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americana denominata MOOC; la nascita delle biblioteche digitali e la diffusione degli e-books;
infine l'utilizzo delle risorse di e-learning ai fini dell'autoapprendimento.
Formazione a distanza: un po' di retrospettiva.
Gli storici della comunicazione individuano tre tappe fondamentali nel percorso evolutivo della
formazione a distanza. Tre tappe strettamente consequenziali alla tecnologia comunicativa vigente
nelle diverse epoche. Il primo livello chiaramente quello della corrispondenza, con un antesignano
di una certa fama. "Anche le lettere di San Paolo alle comunit cristiane possono essere considerate
forme primitive di istruzione per corrispondenza", scrive Simona Bontempelli dell'Universit di
Bergamo; tuttavia il primo corso organizzato in forma strutturata, e con comunicazione
bidirezionale, arriva solo nel 1840, quando a Londra Isaac Pitman avvia un corso di stenografia per
corrispondenza: gli allievi avevano il compito di re-inviare al maestro passi della Bibbia "tradotti"
in stenografia. Segnaliamo inoltre (ad opera dei due uomini che danno il nome all'istituto, uno
francese e l'altro tedesco) la fondazione dell'Institut Toussaint e Langensheidt a Berlino nel 1856, il
primo caso di insegnamento delle lingue per corrispondenza. In ambito accademico, si arriva nel
1873 al primo corso universitario a distanza, organizzato dalla Illinois Wesleyan University e
qualche anno pi tardi ai primi corsi di laurea per corrispondenza. Come facilmente intuibile, si
trattava di modelli di insegnamento pieni di limiti,forse il pi grande quello della scarsissima e in
qualche caso nulla interazione tra docente e discente, e che prevedevano da parte dell'allievo un
approccio individuale e nozionistico. Chiaramente un giudizio formulato nel XXI secolo risente
pesantemente della diversa situazione esistente, e siccome non vogliamo buttare l'acqua sporca con
il bambino dentro, riconosciamo comunque la validit dell'obiettivo di estendere il livello di
scolarizzazione e di tentare in qualche modo di ridurre le discrepanze socio-culturali fra individui
appartenenti a classi sociali differenti, con costi pi contenuti rispetto all'istruzione tradizionale.
Il passaggio dal rapporto uno-a-uno a quello uno-a-molti si ha con l'avvento del secondo
step tecnologico, quello della diffusione di radio e tv. Nei primi anni del 1900, la BBC introdusse
delle lezioni radiofoniche integrative dei corsi scolastici; in quello stesso periodo, oltreoceano,
Radio Canada diffondeva programmi destinati agli agricoltori, grazie ai quali essi potevano
migliorare le loro tecniche professionali senza essere costretti ad abbandonare i luoghi di lavoro.
Quasi contemporaneamente, l'Universit dello Iowa sperimentava corsi telefonici per studenti con
disabilit motoria che impediva l'accesso alle consuete attivit del college. In Francia
l'insegnamento radiofonico funzion persino nel corso del secondo conflitto bellico mondiale e fu di
importanza capitale per la scolarizzazione sia primaria sia secondaria.
Per quanto riguarda il nostro Paese, non possiamo fare a meno di citare due esperienze ben note alla
generazione dei nostri nonni: la Scuola Radio Elettra di Torino, attiva dal 1951, che ebbe il grande
merito di intercettare efficacemente la forte domanda di formazione tecnica in un Paese, come
lItalia di quegli anni, in fase di grande crescita industriale; e la trasmissione televisiva "Non mai
troppo tardi", condotta da Alberto Manzi e andata in onda dal 15 novembre 1960 fino al 1968, per
ben 484 puntate. Oltre che per il linguaggio piacevole e sempre ben comprensibile (la trasmissione
era rivolta ad un pubblico adulto analfabeta o quasi) del maestro Manzi, il programma si distingue
per aver introdotto la multimedialit: le lezioni tradizionali erano accompagnate da filmati,
registrazioni audio e schizzi a mano libera eseguiti in diretta dal maestro. Bisogna aggiungere che ci
furono anche altre esperienze, decisamente meno rilevanti. Occorre tenere presente che in quegli
anni la scuola primaria, in un paese poco urbanizzato e con una grossa fetta di popolazione rurale,
non aveva di certo la diffusione capillare che pu vantare oggi (al netto di tagli di strutture e
personale...pardon....spending review...); non dovremmo sottovalutare neppure la portata sociale del
riunirsi, per chi non disponeva di una tv privata, in luoghi pubblici di ascolto in cui si svolgeva
un'esperienza di apprendimento cooperativo e socializzato, non molto dissimile da quello di una
vera e propria classe. Negli anni del boom economico, la televisione gioc dunque un ruolo
fondamentale nell'alfabetizzazione del nostro Paese, e nell'uniformare la lingua parlata fra diverse
parti dello Stivale; il tutto avvenne per lo pi a vantaggio delle classi meno abbienti. Constatiamo
con rammarico che si tratta di una situazione diametralmente opposta a quella che caratterizza la
televisione generalista attuale.
Cercando di riassumere in una sola frase lo sviluppo di questa seconda fase delle formazione a
distanza, potremmo dire che quella in cui assistiamo progressivamente all'integrazione fra
strumenti audiovisivi e supporti cartacei, con metodi di verifica in massima parte affidati ancora a
questi ultimi.
Arriviamo cos a fare qualche cenno alla terza generazione di formazione a distanza, quella
che arriva con la diffusione dei personal computer. In una prima fase, l'apprendimento con il
computer avviene in modalit "off line", vale a dire attraverso l'utilizzo di strumenti quali ad
esempio floppy disc prima e cd-rom poi. Ancora un sistema per lo pi di autoapprendimento, in cui
per si assiste alla suddivisione dei programmi in argomenti e unit didattiche, e con una maggiore
disponibilit di momenti di verifica, con tanto di feedback (per lo meno in termini di risposta
giusta/sbagliata), somministrati dal videoterminale stesso. Agli albori dell'epoca di internet,
comincia a diffondersi lo strumento della teleconferenza, che rappresenta un interessante
esperimento di interazione a distanza ma necessita del requisito della contemporaneit fra
interlocutori.
Siamo cos giunti a trattare dei giorni nostri, con l'apprendimento on line che offre multimedialit,
interazione massima fra docenti e allievi grazie a strumenti come forum e chat, ma anche fra allievi.
La Rete non soltanto il veicolo della conoscenza ma anche, soprattutto direi, quella che si crea fra
gli utenti della comunit di apprendimento.
I corsi di laurea on line: qualche dato
il nostro Paese non sembra avere una particolare predilezione per questa forma di insegnamento:
prova ne il fatto che n il sito internet del Miur, n quello dell'Istat forniscono statistiche sulla
diffusione dei corsi di universitari a distanza o di e-learning. Tuttavia oramai noto ai pi che si
stanno diffondendo in quasi tutti i principali atenei dei corsi di laurea, o master, on line.
Qua dovresti scrivere due righe sui corsi dell'universit di Pisa, se ce ne sono; io su unipi.it non ho
trovato granch!
Invece sono ben 11 le universit telematiche riconosciute dal Miur, nate in seguito alla spinta del
Consiglio dei Ministri dell'Istruzione dell'Unione Europea nel 2001, recepita in Italia dall'art. 26
della Legge finanziaria 2003, successivamente integrata da decreti interministeriali.
La situazione negli USA e l'avvento dei MOOC
Gli Stati Uniti sono probabilmente il Paese che pi di tutti sta vivendo il pieno sviluppo di questa
nuova forma di insegnamento, e sta sicuramente anticipando le tendenze future, se il fondatore di
Microsoft si spinto in una previsione cos coraggiosa. Evidentemente conosce il fervore che si sta
alimentando attorno ai MOOCs. MOOC l'acronimo che indica i Massive Open Online Courses, i
corsi ai quali possibile partecipare attraverso la rete. Vanno distinti dagli corsi universitari on line
e di formazione a distanza internet-based, rispetto ai quali si differenziano per alcuni caratteri. La
caratteristica forse pi macroscopica dei MOOC proprio quella di essere "massive", rivolti cio a
migliaia di studenti, dalle provenienze pi disparate. Due esempi su tutti: nell'autunno 2011 la
Stanford University ha erogato gratuitamente un corso post laurea di intelligenza artificiale al quale
si sono iscritti circa 160.000 studenti provenienti da 190 paesi; il primo progetto interuniversitario
di respiro europeo, denominato OpenupEd (www.openuped.eu), al quale prende parte anche l'Italia
attraverso l'Universit di Nettuno, propone corsi disponibili in ben 12 lingue. Ci sono altri caratteri
che rendono i MOOC estremamente interessanti, ad esempio il fatto che nella maggior parte dei
corsi, dopo che lo studente ha visionato un video esplicativo che spesso non dura pi di 15-20
minuti, partono subito dei compiti di verifica che vengono corretti in tempo reale dal computer
stesso o da altri utenti online. Oppure il fatto che non sia necessario immatricolarsi per accedere ai
corsi, oppure ancora il fatto che si parli in massima parte di corsi gratuiti: e questo indubbiamente
l'elemento pi rivoluzionario in un paese dove frequentare l'universit pu arrivare a costare diverse
decine di migliaia di dollari all'anno. L'aspetto per pi interessante per la nostra trattazione, per i
risvolti che avr nel futuro molto prossimo sul miglioramento della didattica, il tentativo di
strutturare la miglior piattaforma possibile per contenere tutti le sfaccettature dell'universo MOOC,
dal reperimento dei fondi provenienti da fondazioni (come ad esempio la Bill and Melinda Gates) o
da singoli filantropi, alla contrattualizzazione dei docenti, alla creazione di software e applicazioni
in grado di gestire tutto il funzionamento del corso via web; e in questa corsa i colossi dei college
americani, come Harvard, Berkeley, Stanford e il MIT, talvolta si sfidano tra loro e talvolta
collaborano. Oltre alla gi citata Khan Academy, segnaliamo i progetti Coursera, edX e Udacity.
Pro e contro dei corsi di studi di nuova generazione
come facile immaginare, e come d'altra parte accade in ogni aspetto della vita umana, le novit
dividono.I pareri sulle universit on line sono discordi, lungi da noi l'intenzione di dare ragione
all'una o all'altra parte: cercheremo invece di fare un'analisi il pi possibile oggettiva.
Un corso di studi a distanza, strutturato sfruttando appieno le potenzialit delle nuove tecnologie,
presenta indubbiamente dei vantaggi. Su tutti, certamente quello di slegare la partecipazione alle
lezioni da parte degli studenti da vincoli di tempo e di spazio: essi possono accedere ai contenuti
didattici del corso in qualsiasi momento della giornata e in qualsiasi luogo in cui sia presente la
connessione ad internet. In una realt come quella italiana, con ancora una percentuale
relativamente alta di popolazione non urbana, e comunque con una grossa fetta di studenti che
risiedono a pi di 50 km dalla sede universitaria, non poco. Senza contare un altro fenomeno
estremamente importante che riguarda migliaia di giovani originari del Sud e delle Isole che
decidono di intraprendere la carriera universitaria in atenei pi prestigiosi del Centro e del Nord del
Paese; chi vi scrive, parla di tale fenomeno con una discreta cognizione di causa! Il rapporto del
CNVSU 2010, pubblicato a gennaio 2011, riferisce che ben il 19,2% degli immatricolati nell'anno
accademico 2008/09 ha scdlto di iscriversi in una regione diversa da quella di residenza. Accanto al
fenomeno degli studenti fuori sede c' quello degli studenti-lavoratori, altri utenti che possono trarre
gran giovamento dalla possibilit di seguire una lezione a qualsiasi ora e dal computer di casa
propria. Vantaggio ancora pi interessante se si pensa alla capillare diffusione raggiunta da
apparecchi portatili come smartphones e tablet, che hanno oramai sostituito il pc in numerose
funzioni di uso quotidiano, ivi compresa la navigazione internet.
Altro vantaggio non secondario, soprattutto in tempi di austerity come i nostri, quello della
riduzione dei costi: costi di viaggio, ed eventualmente di affitto, per numerosi studenti; ma anche
costi pi ridotti per la gestione dell'amministrazione universitaria (e conseguente riduzione delle
tasse universitarie, altro vantaggio per gli studenti).
Abbiamo gi detto che i nuovi corsi rappresentano il meglio finora concepito nel campo
dell'integrazione di media differenti, offrendo pi chances di apprendimento a chi ha uno stile di
apprendimento meno verbale/concettuale e pi visivo/sensoriale, e agli utenti con disabilit
sensoriali. Inoltre non da sottovalutare che la creazione di forum e chat, disponibili anche per il
tutoraggio, garantiscono l'interazione fra docenti e discenti e creano comunit di apprendimento
molto affollate che spesso possono varcare i confini nazionali, in qualche modo rovesciando il
paradigma dell'insegnamento da "uno a molti", o "da pochi a molti", trasformandolo in "da molti a
molti"; paradossalmente a trarne giovamento e nuovi stimoli professionali potrebbe essere proprio
chi abitualmente siede al di qua della cattedra.
Un altro punto a favore per le universit del futuro quello di poter provvedere facilmente, grazie
alle nuove tecnologie, all'aggiornamento dei laureati, anche di lungo di corso, evitando cos il
famigerato fenomeno dell'ignoranza di ritorno.
Dopo aver esaminato le luci di questo sistema di insegnamento e apprendimento, sar bene
si autodefinisce uno studente universitario che non studia all'universit. Quando si intraprende lo
studio della lingua tedesca, uno dei primi falsi amici che si incontrano il verbo studieren, che
letteralmente non significa studiare (che per l'appunto si traduce con lernen) bens "essere nella
condizione di studente all'universit"; il rischio, se cos si pu chiamare, allora quello di creare
una generazione di giovani che lernen ma non studieren. Tornando ad aspetti pi concreti, che
comunque afferiscono alla sfera dei rapporti umani, anche sul piano dell'apprendimento una
congrua empatia con i docenti, o con gli altri allievi, influisce positivamente sul successo negli
studi; ed lecito dubitare, per esempio, che l'intervento del tutor su una chat possa dimostrarsi
efficace nell'offrire sostegno ad uno studente demotivato.
,
Bibliografia
Istituto europeo di statistica
ec.europa.eu/eurostat
Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario
www.cnvsu.it
Una nuova forma di editoria
Parallelamente alla trasformazione (di chiamarla "evoluzione" non me la sono sentita)
dell'universit, in corso gi da diversi anni un processo di innovazione anche nel mondo dei libri.
Se con l'avvento del commercio on line (o e-commerce) stato possibile acquistare a prezzi
estremamente ribassati (perch questa forma di vendita affronta costi fissi molto pi bassi rispetto
ad una libreria tradizionale), libri di ogni genere e dimensione (oltre 1 milione e 900 mila italiani
comprano on line libri, giornali, riviste o e-book, dice una ricerca Istat di cui parleremo pi avanti),
la tendenza attuale quella di comperare direttamente i libri in formato digitale, i cosiddetti ebooks. Secondo un'indagine Istat pubblicata nel maggio 2013 (relativa all'anno 2011), in Italia sono
state pubblicate 8979 opere in formato e-book, con una percentuale del 15,2% rispetto alle opere
cartacee, e con picchi percentuali interessanti per alcune discipline tipicamente accademiche (dato
che sono quelle oggetto di interesse della presente relazione) : scienze naturali e fisica (32,1%),
filologia e linguistica (29,8%), diritto e amministrazione pubblica (29,5%). Appena il 14,1% dei
testi letterari moderni ha un'edizione digitale, eppure tale genere occupa ben il 23,9% del mercato
degli e-books. In un'indagine parallela relativa allo stesso intervallo di tempo, l'Istituto di Statistica
ha chiesto agli editori un parere circa gli ostacoli alla diffusione del libro in formato elettronico
(apro e chiudo una parentesi metodologica sui dati seguenti: in questa ricerca erano possibili pi
risposte alla domanda fatta, e le cifre qui esposte non tengono conto delle risposte fornite dal
campione di editori inattivi, che non hanno cio pubblicato alcuna opera nell'anno oggetto
dell'inchiesta). La risposta pi frequente, indicata dal 30,3% degli intervistati, ha evidenziato "la
scarsa alfabetizzazione informatica nell'utilizzo delle nuove tecnologie" da parte dei potenziali
utenti; interessante anche il secondo dato, sulla "immaterialit del libro digitale", che raccoglie il
27,5% delle risposte. Il 27,2% degli intervistati indica come ostacolo il costo iniziale da affrontare
per l'acquisto di un dispositivo di lettura.
Su quest'ultimo aspetto ci sono probabilmente meno criticit di quanto sembri in apparenza, visto
che per i formati pi utlilizzati, non solo l'intramontabile (a dire il vero un po' obsoleto per questa
funzionalit) ".pdf" ma anche il pi recente ".ePub", non necessario disporre di un apparecchio
eReader, ma si tratta di estensioni che sono riconosciute e aperte dalla maggior parte di smartphone
e tablet gi attualmente in commercio, o in automatico oppure scaricando dei semplici reader o
meglio ancora applicazioni gratuite che cercano di riprodurre il software degli eReader. A tal
proposito sarebbe corretto precisare che un qualsiasi documento in formato digitale non
significativamente le distanze dall'utilizzo dei DRM: essi sono pi a tutela dei profitti degli editori
(o delle case discografiche o di produzione cinematografica) che dell'effettivo diritto d'autore e della
propriet intellettuale dell'opera; e spesso decidono di rilasciare le proprie opere su licenze Creative
Commons ("some rights reserved"), che tutelano la paternit dei lavori ma consentono, a seconda
dei casi, di diffondere l'opera purch non a scopo di lucro, e in qualche caso persino di modificarla.
Una nuova forma di biblioteca
Se andassimo a cercare una definizione da vocabolario delle biblioteche digitali, correremmo il
rischio di imbatterci in frasi tipo questa: "Sistemi di risorse elettroniche organizzate in spazi virtuali
e fisici, in cui interagiscono funzioni di progettazione e sviluppo dei servizi di acquisizione,
manutenzione e preservazione di documenti digitalizzati o nati in formato digitale, conservati in
appositi depositi digitali ". Eppure, ad una rilettura un po' pi attenta, questa definizione
apparentemente ostica ci d diverse informazioni importanti. Innanzitutto, ci dice che la biblioteca
digitale un sistema di risorse, e non una semplice "collezione digitale", per quanto organizzata
quest'ultima possa essere. In secondo luogo, parlando di spazi fisici e spazi virtuali, crea una linea
di demarcazione rispetto alle biblioteche tradizionali, ma anche rispetto alle cosiddette biblioteche
elettroniche (dove l'aggettivo elettroniche si riferisce alle attrezzature usate per la lettura o
immissione dei dati: sostanzialmente computer o altri strumenti di calcolo; praticamente quasi ogni
biblioteca tradizionale anche elettronica). Inoltre, precisa che i contenuti della collezione possono
essere sia digitalizzati, sia creati direttamente in formato digitale (cosa non possibile per una
biblioteca cartacea), il che rende fruibili anche numerosi tipi di media. Indubbiamente il punto di
partenza di questa nuova risorsa stato la digitalizzazione, per scopi di preservazione o di maggior
diffusione, di testi classici (in buona parte il caso del gi menzionato Progetto Gutenberg). In
Italia una delle prime raccolte libere e gratuite si avuta con l'avvio del Progetto Manuzio (dal
nome del tipografo rinascimentale considerato il primo editore in senso moderno del termine) nel
l994. La prima istituzione italiana che ha creato una biblioteca digitale, un archivio multimediale
tematico incentrato sulla cultura locale, la Regione Sardegna che nel 2008 ha inaugurato il portale
Sardegna Digital Library.
Cercheremo qua di fare una panoramica generale, ricordandoci comunque che l'interesse principale
di questo paragrafo di evidenziare la possibilit di integrare i contenuti di un corso universitario, o
comunque formativo, basato sulla rete, con altre risorse altrettanto reperibili in rete.
Secondo Chowdhury e Chowdhury (2003), gli elementi che caratterizzano una biblioteca digitale
sono molteplici: le biblioteche digitali possono raccogliere una variet di oggetti digitali; le
biblioteche digitali abbattono le barriere di lingua, tempo e spazio (in teoria gli utenti potranno
usare le biblioteche digitali da ogni parte del globo e con ogni lingua); le biblioteche digitali
riducono (o eliminano) la necessit di spazio che hanno le biblioteche tradizionali; gli utenti della
biblioteca digitale possono essere geograficamente dispersi e in molti casi si organizzano livelli
diversi di servizio, per gli utenti istituzionali e per gli utenti remoti; a differenza delle biblioteche
tradizionali, gli utenti delle biblioteche digitali possono costruirsi la propria biblioteca personale,
utilizzando delle funzionalit che sono loro messe a disposizione; diversi utenti possono usare
contemporaneamente la stessa risorsa e questo non possibile nella biblioteca tradizionale; le
biblioteche digitali hanno portato a un cambio di paradigma nelle biblioteche, nel senso che
forniscono laccesso a risorse di cui non sono proprietarie, alcune libere, altre a pagamento; le
biblioteche digitali assegnano un ruolo fondamentale ad una rinnovata politica di acquisti, poich il
problema non , come in passato, quello della disponibilit dellinformazione, ma della
sovrabbondanza di informazione e quindi le biblioteche digitali devono avere meccanismi adeguati
per filtrare quello che non serve; per realizzare il sogno di uninfrastruttura dedicata
allinformazione globale, le biblioteche digitali devono essere capaci anche di gestire risorse
multilingue.
Ma le biblioteche digitali saranno davvero capaci di perseguire l'eterno sogno, forse utopia
congenita nel genere umano, dell'accesso universale alla conoscenza? Attualmente la risposta no
per almeno un motivo molto forte: il cosiddetto digital divide. Bisogna sia combattere
l'analfabetismo informatico (anche in Occidente), sia mettere le tecnologie necessarie a disposizione
dei paesi del Sud del mondo. Questo uno dei temi importanti che l'evoluzione futura delle
biblioteche digitali dovr affrontare. Un altro sicuramente quello del personale bibliotecario. I
nuovi sistemi basati su software, dalla ricerca alla'acquisizione della risorsa, rendono superflua la
presenza di operatori? Secondo alcuni ricercatori, i bibliotecari hanno ancora ragione di esistere per
la conservazione e preservazione dei dati digitali, e per continuare, seppur in maniera differente
rispetto a quella tradizionale, ad assistere l'utenza nella fruizione dei servizi. Allo stato di cose
attuale, non ci risulta per che sia attivo alcun corso di formazione per bibliotecari digitali.
Le esperienze di apprendimento autonomo nel XXI secolo.
Siamo ormai giunti alla fine del percorso. Vogliamo dedicare l'ultimo paragrafo della nostra
trattazione a delle riflessioni conclusive sull'autoapprendimento. Non certamente una novit, anzi
un'esperienza vissuta da migliaia di persone nei secoli scorsi, a cominciare da tanti geni
dell'Umanesimo, del Rinascimento, dell'Illuminismo. Oggi un fenomeno probabilmente meno
eclatante, perlomeno nell'emersione di figure straordinarie come quelle del passato (anche perch
l'ampiezza raggiunta dai campi dello scibile umano ha reso impossibile la creazione di veri
"tuttologi"), e dalla diffusione confinata a poche discipline come l'informatica e le lingue straniere.
Vale tuttavia la pena di chiedersi se con le nuove risorse a disposizione l'esperienza possa essere pi
valida che in passato. La prima riflessione riguarda il fatto che il mondo del lavoro, sempre meno
legato alla propriet dei mezzi di produzione, ancora dipendente dalla disponibilit di capitali, ma
mutato per via di un ruolo sempre pi centrale delle risorse umane, tuttora ingessato nello schema
per cui tali risorse non debbano solo essere caratterizzate dal sapere e dal saper fare, ma possiedano
anche un "pezzo di carta" che certifichi le loro competenze. Detto ci, studiare da soli per integrare
o arricchire il proprio percorso accademico (o anche solo post secondario superiore), o per acquisire
competenze nuove spendibili nel mercato del lavoro, o anche solo per piacere e intrattenimento
personale, non un'operazione priva di significato. Si possono seguire efficacemente dei percorsi
multimediali di e-learning, integrandoli con la consultazioni di fonti da archivi digitali? Potrebbe
spaventare l'enorme mole di risorse a disposizione, una grossa parte di esse (forse addirittura la
maggioranza) rischiano di essere poco attendibili, superficiali, di qualit generale bassa. Ma questo
un problema che, con dimensioni ben pi limitate, esisteva anche in passato. Cos come il discente
autoapprendista doveva, e deve tutt'oggi, organizzare, pianificare da solo il proprio percorso
formativo e fare un'attenta valutazione dell'effettiva utilit di determinate esperienze e/o fonti ai fini
del completamento di quel percorso. E queste sono criticit che le nuove opportunit non risolvono
ma neppure aggravano.
Bibliografia
"Dall'istruzione per corrispondenza all'e-learning"
Simona Bontempelli
http://dinamico2.unibg.it/lazzari/0506idu/distanza.pdf
Project Gutenberg
http://www.gutenberg.org/
Articolo sul mercato editoriale americano
http://www.electronista.com/articles/11/04/15/e.book.sales.triple.in.us.overtake.paper/
Legge 9 gennaio 2008, n. 2 "Disposizioni concernenti la Societ italiana degli autori ed editori"
http://www.parlamento.it/parlam/leggi/08002l.htm
Definizione di biblioteche digitali dal soggettario Thesaurus della Biblioteca Centrale Nazionale di
Firenze
http://thes.bncf.firenze.sbn.it/termine.php?id=30683
Progetto Manuzio
http://www.liberliber.it/
Gobinda G. Chowdhury Sudatta Chowdhury.
Introduction to digital libraries. London: Facet, 2003
Introduzione alla biblioteca digitale
http://www.meri.unifi.it/upload/sub/BD_04%20Introduzione%20alla%20biblioteca%20digitale.pdf
Che cos' una biblioteca digitale?
Anna Maria Tammaro
http://digitalia.sbn.it/article/download/325/215/
Sardegna Digital Library
http://www.sardegnadigitallibrary.it/