore, ma i cui film hanno comunque la forza e la coesione di unopera romanzesca.
Quando aveva cinque anni, suo padre lo aveva incaricato di portare una lettera a un amico commissario
di polizia. Il bambino gli aveva consegnato la lettera e il poliziotto lo aveva rinchiuso nella parte di
commissariato provvista di sbarre che funge da cella e dove durante la notte vengono rinchiusi i
delinquenti pi disparati. Il bambino, terrorizzato, aveva aspettato per unora prima che il commissario lo
liberasse e gli dicesse: Se nella vita ti comporti male, ora sai cosa ti aspetta. Quel commissario di
polizia, che aveva davvero strani principi educativi, forse allorigine del clima di suspense e di
inquietudine che ritroviamo in tutti i film di Alfred Hitchcock.
Non vorrei annoiarvi con il mio caso personale ma credo che certi episodi della mia infanzia siano serviti
pi tardi da matrice per i miei libri. Il pi delle volte mi trovavo lontano dai miei genitori, presso amici ai
quali mi affidavano e di cui non sapevo nulla, e in luoghi e case che si susseguivano una dopo laltra. Sul
momento i bambini non si stupiscono di nulla, e anche se si trovano in situazioni insolite, la cosa sembra
loro perfettamente normale. Solo molto pi tardi la mia infanzia mi parsa enigmatica e ho tentato di
conoscere meglio le varie persone a cui i miei genitori mi avevano affidato e i vari luoghi che cambiavano
continuamente. Ma non sono riuscito a identificare la maggior parte delle persone, n a localizzare con
precisione topografica tutti quei luoghi e quelle case del passato. La volont di risolvere un enigma,
senza riuscirci davvero, e di tentare di sondare un mistero mi ha dato il desiderio di scrivere, come se la
scrittura e limmaginazione potessero aiutarmi a risolvere finalmente quegli enigmi e quei misteri.
E visto che parliamo di misteri, per unassociazione di idee mi viene in mente il titolo di un romanzo

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francese dellOttocento: I misteri di Parigi. La grande citt, in questo caso Parigi, la mia citt natale,
legata alle mie prime impressioni dinfanzia, impressioni cos forti che da allora non ho mai smesso di
esplorare i misteri di Parigi. A circa nove o dieci anni mi capitava di passeggiare da solo e spingermi
sempre pi lontano in quartieri che non conoscevo sulla Rive Droite della Senna, nonostante la paura di
perdermi. Era pieno giorno e questo mi tranquillizzava. Allinizio delladolescenza mi sforzavo di vincere
la paura avventurandomi di notte in metr, verso quartieri ancora pi distanti. Cos si impara a conoscere
la citt, e in questo ho seguito lesempio della maggior parte dei romanzieri che ammiravo e per i quali,
fin dal XIX secolo, la grande citt Parigi, Londra, San Pietroburgo, Stoccolma che fosse era lo sfondo
e uno dei temi principali dei loro libri.
Nel racconto Luomo della folla Edgar Allan Poe stato uno dei primi a citare quelle onde umane
osservate dalla vetrina di un caff, onde che si susseguono ininterrottamente sui marciapiedi della citt.
Nella folla scorge un anziano signore dallaspetto strano e, per conoscerlo meglio, lo segue di notte in
vari quartieri di Londra. Ma lo sconosciuto luomo della folla e seguirlo inutile poich rimarr
sempre anonimo e sul suo conto non si sapr mai niente. Non ha una vita sua, fa semplicemente parte
della massa di passanti che camminano a ranghi serrati o si accalcano e si perdono nelle strade.
E mi viene in mente anche un episodio che ha segnato per sempre il giovane poeta Thomas de Quincey.
A Londra, tra la folla di Oxford Street, aveva fatto amicizia con una ragazza: uno di quegli incontri casuali
che si fanno in una grande citt. Aveva trascorso vari giorni in sua compagnia, poi per qualche tempo
aveva dovuto lasciare Londra. Dopo una settimana lei avrebbe dovuto aspettarlo tutte le sere alla stessa
ora allangolo di Tichfield Street. Ma non si sono mai pi ritrovati. Di certo siamo andati molte volte alla
ricerca luno dellaltra, nello stesso momento, attraverso lenorme labirinto di Londra; forse eravamo
distanti solo qualche metro quanto basta per essere separati in eterno.
Man mano che passano gli anni ogni quartiere, ogni via della citt evoca un ricordo, un dolore, un
momento di felicit in coloro che ci sono nati e che ci hanno vissuto. E spesso una stessa strada ti lega a
ricordi successivi, al punto che grazie alla topografia di una citt tutta la tua vita riaffiora nella memoria a
strati, come le scritte sovrapposte di un palinsesto da decifrare. E cos pure la vita degli altri, migliaia e
migliaia di sconosciuti, incrociati nelle strade o nei corridoi del metr alle ore di punta.
Cos, quando ero giovane, per aiutarmi a scrivere tentavo di ritrovare vecchie guide telefoniche di Parigi,
soprattutto quelle in cui i nomi sono ordinati per indirizzo, con i numeri civici dei palazzi. Pagina dopo
pagina mi sembrava di avere sotto gli occhi una radiografia della citt, ma di una citt sommersa, come
Atlantide, e di respirare lodore del tempo. Con il passare degli anni, le uniche tracce lasciate da quelle
migliaia e migliaia di sconosciuti erano nomi, indirizzi e numeri di telefono. Qualche volta, da un anno
allaltro spariva un nome. Cera qualcosa di vertiginoso nello sfogliare i vecchi elenchi sapendo che ormai
quei numeri di telefono non avrebbero risposto. Pi tardi mi hanno colpito i versi di una poesia di Osip
Mandel'stam:
Son tornato nella mia citt che conosco fino alle lacrime
fino alle venuzze, alle ghiandole gonfie dellinfanzia. []
Pietroburgo []
dei miei numeri di telefono sei in possesso.
Pietroburgo, su di me gli indirizzi io porto
che mi faranno trovare la voce dei morti.
S, credo che mi sia venuta voglia di scrivere i miei primi libri consultando quei vecchi elenchi di Parigi.
Bastava sottolineare a matita il nome di uno sconosciuto, lindirizzo e il numero di telefono, e immaginare
come fosse stata la sua vita, tra centinaia e centinaia di migliaia di nomi.
In una grande citt ci si pu perdere o sparire. Si pu anche cambiare identit e vivere una vita nuova. Ci
si pu dedicare a una lunghissima indagine per ritrovare le tracce di qualcuno, partendo solo da un paio
di indirizzi in un quartiere ignoto. Le brevi indicazioni scritte sugli avvisi di ricerca mi hanno sempre
ispirato: Ultimo domicilio noto. I temi della scomparsa, dellidentit, del tempo che passa sono
strettamente connessi alla topografia delle grandi citt. Ecco perch, fin dallOttocento, esse sono state
spesso il campo dazione dei romanzieri, e qualcuno fra i pi grandi associato a una citt: Balzac e
Parigi, Dickens e Londra, Dostoevskij e San Pietroburgo, Tokyo e Nagai Kaf, Stoccolma e Hjalmar
Sderberg.
Io appartengo a una generazione che ha subto linfluenza proprio di quei romanzieri e che ha voluto, a
sua volta, esplorare ci che Baudelaire chiamava le pieghe sinuose delle grandi capitali. Certamente,
da cinquantanni a questa parte, cio dallepoca in cui gli adolescenti della mia et provavano emozioni
fortissime andando alla scoperta delle loro citt, queste sono cambiate. In America, e in quello che
chiamavamo il terzo mondo, certune sono diventate delle megalopoli dalle dimensioni inquietanti. Gli
abitanti sono segregati in quartieri spesso allabbandono e in un clima di guerra civile. Le bidonville sono
sempre pi numerose e sempre pi tentacolari. Fino al XX secolo i romanzieri avevano una visione se
vogliamo romantica della citt, non molto diversa da quella di Dickens o di Baudelaire. Per questo mi
piacerebbe sapere come i romanzieri di domani evocheranno i giganteschi agglomerati urbani nelle loro
opere di narrativa.
Riguardo ai miei libri avete avuto la bont di alludere allarte della memoria con la quale sono evocati i
destini umani pi inafferrabili. Ma un simile complimento supera la mia persona. Questa memoria
personale, che tenta di raccogliere qualche frammento del passato e poche tracce lasciate sulla terra da
anonimi e sconosciuti, anchessa legata alla mia data di nascita: 1945. Essere nato nel 1945, dopo che
erano state distrutte delle citt ed erano scomparse intere popolazioni, mi ha senzaltro reso pi sensibile
ai temi della memoria e delloblio, come tutti quelli della mia et.
Purtroppo mi sembra che la ricerca del tempo perduto non si possa pi compiere con la forza e la
franchezza di Marcel Proust. La societ che descriveva era ancora stabile, una societ dellOttocento. La
memoria di Proust fa risorgere il passato nei minimi dettagli, come un quadro vivente. Oggi ho la
sensazione che la memoria sia molto meno sicura di se stessa e che debba continuamente lottare contro
lamnesia e loblio. Per via di questo strato, di questo cumulo di oblio che ricopre tutto, si possono
cogliere solo frammenti del passato, tracce interrotte, destini umani sfuggenti e quasi inafferrabili.
Forse la vocazione del romanziere, davanti alla pagina bianca delloblio, proprio quella di fare riapparire
qualche parola mezzo cancellata, come iceberg dispersi che vanno alla deriva sulla superficie
delloceano.
(Riproduzione riservata)
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I versi di Osip Mandel'stam sono tratti dalla raccolta Ottanta poesie (a cura di Remo Faccani, Einaudi)

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I versi di William B. Yeats sono tratti da L'opera poetica (traduzione di Ariodante Marianni, Mondadori)

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L'erba delle notti

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