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La sussidiariet come chiave di lettura dei processi di

istituzionalizzazione
1 La sussidiariet come concezione alternativa del diritto 2 Lasse
istituzionale solo immaginario? 3 Cosa custodire? 4 Un esempio 5 La
dignit umana come soglia del diritto 6 Un approccio categoriale alla
dignit 7 Per un metaxy non quantitativo 8 Metaxy, possibilit e
relazione: uno e zero come operatori relazionali di identit 9 Custodire il
metaxy
1. La sussidiariet come concezione alternativa del diritto
Il sussidiariet non solo un principio di articolazione degli spazi pubblici
e delle istituzioni politiche e nemmeno di distribuzione delle competenze
decisionali ed amministrative tra organi giuridici o di apertura dellesercizio
dellazione pubblica alla partecipazione dei privati 1. Il principio di sussidiariet
sottintende un modo di concepire, e circolarmente di praticare, i processi di
istituzionalizzazione politica e giuridica alternativo a quello che si affermato
nel pensiero moderno e contemporaneo in derivazione dallimpostazione
hobbesiana 2.
Ivi il primato della volont sottintende una rotazione
naturalistica dei processi di istituzionalizzazione, per cui questi mimano
lapporto ed il coinvolgimento umano e sfociano in realt istituzionali
sostanzialmente paraetiche; quasi superfluo notare che siffatto
capovolgimento in primis colpisce il diritto, rendendolo in definitiva
indistinguibile da una maschera della forza 3. Per sfuggire alla reificazione
dellintero arco istituzionale che ci comporta, occorre rileggere i processi di
istituzionalizzazione chiarendo la specificit, oltre allineliminabilit, del
coinvolgimento in essi delluomo. Occorre, in altri termini, portare alla luce ci
che fa delle dinamiche di istituzionalizzazione dei processi di riconoscimento.
Una linea di risposta a questa sfida viene potentemente delineata da Hegel, nel
momento in cui costruisce la sua teoria del riconoscimento, situandola nel
cuore dei processi di costituzione delle istituzioni umane 4. su questa scia che
si pu muovere uninterpretazione del diritto sullasse della sussidiariet, in
quanto questa fa delluomo e della sua azione il punto prospettico cui
ricondurre le istituzioni umane, in specie quelle giuridico-politiche 5.
Data la vastit del tema, cerco di affrontarlo trasversalmente rivisitando
la sempre attuale e scottante problematica della custodia della istituzioni, in
1

Per unampia introduzione storica ed un avvio di problematizzazione del principio di


sussidiariet cfr. Ch. MILLON-DELSOL, Lo Stato e la sussidiariet, a c. di M. Sirimarco, trad. di
R. Sapienza, Edizioni Nuova Cultura, Roma, 2009.
2
Per unacuta lettura dei processi della concezione del processo di istituzionalizzazione
implicita nella concezione di Hobbes e per il reperimento di unalternativa in Hegel cfr. P.
RICOEUR, Percorsi del riconoscimento. Tre studi, Raffaello Cortina, Milano, 2005, p. 195 ss.
3
Il primato della volont, espresso dal famoso aforisma hobbesiano: Auctoritas, non veritas
facit legem (Leviatano, cap. XXVI) va letto sullo sfondo dei processi di costituzione ed
oggettivazione delle istituzioni. In proposito Ricoeur parla di una vera e propria sfida lanciata
da Hobbes alla concezione del diritto e della politica. Cfr. ivi, p. 185 ss.
4
Riprendo anche questa indicazione da Ricoeur; cfr. ivi, p. 169 ss.
5
La Millon-Delsol offre un punto di appoggio storiografico a questa mia tesi, dal momento che
attribuisce a Hegel un posto di grande rilievo nella storia della nozione di sussidiariet; cfr.
MILLON-DELSOL , Lo Stato della sussidiariet, p. xxx

quanto questa implica la pi ampia domanda sulla natura delle istituzioni 6.


Come affiora e si costituisce nellesperienza umana e nella dinamica sociale
listituzione? quale funzione svolge? Su quale consistenza pu contare 7? Gi
limpostazione di tali questioni si ripercuote su interrogativi strettamente
collegati, quali quello se si possano pensare societ e relazioni interumane
senza, fuori o addirittura contro qualsiasi dimensione o configurazione
istituzionale. Le possibili linee di risposta coinvolgono, inevitabilmente, gli assi
pi elementari dellautocomprensione delluomo e, conseguentemente, sul
modo di pensare ed impostare linserzione nel mondo e, in esso, i rapporti con
gli altri. Si tratta di questioni immense, che traversano tutta la storia della
filosofia, ma e con la dovuta prudenza non escludono un approccio atto a
perimetrarne il campo e, forse, anche a sezionarlo obliquamente. In ogni caso,
man mano che sale il grado di astrazione e che il piano o la prospettiva di
integrazione si fanno pi comprensivi, il terreno diviene pi sfuggente e si
rischia di cadere in errori logici o metodologici, come in varie forme di
regressus in infinitum o di fare indebiti salti che universalizzano risposte
precipitose e, perci stesso, riduttive 8. Se, da una parte, si finisce per
galleggiare indefinitamente su un vuoto che spinge il processo discorsivo verso
lafasia, dallaltra si d implicitamente e surrettiziamente per risolta la ricerca,
precludendole qualsiasi svriluppo 9.
Insomma, la prima difficolt sta nel mettere a fuoco gli stessi punti nodali
del discorso. In primis, come parlare sensatamente ed appropriatamente del
risvolto istituzionale dellesperienza e della realt umana e sociale? Tale
ambito, infatti, e ci che in e mediante esso prende forma e consistenza, forma
e numero per anticipare il richiamo al metaxy platonico cui mi riferir pi tardi,
non ricade direttamente sotto i sensi, non immediatamente percepibile o
rilevabile e, conseguentemente, misurabile. Ci che costituisce ed arreda
lambito istituzionale si rende visibile e percepibile solo indirettamente,
tramite cose rilevabili e misurabili assunte da altri ambiti, ambiti che potremmo
denominare naturali, e risignificate, assunte in un ordine che prima e fuori del
processo di costituzione dellistituzione non le riguardava e, forse, nemmeno
era attivo ed operante. La dimensione istituzionale sembra, dunque, dipendere
o essere collegata ad un livello non naturalistico di ordine o di significazione
che si imprime nelle cose, le ridispone secondo la sua prospettiva e le integra
in un piano di intelligibilit e di senso non immediatamente naturale. E
superfluo notare come un tale asse sia, per le gnoseologie o epistemologie oggi
a nostra disposizione, metodologicamente debole se non radicalmente
screditato e delegittimato. Se vogliamo, la dimensione istituzionale non si vede,
non si tocca e non si sente e, non potendo conseguentemente essere misurato,
non pu nemmeno essere incluso in un modello formale o in una metodologia o
procedura di calcolo. Siffatta difficolt si trascina dietro quella di aprire un
dibattito effettivo, non confinato nel balletto delle opinioni o nel funambolismo
6

questa una declinazione in termini pi generali del notissimo tema schmittiano circa lo
Hter der Verfassung; cfr. C. SCMHITT, Il custode della costituzione, Giuffr, Milano, 1981
(1931).
7
Una sola indicazione per avvicinarsi alla problematica: N. ELIAS, Il processo di civilizzazione,
Il Mulino, Bologna, 1988.
8
Penso alle soluzioni caratterizzate dal non niente altro che; ad esempio, listituzione, in
generale, non niente altro che credenza ovvero finzione.
9
Non sta a me sottolineare le valenze totalizzanti dellintroduzione di blocchi dogmatici nella
riflessione e ricerca sui tratti pi elementari della condizione umana.

delle catene argomentative, con la conseguente debolezza degli spazi pubblici


deputati allo svolgimento di quel dibattito.
2. Lasse istituzionale solo immaginario?
Come accennato, lo sfondo, pur nella sua estrema complessit, lascia
qualche fessura per considerazioni trasversali. Innanzitutto, dal momento che
non si vede, non si tocca e non si sente, la dimensione istituzionale
semplicemente destituita da qualsiasi consistenza entitativa, oppure il non si
vede, non si tocca e non si sente al suo riguardo va qualificato e cos anche
delimitato, non escludendo una possibilit di presa pi consistente della sua
comprensione come puro e semplice gioco di specchi e complesso di immagini
virtuali 10? Ad esempio, il sottrarsi alla percezione sensibile del piano
istituzionale, lascia spazio ad unaccessibilit indiretta? O, piuttosto, mediata?
C un asse o piano di integrazione che la rende accessibile ed intelligibile? Il
problema non pu essere messo da parte con leggerezza; nel caso, infatti, in
cui la dimensione istituzionale sia destituita di una qualsiasi consistenza
propria, si pu tenere il nomen istituzioni, ma queste non potranno che
essere intese come una costruzione situata in unarea immaginaria 11.
Conseguentemente, significati e legami che tale area pu proiettare su
atteggiamenti e condotte umani, oltre che sugli interessi collegati, saranno
immaginari, mutueranno la loro consistenza dal nomen e dai suoi circuiti di
circolazione e scambio. Altrettanto conseguentemente le operazioni istituzionali
verrebbero a dipendere in toto dal loro supporto naturale, dalle spinte che
dovessero riuscire a canalizzare e dalle risorse in cui dovessero riuscire ad
imprimere direzione e senso. A pensarci bene, oltre allevanescenza ed alla
fragilit di operazioni immaginarie, sarebbe difficile la loro stessa
identificazione e la loro articolazione entro un qualsiasi discorso significativo,
ergo anche in riferimento a qualsiasi condivisibilit 12.
Se larea o campo istituzionale viene interpretato e fatto consistere in un
sofisticato gioco di immagini, di evanescenti illusioni vestite di un qualche
nomen, la sua operativit, innanzitutto il suo influsso sui comportamenti e sui
fatti umani, rimane sostanzialmente naturalistica 13. Se, quale che ne sia la
10

Ossia a letture che la relega nellambito delle finzioni o delle credenze. Qui il problema, per,
che nulla pi della finzione, come anche della credenza, si situa nellambito istituzionale. Se,
per, identifichiamo istituzionale ed immaginario, e teniamo conto che il numero immaginario,
denominato come numero i o j, uguale allinverso dellopposto di se stesso (infatti j=1/j),
allora diviene impossibile distinguere listituzione dalla menzogna! O anche, se vogliamo, noi
stessi dalla nostra immagine allo specchio (che, a ben pensarci, opposta, in quanto si forma
virtualmente, dallaltra parte dello specchio, ed insieme, nella sua simmetria, inverte destra e
sinistra).
Che il numero immaginario sia uguale allinverso dellopposto di se stesso lo si dimostra
tenendo conto che j2=1 e, quindi, se scriviamo j = j 2/j e sostituiamo j2 a 1 abbiamo. Per
continuare lisomorfismo con le immagini, come j 2=1, due specchi uniti e tra di loro
ortogonali, restituiscono unimmagine non simmetrica ma uguale a quella che formerebbe se
loggetto, nella sua fisicit, fosse posto di fronte a se stesso, ossia opposto a s come lo sono 1
e 1.
11
Anche il nomen e la sua imposizione si situano nella dimensione istituzionale; si ripresenta il
problema di cui sopra.
12
Per una discussione dello sfondo sia culturale che teorico giuridico della questione cfr. F.
VENTORINO, P. BARCELLONA, A. SIMONCINI, La lotta tra il diritto e la giustizia, Marietti 1820, GenovaMilano, 2008.
13
Uno scorcio sullinsieme delle questioni qui sottintese affiora in U. AMALDI, Dal Big Bang
alluomo: teologi uscite dallimpasse, Vita e Pensiero, n 6 2010 (anno XCIII), pp. 82-96.

trasposizione mimetica, tale il registro costitutivo dellarea istituzionale, ci


che in esso prende forma e consistenza o, comunque, accede ad un qualche
registro espressivo e comunicativo, assume il fumus dello humanum, non
sembra poter aspirare ad una conoscenza ed a modalit di intervento e
disciplina che possano violare lo statuto delle procedure di misurazione
quantitativa. Se il configurarsi e lurgere delle situazioni umane e sociali
richiede, come spesso richiede e, de facto, impone una riconfigurazione
istituzionale, non pu conseguentemente ammettere strumenti di intervento
che non siano modalit o procedure di quantificazione. Lo statuto
epistemologico e metodologico della traduzione quantitativa delle situazioni e
degli interessi umani , per, quanto mai incerto. La domanda del come ed in
qual modo un asse o piano di integrazione del genere possa selezionare
operazioni ed interessi umani e, eventualmente, riconfigurarli per armonizzarli
o dirimerne i conflitti, pi che aperta e i tentativi di definirla cadono in
posizioni spesso, a rigore, deliranti 14.
La componente qualitativa, per, resiste alla quantificazione senza residui
e la sua trasposizione quantitativa finisce per necessitare una discrezionalit
che ripropone i caratteri dellimmaginario. Si riproduce, inevaso, lenigma
sottinteso e racchiuso dal passaggio istituzionale. Qualificazioni come
sproporzione, esclusione, denegazione di riconoscimento, violenza, vengono ad
ammettere letture e misurazioni quantitative ovvero interpretazioni
immaginarie; la stessa opposizione amico/nemico o la schmittiana distinzione
tra inimicus ed hostis, discutibili solo in riferimento individuabile con la
domanda quale?, ossia quale piano di significazione e quale registro
istituzionale vengono da esse chiamati in causa, andrebbero non
semplicemente rilette, ma ricategorizzate mediante quantificazione. Parimenti
la domanda sul custode di un assetto istituzionale o costituzionale, la cui
impostazione e discussione non sembra poter evitare la domanda a quale
ambito si riferisce?, andrebbe tradotta secondo parametri e procedure
quantitativi. Non sembra cos piano poterci riuscire senza dissolvere,
semplicemente, il discorso insieme al suo intorno a cui.
3. Cosa custodire?
Linterrogativo sulla custodia del campo istituzionale e delle realt in cui
esso si concretizza, che in esso prendono forma e consistenza, va retrocesso al
momento di costituzione di quel medesimo ambito. Ci trae in luce, tra laltro,
che impossibile custodire quel campo, senza custodirne le condizioni di
possibilit e di senso, nonch senza esercitare, con costanza e tenacia, le
possibilit che in e con esso si aprono e che possono essere custodite solo
sviluppandole ed approfondendole in un processo di inevitabile condivisione. Si
ripropone, allora, la domanda su come sia costituito il campo istituzionale,
anche se cos sembra di entrare in un vicolo cieco, perch la risposta a tale
domanda una di quelle pi fondamentali della filosofia e, come tale, non si
pu mai dare per interamente risolta. Affiora per il dubbio che aspettare, per
praticare, coltivare e custodire il campo istituzionale, di aver risolto lenigma di
quale sia la stoffa dellistituzione, ne comporti, metodologicamente,
14

Qui delirio sta a significare, con tutte le sue contorsioni, il discorso senza interlocutore. Per
unintroduzione alla discussione del problema cos come precipita nel sistemi giuridici
contemporanei cfr. A. SUPIOT, Homo juridicus. Saggio sulla funziona antropologica del diritto,
Bruno Mondadori, Milano, 2006.

lannientamento, assumendo, in merito, e dando per acquisita una posizione


radicalmente scettica. Oppure ci si dovrebbe porre in una posizione
preistituzionale, nellillusione di poterlo osservare meglio da fuori. Il problema,
per, che, in tal caso, verrebbe meno la possibilit stessa di formulare la
domanda, in quanto il domandare, esito della dinamica naturale
dellintelligenza umana, rimarrebbe come intrappolato, impossibilitato di
accedere ad una qualsiasi formulazione, in un rapporto di pura immediatezza
con ci che si presenta nella nostra esperienza. Per accedere alla formulazione,
infatti, la domanda richiede la mediazione del linguaggio e, ipso facto, del
campo istituzionale. La pretesa di porsi fuori del campo istituzionale
sottintende perci quella di porsi fuori della storia e coincide con quella di
rinaturalizzare interamente luomo ed il suo mondo, magari dietro lillusione di
poterne riprogettare le regole di base, se vogliamo di riprogrammarlo.
Lirricevibilit di tale pretesa dipende dal suo contraddire le proprie stesse
condizioni di possibilit, venendo a configurare unimpossibilit che non s de
facto, ma lesplicitazione del collasso logico che in essa opera
lautocontraddizione. De facto tale collasso viene mascherato dal supporto
semantico che la veicola, ma talmente incisivo da retrocederci in una
situazione analoga a quella antecedente rispetto alla scheggiatura litica come
allemersione di ogni forma di linguaggio umano. Il regressus in infinitum che
cos si configura, non svuota semplicemente il singolo argomento, ma si pone
fuori della possibilit stessa di cercare ed argomentare. Al suo riguardo appare
quanto mai attuale la confutazione aristotelica di chi nega il principio di non
contraddizione e, con un grande arco che sottintende tutto il campo
istituzionale, va a saldarsi con il precetto, formulato Wittgenstein nel Tractatus,
di tacere di ci di cui non si pu parlare 15. In altri termini, le pratiche interattive
e comunicative che dissimulano quel collasso, dovrebbero raggiungere la
propria coerenza mediante il silenzio. Continuare forzare il proprio accesso al
discorso, non verrebbe forse deformarne modi e strumenti? E a indurre nei
parlanti varie modulazioni psicopatologiche? In tale direzione, il linguaggio non
subisce forse unentropia che porta alla sua designificazione e
allinsignificanza?
Si ripropone lesigenza ed insieme la difficolt di principio di custodire,
nel suo ordito di base e nel suo senso, lintero campo istituzionale in quanto
luogo della significazione. Tale custodia, per, ineludibile dal momento che da
quel campo non possiamo uscire n altrimenti prescindere, ma esposto a
tensioni e distorsioni che ne alterano il senso. Se non possiamo uscire dal
campo istituzionale, se non possiamo uscire dalla storia e dal linguaggio, la
domanda si sposta su cosa custodire e perch farlo? Cosa, nellemersione e nel
costituirsi stesso del campo merita di essere custodito? La quasi afasia
teoretica in proposito in cui siamo costretti, non pu evitare domande quali:
qual il nucleo del processo di istituzionalizzazione? Cosa racchiude e
custodisce? Come coltivarlo proficuamente ? 16 La questione, immensa e
15

Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, IV, 4, 1005b35-1006a28; WITTGENSTEIN, Tractatus logicophilosophicus, 7.


16
La destituzione non semplicemente di senso, bens di consistenza entitativa della realt
istituzionale sembra infilarci in un vicolo cieco, dal quale non si sa come uscire; vale a dire, di
quali strumenti concettuali disponiamo per interpretare la realt istituzionale, senza cadere nei
buchi o chiazze di nulla che si sono scavati nello sviluppo del pensiero moderno e
contemporaneo. Riprendo lespressione chiazze o buchi di nulla (Nichts) da M. ENDE, La storia
infinita, Corbaccio, Milano, 2011.

sfuggente, una delle croci di qualsiasi riflessione sulla societ e sulla storia,
ma occorre poterne chiarire, anche per frammenti, qualche risvolto. Se,
dogmaticamente, escludiamo questa linea del domandare, svuotiamo, meglio
destituiamo di possibilit, linterrogativo intorno a cosa e come custodire delle
istituzioni. E, di nuovo, scatterebbe il precetto del Tractatus.
Propongo, a latere della problematica, qualche considerazione sparsa e
trasversale, partendo
dallipotesi
che
il nucleo
dei
processi di
istituzionalizzazione oscilli, per cos dire, intorno a soglie che uniscono e
distinguono la natura e la cultura 17. Prendo soglia non tanto nellaccezione di
finis (limes; terminus), confine separante, quanto come limen, soglia
dingresso, zona che congiunge ambienti contigui nel segno della continuit
piuttosto che della separazione 18. La soglia, soprattutto nei processi umani e
culturali, spesso mobile e poco identificabile, luogo in cui si toccano e
passano dalluno allaltro dimensioni e fattori che, sebbene a prima vista
opposti ed eterogenei, integrano nella loro complessit i processi di
significazione 19. Ci non restringe pi di tanto larea della riflessione, ma la
sottrae ad una dialettica di opposti che, nel continuo reciproco inseguirsi e
sostituirsi rimangono inconciliati, riproponendo cos una versione non lineare,
ma non per questo meno viziata, di regressus in infinitum. Nella tematica della
custodia delle istituzioni, in particolare quelle politico-giuridiche, gli opposti
prenderanno, ad esempio, i nomi di decisione e sistema formale, luna nella
posizione del dato naturale e laltro in quella del costrutto culturale e la loro
opposizione rimarr parimenti in conciliata.
4.Un esempio
Per fare un esempio, lesercizio del linguaggio sottintende la soglia che
unisce, tenendole distinte, natura e cultura. Ivi, infatti, componenti e processi
naturali (fisico-chimici, biologici, neurologici etc.) vengono presupposti,
reindirizzati e trasposti tanto da significare qualcosa; senza di essi la funzione
segnica non pu essere esercitata, ma n i singoli significati e tantomeno larea
della significazione ne sono il puro e semplice prodotto naturale. Pensiamo ad
una matita o ad un dito nel momento in cui vengono usati per dare
unindicazione; questa non risiede nella loro costituzione fisica e, per il dito,
biologica, ma senza di essa non possono essere adottati per indicare. Dalla
costituzione fisica alla funzione segnica una soglia stata attraversata, anche
se estremamente difficile precisare in che cosa ci consista. Se vogliamo i
Una difficolt forse minore, strettamente connessa per alla precedente, quella di
interpretare in processi di istituzionalizzazione con strumenti non statici e sostanzialmente
quantitativi, ma tali da seguirne, fino ad una formalizzazione adeguata, la dimensione dinamica
e, in questa, le componenti qualitative. Da questo punto di vista la proceduralizzazione dei
processi, sia teoretica che operativa ed organizzativa, non altro che una dichiarazione di
incapacit di incontrarli, conoscitivamente ed operativamente, nel loro specifico.
17
Riprendo la terminologia delle soglie dallantropologia culturale, in cui fu introdotta da Arnold
Van Gennep e approfondita da Victor Turner. Cfr. A. VAN GENNEP, Riti di passaggio, Bollati
Boringhieri, Torino, 1981; V.W. TURNER, Processo rituale, Brescia 1972; Antropologia della
performance, Il Mulino, Bologna, 1993. Per una discussione filosofica dei Rites des passages cfr.
W. BENJAMIN, I passages di Parigi, I, Einaudi, Torino, 2010, p. 555.
18
Sulla differenza tra finis (limes) e limen cfr. Aa. Vv, Il confine nel mondo classico, a c. di M.
Sordi, Vita e Pensiero, Milano, 1987.
19
Turner sostiene che "lessenza della liminalit consista nella scomposizione della cultura nei
suoi fattori costitutivi e nella ricomposizione libera o ludica dei medesimi in ogni e qualsiasi
configurazione possibile, per quanto bizzarra", Dal rito al teatro, Il Mulino, Bologna, 1986, p. 28.

due oggetti, nella loro costituzione fisica, hanno subito una risignificazione che
non ne ha modificato ne reso indistinguibile la fisicit, ma la ha integrata in un
campo radicalmente diverso. Latto della significazione ha cos congiunto due
campi, quello fisico o naturale e quello del significato, senza sopprimerne la
distinzione e limmediata opposizione; ora per congiungere senza confondere
occorre una soglia, la quale, di per s, non ha spessore e quindi non viene
percepita, ma ha una sua peculiare estensione che la rende transitabile 20.
La soglia della significazione si attiva nel mentre viene transitata e
chiama in causa chi la transita e, oltre a chiamare parimenti ma
differenziatamente in causa chiunque la possa decrittare, attiva il campo cui d
accesso. Il transito di quella soglia per un verso presuppone che il campo della
significazione sia gi aperto, altrimenti sarebbe uno spostamento fisico non
identificabile quale gesto significativo, indistintamente immerso nella sua
naturalit, ma per un altro verso quel campo non si apre, o riapre, se qualcuno
non ne transita la soglia. Ci eminentemente significativo per il costituirsi
delle relazioni interumane che, altrimenti, rifluiscono nellindistinzione, nella
dinamica dei rapporti immediati e naturali e dei rispettivi sistemi di riferimento.
Le relazioni stazionerebbero in unarea naturalistica, mentre le istituzione,
sempre che ne potessero sorgere in un tale contesto, andrebbero a situarsi in
unarea paranaturalistica, leggibili forse come mimesi di processi e dinamiche
non naturali ed eventualmente come finzioni, senza per poter dar ragione del
loro stesso emergere e configurarsi in tal modo.
Anche senza poter approfondire questa problematica, la possibilit di
transitare la soglia della significazione e di farla transitare ad entit costituite in
e secondo processi naturali 21, e limportanza di ci per i processi di
istituzionalizzazione che caratterizzano la societ umana, ripropongono la
domanda: c qualcosa da custodire in proposito? E, se s, in che cosa pu
consistere una tale custodia? Perch farlo e come farlo? Sembra che si debba
custodire almeno la distinzione ed insieme il legame tra i due ambiti messi in
comunicazione dalla soglia, altrimenti si rimane come al di qua o si finisce al di
l del campo della significazione, vale a dire si rimane in un qualche stato
asignificativo oppure si cade in una qualche forma di follia. Questa
considerazione si potrebbe affinare, osservando che la soglia della
significazione, in realt, non viene lasciata indietro nel momento in cui viene
transitata ma viene sempre ritransitata; non viene cio transitata come in un
accesso da fuori a dentro, in quanto siamo gi sempre in quel campo, la cui
apertura o costituzione sono presupposto del delinearsi della soglia nascosta
nelluso segnico di qualsiasi entit naturale venga inclusa in essa.
Che cosa, allora, va custodito in questo caso? La possibilit di ritransitare
continuamente e liberamente quella soglia? Forse meglio, per non cadere nel
regressus in infinitum, la possibilit stessa di assumere un dato naturale
entro il campo della significazione e di riconfigurare questo via via che nuovi
dati o elementi si presentano in esso. Ci richiede che i presupposti e le
dinamiche dei processi di significazione siano custoditi e, con essi, il
ricchissimo gioco personale e relazionale che li sostanziano. Se vogliamo,
20

Si pu azzardare che la dimensione della soglia sia analoga alla lunghezza di un segmento
(soglia unidimensionale) o allarea di una superficie (soglia bidimensionale). La soglia, per,
non sembra avere spessore, che ne farebbe un gradino (e le conferirebbe una fisicit in cui si
pu inciampare).
21
Naturale qui va preso nellaccezione di esterno al campo della significazione; il transito della
soglia di questultimo significa che gli oggetti naturali possono esservi inclusi.

occorre custodire le condizioni per cui ciascun essere umano pu costituirsi ed


esprimersi secondo lintero arco della sua complessa identit, condizioni che si
intrecciano, inestricabilmente, con quelle, che consentono il libero e sensato
costituirsi della comunit che li accoglie.
5. La dignit umana come soglia del diritto
Queste considerazioni, trasversali e frammentarie, non intendono se non
segnalare la sconfinata complessit del problema dellapertura e della custodia
del campo istituzionale, allinterno del quale si differenziano e sorgono le
istituzioni storicamente determinate, tra cui anche quelle giuridiche e politiche.
Per queste si tratta, almeno in via ipotetica, di enucleare la soglia significativa,
transitando la quale alcuni dati naturali entrano in un campo di significazione
specifico che li riqualifica, facendo dei materiali per la costruzione delle
istituzioni giuridiche e politiche 22. Se, come sopra rapidamente accennato, la
soglia viene intesa non come il confine tra due campi opposti ed eterogenei,
ma come unarea che, allinterno di un campo di senso aperto seppur ancora
poco differenziato, ne segna i passaggi di esplicitazione e di differenziazione,
allora la soglia, o la serie di soglie, che caratterizzano lambito delle istituzioni
giuridiche andr cercata nella individuazione ed esplicitazione di alcune qualit
che, in fasi precedenti, rimangono in ombra o latenti e, direi, inespresse. Se, in
maniera molto generale, nelle societ primitive il diritto, con le sue procedure
ed i suoi istituti, sembra intervenire per ostacolare e ridurre la spinta entropica
ad esempio dei conflitti, magari incanalandoli in procedure di mediazione e di
attenuazione se non di risoluzione, si pu dire che tale intervento
neghentropico costituisca e rappresenti un tipico passaggio di soglia da una
dinamica sociale e rapportuale che, nella sua immediatezza o naturalit, si
muove e spinge nel senso direzione dello sfaldamento e della rottura del
campo di relazione, ad una dinamica che si muove in senso opposto, verso la
custodia e la reintegrazione di quel medesimo campo 23. In tutti questi casi il
dato antropologico elementare viene assunto, rimodulato e disciplinato
mediante lintroduzione in un campo di significazione capace di ridisegnare la
distinzione tra figura e sfondo, tra naturale ed istituzionale. Cos il transito della
soglia, nascosto nel configurarsi di istituzioni anche primitive, configurava il
concretizzarsi di uninterposizione tra luomo ed il problema nelle sue
dimensioni immediate, naturali, cos come tra i vari soggetti implicati nel
problema da disciplinare o comunque risolvere 24. La distanza tra i soggetti del
conflitto e ci su cui confliggono e la custodia di tale distanza operata dalle
22

Ad esempio come il conflitto a proposito del possesso di un cavallo ed alcuni guerrieri di una
trib Cheyenne diventano oggetto, parti in causa e magistrati di una controversia giuridica. Mi
riferisco al caso di Lupo Coricato e del club dei Guerrieri dellAlce ricostruito da Hoebel. Cfr. Cfr.
E.A. HOEBEL, Il diritto nelle societ primitive. Uno studio comparato sulla dinamica dei fenomeni
giuridici, intr. di A. Colajanni, Il Mulino, Bologna, 1973.
23
In questo senso si possono leggere i sistemi matrimoniali e il divieto dellincesto alla loro
base, le modalit di risoluzione dei conflitti anche l dove non mirano al ripristino dello status
quo ante ma alla salvaguardia dellunit e della sopravvivenza del gruppo, le procedure in cui
la risposta al torto subito sono informata dal principio vendicatorio. Cfr. C. LVI-STRAUSS,
Antropologia strutturale, Il Saggiatore, Milano, 198; N. ROULAND, Antropologia giuridica, Giuffr,
Milano, 1992; R. VRDIER, La vengeance. tudes d'ethnologie, d'histoire et de philosophie, IV
vol., Cujas, Paris, 1980-84.
24
Riprendo lidea dellistituzione come diaframma, interposizione umanizzante, tra gli uomini
presi nel conflitto dei loro interessi, da SUPIOT, Homo juridicus, p. 63 ss. Sul punto cfr. anche O.
DE BERTOLIS, Elementi di antropologia giuridica, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2010.

istituzioni giuridiche, pur con tutti i loro limiti ed imperfezioni, racchiudeva,


anche se in penombra e parzialmente inespressa, quella distinzione tra figura e
sfondo, tra volto e qualcosaltro, tra luomo e le cose che lega il diritto al
riconoscimento e sottintende il rinvio a quel qualcosa che identifichiamo con il
termine dignit.
I processi di istituzionalizzazione, ed in maniera specifica quelli giuridici e
politici, sottintendono dunque una linea di demarcazione che, anche se spesso
si rende invisibile, unisce ed insieme distingue natura e senso e, insieme,
segna una direzione che indica la preminenza delluomo rispetto alle cose ed
alle dimensioni puramente naturali in essi coinvolte. In una situazione
relativamente poco differenziata i margini della distinzione tra luomo e le cose,
la soglia che tiene insieme senza confonderli, rimangono incerti e ci legato
anche alla difficolt di enucleare ci che, delluomo, specifica e caratterizza
lidentit. Facendo qualche salto, si pu sostenere che, nella nostra esperienza
giuridica e politica, ossia nella piega che i processi di istituzionalizzazione
giuridici e politici hanno preso negli ultimi secoli, quella soglia abbia a che fare
con quel qualcosa che, pur molto sfuggente, viene denominato come dignit
delluomo. Gli ordinamenti giuridici, riconoscendo come proprio perno e fonte
della propria legittimit, la dignit in quanto qualit o attributo di cui ogni
essere umano gode e deve essere riconosciuta solo perch ed in quanto tale,
hanno compiuto un passo decisivo nella direzione e nel senso della
differenziazione di ci che implicito nel processo di istituzionalizzazione. Ci si
evidenzia nel legame, ormai positivamente, ordinamentalmente, riconosciuto,
tra la dignit di cui luomo titolare ed i suoi diritti fondamentali ed inviolabili.
Ci, prima che una speculazione filosofica, divenuto il nucleo delle grandi
dichiarazioni dei diritti delluomo e delle costituzione che vi si sono collegate ed
ormai qualificante dei sistemi giuridici positivi che caratterizzano il nostro
mondo, di cui perimetrano, disciplinano e orientano gli spazi pubblici 25. Con
tale riconoscimento affiorare e si transita una soglia nel diritto, per cui il diritto
da bilanciamento neghentropico degli interessi in conflitto, mediato da
fattispecie ed istituti che consentono di pronunciarsi in merito, si ritrova
costitutivamente, definitoriamente imperniato e qualificato dal riferimento ad
un nucleo comune e non quantificabile caratterizzante ogni essere umano.
Lordinamento che prender forma su tali presupposti, non potr non essere
orientato e misurato dalla sua capacit di costruire garanzie e tutele efficaci di
detta dignit e dei suoi corollari. Si noti che, cos, la dignit e ci che essa
sottende nella costituzione delluomo e della societ, si pone come soglia dello
humanum che qualifica e custodisce i processi di istituzionalizzazione. I
processi di istituzionalizzazione vengono cos a ruotare intorno ad un perno
che, pur sfuggente, non rinunciabile n manipolabile, pena la propria
25

La dignit, come notissimo, segna lincipit della Dichiarazione Universale dei diritti delluomo
del 1948. Il Preambolo di questa recita: Considerato che il riconoscimento della dignit
inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce
il fondamento della libert, della giustizia e della pace nel mondo. A sua volta, il primo periodo
dellArticolo 1, recita: Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignit e diritti.
Il richiamo fondativo alla dignit, pur espresso mediante luguaglianza relativamente alla
libert e ai diritti, caratterizza anche le grandi dichiarazioni francesi, la dichiarazione di
indipendenza americana, gli articoli iniziali e decisivi della Costituzione della Repubblica
italiana. Insomma, il richiamo alla dignit non solo un principio filosofico, ma il chiodo cui
sono appesi i nostri ordinamenti positivi ed hanno, perci, un significato decisivo per la nostra
convivenza civile e politica.

alterazione e rinaturalizzazione; forse qui si sfiora una dimensione non


naturalistica della natura dei processi istituzionali.
6. Un approccio categoriale alla dignit
Certo, e rimane estremamente difficile ed altamente conflittuale la
determinazione di ci in cui consista la dignit umana ed ancor pi del suo
punto dappoggio; altrettanto sotto gli occhi di tutti il devastante
logoramento subito dal termine. Eliminare, per, il riferimento alla dignit,
consegna il diritto allimpossibilit di distinguere luomo e ci che lo
caratterizza rispetto a qualsiasi registro cosale e gli spazi pubblici
allindifferenza. La dignit pu essere allora chiamata in causa come soglia che
d accesso allarea istituzionale specifica del diritto ed essere tenuta ferma
come assioma di base della costruzione di istituzioni che traducono
storicamente e giuridicamente lautocomprensione delluomo che ruota intorno
ad essa ed alla sua irrinunciabilit. Si pu evitare, almeno finch si rimane sul
piano di integrazione costituito dalle istituzioni giuridiche e politiche, di aprire
la querelle metafisica che riguarda la sua fondazione, in quanto il richiamo alla
dignit ormai un dato che struttura e sostiene i nostri sistemi ed ordinamenti
positivi, le nostre istituzioni giuridiche e politiche fondamentali. A questo livello,
che non abbraccia tutta la realt sotto tutti gli aspetti, ma fondamentalmente
la convivenza civile e pacifica egli uomini, sufficiente tenere ad essa come
postulato, assioma o, addirittura, dogma senza del quale limpianto
istituzionale rifluirebbe nella rinaturalizzazione, ossia transiterebbe allindietro
la soglia che lo apre e rende possibile 26. Il transito allindietro, che non consiste
tanto nella fuoriuscita dal campo istituzionale, quanto nello stravolgimento
della sua operativit e nello svuotamento del suo senso, comporta, infatti,
limpossibilit metodologica di distinguere luomo dalle cose, con tutte le
implicazioni e conseguenze del caso 27.
Anche ricorrendo, almeno metodologicamente, a tale impostazione
assiomatica, e pur maneggiandola come una soglia o come qualcosa collegato
ad una soglia, ad un limen, occorre comunque delineare pi da vicino il
significato della dignit attribuita alluomo e ad ogni essere umano solo perch
tale. La dignit pu essere ascritta alla categoria della qualit, ossia pu essere
considerata una declinazione della forma secondo la quale un qualcosa esiste o
oggetto di predicazione. Lapproccio non contenutistico, ma di principio ed
universale, ma non vuotamente tautologico e non contrasta con larchitettura e
la dinamica delle soglie, in quanto tra categorie, almeno tra alcune di esse, non
c necessariamente incomunicabilit. Che la qualit non sia dissociata dalla
quantit, sul piano categoriale, attestato dal fatto che accediamo alla qualit
mediante la quantit, anche se per una via negationis, come anche dallaltro
fatto per cui non possiamo esercitare il linguaggio senza coinvolgere la nostra
fisicit, la corporeit. Nel nostro caso di specie, la dignit, intesa come qualit
basilare delluomo, non separata dalla quantit, in cui pure luomo stesso
profondamente
immerso.
Ci
pone
ingarbugliatissimi
problemi
di
interconnessione e di intreccio tra le due dimensioni e rappresenta una sfida
speculativa alla comprensione filosofica delluomo, ma non chiude affatto il
discorso.
26

Cfr. SUPIOT, Homo juridicus, p. 23 ss.


Pensiamo a quanto ci sia strutturante, facendo un esempio forse minore ma non secondario,
per il diritto del lavoro; cfr. SUPIOT, Homo juridicus, p. 197 ss.
27

La dignit come qualit basilare delluomo, riprendendo ed interpretando


Kant, ci che sottrae luomo alla diretta misurazione secondo parametri
quantitativi 28. Pretendere di sottoporre luomo, qualsiasi essere umano, ad una
misurazione diretta che lo definisca, significa denegargli riconoscimento, vale a
dire mancarlo sia sul piano conoscitivo che, e ancor di pi, su quello pratico e
relazionale 29. Se la dignit vieta di declinare il modo di accostarsi e di trattare
luomo secondo il registro determinante, e perci anche qualificante, della
quantit e della quantificazione, ci non significa che luomo possa essere
incontrato a prescindere dalla quantit. La stessa postulazione della dignit
come qualit non misurabile con metodi quantitativi, implica la distinzione tra
quantit e qualit, ma anche le collega, le tiene insieme indissociabilmente. Se,
infatti, luomo fosse sottratto alla quantit, non sarebbe nemmeno possibile
misconoscerlo per il suo tramite, ma anche riconoscerlo nella sua dignit non
pu non fare i conti con la sua inserzione nella quantit; basti pensare alla
necessit di soddisfare i bisogni pi elementari ed allaltrettanto elementare
dato di fatto per cui la non soddisfazione di quei bisogni viola la nostra dignit.
Anche se non sappiamo precisare in che cosa consista e ancor meno impostare
un calcolo che ci consenta di maneggiarla razionalmente e positivamente, la
dignit contrassegna la soglia dello humanum. La distinzione categoriale,
ascrivendo la dignit alla categoria della qualit, consente per un trattamento
per viam negationis; la difficolt di articolarla discorsivamente e
concettualmente, non tocca la sua sottrazione alla quantit. Ci significa che la
dignit, in ragione della sua semplice titolarit, si oppone a qualsiasi
cosificazione delluomo e, metodologicamente, comporta limpossibilit di
comprenderlo e racchiuderlo in una qualche forma di misurazione diretta. La
dignit non pu affiorare, n il suo titolare pu avanzare la pretesa di essere
riconosciuto o rivendicare una qualsivoglia tutela in suo nome, se ed in quanto
venga dissociata dalla quantit, ossia dallarea di ci che si d alla presa
operativa sia delle istituzioni che di chi le impersona. La dignit umana non
rilevabile mediante una procedura di identificazione e non si pu affidare la sua
tutela a meccanismi puramente procedurali, alle famigerate istruzioni per luso,
ma se la si dissocia dalla quantit, la si sottrae a qualsiasi presa operativa e
diviene inimmaginabile qualsiasi forma di tutela positiva. Rimarrebbe solo la
protesta irreale e de realizzante. Per converso, e direi primariamente,
espungere il riferimento alla dignit come qualit, che si irradia
trasversalmente in tutto il campo dello humanum, ruota le istituzioni, in primis
quelle giuridiche, nella pura e semplice quantificazione, con la conseguente
incapacit di distinguere luomo dalle cose.
In questa linea la custodia delle istituzioni giuridiche e politiche richiede la
custodia della soglia che segna la differenza dello humanum, del limen ed
eventualmente del limes che unisce e distingue la qualit dalla quantit nelle
cose e nelle vicende umane. Detta soglia appare sempre pi difficile da
identificare e ancor pi da coniugare positivamente, a causa ad esempio di
alcuni risvolti dello sviluppo delle scienze esatte e della loro applicazione
tecnoscientifica, come anche della connessa espansione del mondo virtuale. Lo
spettro della problematica forse scoraggiante nella sua ampiezza e
28

Cfr. KANT, Metaphysik der Sitten, Metaphysische Anfangsgrnde der Tugendlehre, Kants
Werke, VI, 1907, vol. VI, 37 ss.
29
Riprendendo limpostazione di Ricoeur, significa sovrapporre un riconoscimento naturalistico
ad ogni dimensione narrativa, denegando cos il riconoscimento con la sua stessa attribuzione
parziale o deformata; cfr. RICOEUR, Percorsi del riconoscimento, p. 135 ss.

complessit, ma segna anche un paletto che appare difficilmente rinunciabile.


La funzione ordinamentale, istituzionale del tener fermo quel postulato, sta
nella sua capacit di interporsi tra luomo e la sua naturalizzazione, ossia la sua
diretta e completa quantificazione. Come laprirsi del campo istituzionale
racchiude e custodisce lo humanum e lo fa interponendosi, se cos si pu dire,
tra luno e laltro impedendo che luno consideri e tratti laltro secondo registri
immediatamente naturalistici, cos, se ed in quanto ci si renda conto di quale
sia la posta in questo gioco, sar importante custodire la possibilit stessa di
tale, multiforme e variegata e per lo pi sfuggente, interposizione.
7 Per un metaxy non quantitativo
Se la distinzione categoriale tra quantit e qualit decisiva per il
costituirsi della soglia che d accesso alluomo nella sua dignitas, alcuni suoi
presupposti si possono leggere nella costituzione dello spazio in cui e su cui si
proiettano la presenza e lazione umana e, conseguentemente, il rapportarsi
interumano. Possiamo richiamare in proposito il platonico metaxy 30. Questa
nozione, rimasta tutto sommato ai margini della storia della filosofia, invece
di fondamentale importanza per comprendere la condizione delluomo e della
vita morale, come per chiarire lo statuto e la dinamica degli spazi in cui si
estrinsecano azione e relazione umane, nonch i connessi processi di
istituzionalizzazione. Stando a Platone, il metaxy la condizione dello stare tra
estremi opposti in cui cose e situazioni si delineano nella loro giusta
proporzione, secondo forma e numero; stare metaxy significa stare tra il limite
e lillimitato, tra lUno e lapeiron 31. Si noti come la forma ed il numero che si
condensano nel metaxy, alludano alla geometria ed allaritmetica. Prima della
mescolanza tra gli estremi che caratterizza la mediet, il punto decisivo
nellaccertamento dello statuto del metaxy sta nel modo in cui si caratterizzano
gli estremi medesimi. Da una parte e sulla scia pitagorica sta luno, preso come
capostipite degli altri numeri e dotato di significato metafisico ed archetipico,
estremo in cui tutto sembra fondersi ed in cui forma e numero non possono non
rimanere inespressi e inesprimibili. Situato allaltro estremo del framezzo sta
lapeiron, infinito o indefinito in cui forma e numero, crescendo in dimensione
oltre ogni limite, si dissolvono o si disgregano 32. Platone nota anche come un
discorso che si spinga verso lapeiron, entri nellarea delleristica, della
chiacchiera sofistica in cui la parola si disgrega perdendo ogni legame con la
33
verit
.
I
due
estremi
appaiono
concettualmente
(ma
anche
immaginativamente) inafferrabili ma, senza di loro, non prenderebbe corpo il
luogo della finitudine afferrabile e definibile, della forma e del numero, ossia e
appunto il metaxy. La formulazione platonica del metaxy appare, per, troppo
dipendente dalla concezione pitagorica del numero, che assume luno come
numero archetipico ed altrettanto condizionata dallelaborazione presocratica

30

Metaxy avverbio che possiamo tradurre con tra o intermedio e viene da metechein,
partecipare; per la struttura del metaxy cfr. PLATONE, Filebo, 26b; 36d-41; ma anche Convivio,
202 s.
31
Cfr. PLATONE, Filebo, 36d-41. .
32
Si noti che qui i due estremi non sono opposti nel senso in cui lo sono numeri positivi e
numeri negativi, come 1 e 1 ad esempio, ma come le sponde di un fiume o le pareti di una
stanza, tra cui si trova il fiume o la stanza.
33
Cfr. PLATONE, Filebo, 16c-17a.

del cd. 34. Si pu notare, ad esempio, che nei termini di una matematica
del limite, calcolo differenziale tendente ad identificare e calcolare
lapprossimazione progressiva ad un limite, luno andrebbe sostituto con
linfinitesimo (x) e lapeiron con il suo inverso, quantit enorme e sempre pi
grande, sempre, per cos dire, crescente, sempre pi grande di se stessa. Il
metaxy pu, per, essere riletto ab imis potendo disporre dello zero e del suo
inverso, il numero infinito detto aleph dalla prima lettera dellalfabeto ebraico
e reso anche con il simbolo , oltre che dellassunzione dello zero e delluno
come operatori relazionali di identit 35. Zero e aleph, di cui Platone non
disponeva, consentono di uscire dalle strettoie, se non dalle aporie cui conduce
interposizione del metaxy tra due estremi identificati come uno ed apeiron.
Occorre, per, anche rivisitare i presupposti epistemologici che il limite si
trascina dietro, ripensando i due estremi, ora zero e aleph, non come limiti
bens come estremi che segnano il termine della serie o campo. Il primo passo
che zero ed aleph consentono di fare luso del sistema formale dellalgebra,
con le sue regole di sintassi, per stabilire e poi esplorare la loro relazione. 0 e
si trovano ad essere correttamente interconnessi, in tal modo, tramite l1.
Luno lega lo zero e laleph come operatore inversione e non come operatore
relazionale di identit quantitativa. Il metaxy trova, cos, espressione e
formalizzazione mediante lequazione seguente:
1/0=
Ivi lo zero prende il posto delluno nella formulazione platonica, laleph
reinterpreta lapeiron, mentre luno si trova nel metaxy, in cui svolge le funzioni
di forma e numero. Sostituire lo zero alluno al primo estremo del campo
intermedio significa uscire dallequivoco che lega il numero esclusivamente alla
quantit e fa delluno il primo ed il pi importante dei numeri, eventualmente
caricato di pesi metafisici che non riesce a portare 36. Luno, pur essendo, il
primo dei numeri naturali, degli interi nella terminologia di Peano, non il
numero che rappresenta la fuoriuscita dalla non quantit e linizio nella
quantit; se consideriamo il limite di tutti i numeri naturali o reali che dir si
voglia, questo non luno, bens lo zero, cui si approssima senza peraltro mai
raggiungerlo, linfinitesimo 37. Ancor meno luno pu essere considerato
34

Per unampia ricostruzione di una nozione comunque complessa cfr. M. MIGLIORI, L'uomo fra
piacere, intelligenza e bene. Commentario storico-filosofico al "Filebo" di Platone, intr. di Th. A.
Szlezk, Milano, Vita e pensiero, 1993. Per la dimensione storico-politica cfr. E. Voegelin, The
Beginning and the Beyond, in What is History? and Other Late Unpublished Writings, Collected
Work of Eric Voegelin, Luisiana State University Press, Baton Rouge, vol. 28, 1990, pp. 173-232.
La nozione ritorna anche in Simone Weil e Hanna Arendt; di questa cfr. Vita activa. La
condizione umana, Bompiani, Milano, 2001.
35
Molto rapidamente e senza pretese dimostrative, lo zero si mostra come operatore di
identit qualitativa in quanto rappresenta la differenza di un numero da se stesso; ad es. 7 7
= 0: loperazione di sottrazione toglie quantit, in questo caso tutta la quantit espressa in quel
determinato numero (qui il 7): lidentit di un numero nella sua qualit di numero,
prescindendo dalla quantit che esso stesso esprime, risulta da quella relazione con se stesso
evidenziata dalloperazione di sottrazione ed rappresentata dallo zero. Luno, invece, si
mostra operatore di identit quantitativa, in quanto rappresenta il rapporto quantitativo di un
numero con se stesso; infatti un numero diviso per se stesso d 1. Loperazione di divisione
non toglie la quantit al numero, ma la sua quantit determinata, la quantit di quantit che lo
identifica; lidentit (ed anche la qualit quantitativa) di un numero che ed in quanto esprime
quantit dunque rappresentata dalluno.
36
Solo forzandolo logicamente, ad esempio, luno pu portare il carattere dellindivisibilit, dal
momento che luno matematico frazionabile allinfinito.
37
Linfinitesimo esprime una quantit la quale pi piccola di s stessa, senza mai
annullarsi, F. M. PICCARI, Appunti inediti, n 222.

lestremo della serie, il termine a quo di tutti i numeri naturali o interi che dir si
voglia, in quanto luno gi metaxy, il primo della loro serie o insieme, ma
non il loro termine, che sta fuori di quella serie o campo 38. Luno preso in
accezione metafisica, da parte sua, starebbe su un piano del tutto diverso,
incommensurabile, con quello della serie o campo di numeri che stanno
metaxy. Allestremo della serie o insieme dei numeri, invece, sta benissimo lo
zero, il quale, fuori della quantit perci stesso fuori del metaxy, assenza
di quantit e di movimento ed insieme ne il limite. Lo zero si situa come
termine logico, estremo approssimabile ma irraggiungibile rimanendo nella
quantit o nel movimento, ma facilmente raggiungibile operando la sottrazione
della quantit fino al suo azzeramento. Nel movimento di approssimazione al
limite sempre possibile assumere un numero pi piccolo del famoso
piccolo a piacere che identifica linfinitesimo e, quindi, spostarsi verso un ancor
pi piccolo, che, per e perci ancora metaxy, sia pur al suo margine
estremo; lo zero, invece, semplicemente, per logica, non metaxy ma del
metaxy il termine, se vogliamo il termine di partenza.
Una volta spostata lattenzione sullo zero come termine dellinsieme dei
numeri naturali, bisogna spostare lattenzione sullaltro estremo, che nella
formulazione platonica viene identificato come apeiron. Lapeiron, si traduca il
termine greco con indefinito o con infinito, rimane qualcosa di sfuggente; se lo
si prende come opposto delluno, come ci che chiude il metaxy sul versante
che sta dallaltra parte rispetto alluno 39, lapeiron deriva dal dilatarsi
smisurato della forma e del numero, ove la forma si disgrega nellinforme ed il
numero trapassa nellinimmaginabile. Lapeiron pensato o immaginato per
estrapolazione dalla quantit, sfugge alla presa e per sottrarsi a questa
trappola occorre uscire dalla quantit e dalle implicazioni epistemologiche
sottintese al confinamento del numero nel suo ambito. Ci possibile
assumendo lo zero in posizione di termine iniziale del metaxy e chiedendosi
che cosa stia, per cos dire, allestremo opposto. Lo zero in matematica non ha
opposto, essendo privo di segno, ma ha linverso e questo il numero aleph; il
nesso tra infinito e zero mediato dalloperatore di inversione, ossia
dalluno, e si formalizza, pertanto, nellequazione 1/0= 40. Questa formula, di
conseguenza, esprime e formalizza il nesso tra i termini estremi del campo dei
numeri che rappresentano quantit, del numero in espressione aritmetica
(numero) ed in espressione geometrica (forma) e, pertanto, del metaxy.
Lapeiron si pu sostituire o, meglio, reinterpretare con il numero aleph, infinito
cui apre laccesso lo zero rinviando al proprio inverso 41.
38

Se quella di limite nozione familiare alla matematica, in quanto chiave del calcolo
infinitesimale, quella di termine non sembra essere stata molto considerata in tale ambito, che
ha invece cittadinanza in filosofia ed in particolare in Aristotele. Questi fa del terminus a quo e
del terminus ad quem gli estremi, in cui non si d movimento, del movimento (certo in
accezione qualitativa e non di moto locale). Cfr. ARISTOTELE, Metafisica, VII, 7.
39
Opposto qui va inteso nel senso in cui la sponda di un fiume sta dallaltra parte rispetto alla
prima e non nel senso algebrico per cui, ad es. + 1 lopposto di 1, ossia un numero positivo
diviene lopposto di s stesso cambiando di segno, prendendo il segno meno o, viceversa, il
segno pi.
40
E, reciprocamente, 1/ = 0.
41
Luno operatore di inversione in quanto consente di ricavare linverso dei numeri naturale;
ad es. 2 e , 4 e 1/4, 1.000 e 1/1.000. Se consideriamo che = 0,5, = 0,25; 1/1.000 =
0,001, alla fine dovremmo avere1/ = 0. In senso contrario, avremo che 1/0,5 = 2, 1/0,25 = 4,
1/0,001 = 1.000 e, al termine, dovremmo trovare 1/0 = . Queste sequenze, molto elementari
ed appena delineate, servono a preparare la comprensione delle due equazioni secondo cui
1/=0 e, inversamente, 1/0=, ma non ne colgono lo specifico. Sono sequenze intuitive e

Prima di approfondire struttura e portata dellequazione 1/0=, una nota


sulla caratteristica operativa per cui luno, prima ancora che per calcolare
linverso di un qualsiasi numero, indispensabile, a mo di condizione di
possibilit, per formarne il concetto 42. Loperazione di inversione, progredendo
lungo la serie dei numeri naturali, divarica il valore degli inversi, da 2 e fino
ad numero tendente ad , ma non uguale ad ( 0), e linfinitesimo x,
tendente a 0 ma inconfondibile con esso 43. Il valore numeri degli inversi si
divarica progressivamente, ma il loro prodotto d sempre uno; questo
pertanto metaxy tra gli inversi, ma non come un medio quantitativamente
equidistante, bens come soglia tra valori frazionari e valori maggiori dellunit
che perno e punto di equilibrio di un legame per cui la divaricazione da una
parte verso linfinitamente grande e dallaltro verso linfinitamente piccolo d
luogo ad una sorta di rispecchiamento. Nello spettro dei valori numerici tra
linfinitesimo e 0, che metaxy tra a zero ed aleph, i numeri si situano e
rimangono nella categoria della quantit. Con zero ed aleph linversione si
sgancia dalla quantit, transita la soglia della qualit (fa un salto di categoria,
se cos si pu dire), proprio grazie allo zero, che , innanzitutto e come sopra
mostrato, sottratto alla quantit, soglia della qualit e operatore di identit
qualitativa. Anche nel transito di detta soglia, per, luno, pur essendo numero
che innanzitutto rappresenta il legame del numero con la quantit, conserva la
qualit per cui operatore di inversione, qualit che si mostra nella sua
capacit di collegare lo zero con laleph 44.
8 Metaxy, possibilit e relazione: uno e zero come operatori relazionali di
identit
Cosa pu significare, allora, linversione di un numero come lo zero? E ci
cosa comporta per la comprensione dellaleph? In prima battuta linversione
evidenzia che laleph, in quanto inverso dello zero, anchesso un numero che
esprime una qualit e, molto probabilmente, una qualit che, in quanto
inversa, anche complementare a quella rappresentata dallo zero 45. Come
poco sopra accennato distinguendolo dallinverso dellinfinitesimo ( 0), laleph
non pu quindi essere inteso, e tanto meno immaginato, come quantit che
cresce indefinitamente, bens come una qualit che non cade sotto i sensi e
non rientra nelle capacit dellimmaginazione, ma che va innanzitutto pensata
fino, se possibile, a trarne in luce lo statuto intelligibile 46. In qualit di suo
inverso, laleph lestremo complementare dello zero nel definire il metaxy,
confinate nellambito quantitativo, mentre il loro significato rigorosamente logico e
qualitativo, ai confini della controintuitivit. Lancoraggio al livello quantitativo non pu far
uscire dalla lettura more platonico del metaxy e, conseguentemente, ne fa una nozione
imprecisa e, alla fine, infeconda. Mediante lo zero si pu superare tale ostacolo, che in realt
un blocco nella lettura del metaxy e delle sue implicazioni.
42
In ci luno palesa una caratteristica operativa parallela a quella per cui lo zero
indispensabile, prima ancora che per effettuare calcoli, per trarre in luce alcuni passaggi di
soglia categoriali.
43
Per questa quantit sempre pi grande, Franco Piccari usava, ispirandosi probabilmente a
Cantor, il simbolo 0 (aleph pedice zero).
44
Ci non sorprende, in quanto si tratta, appunto, di una qualit e, come visto sopra, tra
quantit e qualit non c cesura invalicabile, ma intreccio e, come attesta lo zero, la
sottrazione della quantit non implica lannientamento della qualit.
45
Nellopposizione, invece il numero rimane inalterato quanto al valore numerico che esprime,
potremmo dire come numero puro, ma cambia il segno e con esso passa da positivo a negativo o
viceversa; il cambiamento qui qualitativo.

diremmo il suo estremo opposto se ci non introducesse confusione; mentre,


per, lo zero facilmente identificabile, come differenza di un numero rispetto
a se stesso (e assenza di quantit), nella sua posizione e funzione di estremo di
apertura, ci molto pi sfuggente per laleph. Cosa significa, come
costituita, quella che si potrebbe denominare laltra Colonna dErcole del
metaxy 47?
Non intendo risolvere certo uno dei problemi pi spinosi e sfuggenti della
matematica, la cui impostazione richiede la messa in chiaro dei suoi presupposti e
risvolti epistemologici spesso ignorati o maltrattati, ma ricavarne alcuni elementi
per accostarci allo statuto del metaxy. Luno in quanto espressione del legame tra
gli estremi del metaxy, zero ed aleph, compare, infatti, come il risultato
delloperare delluno sullaltro. Il nesso tra zero ed aleph espresso formalmente
dalluno in quanto operatore di inversione, con un semplice passaggio algebrico, si
evidenzia anche come loro prodotto; se, infatti,
1/0 =
ne segue che
0 x = 1 48
Ci mette in luce che il metaxy non un tra locale, ma ci in cui si rende visibile,
come loro prodotto, il legame tra i due estremi, la loro complementariet ed il loro
reciproco chiamarsi in causa nella costituzione del campo metaxy e della sua
operativit. Il metaxy , dunque, il campo di una specifica relazione tra zero ed
aleph, la quale affiora grazie alla mediazione delluno, che da operatore di
inversione si mostra nuovamente come operatore di identit nel campo della
quantit o, meglio, nel metaxy 49. Se ammettiamo, almeno per ipotesi, un
isomorfismo tra numero e realt umana, il metaxy appare come il campo in cui
lidentit delluomo e la relazione interumana prende forma, numero e figura nel
dettato platonico, visibile e quantificabile. Metaxy non solo il tra due estremi, ma
anche il luogo della partecipazione e del rapportarsi tra tutto ci che ne condivide
la condizione 50. Il metaxy , dunque, un luogo o anche un gioco mediato dallo
zero, che ne apre il campo, e dallaleph che lo chiude; ci suggerisce che in quel
legame che trova espressione formale nellequazione per cui 1/0=, siano coinvolti
alcuni risvolti della possibilit.
Per avvicinarsi al punto, occorre chiedersi cosa operino rispettivamente lo zero e
laleph quando sono posti a denominatore di uno, ossia in posizione di operatori
frazionari. Se il denominatore un divisore e se la divisione una sottrazione
ripetuta, lo zero a denominatore della frazione 1/0 va considerato dal punto di vista
della sottrazione di esso dalluno. Ora la sottrazione di una quantit zero da una
46

Anche laleph non , come gi lo zero, per dissociato dalla quantit; lo si nota, per un aspetto,
tenendo conto che si pu, si deve, scrivere 0< e ci implica che la relazione tra i due numeri non
quantit , per un aspetto almeno, quantificabile.
47
Si noti che il metaxy, declinato matematicamente, non solo quantitativo, in quanto oltre
allinsieme dei numeri naturali positivi (che rappresentano quantit) comprende quello dei
numeri negativi, che gi si sganciano dalla rappresentazione diretta della quantit, e quello dei
numeri immaginari e complessi; questi sono insiemi che esprimono comunque un nesso con la
quantit.
48
A questo punto si potrebbe scrivere, ma occorrerebbe sviluppare i dovuti passaggi, 0 x =
n
49
A conferma che il metaxy va oltre il nesso diretto con la quantit, luno operatore di
identit e di inversione anche nel campo degli immaginari, tanto vero che j/j=1 e che,
malgrado la cosa sia un po sorprendente, j=1/j (tra gli immaginari, anzi, sembra che lo sia
contemporaneamente).
50
Metaxy legato al verbo metechein, partecipare.

quantit qualsiasi, qui per posizione uno, si pu fare e lo si pu ripetere un numero


di volte che non ha un limite definito. Ci che risalta , dunque la possibilit di
operare, di fare loperazione a piacere e senza limiti quantitativi, i quali qui non
possono comparire, in quanto dentro la quantit, metaxy 51. Il risultato aleph di 1/0
esprime detta possibilit e ne rappresenta il limite qualitativo, limpossibilit di
uscire dalla quantit, dal metaxy, dal nesso tra metaxy e quantit. Quel limite nella
terminologia sopra introdotta va inteso come estremo non quantitativo, sottratto
allimmaginazione ed anche alla manipolazione quantitativa, che per pensabile
per il medio del suo inverso, appunto lo zero. Solo grazie allo zero, infatti, laleph
pu essere compreso nel suo essere qualit e non quantit, estremo e termine
piuttosto che limite.
Se lo zero compare dunque come operatore di possibilit, ed in fondo lo in
quanto operatore di identit qualitativa comunque implicita in ogni numero
metaxy, e laleph come il risultato dato da tale operatore applicato come
denominatore alluno, la lettura dellequazione a termini scambiati, ossia 1/=0,
illumina alcuni aspetti complementari del metaxy. Laleph posto a denominatore
richiede che si tenti la sottrazione rispetto ad uno, ma sottrarre aleph ad uno, come
a qualsiasi altro numero esprimente quantit, semplicemente impossibile;
loperazione, logicamente, non si pu fare. Tale impossibilit espressa dallo zero
che costituisce il risultato dellespressione 1/=0. Qui lo zero manifesta, ancora
una volta, il suo significato qualitativo, appunto limpossibilit di operare, prima
che la sua ricaduta quantitativa, per cui nessuna operazione stata, di fatto,
effettuata 52. Loperatore di impossibilit aleph si dichiara e manifesta, mediante
luno ed operando su di esso, nel suo inverso, zero. Come la possibilit si mostra
nel risultato aleph, limpossibilit si mostra nel risultato zero della stessa
equazione, scritta ora sotto forma 1/0= ed ora, invertendo i termini, 1/=0, che
rappresenta il metaxy. Se lo zero rappresenta la possibilit di operare e di
muoversi liberamente nellambito della quantit, meglio metaxy, laleph
rappresenta limpossibilit di operare qualora si pretenda di valicare i confini del
metaxy 53.
Se la formula 1/0= consente rileggere il metaxy luogo della quantit situato tra
estremi qualitativi, si pu azzardare un altro passo.
Se 1/0 =
ne segue che
0x=1
ma anche che
0x=n
51

La sottrazione di zero ad uno pu essere ripetuta quante volte si voglia e ci si pu fermare


quando lo si voglia; per questo nellintervallo, metaxy tra zero ed aleph, pu dunque essere ricavato
e posto qualsiasi numero che esprima una quantit di volte; loperazione si pu ripetere infinite
volte. Trasferito in geometria, su di una retta o in qualsiasi segmento si possono identificare infiniti
punti, si pu procedere allidentificazione di un punto infinite volte; di conseguenza laleph un
infinito discreto, non continuo come lo sar il tav.
52
Il passaggio sottintende un capire, unintellezione che coglie i nessi esposti e non il
semplice dispiegamento di un sistema formale; perci il passaggio , come quello che distingue
laleph dal tav, di difficile lettura ed accettazione in una concezione che riconduce la
matematica ad una tra le possibili logiche formali.
53
Ci non significa, a mio avviso, che lequazione del metaxy confermi il divieto kantiano di
una conoscenza che oltrepassi i confini dellintuizione sensibile, dal momento che sia lo zero
che laleph gi sono oltre tali limiti. Il divieto implicito , piuttosto, quello di trattare, in maniera
diretta ed esclusiva, una qualsiasi realt inserita nella quantit a partire da criteri ricavati dalla
qualit; una tale pretesa configurerebbe un misconoscimento strutturale, confinante il rapporto
nellafasia oppure nella disgregazione.

ossia il risultato di quella moltiplicazione pu essere qualsiasi numero naturale 54.


Allora determinare il valore di n a discrezione delloperatore! Ergo il metaxy
campo di libert, coerentemente con lo zero come operatore di possibilit che lo ha
reso determinabile e, una volta determinato nella sua quantit e nella sua identit
di numero che esprime una quantit, coerentemente sempre con lo zero ora preso
in funzione di operatore di identit, pu stare, di pieno diritto oserei dire, nel gioco
dei numeri 55. Contemporaneamente, per, lingresso in tale gioco, sottopone il
numero alle regole che governano quel gioco e la libert, che si situa allorigine
dellidentit del numero, si lega alla pari condizione di tutti gli altri numeri ed alle
regole del loro infinitamente vario rapportarsi, grazie alle quali tutti i numeri situati
nel metaxy possono entrare in procedure di calcolo. Lidentit situata
allintersezione tra quantit e qualit, risultato delloperare luna sullaltra di due
qualit inverse e complementari e che, perci, racchiude e sottintende la libert di
fissare il punto di ingresso nel campo di gioco, sta nel rapporto con i propri simili
grazie e mediante regole, pi ampiamente mediante sistemi formali, che
esprimono e sottintendono il prender consistenza nel metaxy della forma
(geometrica) e dei giochi algebrici 56.
54

In 1/0= al posto di uno andrebbe allora posto il numero di Eulero, ossia il numero e, ove e
= 1, la cui struttura, come vedremo, ben si presta a farne il rappresentante di tutti i numeri tra
zero e aleph, di tutti i numeri, ed implicitamente di tutti gli altri enti che presentano tratti di
isomorfismo rispetto ad essi, che si trovano nel metaxy.
55
Se lo zero come operatore di identit si esprime nella formula n 0 = 1 (per n2), allora
possiamo connettere tale espressione con quella che formalizza il metaxy: n0 = 1 = 0 x .
56
Pi originariamente di quella imago complementare al verbum per caratterizzare la relazione
in cui si configura lidentit del Filius, cui ho accennato in La regola del diritto tra Verbum
e Imago, in AA.VV., Sergio Cotta (1920-2007). Scritti in memoria", a c. di B

Romano, Giuffr, Milano 2010.


Il gioco dei numeri, che si svolge e d forma al loro rapporto nel metaxy e nei campi che si aprono
per sua estensione, nasconde e sottintende un ulteriore risvolto, forse privo di significato quanto
allelaborazione delle varie tipologie di calcolo, ma di estremo interesse per la comprensione del
metaxy e delle sue implicazioni isomorfiche. Tutti i numeri naturali, positivi e negativi, se elevati a
potenza aleph conducono al numero di Cantor, numero che Franco Piccari denomina, dallultima
lettera dellalfabeto ebraico, tav ed associa al simbolo . La dimostrazione dellesistenza e della
consistenza di questo numero segue, nella metodologia di Piccari, una via estremamente semplice,
che tento di ricostruire spero in maniera non troppo sommaria. Come si arriva a ?Vi si arriva
sviluppando una serie di potenze in cui si scambiano, per valori crescenti, base ed esponente. Si
prende, cio, una potenza xy e la corrispondente yx e si sostituiscono, via via, valori numerici alle
due incognite.
Poniamo, ad esempio, che x sia 3 e y sia 2 e sostituiamo:
32=9; 23=8
Quindi che x 3 e y 4
34=81; 43=64
Ancora, che x sia sempre 3 e y 5
35=243; 53=125
Pi oltre, lasciando sempre x a 3, portiamo y a 6
36=729; 63=216
Possiamo osservare che le potenze la cui base minore ed esponente maggiore tendono a crescere
pi velocemente di quelle la cui base maggiore e lesponente minore e i risultati tendono a
divaricarsi progressivamente; basta procedere nella serie per accertarsene. Se andiamo allestremo
della serie, avremo, rimanendo sempre ed a titolo di esempio in base 3,
3=w e 3=z
Di w e z sappiamo che sono allestremo, al termine, di serie che si sono divaricate progressivamente
e che, pertanto portano a risultati diversi. Si pu dire, cio, che w>z. Di quanto? difficile, forse
impossibile quantificare tale differenza, ma possiamo dire che si tratta di una differenza qualitativa
ed infinita. Qualitativa, in quanto al termine della serie entriamo negli infiniti ed infinita, in quanto
tra due infiniti qualitativamente differenti la differenza stessa non pu essere n quantificata n

9 Custodire il metaxy
Implicazioni e conseguenze sulla logica del diritto e delle istituzioni del metaxy
riletto con la matematica dello zero sono incalcolabili. Diviene possibile, ad
esempio, riprendere ed in parte formalizzare linterpretazione di alcuni profili del
riconoscimento in e mediante cui si costituisce e affiora lintreccio tra identit e
relazione e come questo si proietti, quale principio dordine, sui vari campi
dellagire umano e del rapportarsi interumano. La dignitas, in specie, si pu
mostrare come asse, che delimita a mo di limes invisibile una soglia che funge da
limen, quellintersezione tra dimensioni naturalistiche e componente narrativa del
costituirsi dellidentit e del suo riconoscimento, che altrimenti al massimo
decrittabile come una dialettica in definitiva inconciliata ed irrisolta. Le
conseguenze del salto epistemico che ci trascina con s rispetto al dipanarsi della
comunicazione, dello svolgersi della partecipazione agli spazi pubblici, della
disciplina e nella custodia degli spazi istituzionali incalcolabile 57. La dinamica
riconoscimento rivela, ad esempio, unarticolazione ben pi ricca e complessa di
quanto non possa schiudere una semplice caratterizzazione secondo una ternariet
ancorata ad una concezione del numero schiacciata sulla quantit ed
inconsapevole di quanto sia profondo lo sfondo di intelligibilit reso accessibile dal
numero.
Se rileggiamo il metaxy mediante la soglia (limes) rappresentata dalla zero e che
segna il passaggio dalla quantit alla qualit, distinguendo queste senza per
dissociarle, il metaxy pu comparire come una soglia (limen) in cui il gioco dei
numeri non esprime solo la combinazione e ricombinazione indefinita di quantit,
finita . perci che possiamo scrivere:
3>3
Ove 3 identifica un numero distinto e maggiore di aleph. Possiamo allora associare detto numero al
nome tav e scrivere
3=
Tenendo conto che = e che, quindi 3=
Possiamo allora scrivere
>
Entrambi sono numeri infiniti, ma distinti e differenti, separati da una differenza infinita ma non
quantificabile.
Tav un numero che non serve nei calcoli ordinari, tanta la sua incommensurabilit con il metaxy,
ma ha un significato peculiarissimo in riferimento agli altri numeri. Infatti tav il numero cui
conduce la potenza aleph di ogni numero uguale o maggiore di 2, a prescindere dal segno positivo
o negativo che lo accompagni. Ossia, per n2 n = . Capovolgendo tale relazione, ripercorrendola
cio allindietro e tenendo conto che radici e potenze esprimono la stessa relazione considerata in
senso inverso, ne segue che tutti i numeri naturali, per n2, sono anche ;tutti i numeri metaxy
sono o relazioni interne ad essi ! Ci proietta delle implicazioni stupefacenti sulla costituzione
del metaxy. Se i il gioco dei numeri, nella sua infinita variet, risulta dallesplicitazione dei loro
rapporti, vale a dire che nel metaxy possiamo indagare, percorrere, formulare e riformulare,
applicare quei rapporti e gli algoritmi che ne conseguono, lorigine del numero e la relazione
originaria ed originante tra i numeri non sta nel metaxy e nemmeno nei suoi estremi zero ed aleph,
ma in . ci che consente loro di rapportarsi senza perdere la loro identit, senza sciogliersi
interamente nel gioco; la dipendenza originante dal tav fa s che i singoli numeri non siano debitori
della rispettiva identit luno allaltro, ma e insieme, rimangono debitori, secondo una reciprocit
generalizzata, quanto al poterla esercitare ed allesercitarla correttamente e proficuamente . Se cos
mi posso esprimere, tale architettura relazionale attesta che la relazione originaria e fondante
anche fondamento della relazione rapportante; nel rapportarsi reciproco ciascun numero sta in
relazione, oltre che direttamente con laltro, indirettamente e mediante laltro con il tav, cos come
questo sta allorigine dellaltro, ossia come ciascuno sta in relazione con la sua origine !
57
Per isomorfismo si formalizza limpossibilit di porre il tu a fondamento dellio ma, insieme, di
ritenerlo come sua imprescindibile condizione di attivazione.

ma racchiude, sottintende, trattiene ed esprime suo modo la qualit 58. La qualit e


la quantit, in altri termini, nella rispettiva autonomia categoriale, non sono
riducibili luna allaltra e, semmai, la quantit a dovere la sua leggibilit specifica
alla qualit, mentre e per converso anche questa traversata da sue specifiche
modalit di quantificazione. Sullo sfondo del metaxy, quasi in unanalogia rationis,
quantit e qualit, identit e relazione, mostrano, grazie alla rappresentazione
numerica, il loro intersecarsi ed intrecciarsi. lintreccio che, nella formalizzazione
degli algoritmi e dei protocolli di calcolo, rimane invisibile, inapprezzabile e, anzi, di
intralcio alla loro esecuzione procedurale, ma preziosissimo per comprendere, nella
sua direzione e nel suo senso, sia linserzione delluomo nel mondo, che la
dinamica delle istituzioni giuridiche e politiche.
In questa linea diviene ipotizzabile muoversi verso una comprensione dei processi
di istituzionalizzazione e degli spazi pubblici ed istituzionali che ne risultano, in cui
la dignit delluomo, di ciascun essere umano, a prescindere dalla sua grandezza e
dalla posizione che occupi nel metaxy, sia la condizione di possibilit dello stesso
svolgersi, senza deformazioni o distorsioni, del processo medesimo. La custodia di
tale costituzione e senso dellistituzione quale soglia (limen) di relazione, di
partecipazione e di condivisione, pu allora apparire il nucleo ed il principio
costruttivo delle architetture istituzionali, mentre la logica sottintesa ad esse come
metaxy sar la sorgente della loro sintassi e della semantica che questa, a sua
volta, genera.
La prospettiva che cos si apre illustra come la sostituzione del rigore della formula
matematica, garantito dalla maneggiabilit algebrica dei due estremi,
allapprossimazione argomentativa della formulazione platonica, non si riduca ad
uno spostamento semantico, n si possa solo considerare un comodo modello di
sistemazione e manipolazione a fini immediati dei dati e degli elementi in gioco. La
rilettura del metaxy come soglia (limen) cui si accede grazie allo zero come soglia
(limes) comporta un salto metodologico ed epistemologico nella lettura dei
processi di istituzionalizzazione, sia nella loro dinamica per cos dire di superficie,
sia nei pi sfuggenti ma non meno rilevanti profili di differenziazione e di sempre
possibile distorsione e deformazione.
La custodia delle istituzioni, e di quelle di fondamentale importanza come le
costituzioni, passa dunque anche attraverso la custodia del metaxy come tra non
esclusivamente quantitativo, luogo della misurabilit diretta, ma come luogo in cui
qualit e quantit si intrecciano per dar luogo a quella forma ed a quel numero che
costituiscono limpianto operativo delle nostre istituzioni e sono chiamate ad
orientarne e governarne la quotidianit.
Paolo Savarese

58

Almeno due indicatori in questa direzione: la serie intermedia, costituita da numeri esprimenti
quantit, anche il prodotto tra le due qualit situate agli estremi; lo zero e luno sono anche
relazioni, operatori di identit relazionale costitutivi di ciascun numero esprimente quantit.

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