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CAP l.

IL REATO NEL SISTEMA DEGLI ILLECITI

revisionato da M. Di Trocchio

1.IL CONCETTO DI REATO


Il concetto di reato varia a seconda delle scienze che studiano la delinquenza.
A.e., le scienze criminalistiche (antropologia, sociologia e psicologia criminali, medicina legale) si occupano del reato quale fenomeno
naturale. Nella dogmatica penale, invece, quello che interessa il reato nei suoi elementi formali.
1.Reato dal punto di vista formale
Da tale punto di vista formale, il reato in astratto la descrizione di un fatto umano, descrizione alla quale il legislatore attraverso
disposizioni, ricollega sanzioni penali. Disposizioni che non saranno solo quelle discendenti dalla norma penale incriminatrice, ma da
quelle che si ricavano ricongiungendosi a tutte le norme penali ed extrapenali alla norma incriminatrice ricollegate.
Alcune di queste disposizioni concorrono ad ipotizzare un comportamento esterno; altre uno interno (dolo, colpa); altre ancora elementi
negativi (c.d. scriminanti) che debbono mancare affinch sussista il reato.
Sempre da un punto di vista formale, reato in concreto invece il fatto umano (n.b.: non la descrizione di un fatto) che il giudice
prende in considerazione per valutarne la conformit alla fattispecie astratta prevista dal legislatore. Essi sono dei fatti giuridici
penalmente rilevanti, anche se non gli unici fatti: altri penalmente rilevanti sono, a.e., la morte del reo, l'amnistia, la grazia e l'indulto.
2.REATO DAL PUNTO DI VISTA SOSTANZIALE

La distinzione di cui poco sopra fra reato in astratto e reato in concreto deriva dall'illuminismo giuridico. Essa non sempre stata
condivisa; molti hanno tentato di superarla giungendo ad una definizione sostanziale di reato, basata, a.e., sulla contrariet a sentimenti di
giustizia, di moralit, di spirito del popolo, ecc. Definizioni che sono state applicate molto spesso in momenti di capovolgimenti sociali:
a.e. Nella Germania Nazionalsocialista o nell'URRS, dove reato non era quanto contrario alla legge, ma quanto contrario ai principi
razziali, socialisti o comunisti
In base a questo pensiero, s tentato di definire le note sostanziali di un reato secondo due vie:
Tramite l'analisi concreta del reato in s considerato;
Tramite il confronto tra reato e gli altri illeciti giuridici non penali.
La prima via, quella della analisi concreta del reato, ha condotto soltanto a risultati approssimativi. Alcuni hanno detto che il reato
quel fatto che offende gravemente un ordine etico; altri che viola i sentimenti altruistici della probit e della piet; altri ancora che
l'azione che mette in pericolo la conservazione della societ.
Tali descrizioni sono per noi infruttuose, dal momento che operano da un punto di vista meramente sociologico.
3.IL REATO E GLI ALTRI ILLECITI GIURIDICI
Il secondo approccio sostanziale quello che si muove confrontando il reato con gli altri illeciti giuridici. Si operer cos una valutazione
sui fattori di produzione normativa.
In primo luogo, si tentato di confrontare il reato con gli altri illeciti giuridici, in particolare con gli illeciti civili. C', sul piano
sostanziale, un quid che renda possibile distinguere tra illecito penale ed illecito civile? Alcuni hanno sostenuto che l'illecito penale
desterebbe un maggiore allarme sociale. Ma non vero: basti considerare che una contravvenzione desta minor allarme di un
danneggiamento di beni di elevato valore culturale; danneggiamento che illecito civile.
Cos non si pu neanche sostenere che solo l'illecito penale vada ad offendere interessi extra-patrimoniali, mentre quello civile tutela
solo interessi patrimoniali. Ma non cos: infatti a tutti evidente che gli interessi tutelati dai i due tipi di illeciti spesso si intrecciano; a.e,
il diritto civile a tutelare il diritto al nome (che interesse extra-patrimoniale).
Un primo criterio, forse, lo si pu individuare notando come l'illecito penale di regola illecito colpevole, dal momento che richiede
l'elemento soggettivo del dolo o della colpa. Invece, l'illecito civile di regola incolpevole, perch per il suo verificarsi sufficiente
l'elemento oggettivo del verificarsi del fatto. Gli illeciti previsti al 2043 c.c. non sono, infatti, gli unici illeciti civili: sanzione civile non
solo il risarcimento, ma anche la restituzione, l'impedibilit, la sentenza di annullamento. Per, dall'analisi dello stesso art. 2043, si vede
che non cos: infatti anche esso richiede l'esistenza della colpa, pure se ben molte sanzioni civili discendono dalla colpa.
Per quanto riguarda gli illeciti amministrativi, invece, occorre dire che dopo la l. 689/1981 il fenomeno della depenalizzazione ha
fatto trasferire dalla categoria penale a quella amministrativa moltissimi illeciti, al fine di evitare che subissero il torto del marchio
dell'illecito penale per una serie di torti che meritavano di essere perseguiti in altro modo. Oggi, dunque, la struttura dell'illecito
amministrativo ricalca quella delle contravvenzioni-illecito penale.
4.IL REATO COME ILLECITO DI MODALIT DI LESIONE

Ancora, necessario continuare a riflettere su un altro elemento che caratterizza l'illecito penale rispetto agli altri illeciti civili: l'illecito
penale descritto con fattispecie dettagliate (tipicizzazione), mentre l'illecito civile configurato dal legislatore con modelli
estremamente sommari. In quest'ultimo l'elemento soggettivo di solito non rileva, ed anche in una delle pi complesse fra le sue
fattispecie quella del 2043 c.c. - vi una tipizzazione assai lontana da quella del diritto penale.
Nell'illecito penale, invece, le fattispecie sono dettagliatissime, particolareggiate, tali da operare una fotografia la pi dettagliata
possibile. Questo succede anche nelle c.d. fattispecie a forma libera (a.e. omicidio), nelle quali una condotta assume rilevanza penale
per il solo fatto di essere collegata o collegabile ad un certo evento da un nesso di causalit.
Il legislatore penale, inoltre, ipotizza una serie di elementi eventuali o accessori, quali le attenuanti o aggravanti, che arricchiscono ancor
di pi gli astratti penali.
In conclusione, uno il criterio sostanziale che Gallo individua per distinguere l'illecito civile da quello penale:
Illecito civile: un illecito di semplice lesione.
Illecito penale: un illecito di modalit di lesione. un illecito personale, perch la sua rilevanza costituita dalle modalit che hanno

accompagnato il suo verificarsi, cos come delle caratteristiche personali del soggetto agente. perci un illecito personale.
5.DELITTI E CONTRAVVENZIONI

Oltre tutti questi criteri sostanziali, che per Trapani lasciano il tempo che trovano, la vera differenza di carattere formale e
nominalistico. Il nostro codice divide i reati in due gruppi: delitti e contravvenzioni. Qual la ratio di questa distinzione? Essa ha
un'origine storica: deriva dalla tripartizione del Codice Napoleonico fra delitti, crimini e contravvenzioni.
Delitto: in genere, individua un reato pi grave. Ma la differenza non esiste solo nei limiti edittali: il delitto pu essere punito solo se
sussiste il dolo, salvo che il legislatore non preveda delitti colposi o preterintenzionali.
Contravvenzione: individua un reato meno grave, con conseguenze sanzionatorie pi miti rispetto a quelle previste per i delitti. In essa si
riconosciuta una duplice funzione: quella di porsi come fronte avanzato di tutela di un interesse che pu essere pi gravemente offeso
da un delitto (preventiva), e di sanzionare comportamenti rispetto ai quali sanzioni extra-penali non avrebbero efficacia (sussidiaria). In
esse la presenza del dolo o della colpa irrilevante ai fini della conformit della fattispecie; essa rileva, tuttavia, ai fini della
determinazione della pena in concreto da parte del giudice.
Questi caratteri appena descritti possono essere riscontrati confrontando reati delittuosi e contravvenzionali. A.e., l'art. 712 prevede una
contravvenzione per chi acquista o riceve a qualsiasi titolo cose che per la loro qualit o per la condizione di chi le offre o per l'entit del
prezzo si abbia motivo di sospettare provengano da reato. Esso fronte avanzato per il delitto di ricettazione, previsto all'art. 648, per chi
acquista, riceve od occulta cose provenienti da un qualsiasi delitto.
Detto ci, esiste un criterio distintivo, tramite il quale discernere se ci troviamo di fronte ad un delitto o ad una contravvenzione?
Vediamo quali tentativi sono stati fatti:
Criterio della collocazione nel codice: cio a seconda che il reato si trovi nel libro II dei delitti o nel III delle contravvenzioni. Ma
un criterio che non pu essere accolto: grande parte dei reati prevista in leggi speciali extracodicistiche.
Criterio sostanziale: molti ne sono stati proposti. Ma, alla fine, si arrivati alla conclusione che nessun elemento attinente alla sostanza
del fatto in s pu portare ad un criterio univoco di distinzione. Ergo, nessun criterio sostanziale ha mai dato risultati soddisfacenti.
Criterio formale e nominalistico: si fonda sulla natura della pena principale ricollegata al fatto di reato. Esso enunciato all'art. 39
c.p.: I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo
codice. questo l'unico criterio che pu essere validamente accolto.
l'art. 17 a specificare le pene principali stabilite per i delitti e le contravvenzioni:
Art. 17. Pene principali: specie. Le pene principali stabilite per i delitti sono:
1) la morte;
2) lergastolo;
3) la reclusione;
4) la multa.
Le pene principali stabilite per le contravvenzioni sono:
1) larresto;
2) lammenda.

Equivalenza dolo/colpa ai fini dell'imputazione


Una delle caratteristiche del regime delle contravvenzioni quello relativo all'elemento soggettivo:
Delitti: imputati di regola a titolo di dolo; solo nei casi espressamente stabiliti dalla legge sono imputabili anche a titolo di colpa.
Contravvenzioni: ex art. 42, ciascuno risponde della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.
Ci significa che nei delitti la forma colposa deve essere espressamente ipotizzata per il singolo titolo di reato; nelle contravvenzioni,
invece, ai fini dell'imputazione l'elemento soggettivo del dolo o della colpa equivalente. Da ci, ne risulta che l'area di punibilit
delle contravvenzioni molto pi estesa di quella dei delitti.
Perch? Gallo ritiene che ci sia spiegabile considerando la funzione di prevenzione che hanno le contravvenzioni. Se lo scopo quello
di evitare che si crei uno stato di fatto oggettivamente pericoloso, sar indifferente sapere se chi abbia agito intenzionalmente (per
dolo) o per leggerezza (colpa). L'elemento soggettivo rilever, invece, ai fini della determinazione discrezionale della pena per il fatto
concreto: della pena in concreto come sar comminata dal giudice. Ci da quanto disposto nel combinato degli artt. 132 e 133: Nei limiti
della legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; Nell'esercizio del potere discrezionale indicato nell'articolo precedente il
giudice deve tenere conto [...] della gravit del reato desunta [...] dalla intensit del dolo o dal grado della colpa.
La Dottrina e la Giurisprudenza maggioritarie ritengono, invece, che riguardo alla contravvenzione, trattandosi di reati c.d. bagatellari,
non sia necessaria un'indagine sull'elemento soggettivo, di modo da sgravare il lavoro del giudice. Sarebbe da impiegare, perci, una
presunzione di colpa. Ma ci per Gallo non ammissibile, dal momento che ci contrasterebbe con il dettato del codice. L'art. 43
dispone, nel suo ultimo comma, che la distinzione tra reato doloso e reato colposo stabilita da questo articolo per i delitti si applica
altres alle contravvenzioni ogniqualvolta per queste la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico.
Ad ultimo, il Gallo sottolinea come le fattispecie delittuose ad elemento soggettivo equivalente (a.e. art. 171 bis l.633 1941) si
sostanzino in un modo di legiferare raro (e criticabile).
Ancora, nella l.689/1981 con la depenalizzazione di molti reati si sono impiegati criteri simili a quelli utilizzati per le contravvenzioni (si
veda art. 11).
6.OGGETTO GIURIDICO DEL REATO

Per oggetto giuridico del reato si intende l'interesse che la norma penale mira a tutelare da possibili offese.
La c.d. scuola tecnico-giuridica distingueva fra:
Oggetto giuridico formale: consiste nel diritto dello Stato all'obbedienza della norma da parte dei destinatari;

Oggetto giuridico sostanziale generico: l'interesse dello Stato a conservare le condizioni della propria esistenza;
Oggetto giuridico sostanziale specifico: l'interesse del soggetto passivo del reato (tutelato dalla singola norma o da una pluralit di
norme).
Gallo trova argomentazioni sia contro l'oggetto giuridico formale che contro quello sostanziale generico. Egli invece identifica l'oggetto
giuridico sostanziale nell'interesse tutelato dalla singola norma penale. Il finalismo della norma penale non pu, infatti, che coincidere
con la tutela di un interesse, ed ha funzione propulsiva: la norma mira ad evitare che la violazione dell'interesse abbia a prodursi. Tuttavia,
tale funzione propulsiva non deve intendersi un mero appiattimento rispetto ad una moralit ufficiale o di Stato. Infatti, gli obblighi a
contenuto negativo (non fare) tendono a tutelare un dato gi esistente; semmai il pericolo pu essere ravvisato di pi in quelli a contenuto
positivo (fare), che tendono ad ispirare tipi e modelli di comportamento.
In favore dell'argomentazione dell'oggetto giuridico quale interesse tutelato dalla norma penale, una conferma positiva pu essere
ritrovata nell'art. 50 c.p., che prevede la scriminante del consenso dell'avente diritto:
Art. 50 Consenso dell'avente diritto: Non punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che pu
validamente disporne.
Altro esempio nell'art. 120 c.p., che dispone che il diritto alla querela spetta alla persona offesa dal reato: quindi, non chiunque abbia
riportato un'offesa, ma solo il titolare dell'interesse messo in pericolo:
Art. 120 Diritto di querela: Ogni persona offesa da un reato per cui non debba procedersi d'ufficio o dietro richiesta o istanza ha
diritto a querela [...].
Di solito, il tipo descrittivo la fattispecie astratta della disposizione corrisponde alla difesa all'interesse protetto. Tuttavia, in certi
casi, essi divergono. Gallo, in altri termini, si schiera per la irrilevanza penale di un comportamento quando esso non lede o intacca in
modo alcuno nessun interesse protetto. Dunque, affinch si tratti di reato, il fatto concreto, oltre a corrispondere al tipo descrittivo, dovr
anche ledere un interesse protetto. Due esempi di scuola per dimostrarlo: se uno stacca un acino d'uva, in base alla pura forma del furto si
dovrebbero rinvenire nel fatto gli estremi degli artt. 624 e 625 c.p.: furto aggravato da violenza sulle cose. Ancora, nel caso di acquisto di
cose di provenienza sospetta, la pura forma della fattispecie dell'art. 712 farebbe rinvenire il comportamento penalmente rilevante nella
mancanza di accertamento della legittimit della provenienza. Ma se poi, nel corso del procedimento, si accerta che le cose erano di lecita
provenienza, il comportamento posto in essere sar irrilevante.
Un dato normativo di conferma pu essere rinvenuto nel secondo comma dell'art. 49 c.p.:
Art. 49: [...] La punibilit altres esclusa quando, per la inidoneit dellazione o per la inesistenza delloggetto di essa, impossibile
levento dannoso o pericoloso. [...]
Tale riscontro sulla inidoneit dell'azione dovr sempre essere fatto nel corso del processo: un'indagine che appuri se il tipo descrittivo
ed il fatto corrispondente ad esso implica l'offesa all'interesse protetto. Se non c' offesa, come nel caso del chicco d'uva il fatto, pure
corrispondente alla fattispecie astratta del furto aggravato da violenza sulle cose, sar penalmente irrilevante.
7.ANTIGIURIDICIT FORMALE E SOSTANZIALE DEL FATTO COSTITUTIVO DI REATO

Siamo facilmente arrivati alle conclusioni poco sopra riguardo l'idoneit dell'azione alla lesione di un interesse protetto quale requisito per
la sua rilevanza quale reato.
La Dottrina ha discusso su questo tema con elaborazioni varie e spesso contrastanti, chiedendosi quali siano gli elementi nota distintiva,
requisito o carattere del fatto criminoso e se quali fra questi elementi determinino l'antigiuridicit del fatto. Punto daccordo sta nel
riconoscere che funzione del diritto quella di tutelare gli interessi della vita sociale; il dissenso nasce riguardo al modo di intendere la
relazione che sinstaura tra questi due termini. Due sono le teorie contrapposte:
Teoria dell'antigiuridicit sostanziale (materiale): deve essere effettuato sul fatto un duplice giudizio di disvalore: da un lato la sua
corrispondenza alla fattispecie astratta individuata dal legislatore; dall'altra una valutazione riguardo la lesione dell'interesse.
Teoria dell'antigiuridicit formale: l'offesa dell'interesse non rappresenta un elemento che contribuisce a determinare l'illecito. Unico
elemento a questo fine infatti la corrispondenza del fatto alla rispondenza al tipo astratto della fattispecie individuato dal legislatore.
Tale dualismo, ad ultimo, si riduce alla contrapposizione fra due scuole di pensiero: una che ritiene che il giudizio di disvalore non possa
che essere formulato alla stregua del diritto positivo, l'altra che vuol tenere conto di altri criteri di valore.
Per i seguaci del secondo orientamento (fra i quali molti dei giuristi italiani) c' l'opinione che scrive Gallo - l'illiceit giuridica penale
la sola vera illiceit giuridica, e che quest'ultima necessariamente formale. Per essi determinare un quid dotato di autonomia
rispetto al piano formale significherebbe sfociare nell'anarchia giuridica. I sostenitori dell'altra scuola ritengono, invece, necessario un
giudizio del giudice in base ad altri criteri forniti da legislatore: criteri variabili, come quelli etici, sociali od economici.
Gallo si pone in maniera diversa rispetto a questi due punti di posizione. Il giudice non pu essere mero arbitro, quale sarebbe se
adoperasse criteri diversi da quelli della legge per la valutazione di un certo fatto. Ma non si pu nemmeno adoperare quale unico criterio
di valutazione la corrispondenza di un fatto allo schema descrittivo fissato dalla legge. Ci, infatti, importerebbe la rilevanza penale di
comportamenti del tutto innocui: quale, a.e., prendere un chicco d'uva da una vigna non propria. (formalismo, tipicit pura)
Ergo, per Gallo necessario un giudizio sulla offensivit di un certo comportamento determinato. Tale giudizio va effettuato non dal
punto di vista personale dell'interprete (che potrebbe ispirarsi a criteri del tutto originali o incoerenti), ma dal punto di vista
dell'ordinamento. Un giudizio, cio, che sia congruo con gli stessi principi vigenti nell'ambito di un dato sistema normativo,
restando ancorati alla ratio, cio il principio che costituisce ragione sufficiente della norma.
Per Gallo, dunque, permesso un giudizio in base a requisiti di forma e di sostanza. Ma dove:
Forma: necessit che la condotta realizzi il modello di descrizione legale;
Sostanza: necessit che la condotta possa riconoscersi nel significato in ragione del quale il legislatore ha riconosciuto conseguenze
giuridiche a tali fatti.
Il requisito dell'offesa, dunque, significa solo esprimere l'esigenza che l'atto adempia alla ratio della sua (anti)giuridicit: nel diritto

penale, essa l'offesa di interessi che il sistema reputa di difendere dall'ingerenza dei terzi.
E questa non soltanto un'opinione: per Gallo essa ha specifico riscontro normativo nell'art. 49 II comma:
Art. 49: [...] La punibilit altres esclusa quando, per la inidoneit dellazione o per la inesistenza delloggetto di essa, impossibile
levento dannoso o pericoloso. [...]
8.IL FATTO-REATO
Quali sono gli elementi costitutivi del fatto-reato? Essi emergono dalle norme penali reali, dal diritto positivo dettato dal legislatore. A ci
sono dirette le regole dettate nella parte generale: esse si incentrano su modelli rispetto ai quali le figure di reato debbono adeguarsi.
A delimitare i profili dei comportamenti umani, della casella entro la quale debbono collocarsi, sono i termini azione ed omissione.
Tuttavia di per s stessi tali termini non dicono nulla del contenuto. In primo luogo, sono gli artt. 40 e 41 c.p. a disciplinare ogni nesso
causale rilevante per il diritto penale:
Art. 40: Rapporto di causalit. Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se levento dannoso o
pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha lobbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Art. 41: Concorso di cause. Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dallazione od
omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalit fra la azione od omissione e levento.
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit quando sono state da sole sufficienti a determinare levento. In tal caso, se
lazione od omissione precedentemente commessa costituisce per s un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.
La struttura minima ed inderogabile della fattispecie criminosa invece data dagli artt. 25 II comma e 27 I comma Cost.:
Art. 25 II comma- Nessuno pu essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.
Art. 27 I comma La responsabilit penale personale.
Gi ci siamo soffermati sul fatto che la legge penale prevede riserva assoluta di fonte rango legge, cos come sulla irretroattivit. L'art.
27, in rapporto alla personalit della responsabilit, rimanda alla riferibilit del fatto suscettibile di sanzione all'individuo in virt di ci
che lo rende persona umana e non mera forza causale; esso deve in altri termini essere riferibile alla sua coscienza ed alla sua
volont. Ergo, sempre dallo stesso articolo, si evince che il fatto deve essere fornito di lineamenti precisi, suscettibili di essere compresi
in rapporto al fatto concreto.
L'art. 25 spinge a ritenere che le scriminanti sono comprese nel fatto come elementi la cui mancanza necessaria affinch lo stesso fatto
possa considerarsi illecito penale. Ponendo il caso che una disposizione intervenisse ad abrogarne un'altra che contiene una scriminante, la
garanzia legislativa dell'art. 2 e quella costituzionale dell'art 25 garantiscono che il fatto non sia punibile.
9.NOZIONI COSTITUZIONALE E NOZIONI CODICISTICHE DEL FATTO
La nozione costituzionale (25 Cost.) del fatto comprensiva tanto dell'elemento oggettivo, dellelemento soggettivo (ELEMENTI
POSITIVI) e dellassenza di situazioni scriminanti (ELEMENTI NEGATIVI).
Qual , invece, l'uso che del termine fatto compiono il Codice Penale e le restanti leggi ordinarie? Dall'art. 1 c.p., si evince che il termine
fatto esprime la stessa nozione analizzata in sede costituzionale; e dalla interpretazione sistematica degli artt. 47, I comma (errore sugli
elementi positivi) e 59, ultimo comma (supposizione erronea di elementi negativi), emerge innanzitutto che entrambi escludono il dolo
(per non rappresentazione dei primi, ed erronea supposizione dei secondi) lasciando spazio alla sola colpa se prevista , e che quindi la
nozione di fatto sar la stessa, di portata ampia, ex art. 25 Cost, I comma.
10.CONCEZIONI BIPARTITA E TRIPARTITA DELLA FATTISPECIE CRIMINOSA
Molto si discusso in dottrina riguardo la ripartizione degli elementi essenziali o costitutivi del reato. Due sono le ripartizioni che
vanno per la maggiore; vediamo quali:
1.
2.
3.

Concezione tripartita
Fatto: esso l'insieme degli elementi materiali di cui necessaria la realizzazione;
Antigiuridicit obiettiva: qualificherebbe il fatto nel senso della contrariet alla legge penale;
Elemento soggettivo o volont colpevole: permette l'imputazione del fatto antigiuridico a chi l'ha posto in essere.

1.
2.

Concezione bipartita
Fatto, con el. positivi ed assenza di el. negativi;
Elemento soggettivo
Da questa prima schematizzazione si pu gi notare come la concezione bipartita non accolga l'elemento dell'antigiuridicit obiettiva
come costitutivo del reato. Gallo d'accordo; la teoria dell'antigiuridicit penale obiettiva va incontro, infatti, ad una serie di difficolt
quando ci si domanda quale sia il criterio alla stregua del quale si formula il relativo giudizio. Essa non pu essere ravvisato nella norma
penale incriminatrice; e nemmeno si pu ritenere che il giudizio di antigiuridicit si proponga alla stregua di norme diverse da quella
incriminatrice. Dunque, la teoria dell'antigiuridicit penale obiettiva non pu essere accolta, dal momento che non pare dare risposte
soddisfacenti.
Per Gallo, tuttavia, il senso di tale teoria quello di porre l'elemento negativo nella assenza di scriminanti. Dal momento che il concetto
di fatto umano tipico, cos come risulta dal combinato degli artt. 47 e 59, ricomprende la presenza di queste, ragioni di semplicit e
facilit rendono vantaggioso spiegare la struttura del reato con una concezione bipartita fatta di elemento oggettivo, cio il fatto, e di
elemento soggettivo, ovverosia la volont colpevole che rende possibile imputare il fatto giuridico a chi l'ha posto in essere.

11.I PRESUPPOSTI DEL REATO


Per parte della Dottrina, tali presupposti costituirebbero presupposti condizionanti l'esistenza dell'illecito. Alcuni la ravviserebbero nella
presenza di una regola incriminatrice. Ma ci, per Gallo, sbagliato: questa, infatti, una concezione che confonde il concetto
giuridico di reato con quello fenomenico. Allo stesso modo, alcuni ravviserebbero il presupposto nella presenza di un soggetto agente.
Ma anche ci pu essere contestato agevolmente: il soggetto non infatti il presupposto, ma colui che d vita al reato. Quanto
all'esistenza di un bene giuridicamente tutelato, anche questa teoria criticabile alla stregua di quanto gi riportato per la presenza della
regola incriminatrice.
Pu accogliersi, invece, la teoria che ravvisa nei presupposti del reato la condotta del soggetto agente, cio di quegli elementi naturali o
giuridici che debbono preesistere alla condotta criminosa perch il reato abbia a verificarsi. Ci accade, a.e., nel reato di bigamia (556
c.p.), per l'altruit della cosa nel furto (624 c.p.), la gravidanza nell'interruzione della stessa senza il consenso della donna.

CAP II. IL FATTO DI REATO


Sezione prima GLI ELEMENTI POSITIVI DEL FATTO
1.LA CONDOTTA NUCLEO DEL FATTO DI REATO
Gi siamo arrivati alla conclusione che il reato formato da due elementi: il fatto umano al quale va ad aggiungersi la volont colpevole.
Si parla, quindi, di una condotta umana.
Tuttavia, nel linguaggio legislativo, del termine condotta non si fa quasi mai menzione salvo che in casi rari (vedi art. 133 c.p.). Capita,
invece, di leggere altri due termini: azione ed omissione. Il rapporto dialettico fra questi due termini caratterizza ogni sistema normativo,
anche quando le norme di questo sistema non sono giuridiche (ma etiche, di costume, tecniche, ecc.).
La dottrina dominante, negli illeciti di azione tiene conto del sostrato naturalistico: un comportamento umano consistente in un'azione
positiva, estrinsecazione dell'energia muscolare del soggetto agente nel mondo esterno. Invece, negli illeciti si omissione si tiene conto
del dato normativo: l'illecito di omissione consiste nel non aver tenuto una certa condotta in rapporto ad un certo dato normativo. Ma ci
risponde a verit?
esatto rinvenire la struttura naturalistica soltanto nell'azione, e sostenere che l'omissione non pu essere che ravvisata solo in rapporto
ad una norma? Per Gallo non cos; anzi: tanto il comportamento attivo che quello omissivo si sostanziano in ESTRINSECAZIONI
DI ENERGIA MUSCOLARE (aliud agere). Non possibile, infatti, ipotizzare una condotta umana che non si ponga come
atteggiamento esteriore: laddove, infatti, vi sia inerzia vi sar pur sempre estrinsecazione di energia muscolare. (silenzio e
favoreggiamento ex art. 378 c.p.)
Per i motivi appena esposti, possiamo arrivare alla seguente conclusione: la definizione di un illecito come di azione o di omissione non
dipende da come si estrinsecato il comportamento del soggetto agente, da un elemento naturalistico del fatto in s considerato, ma
dipende dal rapporto fra fattispecie concreta e fattispecie astratta, cio tra situazione di fatto e contenuto del dovere giuridico. Ragion
per cui il riscontro col dato normativo sar sempre necessario, anche in caso di omissione.
2.AZIONE COSCIENTE E VOLONTARIA
1.

2.

3.

Nella legislazione penale si parla di azione ed omissione secondo tre accezioni.


La prima, pi ampia, fa coincidere azione ed omissione con l'intero fatto costitutivo di reato: dall'art. 81 I e II comma si evince che
pu trattarsi sia di fatto realizzato in violazione di un obbligo a contenuto negativo, quanto di un obbligo a contenuto positivo. Nel primo
caso il reato sar di azione (l'obbligo di non fare e tu hai fatto); nel secondo di omissione (l'obbligo era di fare, tu non hai fatto). In
entrambi i casi, comunque, azione ed omissione sono semplici sinonimi di fatto; nella stessa accezione in cui il termine appare in apertura
del codice penale: Nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge [...].
La seconda utilizza i due termini per indicare la condotta umana che cagiona l'evento dannoso o pericoloso vietato. questa
l'accezione dell'art. 40, I comma: Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o
pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non conseguenza della sua azione o omissione.
Tale significato, tuttavia, utilizzabile solo nei reati che esigono come elemento costitutivo una conseguenza.
Stanti questi significati dei termini azione ed omissione, non ci resta che indagare su un altro requisito di fattispecie che deve
riscontrarsi in ogni illecito penale: si tratta della COSCIENZA E VOLONT. Disciplina infatti l'art. 42, I comma:
Art. 42. Responsabilit per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale. Responsabilit obiettiva. Nessuno pu essere punito per
unazione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non lha commessa con coscienza e volont.
Cosa implica questo articolo? Che, affinch un fatto sia penalmente rilevante, esso non esige solo di un'azione e di una omissione, ma
anche di un momento riferibile alla coscienza ed alla volont dell'individuo che l'ha posto in essere; in altri termini, alla dominabililt.
A.e., non sar un fatto rilevante versare il liquido che credo la medicina nel bicchiere di un parente ammalato.
Se coscienza e volont mancano, come nel caso in cui l'agente non poteva compiere, a causa di una forza esterna, una condotta diversa,
l'atto non riferibile al soggetto come persona umana, nonostante ci sia l'azione o l'omissione. come se l'uomo non avesse agito, o come
se ad agire al suo posto sia stata una forza della natura.
L'indagine sulla coscienza e sulla volont serve sul piano operativo all'accertamento dell'elemento psicologico del reato: del dolo o
della colpa. Perch il codice opera tale separazione? Perch contrappone la coscienza e la volont al dolo ed alla colpa? La separazione
risiede nelle diverse conseguenze che si producono in caso di assoluzione, cio a seconda che essa sia avvenuta per difetto di coscienza
o volont o per difetto di dolo o colpa. Tali conseguenze si riverberano non solo nel campo degli effetti penali, ma anche in quello degli
effetti extra-penali.
Difetto di coscienza e volont: in questo caso viene a mancare un fatto oggettivo penalmente rilevante. Sul piano sistematico i due
elementi sono, infatti, requisiti della fattispecie oggettiva. In questo caso, la formula di assoluzione sar il fatto non sussiste. In caso

di difetto del requisito della coscienza e volont, infatti, non c' fatto.
Difetto di dolo o colpa: in questo caso il fatto penalmente rilevante esiste; tuttavia, mancando l'elemento soggettivo, non riconducibile
alla persona dell'agente. La formula dell'assoluzione sar: il fatto non costituisce reato.
Sul piano penale, la differenza che esiste in un caso ovvero nell'altro solamente formale; in entrambi i casi il soggetto non colpevole.
Anche nel campo extra-penale dovrebbe essere lo stesso; tuttavia, in alcuni casi ritenuti meritevoli di tutela rafforzata c' un
rovesciamento dell'onere della prova. Ci pu accadere nei giudizi civili o amministrativi. Poniamo l'esempio di un guidatore che, nel
primo caso, sia stato assolto per mancanza di prove sull'elemento soggettivo; nel secondo per insufficienza di prove sulla coscienza e
volont:
Guidatore assolto per mancanza di prove sull'elemento soggettivo: ai fini del giudizio civile, ex art 2054 c.c., si verificher
l'inversione dell'onere della prova: il conducente di un veicolo senza guida di rotaie obbligato a risarcire il danno prodotto a persone
o cose dalla circolazione del veicolo se non prova di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno.
Spetter, dunque, all'autore del fatto di aver agito senza colpa (nel contesto dell'azione per risarcimento del danno).
Guidatore assolto per mancanza di prove su coscienza e volont: dal momento che queste ultime due costituiscono una frazione
dell'elemento oggettivo, il dubbio verter sullo stesso fatto costitutivo di reato. , in altri termini, un dubbio che investe l'esistenza
stessa del fatto. Non potr, cos, operare il rovesciamento dell'onere della prova di cui al 2054 c.c.
Ci si chiama tutela rafforzata di certi interessi e conduce in ipotesi come quella appena vista a non fermarsi di fronte ad una
motivazione di insufficienza di prove: toccher al convenuto la piena prova dell'assenza di colpa.
Coscienza e volont e momenti dell'iter criminoso
In rapporto a quali dei diversi momenti dell'iter criminoso va accertata l'esistenza della coscienza e della volont? Il problema non di
poco conto. Tuttavia neanche in questo caso pu essere data una risposta unitaria. Sar, invece, necessario distinguere a seconda dei tipi di
reato.

Reati di azione:
Reati a forma vincolata: qui la coscienza deve rivolgersi a quel segmento del fare dell'uomo che corrisponda alla descrizione della figura
criminosa, quindi lo stesso legislatore qui a stabilire il momento in cui deve essere presente.
Reati a forma libera (o fattispecie causalmente orientate): qui la condotta non ha rilevanza per le forme intrinseche che la caratterizzano,
quanto per la rilevanza del collegamento con un risultato ad essa esterna. Un reato del genere , a.e., l'omicidio.
In tali reati l'atto tipico non pu essere colto in funzione dell'idoneit causale dell'atto rispetto all'evento. Infatti, se fosse sufficiente la
presenza della coscienza e della volont in uno qualsiasi degli atti dell'iter criminoso, ogni atto preparatorio sarebbe tipico, e di questo
passo - si arriverebbe a punire anche la mera intenzione.
Nei reati a forma libera caratterizzati da dolo l'atto tipico sar l'ultimo della catena prima del quale si esplichi il processo causale in
direzione dell'evento; quello nel quale pi si esprime la signoria dell'agente. Se coscienza e volont mancano in quest'ultimo atto, sar
impossibile imputare il fatto all'agente, anche se tutti gli altri precedenti sono stati caratterizzati dalla volont. Nel caso dell'omicidio, a.e.,
pure se tutti gli atti preparatori (acquisto della pistola, mira, ecc.) sono stati sorretti da dolo ma non l'ultimo qualora l'agente sia scivolato
ed il colpo partito accidentalmente uccidendo la persona designata il fatto non sar imputabile a titolo di dolo. E vale anche l'inverso, nel
caso gli atti preparatori siano stati fatti sotto costrizione, ma l'ultimo con coscienza e volont (perch l'agente ha cambiato idea).
Invece, nei reati a forma libera caratterizzati da colpa, ci che conta ai fini dell'imputazione a titolo di colpa se sussistano le condizioni
di rappresentabilit ed evitabilit nell'ultimo istante in cui sarebbe stato ancora possibile rimuovere ci che rendeva rappresentabile ed
inevitabile l'evento.
In entrambi i casi, quindi, l'atto tipico che deve essere assistito da coscienza e volont l'ultimo: l'ultimo della catena o quello
contrassegnato dall'ultima possibilit di rimuovere gli effetti del comportamento imprudente, negligente o imperito. Se nell'ultimo
momento sopravviene una forza alla quale il soggetto non pu resistere, l'evento cagionato non gli si potr imputare a colpa.
3.OMISSIONE COSCIENTE E VOLONTARIA

1.
2.
3.

Reati di omissione
Qui l'esistenza della coscienza e della volont pu essere accertata solo attraverso l'analisi della condotta positiva diversa tenuta
dall'agente rispetto quella dovuta nel momento immediatamente precedente la scadenza del termine. L'omissione sar priva di
coscienza e volont se la condotta tenuta diversa da quella necessitata.
Vi sono tre distinte tesi riguardo la c.d. natura della condotta omissiva:
L'omissione un non fare,
L'omissione un aliud agere, un diverso agire rispetto a quello cui il soggetto era tenuto;
L'omissione consiste nella violazione di una norma.
Queste tre tesi, per Gallo, non sono da contrapporsi, ciascuna cogliendo un momento dell'omissione. Esse possono, anzi, essere
ricondotte ad unit. L'omissione, infatti, consiste in un non fare ma non sul piano naturalistico, quanto rispetto ad una condotta posta
in essere invece di un altro comportamento prescritto.
Altra considerazione da fare, che l'obbligo di fare postula sempre un termine. Termine che pu essere perentorio, cio tale da non
ammettere un adempimento tardivo, ovvero ordinatorio, tale che anche se tardivo l'adempimento realizza comunque la pretesa posta
dall'ordinamento. L'obbligo di fare, infatti, non pu prescindere da un termine che ne assicuri l'effettivit.
Quindi, se antecedentemente a questo termine si verificato un evento non imputabile al soggetto agente che lo ha posto nell'impossibilit
di adempiere all'obbligazione, non gli si potr addebitare l'obbligazione.

4.LA STRUTTURA DELLA COSCIENZA E VOLONT


PREMESSA: Anche se pu sembrare propria dellelemento soggettivo (in quanto segmento iniziale di qualsiasi criterio di imputazione
soggettivo), in realt la coscienza e volont appartiene allelemento oggettivo, perch ex art. 42, I comma, in caso di difetto della stessa, il
comportamento non sar neanche considerato giuridicamente rilevante; non verr in rilievo neanche quale azione od omissione. E per
questo che stata collocata in questo primo comma, altrimenti sarebbe bastato lart. 43 sullelemento psicologico.

Cominciamo ancora col I comma dell'art 42:


Art. 42. Nessuno pu essere punito per unazione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non lha commessa con coscienza e
volont.
Leggendo alla lettera il solito art. 42 I comma, sembrerebbe evincersi che tanto l'azione che l'omissione debbano essere sorrette da un
impulso volontario, derivante dalla coscienza e dalla volont. Tuttavia stragrande maggioranza della dottrina e giurisprudenza stavolta
Gallo compreso ritiene che la responsabilit sussista anche per una serie di atti, compiuti automaticamente, alla cui origine non si
pu ravvisare un impulso cosciente. Dove l'assenza di impulso cosciente pu ravvisarsi nella mancanza del passaggio dell'impulso
attraverso la zona lucida del cervello.
C' da dire se cos non fosse, qualora si negasse in questi casi la responsabilit per colpa, si arriverebbe a negare la responsabilit per la
maggior parte delle fattispecie colpose. Ecco quindi che, per tali motivi, se nei reati dolosi la coscienza e volont della condotta deve
sempre essere costituita da un impulso cosciente, nei reati colposi l'attribuzione della responsabilit avviene talvolta alla stregua di
criteri normativi di imputazione.
L'ordinamento, cos, riesce a sanzionare anche quei comportamenti che, pur non derivando da un impulso volontario, sono comunque ad
esso riferibili. La volontariet dell'atto si traduce, cos, in controllabilit dello stesso atto da parte della volont; comunque in un atto
che, se fossero stati pienamente esercitati i poteri di impulso ed inibizione, sarebbe stato evitabile: quello che, a.e., accade per chi agisce
colposamente causa la sua ubriachezza o altro stato di mancanza di lucidit. Sarebbe stato comunque possibile evitare di ubriacarsi, e la
mancanza dell'impulso volontario da sola non potrebbe giustificare l'assenza di responsabilit.
Gli unici casi in cui questa libert di scelta esclusa sono quelli di FORZA MAGGIORE.
Quali sono?
Forza maggiore in senso stretto: la forza esterna che, per il suo potere irresistibile, determina la persona in modo necessario ed
inevitabile. Art. 45
Forza maggiore come risultato di una forza umana: come su, ma con l'intervento umano a.e. il costringimento fisico. Art. 46
Forza maggiore che rende completamente impensabile un atto di volont diverso: a.e. l'incoscienza INVOLONTARIA (non quella
volontaria, come l'ubriachezza!). Ex art. 42, I comma
Sar il giudice, nel suo iter, a dover accertare che cause di forza maggiore non siano intervenute: accertare, non dimostrare: altrimenti si
tratterebbe di probatio diabolica. Qualora non emerga alcun dato processuale in questo senso, il giudice libero di ritenere la c.d. libert
dell'azione (assenza di forza maggiore), proprio perch l'esperienza dei casi simili insegna che l'azione determinata da forza maggiore
costituisce l'eccezione rispetto alla regola: quella dell'eccezione libera.
5.AZIONE: UNIT E PLURALIT
Quand' che l'azione pu essere detta unica? A.e.: Tizio percuote Caio con pi atti tipici di percosse, ripetuti in pochi minuti. In questo
caso, dobbiamo computare tanti reati quante sono le azioni, oppure rinvenire un'unica azione costitutiva di reato?
Una prima risposta prova a darla la teoria teleologica: l'atto sarebbe unico quando le varie azioni sono legate da un vincolo di
connessione teleologica; atti che secondo un criterio normativo sociale sono realizzati ad intervalli di tempo tali per cui non si pu dire
che sia finito un atto e che ne sia iniziato un altro.
Gallo, tuttavia, dissente da questa teoria: l'analisi teleologica appartiene, infatti, ad un momento successivo al verificarsi del reato. Egli,
invece, ritiene che i criteri da adottare siano due: il primo quello della contestualit. Esso per da solo non sufficiente: a.e., poniamo il
caso di un ladro che con un unico gesto si impossessi di due orologi appartenenti a diversi possessori. I furti sono due! Quindi dovr
introdursi un secondo criterio: quello della lesione del medesimo interesse rilevante.
In conclusione, l'azione unica se composta da uno o pi atti tipici contestuali che offendono un'unica volta il medesimo interesse
penalmente rilevante.
6.REATI DI MERA CONDOTTA E AD EVENTO NATURALISTICO; REATI A FORMA VINCOLATA E CAUSALMENTE
ORIENTATI
Confrontiamo ora vari tipi di reati, al fine di cogliere la struttura del fatto oggettivo. Cominciamo leggiamo l'art. 640, riguardo la truffa:
Art. 640. Truffa. Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a s o ad altri un ingiusto profitto con altrui
danno, punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 51 euro a 1032 euro.
La pena della reclusione da uno a cinque anni e della multa da 309 euro a 1549 euro:
1) se il fatto commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o lerroneo convincimento di dovere
eseguire un ordine dellAutorit.
Il delitto punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o
unaltra circostanza aggravante.
Tale fattispecie oggettiva esige il verificarsi di una serie di eventi, dei quali tre sono direttamente menzionati (artifizi o raggiri del
soggetto attivo, errore del soggetto passivo, profitto ingiusto per il truffatore o altro) ed un altro (l'atto di disposizione patrimoniale dal
truffato al truffatore o altro) si evince per via interpretativa.
L'art. 575 c.p. dispone, invece, riguardo l'omicidio:

Art. 575. Omicidio. Chiunque cagiona la morte di un uomo punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno.
Quale differenze si colgono rispetto alla truffa di cui sopra? Nel caso della truffa la condotta descritta per note interne, tipicizzata
per elementi intrinseci: pu esserci truffa solo se si pone in essere la condotta nel modo descritto dall'art. 640.
Nell'omicidio, invece, qualsiasi condotta umana che si ponga quale antecedente causale della morte idonea a costituire reato.
I due reati, secondo quanto appena scritto, possono quindi essere distinti in:
REATI A FORMA VINCOLATA: come nel caso della truffa, la condotta descritta per note interne e tipicizzata.
REATI CAUSALMENTE ORIENTATI (forma libera): come nel caso dell'omicidio, quelli in cui qualsiasi condotta umana idonea a
costituire reato se si pone come antecedente causale del fatto descritto nella fattispecie.
Altra differenza importante, quella che si pu cogliere a seconda della rilevanza della condotta o del suo risultato:
REATI DI MERA CONDOTTA: a.e. l'art. 241 c.p. sanziona qualsiasi comportamento IDONEO a sottoporre il territorio di uno Stato
o una parte di esso alla sovranit dello Stato straniero. Si parla di mera condotta in quanto questo reato non presuppone la realizzazione
del risultato: infatti punita la condotta idonea a raggiungere quel risultato. Cos come nel caso della calunnia (art. 368 c.p.), la legge
prescinde totalmente dal risultato della falsa incolpazione.
REATI CON EVENTO NATURALISTICO: come nel caso dell'omicidio o della truffa, la legge richiede il realizzarsi di certi eventi
naturalistici (morte o quelli sopra descritti per la truffa).
La distinzione fra questi tipi di reati di 4 diverse tipologie si sovrappone e si incrocia. Ed una differenza che, si badi bene, vale tanto
per i reati di azione che di omissione. In particolare, nei reati di omissione, a seconda della rilevanza che viene data all'evento
naturalistico si distingue fra:
REATI OMISSIVI PROPRI: quelli in cui, come nel caso dell'omissione di soccorso (593 c.p.) violato un obbligo a contenuto positivo
direttamente discendente da una norma penale incriminatrice;
REATI OMISSIVI IMPROPRI: in questo caso la violazione dell'obbligo si ha ai sensi dell'art. 40 II comma: non impedire un evento
che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo.
Dunque, solo nei reati omissivi impropri si vedr all'evento naturalistico causalmente collegato per vedere se un comportamento ha o
meno rilevanza penale.
7.L'EVENTO

Stante quanto sopra esposto, gi ad una prima analisi sorge spontanea una domanda: sia il reato con evento naturalistico quanto quello di
mera condotta provocano conseguenze nel mondo esterno: in altri termini, degli eventi. Tutte le condotte come anche tutti i reati
producono un quid novi nel mondo esterno. Allora perch esiste una distinzione a seconda dell'evento?
Perch nei reati di mera condotta la natura dell'interesse tutelato esige che l'ordinamento prenda in considerazione la pura e semplice
condotta, mentre nei reati ad evento naturalistico l'interesse tale da richiedere tutela quando si verifichi una modificazione nel mondo
esterno. Un evento che pu essere di natura varia: fisiologica, a.e., come la morte, ma anche fisica, psicologica, patrimoniale. Tale
modificazione chiamata evento naturalistico.
A tale accezione di evento si affianca quella di evento giuridico, che consiste nell'offesa all'interesse giuridicamente tutelato.
Ricapitolando:
Evento naturalistico: consiste nella modificazione del mondo esterno rilevante per la norma incriminatrice. Esso presente solo nei
reati causalmente orientarti, nei quali una modificazione appunto rilevante per l'operare della norma incriminatrice.
Evento giuridico: consiste nella offesa all'interesse giuridicamente protetto ed presente in ogni fattispecie, a differenza di quello
naturalistico. Ci perch, se manca lesione o messa in pericolo dell'interesse protetto, non vi reato.
Rimane ora da chiarire con quale accezione debba intendersi il termine evento quando utilizzato dal legislatore. Gallo scrive che:
Si parla di evento naturalistico: ogniqualvolta nella norma penale la parola evento designa un quid che posto in relazione alla
condotta come effetto della causa: a.e. nell'accezione degli artt. 40 e 41 c.p.
Si parla di evento giuridico: quando non si prospetta il requisito del rapporto causale, come nel caso dell'art. 43 I e II comma.
Sempre Gallo, in conclusione di questo discorso, che la pluralit di significati che la stessa parola evento presenta nel corso dello stesso
articolo di legge [...] una realt normativa alla quale giocoforza arrendersi.
8.NESSO DI CAUSALIT NELLA STRUTTURA DEL FATTO OGGETTIVO: LA CAUSALIT NEI REATI DI MERA
CONDOTTA

Nei reati di mera condotta non si dovrebbero porre problemi riguardo al nesso di causalit fra condotta ed evento, consistendo appunto il
reato solo nel primo di questi due elementi. A sostenere questa opinione, sono anche Dottrina e Giurisprudenza. La conferma pare trovarsi
anche negli artt. 40 e 41 c.p., che disciplinano il rapporto di causalit facendo riferimento all'evento dannoso o pericoloso che deve essere
conseguenza dell'azione o dell'omissione.
Ma Gallo non condivide nulla di tutto ci. Per lui, infatti, errata la conclusione secondo la quale i reati di mera condotta non
darebbero luogo ad alcun tipo di problema di causalit. Tanto per fare un esempio, in una vicenda criminosa di furto si possono
inserire dei passaggi causali nella condotta tipica: a.e., nel furto realizzato tramite gazza ladra. Gi da questo esempio si evince come i
problemi di causalit non si pongono soltanto per i reati ad evento naturalistico, ma anche per quelli di mera condotta.
La differenza risiede in questo:
Nei reati con evento naturalistico: l'esistenza del nesso causale fra condotta e reato richiesta dalla stessa struttura della figura
criminosa;
Nei reati di mera condotta: l'esistenza di tale nesso solo eventuale, e dipende dalle modalit concrete di esecuzione del fatto.
Quando si pongono all'interno di fattispecie astratte di mera condotta problemi riguardo al nesso di causalit, sono applicabili gli artt. 40
e 41 c.p.? Dottrina e giurisprudenza hanno risolto il problema sostenendo che, nel caso analogo delle fattispecie di concorso di persone, la

condotta del concorrente diviene evento rispetto la condotta dell'altro, cos realizzando una situazione rilevante ai sensi degli artt. 40 e
41 c.p.
Ma questa, per Gallo, solo una soluzione nominalistica, ed il problema va risolto unitariamente per ogni ipotesi di nesso di causalit tra i
vari momenti dell'esecuzione della condotta.
9.IL PROBLEMA DEL NESSO CAUSALE COME PROBLEMA DI IMPUTAZIONE

1.
2.

Approfondire il discorso della causalit significa sciogliere un nodo importante riguardo l'imputazione. La discussione ha finora portato
all'elaborazione di due ipotesi, elaborate da filosofi e studiosi, in particolare per quanto concerne i fenomeni delle scienze naturali (basti
pensare a David Hume):
Rapporto di causalit come SCHEMA LOGICO: utile a ricostruire il processo di sviluppo della realt o della forma mentale che
condiziona il modo d'essere;
Rapporto di causalit come SCHEMA ONTOLOGICO: inerente la struttura stessa del reale.
Ma cosa significa porre il problema della causalit sul PIANO GIURIDICO?
1) c.d. illuminismo giuridico: gli studiosi di questa scuola si occuparono non tanto della causalit in s stessa (che gi creava molti
problemi ai filosofi), quanto del rapporto di causalit rilevante per il diritto penale. Per i giuristi illuministi il diritto doveva occuparsi
solo delle cause prossime, non delle cause remote. Per Gallo questa concezione accettabile, ma soltanto per una societ scarsamente
sviluppata sul piano tecnologico. In un mondo in questo settore sviluppato, invece, la responsabilit pu essere attribuita anche sula base
di condotte molto distanti cronologicamente dall'evento. Basti pensare ad una macchina difettosa che dopo anni esplode, uccidendo degli
operai.
2)Un'altra tesi sostiene invece che per rapporto causale nel diritto deve intendersi il rapporto in cui la condotta umana CAUSA
EFFICIENTE dell'evento: lo ha determinato, lo ha prodotto, gli ha dato la forma. Secondo Gallo, tuttavia, tale criterio messo in crisi
ogniqualvolta il risultato determinato non da una condotta umana, ma da condizioni di altro tipo: a.e. il crollo di una diga per la
pressione di un nubifragio. Qui lo spessore delle dighe, inferiore a quello della regola d'arte, nell'ottica della causa efficiente si profila
come mera occasione.
3)Anche la scuola che concentra l'attenzione sulla struttura logico-naturalistica della causalit va incontro a problemi. Essa si basa
sull'asserto che inesatto parlare di causa con riferimento ad un singolo fattore. A.e., tentando di collegare un processo tra A e B, ci si
rende conto che B non conseguenza diretta solo di A, ma anche di una serie di altri fattori: i c.d. fattori condizionanti. Solo l'insieme di
tali fattori sufficienza alla produzione dell'evento; i singoli fattori presi in considerazione di per s stessi sono solo condizioni
necessarie, non sufficienti.
Dunque, dopo aver visto l'esito ti tutti questi approcci, non resta che concludere che nessuno in grado di porre in essere, isolandola, la
causa dal suo complesso globale. infatti impossibile isolare tutte le condizioni che la costituiscono. Alla condotta umana non si pu
chiedere altra qualificazione se non quella di essere una delle condizioni dell'evento, dal momento che fra queste condizioni non
possibile distinguere: sopprimendo una qualsiasi di esse, si escluderebbe il verificarsi dell'evento.
Da tale approccio nasce la teoria della conditio sine qua non. Per la quale causa rilevante dell'evento quella condizione che
necessaria per il verificarsi di esso, consistente nella condotta di un uomo: quella condotta umana che, se non si fosse verificata,
avrebbe escluso la realizzazione dell'evento.
Per Gallo tale teoria quella che pi si avvicina a risultati efficienti. Per l'Autore, tuttavia, necessario da considerare anche l'elemento
soggettivo.
La teoria della conditio sine qua non, corretta aggiungendo tale elemento, diventa cos la teoria soggettiva della causalit. Questa per
non varrebbe per le ipotesi in cui levento posto a carico dellagente indipendentemente dalla presenza del dolo o della colpa, esempio
tipico: lomicidio preterintenzionale (si dovrebbe concludere per imputare tale reato a colui che cagioni la morte con uno schiaffo). E
quindi necessario accertare se, nel nostro ordinamento, esistano delle ipotesi di responsabilit oggettiva, nelle quali l'evento criminoso
posto a carico del soggetto agente indipendentemente dalla presenza di dolo e colpa. Da una breve analisi (fatta gi nel volume I di Gallo)
risulta che l'art. 27 Cost. detta il requisito della personalit della responsabilit penale, che dev'essere elemento costitutivo di ogni
fattispecie di reato. In conclusione, ogni ipotesi di reato non sorretta n da dolo, n da colpa, deve comunque essere sorretta almeno dal
requisito della rappresentabilit (eliminando il rischio dellimputazione della morte per schiaffo!)
Il superamento della teoria della pura conditio sine qua non e l'approdo alla teoria soggettiva della causalit appare messo in crisi per in
tutte quelle ipotesi in cui fuori discussione sia la conditio, ma anche la natura dolosa del fatto: a.e. Tizio che ferisce leggermente, ma con
intenzione omicida, Caio che poi rimane vittima di un incendio nell'ospedale in cui si recato. Essendo la condotta di tizio conditio ed
inoltre sorretta da dolo, si dovrebbe concludere per limputazione di omicidio doloso consumato. E per evitare simili soluzioni, la teoria
soggettiva va integrata col requisito delladeguatezza. In altri termini, la condotta umana, da considerarsi condizione necessaria a
seguito di accertamento logico-naturalistico, deve apparire nella sua materialit proporzionata al tipo di risultato che da essa
discende. Se tale proporzionalit non c', il rapporto di causalit viene a mancare: per questo che Tizio non potr essere imputato per
l'omicidio di Caio. , dunque, un criterio di causalit adeguata. Criterio che, prevalente nella dottrina tedesca (e sovente nel diritto
processuale civile italiano), sembra essere anche nel nostro ordinamento utilizzabile.
10.ARTT. 40 E 41 C.P.: LA SOLUZIONE LEGISLATIVA
Abbiamo accertato che il criterio dell'adeguatezza utilizzabile nella pratica. Trova, tuttavia, riscontro nel diritto positivo? I redattori
del codice, nel 1930, si ispiravano, tuttavia, al criterio della conditio sine qua non. In quale misura questa ispirazione venne tradotta nel
diritto positivo?
Leggiamo gli artt. 40 e 41 c.p., dedicati alla disciplina del rapporto di causalit.

Art. 40. Rapporto di causalit. Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se levento dannoso o
pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non conseguenza della sua azione od omissione.
Non impedire un evento, che si ha lobbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo.
Art. 41. Concorso di cause. Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dallazione od
omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalit fra la azione od omissione e levento.
Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit quando sono state da sole sufficienti a determinare levento. In tal caso, se
lazione od omissione precedentemente commessa costituisce per s un reato, si applica la pena per questo stabilita.
Le disposizioni precedenti si applicano anche quando la causa preesistente o simultanea o sopravvenuta consiste nel fatto illecito altrui.
A questo dettato normativo, i sostenitori delle diverse scuole reagiscono in modo diverso.
Da un lato, i sostenitori del criterio dell'adeguatezza sostengono che il termine conseguenza, che compare nel comma I dell'art. 40,
indica che l'effetto deve discendere non solo dalla condotta mera conditio sine qua non, ma che deve esserci una condizione qualificata
proprio dall'adeguatezza.
Tuttavia ci non trova conferma nei lavori preparatori dei redattori del codice, i quali espressamente consideravano che cpv. dell'art 41
non costituisse un'eccezione rispetto al criterio della conditio. Ma, per Gallo, gli stessi redattori del codice erano confusi: tanto pi che
l'interpretazione letterale porterebbe all'abrogazione del cpv. dell'art. 41 come inutile e contraddittorio. Infatti il ricorso all'indicativo
quando sono state in luogo del condizionale sarebbero state insieme alla locuzione da sole sembrano richiedere espressamente la
sufficienza delle cause sopravvenute in ordine alla produzione dell'evento, escludendo cos il nesso di causalit fra condotta ed evento.
Risultato al quale si potrebbe approdare, gi semplicemente applicando il criterio della conditio ex art. 40 (esempio dellavvelenamento e
dellomicidio). Ed a conferma di detta contraddittoriet, sta anche il fatto che se davvero il legislatore si fosse voluto attenere al criterio
della conditio avrebbe fatto riferimento anche alle cause preesistenti e simultanee, e non solo a quelle sopravvenute.
Per Gallo, quindi, la ragione dell'art. 41 un'altra: ed quella che risiede proprio nel pericolo di un ricorso esclusivo al criterio della
conditio. Quando il legislatore parla di cause sopravvenute che sono state da sole sufficienti a determinare l'evento parla, infatti, di
quelle condizioni sopravvenute che si presentano con tali caratteristiche di eccezionalit ed imprevedibilit da sconsigliare in concreto
l'imputazione dell'evento alla condotta umana. Restano escluse cos le cause preesistenti e simultanee in quanto per definizione non solo
prevedibili, ma addirittura gi avveratesi.
Per taluni ci confermerebbe la validit del criterio della causalit adeguata: l'intervento di fattori incalcolabili dimostrerebbe
l'inadeguatezza della condotta umana rispetto all'evento.
Invece, per i sostenitori de criterio della causalit umana, alla stregua del cpv., dato che levento si produce attraverso fattori che operano
al di fuori della ragionevole calcolabilit, non saremmo in presenza di un processo causale controllato o controllabile dalluomo: non vi
sarebbe una relazione di causalit umana.
Quale fra le due anzidette posizioni da preferire? Gallo per la terza via: bisogna utilizzare la lettura pi piana, quella per la quale
l'intervento di un fattore eccezionale sopravvenuto fa perdere rilevanza al nesso di causalit. Il rapporto di adeguatezza deve inoltre
essere considerato in concreto, non in astratto. Ci pena l'impossibilit di imputare la condotta all'evento in relazione a situazioni del tipo
assassinio di Tizio gi condannato alla pena di morte da parte di Caio. Ragionare in termini astratti, infatti, porterebbe all'esclusione
del nesso di causalit in questa situazione.
Ci che conta , dunque, se in concreto l'evento storico presenti caratteristiche e modalit dovute al fattore eccezionale.
Ultima domanda: l'efficacia di esclusione del rapporto di causalit pu riconoscersi, oltre che al fattore eccezionale sopravvenuto, anche al
fattore eccezionale preesistente o simultaneo alla condotta del soggetto agente? La logica della causalit umana e quella della causalit
adeguata indurrebbero ad una risposta affermativa; ma la lettera dell'art. 41 menziona esclusivamente le cause sopravvenute. Non
siamo, per Gallo, di fronte ad un vuoto normativo: proprio il legislatore che, espressamente, ha voluto circoscrivere l'efficacia
interruttiva del rapporto causale ai soli fattori sopravvenuti. (ubi voluit dixit, ubi noluit tacuit)
In conclusione, c' da dire che il nostro ordinamento non accoglie n la teoria della causalit umana, n quella della causalit
adeguata.
La regola dell'art. 41 va infatti letta come puro e semplice limite alla condizionalit sine qua non. Infatti, attribuire efficacia di
esclusione del nesso casuale solo a quei fattori successivi alla condotta sui quali pi sicuro il giudizio di non conoscenza, equivale ad
affermare il principio della conditio, temperandolo con un correttivo.
11.IL RAPPORTO CAUSALE TRA CONDOTTA OMISSIVA ED EVENTO
Gli artt. 40 e 41 riguardano tanto la condotta commissiva che quella omissiva. Il problema del nesso di causalit condotta-evento si pone
per i reati di omissione impropria, detti anche reati commissivi mediante omissione.
Tali reati possono presentarsi secondo due schemi fondamentali:
1. Fattispecie nelle quali espressamente contemplata una condotta di omissione impropria: esempi di questo tipo sono gli artt. 57
e 437 c.p.: il direttore [...] il quale omette di esercitare sul contenuto del periodico da lui diretto il controllo necessario [...]. In questi
casi, dunque, la stessa norma incriminatrice che prescrive di tenere un certo comportamento.
2. Fattispecie art. 40 II comma c.p.: esso prescrive che non impedire un evento che si ha l'obbligo giuridico di impedire equivale a
cagionarlo. Esso va posto in relazione con le altre disposizioni di legge: a.e. l'art. 575 c.p. (omicidio). In questi casi, il mancato
adempimento equivale a causazione. Ed questa una regola che si innesta su ogni norma incriminatrice.
In entrambe le forme in cui il reato commesso mediante omissione pu presentarsi, si sempre di fronte alla stessa struttura di
comportamento, consistente nella trasgressione di un obbligo a contenuto positivo; un obbligo di fare, in altri termini.
Dobbiamo ora interrogarci sul rapporto di causalit tra condotta omissiva ed evento. Anche se il contenuto delle due forme di reato
poco prima individuate lo stesso (in entrambi i casi si pu parlare di mancato impedimento), le tecniche di accertamento saranno

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diverse. Nella prima va individuata nei fattori positivi sufficienti alla produzione dell'evento; nella seconda l'accertamento va effettuato in
ordine alla capacit di impedire l'evento che avrebbe avuto l'azione prescritta e non realizzata qualora fosse stata effettivamente posta in
essere.
L'operazione in questione si svolge secondo le fasi seguenti:
A) Verifica dei fattori positivi che hanno condotto all'evento
Da qui l'indagine prende l'avvio.
B) Individuazione dell'obbligo giuridico che imponeva di attivarsi
La ricerca assume importanza particolare ogniqualvolta si deve ricorrere all'art 40, II comma; perplessit non sorgono, invece, quando era
la stessa norma incriminatrice a prescrivere l'obbligo di condotta nella fattispecie astratta.
C) Indagine sull'idoneit del comportamento ad impedire il verificarsi dell'evento
Occorre accertare se l'azione prescritta avrebbe impedito l'evento, ove qualora fosse stata effettivamente posta in essere. Tale obbligo,
ad esempio, nel caso in cui l'evento segua al compimento di attivit pericolose, ha fondamento normativo nell'art. 2050 c.c.: regola che
prescrive il dovere di adottare le norme precauzionali atte ad evitare il danno.
Il collegamento causale, infatti, non fra l'attivit compiuta ed il danno provocato, ma tra l'omissione degli adempimenti dovuti ed il
danno. L'obbligo giuridico, infatti, non pu trovare esclusivo fondamento in un semplice fatto.
Nel caso in cui l'effettivo adempimento dell'obbligo giuridico non avrebbe potuto avere alcuna efficacia impeditiva ad esempio per le
modalit concrete di svolgimento dell'evento il nesso causale deve essere escluso. Non pu essere infatti imputato all'agente un evento
che si sarebbe comunque verificato indipendentemente dall'adempimento.
12.LIMITI DEL CRITERIO LOGICO-NATURALISTICO DELLA CONDITIO SINE QUA NON
Abbiamo finora considerato utilizzabile ai nostri scopi il criterio della conditio sine qua non, per il quale un antecedente condizionante
solo se qualora venga eliminato anche il risultato viene meno. Alcuni, tuttavia, hanno dubitato della validit euristica di questo
criterio.
Per Gallo critiche possono essere mosse, ma qualora vengano apportati gli opportuni correttivi il criterio non viene invalidato. Ma
bisogna sempre applicarlo al caso concreto: non conta il risultato di genere, quanto il risultato specifico; gi cos l'area della
problematicit viene a ridursi di molto.
Ma passiamo all'analisi delle osservazioni che vengono sollevate circa la validit del criterio della conditio.
1) Alcuni fanno l'esempio della c.d. causalit cumulativa o additiva: in questi casi il criterio non potrebbe operare. Poniamo l'esempio:
Tizio e Caio somministrano contemporaneamente due dosi di veleno a Sempronio, ognuna delle quali letale, nel suo bicchiere. Questo
all'insaputa, l'uno dell'altro.
Qui, n Tizio n Caio nella loro condotta possono essere la conditio: la condotta di Tizio, a.e., non appare necessaria al verificarsi
dell'evento, che si sarebbe realizzato comunque, per effetto della condotta di Caio. Ma questo soltanto sotto il profilo di un'indagine
pedissequa e letterale: per Gallo il correttivo che pu essere qui apportato quello di considerare causa ogni condizione senza la quale il
risultato non si sarebbe avverato astraendo vale a dire non considerando il concorso di altra condizione con la stessa efficienza
causale. Tali correttivi potranno essere utilizzati non solo quando le condizioni concorrenti sono costituite da condotte umane, ma
anche quando alla produzione dello stesso evento concorrano forze naturali. C' comunque da dire che se quella della causalit
cumulativa una ipotesi perfettamente configurabile nel mondo del pensiero e dell'astrazione giuridica, anche vero che, nel mondo
reale, dimostrare che le cose sarebbero ugualmente accadute anche se uno degli antecedenti fosse mancato si riduce in una probatio
diabolica. Insomma, quella della causalit cumulativa si rivela un'ipotesi, pi che una realt.
2) Opposta alla causalit cumulativa si presenta la c.d. causalit alternativa: di due o pi condotte una senza ombra di dubbio ha
rappresentato la conditio del risultato; ma quale fra di esse non lo si pu dire. Si impone, in questo caso, ex art. 530 c.p.p., l'assoluzione: la
contraddittoriet delle prove, infatti, equiparata alla loro insufficienza ed inconsistenza.
A quali difficolt va, invece, incontro il criterio logico naturalistico? Esso presuppone soltanto la consapevolezza che due termini si
pongano lungo una progressione inevitabile; non la cognizione del perch un dato fenomeno si produca. In questa progressione, pu
inserirsi una modificazione del mondo esterno e dare luogo in questa progressione a sequenze, che possono o rendere il risultato estraneo
dal tipo di condotta posta in essere. E non sono casi rari: basti pensare all'insorgere di malattie in un soggetto che lavori in un determinato
ambiente, quando una identica patologia si rinvenga anche in un'altra persona, che in quell'ambiente invece non ci ha mai passato neanche
un'ora.
Deve, in questo caso, farsi un discorso a ritroso: non si parte pi dall'antecedente, dalla fattispecie che conduce ad un reato; ma il
contrario: dal risultato (la malattia) per risalire alla fattispecie della norma incriminatrice. Questo non toglie, anzi accentua, il rischio che
quell'evento (la malattia, nel nostro caso), pu anche discendere da antecedenti diversi da quello che interessa il giudizio penale (a.e., il
mancato rispetto della normativa sull'esposizione dei lavoratori di un'impresa alle sostanze chimiche). Qui all'interprete il giudice si
richiede di formulate un giudizio basato sulle probabilit. Non vi certezza, se non quella di trovarci ad una situazione che permette di
considerare la costanza equivalente alla frequenza: a.e., quando l'evento A per il 90% dei casi discende dalla condotta B.
E conclude Gallo filosoficamente questa non altro che la causalit (opinione alla quale anche molti filosofi sono arrivati, a.e. Hume):
il fatto insomma che ad un evento A segua da milioni di anni un evento B non pu darci la certezza assoluta che ad A segua sempre B e
nulla ci impedisce di pensare che un giorno le cose andranno diversamente e, per esempio, a B segua A.
Di leggi universali non si pu infatti parlare: Hume scriveva che l'ipotesi di un principio di uniformit della natura che si incarichi di
tenere sempre ferme le leggi della causalit del tutto indimostrabile. E Gallo riprende tale filone di pensiero, scrivendo che le stesse
leggi cosiddette universali non garantiscono per il futuro: soltanto danno conto di una costante ripetizione nel passato.
Riassunto sulla causalit alla luce delle spiegazioni e del testo
Come si pu ricollegare una condotta ad un evento, di modo da accertare se tale condotta o no rilevante per il diritto? Ad esempio, se

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chiunque cagiona la morte di un uomo punito..., come faremo ad accertare che una condotta stata causa d'un evento?
Tale materia affidata allo studio delle teorie che si occupano del nesso di causalit. Varie ne sono state proposte, ma tutte in qualche
modo hanno, da sole, dei difetti, ovvero sembrano inadeguate.
Fra le tante, il nostro codice accoglie la teoria che ha ritenuto pi valida: quella della conditio sine qua non. Teoria la quale, parlando del
rapporto causa-effetto, sostiene che sia impossibile isolare la condotta individuando in s la causa di un certo evento. La condotta non
potr essere altro che una fra le tante condizioni. Nell'omicidio, l'azione di premere il grilletto concorrer, a.e., insieme alla reazione
chimica dello zolfo con la polvere da sparo, al calibro del proiettile, alla particolare posizione sulla traiettoria del cuore della vittima.
Astrattamente, ipotizzando che anche una sola di queste condizioni venga meno, l'evento secondo le leggi scientifiche non si sarebbe
pi verificato.
Unico strumento che rimane al penalista quello di verificare se la condotta condizione necessaria dell'evento. La verifica pu
avvenire in un modo solo: attraverso il giudizio controfattuale. La condotta sar condizione dell'evento, e cos rilevante per il diritto
qualora, astraendola da tutte le altre, l'evento sarebbe venuto meno, in altri termini non si sarebbe verificato.
La verifica va effettuata dal giudice, che consumatore di leggi scientifiche. Ma quali leggi possono essere prese in considerazione? La
dottrina ne considera di due sorte:
Leggi universali: ci danno garanzia che ad una causa segua sempre un certo effetto;
Leggi statistiche: ammettono delle eccezioni.
L'esistenza stessa delle leggi universali stata criticata, da pensatori del calibro di Hume e Kant: non c' garanzia che il sole sorga di
nuovo domani mattina. La maggior parte delle leggi scientifiche sono statistiche, non universali. Ed il giudice, anche secondo la
Cassazione, pu utilizzarle.
Ma uno dei problemi della teoria della condicio risiede nel fatto che essa, qualora applicata in modo rigido porterebbe a delle situazioni di
paradosso. Ad esempio che Tizio sarebbe responsabile della morte di Caio per la condotta di avergli indicato una strada nella quale in
seguito per un incidente per una buca sul manto stradale formatasi sul momento ha trovato la morte. Ergo, per Gallo non va dimenticato il
fatto che il reato costituito anche da elementi soggettivi. Dovr quindi essere presente nella condotta dell'agente almeno un mimimum di
requisito soggettivo.
Il problema rilevante si ha, invece, quando la condotta umana s sorretta dall'elemento soggettivo ed anche conditio sine qua non
dell'agente, ma concorrono a determinare l'evento cause ulteriori che sconsigliano, in concreto, di procedere all'incriminazione per un
determinato tipo di reato. A.e., Tizio spara a Caio, che riporta una lieve ferita ed costretto al ricovero in ospedale. Successivamente, lo
stesso Caio muore per un terremoto che coinvolge la struttura ospedaliera. Tizio sar responsabile di omicidio? S, qualora applicassimo
pedissequamente la teoria della condicio. No, invece, qualora applicassimo uno fra i correttivi che sono stati proposti:
Causalit adeguata: tra evento e condotta il nesso di causalit risulta soltanto se la condotta adeguata e proporzionata rispetto
all'evento.
Causalit umana (Antolisei): dagli altri viventi, l'uomo si distingue per essere dotato di razionalit, coscienza e volont. Con esse egli
in grado di prevedere le conseguenze del proprio agire, ed orientare le sfere della natura a proprio piacimento. Quando questa sfera di
signoria esclusa per l'intervento di fattori eccezionali, imprevedibili ed indomabili.
Quale fra le due teorie accolta dal nostro codice? Nessuna. Esso accoglie in tutto e per tutto il criterio della condicio, e quale correttivo
introduce l'art. 41, II comma, secondo il quale il rapporto di causalit escluso quando si verifica l'intervento di cause sopravvenute
che sono state da sole sufficienti a determinare l'evento.
Per i reati di omissione, nulla cambia rispetto al discorso fatto poco su.
Sezione seconda GLI ELEMENTI POSITIVI DELLA FATTISPECIE CRIMINOSA
13.FATTO E FATTISPECIE: GLI ELEMENTI NORMATIVI DEL FATTO
In alcune fattispecie figurano i c.d. elementi positivi della fattispecie. Essi si differenziano dagli elementi positivi del fatto perch il
criterio di imputazione soggettiva non coincide con il dolo o la colpa. In essi, invece, il criterio di imputazione dato dalla pura e
semplice rappresentabilit, che il limite oltre il quale non pu parlarsi di responsabilit penale personale.
Tra questi troviamo innanzitutto gli elementi normativi, qual la loro struttura? Elemento normativo esiste ogniqualvolta nella
determinazione di una figura criminosa si debba passare pel tramite di una norma diversa dalla incriminatrice. Essi sono
caratterizzati da un substrato di fatto al quale si applica una qualifica discendente da una norma diversa da quella incriminatrice.
Norma che pu appartenere tanto all'ordinamento penale, quanto all'ordinamento civilistico o di altri settori del diritto pubblico.
Facciamo degli esempi: affinch ci sia furto, la cosa deve essere altrui. E l'altruit della cosa si ricava dalle norme del diritto privato
concernenti la propriet. E cos accade ogniqualvolta il legislatore si riferisce ad un comportamento ingiusto, ad una cosa mobile altrui, ad
una condotta illegittima.
Cosa succede, invece, quando il legislatore si esprime con espressioni che appaiono idonee ad essere intese come richiamo a norme di
carattere non solo giuridico, ma anche etico e sociale? In linea generale ci ammissibile. Non bisogna, tuttavia, confondere questi casi
con i c.d. concetti aperti, quale quello del 528 c.p. riguardo il comune sentimento in rapporto all'offesa del pudore. In questi casi,
infatti, bisogner utilizzare realt extra normative di natura etica e sociale alle quali la regola incriminatrice non rinvia.
14.ELEMENTI POSITIVI COSTRUITI NEGATIVAMENTE
Finora ci siamo occupati degli elementi del fatto come elementi che debbono realizzarsi in forma positiva, affinch il fatto stesso
corrisponda alla fattispecie criminosa.
Talora pu invece accadere che un elemento del fatto sia costruito negativamente. In altri termini, si esige che un certo dato non sia
posto in essere. Si vedano gli esempi dell'ingresso abusivo nel fondo altrui, punito solo se effettuato senza necessit (637 c.p.), oppure
quello della violazione di corrispondenza, la cui rivelazione fatto di reato solo se compiuta senza giusta causa (616 II comma c.p.).
Emerge qui chiara una differenza fra:

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Elementi positivi costruiti negativamente: quelli appena elencati, dove quale elemento del reato non rileva la necessit, ma la sua
assenza.
Elementi negativi, cio le c.d. scriminanti, dove quale causa di esclusione della pena, rileva la necessit.
Perch il legislatore ha delineato queste due figure? Perch la scelta fra l'una e l'altra implica una scelta di fondo sulla tecnica di
accertamento.
Nel caso degli elementi positivi costruiti negativamente il giudice dovr enunciare in modo specifico le ragioni per le quali ritiene
realizzato il requisito: in altri termini, dovr spiegare perch non ritiene presente una situazione che l'inverso dell'elemento tipico, cos
come accade per gli elementi positivi. Insomma, la tecnica di accertamento degli elementi positivi costruiti negativamente la stessa
dei normali elementi positivi. Solo cos potr essere assolto l'obbligo di motivazione: con la prova della effettiva rappresentazione degli
elementi positivi a contenuto negativo.
Invece, nel caso degli elementi negativi cio delle scriminanti il giudice non tenuto a provare la mancanza di ogni singola
situazione scriminante. Fare il contrario significherebbe, infatti, probatio diabolica.
15.I REATI AGGRAVATI DALL'EVENTO
Gli elementi oggettivi danno vita al fatto di reato. Vi sono, tuttavia, fattispecie nelle quali figurano eventi imputati alla stregua di un
criterio di rappresentazione nei reati dolosi, o di rappresentabilit ed evitabilit nei reati colposi, (entrambi nelle contravvenzioni)
criterio diverso da quello che presiede agli elementi del fatto dolo o colpa. Stesso discorso vale per i casi di imputazione per
preterintenzione, ai quali taluno suole far risalire lapplicabilit del terzo comma dellart. 42.
Prima dell'entrata in vigore della Costituzione, il riferimento in questi reati definiti aggravati dall'evento - era ad ipotesi di
responsabilit oggettiva. Ma l'art. 27 Cost ha ora innovato la materia, introducendo la natura personale della responsabilit penale:
personalit il cui ultimo limite costituito proprio dalla rappresentabilit. Larchetipo di questa categoria di reati rappresentato
dallomicidio preterintenzionale ex art. 584 c.p.
Ma qual la qualificazione giuridica del reato aggravato dall'evento? Perch in certe fattispecie si deve ritenere presente un reato
aggravato dall'evento e non un reato circostanziato?
Perch, secondo Gallo, con il reato aggravato dall'evento il legislatore vuole arrivare alla trattazione di una figura astrattamente
autonoma. Al punto che il termine di prescrizione, in tali reati, decorrer non dal momento della realizzazione del fatto-base (come
invece avviene per i reati circostanziati), ma da quello della realizzazione dell'evento aggravatore.
16.LE CONDIZIONI OGGETTIVE DI PUNIBILIT
Esse sono previste dall'art. 44 c.p.: Condizione obiettiva di punibilit. Quando, per la punibilit del reato, la legge richiede il
verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se levento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non da lui
voluto.
una condicio iuris, che trova la sua fonte nella volont normativa: si tratta di un avvenimento futuro ed incerto dal quale la legge fa
dipendere la punibilit del reato, indipendentemente dalla volont del soggetto agente.
Facciamo un esempio: la condizione di punibilit dell'incesto il pubblico scandalo (564 c.p.); nella bancarotta fraudolenta la
punibilit subordinata alla sentenza di dichiarazione di fallimento di chi quei comportamenti fraudolenti ha posto in essere.
Si tratta, infatti, di fatti giuridici completamente estranei dall'offesa dell'interesse tutelato, oppure il cui verificarsi rende irreversibile
la lesione degli interessi offesi dalla precedente condotta. Punire gli atti di bancarotta fraudolenta prima che sia arrivata la sentenza di
fallimento, infatti, potrebbe provocare pi inconvenienti che vantaggi. L'imprenditore potrebbe infatti ancora riuscire ad essere solvente;
ed ecco qui che si ravvisa una considerazione d'opportunit, pure se nella formula generale ed astratta della legge.
Dopo varie disamine, Gallo arriva a scrivere che l'unico criterio diagnostico il criterio storico naturalistico: vi condizione obiettiva
quando l'evento condizionante sia estraneo all'offesa contenuta nel reato, oppure un suo momento di consolidamento.
In ci esse si differenziano dagli eventi aggravatori (tipo la morte nellomicidio preterintenzionale): questi ultimi ineriscono ad un fatto
per il quale le condizioni di punibilit si sono gi verificate, mentre la condizione oggettiva inerisce ad un fatto di per s non produttivo
di conseguenze sanzionatorie.
Cosa c' da dire riguardo i criteri di imputazione delle condizioni obbiettive? Nel regime ante-Costituzione il criterio era quello di
responsabilit oggettiva; nel regime post-Costituzione, in virt del principio della personalit della responsabilit penale ex art. 27, esse
devono essere sorrette da un coefficiente minimo di rappresentabilit.

Ci si domanda quale sia la natura delle condizioni oggettive di punibilit: se elementi costitutivi del fatto, oppure elementi della
fattispecie. Il dibattito interessa molto la dottrina; Gallo per squarcia il velo di Maia, e sostiene che sia un problema poco rilevante:
quale che sia la loro natura, le conseguenze sia che si parli di elementi esterni che di elementi costitutivi sono le stesse. Ed, in particolare:
L'attivazione del procedimento non si verifica se non quando la condizione obbiettiva si sia realizzata;
L'art 158 fa decorrere la prescrizione dal momento del verificarsi della condizione obbiettiva per i reati sottoposti a tale condizione di
punibilit.
17.CONDIZIONI OBBIETTIVE DI PUNIBILIT E CONDIZIONI DI PROCEDIBILIT

La maggior parte dei reati sono perseguiti d'ufficio; per altri la procedibilit subordinata alla realizzazione di condizioni da parte di
soggetti qualificati. Il procedimento dunque subordinato alla realizzabilit di tali condizioni.
Si tratta di atti giuridici quali:
Querela, nei reati procedibili a querela di parte;
Richiesta del Ministro competente, come negli artt. 8, 9, 10
Istanza

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Poniamo un attimo attenzione sulla differenza querela/denuncia: la prima una condizione di procedibilit, la seconda solo una
manifestazione di scienza atta ad informare l'autorit competente, che pu mettere in moto il procedimento anche a prescindere da essa.
Se c' difetto di una condizione di procedibilit, l'art. 345 cpp dispone che l'azione riproponibile, qualora quel vizio venga risolto. Se c
difetto di condizione di punibilit, ex art. 649 cpp, lazione non riproponibile.
Le condizioni di procedibilit si differenziano dal quelle di punibilit perch sono sempre atti giuridici, consistenti in dichiarazioni di
volont. Non cosi per le condizioni di punibilit, che consistono in meri fatti giuridici (come per il pubblico scandalo). Unica eccezione
la dichiarazione di fallimento per i reati di bancarotta fraudolenta, dove per la sentenza un atto giuridico che per non sorretta
dalla precipua coscienza e volont diretta allo scopo di instaurare un processo penale. La sentenza in questione si presenta, insomma,
come un atto giuridico semplice, che non rileva quale dichiarazione di volont ma quale mero accadimento storico.
Un'altra eccezione stavolta riguardante le condizioni di procedibilit la presenza del reo nel territorio dello Stato per gli artt. 9 e 10
c.p. Esso un fatto giuridico (in deroga alla regola generale che vuole che la condizione di procedibilit sia un atto), che si spiega con
valutazioni di opportunit dell'ordinamento.
Sezione terza IL REQUISITO DELLA TIPICITA
18.LA DIREZIONE NON EQUIVOCA DELLA CONDOTTA COME REQUISITO DI TIPICITA DELLE FATTISPECIE
CAUSALMENTE ORIENTATE

Attengano al fatto o alla fattispecie criminosa, gli elementi finora considerati debbono rispondere al requisito della tipicit. In cosa
consiste il giudizio di tipicit? Vediamolo:
Nei reati a forma vincolata: il giudizio di tipicit consiste in un mero giudizio di conformit del fatto alle note interne della norma.
Nei reati a forma libera: qui il giudizio di tipicit deve fondarsi sul collegamento eziologico con l'evento. V' reato a forma libera
quando il legislatore usa formule del tipo chiunque cagiona (come nell'omicidio) o con atti idonei, ecc.
Nei delitti causalmente orientati la tipicit della condotta si fonda sulla direzione non equivoca del comportamento realizzato. Non
necessaria la nota della idoneit; necessario solo il collegamento evento-condotta.

CAP III. GLI ELEMENTI NEGATIVI DEL FATTO


Sezione prima LE SCRIMINANTI COMUNI
1.CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE DELLA STRUTTURA DEL FATTO
L'art. 530 c.p.p., nel suo II comma, introduce per la prima volta nel lessico legislativo la locuzione cause di giustificazione.
Art. 530. Sentenza di assoluzione. [...]
3. Se vi la prova che il fatto stato commesso in presenza di una causa di giustificazione o di una causa personale di non punibilit
ovvero vi dubbio sullesistenza delle stesse, il giudice pronuncia sentenza di assoluzione a norma del comma 1. [...]
Nel codice penale si perviene alla categoria delle cause di giustificazione tramite l'art. 119:
Art. 119. Valutazione delle circostanze di esclusione della pena. Le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di
coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto riguardo alla persona a cui si riferiscono.
Le circostanze oggettive che escludono la pena hanno effetto per tutti coloro che sono concorsi nel reato.

Occorre ora riflettere sulla natura delle scriminanti, partendo dalla considerazione che, quale essa sia, esse hanno sempre l'effetto di
escludere il reato: in altri termini, sono quelle situazioni di fatto che escludono la rilevanza penale di un comportamento che, altrimenti,
costituirebbe reato.
Varie sono state le teorie avanzate; sintetizziamole:
Cause di giustificazione quali fatti estintivi della punibilit. Il fatto realizzato in presenza di cause di giustificazione nascerebbe come
fatto di reato, salvo che la presenza delle scriminanti fa venire meno la punibilit. Per Gallo la teoria non pu essere accolta: la punibilit,
in questi fatti di reato, non mai sorta, il fatto con scriminanti nasce ab origine penalmente lecito. Non pu essere accolta neanche perch
tale ordine di idee presupporrebbe la possibilit di individuare sul piano naturalistico la scriminante come fatto giuridico autonomo
esterno dalla fattispecie, che interverrebbe estinguendo la punibilit.
C.d.g. quali fatti impeditivi della punibilit: rispetto alla teoria precedente, non sarebbe estinta una conseguenza di punibilit gi sorta,
ma sarebbe impedito che la punibilit si verifichi. Vale il discorso fatto poco sopra; anche questo ordine di idee presuppone che la
scriminante sia una fattispecie esterna a quella di reato.
Visto perch queste teorie non possono essere accolte, Gallo opta per la teoria che secondo lui spiega meglio la natura delle scriminanti:
quella che le identifica in ELEMENTI NEGATIVI DEL FATTO, quali proprie del fatto realizzato, non esterne ad esso (come invece
le cause personali di non punibilit). Dunque rappresentano un elemento che deve mancare affinch sussista il reato.
2.C.D.G COMUNI: IL CONSENSO DELL'AVENTE DIRITTO

Il c.p. enuncia negli articoli dal 50 al 54 le cause di giustificazione c.d. comuni, vale dire quelle che tendenzialmente trovano applicazione
in un numero indefinito di reati e che hanno come fondamento
l'esercizio di una facolt legittima;
l'adempimento di un dovere;
una situazione di necessit
Alle cause comuni si contrappongono le c.d. cause di giustificazione speciali o relative, le quali invece trovano applicazione solo in
ipotesi criminose specificatamente individuate.

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Cominciamo dalla prima, enunciata nell'art. 50: quella del consenso dell'avente diritto:
Art. 50 Consenso dell'avente diritto: Non punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che pu
validamente disporne.
Per Gallo tale causa di giustificazione non altro che una delle tante ipotesi di esercizio di un diritto, esercizio che consiste nella
autorizzazione della persona che sarebbe stata in grado essa stessa di porre in essere quella condotta senza incorrere nella
fattispecie penale.
Affinch ci sia autorizzazione, deve esserci disponibilit del diritto. In altri termini, deve trattarsi di un DIRITTO DISPONIBILE. Sorge
spontanea, a questo punto, un'altra domanda: quand' che c' disponibilit di un diritto?
Alcuni hanno avanzato l'equazione diritto disponibile = diritto patrimoniale. Equazione sbagliata; infatti i diritti patrimoniali non
sempre sono diritti disponibili (come nel caso dei beni sottoposti a vincolo archeologico, storico, culturale, ecc.), cos come esistono diritti
disponibili che non sono diritti patrimoniale (a.e. ex art. 5 c.c. gli atti dispositivi del proprio corpo che non cagionano diminuzioni
permanenti della integrit fisica).
Gallo conclude dunque che, regola generale per sapere se si tratta di diritto disponibile, e che disponibile la facolt che il titolare
della situazione giuridico soggettiva pu liberamente porre in essere.
Esaminata la natura del diritto, passiamo all'analisi del consenso. Esso non pu essere mai presunto, bens sempre espresso: non
importa la modalit d'espressione (anche per segni e gesti semanticamente significativi). Occorre altres che l'autorizzazione provenga
da persona legittimata all'esercizio di quel diritto. I requisiti di legittimazione si ricavano, di volta in volta, dal tipo di diritto di cui si
vuole disporre. Ad esempio, il diritto di propriet esiger la capacit di agire del proprietario salvo che non si tratti di oggetti, quali
giocattoli di infimo valore, che si ritiene rientrino nella disponibilit del minore.
In altri termini, il tipo di consenso dipende dal tipo di diritto: requisito indefettibile , comunque, che si tratti di un atto giuridico (e non
negozio) riconducibile alla coscienza e volont di chi lo pone in essere.
3.L'ESERCIZIO DI UN DIRITTO
La sua fonte nell'art. 51:
Art. 51 Esercizio di un diritto o adempimento di un dovere: L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una
norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorit esclude la punibilit.
Se un fatto costituente un reato commesso per ordine dell'Autorit, del reato risponde sempre il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.
Risponde del reato altres chi ha eseguito l'ordine, salvo che, per errore di fatto, abbia ritenuto di obbedire a un ordine legittimo.
Non punibile chi esegue l'ordine illegittimo, quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimit dell'ordine.
Chiariamo anzitutto il primo punto fondamentale: fonte del diritto deve essere sempre una legge dello Stato. Non pu essere costituito
da una fonte regionale: anche qui vale, infatti, il principio della riserva assoluta di legge. Quando, infatti, una legge va ad integrare una
fattispecie criminosa, la riserva deve comunque essere rispettata.
Ma come si evidenzia la norma di legge costitutiva di un diritto? Non necessariamente, per Gallo, si tratta di una norma espressamente
autorizzante, pure se vi sono esempi di norme espressamente autorizzanti quale l'art. 383 c.p.p., che legittima il privato all'arresto di chi
colto in flagranza di determinati delitti:
Art. 383. Facolt di arresto da parte dei privati. 1. Nei casi previsti dallarticolo 380 ogni persona autorizzata a procedere
allarresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili di ufficio.
2. La persona che ha eseguito larresto deve senza ritardo consegnare larrestato e le cose costituenti il corpo del reato alla polizia
giudiziaria la quale redige il verbale della consegna e ne rilascia copia.
Sia che la facultas agendi provenga da una norma che espressamente facoltizza un certo comportamento, sia che provenga da
un'autorizzazione implicita (come per l'esercizio di giochi d'azzardo, che pu essere esercitato nonostante il divieto dell'art. 383, o per lo
ius corrigendi, che troverebbe la base nell'art. 147 c.c.), essa deve provenire da una fonte che abbia il rango di legge dello Stato: questo
in virt del rispetto del principio di riserva poco sopra enunciato. E deve essere, per un principio di non-contraddizione, una norma
appartenente al diritto extra-penale, altrimenti tutte le scriminanti verrebbero ricomprese nellesercizio del diritto.
Appena poco sopra abbiamo parlato di quei casi nei quali manca un'espressa norma facoltizzante, ma in cui la facolt dell'esercizio del
diritto si ricava dalla lettura dell'ordinamento. Ci che importa, che esistano una o pi regole di legge che espressamente autorizzino
al compimento di una certa condotta; condotta che al di fuori dei casi previsti costituirebbe reato.
Ma non dobbiamo vedere solo alle fonti di rango legislativo: negli ultimi anni hanno assunto particolare rilevanza le forme di esercizio di
diritti posti da regole costituzionali. Basti pensare a quelle dell'art. 21 (libert d'espressione) o dell'art. 40 (diritto di sciopero).
Gallo, in un inciso, fa rilevare come spesso sia difficile tracciare una linea di confine netta fra esercizio del diritto che costituisce una
scriminante e fatto antigiuridico. Nel caso dello ius corrigendi (diritto che per Gallo si fonderebbe nell'art 147 c.c.) il limite sar pi che
altro dettato dagli usi e dai modelli culturali; nel caso degli offendicula (mezzi di difesa della propriet quali cocci, ferro spinato,
trappole) se legittima la loro collocazione, nel momento nel quale entrano in funzione devono rispondere ai requisiti della proporzione
come operanti nella legittima difesa.
Ancora, una legge italiana pu attribuire rilevanza a diritti posti da ordinamenti diversi da quello statuale. Tuttavia, anche in questo caso,
ci che assicura rilevanza a tale norma il rinvio compiuto dal nostro ordinamento.
Resta da concludere l'analisi rispetto la ratio della scriminante dell'esercizio di un diritto. Alcuni la rinvengono nel principio di
indifferenza: l'ordinamento non prenderebbe posizione rispetto a due interessi contrapposti che considera di eguale valore (interesse di
libert di azione vs interesse tutelato dalla norma incriminatrice). Altri, invece, giustificano questo bilanciamento con valutazioni di tipo
psicologico medio (come nelle scriminanti fondate sulla impossibilit di un comportamento diverso da quello effettivamente tenuto).
Per Gallo, con buona certezza ed approssimazione, questa scriminante pu spiegarsi adottando il principio di non contraddizione con
lordinamento: la legge non pu da un lato autorizzare un comportamento e dall'altra vietarlo.

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4.L'ADEMPIMENTO DI UN DOVERE

L'art 51, poco sopra riportato, prevede quale scriminante anche l'adempimento di un dovere. Due sono gli atti dai quali pu discendere un
dovere:
Da una norma giuridica;
Da un ordine impartito dalla pubblica autorit.
Per il dovere discendente da una norma giuridica non si pongono particolari problemi, tranne che nei casi di conflitto di legge (pi leggi
pongono a carico dello stesso soggetto pi adempimenti contemporanei o comunque incompatibili tra loro), e di conflitto di doveri
scaturenti dalla stessa legge (stessa situazione ma scaturente da una unica legge).
Profili di problematicit si presentano invece quando il dovere, sempre per espressa previsione di legge, provenga da quellatto
amministrativo che l'ordine legittimo della pubblica autorit. Pubblica autorit che sia un organo dotato di poteri che consentono di
emanare provvedimenti vincolanti di natura generale. Si discute se la scriminante di adempimento del dovere sia presente quando si
adempie ad un dovere nascente da un rapporto di diritto privato. Molti sostengono di no, ma Gallo arriva alla conclusione radicale che
non esistono obblighi di diritto privato (solo obbligazioni!).

Quali sono i requisiti dell'ordine? Questo requisito uno; ed quello della legittimit, distinta in due profili:
LEGITTIMIT FORMALE: consiste nella competenza ad emanare il tipo di comando impartito di chi d l'ordine e nella competenza
ad eseguirlo di chi riceve l'ordine.
LEGITTIMIT SOSTANZIALE: consiste nell'esistenza degli estremi di fatto e di diritto che facoltizzano ovvero addirittura obbligano
l'autorit ad emettere l'ordine. Ad esempio, nella custodia cautelare, il requisito di legittimit sostanziale sar assolto quando sono presenti
gravi indizi di colpevolezza.
Tale distinzione utile per capire cosa possa sindacare colui che riceve l'ordine dalla pubblica autorit. L'art. 51 sostiene infatti che chi ha
eseguito l'ordine, dal quale sia derivato un fatto costitutivo di reato, risponde per esso, salvo che per errore di fatto abbia ritenuto di
obbedire ad un ordine legittimo (che quindi non lo era) o quando la legge non gli consente alcun sindacato sulla legittimit
dell'ordine (illegittimo).
Il subordinato pu sindacare i soli requisiti di legittimit formali, vale a dire di verificare che l'ordine sia stato emanato dalla persona
qualificata nella forma qualificata. Da ci deriva che quando l'ordine dal quale scaturito un fatto di reato - emanato dal superiore
illegittimo nella forma, avendo potuto lui sindacarlo, ma non avendolo fatto, ne risponder; mentre se lillegittimit sostanziale, non
essendogli consentita sindacabilit alcuna, non ne risponder .
Tuttavia, il codice penale di pace del 1941 ha introdotto un principio di straordinaria importanza, considerata l'epoca: risponde del fatto
anche il militare che ha eseguito l'ordine, quando l'esecuzione di questo costituisce manifestatamente reato.
Con una successiva riforma del 1978, stato introdotto un principio ancor pi importante: quello per il subordinato del dovere di non
eseguire l'ordine a contenuto manifestatamente criminoso o eversivo.
Per i civili vale, invece, un discorso diverso: il d.p.r. 3/1957 stabilisce che l'impiegato non deve comunque eseguire l'ordine del
superiore quando l'atto sia vietato dalla legge penale.
Rimane da indagare, anche in questo caso, la ratio della scriminante. Come per l'esercizio del diritto, Gallo ritiene che essa derivi da un
principio di non-contraddizione. Ovvero sia dallimpossibilit che chi esegue un comando formalmente e sostanzialmente legittimo non
vada incontro a conseguenze sanzionatorie.
5.LA LEGITTIMA DIFESA
La materia stata recentemente aggiornata dalla legge n. 59 del 2006. All'art. 52, che prima si componeva di un solo comma, ne sono stati
aggiunti altri due:
Art. 52 Difesa legittima: Non punibile chi ha commesso il fatto, per esservi stato costretto dalla necessit di difendere un diritto
proprio od altrui contro il pericolo attuale di un'offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa.
Nei casi previsti dall'art. 614 (violazione di domicilio), primo e secondo comma, sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo
comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa un'arma legittimamente detenuta o altro
mezzo idoneo al fine di difendere:
a) la propria o altrui incolumit;
b) i beni propri o altrui, quando non vi desistenza e vi pericolo d'aggressione.
La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto all'interno di ogni altro luogo ove venga
esercitata un'attivit commerciale, professionale o imprenditoriale.
La scriminante della legittima difesa un'applicazione del principio di autotutela. Principio che esiste anche nel diritto internazionale, e
che si sostanzia nel diritto di rappresaglia. Nel diritto interno la rappresaglia assolutamente esclusa; l'autotutela invece consentita
quando i fatti non consentono di ricorrere all'apparato coattivo-sanzionatorio dello Stato.
La scriminante, dunque, si incentra sulla esistenza di una situazione di pericolo, che ne costituisce lelemento centrale. Tale situazione
di pericolo non pu essere ricondotta ad un unico modello; vi sono casi in cui esso, preesistente o no alla condotta tipica, non va oltre
questa (qui si dovr ricorrere alla prognosi postuma, valutando ex ante se, al momento della azione, sussisteva o no la seria possibilit
dellevento dannoso); altri in cui il pericolo deriva dalla stessa condotta tipica (il pericolo andr accertato alla stregua di tutte le
circostanze anche successive alla condotta). Si ha pericolo, per Gallo, quando vi sia la rilevante possibilit di un pregiudizio, anche se
chi pone in essere la legittima difesa non possa cogliere tale possibilit in tutti i particolari, o addirittura ne ignori lesistenza. Il
pericolo, inoltre, deve essere attuale. La chiave interpretativa del concetto di autotutela risiede nella impossibilit di ricorrere ad organi

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dell'apparato coattivo-sanzionatorio a.e. nella impossibilit di realizzare un intervento delle forze dell'ordine. Non pu considerarsi
come attuale quel pericolo che pu comunque essere fugato ricorrendo all'intervento delle forze dell'ordine o anche a mezzi diversi
rispetto. Ed infatti non va dimenticato che il soggetto che si difende deve essere costretto dalla necessit.
Altro requisito per l'operare della scriminante, oltre l'attualit del pericolo, l'ingiustizia dell'offesa. Il termine pare a prima analisi
richiamare quello di danno ingiusto ex art. 2043 c.c. Per Gallo, tuttavia, il dettato penalistico pi puntuale rispetto a quello civilistico.
ingiusta l'offesa contra ius: cio di qualunque violazione contra ius (cio non in adempimento dell'obbligo o in esercizio di un diritto)
rispetto ad una situazione giuridico soggettiva favorevole. Pu trattarsi di un diritto reale come di credito o anche personale; pi in
generale di qualsiasi lesione di un interesse obbiettivamente protetto (non lo si confonda con l'interesse legittimo, dove non esiste un
diritto da tutelare, ma solo un'aspettativa nei confronti della Pubblica Amministrazione), la cui lesione pu derivare tanto da un'azione che
da un'omissione. Il diritto leso non soltanto da un comportamento previsto quale illecito penale, ma da qualunque fatto antigiuridico,
sia esso doloso, colposo, di un non imputabile (anche un immune assoluto) o derivante da un caso fortuito.
Ultimo requisito dell'art. 52 quello della proporzione fra difesa ed offesa minacciata. Deve essere raffrontato l'interesse minacciato e
quello sacrificato, tramite un giudizio di proporzione: non pare accettabile, infatti, che il ladruncolo di ortaggi venga colpito tramite il
fucile di precisione del proprietario, che si trova nel casolare ad 1 km di distanza. Ciononostante, il giudizio di proporzione dovr tenere
conto dei mezzi che il soggetto aveva a disposizione per poter porre in essere una difesa efficace. Per Gallo, insomma, a tutela di un
interesse patrimoniale non pu realizzarsi offesa alla vita. Necessario , in ogni caso, che l'evento prodotto sia funzionale alla difesa
dell'interesse aggredito. Tuttavia la lesione dei c.d. diritti personalissimi (libert sessuale, di locomozione, ecc.) giustifica una reazione
che pu spingersi fino alla causazione della morte dell'aggressore.
La riforma realizzata nella scorsa legislatura, ha portato alla modifica dell'art. 52. A tale modifica, si sarebbe giunti secondo l'On. Rossi,
promotore della proposta di legge per via della sostanziale inapplicabilit della esimente a causa della interpretazione della
magistratura [...] che ha trasformato un istituto diretto a tutelare le vittime in uno strumento che finisce col giovare anzitutto agli
aggressori.
Ora il cittadino pu usare un'arma fino al sacrificio della vita altrui per tutelare un interesse patrimoniale. Il nuovo testo dispone
che - se la persona reagisce all'interno della propria abitazione o nel luogo di lavoro il rapporto di proporzione si presume esistente.
Vale a dire che si verifica un'inversione dell'onere della prova, non solo quando messa in pericolo la propria o altrui incolumit, ma
anche quando si tratta di difendere i beni, quando non vi desistenza e vi pericolo di aggressione (il che succede praticamente in tutte le
rapine). Per alcuni commentatori, creando una presunzione automatica che la reazione dell'aggredito sia sempre e comunque
proporzionale all'offesa, oltre a sottrarre al giudice ogni giudizio sulla proporzionalit viene a crearsi in capo all'individuo un diritto
soggettivo all'autotuela che supera la concezione di proporzione che finora ha retto il nostro ordinamento.
6.L'USO LEGITTIMO DELLE ARMI
L'art. 53 introduce una scriminante ulteriore: quella dell'uso legittimo delle armi:
Art. 53. Uso legittimo delle armi. Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti, non punibile il pubblico ufficiale che,
al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica,
quando vi costretto dalla necessit di respingere una violenza o di vincere una resistenza allAutorit e comunque di impedire la
consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a
mano armata e sequestro di persona.
La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza.
La legge determina gli altri casi, nei quali autorizzato luso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica.
Questa scriminante, secondo Gallo, il manifesto di una ideologia propria di uno stato forte ed autoritario.
Ciononostante, l'articolo in questione solleva diversi dilemmi.
Il primo risiede nel riferimento preciso a determinate fattispecie criminose: strage, naufragio, sommersione, disastro aviatorio o
ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata, sequestro di persona. Se si considerassero i fatti menzionati come gi aventi
raggiunto il grado di tentativo, la disposizione risulterebbe superflua e ripetitiva, dal momento che il legittimo ufficiale sarebbe gi
scriminato, in quanto agirebbe in stato di legittima difesa (che, ricordiamo, si configura anche nel caso di difesa di un diritto altrui). Se
invece il riferimento, invece che a tentativi, richiamasse agli atti preparatori, la norma sarebbe incostituzionale. L'ordinamento, infatti,
non pu che sanzionare i reati ed i tentativi di reato (cio fatti che presentino una direzione non equivoca per la realizzazione di un reato).
Nondimeno, anche la prima parte dell'articolo solleva dei dubbi. Per Gallo la giustificazione dell'uso delle armi viene meno ogniqualvolta
il pubblico ufficiale possa contrastare condotte di violenza o resistenza utilizzando mezzi diversi dalle armi. Il ricorso alle armi potr,
dunque, essere giustificato solo quale extrema ratio.
Rimane da discutere cosa debba intendersi, ai sensi del I comma, per violenza e resistenza. Per Gallo, la violenza non pu che essere
fisica, altrimenti non giustificandosi l'utilizzo della forza sotto un profilo di proporzione. Per resistenza, oltre che la resistenza attiva, pu
intendersi anche la resistenza passiva, che si sostanzia in comportamenti quali la fuga.
Ci si domanda, poi, quali siano i beneficiari della scriminante: l'art. 53 dispone per tutti i pubblici ufficiali; dottrina e giurisprudenza
sostengono invece che essa si riferisca soltanto agli agenti di polizia ed ai militari in servizio di pubblica sicurezza. In sostanza cos
anche per Gallo; formalmente sarebbe meglio enunciare che il soggetto attivo della scriminante ogni pubblico ufficiale titolare di un
dovere per la realizzazione del quale si possa ricorrere a mezzi di coazione fisica.
Abbiamo dunque visto che l'art. 53 risulta pleonastico e ripetitivo. Qual , dunque, la sua ratio? Per Gallo essa non pu risiedere che nel
rendere possibile la collaborazione del terzo al pubblico ufficiale. Il terzo legalmente richiesto pu far uso di armi in appoggio al
pubblico ufficiale.
Chiosando, Gallo rileva come esistano anche altre disposizioni sulla stessa materia (a.e. nel testo unico sulla pubblica sicurezza). Tuttavia,

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la ratio di fondo alla quale la disciplina deve essere ispirata, quella della proporzionalit fra condotta ed evento.
7.LO STATO DI NECESSIT
un'ulteriore causa di giustificazione, prevista dall'art. 54 c.p.:
Art. 54. Stato di necessit. Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di salvare s od altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, n altrimenti evitabile, sempre che il fatto
sia proporzionato al pericolo.
Questa disposizione non si applica a chi ha un particolare dovere giuridico di esporsi al pericolo.
La disposizione della prima parte di questo articolo si applica anche se lo stato di necessit determinato dallaltrui minaccia; ma, in tal
caso, del fatto commesso dalla persona minacciata risponde chi lha costretta a commetterlo.
Saltano subito agli occhi le affinit con la legittima difesa: anche questa regola ispirata alla ratio per cui la necessit non conosce
legge. Tanto legittima difesa che stato di necessit rappresentano momenti di autotutela. Ma proprio con riguardo all'autotutela che
possono essere sottolineate le differenze: se nella legittima difesa l'atto di autotutela si rivolge contro l'aggressore, nello stato di necessit
il soggetto passivo che subisce l'autotutela un terzo del tutto estraneo. Ancora, se nella legittima difesa si pu agire a tutela di un
qualsiasi diritto, nello stato di necessit si pu agire a tutela solo di un danno grave alla persona. Danno alla persona che, in altri termini,
deve interessare un bene od un interesse inerente alla vita umana: la vita, la libert, l'integrit sessuale o personale: a.e. se stanno tentando
di uccidermi e rubo una macchina parcheggiata per fuggire, agisco in stato di necessit a tutela di un interesse inerente alla vita.

Lo stesso art. 54 detta dei requisiti rispetto al pericolo in ragione del quale si pu agire in stato di necessit: esso deve essere
Non volontariamente cagionato;
Non altrimenti evitabile.
La disposizione, inoltre, non si applica a chi ha il dovere giuridico di esporsi ad un pericolo. In realt questa espressione va chiarita: la
disposizione si applica solo se chi ha questo dovere giuridico agisce a tutela della propria persona. Se invece agisce a tutela dell'altrui
persona, la disposizione si applica. Basti pensare al caso del vigile del fuoco: sarebbe assurdo se si sottraesse al pericolo del crollo di un
edificio sacrificando la vita di uno o pi pericolanti; non altrettanto assurdo sarebbe se sacrificasse una o qualche vita altrui per salvarne
molte di pi.
Il soccorso di necessit, in altri termini, consentito ogniqualvolta bene sacrificato sia di valore inferiore a quello salvato.
Chiariamo ora il significato del termine pericolo. Esso rappresentato da una costellazione di elementi che rendono altamente
possibile il verificarsi della modifica del mondo esterno prevista dalla legge. Il pericolo, dicevamo, non deve essere volontariamente
causato; cio non aver posto volontariamente in essere la situazione dalla quale la situazione di pericolo discende. I requisiti
dell'attualit del pericolo sono, invece, gli stessi gi menzionati con riguardo alla legittima difesa.
Cosa succede, tuttavia, se la situazione di pericolo causata non in maniera dolosa e volontaria, ma colposa, cio per imprudenza,
negligenza, imperizia? Per Gallo in questo caso la scriminante pu applicarsi; rimane, tuttavia, la responsabilit per il risultato cagionato.
Ad esempio, se un automobilista va troppo veloce e la macchina sbanda, e per evitare di schiacciare un passante ne colpisce in modo pi
lieve un altro, risponder comunque per le lesioni a quest'ultimo.
Pi complessa invece l'indagine da fare sul requisito dell'art. 54 dell'esistenza della necessit di evitare un danno grave alla
persona.
In cosa si risolve questa necessit? Alcuni vi ravvisano una necessit soggettiva, in altri termini, una esigenza di consapevolezza. Per
Gallo invece errato psicologizzare questo requisito: dal momento che l'esclusione della punibilit c' solo in caso di equivalenza degli
interessi in conflitto, ci conduce necessariamente ad una lettura oggettiva della necessit di evitare. Esiste, dunque, un requisito di
gravit, che deve in altri termini rilevare come pericolo di menomazione alla persona.

Passiamo ora ad analizzare l'ultimo comma dell'art. 54: quello che riguarda lo stato di necessit determinato dalla altrui minaccia. una
disposizione che ha due scopi:
Evitare che chi ha cagionato con il suo comportamento minaccioso l'illecito dannoso vada esente da sanzione;
Risolvere il problema del concorso di reati: del reato posto in essere dall'esecutore materiale risponde chi ha attuato la minaccia. Tale
risultato difficilmente si sarebbe potuto raggiungere alla stregua dei comuni principi sul concorso di persone nel reato.
Alcuni hanno espresso l'esigenza di una estensione analogica dell'art. 54: in particolare, in quei casi nei quali il pericolo di danni
incombenti riguarda diritti diversi da quelli facenti capo alla persona propria o altrui: a.e. diritti patrimoniali.
Gallo sostiene che ci non sia necessario, e che meglio mantenere la scriminante dell'art. 54 entro i confini che la legge le assegna;
anche se si tratterebbe di analogia in bonam partem.
Poniamo un esempio, e vediamo come possa essere risolto senza il ricorso all'analogia del 54.
La casa di Tizio sta andando a fuoco; per limitare i danni dell'incendio si impossessa dell'estintore di Caio, sito nel suo garage. Non
necessario ricorrere allo stato di necessit: il soggetto che agisce si sostituisce al titolare del bene, e lo fa con qualcosa che assomiglia
molto alla gestione d'affari, disciplinata negli artt. dal 2028 al 2032 c.c. Infatti il principio di solidariet induce a ritenere che Caio
avrebbe comunque prestato a Tizio l'apparecchio estintore. Non si tratta di legittima difesa, quindi, ma di un esercizio di facolt
legittime, cos come disciplinate nel codice civile.
Sezione seconda QUESTIONI SISTEMATICHE E PROBLEMI COMUNI AGLI ELEMENTI NEGATIVI DEL FATTO
9.ESIMENTI SOGGETTIVE ED ESIMENTI OGGETTIVE
L'art. 119 distingue fra esimenti soggettive ed oggettive:
Art. 119 Valutazione delle circostanze di esclusione della pena: le circostanze soggettive le quali escludono la pena per taluno di
coloro che sono concorsi nel reato hanno effetto soltanto con riguardo alla persona cui si riferiscono.

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Le circostanze oggettive che escludono il reato hanno effetto con riguardo a tutti coloro che sono concorsi nel reato.
L'articolo, secondo Gallo, non pu che riferirsi proprio alle scriminanti. Sorge, dunque, un problema ulteriore: secondo quale criterio
possono essere distinte le circostanze soggettive da quelle oggettive?
La dottrina maggioritaria pretende di ricavare il criterio dall'art. 70 c.p., che qualifica come oggettive tutte le circostanze che concernono
la natura, la specie, i mezzi, l'oggetto, il tempo, il luogo ed ogni altra modalit dell'azione, la gravit del danno o del pericolo, ovvero le
condizioni e qualit personali dell'offeso. Soggettive sono, invece, le circostanze che concernono l'intensit del dolo o il grado della
colpa, o le condizioni e le qualit personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l'offeso, ovvero che sono inerenti alla persona del
colpevole. Ma cos si arriverebbe ad una interpretazione abrogante del primo comma dell'art. 119, perch ex l'art. 70, tutte le scriminanti
potrebbero essere considerate oggettive, rappresentando nientaltro che una modalit dellazione.
Conviene, quindi, guardare altrove. Precisamente, a parere di Gallo, all'art. 652 del c.p.p.:
Art. 652. Efficacia della sentenza penale di assoluzione nel giudizio civile o amministrativo di danno. 1. La sentenza penale
irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato, quanto allaccertamento che il fatto non
sussiste o che limputato non lo ha commesso o che il fatto stato compiuto nelladempimento di un dovere o nellesercizio di una facolt
legittima, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno promosso dal danneggiato o nellinteresse
dello stesso, sempre che il danneggiato si sia costituito o sia stato posto in condizione di costituirsi parte civile, salvo che il danneggiato
dal reato abbia esercitato lazione in sede civile a norma dellarticolo 75 comma 2.
2. La stessa efficacia ha la sentenza irrevocabile di assoluzione pronunciata a norma dellarticolo 442, se la parte civile ha accettato il
rito abbreviato.
Hanno dunque natura oggettiva tutte le circostanze nelle quali il fatto stato compiuto nell'esercizio di un dovere o di una facolt
legittima. Esse hanno autorit di giudicato anche nei giudizi civili ed amministrativi.
La circostanza soggettiva ha, invece, un'efficacia che ristretta al solo settore penale (a.e. lo stato di necessit); in questo caso il giudice
civile potr condannare al risarcimento del danno colui il quale abbia usufruito nel giudizio penale di tale circostanza di esclusione della
pena.
11.LE SCRIMINANTI NON SCRITTE

Esistono scriminanti non scritte? Vale, in altri termini, l'estensione per analogia di talune scriminanti, ovvero si pu configurare l'esistenza
di scriminanti consuetudinarie?
Alcuni hanno tentato di ricorrere a queste costruzioni per spiegare fenomeni quali la libert di espressione del pensiero, l'irrilevanza
penale degli infortuni sui campi da gioco nell'esercizio di attivit sportive, etc.
Per Gallo, tuttavia, non c' alcun bisogno di estensione analogica: anche le materie pi questionabili possono essere semplicemente risolte
tramite il ricorso a fonti extra-penali. Vediamole, caso per caso.
Libert di espressione del pensiero: il diritto di cronaca e di commento critico rientrano entro certi limiti nell'art. 21 Cost.
Esercizio di attivit sportive: l'esercizio nel contesto di attivit sportive di comportamenti che potrebbero configurare reati (a.e. le
percosse e lesioni personali nella boxe), purch si rispettino le condizioni e le regole che disciplinano tali attivit, costituiscono esercizio
di facolt legittime.
Informazioni personali fornite da agenzie investigative: si tratta di esercizio di un diritto. Le agenzie di tale fatta sono, infatti,
regolarmente autorizzate e facoltizzate a fornire notizie e dati.
Attivit medico chirurgica: l'ingerenza medica legittima se prestata con il consenso del paziente; fuori di questa ipotesi giustificato
laddove si tratti di soccorso di necessit.
A conclusione, ecco che si dimostrato chiaramente come anche i problemi delle cosiddette scriminanti non codificate si risolvano
indipendentemente dal ricorso all'analogia o a regole generiche di adeguatezza sociale, ma semplicemente guardando al diritto positivo.
12.LA RATIO DELLE SCRIMINANTI
Esiste una ratio valida per tutte le scriminanti? Tentativi sono stati fatti; nessuno di essi si rivelato soddisfacente. Per alcuni il
bilanciamento di interessi contrapposti; altri nel minor danno sociale. Tali formulazioni, per Gallo, finiscono col rivelarsi tautologiche.

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