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Le Barche del Lago di Como

Barche lariane
una flotta lacustre

Il lago di Como, o Lario, molto profondo e con sponde ripide, per secoli stato la strada naturale
che ha unito la pianura padana con le valli alpine. La sua navigazione ha quindi svolto un ruolo
fondamentale per il commercio delle popolazioni del circondario, collegando Colico con Como e
Lecco. Ricordiamo che la strada orientale, detta "della Regina", stata costruita nel XVIII secolo
grazie all'intervento di Maria Teresa d'Asburgo, mentre quella occidentale fu completata solo
all'inizio del '900.
Sul lago di Como c' un andamento regolare del vento che, specialmente d'estate, ha sempre
favorito lo spostamento dei traffici grazie alla vela: la brezza che soffia da Nord - denominata tivn
o tivano - si alterna con la "breva" che viene da Sud. Infatti la breva - brezza di pianura - giunge
regolarissima da Sud a mezzogiorno, inizia dolcemente, arriva fino a venti nodi costanti e dura fino
a dopo il tramonto. Di notte, invece, soffia la brezza di monte, che inizia a mezzanotte e dura fino
alle otto di mattina. La presenza di questi due venti, uno da una direzione e l'altro da quella opposta,
ha fatto in modo che, salvo rare eccezioni, i traffici potessero svolgersi regolarmente e non ci fosse
necessit di sviluppare un altro tipo di vela che non fosse quella di forma rettangolare.
Oltre a questi venti regolari esistono per i colpi impetuosi dati dalla tramontana da Nord, detta
"vento", che qualche volta soffia con raffiche fino a sessanta nodi, polverizzando l'acqua e rendendo
impossibile la navigazione.
Il patrimonio costituito dalla diverse costruzioni navali tradizionali del Lario risulta
straordinariamente ricco e prezioso: il frutto di esperienze successive in un ambiente rimasto
pressoch inalterato per secoli e solo con l'avvento del motore gli abitanti locali, i "lagh", hanno
abbandonato l'uso della barca preferendo l'impiego dei moderni camion. Tra le tradizionali
imbarcazioni del luogo ricordiamo il "comballo" e le classiche barche "coi cerchi" come: la
gondola, la "nav" (o "navet") ed il "batl"; a bordo di queste non si usava l'ancora, data la profondit
delle acque, e si poteva solo legarsi alla riva con una catena munita di gancio.
La costruzione delle imbarcazioni tradizionali lariane inconsueta, semplice e primitiva: le tavole,
sgrossate, venivano accostate e "cucite" tra loro con dei chiodi passanti da una tavola all'altra.
Piantato il chiodo di ferro dolce, esso veniva girato, poi ripiantato e rigirato in modo da costituire
una "graffa" denominata "cusidura". Realizzato il fondo opportunamente incurvato, venivano poste
le ordinate, costituite da tre elementi, una traversa e i due sostegni laterali simmetrici. Terminata la

fasciatura dello scafo, si procedeva calafatandolo per poi impeciarlo dentro e fuori. Il legno
impiegato per le costruzioni navali era quello disponibile sul posto: il castagno, la robinia ed il
frassino. Gli ornamenti risultavano piuttosto sobri: venivano dipinti i bordi, i cerchi ed il pattino di
prua.
Il comballo era l'imbarcazione di maggiori dimensioni, impiegata per i grandi trasporti, che
potremmo definire come il "camion a vela" del lago; poteva raggiungere lunghezze fino a circa
venticinque metri per cinque di larghezza e con una portata di circa sessanta tonnellate. Lo scafo, a
fondo piatto, era caratterizzato da linee filanti, fianchi rotondi ed un grande slancio di prua e di
poppa; qui sul ponte veniva ricavata una cabina. Come con i grandi burchi fluviali, i barcaioli
potevano spingere il comballo sui bassi fondali con lunghi pali, piantandoli sul fondo per poi
spingere la barca camminando sulle due corsie laterali, dette "passadure". Su quest'imbarcazione,
ora scomparsa, si era conservato l'uso del grande timone laterale posto a dritta; evidentemente non
era necessario quello centrale, entrato in uso in tutte le marinerie dopo il XIII secolo.
La gondola lariana era tra le pi grandi delle "barche coi cerchi", che, uniti da un travetto centrale,
detto "mantaula", sostenevano la tenda. Era la barca da trasporto pi diffusa sul lago e le sue
dimensioni potevano variare in funzione dei carichi che si dovevano trasportare: mediamente si pu
considerare una lunghezza di circa quindici metri ed una larghezza inferiore ai cinque. Si
distingueva per il suo particolare profilo ed il caratteristico becco lavorato della controasta. Aveva
fondo piatto e fianchi rotondi molto svasati, con la prua sottile ben slanciata e poppa rigonfia e
rotonda; risultava pi aggraziata nelle forme e dava pi solidit in acqua rispetto al comballo.
Munita di un lungo timone scorrevole sugli agugliotti, che a poppa scendeva oltre lo scafo, era
provvista di lunghi remi, che per la voga venivano bilanciati con sassi. Si remava volgendo le spalle
alla prua, tirando il remo legato allo scalmo di legno, facendo quattro passi indietro e tre in avanti.
Ma la barca solitamente procedeva utilizzando la grande vela rettangolare tipica del Lario, sollevata
sul grande albero sistemato proprio davanti ai cerchi; successivamente furono motorizzate
utilizzando i motori a testa calda che la Proserpio aveva iniziato a produrre a Bellano, copiando i
Weber provenienti dall'America. Con la gondola si approdava direttamente sulla riva sfruttando lo
slancio di prua dello scafo, che per questo era esternamente rinforzato con una controasta, detta
"dolf n", che fungeva da pattino per poter strisciare sugli approdi e che, una volta consumato,
poteva facilmente essere sostituito; l'asta di prua restava quindi interna al fasciame. Per caricare e
scaricare la barca si usava un lungo asse di legno denominato "panca".
La nav o navet era la classica barca da pesca lariana; di costruzione estremamente robusta, dalle
linee rotonde, era caratterizzata dal fondo piatto e dalla forma molto svasata. Poteva raggiungere
lunghezze comprese tra i 7-8 metri e larghezze di poco inferiori ai 3 metri ed aveva la prua molto
larga. Queste sue particolari caratteristiche la rendevano estremamente stabile ed adatta ai pescatori
che la impiegavano per la pesca a strascico e potevano facilmente manovrare la rete da prua. Il
pescato, per essere conservato fresco, veniva gettato sotto il pagliolato della barca, che per questo
era sollevato di circa 30-40 centimetri dal fondo dello scafo riempito d'acqua. Durante le stagioni di
pesca, che potevano durare dei mesi, i pescatori vivevano e dormivano a bordo. La nav era munita
di un albero attrezzato con la classica vela rettangolare per potersi muovere quando il vento era
favorevole, ma molto pi spesso si usavano i remi, dato che lo scafo scivolava dolcemente
sull'acqua, e in questo caso l'albero veniva sistemato al di sopra dei cerchi, dove tornava utile anche
per porre ad asciugare le reti. Non necessitava del timone, dato che era facilmente governabile con
l'aiuto dei remi.
La pi nota tra le barche da pesca del lago oggi il "bat l", ormai conosciuto come "la barca di
Renzo e Lucia" e denominato pi semplicemente "lucia"; un esempio di neologismo conseguente
alla diffusione del film anni '60 dei "Promessi Sposi" di Manzoni. la barca che ancora si pu

vedere navigare sul lago: non troppo grande, slanciata e adatta all'uso, con solo due pescatori. Si
trasformata da barca da lavoro in barca da passeggio; lo scafo raggiunge lunghezze attorno ai 6
metri con una larghezza solitamente maggiore di 2, ed caratterizzato dal fondo piatto e dalle
fiancate diritte sistemate a V. La prua fortemente slanciata ed a punta, mentre la propulsione
prevalentemente a remi anche se risulta spesso munita di un albero attrezzato con la solita vela
rettangolare.
Con l'avvento del fuoribordo, la concessione della licenza solo ai pescatori professionisti e la
proibizione della pesca a strascico, la nav stata sostituita dal "canot de pesca", una lancettina
derivata dalle "inglesine" a remi, ma dotata di fondo piatto e di una prua pi rotonda su cui si pu
facilmente applicare il motore per poter pescare da soli.
A sud del ponte di Lecco, dove iniziano i laghetti di Garlate e Pescate, troviamo un altro particolare
scafo di antiche origini, denominato semplicemente "barca", essenziale nelle linee ed a forma di
goccia d'acqua: poppa molto larga, prua a punta e bassa di bordo libero. Particolarmente adatta alla
pesca locale, che l viene effettuata con i vertavielli e le nasse, non ha mai avuto bisogno di
modifiche anche perch in quelle acque non esiste onda.
Sui "laghett de sura", cio di Novate e Mezzola, si usano ancora i "quattrss", un tipo di natante
diverso, a forma rettangolare, perfetto per l'uso cui viene adibito, in un ambiente di tipo lagunare
con basso fondale. Il fondo piatto essenziale: in pratica si tratta di una piattaforma con grande
capacit di carico, costruita in legno dai falegnami. Si esegue prima il fondo, che si pone su due
cavalletti, quindi puntellando sul soffitto una trave si fa in modo da dare a questo la specifica
curvatura richiesta dal committente e quindi si chiude sistemando le due fiancate e le assi di prua e
di poppa; si pone qualche ordinata di rinforzo mentre non serve il pagliolato.
Un aspetto interessante dato anche dalle piccole barche usate per la caccia sul lago; nonostante la
comune semplicit c'era una differenza tra quelle impiegate sui principali laghi lombardi. Infatti
mentre sul lago di Como si usava la spingarda, che prendeva il nome dall'omonima arma, su quello
Maggiore si usava il "pescino da caccia".

IL MUSEO DELLA BARCA LARIANA

Per non perdere questo patrimonio culturale, nel 1976 si costituita un'associazione di amici che
gi avevano recuperato alcune barche locali; si pens che, unendo gli sforzi, si potessero raccogliere
le tipologie di imbarcazione a propulsione diversa, remi, vela, motore, ancora esistenti sul lago.
Grazie all'opera del presidente, l'ing. Adolfo Premoli, e dell'infaticabile suo vice, Gian Alberto
Zanoletti - col patrocinio dell'Assessorato alla Cultura della regione Lombardia - si andati al di l
di ogni rosea previsione. Avuto a disposizione a Pianello del Lario lo stabile di una vecchia filanda,
oltre 2000 mq coperti, vi si sono sistemate le barche a mano a mano raccolte. Il grosso del lavoro
stato fatto tra il 1976 ed il 1980, dando precedenza al recupero piuttosto che al restauro, previsto in
una fase successiva.
La realizzazione di questo museo lariano ha visto una larghissima partecipazione di barcaioli e
pescatori e fondamentale risultato l'apporto dei diversi cantieri; anche se il loro mondo
tramontato, queste persone si sono cos rese conto di aver fatto qualche cosa d'importante, meritorio
della conservazione nel museo.
Nel 1982 stato deciso di dare un certo ordine alla raccolta, corredandola di materiale illustrativo,
in modo da offrire una visione pi completa e poter quindi aprire la raccolta al pubblico, pur con un
notevole sforzo economico. L'apertura del museo ha anche avuto lo scopo di far capire l'importanza
di reperti di questo tipo a chi ancora ne possiede, invogliandolo cos alla conservazione o a
contribuire alla collezione museale.
La singolarit della raccolta delle barche lariane oltre all'aspetto storico-conservativo sta anche nel
poter vedere come in questo secolo di grande sviluppo economico e tecnologico le imbarcazioni
siano mutate e siano state adattate a seconda delle esigenze, di volta in volta presentatesi; cosicch
anche le imbarcazioni "importate", come l'inglesina e la gondola veneziana, sono poi state
modificate divenendo una tipologia specifica locale proprio in funzione delle nuove caratteristiche
richieste dal luogo.

Nelle diverse sale del museo, disposte sui tre piani dello stabile, si possono ammirare circa 160
imbarcazioni che rappresentano i diversi aspetti sviluppatisi su questo lago: la marineria
tradizionale derivante dai trasporti e dalla pesca, la marineria da diporto, a vela ed a remi, e la
motonautica che qui ha mosso i primi passi sino a raggiungere record importanti e cui fa da
contorno un'interessante raccolta dedicata alla motoristica, sia fuoribordo che entrobordo.
Oggi a Pianello sono previste visite guidate su appuntamento, cos da poter ammirare le diverse
imbarcazioni girando loro attorno; il museo ormai ben conosciuto anche all'estero, specialmente in
Inghilterra ed in America.
Nel periodo compreso tra le festivit pasquali e quelle dei primi giorni di novembre la guida
disponibile il sabato dalle 14,30 alle 18,30 e la domenica dalle ore 10,30 alle 12,30 e dalle 14,30
alle 18,30. D'estate, dal 1 luglio al 15 settembre, la guida anche a disposizione nei pomeriggi
feriali (gioved escluso) dalle 14,30 alle 18,30. La visita guidata dura circa un'ora e si pu effettuare
anche in altre date, previo appuntamentto telefonico al numero 0344-87267.
Per comprendere lo sviluppo della nautica da diporto sul Lario possiamo esaminare alcune
imbarcazioni raccolte nel Museo della Barca Lariana; tra quelle da regata pi significative c' il
"Cisco", una barca di Linton Hope con carena a cucchiaio e deriva mobile del 1886. Ordinata in
Inghilterra da Emilo Cramer, proprietario di una villa sul lago, fu costruita dal cantiere Tagg & Son
Builders di Hampton Court. Gli alberi ed il picco sono originali e sono in bamb delle Indie, il
materiale pi leggero e resistente che allora si potesse reperire; era gi munita dell'avvolgifiocco, il
roll, una volta comunissimo, che per poi, come spesso succede, stato dimenticato ed ora
nuovamente presente su tutti gli yacht ben attrezzati. L'Inghilterra a quei tempi rappresentava la
massima espressione del diporto nautico, per cui l si rivolgevano i facoltosi proprietari delle ville
del Lario. Ed infatti, simile al "Cisco" c' anche lo "Spindrift" della famiglia Brambilla, costruito in
Inghilterra sempre su disegno di Linton Hope e che stato lasciato in eredit al museo dal suo
ultimo proprietario, Cesare Bettega.
esposto anche un dinghy di 12 piedi, in legno, molto ben costruito dal cantiere Valli di Lezzano e
gi di propriet del professor Bariffi, presidente dell'Associazione italiana dinghy.
C' inoltre la barca monotipo del signor Volpi che, appoggiandosi al cantiere Taroni, nel 1926 aveva
pensato di realizzare una classe nuova, la "serie laghi", in cui rientrasse il dinghy, ma dove i
progettisti avessero modo di sbizzarrirsi. Si dovevano rispettare solo queste dimensioni: una
lunghezza massima di 3,60 metri e una superficie velica inferiore agli 11 mq. La barca esposta, di
questa classe, a fasciame liscio e andava molto bene con poco vento, mentre risultava inferiore al
dinghy con vento forte.
Fa bella mostra di s la prima barca a vela da diporto dell'alto-lago, che venne acquistata
cinquant'anni fa, prima della guerra, dal signor De Marzi e che, grazie al pozzetto piuttosto largo, ha
cominciato a portare in giro quei giovani che poi hanno fondato l'Associazione Velica Alto Lario
(A.V.A.L.), Circolo tra i pi vecchi del lago, secondo solo a quello della Vela di Como.
Vi ancora la star "Merope" di Tino Straulino e Nico Rode, gli straordinari velisti di Lussino,
vincitori della medaglia d'oro alle olimpiadi di Helsinki (1952). Donata al Museo, era al limite della
possibilit di recupero, ma il cantiere Lillia, che continua a realizzare le star, ha restaurato
gratuitamente la "Merope" per poterla esporre come si conviene ad un "vincitore olimpico".
Molto spazio espositivo dedicato alle imbarcazioni da passeggio in cui la vela serviva solo quando

c'era il vento favorevole di poppa o che si muovevano con sola propulsione a remi.
Verso la fine dell'Ottocento, sul Lario si svilupp una nautica raffinata e un p snob, poich
venivano comperate in Inghilterra le imbarcazioni per vogare, conosciute grazie ai villeggianti
inglesi che frequentavano il lago. Di una di queste in museo vi anche la cassa d'imballaggio con
cui era arrivata via nave e treno. Sono raccolti alcuni rari esemplari di barche del Tamigi, che i
costruttori locali impararono a costruire apportando per nel tempo piccole modifiche, come per
esempio un bordo pi alto, in modo da adattarle meglio alle acque del lago. cos nata la tipica
barca da passeggio del lago di Como definita come inglesina, costruita soprattutto per due rematori,
raramente per tre. Le costruzioni sul basso lago risultavano pi leggere, mentre sull'alto lago, dove
c' pi onda, i costruttori le irrobustivano e le "chiudevano" sul bordo con un "trincarino".
Un'attivit fiorente sul lago era data dal contrabbando e, prima della comparsa del motore, nelle
notti senza luna si svolgevano delle vere e proprie "competizioni" a colpi di remo fra gli scaltri
contrabbandieri ed i finanzieri. Per quest'attivit venivano impiegate delle particolari imbarcazioni
adatte alla voga veloce, munite di fuoriscalmo; le cosidette "barche de sfrus", costruite in
supereconomia, cos da non rimpiangere troppo l'eventuale forzato abbandono. Il sedile di voga era
fisso in modo da non fare rumore, e per lo stesso motivo gli scalmi dei remi venivano rivestiti di
canapa e uniti col sego. E da queste imbarcazioni derivata l'agile e veloce barca da voga, che ha
trovato diffusione sul lago per la pratica sportiva: la jole lariana a sedile fisso.
Nel museo sono raccolti anche alcuni esemplari di barche da passeggio provenienti dai vicini laghi
di Lugano e di St. Moritz che solitamente venivano forniti d'imbarcazioni eseguite dai cantieri
lariani.
Certamente un aspetto estremamente sorprendente rappresentato dalla raccolta di gondole di
tradizione veneziana esposte nella sala superiore; inoltre molto interessante l'esposizione di alcune
bandiere usate per segnalare la presenza dei proprietari nelle belle ville sul Lario, unitamente alle
imbarcazioni in uso tra le famiglie benestanti, che le frequentavano: la lancia di Villa Carlotta, uno
skiff del Tamigi a tre rematori, una barca da giardino e la barca che la tradizione vuole sia stata
usata da Silvio Pellico durante il periodo trascorso sul lago di Como.
Le gondole furono richieste a Venezia nell'Ottocento dai principali proprietari delle ville locali per
andare a spasso sul lago, cos da potersi distinguere tra la moltitudine di scafi presenti. Data la
richiesta, un maestro d'ascia veneziano pens bene di venirle a costruire sul posto e cos Ferdinando
Taroni nel 1790 apr uno "squero" (cantiere, un termine veneziano) a Ponte, frazione di Carate,
dando anche il via ad una campagna pubblicitaria con dei manifesti in cui si offriva la costruzione
di barche per laghi, fiumi e laghetti nei giardini, garantendo la tecnica costruttiva maturata da anni
di lavoro nell'Arsenale di Venezia sotto la direzione del celebre Angelo Albanese; di fatto divenne il
cantiere pi noto del Lario.
La gondola veneziana tradizionale esposta risale a circa il 1860, un esemplare lussuoso con lo
stemma intagliato della famiglia Arconati-Visconti, che aveva la pi bella villa sul lago; completa
di felze ed una delle poche barche che il museo ha dovuto comprare precedendo cos l'antiquario
che voleva utilizzarla per arredamento: con la prua era prevista la realizzazione di una cappa di
camino, mentre il felze doveva servire per il bar. Poich non risultava adatta al lago, la gondola
veneziana stata poi modificata, come possiamo notare dagli altri esemplari esposti nella sala: una
gondola a quattro remi pi larga, robusta e munita di timone ed ancora un esemplare a due rematori,
che come opera viva risulta simile al navet dei pescatori. La pi bella gondola era per quella di
Villa Carlotta, tutta bianca, con i delfini dipinti verde ed oro; poi stata trascurata e ora ci sono

rimasti solo i remi, il timone, il ferro e una parte del felze, esposti nella sala.

Nel museo ben rappresentata anche la motonautica ed in particolare quella da competizione, dati i
significativi risultati raggiunti dai costruttori locali in questo specifico campo. Tra le barche pi
vecchie vi un Baglietto di prima della Grande Guerra, con motore americano Truscott, piuttosto
primitivo; troviamo esposto il primo idrogetto del lago, un Castoldi con un motore Alfa Romeo; c'
un raro motoscafo Riva realizzato ancora da Serafino Riva, padre di Carlo Riva, ed anche un bel
modello di taxi veneziano, che navigava sul lago, del Cantiere Ghia. Risale agli anni 1920-25
l'idroscivolante di Farman, di derivazione aeronautica, detto "Passepartout", realizzato quando
sembrava che questo fosse il miglior mezzo per poter navigare sull'acqua.
Si nota inoltre un bel vaporino in legno col fasciame a clinker, realizzato dal cantiere Taroni negli
anni 1907-8, per il servizio pubblico sui tre laghi di S.Moritz, che solitamente veniva svolto da
barcaioli del lago di Como. Sempre del cantiere Taroni esposto un motoscafo su cui furono fatti i
primi esperimenti negli anni '50 con la "plastica", impiegata solo sulla coperta, mentre lo scafo era
costruito col tradizionale fasciame di mogano.
I vaporini erano molto sofisticati e presentavano delle linee d'acqua veramente filanti, come si pu
notare dagli esemplari esposti, tra cui uno particolarmente raro. Si tratta del vaporino del fratello di
Carlo Erba, appassionato di musica, realizzato dal cantiere Taroni con un legname fantastico ormai
introvabile e tale da evidenziare una finezza di lavorazione incredibile, che non necessitava di
calafatura.
C' poi lo "007", gemello del mostoscafo "Pucci III", che ha partecipato al raduno di scafi d'epoca a
Porto Cervo, un runabout costruito negli anni '60 a Menaggio nel cantiere di Giacomo Colombo.
Entrambi fanno parte della "raccolta lariana" ed alternativamente vengono esposti, svolgendo anche
una funzione di propaganda "navigante". Costruiti per il diporto veloce in tre esemplari gemelli,
questi Super Rocket sono stati impiegati nelle gare di velocit come ad esempio la Cento Miglia del
Lario. Erano dotati di un motore americano Interceptor, capace di sviluppare una potenza di 400 HP
e di spingere bene questi scafi un p pi pesanti di quelli specifici da corsa, date le loro rifiniture e
l'impiego anche per il "passeggio".
Dai magazzini della Carniti proviene l'acquaplano a motore degli anni '50, inventato e disegnato da
Piero Vassena, che aveva anche progettato il batiscafo con cui nel 1948 era sceso a 400 metri di
profondit nel lago di Como.
Durante la Seconda Guerra mondiale vennero realizzati molti barchini d'assalto che, carichi di
esplosivi, venivano lanciati contro le navi nemiche. Erano costruiti da Baglietto di Varazze, che li
aveva progettati, ma alcuni vennero anche ordinati sul lago di Como al cantiere Cranchi, dove ha
sede l'attuale Cramar. Alla fine delle ostilit una decina di questi risultavano in costruzione e,
sapendo che nessuno li avrebbe pi voluti, Cranchi pens di modificarli per poterli vendere; cos ad
alcuni venne tagliato un metro di poppa, poi chiusa con lo specchio in modo da consentire l'impiego
del fuoribordo, mentre forse due furono trasformati in entrobordo, come il raro esemplare esposto.
Vi poi un'ampia panoramica di entrobordo Cranchi, un Riva ed un Taroni del lago di Lugano; fa
bella mostra di s anche l'Anphicar di Trippel, la macchina anfibia di produzione tedesca con
motore inglese Triumph, realizzata negli anni '60 puramente per diporto.

Una sezione importante dell'esposizione dedicata alla produzione dei fratelli Leto di Priolo che,
appassionati di motonautica, dopo la guerra cercarono di migliorare le prestazioni degli scafi
lavorando soprattutto sui motori. Sono quindi arrivati al motore Lesco, fatto interamente da loro,
con il relativo motoscafo e raggiunsero vari record sino ad avvicinarsi ai 200 km/h. Carlo Leto di
Priolo, uno dei fratelli, dopo la chiusura dell'azienda aveva recuperato molto materiale
depositandolo in vari luoghi e molti lo prendevano in giro perch conservava questi cimeli. Quando
per ha scoperto il museo, ha donato tutto per allestire una sala riservata a questa produzione e
all'inaugurazione dell'esposizione ha voluto invitare tutti quegli amici che lo avevano sempre
criticato, godendo di grande soddifazione nel vedere le loro facce meravigliate.
Subito dopo l'ultima Guerra Mondiale i cantieri del Lario si sono dedicati alla realizzazione di
barche da corsa; la costruzione di questi scafi era estremamente raffinata in quanto dovevano
risultare molto leggeri e robusti. Nel 1925 c'era gi il cantiere navale Taroni, fornitore anche della
Marina Militare, poi il Cranchi, il Timossi, quindi il cantiere Insam dell'ing. Passarin, fin troppo in
anticipo sui tempi, tanto da dover poi rinunciare all'attivit; ma forse i nomi pi noti sono quelli
degli Abbate e dei Molinari, i figli dei quali sono ancora oggi in attivit.
La motonautica da competizione stata quindi portata avanti dai cantieri lariani con una grossa
tradizione di buone costruzioni; un bell'esempio dato dal famoso tre-punti "Laura I" di M. Verga,
costruito da Guido Abbate, che nel 1953 ha stabilito il record di velocit di categoria raggiungendo i
225 km/h. Vi sono le barche di Angelo Molinari e i due catamarani costruiti negli anni 1960-65; uno
da Eugenio Molinari e l'altro da Tullio Abbate, che provengono dal reparto corse della Carniti,
costruttrice di motori fuoribordo, poi fallita. Completano il reparto altre realizzazioni della Carniti,
molti fuoribordo dei tipi pi diversi, attraverso i quali si pu notare l'evoluzione, e molti motori
americani o nazionali marinizzati.

Batel
Limbarcazione pi conosciuta, simbolo della navigazione lariana e spesso erroneamente chiamata
Lucia con un riferimento manzoniano inventato per i turisti.
E' una delle pi antiche barche del lago, di dimensioni leggermente inferiori a quelle del navt: la
lunghezza di solito non superava i 6 m, mentre la larghezza era circa di 2 m.
Le sponde erano piuttosto alte (non meno di 50 cm) e inclinate. Lo scafo ed i cerchi erano in legno

di castagno; in abete i remi ed in rovere gli scalmi che, come per il navt, erano quattro o sei.
Simile al navt sia nella vela sia nella manovra dei remi: la vela aveva dimensioni pari a quelle
dello scafo ed era rettangolare.
Era utilizzato da non pi di due pescatori. Lo scafo disponeva di uno spazio minore per il carico di
reti o di pescato, ma offriva in cambio una maggiore disponibilit nellospitare passeggeri.
Nata come barca da lavoro, per pesca o trasporto di merci poco ingombranti, nel XIX sec. fu molto
apprezzata per la navigazione da diporto che muoveva i primi passi: lo spazio per il carico fu ridotto
rispetto alla versione da lavoro e furono aggiunte lunghe panche longitudinali (lungo i fianchi) per i
passeggeri. Fu introdotto anche il timone e furono migliorate le finiture: i terminali delle travi
sporgenti e dei frangiflutti di prua erano pi curate e i colori pi utilizzati erano bianco e celeste su
fondo nero e rosso.
NellOttocento i batj erano utilizzati anche per servizi ausiliari ai piroscafi a vapore, per sbarco o
imbarco di passeggeri o corrispondenza in localit prive di pontili per lattracco.
Non raro vedere nei moli vecchi batj, anche se molti hanno subito pesanti rimaneggiamenti
(soprattutto vetroresina) perdendo le caratteristiche tradizionali.

Cant de pesca

Deriva dallinglesina. La linea era abbastanza filante e aveva una prua pi panciuta rispetto
allinglesina che consentiva il carico di una grande quantit di pescato e delle reti.
Altra fondamentale differenza tecnica che il fondo era piatto e privo di chiglia, come le
imbarcazioni tradizionali del Lario; ci consentiva spostamenti laterali fondamentali per la posa di
reti e impensabili per altre imbarcazioni realizzate con fasciame sovrapposto. Essendo una barca da
lavoro aveva una struttura molto pi resistente dellinglesina e della lancia ma finiture meno curate.
L' imbarcazione racchiudeva in s le migliori caratteristiche tecniche delle barche tradizionali, unite
alla nuova tecnica costruttiva del fasciame sovrapposto: diventava perci una perfetta macchina da
lavoro. Non a caso, il cant tuttora una delle barche a remi pi diffuse sul lago e la pi utilizzata
dai pescatori professionisti.
Come caratteristiche delle barche tradizionali si ricorda: larice e castagno di notevole spessore (3
cm per il fondo e 1 cm per il fasciame); fondo piatto; fissaggio del primo corso del fasciame
direttamente al fondo della barca tramite chiodatura. Furono realizzati modelli con i tradizionali
cerchi in legno e una sottile mantula, ma le differenti esigenze dei pescatori contemporanei (senza

la necessit di lunghe permanenze al largo) fecero si che i cerchi non fossero pi necessari.
Come caratteristiche di derivazione dal metodo allinglese c'erano essenzialmente quelle relative
la sola metodologia.
Rappresenta, come descritto, la fusione di due tecniche costruttive: i mastri dascia locali
applicarono i principi di base della nuova tecnica in funzione degli usi specifici a loro richiesti,
conservando le caratteristiche favorevoli del metodo costruttivo tradizionale.
Anche il metodo di voga risulta interessante: per il singolo pescatore un tipo di voga tipicamente
lariano, cio in piedi, col volto verso prua e con remi a pala dritta; per lunghi spostamenti e con
equipaggio di due pescatori, il secondo pescatore vogava seduto (dalla panca a prua) dando le spalle
alla prua della barca e utilizzando remi a pala curva, con voga tipicamente inglese. La fusione delle
due tecniche risultava particolarmente vantaggioso, raggiungendo buone velocit o percorrendo
lunghi tratti di lago senza affaticarsi.

Comballo

Limbarcazione che meglio lasciava trasparire larcaicit delle sue origini.


Viene citata gi nellanno 1218:
statum est quod nautae lacus cumarum inter se aliquo modo non faciant societatem de navibus seu
scavacis vel cumbis ( stato stabilito che i barcaioli del lago di Como non si mettano in societ fra
loro in nessun modo per la gestione di navi o imbarcazioni o cumbe).
Di grandi dimensioni, a sezioni quadrate, di lunghezza da venti a oltre trenta metri.
Le sezioni condizionavano la forma delle estremit, con il fondo costituito da una parte piatta,
ottenuta da giunzioni di tavole irregolari, che dallestrema poppa andava alla prua.
Per la semplicit di costruzione e lelevato grado di diffusione in quasi tutte le localit del lago,
rimase pressoch invariata nel corso dei secoli e riusc a trasmettersi attraverso generazioni di
costruttori, divenendo parte integrante della tradizione degli artigiani locali.
Barca da trasporto, grossolana nelle finiture, era in grado di soddisfare con efficienza le esigenze del
trasporto locale, potendo trasportare un carico di merci notevolmente maggiore rispetto a tutte le
altre imbarcazioni; era principalmente utilizzata per trasporto di materiali pesanti soprattutto per
ledilizia (sassi di Moltrasio, sabbia, calce e legna per fornaci).

Disegno di Leonardo da VinciDerivava presumibilmente da imbarcazioni per trasporto fluviale: da


Lecco a Milano lungo l'Adda il trasporto avveniva su burchiello. Questo era, di fatto, molto simile
al comballo.
Le differenze si possono riassumere in: albero removibile per navigare anche sotto i ponti, fondo
pi sottile ed elastico e timone poppiero molto lungo e centrato sullo scafo.
Possedeva una sola vela quadra, la cui altezza e la sua larghezza equivalevano allincirca alle
rispettive lunghezza e larghezza dello scafo; era sostenuta da un albero non abbattibile ed era adatta
a sfruttare unicamente i venti di poppa.
Due pesanti remi a prua e due a poppa sopperivano alla mancanza di vento ed erano, con il puntal,
indispensabili nelle manovre di attracco.
Il governo avveniva con una trave a sezione circolare con allestremit una rudimentale pala e la sua
lunghezza era complessivamente di circa 10 m. La trave era appoggiata e legata in una forcella
posta di solito sul fianco destro dellimbarcazione.
La poppa era coperta dassi per una lunghezza di 4-5 m e creava un vero e proprio locale (tm) per
cucinare, dormire e ripararsi dalle intemperie.
C'era posto per due brande (baln) fatte con un pagliericcio di foglie di granoturco. La barca era
anche dotata di un fornello per cuocere la polenta (brasra). A seconda del tipo di merce trasportata,
il carico poteva essere coperto da una tenda; esistevano anche imbarcazioni con cerchi di ferro
removibili per sostenere un telone.
Quando i comballi navigavano a pieno carico, presentavano le fiancate poco elevate sulla superficie
dellacqua(carga fina a la fsa). La tendenza a sfruttarne al massimo le possibilit di carico stata
causa di frequenti naufragi.
Di questo tipo di barca non rimasto alcun esemplare.

Gondola lariana

Ha forme aggraziate con fiancate tonde e prua slanciata. Se ne ipotizza una discendenza dalla
liburnica, una nave depoca romana: avevano in comune la manovrabilit (data dal fondo piatto) e
due false chiglie (una a prua e una a poppa) che permettevano di navigare a vela senza scarrocciare
troppo.
Furono costruite gondole di ogni misure e per ogni portata, fino a 120 tonnellate per trenta metri di
lunghezza.
Caratteristica dell'imbarcazione l'aspetto dato che associava alla funzionalit un notevole senso
estetico: le estremit terminavano a voluta, la prua con un ornamento del pattino e la poppa con un
analogo ornamento del timone.
La pianta evidenzia una prua sottile ed una poppa rigonfia. A prua cera un mezzo ponte ed a poppa
un ripostiglio, denominato tm (come per il comballo), ricavato da un piccolo mezzo ponte e chiuso
da porte.
Tra i due mezzi ponti, cera un grande spazio che si poteva suddividere in due parti: una parte
scoperta che andava dal ponticello di prua fino allalbero ed una riparata da una tenda tesa sui
caratteristici cerchi. Lo scafo era a fondo piatto, malgrado la curvatura dei fianchi. A prua si trovava
il dolfin (dlfen) posticcio per strisciare come pattino contro il fondo degli approdi.
Il governo avveniva con l'unico timone (guernc) comandato da unasta (magnla). Erano provviste
di remi, di solito due, molto lunghi che venivano legati a scalmi (tremin) in legno duro e pi
raramente in ferro.
Lalbero, installato in un foro quadrangolare praticato in una grossa tavola del pagliolato, veniva
legato con una catena al primo cerchio ed a quello sovrastante che corre longitudinalmente,
chiamato mantula. I cerchi svolgevano anche unimportante funzione strutturale di sostegno oltre
che come supporto per il telone. La vela in canapa era rettangolare con altezza e larghezza pari alle
dimensioni dello scafo; era legata al pennone (antna) con una serie di anelli in stoffa (pantle)
rinforzati con grosse cuciture. Il pennone veniva alzato tramite una drizza (tracira) che scorreva in
una carrucola posizionata in cima allalbero. Il pennone era provvisto di una serie di bertocci (curi)
infilati su un tratto di corda che circondava lalbero; ai curi era collegata una fune (calant) per
ammainare la vela con vento forte. La vela era inoltre attraversata nel senso dellaltezza da una
cima (encivl) legata ad un anello dellalbero: aveva la doppia funzione di contrastare la forza del
vento (formando una grande piega nel mezzo della vela) e di trattenere in barca la vela quando la si
calava completamente, evitando che finisse in acqua. Il pennone non aveva bracci, quindi il bordo
inferiore della vela veniva fissato con due scotte al secondo cerchio.
Era dotata del cosiddetto capl (o passadra), passerella esterna ai cerchi, che agevolava gli
spostamenti quando la barca era ingombra di merci o animali. Inoltre serviva per le manovre in cui
il barcaiolo utilizzava il puntal (asta in legno di 6 - 7 m ca. per spingere puntandola sul fondo).
Carico e scarico di merci avveniva con laiuto di una semplice tavola di legno (bnca) appoggiata
tra la prua dellimbarcazione e la riva.
Non c'era ancora, ma una una catena dattracco era legata ad un anello dietro alla voluta di prua. La
catena si assicurava ad un anello murato al molo e lormeggio era reso pi sicuro annodando ad altri
anelli dellapprodo due cime legate ai cerchi di poppa.
Lo scafo era nero per il rivestimento di pece; bordi e pattino erano dipinti di vari colori, come anche
i cerchi. La vela e la tenda avevano un uniforme colore beige, dovuto al trattamento della canapa
con tannino. Spesso in cima allalbero vi era una banderuola di lamiera, le cui forme dipendevano
dal paese di appartenenza o dalla famiglia. I nomi delle imbarcazioni pi piccole portavano nomi di
donna, mentre le pi grandi avevano aggiunto il nome del paese di appartenenza.

La navigazione a vapore (nel 1826 sul Lario) port ad una concorrenza tra gondole e piroscafi, ma
le gondole sopravvissero soprattutto per la loro praticit, dato che i piroscafi potevano approdare
solo a pontili attrezzati. Il trasporto con gondole dur fino verso la met del Novecento, superato dal
trasporto via terra su autocarri o ferrovia.
Esemplari sono custoditi al Museo della Scienza e della Tecnica di Milano ed al Museo della Barca
Lariana di Pianello del Lario.
Gondola veneziana

Antichi sono i rapporti tra la repubblica di Venezia e le popolazioni lariane.


Dal Settecento i signori in vacanza sul lago facevano a gara per il possesso della pi bella barca da
diporto, scegliendo la tipologia della gondola veneziana.
All'inizio furono ordinate direttamente a Venezia e trasportate sul lago ma ci risultava troppo
oneroso; la crescente richiesta fece in modo che anche queste barche iniziarono ad essere costruite
nelle sstre locali, cos che ogni fase della costruzione poteva essere seguita anche dal committente
per ripensamenti e modifiche.
Per la navigazione sul lago si svilupp la gondola veneziana lariana, ma non aveva alcun rapporto
con lomonima lagunare. Ne conservava solo il pesante ferro a prua solo per motivi estetici ed erano
chiamate gondole veneziane per poterle distinguere dalle gondole lariane adibite al trasporto di
merci e bestiame.
Le gondole veneziane del Lario erano pi grandi e molto pi stabili di quelle lagunari: avevano
fondo piatto, geometria simmetrica dello scafo e fiancata molto inclinata. Potevano avere quattro o
cinque rematori (solitamente con una divisa in cotone colorato) che vogavano in piedi col volto
verso prua.
Anche questa tipologia, non autoctona, ha nel tempo finito con lassumere caratteristiche locali,
somigliando alle barche da pesca tradizionali e perdendo la maggior parte delle caratteristiche della
tipologia dorigine.
Non rimangono esemplari di gondola veneziana lariana naviganti; al Museo della Barca Lariana
sono conservate parti di queste imbarcazioni oltre a dipinti ed incisioni depoca.

Inglesina

Barca da diporto che comparve sul lago all'inizio dell800, importata da villeggianti inglesi per
momenti di svago o di riposo sul lago. E' la capostipite di varie imbarcazioni che si sono tramandate
fino ai nostri giorni, soppiantando le vecchie barche tradizionali.
Aveva importanti dimensioni (lunga anche oltre nove metri) dalle linee aggraziate e filanti, molto
elegante e curatissima nelle finiture. A due o tre rematori, era adibita al trasporto dei ricchi signori
che si spostavano sul lago. Per questo era divisa in due settori: uno per i barcaioli con panche lisce
ed uno per i passeggeri, che era estremamente curato con panche di legno e paglia di Vienna
ricoperte da morbidi cuscini.
Successivamente fu installato un tendalino (buft), montato su bracci oscillanti metallici incernierati
allo scafo, per proteggersi dal sole.
Ai primi del Novecento, si diffuse soprattutto nel ramo di Como e nel triangolo lariano e venne
adottata come taxi nella zona del primo bacino, perch veloce, economica e leggera. Caratteristica
era la linea dacqua, lievissima lasciata a poppa dello scafo, quasi come se scivolasse sullacqua.
Le forcole per alloggiare i remi erano tonde in bronzo e spesso impreziosite da riccioli. Il fasciame
non terminava in un bordo e gli scalmi erano ricavati in corrispondenza dellultimo corso
(utilizzando una tavola di spessore doppio rispetto a quelle inferiori), rialzati rispetto alla linea del
fianco della barca.
Il girone (la parte posta tra scalmo e impugnatura) era quadrato, di peso maggiore rispetto a quelli a
sezione tonda. Probabilmente perch questo favoriva luscita della pala durante la voga.
Con questa barca venne introdotto sul Lario il metodo di voga allinglese, col rematore seduto che
volge le spalle alla prua (tira sui remi, mentre nella voga lariana tradizionale si spinge).
Le panche dei rematori (banchi), pur nella loro semplicit, erano rastremate lungo gli spigoli del
bordo al fine di far apparire la tavola pi sottile ed elegante. I dettagli erano molto curati e con essi
veniva caratterizzata la barca, cio come elementi di distinzione. I cavi che azionavano il timone, la
bandiera a poppa ed i cuscini per le panche dei passeggeri erano elementi che maggiormente le
distinguevano: le imbarcazioni di famiglie nobili avevano cuscini del colore della casata ed il
pagliolato ricoperto da tappetini ricavati da passatoie dismesse dalle stesse eleganti dimore estive.
Quando le barche non erano condotte dai rispettivi proprietari, venivano ingaggiati esperti vogatori
del lago, reclutati spesso tra pescatori locali attratti dal lauto guadagno.
La barca, nata per le tranquille acque del Tamigi, era utilizzabile per solo in alcune zone del lago
(come i rami) e in determinate condizioni ambientali (lago privo donda): fianchi bassi, forma
sottile e scafo allungato la rendevano molto instabile. I costruttori locali assimilarono la nuova
tecnica costruttiva a fasciame sovrapposto e l'adattarono alle condizioni particolari della
navigazione sul lago: ecco allora derivare nuove imbarcazioni di tipologia affine, le cosiddette lance
e lancette da passeggio, oltre il cant.

Lancia

Furono chiamate nel tempo varie imbarcazioni derivate dalla inglesina con caratteristiche simili tra
loro, ma diverse per dimensioni, finiture, allestimenti interni: dalla lancetta a vogatore singolo alla
grande lancia a tre rematori con o senza passeggero, fino a quella con quattro panche di voga (a
volte chiamata scialuppa a quattro rematori).
Le differenze dallinglesina si possono riassumere in: dimensioni inferiori dello scafo (in tempi pi
recenti le barche da passeggio sono sempre pi piccole); fianchi dello scafo pi alti coronati da un
bordo con l'alloggiamento delle forcole metalliche per i remi; fianco rettilineo; panche e schienali in
legno senza aggiunta di paglia di Vienna; in molti casi, assenza totale di schienali e di timone. Il
timone, presente solo nei primissimi modelli, fu abbandonato.
Per l'Alto Lario, con moto ondoso notevolmente superiore ( relativamente calmo nelle prime ore
del mattino), le imbarcazioni avevano all'interno una traversina larga 3 cm perpendicolare al
fasciame per irrobustire lo scafo e renderlo pi resistente allimpatto con le onde.
I remi avevano sezione tonda (rimasti tali fino ai giorni nostri) realizzati a mano in legno di pino o
di abete ed a pala curva. Il metodo di voga tipicamente allinglese, (seduti con le spalle alla prua).
Rispetto alle lance del Lago di Garda, hanno un diverso angolo di attacco tra la chiglia e la prua: per
le lance lariane la prua arrotondata e si collega con la chiglia senza creare spigoli, mentre la prua
gardese rettilinea e crea uno spigolo.

Navt o Naf

Lo scafo, di forme piuttosto rotonde, era circa sette metri di lunghezza e tre di larghezza, con
pescaggio limitato a soli venti centimetri ed era in legno di castagno con albero e remi in larice.
Contrariamente alle altre imbarcazioni, lo scafo a fondo piatto aveva la prua pi alta e pi larga
della poppa: caricando a prua le reti bagnate e il pescato (in tutto anche fino ad un paio di
tonnellate) la barca assumeva un assetto quasi orizzontale.
Il pagliolato era molto sollevato dal fondo per raccogliere lacqua in sentina e lasciare un piano di
lavoro asciutto. La sentina (acquaro) era capiente e vi si stivava temporaneo il pescato, prima di
selezionarlo in ceste.
Lo scafo era munito di tre cerchi uniti da un travetto longitudinale chiamato mantula ed il tutto
sosteneva una tenda che copriva met barca e il resto era di solito coperto con la vela appoggiata
sulla mantula.
Lalbero, legato longitudinalmente sopra i cerchi a fianco della mantula, poteva essere fatto
scorrere per prolungare il sostegno della vela-tenda anche verso la parte anteriore della barca.
Quando lalbero veniva issato era legato allincrocio con il primo cerchio; la vela, rettangolare, era
cucita a strisce verticali. La sua altezza e la sua larghezza erano di dimensioni circa uguali a quelle
dello scafo (come per comballo e gondola).
C'erano solo due remi, ma quattro o addirittura sei scalmi: due erano posti verso prua, allaltezza del
primo cerchio, ed erano usati quando la barca era scarica; gli altri erano pi arretrati per quando la
barca era carica o per particolari manovre. Gli scalmi erano in origine costituiti da due pioli in legno
affiancati dentro i quali alloggiare i remi; in seguito si utilizz una tavola di legno duro (radica di
noce o castagno) intagliata con un incavo, ma anche cos gli scalmi non duravano a lungo. Furono
introdotti semi-anelli in ferro per rinforzarli e in tempi pi recenti si utilizzarono scalmiere in
bronzo o in ferro.
Unica forma di governo dellimbarcazione erano i remi, non vi era infatti timone e non si
utilizzavano cime quando si navigava a vela. I colori solitamente utilizzati erano solitamente il
grigio ed il nero, varianti erano lazzurro o il verde di tonalit scure.
Con questa imbarcazione si praticava pesca a strascico: le norme che la proibivano portarono il
navt allestinzione in tempi brevissimi. Sono rimasti pochissimi esemplari di questo tipo di barca.

Quatrs o Brch

Interessante barca da lavoro adatta all'ambiente dove veniva utilizzata. limbarcazione tipica
dellAlto Lario e pi precisamente tra il laghetto di Novate Mezzola e gli sbocchi nel Lago dei
fiumi Adda e Mera.
una barca essenziale di forma quasi rettangolare (da cui il nome quattro assi), utilizzata per pesca
o trasporto in acque calme con fondi paludosi. Questa piccola barca senza chiglia era costruita in
meno di una settimana. Non aveva dimensioni prestabilite, ma era di circa quattro metri di
lunghezza per una larghezza di un metro e settanta.
Era costruita partendo dal fondo, la cui lieve curvatura (inselidra) si otteneva con metodi diversi:
ad es. le tavole erano appoggiate sopra a cavalletti, caricate con dei pesi e si accendeva sotto un
fuoco.
Erano poi posizionate le traverse per dare consistenza al fondo, si applicavano poi gli specchi di
prua e di poppa ed infine si sistemavano le fiancate; il tutto era fissato con quattro o sei ordinate
(pescn).
Il legno utilizzato era castagno e si utilizzavano chiodi quadri in ferro dolce; oggi invece il fondo
in larice e le fiancate di abete, mentre i chiodi sono di rame. La conservazione dello scafo era
assicurata spalmandolo ogni anno con olio di catrame in primavera.
La semplicit di realizzazione e il basso costo ne hanno permesso la sopravvivenza fino ai nostri
giorni.
La manovra era di due tipi: in acque basse e paludose, tra canneti e fondali sabbiosi, con un palo per
far forza sul fondale e spingersi avanti; in acque pi profonde con la spinta di due remi e si remava
in piedi, guardando verso prua.
In caso di necessit, grazie alla maneggevolezza dello scafo, la manovra poteva avvenire con una
sola mano, lasciando libera laltra per il lavoro; ci ne faceva una barca idonea anche ad un solo
pescatore.
Gli scalmi erano in origine costituiti da due semplici pioli di legno affiancati, tra i quali venivano
posti i remi, tenuti in posizione da uno stoppo in cordame.
La poppa aveva il fondo lievemente rialzato, per ovviare alleffetto dei vortici durante la vogata.
I colori maggiormente utilizzati erano il nero di pece, ma anche il grigio ed il verde scuro perch
permettevano un buon mimetismo.

Gondole

Barca da pesca di Pescarenico

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