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I primi commentatori latini dellEthica Nicomachea

Irene Zavattero
(Universit di Siena)

I primi commentatori latini dellEthica Nicomachea:


interpreti fedeli di Aristotele?

La domanda contenuta nel titolo pu sembrare una domanda


scontata con una risposta altrettanto scontata, poich vari
studiosi hanno dimostrano che i maestri della facolt delle Arti di
Parigi della prima met del XIII secolo hanno spesso interpretato
lEthica Nicomachea (EN) in modo non conforme al pensiero
aristotelico. Negli anni Trenta del secolo scorso, Odon Lottin
evidenzi in questi commenti una forte familiarit con le dottrine
dei teologi del tempo, nonch le numerose digressioni di interesse
psicologico e morale inserite dai maestri e non richieste dal testo
aristotelico1. Fu soprattutto Ren-Antoine Gauthier, nel saggio
introduttivo alledizione critica del cosiddetto Commento di Parigi
allEthica nova, ad evidenziare con enfasi che la dottrina del
commentatore si allontanava dalla littera aristotelica e che anzi,
in taluni casi, si poneva agli antipodi del pensiero di Aristotele2.
In anni pi recenti, sono i lavori di Georg Wieland3 e di Anthony
Celano4, riguardanti in particolar modo la teoria della felicit e
delle virt espressa dai primi commentatori, a sottolinearne la
distanza dallEN. Tuttavia, affermare che questi maestri delle
Arti, che furono i primi pensatori latini a commentare lEN,

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abbiano deformato il senso autentico del messaggio aristotelico


non significa sminuirne lo sforzo interpretativo e non significa
neppure negare loro una buona padronanza del testo dellEN5,
quantunque limitata ai primi tre libri vale a dire allEthica nova
(I libro) e vetus (II e III libro) , gli unici in loro possesso.
Sebbene sia del parere che limportanza di questi commenti
non si misuri sulla base della fedelt dottrinale dei loro autori al
pensiero aristotelico, bens sulla base del contributo che fornirono
alla discussione etico-filosofica del tempo, ritengo che indagare il
grado di conoscenza dellEN posseduto da questi maestri possa
offrire qualche utile elemento alla ricostruzione della prima fase
della ricezione del testo aristotelico. A tal fine, in questo breve
saggio mi propongo di mettere in luce (1) lo sforzo esegetico
dei commentatori attraverso alcuni esempi del loro modo di
usare le varianti o le glosse presenti nel manoscritto dellEN
che commentavano e (2) di evidenziare la consapevolezza dei
maestri di esporre un pensiero etico difforme da quello dei teologi,
come i frequenti confronti delle posizioni secundum philosophos
e secundum theologos dimostrano; una consapevolezza che deriva
anche dallintenzione di esporre fedelmente il testo aristotelico.
Questa analisi mi sembra rivelare che i maestri delle Arti
tentarono uninterpretazione in una certa misura fedele del testo in
loro possesso, il quale, per, non era il testo genuino di Aristotele,
bens un testo fortemente deteriorato e glossato, oltre che mutilo.
Tale circostanza, come vedremo, rese difficile linterpretazione
dellEthica nova e vetus.

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1. Per realizzare il primo proposito, prendiamo in esame i


commenti allEthica nova, cio al primo libro dellEN, in nostro
possesso: il Commento di Parigi6, il cosiddetto Pseudo-Peckham7
ed il commento di Kilwardby8, questi due ultimi entrambi inediti.
Non si prender in considerazione il Commento di Napoli la cui
edizione critica a cura di Martin Tracey apparsa di recente nella
rivista Documenti e studi sulla tradizione filosofica medievale9
perch non contiene lexpositio litterae e lautore, nella divisio
textus o nella sententia, non mostra particolare interesse per la
forma del testo che sta commentando.
In effetti, proprio sullexpositio litterae dei tre suddetti
commenti che concentrer lattenzione, in quanto, a mio avviso,
lo sforzo interpretativo di questi maestri si pu apprezzare gi
nellesposizione letterale, cio in quella parte di commento dedicata
allanalisi linguistica della porzione di testo in discussione, che
precede, generalmente, la sententia e le quaestiones.
In primo luogo, necessario chiedersi su quale versione
latina dellEthica nova lavorarono i commentatori10. Si trattava
di un testo fortemente interpolato e deteriorato, ma anche
abbondantemente glossato, come ha sottolineato Gauthier nella
prefazione alledizione dellEN contenuta nella serie dellAristoteles
latinus11. Le annotazioni sono da attribuire in parte al traduttore
Burgundio da Pisa che, preoccupato di trovare la versione giusta
o di proporre al lettore il migliore termine latino equivalente,
offre spesso una doppia traduzione di uno stesso vocabolo, oltre
che frequenti note marginali o glosse per spiegare il senso di una

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parola greca o lambiguit grammaticale dovuta alla differenza fra


le due lingue12. Proprio le doppie traduzioni e le note esplicative,
considerate caratteristiche peculiari del modo di tradurre di
Burgundio, oltre che i confronti lessicografici con le altre traduzioni
da lui condotte, quali il De generatione et corruptione di Aristotele,
il De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno ed il De natura hominis
di Nemesio di Emesa, hanno permesso a Fernand Bossier13 di
attribuirgli le traduzioni dellEthica vetus e della nova, redatte in
tempi diversi ma entrambe nel 1150 o negli anni precedenti,
vale a dire prima delle altre sue traduzioni dal greco14. Oltre alle
precisazioni terminologiche inserite dal traduttore, tuttavia, il
testo letto dai magistri artium contiene anche delle spiegazioni di
interpreti pi recenti (explanationes alienae) che non sono utili alla
ricostruzione del testo originale della nova e che chiosano parole
gi corrotte o propongono traduzioni alternative fuorvianti15.
Bisogna, quindi, distinguere le annotazioni di Burgundio da quelle
inserite successivamente da altri fruitori del testo. Tutte insieme
costituiscono una consistente messe di glosse fra le quali i maestri
devono districarsi e dalle quali spesso sono indotti a sbagliare.
Fra le annotazioni di Burgundio, segnalate dettagliatamente
da Gauthier come note del traduttore stesso (ipsius
interpretis adnotationes16), si distinguono due tipi di doppie
traduzioni: luno, in cui Burgundio propone un secondo termine
equivalente al primo (ad esempio, per indolorositatem aggiunge
vel insensibilitatem17); laltro, in cui, accanto al termine greco
semplicemente traslitterato, appone la traduzione latina dello

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stesso. Un esempio significativo riguarda un termine cruciale del


vocabolario etico aristotelico: proaresis, che Burgundio traslittera
in proheresis e poi traduce in interlinea con id est eligencia18. Il
commentatore di Parigi19 e Kilwardby20 preferiscono usare
eligencia, mentre lo Pseudo-Peckham usa electio e ricorre ad eligencia
nella vetus21. Proheresis, electio ed eligencia, ma anche voluntas o
preiudicium, sono le varie traduzioni proposte da Burgundio, il
quale per preferisce eligencia nella traduzione della vetus e della
nova22. Su eligencia pose lattenzione Bossier, che si diceva stupito
dalluso di questo sostantivo che non di origine classica, ma
probabilmente un neologismo coniato da Burgundio, il quale,
tuttavia, sembra non essere convinto di questa traduzione, tanto
da abbandonarne presto luso e da usare nelle opere successive
prevalentemente il termine electio23.
Altri casi significativi della coppia termine traslitteratocorrispondente vocabolo latino riguardano le virt intellettuali
elencate alla fine della nova, dove troviamo la coppia sophia/
sapientia24 e fronesis/prudencia25. Questultima coppia riveste un
interesse particolare perch fra i primi commentatori sembra che
soltanto Kilwardby interpreti due termini come equivalenti ed
indicanti la medesima virt della prudenza26. Lo Pseudo-Peckham
invece, condizionato forse dallinterpretazione di Arnolfo di
Provenza nella Divisio scientiarum27, descrive la fronesis come la
suprema virt intellettuale con cui si contempla Dio anzich
come saggezza pratica e virt inferiore alla sapienza, come
sosteneva Aristotele , e relega la prudentia fra le virt morali

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che hanno il compito di governare il corpo ed i rapporti con il


prossimo28.
Per quanto riguarda invece le annotazioni apposte da interpreti
successivi29, si possono segnalare due casi interessanti:
a) atholothetis30: termine che Burgundio si limita a traslitterare
e che significa giudici di gara. Aristotele lo usa nel seguente
contesto: dopo aver detto che c differenza fra i ragionamenti
che partono dai principi e quelli che ad essi conducono (EN
I,1095b30-31), egli ritiene che ci si debba interrogare su quale sia
il percorso del ragionamento (dai principi o verso i principi), come
accade negli stadi, dove ci si chiede se il percorso vada dai giudici
di gara fino alla meta o viceversa. I nostri commentatori spiegano
questo termine oscuro servendosi, probabilmente, di una glossa
che, secondo Gauthier31, in origine doveva essere corretta e che
scomponeva la parola in athlos quod est premium et thetis quod
est positio. Questa etimologia citata dal Commento di Parigi
ma distorta in athos, quod est primum32. Gauthier ritiene che
athos sia un errore del copista, ma che la lettura sbagliata primum
al posto di premium sia da attribuire al commentatore, giacch
questi prosegue dicendo: a primo posito, hoc est principio.
Tuttavia, poich lo stesso errore si trova anche in Kilwardby33
e nello Pseudo-Peckham34, possiamo presumere che la glossa
a disposizione dei maestri delle Arti fosse invece interamente
corrotta e che riportasse gi primum anzich premium. Kilwardby,
anzi, sembra avere sotto mano unaltra variante, protholotetis, che
per non attestata nei manoscritti della nova, stante lapparato

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critico del Gauthier, ma che comunque esprime sempre lidea del


principio (Kilwardby dice tholon quod est summitas) e non del
premio. chiaro che i maestri ed il glossatore di fronte ad un
termine sconosciuto propongono unetimologia che vada nel senso
delle parole di Aristotele, che esprima cio lidea di principio;
b) enchicliis35: il termine significa in circolazione e ricorre
nel passo in cui Aristotele pone fine alla discussione circa
lidentificazione della felicit con la virt dicendo: di questo se ne
gi parlato abbastanza in un libro che in circolazione, nelle mani
di tutti, alludendo probabilmente al Protrettico36. I codici della
nova, per, tramandano euchidiis e molti manoscritti riportano in
interlinea la spiegazione in libro Platonis de bonis formis oppure
in libris de formis bonis, od altre varianti ancora37. Tutti e tre i
nostri commentatori conoscono il termine nella versione corrotta,
in cui en divenuto eu ed -icliis diventato -idiis: entrambe
sono contaminazioni frequenti in quellepoca. Mentre, per, lo
Pseudo-Peckham legge euchidiis come un riferimento generico a
scritti famosi38, lautore del Commento di Parigi39 e Kilwardby40
scompongono il nome, usando probabilmente una glossa nel
manoscritto, in eu, quod est bonum, et ydos, quod est
forma, cosa che denota una certa conoscenza del greco (idos la
trascrizione fonetica di eidos). I due maestri commentano il passo
amalgamando letimologia di euchidiis e lannotazione interlineare
che rimandava ad un libro sulle buone forme, concludendo cos
che il libro a cui fa riferimento Aristotele un liber de bonitate
formarum, senza immaginare che Aristotele nellEN rimaneva

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molto pi sul generico, alludendo soltanto ad un libro con una


buona circolazione. Gauthier ha ipotizzato che con la dicitura
liber de bonitate formarum i maestri volessero riferirsi al Liber
de expositione bonitate pure, vale a dire al Liber de causis, che era
considerato appunto un testo di Aristotele41.
interessante notare, infine, il modo in cui i maestri nei
passi appena citati42, poche righe sopra euchidiis , risolvono
la doppia lezione positio e potio che non sembra attribuibile a
Burgundio43 e di cui la maggior parte dei manoscritti della nova
trasmette la lezione erronea potio44. Lautore del Commento di
Parigi sembra saper scegliere la lezione giusta, positio (con la quale
il testo suona: nessuno chiamerebbe felice il virtuoso, se non per
difendere la propria tesi), e poi precisa che certi altri libri
riportano la lezione potio: in questo caso la littera di Aristotele
significherebbe nessuno deve dire che il virtuoso felice, se non
possiede la medicina e poi spiega: chi prende la medicina malato
e quindi reputa che la felicit sia la salute, cos chi non virtuoso
crede che la virt sia la felicit. Kilwardby fornisce le stesse
interpretazioni e sembra ritenere possibili entrambe le lezioni. Lo
Pseudo-Peckham invece intende potio non come medicina, bens
come bevanda ed ironicamente spiega che nessuno direbbe felice
il virtuoso a meno che questi non possieda da bere, come fanno i
britanni ubriaconi (ad modum anglicorum ebriosorum). Ben
pi seria invece la sua interpretazione di positio, che sottolinea la
caparbiet di chi non vuole retrocedere dalle proprie posizioni.
Gli esempi che abbiamo portato dimostrano che, in generale,

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lexpositio litterae non altera in modo significativo linterpretazione


della dottrina morale di Aristotele, cio non la deforma nei suoi
contenuti principali. Lesegesi dei primi commentatori appare
tutto sommato buona, soprattutto se si tiene conto di quanto
fosse difficile spiegare un testo cos corrotto, e denota lo sforzo dei
maestri di trovare una spiegazione plausibile, in linea con la littera
aristotelica, anche per parole oscure come atholothetis ed enchicliis.
Anche la coppia fronesis/prudentia, di cui abbiamo sottolineato
lesito difforme dal pensiero aristotelico, diventa problematica e del
tutto estranea alla dottrina di Aristotele soltanto nelle quaestiones
aggiunte dallo Pseudo-Peckham. In questo senso si pu osservare
che lapproccio, pi o meno fedele, dei primi commentatori
al testo aristotelico condizionato anche dalla tipologia di
commento prescelta. Bench tutti e tre i commenti appartengano
al commento di tipo parigino45, cio siano suddivisi in lectiones,
il Commento di Parigi e lo Pseudo-Peckham sono commenti cum
quaestionibus ed proprio nella discussione dei dubia che i due
maestri si allontanano da Aristotele. Il commento di Kilwardby,
invece, unesposizione senza questioni ed anche nelle brevi note
di commento (introdotte da Et nota) lautore si mostra assai pi
fedele degli altri alla littera aristotelica, come la critica ha spesso
sottolineato46.
Un esempio di come i maestri passino da unexpositio litterae
per lo pi fedele al pensiero di Aristotele ad una interpretazione
discordante nelle quaestiones lo si pu trovare nel Commento di
Parigi ai primi paragrafi della nova, dove Aristotele nega che

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la felicit risieda nelle ricchezze, negli onori e nella virt47. Il


maestro, nellexpositio litterae, passa in rassegna dettagliatamente
gli argomenti di Aristotele, abbina la vita di piacere al desiderio
delle ricchezze, la vita politica al desiderio degli onori e della
virt ed afferma, come Aristotele, che della vita contemplativa
si parler nel seguito della discussione48. Gi nella sentencia, per,
il maestro muta gli abbinamenti facendo corrispondere alla vita
politica soltanto gli onori ed alla vita contemplativa la virt e
la conoscenza49. Inoltre usa il termine philosophi non solo in
riferimento ai sapienti (sofoj, 1095a21), ma anche per indicare
quelli che Burgundio chiama excellentes e che per Aristotele erano
le persone raffinate (car...entej, 1095a19) concordi nel chiamare il
Sommo Bene con il nome di felicit. Inoltre usa philosophi anche
in riferimento ai multi et gravissimi che identificano la felicit
con il piacere e che per Aristotele erano la massa e le persone pi
volgari (pollo ka fortiktatoi, 1095b16). Cosicch, quando nelle
quaestiones il commentatore si domanda in quale vita risieda la
felicit (dato che i philosophi concordano nel porre la felicit in
una vita) il maestro offre due soluzioni, luna dei teologi, secondo
cui la felicit appartiene alla vita dellanima separata, laltra dei
filosofi, secondo cui la felicit risiede nella vita contemplativa,
intesa come sintesi di conoscenza e di virt50. Questultima
definizione sembra riprendere ed elaborare le premesse poste nella
sentencia, vale a dire linsistenza sul parere dei philosophi ed il
concetto di vita contemplativa abbinata a virt e conoscenza:
sembra che il maestro si faccia carico di discutere della vita

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contemplativa di cui Aristotele rinvia la discussione alle pagine


successive, ma che in realt affronter soltanto nel decimo libro
(EN X,7-9), sconosciuto per ai nostri commentatori.
2. Queste osservazioni ci permettono di passare alla
trattazione del secondo proposito di questo studio, riguardante
la distinzione secundum philosophos/secundum theologos che
illustriamo brevemente.
Nella discussione circa il tipo di vita felice che abbiamo appena
visto, i filosofi in questione sembrano essere quelli che, poco
prima, il maestro ha insistentemente chiamato in causa, vale a
dire i filosofi antichi che Aristotele critica. Tuttavia la definizione
di vita contemplativa fornita dal maestro troppo tecnica per
essere ascritta vagamente ai filosofi antichi: egli dice che la vita
contemplativa si realizza mediante una conoscenza senza fantasmi
e mediante la virt della parte superiore dellintelletto pratico.
Qui il maestro evoca le dottrine psicologiche in circolazione in
quel periodo che sembra aver desunto dalla Summa de Bono di
Filippo il Cancelliere e dal trattato De potentiis anime et obiectis51,
quindi da un ambito teologico. Nonostante questa combinazione
di elementi totalmente estranei al pensiero aristotelico, mi
sembra chiara comunque la volont del maestro di sottolineare
una dottrina filosofica, in antitesi rispetto a quella teologica, che
afferma la possibilit per luomo di essere felice in questa vita. Una
tesi che, in ultima analisi, corrisponde al messaggio dellEN.
possibile citare altri passi in cui lautore del Commento di

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Parigi confronta i punti di vista dei filosofi e dei teologi: sono passi
del commento alla vetus, alla cui edizione critica sto lavorando.
Uno di questi riguarda la discussione sulla capacit delluomo di
operare il bene52. Il maestro spiega che, secondo i teologi, luomo
non principio del bene, in quanto la recta ratio, fondamento di
ogni buona azione, infusa nel nostro intelletto da Dio, a cui
va dunque il merito del nostro buon operato. Secondo i filosofi,
invece, noi soli siamo il principio della virt, perch la nostra
volont a causare lazione che produce la virt.
Poco oltre, quando il maestro si chiede se compiamo le cose
giuste grazie alla giustizia che in noi, espone nuovamente la
teoria dei teologi dellinfusione del bene nella potenza intellettiva
umana secondo la quale luomo opererebbe con giustizia grazie ad
un abito infuso53. Su questo punto il commentatore si allontana
con decisione dal parere dei teologi: egli precisa che quel bene
infuso non una virt e, se lo , non si tratta della virt politica,
oggetto, invece, del passo aristotelico in discussione. Inoltre, egli
aggiunge, qui non dobbiamo spiegare le posizioni del teologo, ma
lintenzione del filosofo, vale a dire di Aristotele, e ribadisce il
fatto che loperazione buona causata dalla volont e che la virt
non infusa bens prodotta da molte e frequenti operazioni. Anzi,
cita espressamente le parole di Aristotele: per compiere azioni
giuste bisogna conoscerle, volerle e compierle con fermezza e
costanza.
Lautore del Commento di Parigi non il solo a contrapporre
i punti di vista teologico e filosofico. La stessa distinzione circa la

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capacit delluomo di operare il bene si trova anche nello PseudoPeckham54 e nella Guida dello Studente, un testo didascalico del
1230-40 concernente le materie da studiare nel curriculum delle
Arti e quindi anchesso espressione dellinsegnamento universitario
parigino55.
Da quanto detto, bench i commenti allEthica vetus siano
ancora tutti inediti e quindi necessitino di uno studio pi attento,
mi pare di poter osservare che, sulle questioni dellagire morale, i
maestri delle Arti contrappongono ai teologi il pensiero genuino
di Aristotele56. Se, quindi, nei casi presi in esame, non chiaro
a chi i maestri si vogliano riferire con letichetta di philosophi
talvolta ai filosofi antichi, talvolta ad Aristotele e forse anche
a se stessi come portavoci del pensiero aristotelico57 con
letichetta di theologi, invece, sembrano rinviare ai maestri di
teologia loro contemporanei. pur vero, tuttavia, che, in questi
passi, i commentatori rimandano in modo generico a dottrine
fondamentali della teologia, quali il godimento della felicit nella
vita futura e linfusione della virt, che si potrebbero ascrivere
semplicemente a SantAgostino. Si pu supporre, comunque,
che i maestri alludessero anche ai loro colleghi di teologia che
si occuparono ampiamente della classificazione delle virt. In
particolare, i teologi, basandosi sulla distinctio 27 delle Sentenze
di Pietro Lombardo (che definisce la virt in generale come una
buona qualit della mente che serve a vivere rettamente e
che solo Dio produce nelluomo58), sembrano supporre che non
solo le virt teologiche, ma anche le virt morali sono infuse59.

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La definizione di Lombardo, infatti, sottolinea lorigine divina


della virt e quindi descrive la virt teologica, come dice Ugo di
Saint Cher60, ma contiene anche un chiaro riferimento alla virt
morale che ci fa vivere rettamente, come evidenziano Filippo il
Cancelliere61 e Guglielmo di Auxerre62, quindi una definizione
che pu applicarsi ad ogni virt. Una conferma esplicita, nonch
la riproposizione del confronto fra teologi e filosofi, ci proviene da
Odo Rigaldi, il quale afferma che le virt politiche, chiamate dai
filosofi consuetudinali perch prodotte dalla ripetizione delle
azioni buone, sono ritenute dai sancti et theologi il frutto della
grazia divina63. Questa ci sembra precisamente la posizione che
lautore del Commento di Parigi ascrive ai teologi.
In conclusione, ci si pu chiedere perch i maestri sentano
la necessit, su alcune questioni, di distinguere i due punti di
vista filosofico e teologico, mentre in altre occasioni inglobino
il pensiero teologico senza apparente difficolt, come quando
chiamano sinderesis la parte superiore dellintelletto pratico64
oppure definiscono la felicit come unione con Dio65. Non credo
che lintenzione dei maestri sia quella di contrapporre lapproccio
filosofico a quello teologico rivendicando un ambito autonomo
di discussione66. A mio avviso, la distinzione dei due punti di
vista nasce da unesigenza didattica: i maestri, esponendo lEN
agli studenti delle Arti, ritengono opportuno, sui grandi temi
della dottrina morale, dichiarare lesistenza di un altro punto di
vista radicalmente diverso da quello aristotelico, senza tuttavia
formulare un parere od un commento sui contenuti teologici.

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Questo atteggiamento rivela che i maestri acquisirono una


consapevolezza graduale delle dottrine aristoteliche, resa difficile
e lenta dal grado di deterioramento del testo aristotelico a loro
disposizione e dalla lacuna di ben due terzi dellEN, nonch dalla
loro formazione culturale ancora fortemente agostiniana. Queste
circostanze dimostrano la necessit di studiare i primi commenti
allEN collocandoli nel loro tempo, vale a dire in quella prima
met del XIII secolo in cui le nuove acquisizioni aristoteliche si
intersecano e si confrontano con le dottrine teologiche.

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Note
1

O. Lottin, Psychologie et morale aux XIIe et XIIIe sicles, Louvain-Gembloux,

J. Duculot, 1942-1960, vol. I, pp. 505-534.


2

R.A. Gauthier, Le cours sur lEthica nova dun maitre s arts Paris (1235-

1240), in AHDLM XLII (1975), pp. 73-141; cfr. anche Id., Arnoul de Provence
et la doctrine de la fronesis, vertu mystique suprme, in Revue du Moyen Age
latin XIX (1963), pp. 135-170.
3

G. Wieland, Ethica scientia practica. Die Anfnge der philosophischen Ethik

im 13. Jahrhundert, Mnster, Aschendorff, 1981 (Beitrge zur Geschichte der


Philosophie und Theologie des Mittelalters 21).
4

Fra i primi saggi si segnalano A.J. Celano, The finis hominis in the Thirteenth

Century Commentaries on Aristotles Nicomachean Ethics, in AHDLM LVIII


(1986), pp. 23-53; Id., The Understanding of the Concept of felicitas in the pre-1250
Commentaries on the Ethica Nicomachea, in Medioevo XII (1986), pp. 29-53,
ed il pi recente Id., The Understanding of Beatitude, the Perfection of the Soul in
the Early Latin Commentaries on Aristotles Nicomachean Ethics, in Documenti
e studi sulla tradizione filosofica medievale XVII (2006), pp. 1-22.
5

Come gi notava Gauthier, Le cours, cit., p. 75.

Per ledizione critica, cfr. ivi, pp. 94-141. La parte del Commento di Parigi

dedicato alla vetus, contenuta nei mss. (P =) Paris BN lat. 3804A, ff. 152ra159vb, 241ra-247vb e Paris BN lat. 3572, ff. 226ra-235ra (il commento inizia nel
primo codice e riprende, senza lacune, nel secondo codice) in corso dopera a
cura di chi scrive.
7

Questo commento allEthica nova e vetus tramandato integralmente dai

seguenti codici: (F =) Firenze, Biblioteca nazionale, Conventi soppressi G4 853,


ff ra-77va; (O =) Oxford, Bodleian Library, lat. misc. c. 71, ff. 2ra-52rb; altri
due mss. conservano il testo in forma parziale: Praga, Univ. III F 10, ff. 12ra23va; Avranches, Bibl. munic. 232, ff. 123r-125v. Ringrazio Valeria A. Buffon
dellUniversit Laval, Qubec, per avermi trasmesso la trascrizione provvisoria
delle sezioni citate in questo saggio.
8

LExpositio super libros Ethicorum di Robert Kilwardby tramandata dal ms:

(C =) Cambridge, Peterhouse 206. ff. 285ra-307vb e, in forma parziale, dal ms.


(Pr =) Praga, Univ. III F 10, ff. 1ra-11vb. Ringrazio Anthony Celano per avermi

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I primi commentatori latini dellEthica Nicomachea

messo a disposizione ledizione critica in corso di pubblicazione.


9

M.J. Tracey, An Early 13th-Century Commentary on the Nicomachean Ethics

I, 4-10: The Lectio cum Questionibus of an Arts-Master at Paris in MS Napoli,


Biblioteca Nazionale VIII G 8, ff.4ra-9vb, in Documenti e studi sulla tradizione
filosofica medievale XVII (2006), pp. 28-69. Altri due commenti, il Commento di
Avranches (Bibl. munic. 232, ff. 90r-123r) ed un frammento chiamato Commento
di Parigi 2 (Paris BN lat. 3572, ff. 186ra-187ra), sono esclusi da questa disamina
in quanto entrambi riguardano soltanto alcuni capitoli della vetus.
10

Per il commento alla nova del Commento di Parigi, Gauthier, Le cours, cit.,

p. 74 ritiene che il testo usato est assez proche de QlQpYm [secondo le sigle
dei mss. elencati nellAristoteles Latinus, cfr. nota seguente] et particulirement
de Ql, cest--dire du ms. Paris B.N. lat. 6569 dont il a quelques leons
caractristiques.
11

R.A. Gauthier, Praefatio, in Aristoteles, Ethica Nicomachea, Leiden, Brill-

Bruxelles, Descle de Brouwer, 1974, vol. XXVI, fasc. 1, pp. LVIII-CX. Nella
stessa serie (XXVI,1-3) sono state pubblicate a cura di Gauthier le edizioni
di tutte le traduzioni greco-latine medievali dellEN, in particolare il fasc. 2:
Ethica Nicomachea. Translatio Antiquissima Libr. II-III sive Ethica Vetus
et Translationis Antiquioris quae supersunt sive Ethica nova, Hoferiana,
Borghesiana. Nel seguito rinvieremo alle pagine ed alle linee di questa edizione
e, tra parentesi, alle pagine del testo greco edito da I. Bekker (Aristoteles graece
ex recensione Immanuelis Bekkeri edidit Academia Regia Borussica, Berolini
1831), ad esempio Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., p. 87,10 (1100b32).
12

G. Verbeke, Burgundio de Pise et le vocabulaire latin dAristote, in Tradition

et traduction. Les textes philosophiques et scientifiques grecs au moyen ge latin,


dit par R. Beyers, J. Brams, D. Sacr et K. Verrycken, Leuven, Leuven
University Press, 1999, pp. 37-58, in part. p. 45, ritiene che le esitazioni e i
dubbi di traduzione di Burgundio non dipendano da una scarsa conoscenza del
greco, bens dalla difficolt di trovare nello scarno vocabolario filosofico latino i
termini per rendere il senso esatto e le sfumature degli originali greci.
13

F. Bossier, Llaboration du vocabulaire philosophique chez Burgundio de Pise, in

Aux origines du lexique philosophique europen: linfluence de la Latinitas, dit


par J. Hamesse, Louvain-la-Neuve, Brepols, 1997, p. 81-116. Si veda anche
G. VuilleminDiem et M. Rashed, Burgundio de Pise et ses manuscrits grecs

99

Irene Zavattero

dAristote: Laur. 87.7 et Laur. 81.18, in Recherches de Thologie et Philosophie


mdivales, LXIV (1997), pp. 136-197 dove gli autori ipotizzano (p. 176) che
Burgundio Pisano abbia intrapreso la traduzione dellEN al pi tardi nel 1150 e
che sia entrato in possesso degli esemplari greci fin dagli anni quaranta del sec.
XII.
14

La cronologia ricostruita da Bossier, Llaboration du vocabulaire, cit., p. 102,

propone il seguente ordine: Ethica vetus, De generatione et corruptione, Ethica nova


di Aristotele, De complexionibus di Galeno, Omelie su San Matteo di Giovanni
Crisostomo, De fide orthodoxa di Giovanni Damasceno, De natura hominis di
Nemesio di Emesa, De interioribus di Galeno, Omelie su san Giovanni di Giovanni
Crisostomo e De regimine sanitatis (libro VI) di Galeno.
15

Gauthier, Praefatio, cit., pp. CII-CIV, in part. p. C: Me sane non fugit in Ethicae

novae codicibus multas adnotationes adpositas esse, quae non sunt interpretis,
sed explanatorum recentiorum, de quibus Ethicae novae editor non curat. Pro
re comperta habemus eas in primis adnotationibus interpretis non esse, quae
Ethicae novae non vera, sed iam corrupta. Per questo motivo, Gauthier non
riporta per esteso tali annotazioni nelledizione della nova, a differenza di quanto
fa per la vetus di cui propone in appendice (pp. 49-61) le annotazioni che egli
attribuisce al traduttore, colui che noi oggi sappiamo essere Burgundio.
16

Ivi, pp. CIV-CX.

17

Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., p. 87,10 (1100b32).

18

Ivi, p. 65,5 (1094a2).

19

Gauthier, Le cours, cit., p. 97: Proheresis, id est eligencia recta.

20

C f. 285va; Pr f. 1va: Est enim proheresis idem quod eligencia boni cum

fuga oppositi, de qua precipue docet moralis doctrina; et dicitur a prothos,


quod est primum, et heresis divisio, quasi divisio sive discrecio facta; primo
determinat bonum et malum, scilicet in eligendo.
21

F f. 9va; O f. 8vb: Proheresis uel electio secundum aliam translationem.

22

Bossier, Llaboration du vocabulaire, cit., p. 109; Verbeke, Burgundio de Pise,

cit., pp. 42-43, tratta della traduzione di proaresis sottolineando il grande sforzo
compiuto da Burgundio per trovare lequivalente latino pi adatto.
23

Ivi, pp. 110-111.

24

Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., p. 94,19 (1103a5).

25

Ivi, p. 95,1 (1103a5).

100

I primi commentatori latini dellEthica Nicomachea

26

C f. 295ra; Pr f. 11va: Intellectuales dicuntur sapiencia, fronesis et intelligencia;

[...] per fronesim, que prudencia quedam est, electionem prius cognitorum et
amatorum.
27

Arnulfus Provincialis, Divisio Scientiarum, in Quatre introductions la

philosophie au XIIIe sicle. Textes critiques et tude historique, dit par Cl.
Lafleur, Montral-Paris, Institut dtudes Mdivales-Vrin, 1988, p. 336, 544550. Per linterpretazione di fronesis come virt mistica cfr. Gauthier, Arnoul
de Provence, cit.
28

F f. 33vb, O f. 29va: Fronesis vero est cognitio summi boni cum dilectione

eius prout cognitio summi boni est per intelligibiles creaturas in quibus maxime
relucet eius imago secundum quod possibile est in creaturis suis relucere. F f.
35ra, O f. 30ra: virtus consuetudinalis in bene se habendo erga proximum quod
patet discurrendo per differentias eius [...] prudentia uero et iustitia quo ad
operationes pertinentes ad rationalem licet differenter.
29

La paternit di queste annotazioni che secondo Gauthier, come abbiamo

detto (n. 14), non appartengono al traduttore, non stata finora rimessa in
discussione.
30

Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., p. 69,4 (1095b1).

31

Gauthier, Le cours, cit., p. 75.

32

Ivi, p. 100: ... id est quemadmodum est quere in stadiis, hoc est in spacio,

ab atholetetis ad finem; et dicitur atholetetis a athos, quod est primum, et


thetis, quod est positio: hoc est utrum sit idem spacium a primo posito, hoc
est a principio, in finem vel e converso, quasi diceret: a primis in posteriora vel
a posterioribus in priora.
33

C f. 287va; Pr f. 3va: Per hoc enim quod dicit ab atholotetis vel protholotetis

(95b1-2), intendit primo posito in stadiis et dicitur a prothos primum et


thesis, posicio. Si sit ibi prolothetis dicitur a tholon quod est summitas
et thesis, posicio, quasi positum in summitate stadii; hoc est in principio.
34

F f. 9vb; O f. 9ra: Quemadmodum id est sicut differens est uia in stadiis id

est in spatiis que sunt ab allotetis id est a principiis positis currendo in finem uel
essendo, et e contrario quasi diceret quod sicut est differens uia hinc et inde fuit
et rationes differentes hinc et inde. Il corsivo, salvo diversa precisazione, indica
le parole dellEN di cui il commentatore sta spiegando il senso.
35

Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., p. 70,21 (1096a3).

101

Irene Zavattero

36

Aristote, LEthique Nicomaque. Introduction, traduction et commentaire, dit

par R.A. Gauthier et J.Y. Jolif, Louvain-Paris, Publications Universitaires, 1970,


vol. II,1, p. 32: Dans le Protreptique ct de lloge de la vie philosophique, on
y trouve une critique acre de la vie de jouissance et de la vie politique.
37

Cfr. Gauthier, Praefatio, cit., p. CI e Id., Le cours, cit., p. 75.

38

F f. 11vb, O f. 10va: Nullus felicitabit id est felicem dicet habentem id est illum

qui habet hanc scilicet uirtutem nisi custodiens potionem ad modum anglicorum
ebriosorum uel positionem id est nisi uelit sustinere aliquod falsum quod posuerit
ad quod istud sequatur et tunc sustineat hoc non quia credat sed ut seruet
positum et hoc nodus significat alia translatio. Deinde dicit quod de hiis sufficiat
quia satis dictum est de hiis in enchidiis id est in dictis famosis de hac materia
editis ita exponit alia translatio.
39

Gauthier, Le cours, cit., p. 113: ... nisi positionem custodiens, id est nemo dicet

virtutem esse felicitatem, nisi ille qui ponit uirtutem esse felicitatem; quidam
enim fuerunt philosophi qui ponebant uirtuosum esse felicem. Quidam libri
habent: potionem, et tunc legitur litera sic: nullus debet dicere virtuosum
felicem, nisi custodiens potionem: ille qui sumat potionem, hoc est eger, credit
sanitatem esse felicitatem; similiter illi qui non sunt uirtuosi credunt uirtutem
esse felicitatem, cum ipsi sint egrotantes egritudine anime, quia, sicut sanitas
est medicina corporis, sic uirtus est medicina anime; et hoc est quod dicit. Et de
hiis quidem sufficienter, id est de uirtutibus dictum est sufficienter; satis enim
et in eutidiis, hoc est in illis libris in quibus determinatur de formis rerum, que
forma sit melior altera; et dicitur euthidiis, ab eu quod est bonum et idos quod
est forma, quasi liber de bonitate formarum.
40

C f. 288rb; Pr f. 4rb: Addit quod virtuosus non est dicendus felix, nisi sicut

dicitur sanus qui utitur pocione; sicut enim hic est in via ad sanitatem, sic
virtuosus est in via ad felicitatem, et hoc est: nisi pocionem (96a2:). Si autem sit
ibi posicionem (96a2:), tunc hec est sentencia: nullus dicit virtuosum esse felicem,
nisi ille qui tenet opinionem Zenonis hoc ponentis, quia de eis plenius dictum
est in Euchidiis, hoc est in libro de bonitate formarum, ubi forme comparantur
adinvicem secundum bonitates, quem, ut dicunt, Socrates composuit. Et dicitur
ab eu, quod est bonum, et ydos, quod est forma.
41

Gauthier, Le cours, cit., p. 75.

42

Si vedano i testi citati nelle note 38-40.

102

I primi commentatori latini dellEthica Nicomachea

43

Gauthier, Praefatio, cit., pp. CIV-CX non lo segnala fra i casi di duplice

traduzione.
44

Cfr. lapparato critico di Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., p. 70,20

(1096a2).
45

O. Weijers, La structure des commentaires philosophiques la Facult des Arts:

quelques observations, in Il commento filosofico nellOccidente Latino (secoli XIIIXV), a cura di G. Fioravanti, C. Leonardi e S. Perfetti, Turnhout, Brepols,
2002, pp. 17-41, in part. pp. 17-19.
46

A.J. Celano, Robert Kilwardby and the Limits of Moral Science, in Philosophy

and the God of Abraham: Essays in Memory of James A. Weisheipl, ed. R. James
Long, Toronto, Pontifical Institute of Medieval Studies, 1991, pp. 31-40.
47

Aristoteles, Ethica Nicomachea, cit., pp. 69,16-71,6 (1095b14-1096a10).

48

Gauthier, Le cours, cit., pp. 110-114. In questa lectio lautore inserisce lexpositio

litterae dopo la sentencia.


49

Ivi, pp. 107-110.

50

Ivi, p. 116: [...] de illa uita que est cum anima separata potest praedicari

felicitas et sic patet quod non sumit hic sufficienter modos ipsius uite. Et ista
respontio est penes theologos. Est autem alia respontio secundum philosophos
et hec est respontio. Dicendum est quod uita in quam ponendo felicitatem non
errabant philosophi predicatur de uita contemplatiua; set dicendum est quod
uita contemplatiua est secundum uirtutem et scienciam siue cognitionem [...].
Et sic patet quod uita que est idem felicitati predicatur de uita contemplatiua in
quantum uita contemplatiua est circa cognitionem sine fantasmate et uirtutem
que est circa partem superiorem intellectus practici siue uirtutis desideratiue.
51

Per lo studio dettagliato di questa definizione di vita contemplativa e delle

fonti usate dal maestro mi permetto di rinviare al mio saggio Il ruolo conoscitivo
delle virt intellettuali nei primi commenti del XIII secolo allEthica Nicomachea,
in Etica e conoscenza nel XIII e XIV secolo, a cura di I. Zavattero, Arezzo,
Dipartimento di Studi storico-sociali e filosofici, 2006, pp. 15-26.
52

P ff. 154vb-155ra: Ad hoc dicendum est quod loquendo theologice oportet

dicere quod habitus bonus de necessitate precedit omnem operationem bonam,


quia ratio recta est data a Prima Intelligentia ut illuminet intellectum humanum;
que quidem ratio recta est fundamentum cuiuslibet operationis bone; et hoc
est quod dicunt theologi quod bonum est infusum a Deo quo dirigente bene

103

Irene Zavattero

operamur. [...] Aliter potest dici, et ista solutio est secundum philosophos et
non secundum theologos; et tunc dicendum est quod nos sumus principium
uirtutis tantum; unde uoluntas que est in nobis existens et determinata est causa
operationis; que operatio causat uirtutem.
53

P ff. 242vb-243ra: Ad hoc dicendum est, sustinendo theologos, quod aliquod

bonum est potentie intellective infusum quod illuminat illam potentiam, et


illuminatio data ei a superiori dirigit illam potentiam ad recte operandum
et sic patet quod facimus iusta secundum aliquem habitum qui est in nobis.
Sed dicendum est quod illud bonum infusum non est virtus, aut si sit virtus,
non est virtus politica de qua est praesens negotium, et sic non facimus iusta
secundum iustitiam que in nobis est, nisi intelligatur bonitas et iustitia sicut
iam dictum est. Sed quia hic non debemus soluere quemadmodum theologi, sed
secundum intentionem philosophi, ideo dicendum est aliter [...] Aliter dicendum
est quod operatio bona causatur a uoluntate [...] Quia uirtus sit ex operatione
frequenti, ideo si aliquis facit iusta non facit secundum iustitiam que est in ipso,
sed facit sicut iustus faceret, hoc est sciendo voledo firme et impermutabiliter
operando.
54

F f. 39rb, O f. 32va: Una bona operatio loquendo secundum theologos et

secundum ueritatem, qui non dicunt operationem bonam nisi informatam gratia
ratione gratie informantis, sufficit ad habitus bonum. Per quam cum homo
preparat se, Deus infundit gratiam et proficit et consummat in eo bonum ad
quod se preparauit. [...] Secundum uero philosophos non sic est, immo aliter,
quod secundum eos numquam una operatio bona sufficit ad habitum et maxime
ad habitum siue ad uirtutem consuetudinalem [...] Ideo non sufficit una operatio
sed requiruntur multe et etiam hoc notatur ex hoc nomine consuetudinale.
55

C. Lafleur et J. Carrier, Le Guide de ltudiant dun matre anonyme de

la Facult des arts de Paris au XIIIe sicle. dition critique provisoire du ms.
Barcelona, Arxiu de la Corona dArag, Ripoll 109, fol. 134ra-158va, Qubec,
Facult de philosophie, 1992, 119.
56

Mi riferisco in particolare alla dottrina della responsabilit morale delluomo,

il quale lunico artefice delle virt, senza laiuto della grazia divina. Bisogna
precisare, tuttavia, che nei passi dedicati ai principi dellazione morale (ad
esempio a proposito della voluntas indeterminata) i maestri ricorrono a fonti
teologiche anche per esprimere il punto di vista dei philosophi (cfr. I. Zavattero,

104

I primi commentatori latini dellEthica Nicomachea

Lacquisition de la vertu dans les premiers commentaires latins de lEthique


Nicomaque, in Universalit della ragione, pluralit delle filosofie nel medioevo.
Atti del XII Congresso di Filosofia Medievale (Palermo, 16-22 settembre 2007),
in corso di pubblicazioneUniversalit de la raison, pluralit des philosophies.
Actes du XIIe congrs international de la Socit international pour ltude de la
philosophie mdivale, Palerme 16-22 septembre 2007, in corso di pubblicazione.
57

Per questultima ipotesi sembra propendere V.A. Buffon, Philosophers and

Theologians on Happiness. An Analysis of Early Latin Commentaries on the


Nicomachean Ethics, in Laval thologique et philosophique LX, 3 (2004),
pp. 449-476. Della Buffon si segnalano anche i seguenti lavori: Happiness and
Knowdlege in some Masters of Arts before 1250. An Analisis of some Commentaries
on the Book I of Nicomachean Ethics, in Patristica et Mediaevalia XXV (2004),
pp. 111-115 e La phronesis comme connaissance et dilection du souverain bien chez
les matres s arts de Paris vers 1250, in Universalit de la raison, in corso di
pubblicazioneUniversalit della ragione, cit.
58

Petrus Lombardus, Sententiae II, dist. 27, c. 1, ed. Ignatius C. Brady

(Grottaferrata, 1971-1982), p. 480.


59

O. Lottin, Psychologie et morale, cit., vol. III, II, 1, pp. 99-150, in particolare

pp. 149-150: La dfinition de la vertu cr par Pierre Lombard et inspire de


saint Augustin, ne sappliquait qu la vertu infuse. Mais les thologiens la
prsentrent comme sappliquant toute vertu. Ce faisant ils supposaient, sans
le prouver aucunement, la thse des vertus morales infuses.
60

Hugo de Sancto Caro, In Libros Sententiarum II, dist. XXVII, Virtus est bona

qualitas mentis etc., hic describitur tamen virtus theologica. Ringrazio Riccardo
Saccenti per avermi trasmesso la trascrizione della distinctio ancora inedita.
Ledizione di questa e di altre parti del commento di Ugo costituisce lappendice
della tesi di dottorato di Saccenti discussa nel 2008 presso lUniversit di Pisa:
La psicologia dellatto morale fra XII e primo XIII secolo, con paricolare
riguardo alle dottrine di Filippo il Cancelliere e Ugo di Saint-Cher.
61

Philippus Cancellarius, Summa de bono, a cura di N. Wicki, Berne, Francke,

1985, vol. II, p. 530,126-133.


62

Guillelmus Altissiodorensis, Summa Aurea, a cura di J. Ribaillier, Paris-

Grottaferrata, 1980-1987, vol. III,1, p. 171,9-17.


63

Cfr. Lottin, Psychologie et morale, cit., vol. III, II, 1, p. 184, n. 3: Virtutes

105

Irene Zavattero

predicte uocate sunt politice a philosophis [...] qua de causa, uocabant etiam
eas consuetudinales, a consuetudine bene operandi. Sed in hiis non concordant
sancti et theologi philosophis, quia non dicunt ex actibus relinqui [codd. delinqui]
habitus uirtutum sicunt dicebant philosophi; immo dicunt habitus uirtutum
esse ex infusione et ex eis elici actus.
64 P f. 247rb: Sinderesis dicit superiorem partem intellectus practici, proheresis
autem dicit inferiorem partem intellectus.
65 Cfr. Gauthier, Le cours, cit., p. 78. Per unanalisi del concetto di felicit
espresso in questi commenti, cfr. I. Zavattero, Le bonheur parfait dans les
premiers commentaires latins lthique Nicomaque, in Revue de thologie et
de philosophie CXXXIX (2007), pp. 311-327.
66 Su questa pista (che non escludo totalmente, ma che necessita, come del resto
anche quella da me seguita, di ulteriori approfondimenti) lavora in particolare
V. Buffon, Sobre el concepto de felicitas de la Ethica noua en el comentario de
Paris, ms. 3804A (1235-1240), in Patristica et Mediaevalia XXIII (2002),
pp. 102-107; Ead., Happiness and Knowdlege in some Masters of Arts before
1250. An Analisis of some Commentaries on the Book I of Nicomachean Ethics,
in Patristica et Mediaevalia XXV (2004), pp. 111-115; Ead., Philosophers and
Theologians, cit.

106

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