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A DANGEROUS METHOD
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CARNAGE
Cineforum
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8 SCHEDE
SUGGESTIONI MUSICALI
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www.cineforum.it
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RIENTRO
Adriano Piccardi
Settembre. Dopo unestate tanto ricca di eventi nefasti
(e ci dovremo tornare perch non resteranno senza ricadute anche per quanto riguarda i problemi che gi gravano sullassociazionismo cinematografico e su
Cineforum) quanto povera di significative offerte cinematografiche, riprende la stagione. In contemporanea
con la Mostra veneziana sono ritornate le prime visioni
che contano (o che vorrebbero contare). Le prime due
settimane del mese hanno visto un improvviso affollarsi
di titoli in sala, in parte provenienti proprio dalla Mostra
ma non solo. Cineforum ne d conto con unaffollata
sezione-recensioni dove trovano spazio anche alcune
uscite estive (si tratta del numero doppio, targato agosto/settembre). Il cinema italiano rappresentato da
Terraferma, Cose dellaltro mondo, Lultimo terrestre.
Film che a vario titolo e con differenti gradi di consenso
hanno fatto parlare di s al Lido. Nella loro diversit
sono accomunati dallintento di parlare di unItalia che
ci riguarda e che non possiamo fingere di non vedere:
anche negli approcci pi paradossali (Patierno, Gip),
sono film che ci parlano del Paese senza aggettivi e
senza complementi di qualit in cui ci tocca comunque
vivere. La lettura delle recensioni che ne trattano si
accompagna doverosamente a quella dei due interventi,
nella sezione saggistica, di Anton Giulio Mancino e di
Tullio Masoni: questo dunque un numero ricco di riferimenti attuali e di stimoli di riflessione che dimostrano
senza ombra di incertezza come il cinema (nei suoi risultati migliori come in quelli pi trascurabili) non possa
comunque essere guardato e considerato come prodotto
separato dal contesto storico che gli proprio.
Il discorso non vale ovviamente soltanto per i film italiani: This Is England e Student Services ci consegnano
squarci desistenza provenienti, s, da altre realt, ma che
appaiono tuttaltro che estranei alla fenomenologia
sociale e generazionale, nella gestione dei corpi e dellaffettivit, che anche la nostra. E cos anche film come
Super 8, Hanna, Detective Dee, nel loro esplicito riferirsi
ai meccanismi di genere, alla citazione, alle fascinazioni
visive e compositive del cinema-cinema, in realt ci dicono qualcosa di importante muovendosi intorno a quei
temi, filtrandoli esplicitamente attraverso i loro riferimenti culturali, storici, metalinguistici.
Se lestate da queste parti stagione pressoch morta
per quanto riguarda la distribuzione, non si pu dire
che lo sia anche sul piano delle manifestazioni internazionali. Su queste pagine troverete dunque i resoconti
di festival e mostre, fra i quali tre in particolare si
distinguono. Due sono quelli di grande tradizione, che
da decenni si presentano come momenti di riferimento
e di interesse indiscutibile nel panorama annuale: Il
Festival di Locarno e la Mostra del Nuovo Cinema di
Pesaro. Ma anche il bolognese Cinema Ritrovato che
nel giro di questi ultimi anni si rapidamente costruito una posizione e una fama del tutto meritate, grazie
alla qualit e alla singolarit dei materiali che sa ogni
volta proporre ai suoi spettatori.
Non manca, infine, lanticipazione riguardante il lavoro televisivo realizzato da Todd Haynes ispirato a Il
romanzo di Mildred di James M. Caine: una miniserie di
cinque puntate, che ha avuto la sua vetrina durante la
Mostra di Venezia (Haynes era in giuria), ma che passer sui canali Sky a ottobre. Come avvenne con Lontano
dal Paradiso, il regista californiano si riallaccia al melodramma, proponendone questa volta una lettura tutta in
levare e molto poco nostalgica.
Tutto questo e molto altro, che per motivi di spazio
non possibile anticipare in queste poche righe: un
numero che pensiamo non lascer insoddisfatti i nostri
attenti ed esigenti lettori.
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CINEFORUM IN LIBRERIA
LIBRERIE FELTRINELLI C.so Garibaldi, 35 ANCONA
LA FELTRINELLI LIBRI E MUSICA Via Melo, 119 BARI
LIBRERIA FASSI L.go Rezzara, 4/6 BERGAMO
LIBRERIA PALOMAR A. Maj 10/i BERGAMO
FELTRINELLI INTERNATIONAL Via Zamboni, 7/B BOLOGNA
LIBRERIA DI CINEMA, TEATRO E MUSICA Via Mentana, 1/c BOLOGNA
LIBRERIE FELTRINELLI Via dei Mille, 12/a/b/c BOLOGNA
LIBRERIE FELTRINELLI P.zza Ravegnana, 1 BOLOGNA
LA FELTRINELLI LIBRI E MUSICA C.so Zanardelli, 3 BRESCIA
LIBRERIA UBIK Via Galliano, 4 COSENZA
LIBRERIA MEL BOOKSTORE FERRARA P.zza Trento/Trieste FERRARA
LIBRERIE FELTRINELLI Via Garibaldi, 30/a FERRARA
LIBRERIE FELTRINELLI Via dei Cerretani, 30/32r FIRENZE
LA FELTRINELLI LIBRI E MUSICA S.R.L. Via Ceccardi, 16/24 rossi GENOVA
LIBRERIA LIBERRIMA (SOCRATE S.R.L) Corte dei Cicala, 1 LECCE
LA FELTRINELLI LIBRI C.so della Repubblica, 4/6 MACERATA
FELTRINELLI LIBRI E MUSICA P.zza XXVII Ottobre, 1 MESTRE
ANTEO SERVICE Via Milazzo, 9 MILANO
FELTRINELLI INTERNATIONAL Piazza Cavour, 1 MILANO
JOO DISTRIBUZIONE Via Argelati, 35 MILANO
LA FELTRINELLI LIBRI & MUSICA C.so Buenos Aires, 33/35 MILANO
LIBRERIA DELLO SPETTACOLO Via Terraggio, 11 MILANO
LIBRERIA POPOLARE DI VIA TADINO Via Tadino, 18 MILANO
LIBRERIE FELTRINELLI Via Manzoni, 12 MILANO
LIBRERIE FELTRINELLI Via Ugo Foscolo, 1/3 MILANO
LIBRERIE FELTRINELLI Via Cesare Battisti, 17 MILANO
LA FELTRINELLI EXPRESS VARCO Corso Arnaldo Lucci NAPOLI
LA FELTRINELLI LIBRI E MUSICA Via Cappella Vecchia, 3 NAPOLI
LIBRERIE FELTRINELLI Via T. D'Aquino, 70 NAPOLI
LIBRERIE FELTRINELLI Via San Francesco, 7 PADOVA
BROADWAY LIBRERIA DELLO SPETTACOLO Via Rosolino Pilo, 18 PALERMO
LIBRERIE FELTRINELLI Via della Repubblica, 2 PARMA
L'ALTRA LIBRERIA SAS Via U. Rocchi, 3 PERUGIA
LIBRERIE FELTRINELLI C.so Umberto, 5/7 PESCARA
LIBRERIE FELTRINELLI C.so Italia, 50 PISA
LA FELTRINELLI LIBRI Via Garibaldi, 92/94 A PRATO
LIBRERIE FELTRINELLI Via IV Novembre, 7 RAVENNA
ASSOCIAZIONE MAG 6 Via Vincenzi, 13/a REGGIO EMILIA
LIBRERIA LA COMPAGNIA DI L'AURA SCRL Via Panciroli, 1/A REGGIO EMILIA
NOTORIUS CINELIBRERIA DI GIOVANARDI LUCA Vicolo Trivelli, 2/E REGGIO EMILIA
BLOCK 60 LIBRERIA PULICI DI PULICI ILIO V.le Milano, 60 RICCIONE
LA FELTRINELLI LIBRI E MUSICA Largo di Torre Argentina, 5/10 ROMA
LIBRERIA DEL CINEMA via dei Fienaroli, 31 d ROMA
LIBRERIA MEL BOOKSTORE ROMA Via Modena, 6 ROMA
LIBRERIE FELTRINELLI Via V.E. Orlando, 78\81 ROMA
LA FELTRINELLI LIBRI E MUSICA C.so V. Emanuele, 230 SALERNO
LIBRERIA INTERNAZIONALE KOIN Via Roma, 137 SASSARI
LIBRERIE FELTRINELLI Via Banchi di Sopra, 64\66 SIENA
LIBRERIA GAB SAS DI GAGLIANO LIVIA C.so Matteotti, 38 SIRACUSA
LIBRERIA COMUNARDI DI BARSI PAOLO Via Bogino, 2 TORINO
LIBRERIE FELTRINELLI P.zza Castello, 19 TORINO
LA RIVISTERIA S.N.C. Via San Vigilio, 23 TRENTO
IN DER TAT DI TERRA ROSSA SOC.COOP Via Diaz, 22 TRIESTE
LIBRERIA EINAUDI DI PAOLO DEGANUTTI Via Coroneo, 1 TRIESTE
LIBRERIA FRIULI S.A.S. DI GIANCARLO ROSSO Via dei Rizzanti, 1 UDINE
LIBRERIE FELTRINELLI S.R.L. C.so Aldo Moro, 3 VARESE
LIBRERIA RINASCITA Corso Porta Borsari, 32 VERONA
GALLA LIBRARSI Contr delle Morette, 4 VICENZA
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cineforum
rivista mensile
di cultura cinematografica
anno 51 - n. 7 - Agosto/Settembre 2011
In copertina
Faust di Aleksandr Sokurov
Edita dalla
Federazione Italiana Cineforum
Comitato di redazione:
Chiara Borroni, Gianluigi Bozza (direttore
editoriale), Roberto Chiesi, Bruno Fornara,
Luca Malavasi, Emanuela Martini, Angelo
Signorelli, Fabrizio Tassi
Segreteria di redazione: Chiara Boffelli, Arturo
Invernici, Daniela Vincenzi
Collaboratori:
Sergio Arecco, Elisa Baldini, Alberto Barbera,
Marco Bertolino, Francesca Betteni-Barnes D.,
Pietro Bianchi, Pier Maria Bocchi, Paola Brunetta,
Francesco Cattaneo, Massimo Causo, Rinaldo
Censi, Carlo Chatrian, Andrea Chimento,
Pasquale Cicchetti, Ermanno Comuzio, Jonny
Costantino, Emilio Cozzi, Giorgio Cremonini,
Lorenzo Donghi, Simone Emiliani, Michele
Fadda, Davide Ferrario, Andrea Frambrosi,
Giampiero Frasca, Leonardo Gandini, Cristina
Gastaldi, Federico Gironi, Francesco Imperatore,
Lorenzo Leone, Fabrizio Liberti, Nuccio Lodato,
Pierpaolo Loffreda, Alessandra Mallamo,
Anton Giulio Mancino, Giacomo Manzoli,
Michele Marangi, Mattia Mariotti, Tullio Masoni,
Emiliano Morreale, Alberto Morsiani,
Umberto Mosca, Lorenzo Pellizzari, Alberto
Pezzotta, Tina Porcelli, Piergiorgio Rauzi,
Nicola Rossello, Lorenzo Rossi,
Alberto Soncini, Antonio Termenini, Dario
Tomasi, Paolo Vecchi, Alberto Zanetti.
Progetto grafico e impaginazione:
Paolo Formenti - PiEFFE Grafica*
Amministrazione:
Cristina Lilli, Sergio Zampogna
Redazione e amministrazione:
Via Pignolo, 123
IT-24121 Bergamo
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Joo Distribuzione - via F. Argelati 35
20143 Milano - tel. 028375671 - fax 0258112324
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Iscritto nel registro del Tribunale di
Venezia al n. 307 del 25-5-1961
associato allUSPI
Unione Stampa Periodica
Italiana
SOMMARIO
EDITORIALE
Adriano Piccardi/Rientro
VENEZIA 68
I FILM
1
4
15
18
21
24
27
30
33
9
12
46
50
SAGGIO ARRANGIATEVI
Tullio Masoni/
Ancora qualcosa su Habemus Papam (e Ferreri, Pasolini, Olmi, Fellini)
FESTIVAL
58
63
69
73
86
89
95
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Direttore responsabile:
Adriano Piccardi adriano@cineforum.it
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SPECIALE
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VENEZIA 68
Faust
Bruno Fornara
Considerazioni iniziali. Conferma della linea, giusta, da qualche anno affermatasi in tutti i festival,
anche a Venezia, che si deve mostrare di tutto, cinema
alto e basso, popolare e colto, ricco e povero, rozzo e
pettinato, narrativo e anarrativo, di finzione e documentaristico, di finzione documentaristica e di documentarismo finzionale. Film di qualsiasi specie religione sesso etnia provenienza fattura: e ormai si pu
evitare di star l a raccontarsela riprendendo ogni
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nuovo: il nuovo.Visto che ormai vale tutto, allora tutto pu essere nuovo, nuovissimo. Non c pi
vecchio e nuovo. Ogni film quello che .
Da questa idea di Mostra come luogo dove si
mostra di tutto discende una seconda constatazione: gli autori migliori non si pongono pi problemi
di evidente riconoscibilit stilistica, non fanno film
in cui si privilegia, per dire, il piano sequenza (come
stato per lungo tempo); i migliori autori possono
rifarsi al classico montaggio nascosto cos come a
un montaggio forzato ed esposto, al piano sequenza,
alla fissit, a qualsiasi altra prestazione linguistica
gli passi per la testa. tramontata lera in cui, scegliendo un modo di fare cinema, ci si trovava pi
avanti e scegliendone un altro ci si trovava pi
indietro. Oggi, Sokurov, Polanski, Cronenberg, Diaz,
Naderi, Ann Hui, Wiseman, Glawogger, Solondz o
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A Dangerous Method
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Carnage
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I FILM
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Il gruppo di skinheads che Shaun incontra unarmata innocua, buffa e inconcludente. C un capogruppo,Woody, che si prende a cuore la solitudine di Shaun
da quando lo vede passare con i suoi pantaloni a
zampa di elefante, incrucciato per i dileggi subiti a
scuola: lo difende, consola, accoglie. In poco tempo
Shaun entra a far parte di una catena di solidariet
che lo stupisce e insieme rafforza: come genitori adottivi Woody, Lol, il giamaicano Milky, il permaloso
Gadget lo scortano nelle loro scorribande sgangherate, lo iniziano a nuovi giochi, pi o meno pericolosi, lo
rendono uno di loro. E questo passaggio di identit, o
meglio questa definizione di unidentit, si compie
attraverso una vera e propria vestizione: capelli rasati,
camicetta a quadretti, doctor martins finte (la scena
in cui la commessa, daccordo con la madre, spaccia a
Shaun per originali un paio di stivali neri, chiaramente meno costosi, una delle poche in cui si indulge
nella retorica): adesso che un piccolo skinhead
Shaun ha un posto dove stare, degli amici con cui ridere e con cui fare colazione, a cui dare pacche sulle
spalle contraccambiate.
Il suo passaggio allet adulta si completa anche con
la sperimentazione del sesso, con la complicit della
bizzarra e altissima Smell, dark lady supertruccata
che dopo averlo iniziato ai baci con una succosa performance con apparecchio, gli chiede innocentemente
di succhiargli le tette, lasciando il nostro piccolo
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Emilio Cozzi
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la caccia al film. Ma, rintracciabile solo online, il video rimase per mesi avamposto solitario e misterico del progetto. Il
segreto divenne c(a)risma narrativo-produttivo proprio
come successo, guarda caso, per Lost, Star Trek e
Cloverfield che la summa (extra)cinematografica di questa strategia e addirittura tematizza il mistero, vive sul fascino del non visibile.
Solo molto dopo qualcuno rintracci informazioni aggiuntive su Super 8. Al cinema? No, nel trailer interattivo nascosto fra gli extra di Portal 2 (Valve), sublime videogame per
gli amanti del rompicapo 2.0. Al giocatore/spettatore viene
permesso di trovarsi su quel treno durante quella corsa. E,
dopo lo scontro, di perlustrare la zona fino al vagone ormai
celebre da cui qualcosa di extraumano dovrebbe sbucare.
Una volta raggiunta la carrozza, per, il trailer finisce.
Ecco il punto: quasi fosse lunico ad aver compreso la lezione di Jacques Tourneur alla RKO e la portata immaginifica
delle sequenze preconizzate da William Gibson nel suo
Laccademia dei sogni (Mondadori), Abrams ha la prodigiosa capacit di innestare indecifrabili frammenti visivi
nellimmaginario collettivo, di disseminare con ritmica
seriale visioni criptiche e sequenze irrisolte in cui la curiosit voglia penetrare.
Leopardi dellextra cinema, Abrams glorifica lattesa del
film fuori dalla sala, fra avanguardia transmediale e hip-sterismo. E sar da quelle parti, forse, che la Settima arte si giocher qualche sfida futura. Ma marketing, non cinema,
sosterr qualcuno. Eppur si muove e si vede.
Quando nei loro romanzi Gibson e Bruce Sterling allusero
al cd come allinizio immateriale dellapocalisse discografica, le major risero. Chiss che ora, mentre si sorride del
suo omaggio vacuo al cinema di ieri, fuori dalla sala Abrams
non stia gi sceneggiando il domani.
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Che fine ha fatto la nouvelle vague del cinema hongkonghese, particolarmente feconda dallinizio degli anni
Ottanta fino alla seconda met dei Novanta del secolo
scorso (o pi precisamente dal 1979, anno di realizzazione di Gli omicidi-farfalla di Tsui Hark, al 30 giugno del
1997, data infausta dellannessione di Hong Kong alla
Cina)? Il fenomeno, portato allattenzione internazionale
dalla Mostra del Cinema di Pesaro nel 1983, e quindi dal
numero speciale dei Cahiers du cinma curato da
Olivier Assayas nel 1984, aveva raggiunto vaste proporzioni sia produttive che di spessore estetico-inventivo, ed
espresso personalit autoriali di grande rilievo (oltre a
Tsui Hark basti pensare, fra i pi noti, a Ann Hui, John
Woo, Wong Kar Wai, Fruit Chan, Johnnie To, Allen Fong,
King Hu, Ringo Lam, Stanley Kwan, Ching Siu Tung).
Dopo lesodo e la trasferta hollywoodiana, non sempre
felice, di alcuni di questi registi, da parecchio tempo non
si sentiva parlare di loro, a parte dellultraprolifico
Johnnie To.
Questo nuovo lavoro di Tsui Hark ci fa ben sperare su
una possibile continuit delle iniziative del grande regista, autore e produttore versatile di numerosissimi film
(1) capaci di intrigare sia lo spettatore comune, che
richiede spettacolarit e dinamismo, sia quello pi esigente e curioso. Tanti i generi (i cui codici ha spesso combinato insieme) fra i quali lautore ha scelto di muoversi:
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materiale/spirituale, la magia (il cervo parlante, cui scopriamo dar voce Jinger: il cervo nella simbologia cinese
rappresenta limmortalit, perch viene considerato lunico essere vivente in grado di trovare il fungo allucinogeno mangiando il quale si pu diventare immortali). Il
reale viene deformato attraverso gli strumenti del meraviglioso: i voli e le prodezze dei protagonisti che, come in
ogni film wuxiapian, violano costantemente le regole
della gravit universale (e richiedono il massimo livello
possibile della sospensione dellincredulit da parte dello
spettatore), i passaggi (e paradossi) spazio-temporali e le
combinazioni analogiche sorprendenti (come il percorso
repentino di Pei Donglai dal Bazar Fantasma al
Monastero Infinito), la maestosa ricchezza delle inquadrature, che contengono molteplici elementi combinati
insieme, e la precisione maniacale nei dettagli.
Il film coniuga la massima libert della fantasia creatrice con la precisione e lattendibilit della ricostruzione
storica (anche relativamente al clima culturale dellepoca presa in considerazione). La vicenda ambientata nel
689 e.v., a ridosso dellincoronazione dellimperatrice
Wu, che intendeva sostituire suo marito appartenente
alla dinastia Tang e morto da poco sul trono, suscitando dissensi e reazioni violente fra i notabili imperiali.Va
rilevato che sotto la dinastia Tang (dal 618 al 907) la
Cina riacquis la sua unit politica e conobbe un lungo
periodo di relativa pace nonostante le ripetute aggressioni da parte dei turchi e dei coreani e di sviluppo. La
vicenda della presa del potere da parte dellimperatrice
Wu si colloca nella prima fase (la pi dinamica) di questo periodo. Proprio Wu spost la capitale a Luoyang,
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insediandovi una corte vasta e articolata: I grandi proprietari terrieri, i generali e le famiglie legate al trono
avevano una parte decisiva nel potere imperiale e nellamministrazione. I mandarini erano il cardine dellamministrazione; alcuni di loro potevano accentrare nelle
proprie mani tanto potere da arrivare veramente a governare (2). Il buddismo si diffuse capillarmente, influenzando tutta la produzione artistica, letteraria e filosofica,
e stimolando lo sviluppo economico (si afferm una
sorta di proto-capitalismo). Per capire la centralit del
personaggio del Cappellano di Corte (e del suo lungo ritiro in un luogo impervio e inaccessibile) nel film utile, a
nostro avviso, riflettere sul ruolo assunto in quei secoli
dai monaci: I letterati, quali che fossero i loro pregiudizi di casta nei confronti dei monaci, intrattengono con
questi relazioni amichevoli. Essi vanno a cercare fra i
monaci, soprattutto nei loro rifugi montani, levasione
dagli obblighi amministrativi e rituali. [] Vi sono
monaci regolari, normalmente iscritti come tali nei registri dello Stato, e ci sono gli irregolari, anacoreti, taumaturghi, vagabondi di ogni sorta (3).
A proposito degli anni della reggenza e quindi del
regno dellimperatrice Wu (dal 690 al 705), dellatmosfera culturale del periodo e della costruzione (e quindi
distruzione) nel film dellimmensa statua del Buddha, va
notato che Wu unica donna che abbia mai occupato il
trono cinese era riuscita a stabilire una prevalenza femminile nellentourage che contava a palazzo. In questo
periodo anche la raffigurazione scultorea del Buddha
assumeva connotati androgini o addirittura femminili
(4). Approfondiamo un attimo alcuni particolari ignoti,
crediamo, allo spettatore nostrano utili per la lettura del
film: Limperatrice Wu era questo il suo nome di famiglia, che ella sostitu a quello dei Tang era stata, in giovent, una monaca buddhista []. Tutto spingeva la
temibile usurpatrice ad appoggiare il buddhismo: [] il
suo femminismo, dal momento che in Cina il buddhismo
considerato una religione femminile (yin); la sua megalomania, che si sfog nellerigere monumenti grandiosi,
come il colossale Buddha che si pu ancora vedere a
Longmen []. Solo let, e una protesta generale del suo
seguito, le avrebbero impedito, nel 704, di far fondere in
bronzo, alla periferia di Luoyang, una statua del Buddha
alta quanto la Torre Eiffel (5).
Un aspetto sul quale si sofferma in particolare la verve
immaginativa di Tsui Hark nel film il rapporto fra altezze inaudite (la statua cava del Buddha con sembianze
femminili) e profondit abissali (il Bazar Fantasma in cui
vive, fra gli altri reietti, il Medico degli Spettri, sodale di
Di Renjie). Le prime vengono percorse in modo vertiginoso, nei due sensi, dai personaggi; nelle seconde ci si confonde, con un brivido, nel nulla delloscurit, in mezzo
alle creature degli inferi (e qui, nellombra perenne, dovr
infine rifugiarsi il protagonista). La fascinazione per le
alte cime e i profondi abissi rimanda alla logica e alla sensibilit del sublime, una concezione estetica maturata, in
Occidente, fra il Seicento e (soprattutto) il Settecento,
quando si modific la visione data dai pittori e dai poeti
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Paola Brunetta
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sare alla marca gioiosa, a partire dallazienda di propriet del protagonista che ha sede l), perch il sindaco
ha negato lautorizzazione. Arriva a Venezia
(Controcampo italiano) e subito dopo nelle sale, provocando polemiche prima (da una parte) per la negata
ambientazione trevigiana, dopo (dallaltra) per le accuse
di razzismo che farebbe ai trevigiani e ai veneti in generale, polemiche sfociate in uninterpellanza parlamentare
(5) il mese scorso, quando ancora nessuno lo aveva visto.
Cosa che non stupisce perch il film ha un valore civile o
almeno sociale, in quanto mette effettivamente in luce
(1) Su cui uscito proprio oggi un articolo su D (Un gelato con me e
mio marito, in D la Repubblica, 3 settembre 2011, n. 757, pp. 89-92).
(2) Il programma tenuto dal protagonista di Cose dellaltro mondo
sulla propria emittente televisiva si intitola non a caso Signore &
Signori Golfetto, ed interessante notare che se negli anni Sessanta
Treviso faceva scandalo per motivi legati alla morale, adesso fa tristemente parlare di s per la difficile integrazione degli stranieri.
(3) Si veda, sul primo di questi film, un mio contributo al testo Luci
sulla citt. Treviso e il cinema a cura di Giancarlo Beltrame, Livio
Fantina e Paolo Romano, Marsilio 2005, dal titolo Treviso citt chiusa, Le acrobate di Silvio Soldini, pp. 228-231.
(4) Anche se, come ha dichiarato ancora il regista, lhotel Continental
un albergo particolare, unico, non il classico albergo dai lunghi corridoi
e dalle stanze impersonali. Lideale per ambientarvi un racconto ellittico, glaciale, giocato sul non detto, sui volti e sugli sguardi, su inquadrature secche e geometriche che non lasciano spazio al sentimento della
vita; un thriller dellanima, per utilizzare una definizione del suo
autore. Che poi a entrare nella vita il protagonista prova anche
(Sedermi a questo bancone forse la cosa pi pericolosa che abbia
fatto in tutta la mia vita, dice nel momento in cui si avvicina a Sofia
dopo otto anni di silenzi e sguardi), ma la vita, quella vera, non fa per
lui. O comunque destinata al fallimento.
(5) Da parte di un sindaco, quello di Cittadella, che ha gi avuto occasione di distinguersi per le ordinanze emanate in materia di immigrazione e per le dichiarazioni fatte: http://mattinopadova.gelocal.it/cronaca/2011/08/26/news/bitonci-all-attacco-della-caritas-siete-responsabili-per-i-profughi-4846604, a titolo di esempio.
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un grande disegnatore, Gian Luigi Toccafondo, curiosamente lambivano anche un progetto diversissimo da
questo, Gomorra, cio il film italiano forse pi importante del decennio).
Inevitabile dunque, per molti, chiedersi cosa aggiunga
e cosa tolga al mondo di un artista come Gipi lincontro
con il cinema e per giunta con un cinema produttivamente molto strutturato, Fandango-Rai Cinema. Va
detto subito che, per fortuna, la diversit di Gipi non va
perduta, e anzi visibile fin dalle prime scene, tanto che
uno dei giurati della Mostra del cinema di Venezia, Todd
Haynes, pare si fosse chiesto stupito: Ma questo un
film italiano?. S, Lultimo terrestre italiano. No, per
fortuna non somiglia molto a quello che siamo abituati
ad aspettarci da un film italiano. Lultimo terrestre
anzi la descrizione pi originale di un pezzo di Italia, di
luoghi e di atmosfere del nostro Paese che non si erano
mai viste sullo schermo.
Veri protagonisti del film sono i luoghi, una provincia
che raramente il cinema italiano ci aveva mostrato in
tutto il suo surreale squallore, in cui brandelli di campagna convivono insieme a non-luoghi che danno
unimpressione di sgombero, di smobilitazione. I posti
in cui si aggirano i personaggi di Gipi sono una visualizzazione della crisi. Lultimo terrestre forse il film
che pi profondamente ci trasmette il senso di un Paese
in crisi, di una crisi che anzitutto morale e che si
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In vendita
Roberto Chiesi
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Titolo originale: Mes chres tudes. Regia e sceneggiatura: Emmanuelle Bercot. Soggetto: dal libro Pagami
Studentessa 19 anni prostituta part-time di Laura D.
Fotografia: Christophe Offenstein. Montaggio: Julien
Leloup. Musica: Frdric Pardon. Scenografia: Eric
Barboza. Costumi: Marit Coutard. Interpreti: Dborah
Franois (Laura), Alain Cauchi (Joe), Mathieu Demy
(Benjamin), Benjamin Siksou (Manu), Joseph Braconnier
(il cliente del parcheggio), Marc Chapiteau (il fotografo),
Pascal Bongard (Grard), Anna Sigalevitch (Fanny), Lou
Bohringer (Lou), Marthe Caufman (Elsa), dith Le Merdy
(lassistente sociale), Frdric paud (lagente immobiliare). Produzione: Franois Kraus, Denis PineauValencienne per Les Films du Kiosque/Canal+/A Plus
Image. Distribuzione: Bolero. Durata: 103. Origine:
Francia, 2009.
Trasferitasi a Besanon, la diciannovenne Laura frequenta il primo anno di lingue alluniversit ma, nonostante
svolga un lavoro part-time di telemarketing, non riesce a
mantenersi. La situazione complicata dal fatto che non
pu chiedere soldi alla famiglia (di condizioni modeste) e
il suo fidanzato Manu non laiuta, anzi le chiede met dellaffitto. Una sera, consultando gli annunci di lavoro su
Internet, Laura risponde alla richiesta di un incontro da
parte di un uomo, Joe. per lei linizio di
una doppia vita: quando ha bisogno di soldi,
si prostituisce con clienti occasionali, oppure
posa per un equivoco fotografo, reprimendo
il malessere e il disgusto causati da quella
scelta. Decide di lasciare Manu e, qualche
tempo dopo, incontra un trentenne sfaccendato, Benjamin, che accetta la relazione sentimentale anche quando scopre che la ragazza si prostituisce. Ma in seguito Benjamin si
scopre geloso, litiga con Laura e la abbandona. Dopo avere subto una terribile e degradante esperienza a causa di Joe, la ragazza
decide di trasferirsi a Parigi e qui, dopo aver
trovato lavoro in un ristorante, riuscir a terminare i suoi studi.
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sub vari tagli (non dovuti a censura), e, quel che peggio, cadde nellassoluta indifferenza del pubblico.
Una sfortuna analoga accolse il secondo lungometraggio della Bercot, Backstage (2005), dove unadolescente
(Le Besco) si misura con la promiscuit medusea di una
grande star pop (Emmanuelle Seigner), da lei adorata
come fan. Il risultato un po discontinuo di questo film,
che ha passaggi interessanti e altri irrisolti, stato sanzionato da un altro cocente insuccesso di pubblico che ha
finito per pesare nella carriera della Bercot. Oltre a continuare lattivit di attrice (con Mawenn e Assayas), ha
accettato regie su commissione della tv, realizzando
recentemente uno dei suoi film migliori Tirez sur le caviste (2008), da un romanzo di Chantal Pelletier, per la
serie di Arte Suite noire. ancora la storia di un confronto fra un uomo e una ragazza, un vecchio viticoltore e
una giovane vagabonda, che assolda come sguattera e
cuoca. In questa storia, raccontata da due angolazioni
opposte, manca qualsiasi scintilla erotica fra i due protagonisti, ma domina un mlange di crudelt, devozione e
dipendenza che segue un inquietante crescendo fino a un
violento e riuscito colpo di scena.
MANIPOLATORI E CONSUMATORI
Liniziazione alla vita, con i suoi traumi e squilibri, e
la dialettica di manipolazione, plagio e seduzione reciproca che si instaura fra un individuo maturo e uno
(1) In dvd sono stati editi i suoi mediometraggi La Puce e
Les Vacances (E-mik) e il lungometraggio Backstage (BIM).
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parallelo e pericoloso, dove agiscono individui frustrati e cinici (come il fotografo) o dalla fisionomia
doppia, come Joe.
Dotato di una bonomia che svela progressivamente
la violenza di un voyeur mai sazio, Joe non perde la
sua aria paterna e rassicurante nemmeno quando,
dopo un primo incontro in cui si limitato a guardarla nuda e ad accarezzarla, la lega e minaccia con un
fallo finto. Neanche quando, nel corso del loro ultimo
incontro, la inganna dandola in pasto a uomini ripugnanti in un club privato, per godersi lo spettacolo che
giustamente lautrice fa cadere in ellissi.
Nellincontro fra la ragazza e il quasi vecchio cliente, la Bercot confronta (ancora una volta, dopo La
Puce, Clment, Backstage, Tirez sur le caviste) la
diversa natura e storia di due corporalit, che emergono negli sguardi e gesti, in brevi piani fugaci. Come
manipolatore (che segue una strategia per ottenere ci
che spesso non dice), Joe ambiguo ma lo anche
Laura, di cui la Bercot sottolinea la voracit con cui si
avventa sui soldi. Laura ambigua anche nello strano
attaccamento verso il suo primo cliente, una relazione
dove si mescolano disgusto, disprezzo, sarcasmo (il
sorriso di compatimento con cui esegue le recite che
lui le chiede). Ma Joe anche lunico uomo al quale
telefona per annunciare di aver passato gli esami,
come se avesse finito per formare con lui un legame
familiare in sostituzione di quello che dovrebbe avere
col padre (2), legame che probabilmente si accentua
quando non si incontrano pi e svanisce fra loro il
mercato di tempo e sesso non consumato. O forse
semplicemente un gesto dettato dal senso di colpa (per
lindifferenza che gli aveva riservato quando le aveva
detto di essere malato incurabile).
Contraltari di Joe dovrebbero essere gli uomini che
Laura frequenta nella sua vita privata, ma sia il ventenne Manu che il trentenne Benjamin (nonostante qualche differenza, in particolare dal punto di vista sessuale) sono accomunati da unimmaturit, da unirresponsabilit, che sembra anchesso un connotato generazionale e che, nel caso di Benjamin, si accompagna anche
allipocrisia (3). La loro mediocrit e vilt sono analoghe a quelli dei clienti e dei manipolatori di Laura,
come a dire che non appartengono a mondi diversi e
separati, ma a una stessa normalit.
(2) Nel libro di Laura D., Mes chres tudes tudiante,
19 ans, job alimentaire: prostitue (tradotto in Italia
presso Sonzogno con il titolo Pagami Studentessa 19
anni prostituta part-time), viene dedicato un pi ampio
spazio alla descrizione della vita sociale e familiare della
ragazza. La Bercot ha inserito solo una breve sequenza in
famiglia, probabilmente per sottolineare lesigenza di
Laura di affrancarsi, a ogni costo, da quella dimensione.
(3) A differenza di quanto hanno scritto alcuni critici
nostrani, la regista non ha rappresentato i personaggi
maschili in una luce esclusivamente negativa: si pensi al
ristoratore che la impiega disinteressatamente nel proprio locale.
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UN CINEMA POLITICO?
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Ernesto non vuole abdicare al suo passato di pescatore; il piccolo Filippo (personaggio-ponte di tutta la trilogia isolana, non a caso interpretato sempre dallo
stesso non-attore, Filippo Pucillo) che rimane a met,
indeciso sul da farsi, anche se alla fine sar lunico a
far qualcosa, attratto s dalla terraferma anchesso ma
impossibilitato a recidere quel cordone ombelicale che
lo lega alla sua terra.
Far coesistere questi due mondi, quello socio-politico
del nuovo Crialese e quello legato alla possibilit di evasione da un ristretto ambiente familiare/culturale, era
la sfida di Terraferma. Sfida sostanzialmente persa.
Perch i mondi, narrativi e generazionali, non riescono
ad amalgamarsi sullo schermo, cos come gli afflati
veristi (la famiglia malavogliana) o il citazionismo neorealista (i pescatori sospesi tra Visconti e De Seta)
rimangono solo sulla carta. Perch appaiono sinceramente esagerate certe insistenze con le quali il regista fa
affiorare risvolti di sceneggiatura anche risibili (come la
donna che viene soccorsa dalla famiglia di pescatori:
non solo ha un figlio ma anche incinta, per via di uno
stupro nelle prigioni africane, e chiss se il marito che
la aspetta a Torino capir? E poi, appena nata la bambina, il fratello pi grande che tenta subito di eliminarla per coprire lonore della famiglia). Perch ogni
personaggio ha una sua precisa funzione (fra i tanti
personaggi-funzione ci sono: i tre ragazzi-turisti, il
finanziere cattivo in rappresentanza delle istituzioni nel
film, riducendo dunque in maniera fin troppo macchiettistica lequivalenza Stato = male, persino i migranti
che nella notte assaltano la barca isolana e sui quali
torneremo a breve) che ne determina meccanicamente
ogni azione, ogni snodo narrativo, costringendo il film
a una serie di automatismi che lo imbrigliano, impedendogli tra laltro di esprimere con continuit ci che di
meglio il cinema di Crialese sa produrre. E quel meglio,
come abbiamo visto poco sopra, quella spontaneit di
uno sguardo mai banale.
QUESTIONI DI STILE
Val la pena ora soffermarsi un attimo su una scena,
quella pocanzi suggerita di un attacco notturno da
parte di un gruppo di clandestini ai danni di Filippo
e della turista nel pieno della loro fuitina. In quella
scena, di grande violenza espressiva, Crialese sembra
condensare tanti clich stilistici di certo cinema tricolore. Utilizzare cio un tema universale come quello
dellimmigrazione per fare da grimaldello sul proprio
io del protagonista, per far riemergere in lui pulsioni
sepolte e inespresse. Ecco allora che quel gruppo di
clandestini di colore non sono nientaltro che lo specchio oscuro, borghese direbbe qualcuno, nel quale psicanalizzare il giovane Filippo e con esso litaliano
medio al confronto con laltro da s.
Sempre a proposito di stile innegabile notare
quanto poco stia ferma la macchina da presa di
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Federico Pedroni
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Una distesa bianca di neve, puntellata da giganteschi alberi verdi. Un movimento umano in una natura
deserta. Un cacciatore punta un cervo. Lo segue. Lo
scruta. Lo studia. Il predatore si muove veloce, armato di arco e frecce. La preda conduce la sua vita naturale, ignara del pericolo. Di colpo lazione: una freccia
scoccata, il cervo che crolla a terra, la cacciatrice (che
poco pi di una bambina, per quanto sicura nei suoi
movimenti) che valuta la sua azione e ne coglie limperfezione (Ti ho mancato il cuore, dice allanimale,
ovvero: Non ti ho privato di un dolore inutile).
Improvvisamente, mentre limplacabile azione della
giovane continua (uno scuoiamento sicuro, da professionista, mai sanguinolento, anzi responsabile e consapevole della crudelt delle azioni quotidiane in un
mondo selvaggio), un uomo appare e la attacca. Dopo
una breve lotta caratterizzata ancora una volta da
gesti e colpi secchi, sicuri, precisi, automatici scopriamo che luomo il padre della giovane e che la
ragazza stava affrontando una prova. Inizia cos
Hanna, opera quarta del regista inglese Joe Wright
che, dopo un paio di alterni adattamenti letterari
(Orgoglio e pregiudizio da Jane Austen ed Espiazione
da Ian McEwan) e un pessimo melodramma sinfonico
(Il solista), mette in scena sotto le fattezze di una spystory leducazione alla vita di una giovane donna.
Hanna (lefebica, inquietante Saoirse Ronan) cresciuta sola con il padre, addestrata alle arti marziali e
alluso delle armi, in una condizione di totale estraneit con il mondo che la circonda e di cui nulla conosce.
In pericolo costante di vita, luomo ha scelto lisolamento assoluto per proteggere la sua bambina fino a
quando la giovane non decide di testa sua che giunto il momento di riconsegnarsi alla vita, di provare
lesperienza filtrata fino ad allora dalle pagine di pochi
libri. Sono proprio i due volumi che Hanna legge e
rilegge le principali chiavi di lettura della storia:
unenciclopedia e un libro di fiabe dei fratelli Grimm.
A differenza di molti altri film precedenti basati su
uneducazione alla violenza, Hanna riempie la sua
protagonista di valori simbolici altri. Non Nikita, che
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sante del film. Quando i due mondi di Hanna si avvicinano fino a scontrarsi (e il passato sconosciuto si
impone per diventare presente), le scene pi astratte
tra cui spicca un inseguimento tra i container quasi
coreografato nella sua musicalit action come un vero
e proprio balletto vengono in parte depotenziate e
sacrificate in nome di ununit narrativa che mostra il
lato debole del film, appesantito dalla ridondanza non
necessaria di molti flashback.
Anche la fotografia, che nella prima parte tende ad
assecondare unidea fiabesca dei contrasti (le sterminate pianure di neve e di deserto con al centro la sola
protagonista), si uniforma a un pi piano e pavido
gusto mainstream. La regia di Wright, creativa estetizzante barocca, si piega nelle scene finali tante, troppe a un canonico nervosismo saltellante che toglie
respiro al ritmo fin l orgogliosamente e intelligentemente diseguale. E se nelle pieghe di questa favola dellorrore appaiono come dei lampi citazioni filmiche
disparate (da Ninotchka a James Bond al cattivo
fischiettante sul modello di The Night of the Hunter)
il centro del film sembra essere sempre il senso di vertigine di fronte alla scoperta, la via di fuga terribile e
misteriosa verso cui si lancia il personaggio di Hanna.
Uneroina postmoderna con il problema senza tempo
della maturit, della consapevolezza di s, della dolorosa relazione con il contesto che la abbraccia e la circonda, la minaccia e la attira.
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IN SALA
CONTAGION
Steven Soderbergh
Titolo originale: id. Regia: Steven
Soderbergh. Sceneggiatura: Scott Z.
Burns. Fotografia: Peter Andrews
[Steven Soderbergh]. Montaggio:
Stephen Mirrione. Musica: Cliff
Martinez. Scenografia: Howard
Cummings. Costumi: Louise Frogley. Interpreti: Matt Damon (Thomas Emhoff), Gwyneth Paltrow
(Beth Emhoff), Marion Cotillard (la
dottoressa Leonora Orantes), Kate
Winslet (la dottoressa Erin Mears),
Jude Law (Alan Krumwiede),
Bryan Cranston (Lyle Haggerty),
Laurence Fishburne (il dottor Ellis
Cheever), John Hawkes (Roger),
Jennifer Ehle (la dottoressa Ally
Hextall), Sanaa Lathan (Aubrey
Cheever), Elliott Gould (il dottor
Ian Sussman). Produzione: Gregory
Jacobs, Michael Shamberg, Stacey
Sher, Steven Soderbergh per Double
Feature Films/Imagenation Abu
Dhabi FZ/Regency Enterprises.
Distribuzione: Warner Bros. Durata: 105. Origine: USA/Emirati Arabi
Uniti, 2011.
Inserendosi nel filone dei film
pandemici, Soderbergh sceglie di
tenere un basso profilo sul piano
della drammatizzazione, esponen-
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I PINGUINI
DI MR. POPPER
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Mark Waters
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Simone Emiliani
IL MERCANTE DI
STOFFE
Antonio Baiocco
(Silvia),
Antonio
Capobasso
(Omar), Philippe Bo (Al), Madia
Kibout (Aisha), Patrizia Pezza
(Luisa), Luca Capuano (Marco),
Medi El Quazzan (Mohamed),
Ionis Bascir (il commerciante),
Amede Slam Bouhasni (il venditore). Produzione: Gino Usai per
Kartisia/Poetiche Cinematografiche. Distribuzione: Digital Network Microcinema. Durata: 88.
Origine: Italia, 2011.
Nonostante diverse peripezie, Il
mercante di stoffe , diretto da
Antonio Baiocco, riuscito ad
arrivare nelle sale italiane e questa
sempre una buona notizia. Motore di questa operazione stato
Sebastiano Somma, che anche il
protagonista di una storia sulla
carta assai intrigante, che racconta
il confronto tra due culture lontanissime e una storia damore
intensa e contrastata.
Anni Trenta: il mercante italiano
Alessandro deve recarsi in Marocco per trovare un fornitore di stoffe di qualit per la sua attivit.
Lartigiano Omar fa al caso suo e
Alessandro si ferma per lunghi
mesi. Durante questo soggiorno
egli resta affascinato dalla misteriosa Najiba, promessa sposa del
figlio di Omar, una ragazza orfana
che indossa un inseparabile medaglione, unico ricordo di suo padre.
Larrivo improvviso della moglie di
Alessandro complica la situazione
e luomo deve decidere se tornare
o restare l, scegliendo la seconda
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Fabrizio Liberti
AT THE END
OF THE DAY
Meggiolaro, Daniele Persica. Fotografia: Marco Bassano. Montaggio: Alessio Borgonuovo. Musica:
Soap and Skin, Women in the
Woods, Hammock. Scenografia:
Fabrizio DArpino Costumi: Emanuela Naccarati. Interpreti: Stephanie Chapman Baker (Lara),
Michael Lutz (lo zio), Neil Linpow
(Rika), Sam Cohan (Alex), Tom
Stanley (Thomas), Monika Mirga
(Diana), Andrew Mills (Chino),
Daniel Vivian (Vinnie), Michael
Schermi (Raw), Valene Kane
(Monica). Produzione: Fulvio
Compagnucci, Lorenzo Foschi,
Davide Luchetti, Andrea Biscaro,
Franco
Gaudenzi
per The
Mob/Frame by Frame/The Coproducers/BMovie/Eurolab. Distribuzione: Bolero. Durata: 93. Origine: Italia, 2011.
un film italiano, anche se della
tradizione italiana non ha nulla.
Meglio: un film di un regista italiano che vive da tempo allestero,
che si fatto un nome nellambito
dei videoclip con i maggiori artisti
del nostro paese (dai Subsonica a
Renato Zero, ma lelenco lunghissimo), e che per il suo esordio nel
lungometraggio ha deciso di realizzare una storia con attori sconosciuti al grande pubblico che recitano in inglese, a uso del mercato
internazionale. Lo sguardo proposto da Cosimo Alem, infatti, va
ben al di l dei prodotti nostrani,
visto che gli ascendenti di At the
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Giampiero Frasca
KUNG FU PANDA 2
Jennifer Yu
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che, colori deformanti, in un impasto di suggestioni grafiche antirealistiche assai lontane dalle nitide
superfici 3D. Proprio questa commistione di tecniche, di immagini
animate (purtroppo ormai) inconsuete rende lultima fatica DreamWorks diversa, a tratti lontana,
dalla consuetudine mainstream,
dal successone di box office fabbricato a tavolino, con un occhio pi
al merchandising che alle emozioni (come ci era parso, ad esempio,
Madagascar 2).
Altrettanto riuscita la rappresentazione dello strano mondo di in
cui Po compie le sue gesta. Sorta
di variopinto, strampalato, misterico mondo animale, tra suggestioni
esopiane e rivisitazioni divertite
dei bestiari medioevali. Il minaccioso Lord Shen un pavone bianco e rosso dalle piume affilate
come lame, i suoi sgherri sono
gorilla immensi e lupi-iena, gli
innocui abitanti dei villaggi conigli
paffuti e antilopi timorose.
La DreamWorks ricorsa molto
spesso agli animali per mettere in
scena le sue parodistiche avventure (Madagascar, Z la formica, Gi
per il tubo), affidando a queste
simpatiche creature il compito di
rappresentare le nevrosi della contemporaneit. Allo stesso modo i
protagonisti sono sovente degli
impacciati antieroi, deficitari nel
fisico (troppo piccoli come il
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Mattia Mariotti
buono per deliziare i fan e per irritare i detrattori, pu essere interessante osservare la tecnica con la
quale due registi molto giovani
Sibylle Righetti e Alessandro Paris
hanno ventotto anni manipolano
il linguaggio del documentario
musicale, tra canzoni, interviste e
voci fuori campo. Proiettato in
anteprima lo scorso 5 settembre
fuori concorso alla Mostra darte
cinematografica di Venezia in contemporanea con duecento cinema
sparsi in tutta Italia, il film prodotto dalla Indigo Film di Nicola
Giuliano e Francesca Cima e distribuito in un pi che discreto numero di copie dalla Lucky Red.
Se un difetto si pu imputare agli
scorrevolissimi
settantacinque
minuti di Questa storia qua lassenza di un punto di vista pi
ampio e problematico e di una
reale, consistente elaborazione dei
contenuti: Paris e Righetti (lei la
figlia di Angelo, vecchio amico di
Vasco Rossi) si mettono in ascolto
con notevole gusto per il racconto,
evitano le celebrazioni superficiali,
ma si fermano al ritratto personale. Bravi e capaci quando si tratta
di incastrare musica e immagini,
abili col montaggio (curato da Ilaria Fraioli) e pieni di sensibilit per
i volti delle persone e per la geografia dei luoghi, i due autori non
riescono (o forse non vogliono)
mettersi intellettualmente in gioco.
Il risultato quindi un documentario confezionato con buona professionalit ma con scarso spessore sociale, storico e culturale, ed
un peccato, perch il materiale
offriva ottimi spunti, a partire da
quella distinzione (nel film la spiega Angelo Righetti) tra lanticonformismo di chi vuole essere ribelle e il non-conformismo di chi non
si schiera per restare libero e fuggire dalle etichette. Anche lo
sguardo dei registi sullambiente
provinciale di Zocca, il paese in
provicia di Modena dove Vasco
Rossi nato e cresciuto, si limita a
essere partecipe e affettuoso in
modo illustrativo, e dellItalia che
intorno al cantautore Rossi
sulla scena dagli anni Settanta
nel frattempo cresceva e assumeva
nuove forme, si discute sempre
troppo poco (tra le eccezioni, laccenno alla lingua vuota delle pubblicit su cui Rossi ironizzava nel
testo di Bollicine).
Per contro, il lavoro di ricerca condotto da Paris e Righetti sulla storia del proprio protagonista
veramente accurato, tra frammenti
video appartenenti a decenni
diversi e distanti, filmini casalinghi, vecchie fotografie e interviste
a familiari, amici e collaboratori.
Limmagine di Vasco Rossi affidata solo a questi materiali gi esistenti e cuciti insieme per loccasione, i due registi scelgono di
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CAPTAIN AMERICA
IL PRIMO VENDICATORE
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Pasquale Cicchetti
RUGGINE
Daniele Gaglianone
Regia: Daniele Gaglianone. Soggetto: dal romanzo omonimo di
Stefano Massaron. Sceneggiatura:
Daniele gaglianone, Giaime Alonge, Alessandro Scippa. Fotografia:
Gherardo Gossi. Montaggio: Enrico Giovannone. Musica: Ecandro
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conta sempre la dialettica tra i traumi del passato e le difficolt del presente, e che intreccia volentieri il suo
punto di vista con quello delle vittime, dei dropout, degli sconfitti. Ma
il film, nonostante le perplessit di
alcuni, coerente allo stile di
Gaglianone anche nella sfaccettatura narrativa, negli andirivieni temporali e nella complessit dei rimandi, talvolta fugaci, talvolta ermetici.
A maggior ragione di fronte a un
tema delicato come quello della
pedofilia, ad altissimo rischio di
retorica da una parte e di banalizzazione dallaltro, lautore torinese
sceglie di giocare continuamente su
due registri narrativi. Da un lato si
attiva la stilizzazione enfatica, sia
nelle scelte fotografiche che nella
cura dei dettagli e nella caratterizzazione dei personaggi, in particolare il pedofilo Boldrini, reso da Timi
come un personaggio da favola
nera, sempre sopra le righe. Daltro
canto lavora in sottrazione nelle
scene del presente, sia visivamente
che narrativamente, al punto da
renderli quasi come monologhi teatrali, in cui linadeguatezza dei tre
adulti prende pieghe sociali ed esistenziali al tempo stesso, con vette
di grande inquietudine soprattutto
nel caso di Accorsi, alle prese con il
drago immaginario del figlio e con
quello molto concreto della sua
infanzia, in una continua dialettica
di inquietudine e orrore che potrebbe nuovamente esplodere da un
momento allaltro.
Paradossalmente, al film nuoce la
maggiore disponibilit produttiva,
ovviamente rapportata ai comunque
limitati budget che caratterizzano i
film di Gaglianone, e talvolta un
certo indugiare su aspetti visivi e
narrativi che rischiano di appesantire un po la narrazione. Restano
invece negli occhi le geometrie visive
e i controcampi strazianti di un
quartiere folle che nella realt non
Torino, ma il suburbio tarantino di
Paolo VI, costruito nel nulla e tale
rimasto ma soprattutto una poetica autoriale che non si limita a raccontare, ma invita lo spettatore alla
fatica della riconnessione dei pezzi,
alla necessit di interrogarsi sui
Michele Marangi
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Giacomo Calzoni
IN THE MARKET
Lorenzo Lombardi
Regia: Lorenzo Lombardi. Sceneggiatura: Eleonora Stagi, Marco Martini, N. Santi Amantini, Lorenzo
Lombardi. Fotografia: N. Santi
Amantini. Montaggio: Daniele Bartoli. Musica: Emanuele Frusi, GTO.
Scenografia: Eleonora Stagi. Costumi: Demn Hombard. Effetti speciali: Sergio Stivaletti. Interpreti: Ottaviano Blitch (Adam il macellaio),
Marco Martini (David), Elisa sensi
(Nicole), Rossella Caiani (Sarah),
Eleonora Stagi (Monika), Massimiliano Vado (il rapinatore Bush),
Claudio Bellanti (il rapinatore Minnie), Gloria Coco (la cartomante),
Silvano Granci (il benzinaio), Alessandra Maravia (la donna delle pulizie). Produzione: Lorenzo Lombardi
per Whiterose Picture/The Coproducers. Distribuzione: Whiterose.
Durata: 88. Origine: Italia, 2009.
Probabilmente ci sono troppi horror
dentro In the Market. Una conoscenza vastissima, certamente, quella del regista Lorenzo Lombardi
che, anche a causa del budget ridottissimo, punta al respiro del Bmovie con le immagini in HD. Tre
ragazzi, David, Nicole e Sarah, partono con la loro jeep per un viaggio
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Simone Emiliani
BALLKAN BAZAR
Edmond Budina
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Rinaldo Vignati
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FOCUS
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PREMESSA
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Mildred Pierce, miniserie televisiva in cinque puntate prodotta dalla Hbo, ispirata allomonimo
romanzo di James M. Cain del 1941 (e non al film di
Michael Curtiz del 1945, in Italia conosciuto come Il
romanzo di Mildred), diretta da Todd Haynes e interpretata tra gli altri da Kate Winslet, Ewan Rachel
Woods e Guy Pierce, andata in onda sulla tv via
cavo americana il 27 marzo scorso. Un prodotto di
lusso a tutti gli effetti, una sorta di film-evento atteso e seguito dai media fin dalle riprese, impreziosito
dalla presenza di abituali collaboratori dei progetti
cinematografici di Haynes il direttore della fotografia Ed Lachman e lo scenografo Mark Friedberg
anchessi come il regista e gli interpreti principali
alla prima esperienza in campo televisivo.
Qui in Italia, come ormai succede da anni, il battage corso solamente su internet e gli spettatori interessati al film lhanno visto scaricandolo illegalmente,
per poi scriverne su forum e riviste on line e rendere di
fatto superfluo, almeno per la critica, il passaggio festivaliero alla Mostra di Venezia e quello televisivo su
Sky. Un caso esemplare, non lunico ma semmai lennesimo, della diffusione sempre pi ampia di una pratica di visione non consentita ma assurta a principale
fonte di conoscenza delle produzioni doltreoceano.
Una pratica a tutti gli effetti critica: appassionata, a
suo modo militante, di certo alla portata di tutti, per
quanto quasi sempre dimenticata, o mai trattata, dalla
critica cartacea (Cineforum compresa) (1). Scrivere
di Mildred Pierce ma potremmo fare altrettanto con
una qualsiasi serie tv americana o con altri film-evento per nicchie di appassionati (ad esempio Kick-ass
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oggi conosciuta come trama hollywoodiana, con le forzature e le esigenze narrative che conosciamo (Cain, in
particolare, non ne apprezzava la deriva noir). Una
liberazione che avviene a livello di racconto, con il
respiro dato ai personaggi, con lindipendenza data
allazione e allemozione, ma anche a livello formale,
con il movimento allinterno dello spazio scenico aperto e alla luce del sole, secondo una revisione formale
dei tipici procedimenti della lingua melodrammatica.
Loperazione di Haynes rispetto a un romanzo realista e a un film degli anni Quaranta, meno visibile ma
altrettanto consapevole di quella clamorosa sul cinema di Sirk, suona in fondo come un paradosso: laddove libera un racconto dal giogo del cinema classico,
restituendogli profondit psicologica e realismo luminoso, finisce per rivedere i codici narrativi del formato
televisivo, con i singoli episodi costretti s a chiudere
ogni volta il cerchio, o ad aprirlo per lappuntamento
successivo, ma in fondo lasciati in qualche modo alla
deriva, senza un vero e proprio plot a sorreggere una
storia priva di motivazioni (perch Mildred ama cos
tanto una figlia cos ingrata? perch Monty accetta di
sposarla, per poi rinfacciarle di mantenerlo?) e senza
un vero centro emotivo.
Il risultato un effetto di straniamento diffuso
come una malattia lungo lintera miniserie, un senso
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Memore dellevoluzione del melodramma hollywoodiano tra la fine dello Studio System e i citati
anni Settanta, Haynes prosegue sulla strada intrapresa con Lontano dal paradiso: una riflessione sulla
condizione della donna nel Novecento, attraverso uno
studio approfondito delle forme assunte dal cinema
nei decenni della sua evoluzione. In Mildred Pierce
non c pi bisogno di un sovrapporsi della forma a
uno stile riconosciuto e riconoscibile, filtrato da anni
di cultura camp e di rivalutazioni critiche. La scelta
non rifare Luomo che non cera (The Man Who
Wasnt There, 2001) dei Coen, la scelta rileggere il
desiderio di emancipazione proprio della cultura
americana grazie alla vicenda di una donna moderna,
suo malgrado in anticipo sui tempi, e ai mutamenti
subiti da Hollywood nellera moderna. La mancanza
di pathos della storia, la dispersione dei momenti
ideali in una narrazione caratterizzata dalla mediet
del passo, la chiusa in tono minore (con quel To hell
with her sussurrato da Mildred e finalmente rivolto
alla figlia lontano), sono per Haynes i segnali ancora
attuabili, ancora efficaci, di quella dispersione del
senso che segna il melodramma a partire dagli anni
Sessanta, dopo la concentrazione e leccesso dei
decenni precedenti.
Perduta la consequenzialit narrativa tra le singole
inquadrature, perduto un modello che puntava alla
convergenza sulla scena degli elementi narrativi e sti-
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listici, quello che nella modernit resta al melodramma una realt disgregata ed episodica, la stessa in
cui Haynes immerge i suoi personaggi, separati dalla
scenografia e da uno spazio troppo ampio, laddove nei
classicissimi anni Quaranta la scenografia imponente
e le luci espressioniste ne restituivano lambiguit
interiore, essendo ancora leffetto di una centralit
della dimensione individuale. il senso di una lacerazione storica tra individuo e storia, quello che Mildred
Pierce mette in scena con uno stile sommesso e lontano anni luce dallartificiosit iperrealista di Lontano
dal paradiso. Come ancora in Come eravamo, Haynes
immerge i suoi personaggi in un preciso momento storico la Depressione contro il dopoguerra e la Caccia
alle streghe del film di Pollack imponendo sui personaggi un ambiente coercitivo, il passo ineluttabile di
una Storia indifferente che offusca ogni tragitto individuale, ogni parabola esistenziale, simbolica o morale.
Quello di Mildred non pi un romanzo, ma il frammento di una storia americana come tante, dove la
famiglia si spacca, dove una donna pu intraprendere
un cammino di emancipazione economica, sociale e sessuale, arrivare a realizzarlo, ma proprio per questo
risultare sconfitta, abbandonando la condizione di
innocenza che la cura del focolare domestico le avrebbe idealmente garantito. La parabola della donna
moderna cos dispersa nel divenire storico, impotente
di fronte allinspiegabile e allinspiegato, capace di reagire ai mutamenti del destino con linutile dispiego dei
propri limiti. Laccusa che Vida rivolge continuamente
alla madre, quella cio di valutare i rapporti umani in
termini monetari, per quanto assurda, perch rivolta
dallunica persona che Mildred ha amato, racchiude in
realt il paradosso su cui si regge lintera operazione di
Haynes. la condanna di una donna che per essere una
madre ideale e rispettabile, in grado cio di badare alle
figlie e garantire loro la sicurezza, sceglie di abbandonare un modello femminile arcaico e improduttivo (se
vogliamo anti-americano) e per questo motivo viene
punita. Reagendo alle parole della segretaria dellufficio
di collocamento che la attacca in quanto donna della
middle class (Lei ha la testa sulle spalle e un bel personale, le dice Ma si lasciata sfuggire met della sua
vita senza far altro che dormire, cucinare e preparare la
tavola), Mildred riscatta con un atto della volont una
condizione sociale umiliante: ma la realt imperscrutabile trova altri modi per punirla.
Lo scarto tra la dimensione ideale e quella reale
realizzato da Haynes in termini puramente stilistici, e
in particolare in una scena del primo episodio in cui
Mildred fugge dalla casa della ricca signora Forrester
che la vorrebbe come cameriera a tempo pieno: in quel
caso, con il passaggio dalla fissit del campo-controcampo alla mobilit nervosa della macchina a spalla,
Haynes oppone cinema classico e cinema contempora-
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IL CAVALIERE
CHE A SUO MODO
FECE LIMPRESA
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Silvio Forever
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Draquila
IL QUIZ
Facciamo un gioco. Molto semplice, che pu considerarsi uno dei tanti effetti collaterali di questa lunga durata del berlusconismo, giunto a un livello orwelliano di
rimozione e riscrittura sistematica della memoria. Si tratta di indovinare chi ha scritto quanto segue: Baara di
Giuseppe Tornatore un film magnifico, emozionante e
profondo. un omaggio alla sua citt, ai personaggi reali
e immaginari che ne popolano i racconti e i ricordi.
Dosando la commozione e il sorriso, il regista descrive e
inventa una storia, un mosaico, un coro in cui tutti gli italiani possono riconoscersi. un film epico e privato, sincero e immaginario, ilare e malinconico, profondamente
legato alle radici e capace di incuriosire gli spettatori che
vivono dallaltra parte del mondo. Le immagini, i volti, le
atmosfere di Baara sono un dono per la storia del cinema mondiale. Potrebbe trattarsi di un critico cinematografico, uno alle prime armi o uno pi navigato che,
come di consueto, non distingue una recensione da un
encomio e probabilmente gi organizza le parole e le
Baara
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po scoperto, finisce. Per chi non avesse ancora indovinato, sveliamo la soluzione. Si tratta, o meglio: si trattava,
della Dichiarazione dellallora On. Ministro per i Beni e
le Attivit Culturali Sen. Sandro Bondi sul film Baara.
Un documento storico, risalente al lontano 2 settembre
2009, nel quindicesimo anno dellet berlusconiana
(salvo incidenti di percorso: due governi di centrosinistra
presieduti da Romano Prodi, che, mentre Berlusconi
muoveva i suoi primi passi paleo-politici, si dilettava in
sedute spiritiche che contenevano preziose indicazioni
sulla prigione in cui Aldo Moro era detenuto: Gradoli).
Allepoca questa illustre dichiarazione venne inserita
nelle caselle dei giornalisti accreditati alla 66 Mostra del
Cinema di Venezia. Forse per suggerire argomenti utili
alle corrispondenze festivaliere, alle valutazioni, alle
interviste. O magari, cos, tanto per far sapere cosa ne
pensava il ministro competente, del film prodotto dalla
Medusa dalla figlia Marina del Presidente del Consiglio
Silvio Berlusconi. E regolarsi di conseguenza. Lo stesso
ministro che l8 maggio 2010 ha disertato il Festival di
Cannes per incompatibilit verso il film in concorso di
Sabina Guzzanti Draquila. Incompatibilit del ministro e
per interposta persona del suo leader. Il che voleva dire
(implicitamente?) dellimmagine allestero dellItalia,
tutta. Un diniego nato dal rincrescimento e dallo sconcerto per la partecipazione di unopera di propaganda,
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LA GRIGLIA
Da dove cominciare? Da una constatazione abbastanza elementare. Che il binomio cinema-Berlusconi o il
cinema dellepoca berlusconiana che dir si voglia, in
attesa di definizioni pi pertinenti, ha prodotto un solo
tipo di rapporto diretto e incontrovertibile. Quello, gi
accennato, di film e autori che, al di l di qualsiasi
distinguo, hanno realizzato film-contro, film di denuncia, film anti-berlusconiani o prendendo ad esempio
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Videocracy
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Gomorra
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alibi ben al di sotto delle dimensioni del problema italiano contemporaneo di deriva antropologica. Il bestiario contemporaneo rintracciabile nella filmografia di
Matteo Garrone, specialmente da Limbalsamatore
(2002) a Gomorra (2008), e nellintera filmografia di
Paolo Sorrentino sono pi che sufficienti a chiarire lambito di riferimento. Se di anti-berlusconismo si volesse
per questi due autori pi unici che rari parlare, esso
sarebbe pi contestuale che esplicito. A ragion veduta,
anche perch poi in Italia come ricordava dal suo
punto di vista Michele Placido attaccato allultima
Mostra di Venezia per linnocuo suo Il grande sogno
(2009) sessantottino i film con un budget che si rispetti si fanno con la Rai o con Mediaset o Medusa che dir
si voglia, il che ci riporterebbe al Berlusconi produttore
o capo di governo che quindi finanzia un tipo di cinema
maggioritario e suo personale.
Va detto che esistono poi molti altri film dautore in
qualche modo nati dentro questo bel ventennio/trentennio, senza rappresentarlo in stretta relazione con il personaggio simbolo ai vertici del potere mediatico. Film che
piuttosto hanno riflettuto su unItalia divenuta una sorta
di ostaggio consenziente del sistema telecratico o videocratico. Lelenco qui non potrebbe che risultare approssimativo per difetto. Ci limitiamo a fissare un terminus a
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quo costituito dagli ultimi tre film felliniani segnati dallingerenza del piccolo sul grande schermo e incentrati
sullo scontro impari con unidea di cinema ormai impraticabile: Ginger e Fred (1986), Intervista (1987) e La
voce della luna che si detto Berlusconi riusciva a
farlo intravedere. Un terminus ad quem potrebbe essere
Vincere Di Marco Bellocchio, che offre una lettura retrospettiva e diremmo quasi genealogica del potere dei mass
media audiovisivi, unita a una disamina dei meccanismi
psichici e immaginifici del culto della personalit.
Sul versante opposto, sono pochi, pochissimi i film che
hanno sponsorizzato volenti o nolenti il perdurante blocco di potere contemporaneo italiano, caratterizzato da un
autoritarismo morbido, da commedia allitaliana che
sconfina dallo schermo e si insinua in una realt-copia
dellaudiovisivo. Un blocco qualunquistico che abbraccia
destra e sinistra sedicenti in cui gli ex Pierini si sono trasformati in classe politica con tutti gli annessi e connessi, e i Mostri della pi illustre tradizione risiana e monicelliana non sono pi appannaggio deformato del grande schermo perch recitano la propria parte in commedia quotidianamente in Parlamento o nei salotti televisivi. Esistono o sono esistiti film di supporto a tutto questo marasma? Ufficialmente no. Eppure ci sono e ci sono
stati. Probabilmente gli stessi autori non vorrebbero mai
riconoscersi come appartenenti a una simile categoria,
dando ragione a Woody Allen che citava a suo dire
Groucho Marx in Io & Annie (Annie Hall, 1977): Non
vorrei appartenere a un club che accettasse tra i suoi
iscritti gente come me. Infatti, ammesso che esista, una
simile categoria sarebbe composta da film affetti da un
principio di alienazione: non vorrebbero mai essere o
essere stati ci che di fatto sono, complici anche le sponsorizzazioni politiche, economiche e culturali di cui
hanno anche malvolentieri beneficiato. Pensiamo ai
medievalistici I cavalieri che fecero limpresa (2001) di
Pupi Avati e Barbarossa (2009) di Renzo Martinelli e,
con un effetto ossimorico non del tutto paradossale, il
kolossal neorealistico Baara di matrice basettiana o
tardo viscontiana.
Essi confermano lesistenza di un bisogno che forse
accomuna lalto e il basso, ma di sicuro viene molto
spunto dallalto che essenzialmente un bisogno di identit nazionale o sub-nazionale che, quandanche inneggia
allepopea di questa o quella parte dItalia, il Nord
(Barbarossa) o il Sud (Baara), Lega o non Lega, comunque si vogliano giudicare i singoli film e i rispettivi autori, giocano la carta dellinvenzione di quella pratica, nota
agli storici, definita da Eric Hobsbawm invenzione della
tradizione. Che in tempi recenti ha portato la fiction in
prima linea a riproporre, spesso e volentieri con intenti
revisionisti o comunque edificanti, personaggi italiani
illustri, cantanti, ciclisti, statisti, medici, sindacalisti.
Opere talvolta di taglio post-rosiano o post-ferrariano.
Senza contare il sottogenere praticato sempre pi in
ambito televisivo, e intriso pi che mai di quel paradigma hobsbawmiano ben applicato alla storiografia sulla
mafia da Salvatore Lupo, che ha visto riemergere una
visione della mafia e in genere del crimine organizzato di
stampo mafioso fatta di eroi controversi e valori di vecchio conio. In controtendenza rispetto alle dieci serie
della Piovra targata Rai anni Ottanta e Novanta, che non
a caso il Presidente del Consiglio ha stigmatizzato pubblicamente come esempio di cattiva promozione allestero dellimmagine dellItalia. Non un caso che i maggiori esemplari di questa linea sostanzialmente pro-mafiosa
siano stati prodotti in casa Mediaset, e che persino i
magistrati siciliani impegnati in processi in pieno svolgimento si siano espressi con grande preoccupazione su
questa nuova ondata di fiction che di fatto vanifica la
loro azione giudiziaria agendo direttamente sullitalico
immaginario tele-collettivo.
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Habemus Papam
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tempo e predica dallalto, da una finestra che fa pensare al fatidico balcone di Piazza Venezia o, chiss, al
Palazzo apostolico da cui si affaccia il papa per la
benedizione domenicale.
Se laccostamento fra la comicit farsesca di Tot e
la storica consuetudine vaticana sfiora lirriverenza,
con Cechov ogni raffronto potrebbe apparire pi
rischioso, perch meno scanzonato, o addirittura
riprovevole. Ma proprio del rapporto fra Habemus
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invece Ludienza (1971) di Ferreri, anche se il cinico moralista non si sottrae allumanissima, patetica
condivisione della sconfitta di Amedeo, che torna
nel negozio di souvenir per ascoltare la voce di un
Papa buono vissuto, si direbbe, secoli prima.
La simbologia scenografica che si impone e ricorre in ogni film Habemus Papam compreso
data dalla monumentalit vaticana. Lelicottero di
La dolce vita raggiunge la basilica e il colonnato da
dietro; la cupola, sia esterna che interna viene esplorata da Olmi nellincipit di E venne un uomo, mentre Pasolini opera sul contrasto fra il cerimoniale
dei documentari ufficiali (la sedia gestatoria che
solca la folla in piazza, Giovanni XXIII seduto in
trono) e un commento ispirato ad affettuosa, interrogativa famigliarit: Lo spirito retaggio del
mondo contadino, e tu sii il pastore del mondo antico che in quello spirito ha vita queste sono le parole che langelo ha soffiato allorecchio del dolce
Papa dal misterioso paterno testone di tartaruga?.
Tornando a Fellini, il suo film pacelliano (lo
ritroveremo, il Papa degli anatemi: Otto e mezzo
[1963], Roma [1972]) proprio essendo opera di
passaggio: Marcello insegue per la stretta scala obliqua della cupola unAnita in abito talare, e quando
lei sul balcone che domina la piazza sembra offrirsi, un colpo di vento fa volar via il cappello per mettere fine allincantesimo e sancire, quasi buuelianamente, il limite di un desiderio comunque sorvegliato dalla Colpa. Non c, insomma, feticistica
invenzione che basti.
La cupola di Michelangelo, ha detto qualcuno,
concepita per custodire la tomba di Pietro, ma al
tempo stesso un mezzo per chiudere, sigillare; il
colonnato del Bernini promette un immenso
abbraccio ma fa pensare anche a una tenaglia. Cos
li vede Ferreri, trasfigurando nel massiccio loppressivo mistero del castello di Kafka.
Ma cos questo monumento della storia? Un
emblema del potere e della sua caparbiet, certo, perfino della vergogna. E tuttavia la tenacia di Amedeo
non si esaurisce nella raffigurazione della buonafede
o dellinnocenza; piuttosto d corpo a quella che a
suo tempo Goffredo Fofi, sfuggendo allaccusa di anacronismo rivolta a Ludienza, defin come lotta contro un insieme, la Chiesa cattolica, col quale ciascuno di noi ha i suoi conti da regolare (6).
La sacra istituzione alla quale i catechisti della
nostra infanzia e adolescenza attribuivano il miracolo di aver resistito alle secolari insidie della storia,
continua a incidere nellimmaginario dei credenti e,
spesso, degli agnostici e degli atei. In altre parole, da
qualunque parte si osservi: dallagiografia prudente
di Olmi che riprendeva una nota dello stesso
Roncalli: Voi siete qui un prigioniero di lusso che
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Ludienza
esiti di parodia volgare (Kafka) quanto sinceramente tragica, laltro a un crescendo elegante che poi sfocia nellafasia, nel vuoto.
Il solenne rintocco della campana di San Pietro
scava nellaria di entrambi, e se Piersanti ladopera
come rumore (insieme alle percussioni onomatopeiche, ad esempio il picchiettare delle penne nel silenzio
del Conclave), Ferreri si affida a Teo Usuelli per sincoparne il suono, assotigliarlo e imbrigliarlo con profana
e paranoide solennit. Il rapporto pi interessante fra
i due film, a ogni modo, credo sia di specie sentimentale; deriva cio dallangoscia comune ad Amedeo, che
vorrebbe incontrare il papa ma si scontra con la proibizione, e a Melville (ortodosso a sua volta, in buona
fede e innocente) che papa rinuncia a essere.
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non pu fare quel che vorrebbe (7), o dal beffardo annichilimento delleroe di Ferreri, il Palazzo
vaticano (col suo re) lascia unimpressione ambivalente; un edificio della Storia, ma pone altres il
sospetto di un tempo diverso: Storia fissata nella
pietra e pietra fuori dalla Storia. Da qui una domanda che risuona dal profondo di incolmabili lacune:
assisteremo a una rinascita del sacro pur sempre
debitrice della durata e, con essa, di una degna
autorit spirituale?
Su ci, sulla domanda, vorrei tornare fra poco. Per
ora osserverei che, per quanto possa sembrare bizzarro, laffinit pi autentica fra gli autori e i film citati
quella fra Habemus Papam e Ludienza. Intanto per il
comune e dissimulato uso dei reperti documentari
nella finzione, poi per il ricorso allibrido gi visto di
dramma, comicit satirica e farsa, che porta luno a
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Paola Brunetta
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ra creata appositamente per il film) o di musica preesistente non fa differenza; tuttavia, scrive Chion, quando
sappiamo che la musica esiste indipendentemente dal
film si crea una situazione molto inquietante, una specie
di unione assoluta fra due partner completamente autonomi, e ancora: mentre nel cinema sonoro il dialogo
completamente integrato nel film, la musica conserva la
sua esteriorit, appena abbandona il film diventa brano
autonomo che pu essere fruito a parte. Durante la proiezione appare molto solidale, subito dopo smette totalmente di esserlo: il suo fascino (8). Mi sono immaginata due traiettorie, due elementi che si incontrano dalla
loro autonomia e separatezza per generare insieme,
luno per laltro ed entrambi per lelemento che li comprende in quel momento, il film, un significato ulteriore,
pronti ad andarsene a fine proiezione per tornare nel
cielo, scie di luce sfolgoranti di tutta la loro bellezza che
si pu gustare anche singolarmente, adesso. Come in
qualsiasi incontro vero; in cui laltro aggiunge valore
ma non esclude che tu ce labbia, un valore di per s, e
che lo possa mantenere. E ho pensato soprattutto alle
canzoni, ai film che utilizzano le canzoni modificandone
il senso nellincontro con le immagini o usandolo o stravolgendolo, in un effetto straniante che davvero in
grado di offrire un altro senso a un oggetto che torner
a essere se stesso non appena lascer il film, arricchito
tuttavia di vita nuova cio di nuove connotazioni. Ho
trovato esempi di questo in molti film recenti, a partire
da Malavoglia di Scimeca (2010) che sdogana la musica rap inserendola nel contesto (attualizzato) del romanzo verghiano, effettuando la rilettura parodico-carnevalesca (il sacro riletto in chiave profana) di cui scrive
Cremonini riferendosi a Bachtin (9); ma la regista che
forse, nel cinema recente su cui il mio scritto andr a
incentrarsi, meglio esprime questo spirito dissacrante
che in realt un distruggere per (ri)costruire senso o
meglio sensi, Sofia Coppola. Che il suo interesse per la
musica lha manifestato anche nella vita privata, nella
relazione con Spike Jonze e in quella, ora, con il cantante dei Phoenix.
Gi per Il giardino delle vergini suicide (The Virgin
Suicides, 1999) la Coppola si era avvalsa della collaborazione degli Air, che conferivano alla densit contenutistica del film e alle geometrie raggelanti che nella sostanza
(8) Una falsa barriera Conversazione con Michel Chion (a cura di
Alberto Boschi e Monica DallAsta), in Cinema&Cinema, Nuova serie,
Anno 18, n. 60, gennaio/aprile 1991, pp. 40-41. Chion continua parlando di illusione fusionale che rinvia a un fantasma materno, uno spunto interessante per chi si voglia addentrare in unanalisi psicanalitica del
rapporto tra immagini e suono nel cinema.
(9) Giorgio Cremonini, Canzoni, canzoni, canzoni, in
Cinema&Cinema, Nuova serie, Anno 18, n. 60, gennaio/aprile 1991.
(10) Nico Guidetti, Ritratto di borghesia in nero, in Cineforum n. 399,
anno 40, n. 9, novembre 2000, p. 73. Anche Termenini si soffermato
sul significato della musica nei film della Coppola, scrivendo, per questo,
che riesce a esprimere tutto ci che vuole esprimere per immagini,
musica e montaggio. Lessenza del cinema (Il giardino delle vergini suicide, in Cineforum n. 500, anno 50, n. 10, dicembre 2010, p. 44).
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Hai paura del buio di Massimo Coppola (2010), regista televisivo e di documentari prima che di film per il
cinema, che qui usa i Joy Division (emblema, dice, della
cultura post-punk e post-industriale di cui il suo film
intriso) per segnare il ritmo dellopera, tagliando le canzoni in maniera cruda e brusca prima che cominci il
ritornello, quindi togliendoci il piacere dellascolto-riconoscimento nellintento di svuotare la canzone del significato pregresso e piegarla a quello che, di significato,
vuole dare lui (la discontinuit e i salti, quindi la perdita dellarmonia, a marcare lalienazione di un mondo in
cui per fame una donna deve lasciare i propri figli per
andare in un altro paese, e in cui il lavoro sottopagato
e precario anche nei luoghi in cui si dovrebbe stare
meglio) (14); come usa Tiziano Ferro e Lio in funzione
straniante, il primo dalla tv mentre una donna anziana
muore, e PJ Harvey in maniera invece pi tradizionale,
nel momento del trucco della protagonista. Laltro La
solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo (2010),
che nellintento di parlare della famiglia e delle sue
costrizioni (e del male di vivere, del disagio esistenziale
e di quello psicologico, dellincontro di due solitudini
che non riescono a incontrarsi causa il trauma che ciascuna ha subito) in chiave horror utilizza la musica di
Mike Patton come leitmotiv inquietante e magico dellopera e tre brani (diegetici tutti, due dei quali interrotti dallo spegnimento del mezzo e laltro che collega due
sequenze appartenenti a tempi diversi) in tre momenti
significativi, allinizio a met e alla fine del film: Magic
Thriller dei Goblin nella scena iniziale e angosciosa
della recita, la house music martellante nella sequenza
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(14) Scrive del resto Chion che il silenzio non mai un vuoto neutro:
il negativo di un suono che si sentito prima o che si immagina; il
prodotto di un contrasto (op. cit., p. 60), quindi il silenzio di un brano
che si interrotto bruscamente acquisisce nel contesto dellopera un
significato ancora maggiore.
(15) Cito da Fabrizio Tinazzo, Pier Paolo Pasolini: la dimensione prospettica della musica, in www.stradedelcinema.it.
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MIZOGUCHI E UTAMARO
SAGGI
Cinque
donne attorno
a Utamaro
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Giuseppe Sedia
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PESARO 2011
La mostra
Gravemente condizionata dai
tagli che in ogni campo contraddistinguono i programmi di crescita
del governo, e in particolare di un
ministro, Tremonti, gi distintosi per
la fine considerazione del bene culturale, la Mostra diretta da Giovanni Spagnoletti ha comunque offerto,
alla sua quarantasettesima edizione,
un programma di alto interesse. E
vario, se agli eventi speciali dedicati
a Bernardo Bertolucci, alle sperimentazioni in videoarte di Flatform
e alla singolare diaristica di Cosimo
Terlizzi, ha affiancato una significativa selezione di documentari della
Russia post-sovietica, e un concorso
di sette film (il Premio Lino Miccich) fra i quali uno solo, quello
francese, non si qualifica come lungometraggio di esordio.
Dopo un confronto che immagino
vivace e contrastato la Giuria, formata da Fabio Ferzetti, Isabella
Ragonese e Marina Spada, ha premiato Musanilgi (The Journals of
Musdan), del giovane Park Jungbum (Corea del Sud 2010). Buona
scelta, a mio avviso, anche se lo
stesso riconoscimento poteva toccare al thailandese Rak (Eternity) o a
Igillena maluwo (Flying Fish) dello
Sri Lanka.
Musanilgi porta sullo schermo
lemigrazione di un giovane nordcoreano che, spinto dalla pi nera
indigenza, cerca una via duscita a
Seul. Lopera, assai matura per
mestiere e costruita con salutare
asciuttezza pur nella progressione
dei tempi drammatici, si fa apprezzare per il franco e disincantato
approccio dambiente. Come quasi
tutte le capitali del mondo, allorch
sono in gioco la lotta per la sopravvivenza e larrivo di stranieri, Seul
impone agli sbarcati i filtri della
FESTIVAL
angoli fatiscenti, sono la loro giungla, il nascondiglio sempre provvisorio per sfuggire a una polizia che
un po tollera un po interviene con
cariche, arresti e il piazza pulita
delle ruspe. George un poeta prestato allattivismo politico, e sul
tema dellimmigrazione si a lungo
impegnato come cineasta sperimentale. Il film in concorso a Pesaro ha
il pregio di una convinzione calcata
dal bianco e nero e, soprattutto nella
prima parte, riserva sorprese e scoperte. Poi, forse, cade in qualche lungaggine o tentazione retorica; cede
cio alla leziosit e a certa convenzione simbolica fino a mal governare, a mio modesto avviso, un epilogo
nei centri di accoglienza i quali, pur
avendo le caratteristiche della caserma, potrebbero destare nello spettatore un curioso, igienico sollievo.
Non va per dimenticato che la cura
estetica dellimmagine dichiara le
preferenze dellartista e al tempo
stesso un ineludibile distacco dalla
materia socio-antropologica scelta.
Diventa insomma, per certo verso,
un indice di onest intellettuale.
Affinit alla lontana sono ravvisabili in Trabalhar cansa (Lavorare
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Headshots
Tullio Masoni
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Documentari russi
Il livello di acculturazione specifica molto pi avanzato della
media e grandi conoscenze storicocinematografiche,
impensabili
altrove, si aggiungono di solito a
una professionalit perfetta. [] E
persino il ritratto pi banale della
persona pi banale, che vive in un
luogo qualsiasi della periferia
moscovita od oltre gli Urali, testimone di una padronanza quasi
istintiva dellabc dellarte documentaria, scrive Barbara Wurm
(1). I documentari visti a Pesaro
grazie alla retrospettiva che la
Mostra del Nuovo Cinema ha dedicato alla cinematografia russa contemporanea (iniziata lanno scorso
col cinema di finzione), delineano
in effetti uno spessore culturale e
un livello di consapevolezza nellutilizzo del linguaggio da parte
degli autori, alcuni dei quali sotto i
quarantanni, davvero impressionante. Sar per la ridotta circolazione dei film documentari nelle
sale (un problema a tutte le latitudini), sar che i pochi fortunati in
grado di raggiungere i grandi
schermi raramente si discostano
dal modello collaudato dellintervista o dellinchiesta ben ordinata e
sconfinano al massimo nella rielaborazione ironica o poetica, sar
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Valentina Alfonsi
(1) Barbara Wurm, Il cinema documentario russo. Un tour bio-geografico, Cinema
russo contemporaneo, Marsilio, Venezia
2010, p. 166. Il volume stato pubblicato
nel 2010 proprio in concomitanza con la
prima parte della retrospettiva pesarese
sul cinema russo.
(2) Viktorija Belopolskaja, Il cinema documentario in Russia: un movimento sul
ciglio della strada, op. cit. , pp. 161-162.
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Un altro Bertolucci
Nellambito dellEvento Speciale
dedicato a Bernardo Bertolucci,
oltre ai lungometraggi, la quarantasettesima Mostra Internazionale del
Nuovo Cinema di Pesaro ha presentato qualche lavoro meno noto del
regista parmense, girato per impegno politico o su commissione, di un
certo interesse in quanto utile a
offrire unimmagine pi dettagliata
della sua complessa e controversa
personalit.
Realizzato in occasione delle elezioni al Comune di Roma nella primavera del 1971, La salute malata il tipico documentario Unitelefilm, molto professionale anche nella
sua ostentata sciatteria militante
(la fotografia di Renato Tafuri, il
montaggio di Kim Arcalli), che ha
come protagonisti gli abitanti della
Borgata Gordiani, gli iscritti di una
sezione locale del Pci e il personale
e i dirigenti dellOspedale San
Camillo. Il suo pregio consiste
soprattutto nellessere positivamente datato, a testimoniare lo scarto
con un presente che sembra porsi a
distanza di anni luce e non di soli
quattro decenni. Del film esiste
anche una versione leggermente pi
lunga (trentanove anzich trentaquattro minuti), nota col titolo di I
poveri muoiono prima, firmata da
Kim Arcalli, Bernardo e Giuseppe
Bertolucci, Lorenzo Magnolia, Giorgio Pelloni, Domenico Rafele e Marlisa Trombetta.
Dello stesso anno, Le lavoranti a
domicilio una sintesi di venticinque minuti, operata da Guido Albonetti nel 2000, di un materiale di
circa due ore che raccoglie le testimonianze di un gruppo di magliaie
di Carpi, le loro difficolt a far coesistere il ruolo di lavoratrici e di
madri e mogli in assenza di adeguati servizi sociali. Girato da entrambi
i fratelli Bertolucci, documenta le
fasi di unanimata assemblea sindacale, anche qui con argomentazioni
e dialettiche di tempi sideralmente
lontani. Una curiosit: sullo sfondo,
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tista e un committente di lungimiranza quasi mecenatesca. Attraversato dalle stesse nevrosi che caratterizzano il coevo cinema di finzione,
tanto dautore quanto di commedia,
al pari di quello ci pare tuttavia leggibile come cartina di tornasole di
uno dei periodi pi felici della
nostra storia nazionale, in cui si
avvertiva la sensazione che ovviamente il tempo avrebbe ben presto
smentito di un Paese destinato a
uno sviluppo senza limiti.
Parallelamente alla realizzazione
della seconda parte di La via del
petrolio, Bertolucci gira a Suez Il
Canale, un cortometraggio a colori
di docici minuti che, recuperando in
parte le stesse inquadrature del
documentario, ne accentua la
dimensione lirica, citando Conrad e
Mlis ma soprattutto Le bateau
ivre, del quale la voce fuori campo
di Nando Gazzolo recita tre folgoranti versi, fornendo un esempio di
quella contaminazione, in qualche
modo pasoliniana, con la poesia alta
che caratterizza in positivo i primi
lavori del regista.
Paolo Vecchi
(1) La via del petrolio, in Adriano Apr (a
cura di), Bernardo Bertolucci Il cinema e
i film, Marsilio, Venezia 2001.
(2) Simone Misiani, LEni di Mattei e la
nascita di una democrazia immaginaria, in
Sergio Toffetti (a cura di), La scoperta dellaltrove, Feltrinelli Real Cinema, Milano
2010 (libretto allegato al dvd del film).
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FESTIVAL
Locarno
Un amour de jeunesse
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Lestate di Giacomo
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Pasquale Cicchetti
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Il Cinema Ritrovato
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e movimentato, dallambientazione
lubitschiana in un immaginario regno
mediterraneo di San Savona, con
George OBrien, principe ereditario,
Michael Powell, lascivo cugino del
principe, e Virginia Valli, ballerina
apache. Tra i tanti altri Hawks, Tiger
Shark (Tigri del Pacifico, 1932) ci
sembrato ben superiore a quanto ne
vien detto di solito, melodramma
marinaro tra pescatori californiani di
San Diego, di origine portoghese!, uno
anche italiano!, con al centro un
maturo Edward G. Robinson, parruccona riccioluta e uncino (mano mangiata via da squalo). Nel film c una
lunga sequenza documentaristica di
pesca del tonno con lenza e amo,
senza neppure lesca: viene subito in
mente, per questo uso del documentario dentro la finzione, la grande scena
della mattanza dei tonni in Stromboli
di Rossellini. Le due sequenze, neorealistiche, ce le siamo proiettate in
parallelo nella nostra testa: quella di
Stromboli corale, sociale, comunitaria; quella hawksiana molto americana e individualista (al massimo i
pescatori si mettono in due, unendo le
lenze, per tirar su i tonni pi grossi). A
proposito di Rossellini, abbiamo visto
il raro La macchina ammazzacattivi
(1951), film attualissimo sullItalia
sempiterna della corruzione, degli
intrighi, beghe, ricatti, politica e affari; cos come sono ugualmente attuali
Anni difficili, Processo alla citt, Anni
facili, Gli anni ruggenti di Luigi
Zampa, anchegli ritrattista di una
minuscola italietta che scivola senza
soluzione di continuit dal fascismo
alla repubblica, eternamente corrotta,
eternamente immodificabile.
Torniamo a Hawks per segnalare,
tra i film meno rinomati, Fazil (Loasi
dellamore, 1928), melodramma esotico con un bronzeo principe arabo
(Charles Farrell) che preferisce senzaltro cammelli e cavalli a ogni
donna fino a quando non incontra
una pallida parigina (Greta Nissen)
della quale si innamora alla follia,
complice una notte veneziana, con
gondola e gondoliere zingaresco che
canta in inglese Oh Nights of Splendor (da cui discende sorprendentemente Romagna mia). Ma la vita nel
deserto non fa per lei, lui mette su un
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Upstream
Bruno Fornara
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Lawrence dArabia
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Lalliance
Ma vache et moi
Chiara Boffelli
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DVD
IO SONO CON TE (2010)
di Guido Chiesa
20th Century Fox Home Entertainment, 2011 - 17,90
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Adriano Piccardi
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FALSTAFF (CHIMES AT
MIDNIGHT/CAMPANADAS
A MEDIANOCHE, 1966)
di Orson Welles
Cecchi Gori Home Video, 2011 - 14,99
Non si pu che essere contenti per luscita in dvd di un film
ormai invisibile da quarantacinque anni, realizzato in condizioni infelici da un sempre grande e geniale Orson Welles,
girato in economia, ma non per questo un film minore; anzi,
una messa in scena di straordinario impatto emotivo, che traduce in maniera tra il giocoso, il drammatico e il tragico, la
teatralit dei testi shakespeariani scelti e montati con insinuante ed esaltante tecnica tutta cinematografica.
La storia, in realt, sta tutta nel ritratto di sir John Falstaff,
interpretato dallo stesso Welles, unesistenza ridondante
ricostruita ricorrendo a brani di Riccardo II, Enrico IV prima
e seconda parte, Le allegre comari di Windsor ed Enrico V.
Welles d al personaggio la sua corporatura imponente e traballante, di tanto in tanto paradossalmente agile, e il suo
volto dallo sguardo penetrante e sornione, vivace di vino e di
una vita godereccia e senza freni.
Falstaff giovane e vecchio insieme, rozzo e raffinato, inesauribile e spossato, provocatorio e sottomesso, allegro e
malinconico, sfrontato e pauroso, goffo e veloce a nascondersi, invadente e pusillanime. Tutti lo deridono, lo insultano, lo stuzzicano e lui risponde con larguzia, loffesa, la trivialit, lo sberleffo, la sfrontatezza a ritmo di danza.
Falstaff non ha padroni, non ha misura, dorme mangia beve
e fa i suoi bisogni quando ne ha voglia, di giorno e di notte; il
solo padrone che riconosce il proprio corpo, una macchina
di eccessi e di desideri tanto impellenti quanto inesauribili.
Falstaff non conosce il tempo regolato, anzi lo sfugge e lo
disprezza; irruente nellurgenza che vuole soddisfazione
subito senza ripensamenti, provocatorio nello sferzare lesitazione altrui, insofferente del limite, sia esso lostacolo della
reticenza o il fastidio allincontinenza.
Falstaff la menzogna, linganno, la mancanza di pudore:
capace di negare levidenza, di contraddire ci che ha
appena detto, di truccare le carte, con la disinvoltura di un
bambino. I suoi racconti sono del tutto falsi e cambiano a
ogni versione, anche in risposta a interrogazioni immediatamente successive, con moltiplicazioni e travisamenti
sfrontati e incredibili.
Ma Falstaff la vitalit e la spensieratezza, la libert e
lincoscienza, la sagacia e larguzia. E, inoltre, e per contrasto, egli un personaggio drammatico, solitario, malinconico; accettato solo provvisoriamente, per la sua irriverenza, per la sua condotta debosciata. Lamicizia nei suoi
confronti necessariamente transitoria, utile per un periodo limitato, prima che la responsabilit sociale richiami chi
era finito tra le sue braccia. Il giovane rampollo e principe
di Galles, destinato alla corona dInghilterra, lo abbando-
Angelo Signorelli
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Arturo Invernici
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contedeluna@alice.it
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Esce Giallo/Argento, lultimo film del cineasta, realizzato nel 2009, a seguito di una storia produttiva assai travagliata. E Rutger Hauer, 67 anni, al Ricetto di Candelo
per il nuovo film dello stesso Argento, Dracula in 3D, si
perde, bloccato in auto da un tronco abbattuto. 112: i CC
un appuntato poliglotta! lo salvano brillantemente.
3 LUGLIO 2011
Cabanne, id.), per culminare nel successo di Voglio essere amata (Gregory La Cava, 1935) e di Una donna qualunque (Elliott Nugent, 1936). Lascia Hollywood qualche anno dopo, per ricomparire sporadicamente nelle tv
tra i Cinquanta e gli Ottanta.
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6 LUGLIO 2011
se Raymond) e sorella darte, in teatro dagli esordi ancora in minore et e senza scuola di recitazione, passa al
cinema con loccasionale trasferta inglese di John Ford
(24 ore a Scotland Yard, 1958); poi sar tra laltro in
Locchio che uccide (Powell e Pressburger, 1960), in
Bunny Lake scomparsa (Preminger, 1965), in Frenzy
(Hitchcock, 1972) e in Another Country La scelta
(Kanievska, 1983).
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nato/a a Sannicola di Puglia l11 dicembre 1931, giornalista pittrice attrice e scrittrice: la prima transessuale dichiarata in Italia, dopo un pionieristico intervento
chirurgico negli anni Sessanta, perfezionato a
Casablanca ventanni dopo. Nipote di Achille Starace,
allievo dei Gesuiti, poi studente di pittura e architettura, approda a Roma dove frequenta lambiente artistico e pubblica alcuni fortunati libri scandalistici (Roma
capovolta, Meglio luovo oggi, Roma erotica). Si trova
quasi con naturalezza a essere considerato/a da Fellini
in La dolce vita, ma prende parte anche ad altri film di
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Muore a 54 anni in un incidente stradale, nel quale perisceanche il suo collaboratore Mishuk Munier e resta
gravemente ferita la moglie Katherine (montatrice nativa di Chicago), il regista bengalese Tareque Massud,
nato a Bhanga Upazila (Bangladesh) il 6 dicembre
1956. La sua produzione, spesso sperimentale e documentaristica, ottenne una notoriet internazionale con
la presentazione a Cannes di Matir Moina (2002) basato su reminiscenze della sua infanzia.
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In coincidenza con il suo settanquattresimo compleanno, Robert Redford pubblica da Knopf la propria autobiografia, a cura di Michael F. Callan.
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Muore improvvisamente a Roma a 81 anni il produttore Ermanno Curti, noto soprattutto per aver realizzato
numerose rege di Fernando di Leo, ma anche di Romolo
Guerrieri, Ruggero Deodato, Jacques Demy (Niente di
grave suo marito incinto, 1975) e Adriano Celentano
(col quale coprodusse Yuppi Du, 1976). Marito dellattrice Leonora Ruffo (1936-2007), nel 1952 aveva acquisito lo storico marchio Minerva Film (che apre anche
Roma citt aperta), da lui trasformato in Minerva
International. Nel 1999, coi figli Gianluca e Stefano
aveva dato vita a RaroVideo: primo dvd proposto,
Vynil di Andy Warhol. Lanno successivo Gianluca riun
le aziende di famiglia nella Minerva Picture Group.
tempo ritrovato (1999: con tutta probabilit il pi convincente film da Proust a tuttoggi realizzato), Klimt
(2006). Rinvio di chi voglia saperne di pi alla raccolta
saggistica Ruiz faber (a cura di Edoardo Bruno, minimum fax, 2007).
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Altro genere di tormenti per Marcello Mastroianni, qui con Anna Galiena,
in Tre vite, una sola morte (1996) di Raoul Ruiz.
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20 AGOSTO 2011
Fausto Paravidino rimette in scena al Teatro Valle occupato il suo Genova 01.
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27 AGOSTO 2011
Sky lancia anche in Italia Sky Go, applicazione scaricabile gratis da iTunes, che consentir agli abbonati di
visionare in streaming su iPad, iPad2 e imminenti prodotti analoghi la programmazione di venti canali, dei
quali quindici sportivi (dieci solo calcistici).
Completeranno il quadro SkyTg24 e SkySport24,
SkyUno e due canali dedicati. Accesso gratuito fino al
31 dicembre: sovrapprezzo variabile dai tre ai sette euro
col 2012. Come il cinema fuggito dagli schermi, la tv
scappa dai televisori
contedeluna@alice.it
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La Federazione Italiana Cineforum (Fic) raggruppa in tutta Italia numerosi cineforum e cineclub. La Fic organizza corsi, seminari e convegni,
distribuisce film classici e inediti, fornisce consulenze in campo cinematografico, cura la pubblicazione della rivista Cineforum, e di altri prodotti editoriali di cultura cinematografica e audiovisiva in genere.
Per informazioni su come fondare un cineforum e sulle modalit di adesione alla Fic ci si pu rivolgere alla segreteria (casella postale 10,
31041 Cornuda, TV, segreteria telefonica 0423639255, feditalcineforum@hotmail.com). I cineforum di nuova costituzione possono richiedere
gratuitamente nel primo anno di associazione due film distribuiti dalla Fic e dalla Lab80 Film (via Pignolo, 123 IT-24121 Bergamo, tel.
035342239, Fax 035341255, info@lab80.it). A cinque membri di ogni nuovo cineforum viene mandata in omaggio per un anno lo rivista
Cineforum. Tutti i cineforum affiliati ricevono lo rivista Cineforum, ottengono a prezzi speciali i film della cineteca della Fic e del Iistino
della Lab80 Film, hanno la possibilit di partecipare a convegni, corsi, mostre e festival del cinema.
Il comitato centrale della Fic, per il triennio 2008-2011, composto da Ermanno Alpini (Arezzo), Gianluigi Bozza (presidente, Trento), Claudia
Cavatorta (Parma), Dino Chiriatti (vicepresidente, Roma), Maurizio Cau (vicepresidente, Rovereto, TN), Bruno Fornara (Omegna, VB), Diego
Fragiacomo (segretario, Cornuda, TV), Giorgio Grotto (Schio, VI), Cristina Lilli (Bergamo), Roberto Marchiori (Legnago, VR), Adriano Piccardi
(Bergamo), Jurij Razza (Robbiate, LC), Angelo Signorelli (Bergamo), Enrico Zaninetti (tesoriere, Novara).
Sono sindaci revisori dei conti e probiviri: Chiara Boffelli (Bergamo), Roberto Figazzolo (Pavia), Raffaella Leonardi (Oleggio, NO), Pierpaolo
Loffreda (Pesaro), Walter Pigato (Nove, VI), Giuseppe Puglisi (Ragusa), Piergiorgio Rauzi (Trento), Leo Rossi (Caerano San Marco, TV), Tonino
Turchi (Pesaro), Sergio Zampogna (Bergamo).
I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti vengono utilizzati esclusivamente per linvio della pubblicazione e non vengono
ceduti a terzi per alcun motivo.
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LIBRI
LO SCHERMO SONORO
LA MUSICA PER FILM
SE PERMETTETE
PARLIAMO DI SCOLA
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Roberto Calabretto
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100 CARATTERISTI
DEL CINEMA AMERICANO
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CINEMA E PSICANALISI
IL DUBBIO
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A DANGEROUS METHOD
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CARNAGE
Cineforum
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8 SCHEDE
SUGGESTIONI MUSICALI
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