Suggestioni, idee, fondamenti per un diverso futuro
Sommario
Sommario......................................................................................................................3 Introduzione...................................................................................................................5 Primo intervento Tramonto dellOccidente e civilt faustiana di Stefano Vaj ......7 Secondo intervento In cammino verso LImperium di Adriano Scianca............19 Domande dal pubblico.................................................................................................25 Conclusione.................................................................................................................35
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4 Introduzione
Buonasera a tutti a nome dellAssociazione Culturale Edera. Porgo innanzitutto il benvenuto a tutti i presenti con una doverosa premessa: come non avrete sicuramente potuto evitare di vedere al vostro ingresso, questo per la nostra citt un periodo piuttosto teso. La difficolt di tale situazione, provocata dai soliti noti che intendono non permettere di dar voce ad iniziative altre da quelle incasellate in un preciso stilema, ci costringe ad unatmosfera da barricate, visto il massiccio dispiegamento di polizia schierato qui fuori, ma non ci impedisce di essere qui questa sera. Ma non mi dilungo oltre ed entro immediatamente nel vivo del convegno che, come avrete avuto modo di leggere, ha titolo Una cultura per lEuropa. Suggestioni, idee, fondamenti per un diverso futuro. Innanzitutto il perch di tale argomento. LEuropa che tutti vediamo e viviamo oggi unEuropa creata su basi economiche, in continuo e profondo declino, asservita a logiche internazionali che la rendono una schiava senza alcuna possibilit di rivendicazione del proprio antico orgoglio e della propria identit culturale. Ecco il motivo per cui questa sera ci incontriamo, in cerca, attraverso gli interventi dei nostri due relatori e le suggestioni provocate da pensatori fondamentali, di spunti per ridare una cultura originale ed originaria al futuro dellEuropa. Vi presento subito i relatori che gentilmente hanno acconsentito a partecipare a questo incontro, il Dottor Stefano Vaj ed il Dottor Adriano Scianca. Prima di passare al primo intervento, ci tengo ad informarvi che i nostri due relatori sono coautori del libro Dove va la biopolitica. Intervista a Stefano Vaj a cura di Adriano Scianca appena uscito per le edizioni Settimo Sigillo e presente in sala al tavolo dei testi qualora foste intenzionati ad averlo. Finalmente mi avvio a presentare il primo intervento, che sar a cura del dottor Vaj, e verter sullargomento Tramonto delloccidente e civilt faustiana, cogliendo loccasione per ringraziarlo per la sua riconfermata presenza ai nostri eventi. Buon ascolto a tutti.
Elisa Nobile Associazione Culturale Edera 5 6 Primo intervento
Tramonto dellOccidente e civilt faustiana di Stefano Vaj
Siamo qui per parlare di "una cultura per lEuropa". Ora, la parola cultura ordinariamente ha due significati. Il primo significato quello per cui si parla ad esempio di "industria culturale": in questo senso cultura tutto quello che viene prodotto da unindustria culturale di un dato paese, dal suo sistema educativo, dalla sua accademia, etc. Lindustria culturale certo un aspetto interessante, politicamente e metapoliticamente decisivo, in particolare sotto il profilo di quanto la sua produzione in senso stretto va poi a retroagire sui valori concreti, sulle mentalit, sui movimenti storici e su quello che alla fine definisce una certa societ, la quale evolve poi in una certa direzione piuttosto che in unaltra. Ma c un significato pi forte della parola cultura, che quello poi che si usa per esempio in campo antropologico, o che viene ripreso nella morfologia della storia spengleriana, laddove si fa con esso riferimento alle civilt, e in particolare al loro stato nascente, siano esse quella cinese, quella faustiana, oppure quella cosiddetta "classica", greco-romana. Cultura in questo senso, naturalmente, tutto quello che fa si che una certa civilt, una certa comunit o insieme di comunit, connotate da una geografia, da una identit etnica, da una storia, da una provenienza, si distinguano dalle altre. Ma da dove vengono le culture e che cosa sono? Credo che uno spunto interessante per cercare di capire il nostro futuro, il nostro futuro pi lontano, la nostra possibilit stessa di avere un destino, che poi quello di cui stiamo parlando, ed poi quello che ci interessa, deriva sempre dalla capacit di pensare e di costruire o raffigurarsi quello che il nostro passato, da quella che in fondo una visione antropologica che ci da una certa prospettiva su quello che (o dovrebbe essere) la nostra specie, da dove viene, che cosa sta a fare, come si sviluppata, come sono le sue caratteristiche specifiche e come vorremmo che continui ad essere presente - o eventualmente a non essere pi presente ma a lasciare dietro di se degli eredi di cui si possa essere fieri. Allorigine di questa riflessione antropologica, che io faccio mia - e che poi vado un po a discutere in due o tre libri che ho pubblicato fino ad adesso - ci sono delle suggestioni che vengono a maturazione grosso modo alla fine dell800, prima met del 900. Per la prima volta in tale periodo si comincia davvero ad andare al di l di quello che il "muro della scrittura" che aveva sempre definito lambito della storia rispetto ad un ambito di una preistoria poco nota, in cui tutte le vacche erano grigie, 7 in cui non si sapeva esattamente che cosa succedesse. Si cerca e si riesce a superare questo muro della scrittura perch si comincia ad avere degli strumenti che ci consentono di ricostruire che cosa c stato prima e quella che stata la storia che c stata precedentemente. Contemporaneamente si comincia anche a capire qualche cosa di pi e meglio di quello che il punto di congiunzione tra la storia naturale e la storia in senso umano, ovvero quello che il percorso evolutivo che ha portato al panorama contemporaneo, il panorama di periodi storici recenti che conosciamo abbastanza bene, rispetto a quello che poteva essere un substrato naturale, intendendo come natura tutto quello che non di provenienza umana. Nellambito di questa antropologia si trova innanzitutto lominazione di una certa specie, di un certo gruppo di persone che si ipotizza che in certe fasi storiche fosse davvero piccolissimo, o che sia passato da colli di bottiglia evolutivi molto stretti, che abbiano visto, diciamo, non pi di quattro o cinquemila esemplari vivi contemporaneamente ed etologicamente e geneticamente interfecondi. Questa specie con lominazione cambiata, o si messa a fare delle cose che erano abbastanza diverse da quelle che fanno tutti gli altri appartenenti allordine dei primati o alla classe dei mammiferi; e finisce per restare lunica ed ultima specie appartenente alla famiglia Homo, dato che tutte le altre finiscono una dopo l'altra per estinguersi, sino allHomo floresiensis che parrebbe essere giunto addirittura ad una dozzina di migliaia di anni fa, quindi un battito di ciglia prima dellinizio della storia scritta; ma sta di fatto che noi siamo rimasti lunica specie della famiglia Homo che sopravvissuta. Questa specie ha iniziato a fare qualcosa di diverso e ad essere diversa sotto qualche profilo; ha passato in particolare un certa soglia che lha resa in qualche modo una sorta di omnibestia; in effetti quello che in qualche modo caratterizza proprio la specie umana la mancanza di specializzazione, ci che Arnold Gehlen o Konrad Lorenz definiscono come la sua incompletezza costitutiva; cosa che si innesta del resto sull'assenza di prestazioni molto spiccate in un qualche campo specifico, dal fiuto, alla velocit della corsa, alla lunghezza e robustezza delle zanne. Questa non specializzazione di tipo fisico (che si accompagna d'altronde ad una notevole "plasticit" in termini di adattamento e funzioni) si accompagna anche ad una certa fragilit dal punto di vista etologico: in fin dei conti, mentre luccellino, piuttosto che il pipistrello, la lince, la lontra, la tartaruga hanno dei modelli comportamentali radicati e ben funzionali e adattati ad un certo ambiente, luomo-buttato-nel-mondo, il Dasein heideggeriano, si trova semplicemente ad esistere e di per s non sa molto sul cosa fare e non sa come rapportarsi a quello che la normale pressione selettiva e la correlata esigenza di sopravvivere o di espandersi, o di lasciare una discendenza o di organizzare il suo quadro di vita, di crearsi il suo Umwelt, il suo ambiente specifico. Questo primo uomo riesce a trovare intorno a se dei modelli etologici tratti dal mondo naturale e riesce, attraverso in particolare quello che Gehlen chiama la magia, ad identificarsi con quelli che sono i modelli comportamentali del mondo naturale 8 intorno a lui che possono permettergli di adattarsi a situazioni diverse ; e questo crea anche il primo fondamento di una strutturazione della vita sociale della specie che si organizza in modo diverso rispetto a quello che la connotazione sociale degli altri appartenenti allordine dei primati, che hanno delle strutture che sono indubbiamente pi semplici, pi uniformi, pi ripetitive. Passano millenni, passano decine di migliaia di anni, centinaia di migliaia di anni, e questo quadro di vita non cambia per niente. E questo il quadro di vita delle societ di caccia e raccolta, piccoli gruppi, branchi, nuclei di 20, 50, 100 persone che si portano dietro tutto quello che hanno, e cominciano certo a sviluppare ed utilizzare utensili, strumenti etc, ma in fin dei conti sono completamente vincolati alla ricerca del necessario per vivere, attraverso la raccolta dei frutti spontanei della natura e attraverso la predazione. Ad un certo momento per questo quadro di vita allimprovviso cambia. Si verifica una rivoluzione gigantesca che distrugge, per una buona parte della popolazione esistente sulla faccia della terra e per i loro discendenti, questo modo di vita che gi si era staccato da quello che era unanimalit precedente ma che in fondo viene da molte culture, in parte sia pure in un senso parzialmente diverso anche dalla nostra, ricordato come una sorta di et delloro. Nasce qualcosa di nuovo, nasce lagricoltura innanzitutto, che consente per la prima volta e richiede una vita stanziale, perch, per sostenere una popolazione di centomila persone dedite unitamente alla caccia-e-raccolta ci vuole un territorio grande come la Lombardia: infatti quando io ho finito di mangiare gli animali che sono in grado di catturare e ho finito di raccogliere le mele che crescono spontaneamente sugli alberi mi devo spostare per andare a cercare unaltra zona non ancora spogliata. Ora, invece,.si cominciano a seminare delle piante, ad avere dei raccolti: questo significa vita stanziale, significa unesplosione demografica assolutamente drammatica, significa che si stabilisce una divisione del lavoro e che questa divisione porta ad una strutturazione gerarchica della societ in un senso radicalmente diverso da quello dalla mera, traballante predominanza dei maschi alfa allinterno della societ paleolitica o preumana. E questo porta anche ad una nascita di Gestalt, di forme, diverse, che a questo punto non sono pi soltanto biologiche, ma diventano in qualche modo pseudo-biologiche e che rappresentano una sorta di equivalente culturale di quello che erano le specie nel mondo naturale, dando luogo a quella che appunto la molteplicit delle culture. In altri termini, comunit diverse scelgono, ottengono, difendono, conquistano un proprio territorio e una certa quantit di risorse naturali, e vanno progressivamente a trasformarlo con la propria presenza stessa; a partire dal tipo di divisione del lavoro e organizzazione sociale e psicologia collettiva che viene in esistenza allinterno di queste societ, ha luogo un fiorire di strutture mitiche, rituali, linguistiche, di stili di vita, di costumi, di Weltanschauung, di visioni del mondo che vanno in sostanza a divergere, e si verifica quello che viene ben rappresentato nel mito biblico della Torre di Babele. 9 Dalle porzioni dellumanit si costruiscono in grandi insiemi, le culture appunto, che mimano un po quello che le specie facevano e fanno in campo biologico, e diventano il quadro di vita e di riferimento dei propri membri, il quadro che da un senso profondamente diverso a comunit umane diverse e che attribuisce loro una capacit di dare un senso e un destino alla vita degli individui che ne fanno parte. Qui c un processo gigantesco, che viene riscontrato con reazioni molto diverse da quelle che erano le comunit umane che esistevano e che sono esiste allepoca, e che si sono trovate di fronte alla rivoluzione neolitica, in cui si passa dalluso di strumenti che vanno poco al di l di quelle che sono anche in grado di ricavare ed utilizzare un gruppo di scimpanz, alla nascita vera e propria di quello che pu gi essere definita una tecnologia. Esistono cos le culture che non "entrano" per niente nella rivoluzione neolitica, qualche volta perch si trovano al di fuori di questa, pensiamo per esempio agli aborigeni australiani, altre volte perch la rifiutano, per esempio la maggioranza di quelle dellAfrica subsahariana subiscono in pieno il cambiamento di abitudini imposto dal neolitico, ma ci sono i pigmei e i koisanche invece decidano di continuare come prima nella foresta. Poi ci sono le culture fredde, ovvero ci sono le culture che dicono va bene, OK, cambiato il nostro modo di vivere, cominciamo a fare le cose nuove, questi nuovi strumenti in pietra, cominciamo con la metallurgia, con lagricoltura, creiamo lallevamento; ma una volta che stata fatta questa rivoluzione, dicono basta, adesso siamo a posto e continuiamo a vivere cos. Questo il caso poi della maggior parte delle culture africane, amerinde, e del sud-est asiatico. Poi ci sono le culture tiepide, tra cui torner fra un secondo e poi esiste la nostra. E' discutibile in senso spengleriano parlare con riguardo a certe radici di "nostra" cultura, ma io credo che possa esser un tipo di cultura a cui noi oggi possiamo rifarci se non altro innanzitutto rivendicandola come un'eredit specifica cui partecipiamo non fosse altro che per il fatto di porsi anche da un punto di vista biologico e genetico allorigine di quello che sono le popolazioni europee che oggi consideriamo autoctone; in secondo luogo, credo che, proprio in termini di antropologia culturale tale svolta ed eredit possa costituire un esempio di quella che potrebbe essere una risposta, avvicinandoci pi direttamente al tema del convegno, alle sfide che oggi ci vengono poste di fronte nel mondo contemporaneo: e ci cui mi riferisco ovviamente la cultura, la civilt, la lingua, la comunit, il popolo indoeuropei. Scoperta relativamente recente, soltanto nell'ottocento che cominciamo a gettare le basi di una comprensione di ci che pu avere rappresentato la rivoluzione indoeuropea nel mondo post-neolitico ed in sostanza soltanto con la Belle poque e con la fase successiva in cui davvero se ne tirano tutte le conseguenze. Questo tipo di risposta alla "situazione" post-neolitca la risposta di chi in fondo accetta tragicamente, nel bene e nel male, quello che la rivoluzione neolitica viene a portare, rivendica come propria scelta, come proprio nuovo quadro di vita questo tipo 10 di cambio di paradigma che levoluzione anche tecnologica venuta a comportare, e ne ottiene anche da un punto di vista storico il successo che assolutamente gli compete. Come dice Oswald Spengler in Ascesa e declino delle civilt delle macchine, prima nei millenni non succedeva in sostanza niente, tutti continuavano a vivere come avevano vissuto i loro nonni, bisnonni e miliardesiminonni, come centomila anni prima; invece, ecco che con la rivoluzione indoeuropea cominciano ad esserci migrazioni, fondazioni di imperi, creazioni di sistemi costituzionali, nascita di un etica, di una letteratura, di una vita culturale in senso proprio, di una visione, di un immagine di un destino in cui poi in fin dei conti il senso della presenza umana sulla terra o il senso della partecipazione umana alla propria comunit di appartenenza limmortalit, la "gloria-che-non-muore", la sfida ai millenni, la creazione di qualcosa che lasci un segno e che cambi la faccia della terra, e che celebri quella che unautodeterminazione umana e una capacit di costruzione di una capacit di durata, un incandescente sogno di grandezza, che non avevano mai avuto un nessun tipo di equivalente nel periodo precedente. Questo va anche a cambiare definitivamente il volto di quelle cui abbiamo gi accennato come societ tiepide, che forse sono un po tutte le altre: pensiamo alla Cina, alle civilt precolombiane, in buona parte alle civilt del medio oriente che una volta venivano poste allinizio assoluto della storia. Queste sono civilt che in fondo hanno anche loro una storia, ma che in qualche modo sono in preda di questa storia stessa. Queste civilt poi tendono anche oggi, almeno una parte della storiografia tende ad identificare questo tipo di costruzione, questo tipo di identit, (che sono diverse dalla nostra e che sono altrettanto legittime, naturalmente, e funzionali e capaci di definire un quadro di significati per i propri membri) come culture che in fin dei conti si sono definite anche in vario modo o per imitazione o per contrapposizione o per distinzione da quello che era poi una presenza indoeuropea che riuscita a far sentire la propria eco praticamente in quasi in tutti gli angoli del pianeta, se vero, che ci sono degli autori come J acques de Mahieu che riescono ad ipotizzare come non sia del tutto un caso che la civilt azteca si raffigurava Quetzalcoatl come un personaggio con caratteristiche oggettivamente vichinghe che veniva da oriente, cio nel loro caso dallEuropa e che in qualche modo nella stessa mitologia azteca corrisponde ad un evento che ha contribuito ad interferire in un certo modo con i miti fondatori di questo tipo di cultura. Ecco allora abbiamo questo tipo di scenario generale che poi trova forse la sua comprensione storica pi importante in quello che poi la grande costruzione politica, amministrazione, giuridica, sociologica, etc, espressa dallimpero romano, che poi andr probabilmente a costituire il punto di partenza forse del prossimo intervento. Ma succede qualcosaltro nel frattempo. Si verifica un altro tipo di risposta alla fine dellEt dellOro, ricordata come unet in cui nessuno aveva poi in fin dei conti tanti pensieri, in cui non cera il dominio delluomo sulluomo, in cui non esisteva la propriet, la divisione del lavoro, la specializzazione, non esisteva in particolare neanche langoscia della storicit (cfr. il legame concettuale tra Crono o Saturno e il 11 "tempo che scorre immobile") per quanto ci sia una sfida in un certo senso per luomo; rispetto a questo tipo di situazione si crea unaltra tendenza storica rispetto a quella dellideologia indoeuropea o a quello che dal punto di vista religioso potremmo chiamare, in fin dei conti, pagana. Ed la risposta che trova la sua origine nel campo biblico, e che si traduce nel contesto culturale che poi sar religiosamente caratterizzato dal dualismo e dal monoteismo. Inizialmente, una risposta non di rifiuto, come per le societ che sono rimaste di caccia e raccolta rispetto alla rivoluzione neolitica, ma una scelta di scissione, una scelta di rifiuto non pratico, ma morale; la storia e il mutamento vengono cio percepiti come qualcosa che non rappresenta pi una sfida nuova che consente alluomo di diventare pi uomo, di portare pi in l, ad un grado ulteriore quella che una sua capacit di autodeterminazione, ma diventano una maledizione. E qui c tutto un contesto mitico che per molto facilmente leggibile in chiave pi generica, indipendentemente dalle visioni del mondo, dalle interpretazioni letteralistiche, etc, che va dallEden primordiale, alla cacciata dal paradiso terrestre, al lavoro come maledizione, alla civilt come maledizione, alla stessa separazione, divisione e nascita delle culture come una maledizione (separazione, divisione e nascita delle culture che nasce esattamente poi dallo spirito prometeico di coloro che vogliono costruire la Torre di Babele come monumento a s e alla propria gente, ai propri figli, che vogliono raggiungere il cielo, che vogliono fare quello che non mai stato fatto prima). Che cosa fa J ahv? Se ci riescono non potr pi dirgli niente, faranno quello che vorranno, non avranno pi limiti alle cose che potranno fare, allora J ahv scaglia la maledizione delle diversificazione delle lingue. E le lingue sono il vero fatto culturale primordiale. Noi sappiamo certo che tutti gli esseri umani possono imparare pi o meno qualsiasi lingua nel senso che chiunque di noi viene allevato da una famiglia eschimese, maori, giapponese, etc, assume come propria lingua quella del contesto in cui vive. Per cui la lingua non programmata nei nostri geni se non nel senso che programmato nei nostri geni il fatto di averne una) Nello stesso tempo, per, la lingua quello che davvero prima di ogni altra cosa, lo spazio linguistico in cui ci muoviamo, in cui viviamo, in cui pensiamo, che non quello del bolognese, neanche quello dellitaliano, forse neanche delle lingue neolatine complessivamente intese, ma per esempio quello delle spazio linguistico europeo; una cosa che proprio a livello assolutamente primordiale definisce quello che sono gli elementi basilari, il quadro sintattico e semantico in cui poter pensare, comunicare, esprimere i contenuti rispetto a chi ci sta vicino. Come la divisione allinterno della singola comunit in ruoli specifici, differenziati e multiformi, cos anche questa divisione verticale dellumanit in culture diverse, viene percepita come una maledizione. Questa scelta di scissione pu darsi che potesse di per s essere concepibile soltanto nel quadro di un mondo in cui ci fossero societ che avessero fatto, in senso forte, la rivoluzione neoltiica; un quadro in cui cio cerano alcuni che creavano una 12 differenza e si "chiamavano fuori", ma che per convivevano e commerciavano con chi fondava le citt, creava progetti, aveva una politica, etc. Ed era una scelta in fondo di piccole popolazioni che si separavano e vivano un po ai margini, geografici o sociali, dalle societ postneolitiche con esse coabitanti. Comunit che poi sono state capaci di conservare questo tipo di differenziazione per millenni, anche successivamente: questa anche un po la storia di gran parte dellebraismo tradizionale. Ma succede ancora qualcosa di nuovo. Succede che nel momento di massima potenza, espansione e rita (ma che anche poi il momento di decadenza, di "civilizzazione" in senso spengleriano) della rivoluzione indoeuropea, si verifica storicamente una saldatura, che viene inizialmente presentata come un compromesso, con questa tendenza storica di rifiuto. La tendenza storica in cui si incarna il suddetto "rifiuto morale" in qualche modo conosce una sua evoluzione, conosce un suo momento di rottura, nel momento in cui nello stesso periodo, per ragioni anche poi politiche, si creano forti movimenti messianici al suo interno. Questi movimenti dicono che il momento di farla finita finalmente arrivato, che Dio ci manda suo Figlio , il suo messaggero, il suo capo religioso, il re che dovr riscattarci dalla presenza o dalla sudditanza del peccato di questo modo di vivere, di questo tipo di situazioni. Queste forti correnti messianiche, almeno in un caso, riescono a raggiungere, in particolare con il compromesso costantiniano, un punto di sintesi, o riescono ad infiltrare o riescono, se vogliamo usare una parola meno neutra, a corrompere quella che la cultura europea dellepoca e a trasformarla in qualcosa di profondamente diverso, che disegna tutto larco pi che millenario, un po pi di millecinquecento anni, dell"avventura occidentale". Avventura occidentale che vede da un lato quello che la cultura indoeuropea compromessa, adulterata, infiltrata, trasformata, cambiata rispetto a quella che era prima, in una chiave che non necessariamente da vedere in chiave positiva, ma che forse proprio grazie anche a questa adulterazione, che del resto si verifica in modo molto graduale, vede anche contemporaneamente lesplodere di una dimensione ulteriore, diversa, di storicit, o di capacit espansiva o di capacit per esempio di mettere in moto dei meccanismi diversi a livello epistemologico e a livello di conoscenza, penetrazione, investigazione dei meccanismi naturali e a livello di capacit di definire e anche di gettare le basi e i germi di una rottura tecnologica ulteriore; rottura su cui adesso mi intratterr brevemente per poi concludere il mio intervento. Che cosa succede infatti? Esiste, come dicevo, questa specie di repressione dellinconscio collettivo europeo originale, che si accentua, anzich diminuire, nel periodo che dall'alto medioevo giunge sino alla controriforma. A fronte di questo tipo di repressione (che corrisponde anche al disincantamento e alla desacralizzazione del mondo, in vista invece dellonnipresenza assoluta ed incombente di un essere supremo del tutto trascendente e fuori-dal-mondo) si crea poi un percorso di emancipazione della cultura europea, che comincia con lUmanesimo, che rimette in discussione questo teocentrismo dualista, e che e che si snoda nelle coscienze 13 collettive, e procede a fasi alterne con Rinascimento, Riforma, Controriforma e poi secolarizzazione, morte di Dio, ateismo, etc., tutte tappe di un percorso che convergono in fondo sul percorso del nichilismo. Nichilismo che, se da una parte, secondo Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger e secondo altri, era gi iscritto strutturalmente nella metafisica monoteista, nello stesso tempo rappresenta anche un momento appunto di emancipazione che vede, per esempio, gli esponenti dellUmanesimo o del Rinascimento, e poi della scienza del 600, del 700 e dell 800, acquisire una capacit e un grado di penetrazione nella loro indagine dei meccanismi naturali, ripresa anche in chiave di ispirazione di quella che era la tradizione filosofica o scientifica classica, ma in una forma inevitabilmente trasformata proprio da questo passaggio attraverso il cristianesimo religioso e le sue forme secolarizzate, sulla falsariga del "veleno che rafforza". Ecco che cos si creano i presupposti per una visione storica diversa, i presupposti delle scienze fisiche, i presupposti che poi vanno a sfociare nell800 in due fenomeni fondamentali, che sono la rivoluzione industriale e la nascita di quella che potremo considerare, semmai con un po di virgolette (in quanto non forse un mondo cos separato), come la scienza moderna. Daltro lato, il fondo pagano dellanima europea, che passato attraverso questi millecinquecento anni di egemonia cristianea, di progressiva penetrazione delle categorie mentali, filosofiche, etiche, etc, del monoteismo, vede la nascita di qualcosa di nuovo e di diverso. Da un lato c la secolarizzazione, che comporta la crisi del giudeo-cristianesimo religioso, ma vede ormai le categorie di questa visione del mondo che sono completamente interiorizzate, ma d'altro canto poi si crea anche, per la prima volta, la capacit di pensare oltre queste categorie e non tanto di ritornare a quello che era una ripetizione meccanica dellideologia, della rivoluzione indoeuropea o del mondo pre-cristiano, classico-pagano, chiamatelo come volete, ma della capacit di vedere o di pensare un destino nuovo, una cultura nuova, un diverso destino per le popolazioni che fanno parte di un certo ambito storico-culturale, etc. Anche perch viene poi a maturazione, a partire dalla rivoluzione industriale, dalla rivoluzione scientifica e da quella tecnologica, che passa dalla rivoluzione delle culture piriche tipiche del neolitico, la rivoluzione in senso propriamente biologico, in chiave di capacit non solo di vedere o di considerare quello che la nostra storia naturale, ma di incidervi direttamente attraverso a delle misure di tipo pratico, che vengono consentite e vengono ipotizzate prima sulla base delle acquisizioni delle genetica, della medicina moderna, delle acquisizioni delle tecniche che poi vengono sempre pi raffinate nel campo dellallevamento animale, dellagricoltura, nel campo della comprensione di questo tipo di meccanismi biologici. Si arriva cos alla soglia di unaltra frattura, di un altro cambiamento epocale, in cui per esempio una delle cose che sono state notate e che fa oggi una grande differenza, che oggi siamo non in un mondo, ma su un pianeta, nel senso che non c pi nessun posto sulla faccia della terra che in qualche modo non sia, non dico sotto controllo dellumanit, ma che non sia in qualche modo influenzato dalla nostra presenza come specie. 14 Contemporaneamente, che lo si voglia o no, la nuova grande ulteriore espansione demografica, di un altro ordine di grandezza rispetto a quella che potevamo aver conosciuto dalla rivoluzione neolitica alla caduta dellimpero romano, la quantit di risorse che noi impieghiamo, la trasformazione dellambiente che comporta la nostra presenza, lalterazione dei meccanismi fisici, qualsiasi cosa succeda divenuto nostra responsabilit. Non esistono pi delle cose che siano davvero "naturali", perch se io faccio un parco, o un palazzo, sia il fatto di fare un parco o un palazzo, comunque una mia scelta. E anche il parco esiste solo perch io faccio in modo che il parco ci sia, perch io faccio s che vengano protette (o reintrodotte!) le specie vegetali o animali che ci stanno dentro e perch io faccio s, per esempio, che il parco non venga preso dassalto e trasformato in una spianata di cemento, come sarebbe naturale che la nostra specie facesse se non decidesse per ragioni culturali, per ragioni di progettualit a lungo termine, etc, di non volerlo fare. Questo disegna un tipo di situazione che richiede un nuovo balzo di tipo culturale. Martin Heidegger, commentando larticolo Chi lo Zarathustra di Nietzsche, dice che il vero centro, il fulcro di questa nuova tendenza storica, di questa nuova capacit di pensare le cose in un modo che non pi quello pagano ma un modo che va al di l di quello che stata la tendenza umanista che oggi afferma la sua egemonia praticamente su scala planetaria, il punto nodale di questo nuovo modo di pensare che noi praticamente abbiamo ereditato la Terra, stiamo ereditando la Terra. luomo degno, in grado, capace di rivendicare questa eredit e di saper cosa farsene? La risposta naturalmente no, in linea di massima. Non lo luomo come lo oggi. E questo apre la questione che si lega inestricabilmente allaspetto del nostro potere in generale sul nostro ambiente planetario. Planetario, dato che non che incidiamo molto sullambiente marziano, e dato che in questo momento viviamo e siamo qui, secondo la metafora degli ecologisti, sulla "nave spaziale Terra," e in questo momento siamo noi che abbiamo il timone di comando. Timone che possiamo o inchiodarlo e dimenticarlo, e lasciare che la nave vada dove vuole tenendo le dita incrociate e sperare che non succedano casini troppo gravi; oppure. alternativamente, se dobbiamo effettivamente rivendicare questo antico legato per cui luomo oggi effettivamente eredita la Terra, probabilmente questo possibile soltanto se dopo il primo uomo, e poi il secondo uomo nel postneolitico, si passa oggi ad un terzo uomo. Terzo uomo che in fondo anche gi "qualcosa di pi di un uomo", qualcosa di postumano; ed qualcuno che ormai si trova ad autodeterminarsi attraverso la determinazione del proprio ambiente (perch naturalmente lambiente anche quello che governa le spinte evolutive) prevedendo il fatto che vi sia o non vi sia per esempio una selezione di certi tratti, che via sia o meno una segregazione che comporta il mantenimento o laffermarsi di certi tratti allinterno di una certa popolazione, etc, per cui gi il controllo del nostro ambiente comporta un controllo su noi stessi. Come per esempio (ne avevamo accennato in un incontro passato) per la famosa questione del potenziale 15 Ma al di l di questo ci ritroviamo ormai in mano anche alcune cose che ci portano comunque a cambiare noi stessi non soltanto dal punto di vista fenotipico o darwiniano, dal punto di vista dellalimentazione, della medicina, delle pratiche sportive, degli stili di vita, etc, ma in un senso pi profondo. Noi oggi stiamo diventando, siamo gi, dei cyborg. Io indosso delle lenti a contatto, indosso un orologio, mi muovo mediante un treno che mi ha portato a Bologna, alcuni di voi hanno delle otturazioni dentali, altri potrebbero avere dei peacemakers, etc; e in ogni caso siamo gi comunque dei fyborg, dei functional cyborg, nel senso che il nostro fenotipo esteso, il nostro corpo, in qualche modo adattabile, intrecciato, immerso in un insieme di strumenti, di tecnologie, di quadri di vita totalmente artificiali, che vanno a cambiare intrinsecamente quello che siamo. E anche la nostra stessa componente biologica qualcosa che destinata comunque a cambiare perch qualcosa che progressivamente risulta sempre messa pi a disposizione delle nostre scelte, da quelle che sono tecniche che gi cominciano ad essere oggi banali, come la diagnosi prenatale piuttosto che non invece la possibilit di alterare la dinamica demografica di certe caratteristiche attraverso il controllo delle nascite, che comportano una certa libert, una scissione tra la scelta del partner sessuale e la scelta del partner produttivo. Ma poi naturalmente andiamo oggi verso una radicalizzazione estrema di questo tipo di cose, nel senso che un giorno s e un giorno anche, come dico per esempio nel libro Dove va la biopolitica? in cui sono intervistato dal mio brillante correlatore di stasera, Adriano Scianca, leggiamo o sentiamo qualcosa di nuovo nellambito dellingegneria genetica, della possibilit che le nanotecnologie vengano ad incidere anche sulla capacit di estendere drammaticamente la nostra aspettativa di vita o che possano in qualche misura rimpiazzare alcuni nostri organi sia in relazione alla loro usura naturale sia in relazione a funzionalit del tutto diverse, nel fatto che funzionalit umano-simili, sia in senso generico sia a fini di specifica emulazione di una persona precisa, possano essere riprodotte su supporti non-biologici, tipicamente digitali, o si mischino con le funzionalit di cui gi ci provvede il nostro corpo. Pensate per esempio che cosa vuol dire avere un collegamento, essere collegati con Internet non attraverso uno schermo, una tastiera, un mouse (che poi comunque non sono poi cos male, perch il tatto e la vista sono stati selezionati come meccanismo di input cerebrale per milioni di anni) ma attraverso una connessione neurale. diretta. Cosa che ad esempio rende drammaticamente meno importante, per esempio in questo quadro da un punto di vista culturale, sapere o ricordarsi alcune cose quando per esempio le stesse sono immediatamente a nostre disposizione pi o meno negli stessi termini in cui sono a disposizione le nostre memorie a livello celebrale. Questo tipo di situazione disegna un quadro nuovamente rivoluzionario, e nellambito di questo nuovo quadro, ancora una volta abbiamo di fronte due scelte fondamentali: la scelta del rifiuto, la scelta di cercare di scendere dal treno, o di bendarsi gli occhi e di lasciare che il treno vada dove vuole e sperare che la cosa non generi situazioni troppo catastrofiche; oppure vedere questa mutazione, questa metamorfosi come un 16 ulteriore balzo in un processo che cominciato con lominazione, e che continuato in particolare anche con la nascita della nostra civilt. E ancora oggi, infatti, potrebbero esserci, e ritengo ci saranno, degli uomini, delle comunit, dei popoli che scelgono di farsi carico pienamente di questo tipo di trasformazione anche in vista non di una fine di una storia, ma di una trasfigurazione della storia, di una riorganizzazione del mondo mentale e fisico della nostra specie in una chiave di tipo diverso. Quello invece che sicuramente non pu succedere, e non succeder, che "si vada avanti cos." Alcuni processi sono finiti; per esempio, qualsiasi cosa succeda, la guerra nucleare, la crisi economica etc, la civilt dei trasporti non se ne va, non se ne va la tecnologia della comunicazione, non se ne vanno i portati della rivoluzione industriale per cui un certo tipo e livello di popolazione non potrebbe comunque essere sostentato attraverso dei mezzi di conduzione pi primitivi o pi tradizionali che porterebbero soltanto ad uneconomia di spoglio che sarebbe ancora e molto pi insostenibile per lecosistema di quanto non lo sia quella attuale. Allora che cosa c dallaltra parte? C la scelta per esempio della possibilit di fare uso di queste cose o di immedesimarsi in questo tipo di trasformazioni partendo dal punto di vista che se una volta esistevano le specie che erano "una cosa naturale", poi sono nate le culture che erano qualcosa di pseudo-biologico perch si comportavano come una specie che nasceva, viveva, si sviluppava, poi decadeva e qualche volta si estingueva; noi oggi siamo di fronte ad una cosa ancora un po pi umana (o forse sovrumana): ancora un po pi nel senso dellautodeterminazione, ancora un po meno nel senso dell automatico e del (para-)biologico. Perch se noi oggi, per esempio, vorremo ancora avere delle lingue diverse per una scelta morale, affettiva, arbitraria, ideologica, a favore della differenza, anzich a favore dellentropia e delluniformit, queste lingue non potranno pi mantenersi perch ci sono quelli che vivono al di l delle Alpi che parlano francese in quanto per la difficolt di attraversarle loro non vengono (quasi) mai da questa parte e noi non andiamo (quasi) mai dallaltra, per cui per segregazione e deriva le due lingue si producono e si mantengono. Oppure c una certa razza o una certa cucina perch quelli vivono al di l dal Mediterraneo, e per cui pochi vanno di l, pochi vengono di qui, non ci mischiamo, e poi parlando anche lingue diverse ci si sposa molto meno di l dal mare. Perch tutte queste cose sono finite, non ci sono pi, non ci saranno mai pi. Lunico modo possibile in cui sar preservata una diversit, una possibilit di un destino differente e proprio ad un gruppo specifico, sar se certe cose sarannovolute in quanto tale, deliberatamente scelte e progettate. Una comunit non sar pi semplicemente un gruppo di persone che esistono su un certo territorio, ma sono un gruppo di persone che vogliono, scelgono di appartenere ad un insieme qualificante ed oggetto di una loro fedelt primaria, che scelgono per esempio di disegnare il proprio futuro biologico in una certa direzione, una direzione del resto potenzialmente divergente da quello che fanno invece altre comunit; o un gruppo di persone che sceglie di parlare una lingua come per 17 esempio hanno fatto i gallesi che hanno resuscitato una lingua che era pi che moribonda, o per esempio gli israeliani (lebraico, lingua gi morta all'epoca della predicazione paolina, oggi la lingua madre del 40-50 per cento della popolazione dello stato di Israele). La possibilit, la voglia, o la capacit di prendere in pugno quello che il proprio avvenire e di scegliere quello che si vuole essere, di "divenire ci che si ", diciamo cos, questa una delle possibilit che ci vengono offerte dalla rivoluzione biopolitica, dalla rivoluzione del terzo uomo, da questo tipo di crisi che oggi invece si dibatte nella globalizzazione, nella entropia, bene o male nella fine della storia, in cui esistono certo scossoni dal punto di vista politico tutti i giorni, etc ma che in fin dei conti io non credo possano fondare una continuazione della vita come ha caratterizzato lo scenario mondiale dal 500 dopo Cristo al 2000. Questi sono dei dolori del parto, sono degli scossoni, sono delle convulsioni che possono o spegnersi asintoticamente, e vivremo nel sistema per uccidere i popoli, come nell'omonimo libro di Faye, o nel Mondo nuovo di Huxley in cui siamo a parte variet di casta e specializzazione siamo tutti uguali, parliamo tutti inglese, abbiamo razzialmente tutti tratti identici, in cui assolutamente vietato il fatto di fare qualsiasi cosa che possa destabilizzare la situazione che idealmente dovrebbe riportare appunto alla famosa Et dellOro, ma che in realt un percorso di disumanizzazione, oppure alternativamente, ripeto, ci saranno delle comunit che prenderanno in mano il proprio destino e che lo porteranno a risultati e ad obiettivi pi lontani; e io, oggi come ieri, continuo a contare, credere e sperare che questa comunit sia quella che noi oggi chiamiamo con la parola Europa.
Grazie.
Stefano Vaj
18 Moderatore: Ringrazio Stefano Vaj per il suo interessante intervento. Non rubo tempo al secondo intervento e passo a presentare il prossimo relatore. Giornalista e scrittore, Adriano Scianca il responsabile culturale di Casa Pound Italia; il suo intervento verter sul tema In cammino verso LImperium. A conclusione del suo intervento ci sar spazio per le domande del pubblico ad ambedue i relatori.
Secondo intervento
In cammino verso LImperium di Adriano Scianca
Buonasera a tutti. Spero di essere allaltezza dellintervento di Stefano, che tra le altre cose stato anche un mio punto di riferimento importante per giungere a pensare fino in fondo, in modo pi radicale, ci che ovviamente gi avevo in testa. Per me un onore essere qui accanto a lui e anche una prova di un certo livello. Dicevamo In cammino verso lImperium, un titolo in qualche modo straniante perch, come diceva Elisa in apertura, ci che oggi viene definita con il nome di Europa non sembra assolutamente un Imperium, un impero, non sembra nemmeno, al limite, un qualche tipo di proiezione imperialistica. Per cui ho scelto un titolo che potrebbe sembrare addirittura ottimista. Ma in realt non questione di ottimismo o pessimismo, questione di scelte che ci vengono poste dai tempi in cui viviamo e a cui dobbiamo rispondere nel modo pi adeguato e secondo un determinato progetto culturale. In cammino verso lImperium si rif al titolo di un libro di Martin Heidegger, che In cammino verso il linguaggio, ed anche in quel caso il titolo era abbastanza straniante. Sappiamo bene infatti, che il linguaggio qualcosa che possediamo noi tutti da sempre, da quando nasciamo. Quindi non si capisce perch si debba andare avanti verso il linguaggio, si debba raggiungere il linguaggio per conquistarlo, come se fosse qualcosa che non abbiamo. Il discorso di Heidegger era ovviamente abbastanza complesso e centra anche poco con quello che stiamo dicendo. Per questo motivo no lo riproporr. 19 Allo stesso modo, dicevo, anche nel nostro caso, In cammino verso lImperium un titolo che vuole far pensare. A questo punto noi dobbiamo stabilire coordinate che ci consentano di tracciare questo cammino. Un aiuto in questo tentativo possiamo rintracciarlo in molti autori. Se ci pensiamo bene forse lEuropa uno dei pochi temi che quasi tutti gli autori a cui noi facciamo riferimento hanno affrontato: ne hanno parlato tutti ed esso costituisce il patrimonio comune di tutta la nostra tradizione culturale. Penso a Giorgio Locchi, piuttosto che ad Alain de Benoist, piuttosto che a J ulius Evola, piuttosto che a J ean Thiriart, e a tutta una serie di altri pensatori che hanno affrontato, ciascuno da vari punti di vista, ciascuno a seconda delle proprie coordinate filosofiche, questo tema. Lautore che invece ho scelto io per affrontare il tema di una cultura per lEuropa esula dallambiente che prima delineavo. Peter Sloterdijk, un filosofo tedesco, un accademico, non un pensatore border line, non un reietto della cultura. un pensatore che ha scritto diversi libri, alcuni abbastanza insignificanti, al mio modestissimo parere, ma che talvolta ha gettato nella cultura ufficiale delle perle che hanno un po sconvolto tutto il mondo del politicamente corretto. Ad esempio ci fu una sua famosa conferenza tenutasi tempo fa, intitolata Regole per il parco umano, in cui si affrontavano tutta una serie di tematiche che andavano esattamente nel senso di ci che ha appena detto Stefano, e che gi nel titolo annunciava unimpostazione abbastanza estranea rispetto a tutti quelli che sono i dogmi del politicamente corretto. In quella conferenza Sloterdijk affrontava il tema delle biotecnologie alla luce di Friedrich Nietzsche e di Platone: in un ambiente culturale conformista come quello tedesco parlare di biotecnologie, pi Nietzsche, pi Platone, d luogo ad unequazione il cui risultato abbastanza scontato. Un altra sua perla particolare il libretto che ho portato qui con me, il cui titolo Se lEuropa si sveglia, un libro, che io sappia, non tradotto in italiano. Io ce lho qui in traduzione francese. Questo libro contiene delle tesi che io ritengo rientrino assolutamente nellordine di idee che oggi qui dibattiamo. Dunque che cosa dice in particolare Sloterdijk in questo libretto? Dice che lepoca che va dal 1945 al 1989, lepoca dellassenza dellEuropa dal panorama storico mondiale. Ovviamente il 1945 uno spartiacque abbastanza chiaro e non c bisogno di spiegare nulla a proposito. Sloterdijk dice una cosa molto interessante. LEuropa sempre stata il punto di partenza di tutte le crociate (possiamo poi riflettere sul fatto che lidea di crociata nasce in un contesto mentale non europeo, ma questo un altro discorso), a cominciare quelle partite dallEuropa per liberare il Santo Sepolcro in epoca medievale. Ebbene, quella che c stata tra il 1939 e il 1945 stata in qualche modo una contro-crociata per liberare il Santo Sepolcro dei Diritti dellUomo in Europa. Dopo il 1945 lEuropa si incammina verso una fase di assenza dal panorama storico 20 mondiale. Questepoca ovviamente unepoca, per quel che ci riguarda, di decadenza assoluta, in cui Sloterdijk dice che il concetto di decisione viene totalmente obliato dallorizzonte concettuale europeo. Si passati da una sorta di esistenzialismo debole al consumismo pi sfrenato e, in tutto questo, ci che ne ha fatto le spese stata lidea di destino, di decisione. Sloterdijk dice che lunica cosa che in tutti questi anni gli europei si sono trovati a dover decidere era quale tipo di salsa mettere sullinsalata fra le quattordici possibili; il che peraltro per noi, che sullinsalata la salsa nemmeno ce la mettiamo, abbastanza drammatico. Questepoca termina, abbiamo detto, nel 1989, con la caduta del comunismo, che per Sloterdijk, che scrive nel 1994, abbastanza vicina. Cosa avviene in questo momento? Avviene che di fronte allEuropa si dispiega di nuovo la possibilit di ritornare a se stessa. In che modo il continente europeo pu riguadagnare quel protagonismo che per tanti secoli le appartenuto? Ci possibile attraverso lidea di Imperium, di Impero. LImpero la forma propria dellessenza europea, di ci che tipicamente europeo: la storia ci mostra che lEuropa o una potenza o non , lEuropa o fa grande politica o non fa politica, lEuropa o pensa in grande o non pensa. Quindi nel momento in cui lEuropa vuole riappropriarsi di se stessa, la forma concettuale a cui deve attingere necessariamente quella dellImpero, che , come dice Sloterdijk, con unespressione bellissima, lidea mitomotrice dellEuropa, ci che in ogni epoca ha messo in movimento lEuropa. LEuropa stata se stessa nella misura in cui riuscita ad essere e a pensarsi come Impero. Ovviamente anche qui Sloterdijk non sa prefigurarsi gli esatti contorni dellImpero prossimo venturo. Egli ci dice che si apre un bivio di fronte al cammino dellEuropa, che lEuropa pu tornare ad essere se stessa. LEuropa deve fare uno sforzo, concettuale innanzitutto, e politico, spirituale ed etico poi, per ritornare ad essere se stessa; ma Sloterdijk non sa indicare ovviamente quali possono essere i contorni di questo cammino di riappropriazione di se stessa. Come ho detto, egli scrive nel 1994, il comunismo tutto sommato caduto da poco, e tutto ancora in divenire. Dal 1994 ad oggi ovviamente successo di tutto. Abbiamo i fatti dell11 settembre, la crisi finanziaria che stiamo vivendo in questi giorni, e tutta una serie di alti accadimenti. Il panorama politico in continuo mutamento e le occasioni che si offrono allEuropa per ripalesarsi come potenza geopolitica vengono continuamente frustrate senza che si riesca a raccogliere il testimone della migliore tradizione europea che si potrebbe far rivivere. Eppure lImpero, dice Sloterdijk, fa parte della drammaturgia della storia europea. Questo concetto di drammaturgia particolarmente interessante. LEuropa riesce a giocare il suo ruolo storico nella misura in cui riesce a pensarsi come Impero, e quindi occorre suscitare in noi stessi - anche qui cito una bella espressione del filosofo tedesco - un sogno autogeno. Bisogna riuscire a 21 trasformare innanzitutto noi stessi, e a pensare innanzitutto lImpero dentro di noi per poi riuscirgli a dare una forma concreta, politica, storica. Ovviamente tutto questo molto pi facile a dirsi che a farsi. Per, secondo me, questa idea dellImpero in interiore homine, ossia dellidea imperiale che sorge allinterno delluomo e che muta innanzitutto luomo stesso (che poi a sua volta informer lambiente circostante), esattamente il punto di partenza su cui dobbiamo situarci. Perch poi, parliamoci chiaro, qualsiasi trasformazione avvenga a livello internazionale non dipender da noi che siamo in questa sala, dalle migliori forze europee, ma dipender da Tremonti piuttosto che da Putin, piuttosto che da questi personaggi, che vengono tutti dallufficialit politica, economica e culturale e che poi, con una loro evoluzione, possono anche sicuramente giungere a conclusioni e a proposte che ci paiono particolarmente interessanti; e non a caso ho citato Tremonti ma ancor pi Putin, che sicuramente la novit di maggior rilievo nello scacchiere politico internazionale. Tuttavia lufficialit cui facevo riferimento prima si pone a un livello per noi assolutamente inarrivabile. Quindi che senso ha stare qui oggi a parlare di Imperium? Ha senso esattamente nellaccezione in cui dicevo prima. Ha senso nella misura in cui riusciamo a fare dellImpero unidea mitomotrice e mitopoietica, ovvero unidea in grado di creare un nuovo mito, a cominciare da noi stessi. A questo proposito molto interessante il concetto di unit imperiale. Questo concetto citato anche da Gabriele Adinolfi piuttosto che dal gruppo di rock non conforme Zetazeroalfa venne formulato in forma organica su un vecchio articolo della rivista Orion a firma di Flavio Nardi, un ragazzo di Roma che si occupa di musica non conforme. Questultimo propose il concetto di unit imperiale riferendosi al discorso evolvano di Cavalcare la Tigre. Essere unit imperiale significa interiorizzare lidea di Imperium e farla agire su noi stessi. Voglio portare due esempi che, a mio modo di vedere, testimoniano storicamente la realizzazione di questo concetto. Il primo tratto da una famosa pagina di Oswald Spengler, ne LUomo e la macchina, libro citato prima anche da Stefano, incentrata sulla storia del famoso legionario romano a Pompei che, non avendo avuto la consegna di abbandonate il suo posto di guardia mentre era in atto la catastrofe, rimase al suo posto. I calchi delle sue gambe vennero trovate davanti al posto di guardia. Quel soldato aveva interiorizzato in maniera cos profonda il suo ruolo di sentinella a servizio dellImperium tanto da arrivare a sacrificare la sua stessa. Estremo sacrificio che in una mentalit secolarizzata ed egualitarista risulta assolutamente insensato, ma che nellottica in cui affrontiamo il dibattito di assume un significato paradigmatico, archetipico, perch quel soldato, in realt, come diceva peraltro Giorgio Locchi commentando quella stessa pagina di Splenger, riuscito ad incarnare limmagine che lui stesso aveva di s, di una sentinella imperiale, proprio nel gesto dellestremo sacrificio. E questo, vi 22 dicevo, un esempio particolarmente pregnante di che cosa pu voler dire essere unit imperiale, tenere la consegna e tenere il proprio posto. Un altro esempio che mi viene in mente, anche questo particolarmente evocativo, fa invece riferimento alla storia un po pi recente. Mi viene in mente una pagina del diario di Giuseppe Bottai. Facendo questo esempio, mi riferisco a questa epoca storica senza scendere nel dettaglio, un esempio, diciamo, pi che altro tecnico. Nel diario di Bottai c una pagina in cui si parla del suo ritorno dalla guerra dAfrica. Bottai va a ricevimento da Mussolini, con cui aveva unestrema confidenza, e trova un Mussolini trasformato. Questi lo liquida con poche parole, dicendogli che aveva fatto il proprio dovere e lo congeda. Bottai per questo assolutamente disperato e scrive nel suo diario che Mussolini cambiato, che si indurito, che diventato di pietra. Ora, al di l degli psicodrammi di Bottai, lepisodio riportato mostra anche qui linteriorizzazione del proclamato Impero e mi sembra assolutamente evocativo di quello che pu essere un concetto di unit imperiale. Ovviamente replicare tutto questo oggi abbastanza problematico e la differenza balza subito agli occhi: in entrambi i casi abbiamo a che fare con due esempi in cui c un contesto generale votato allImpero. Essere unit imperiali oggi invece un compito assolutamente lasciato allindividuo perch non c un contesto generale che ci pu aiutare in tutto questo. un cammino che si confronta col concetto nietszcheano di Nichilismo e con ci che Evola definiva la necessit di cavalcare la tigre. un percorso che ognuno di noi deve affrontare in solitario innanzitutto per poi riconnettersi con altre unit imperiali. Ed questa la vera sfida che ci si presenta oggi. Essere unit imperiali significa riuscire ad incarnare i propri valori in ogni istante della propria vita, qualsiasi cosa si faccia, sia che ci si trovi magari in piazza, sia che ci si trovi a mantenere una linea politica, significa saper essere sempre al proprio posto, e saper fare ci che deve essere fatto in ogni situazione. Questa secondo me quella che la vera sfida per noi, il nostro vero compito. Tutto il resto al di l di quella che pu essere la nostra capacit di azione sulla realt.
Come ho detto, lImpero prossimo venturo, se mai verr, se mai avr a breve una reale consistenza politica, non dipender certo da noi, dipender da meccanismi che sono assolutamente pi grandi, sopra le nostre teste, al di l di qualsiasi nostra possibilit dazione, perlomeno ovviamente nel breve termine. Questa purtroppo lattuale situazione europea. Adesso comparso Barack Obama, che stato festeggiato paradossalmente non solo a sinistra ma anche in alcune parti della destra, come se potesse generare un reale cambiamento nello scacchiere internazionale. Se ci sar un cambiamento, in realt, sar secondo me assolutamente devastante per quella che ogni politica di indipendenza e di auto-realizzazione europea, perch si diffonder, e si sta gi 23 diffondendo, una ventata di americanismo di ritorno. Di quella che era stata la prospettiva di multipolarismo dellepoca Bush, innescata dalla sua stessa goffaggine e arroganza a livello internazionale, non vi pi traccia.
La situazione pertanto quella che e non c assolutamente, in questo senso, da sorridere. Sappiamo che c una speranza per quella che la situazione in Russia, che anche se non il mio governo ideale (se mai ne dovessi indicare uno), sta comunque seguendo una politica di indipendenza da un punto di vista politico, culturale ed economico. Una Russia che va assolutamente lodata anche da un punto di vista mediatico perch, se qui si sorride spesso degli stratagemmi di Putin per accattivarsi il consenso del popolo russo, poi tutto sommato le sue strategie mediatiche non sono pi ridicole di quelle dei politicanti occidentali. Per tutto questo, lo ripetiamo ancora, assolutamente sopra le nostre teste. Per quello che ci riguarda possiamo fare soltanto una cosa: cercare di essere unit imperiali, di mantenere la consegna e di fare ci che deve essere fatto. Grazie.
Adriano Scianca
24 Domande dal pubblico
Per il Dottor Vaj: Negli ultimi dieci anni, soprattutto parlando di biotecnologie, quindi di influenza della scienza sulla vita e sulla formazione della vita stessa, abbiamo assistito al ritorno della religione soprattutto con il movimento definito da alcuni politologi, forse impropriamente, dei neoconservatori, come protagonista del dibattito politico anche sulle questioni scientifiche. Lei ritiene che sia finito questo periodo oppure che le religioni organizzate possano dare degli ulteriori colpi contro la scienza e quindi contro luso della scienza per la formazione della vita?
Risposta: Io penso che ci siano due ruoli importanti che malgrado la secolarizzazione facciano s che le componenti propriamente religiose di un certo schieramento abbiano ancora un peso notevole. In primo luogo in Italia, parlando della Chiesa Cattolica, abbiamo delle strutture che, seppure superate e con dei ruoli ridimensionati rispetto a quello che poteva sussistere nel Medioevo crociato, gestiscono tuttora un potere culturale, politico e di influenza immenso. Lo schieramento che io invece definisco umanista, frazionato in partiti, correnti, tendenze, ideologie o meglio semplicemente in comitati daffari, pur possedendo unortodossia a causa di questo frazionamento finisce per subire il potere immenso della Chiesa Cattolica, pur anche ammettendo che oggi questa rappresenta a livello sociale una minoranza allinterno della societ italiana. Inoltre c un fattore molto importante da considerare: lo schieramento umanista in un certo senso il prodotto della secolarizzazione che in parte avviene in opposizione alla visione del mondo monoteista, e in questo caso si porr allorigine e alla nascita di quello che la tendenza storica di cui ho parlato prima e che stata definita in vari modi come sovrumanista, superominista, transumanista, romantica, faustiana, quello che volete. Dallaltro lato rappresenta anche laffermazione egemonica nelle coscienze e nel linguaggio di quello che sono i valori della tendenza monoteista giudeocristiana, che diventano ovvie, per cui non hanno pi bisogno di una fondazione religiosa o di una fondazione mitica; perch tanto ovvio che per esempio esiste solo lIndividuo, lUmanit, ovvio che il Bene una certa cosa e il Male una certaltra, etc. Ma questa ovviet, pur essendo penetrata nelle coscienze, viene meno nel momento in cui si trova sfidata dal fatto che si creano delle linee di frattura dal punto di vista dellevoluzione pratica, dal punto di vista di quella responsabilit di autodeterminazione che dicevo prima e dal punto di vista della nascita di tendenze storiche politiche, metapolitiche, filosofiche che rivendicano questo tipo di autodeterminazione. 25 Ecco allora che a un certo punto un bioetico o laltro, per esempio il Rodot 1 della situazione, professa che c lingegneria genetica buona, che quella che toglie le malattie, e c quella cattiva, che fa il superuomo ovvio, no!?! Poi ad un certo punto salta fuori Watson 2 (prima che venisse coinvolto nello scandalo) che, in un convegno del 1986, si chiede, pur sapendo che non politically correct, perch noi non potremmo programmare arbitrariamente le caratteristiche della nostra discendenza? perch mai noi dovremmo astenerci, nel momento in cui miglioriamo queste caratteristiche, dal fare semplicemente quello che ci piace? Che differenza c tra avere un sistema immunitario che resiste al 30% in pi dal raffreddore, essere pi alti di un centimetro e avere un quoziente di intelligenza di 30 punti maggiore? Rodot a ci non risponde, perch alla fine il suo discorso si situa allinterno dei valori condivisi che stanno in piedi fino a che sono ovvi. Quando cessano di essere ovvi lui non ha pi il bagaglio mitico, religioso, spirituale che in un certo senso giustifica il perch vada bene lingegneria genetica negativa e non quella positiva. Naturalmente si ritrova dalla sua parte chi invece fa parte del bioluddismo, del neoluddismo, dellumanismo religioso; si ritrova in prima linea, perch loro sono quelli che non hanno dubbi, che sanno tutto, perch chiaramente spiegato nella Bibbia, e la Bibbia non una cosa che possa essere messa in discussione perch parola di Dio, e la fede nella parola di Dio un dovere addirittura morale, per cui loro sotto questo punto di vista non hanno problemi. E questo credo che sia il secondo grande ruolo, oltre il fatto che la chiesa cattolica, rispetto ai comitati daffari che sono i partiti politici, una grandiosa organizzazione metapolitica con una sua ideologia e filosofia precisa, cosa che nessun altro movimento attualmente, in Italia per esempio, mi sembra possa vantare. Oltre a questo c anche il fatto che loro traggono forza dalla ferma convinzione che pensare diversamente da loro non impossibile ma semplicemente vietato.
1 Stefano Rodot (Cosenza, 30 Maggio 1933), politico e giurista. 2 James Dewey Watson (Chicago, 5 aprile 1928), biologo statunitense, scopr la struttura della molecola del DNA insieme a Francis Crick e Maurice Wilkins con i quali ha ricevuto il Premio Nobel per la medicina nel 1962 per le scoperte sulla struttura molecolare degli acidi nucleici e il suo significato nel meccanismo di trasferimento dell'informazione negli organismi viventi. Nell'ottobre 2007 The Independent pubblicava una sua dichiarazione secondo la quale I neri sono meno intelligenti dei bianchi e che l'idea che l'eguaglianza della ragione condivisa da tutti i gruppi razziali si rivelata una delusione, tanto che chi ha a che fare con dipendenti di colore pensa che questo non sia vero. Successivamente Watson stato costretto a ritrattare pubblicamente questa sua affermazione.
26 Domanda per Stefano Vaj: Si parlato di una concezione circolare, sferica della storia; quindi non sarebbe impossibile pensare a un ritorno indietro nella storia. Mi potrebbe spiegare meglio cosa si intende?
Risposta: La risposta quella nietzcheana, sovrumanista, che poi quella che stata pi estesamente spiegata, illustrata e forse compresa anche da Giogio Locchi 3 . Si sono confrontate ad un certo punto due visioni della storia sul volgere della storia stessa. La prima una visione ciclica, per cui, come ci sono le stagioni che poi ritornano, cos come c il giorno e la notte, cos come c il ciclo biologico dalla successione delle generazioni alla nascita, alla crescita, alla decadenza alla morte, cos anche la storia seguirebbe dei cicli. E questa la prima visione, che quella pi tradizionalmente europea, pagana, classica, etc. Poi esiste invece laltra visione, che quella della tendenza umanista e monoteista, che dice che la storia non un cerchio ma qualcosa che ha un inizio e ha una fine, in cui la fine , in un certo modo, si riconduce un po a quello che era linizio, ad uno stato edenico. Rappresenta soprattutto la fine anche del divenire storico, il suo compimento; perch la storia una vicenda umana che in primo luogo non sarebbe mai dovuta neppure esserci. Il paradiso terrestre, o la sua versione secolarizzata della societ senza classi, andavano benissimo cos comerano: da questi peccati e da questa valle di lacrime c un percorso di redenzione o un percorso dialettico o di lotta di classe, etc. che porter alla conclusione in cui ci sar restituito uno stato preistorico e extrastorico con in pi labbondanza, in cui il paradiso celeste sar pi bello di quello terrestre, etc. Questo secondo tipo non un ciclo, non la volont di ritornare allet delloro, non il pensiero che c stata una volta una cultura nascente e di culture nascenti ce ne saranno altre in futuro, ma lidea che prima cera un mondo fuori dalla storia e a quel mondo dobbiamo tornare. A queste due visioni se ne aggiunge una terza, che Giorgio Locchi definisce visione sferica. Con questa visione innanzitutto accettiamo la storia, che un qualcosa in cui si vuole restare, che cominciata e non destinata nella nostra volont ad interrompersi e finire; ma nello stesso tempo questo ciclo non una ripetizione, o non pu pi essere una ripetizione, perch quella visione ciclica, o questa sorta di immagine di come le cose potessero continuare a funzionare, in qualche modo, finita.
3 Giorgio Locchi, pi noto come giornalista e corrispondente del Tempo a Parigi, stato uno dei pi originali e meno conosciuti pensatori sovrumanisti del dopoguerra, nonch autore e co-autore tra l'altro de Il male americano (Akropolis), Nietzsche, Wagner e il mito sovrumanista (Akropolis), L'essenza del fascismo (Il Tridente). e Das unvergngliche Erbe (Thule-Seminar); ed ha largamente influenzato Guillaume Faye, Pierre Vial, Pierre Krebs, Robert Steuckers, Stefano Vaj, nonch, specie nel periodo intorno alla fine degli anni settanta, Alain de Benoist. Tra gli scritti sul pensiero di Locchi e sulla sua perdurante attualit, cfr. la "Introduzione a 'Espressione politica e repressione del principio sovrumanista' di Giorgio Locchi" di Stefano Vaj, la "Introduzione" di Santiago Rivas alla versione spagnola dello stesso testo, "Hommage Giorgio Locchi" di Gennaro Malgieri, "Il cantore del mito nuovo" di Adriano Scianca e (marginalmente) "Between metapolitics and apoliteia" di Roger Griffin. 27 E finita perch c stato il cristianesimo che ha sancito una frattura dello spazio psicologico e storico. Spengler 4 stesso dice che sono finiti i cicli delle culture spengleriane, che non ci sar pi la nascita di culture nuove, vuoi con la parte civilt (Kultur) vuoi con la parte civilizzazione (Zivilisation), perch la Terra finita, perch non c pi la segregazione, non ci sono pi degli spazi aperti, non ci sono pi delle cose che possono morire lasciando per complessivamente intatta la scena planetaria e altre culture possono nascere. Allora che cosa pu esserci soltanto? Pu esserci il fatto che la storia non destinata a finire, perch ormai il meccanismo storico diventa qualcosa che non pi pseudo o para biologico, ma diventa qualcosa che nellintero controllo di colui che la rivendica e che la fa sua. E qui la storia un qualcosa in cui esiste leterno ritornare di qualcosa, tutto quello che il nostro passato. Ma anche il nostro passato stesso continua a cambiare perch viene sempre ridefinito da una prospettiva di un presente, che la scelta di che tipo di destino vogliamo per il nostro futuro. Non una cosa facilissima da spiegare, in un certo senso, perch il nostro linguaggio e la nostra mentalit sono proprio ordinati secondo una visione invece lineare della storia. Ma la visone sferica rappresenta un gradino in pi appunto della libert storica delluomo e rappresenta un momento in pi per cui, se una volta la storia non cera, poi la storia cominciata ma andata avanti a cicli, oggi un nuovo inizio un inizio su una scala pi cosmica. E questo inizio in qualche modo simile a quello che lentrata stessa della storia con la rivoluzione neolitica.
Domanda di Stefano Vaj per Adriano Scianca: Spesso il concetto di Imperium viene anche riferito al modello di organizzazione politica che in un qualche modo rappresenterebbe il pendant dialettico di quello che il sistema attuale. Si dice che gli stati-nazione, il modello francese dello stato-nazione, un qualcosa che si costituisce sulla base di un predominio della nazione franca che non organizza intorno a se uno spazio di comunit e di una ricchezza di civilt, tradizioni politiche e culturali diverse, ma che tende a piallare, uniformare e burocratizzare sostanzialmente tutto; e questo in un certo senso prefigura levoluzione mondialista. Daltra parte invece lImpero dovrebbe essere la forza e la coesione nella differenza; questo forse potrebbe essere un modello di organizzazione planetaria diversa, come alternativa al mondialismo e alla globalizzazione.
4 Oswald Spengler (Blankenburg am Harz, 29 maggio 1880 Monaco di Baviera, 8 maggio 1936, filosofo, storico e scrittore tedesco. Autore de "Il tramonto dell'Occidente" (titolo originale "Der Untergang des Abendlandes", tradotto in italiano da J ulius Evola). "Il Tramonto dell'Occidente" (1918-1922), accolto da un enorme successo di pubblico, un tentativo di elaborare un compendio di una morfologia della storia universale. In quest'opera Spengler sosteneva che tutte le civilt attraversano un ciclo naturale di sviluppo (Kultur), fioritura e decadenza, e che l'Europa, vittima di un angusto materialismo e del caos urbano, si trovava nell'ultimo stadio, l'inverno di un mondo che aveva conosciuto stagioni pi fruttuose (Zivilisation). L'Europa, a meno di riuscire a purificarsi e ripristinare i suoi valori spirituali e il suo ceppo originario, sarebbe caduta preda di politiche selvagge e di guerre di annientamento. 28
Risposta del dott. Scianca:
La risposta ovviamente gi nella domanda. Nel ricostruire il contesto storico e concettuale faccio sicuramente riferimento alle coordinate che mi vengono dal discorso di Giorgio Locchi. Del resto il modello dellImperium, come concreta proposta per il mondo contemporaneo, deriva anche dalla speculazione di quello che un altro discepolo di Locchi, Alain de Benoist 5 . Questi, qualche tempo fa, scrisse un libro, LImpero interiore, in cui proponeva appunto il modello dellImperium in senso federale, rifacendosi soprattutto al modello di J ohannes Althusius 6 e contrapponendolo esattamente al modello dello stato-nazione. Ovviamente la risposta alla tua domanda s. Il modello imperiale pu sicuramente essere un modello da contrapporre allomogeneizzazione globale a cui stiamo assistendo e un modello per organizzare le differenze salvaguardandole e mettendole in forma. La regione, il paese, la nazione non vengono umiliate nel loro essere comprese in un progetto imperiale. Non solo cos, ma la regione, il paese e la nazione, svincolate da un progetto imperiale finiscono per fare fondamentalmente il gioco, nella situazione attuale, di quella che la potenza che vuole uniformare tutte le identit locali, comprese il paese, la regione, la nazione. Qualsiasi tipo di irredentismo, indipendentismo, regionalismo, in quanto rivendicano delle identit, hanno sicuramente una parte di quella che pu essere la nostra simpatia, per, a loro volta, quando vogliono fare questo in contrapposizione a tutto ci che hanno intorno, e senza pensarsi in un orizzonte pi ampio, finiscono inevitabilmente per essere sfruttati da quello che il grande nemico di tutte le identit, comprese le loro. Questo vero, basta guardarsi intorno, in Cecenia, in Kosovo. Perch non che i sostenitori di Putin, come possiamo essere sicuramente noi, credono che i ceceni non abbiano diritto alla loro identit e alla loro economia, che oggettivamente, allo stato attuale delle cose, fare una politica indipendentista contro Mosca significa fare il gioco di Washington. Quindi ogni regionalismo positivo perch rivendica unidentit, ma se svicolato da un progetto imperiale nocivo a se stesso innanzitutto, e comunque a qualsiasi progetto di salvaguardia delle differenze. Il concetto di Impero, come organizzazione delle differenze, ci deriva esattamente dal modello romano.
5 Alain De Benoist, (Saint-Symphorien, 11 dicembre 1943) scrittore francese, fondatore del movimento culturale che la stampa internazionale defin Nouvelle Droite (Nuova Destra), del quale stato animatore insieme a Guillaume Faye, Pierre Vial, Giorgio Locchi; rimane da sempre principale punto di riferimento del GRECE (Gruppi di ricerca sulla civilizzazione europea). Notizie molto estese e numerosi suoi scritti (ad esclusione purtroppo della sua produzione pi interessante, quella a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta) sono resi disponibili in varie lingue dal sito Les Amis d'Alain de Benoist. In italiano sono disponibili altres due studi in volume sull'autore, e precisamente La destra degli dei. Alain de Benoist e la cultura politica della Nouvelle Droite di Francesco Germinario, e Sulla Nuova Destra.
6 Johannes Althusius (Diedenshausen, ca 1563 Emden, 12 agosto 1638), giurista, filosofo, teologo calvinista tedesco. 29 Un modello in cui le diverse identit e i diversi popoli venivano sicuramente ripresi in un progetto di pi grande portata, ma restavano se stessi. Ma il vero discrimine non tanto quello di fare adesso dellangelismo per quello che riguarda la politica internazionale. Il vero discrimine tra una forza che voglia convertire, omogeneizzare e uniformare tutte le differenze, i popoli, le culture, le religioni, le lingue, e una forza che tutte queste differenze le lascia esistere, le vuole far esistere e crede che il fatto che esistano sia un valore. Lo spartiacque fondamentale non tanto il ricorso o meno alla forza, ma la volont di convertire o meno i popoli con cui tu, in un modo o in un altro, pacificamente o meno, entri in contatto. Quello lo spartiacque fondamentale e la grandezza del modello imperiale, che romano, e che potrebbe un domani essere un modello e una concreta proposta politica per lEuropa.
Domanda per Andriano Scianca: Nellambiente della destra ci sono fin troppe diversit di posizione, molto spesso vere e proprie contrapposizioni, su quelle che dovrebbero essere le politiche di alleanze dellEuropa e sullallargamento dei suoi confini (per esempio sullinclusione della Turchia, su cui si dichiara favorevole il gruppo di Eurasia). Mi pu dire qualcosa a proposito?
Risposta: Concordo per quel che hai detto circa la schizofrenia dellambiente della destra. Ritengo tuttavia che lapproccio vada un attimo invertito. Metterci adesso a stabilire quali devono essere i confini della futura Europa e quale debba essere la sua politica estera e di amicizia e inimicizia secondo me lascia un po il tempo che trova. In realt tanto i confini quanto le politiche di alleanze di amicizia e inimicizie le stabilisce la storia, non si stabiliscono mai a tavolino, tanto meno avrebbe senso che le stabilissimo noi oggi. Per quanto riguarda il fatto specifico della Turchia, che hai citato richiamando il gruppo di Eurasia, che ha fatto una forte campagna per lingresso della Turchia in Europa, con tutta una serie di argomentazioni, io sono abbastanza scettico, anche se sono tutte proposte abbastanza bene argomentate e sono disposto a prendere in considerazione questo tipo di argomenti. Per i vantaggi di una Turchia in Europa sono abbastanza dubbi e soprattutto, qualsiasi cosa ci si voglia inventare a livello etno-culturale, religioso, etc, la Turchia viene genericamente percepita come non europea; la percepisco cos io ed percepita cos dalla quasi totalit degli europei. Forse se c questa percezione diffusa un motivo ci deve pur essere. Poi ha poco senso adesso stabilire quali debbano essere i rapporti tra un futuro Impero e un altro futuro Impero, perch queste cose non si stabiliscono a tavolino, sempre la storia concreta che stabilisce questo tipo di rapporti tra potenze; prima sarebbe il caso di avercelo questo impero europeo. 30 La mia visione del mondo sicuramente multipolare e il fatto che ci sia un Impero europeo che abbia a che fare con un Impero ottomano o con qualsiasi altra forma di un grande spazio, nel senso schmittiano del termine, sicuramente qualcosa di positivo ed la visione del mondo futuro che ho in mente.
Domanda del moderatore ai relatori: Pongo ad ambedue i nostri relatori la medesima domanda. Sono fermamente convinta che per recuperare una cultura per lEuropa si debba passare solamente attraverso comunit coese e radicate nel proprio territorio e nella propria cultura, cos come traspare dai vostri interventi. Si parla spesso di radici culturali dellEuropa e a tal proposito noi riconosciamo che la matrice dellEuropa va necessariamente recuperata nellidentit culturale indoeuropea. Molti hanno fatto interessantissimi studi sugli indoeuropei (Georges Dumzil 7 , Adriano Romualdi 8 , cui peraltro abbiamo voluto dedicare il titolo di questo convegno, Alain de Benoist), per volendo sintetizzare: che cosa dovremmo recuperare di questa identit culturale indoeuropea per poter pensare di ricreare una cultura veramente alternativa per lEuropa?
Risposta di Stefano Vaj: Lomogeneit delle comunit un omogeneit sempre nella visione tridimensionale. Nella visione sferica della storia, un omogeneit in un senso convergente, cio nel senso che parte da persone che rivendicano o si riallacciano a certe radici, o che hanno una certa provenienza, e che in funzione di questo vogliono continuare a restare diverse e a diventare sempre pi diverse, non ad omogeneizzarsi gradualmente ad un panorama circostante. Questo da un punto di vista culturale, linguistico, tradizionale, ma poi anche etico, biologico, perch no. Laltra questione in che cosa consiste davvero il retaggio indoeuropeo. Io penso che un elemento per esempio qualificante di questo discorso sia proprio lidea di unorganizzazione del cosmo umano come organizzazione delle differenze. Anche nel Neolitico il mondo in qualche misura si globalizza, perch cominciano i traffici commerciali, gli scambi, cambia la tecnologia dei trasporti. Nellambito di questo
7 Georges Dumzil (1898 1986), filologo e linguista francese, massima autorit nellanalisi comparata della visione del mondo delle societ indoeuropee. Sua la teoria, ormai ampiamente accreditata in ambito accademico, della tripartizione (giuridico-sacrale, guerriera, fecondit-abbondanza) come modulo interpretativo del reale, tipico delle genti indoeuropee.
8 Adriano Romualdi (Forl, 9 dicembre 1940 Roma, 12 agosto 1973),storico, saggista politico e giornalista italiano. Figlio del presidente del M.S.I., Pino Romualdi. Laureatosi con una tesi sulla rivoluzione conservatrice tedesca, discussa con il professor Renzo De Felice, inizia sin da giovanissimo a occuparsi di tematiche storiche e politiche. Fortemente influenzato dal pensiero di J ulius Evola, si occupa in articoli e libri di Platone, Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Pierre Drieu La Rochelle, del fascismo, interpretato quale fenomeno prettamente europeo, e della seconda guerra mondiale. Dedica inoltre ampi studi agli Indoeuropei, che gli valgono il plauso di Giacomo Devoto. Assistente di Storia contemporanea all'Universit di Palermo nella cattedra di Giuseppe Tricoli. Grande e lucido ideologo, muore all'et di trentatr anni in un incidente stradale. 31 tipo di discorso si pu decidere di dare una risposta come quella del sistema egizio. I faraoni: questa sorta di sovranit identificata in una figura epocale che, ammazzata o mangiata, una sorta di predatore Dio, o qualcosa del genere. Intorno a lui tutta la popolazione riceve unidentit dal rapporto con questo personaggio o dalla casta sacerdotale che ne amministra i riti. La risposta indoeuropea in questa situazione diversa, nel senso che esistono delle popolazioni, che in realt sono molte piccole ma portatrici di una visione di estremo dinamismo storico. Esse vedono viceversa la partecipazione di tutti, la mobilitazione, il senso comunitario, lidentificazione in un destino collettivo, come ci che da significato allesistenza delluomo. La costruzione del monumento (che non la piramide, cio una cosa molto stabile che star l per un certo numero di anni) la costruzione di una civilt che destinata a sfidare i secoli o a lasciare una traccia o ad esprimere una visione del mondo o a ricordare gesta compiute rispetto a cui il contemporaneo vuole mostrarsi degno e a cui contemporaneamente vuole aggiungere qualcosa che sia degno del suo passato e anche di un futuro che vuole lasciare dietro di s. Credo che questi siano gli esempi forti e le cose a cui possiamo ricollegarci e che fanno parte veramente della nostra specificit essenziale, genetica, diciamo cos. Poi ci sono alcune cose che invece sono finite per sempre, come dice Nietzsche, non tornano i greci: il cristianesimo non una cosa che possiamo rimuovere psicologicamente perch se no diversamente saremmo per sempre condannati a riviverlo. vero che quando noi oggi usiamo per esempio la parola prometeico la usiamo in senso positivo. Prometeo per i greci un simbolo negativo e non positivo, perch per i greci rappresentava la religiosit tellurica pre-indoeuropea delle popolazione dominate, perch esisteva sempre la possibilit o che si ribellassero politicamente o che soprattutto andassero ad inquinare in qualche modo quello che invece era la cultura, lo spirito, o il tentativo degli indouropei di tutelare la propria identit. Tentativo che ha avuto episodi veramente epici e anche tragici al contempo: pensate allIndia, in cui una manciata di migliaia di indoeuropei hanno conquistato un continente che gi allepoca aveva centinaia di milioni di abitanti e hanno cercato, con una grandissima produzione culturale e organizzazione sociale, di resistere ad un assorbimento che poi inevitabilmente nella storia si anche verificato. Oggi lindiano io posso miticamente consideralo come fratello, ma da un punto di vista etico e culturale si divaricato parecchio dalla nostra cultura. Gli indoeuropei hanno tentato di fare questo, e di mantenere questo tipo di identit, e questo un messaggio e un esempio che noi possiamo in qualche modo prendere, come per esempio il tentativo di organizzare la struttura sociale con la sola tripartizione funzionale, cio i sacerdoti, i governanti, i guerrieri e la classe produttiva: questo un modo di interpretare il mondo e di dare un significato e una struttura alla societ.
32 Risposta di Adriano Scianca: Una cosa che mi viene in mente a proposito delleredit indoeuropea il concetto di fondazione di citt. Lindoeuropeo, particolarmente nellaccezione romana, per natura fondatore di citt. Viceversa nella Bibbia, che il libro di una tradizione culturale portatrice di valori completamenti diversi, il fondatore di citt il maledetto per eccellenza. Uno dei primi fondatori di citt Caino, e questi non ha precisamente un ruolo positivo nella Bibbia. Al contrario nella tradizione indoeuropea, a cominciare da Romolo ovviamente, il fondatore di citt diviene eroe archetipico, perch in qualche modo fondando una citt, fonda un mondo, un universo di valori, traccia un solco per terra e decide che da oggi in poi qui c Roma, unistituzione, un Impero, una legge, un diritto e oltre c non-Roma, c tutto il resto, la natura ferina, il kaos. E fondamentale riprendere questo tipo di insegnamento e di eredit, cercando di attualizzarlo. A me ad esempio capitato spesso di mettere in relazione questo tipo di ordine di idee con lesperienza delle occupazioni, che come sappiamo, da tempo non pi patrimonio esclusivo della sinistra. Perch anche nelle citt attuali, in cui il potere politico rinuncia a se stesso e per forza di cose dimissionario perch non sa pi governare la polis, si possono ricreare degli spazi in cui si rida in qualche modo vita a ci che stato abbandonato da una politica criminale. Secondo me questo tipo di insegnamento ci deve portare a riflettere su tutti i significati intrinseci dellidea di fondazione di citt, che uno degli aspetti cruciali delleredit indoeuropea su cui noi oggi dobbiamo riflettere. 33 34 Conclusione
Ringrazio i relatori per la loro approfondita analisi da cui credo emerga chiaramente che la possibilit di avere un futuro che non snaturi la nostra essenza si incarni nella volont di osare. La fortuna aiuta gli audaci. Ringrazio il pubblico per la presenza e vi do appuntamento alla prossima iniziativa dellAssociazione Culturale Edera.