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Una cultura per lEuropa


Suggestioni, idee, fondamenti
per un diverso futuro






Sommario



Sommario......................................................................................................................3
Introduzione...................................................................................................................5
Primo intervento Tramonto dellOccidente e civilt faustiana di Stefano Vaj ......7
Secondo intervento In cammino verso LImperium di Adriano Scianca............19
Domande dal pubblico.................................................................................................25
Conclusione.................................................................................................................35

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Introduzione



Buonasera a tutti a nome dellAssociazione Culturale Edera. Porgo innanzitutto il
benvenuto a tutti i presenti con una doverosa premessa: come non avrete sicuramente
potuto evitare di vedere al vostro ingresso, questo per la nostra citt un periodo
piuttosto teso. La difficolt di tale situazione, provocata dai soliti noti che intendono
non permettere di dar voce ad iniziative altre da quelle incasellate in un preciso
stilema, ci costringe ad unatmosfera da barricate, visto il massiccio dispiegamento
di polizia schierato qui fuori, ma non ci impedisce di essere qui questa sera.
Ma non mi dilungo oltre ed entro immediatamente nel vivo del convegno che, come
avrete avuto modo di leggere, ha titolo Una cultura per lEuropa. Suggestioni,
idee, fondamenti per un diverso futuro.
Innanzitutto il perch di tale argomento. LEuropa che tutti vediamo e viviamo oggi
unEuropa creata su basi economiche, in continuo e profondo declino, asservita a
logiche internazionali che la rendono una schiava senza alcuna possibilit di
rivendicazione del proprio antico orgoglio e della propria identit culturale.
Ecco il motivo per cui questa sera ci incontriamo, in cerca, attraverso gli interventi
dei nostri due relatori e le suggestioni provocate da pensatori fondamentali, di
spunti per ridare una cultura originale ed originaria al futuro dellEuropa.
Vi presento subito i relatori che gentilmente hanno acconsentito a partecipare a
questo incontro, il Dottor Stefano Vaj ed il Dottor Adriano Scianca.
Prima di passare al primo intervento, ci tengo ad informarvi che i nostri due relatori
sono coautori del libro Dove va la biopolitica. Intervista a Stefano Vaj a cura di
Adriano Scianca appena uscito per le edizioni Settimo Sigillo e presente in sala al
tavolo dei testi qualora foste intenzionati ad averlo.
Finalmente mi avvio a presentare il primo intervento, che sar a cura del dottor Vaj,
e verter sullargomento Tramonto delloccidente e civilt faustiana, cogliendo
loccasione per ringraziarlo per la sua riconfermata presenza ai nostri eventi.
Buon ascolto a tutti.


Elisa Nobile
Associazione Culturale Edera
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Primo intervento



Tramonto dellOccidente e civilt faustiana
di Stefano Vaj



Siamo qui per parlare di "una cultura per lEuropa". Ora, la parola cultura
ordinariamente ha due significati. Il primo significato quello per cui si parla ad
esempio di "industria culturale": in questo senso cultura tutto quello che viene
prodotto da unindustria culturale di un dato paese, dal suo sistema educativo, dalla
sua accademia, etc. Lindustria culturale certo un aspetto interessante, politicamente
e metapoliticamente decisivo, in particolare sotto il profilo di quanto la sua
produzione in senso stretto va poi a retroagire sui valori concreti, sulle mentalit, sui
movimenti storici e su quello che alla fine definisce una certa societ, la quale evolve
poi in una certa direzione piuttosto che in unaltra.
Ma c un significato pi forte della parola cultura, che quello poi che si usa per
esempio in campo antropologico, o che viene ripreso nella morfologia della storia
spengleriana, laddove si fa con esso riferimento alle civilt, e in particolare al loro
stato nascente, siano esse quella cinese, quella faustiana, oppure quella cosiddetta
"classica", greco-romana. Cultura in questo senso, naturalmente, tutto quello che fa
si che una certa civilt, una certa comunit o insieme di comunit, connotate da una
geografia, da una identit etnica, da una storia, da una provenienza, si distinguano
dalle altre.
Ma da dove vengono le culture e che cosa sono? Credo che uno spunto interessante
per cercare di capire il nostro futuro, il nostro futuro pi lontano, la nostra possibilit
stessa di avere un destino, che poi quello di cui stiamo parlando, ed poi quello che
ci interessa, deriva sempre dalla capacit di pensare e di costruire o raffigurarsi
quello che il nostro passato, da quella che in fondo una visione antropologica che
ci da una certa prospettiva su quello che (o dovrebbe essere) la nostra specie, da
dove viene, che cosa sta a fare, come si sviluppata, come sono le sue caratteristiche
specifiche e come vorremmo che continui ad essere presente - o eventualmente a non
essere pi presente ma a lasciare dietro di se degli eredi di cui si possa essere fieri.
Allorigine di questa riflessione antropologica, che io faccio mia - e che poi vado un
po a discutere in due o tre libri che ho pubblicato fino ad adesso - ci sono delle
suggestioni che vengono a maturazione grosso modo alla fine dell800, prima met
del 900. Per la prima volta in tale periodo si comincia davvero ad andare al di l di
quello che il "muro della scrittura" che aveva sempre definito lambito della storia
rispetto ad un ambito di una preistoria poco nota, in cui tutte le vacche erano grigie,
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in cui non si sapeva esattamente che cosa succedesse. Si cerca e si riesce a superare
questo muro della scrittura perch si comincia ad avere degli strumenti che ci
consentono di ricostruire che cosa c stato prima e quella che stata la storia che c
stata precedentemente.
Contemporaneamente si comincia anche a capire qualche cosa di pi e meglio di
quello che il punto di congiunzione tra la storia naturale e la storia in senso umano,
ovvero quello che il percorso evolutivo che ha portato al panorama contemporaneo,
il panorama di periodi storici recenti che conosciamo abbastanza bene, rispetto a
quello che poteva essere un substrato naturale, intendendo come natura tutto quello
che non di provenienza umana.
Nellambito di questa antropologia si trova innanzitutto lominazione di una certa
specie, di un certo gruppo di persone che si ipotizza che in certe fasi storiche fosse
davvero piccolissimo, o che sia passato da colli di bottiglia evolutivi molto stretti, che
abbiano visto, diciamo, non pi di quattro o cinquemila esemplari vivi
contemporaneamente ed etologicamente e geneticamente interfecondi.
Questa specie con lominazione cambiata, o si messa a fare delle cose che erano
abbastanza diverse da quelle che fanno tutti gli altri appartenenti allordine dei
primati o alla classe dei mammiferi; e finisce per restare lunica ed ultima specie
appartenente alla famiglia Homo, dato che tutte le altre finiscono una dopo l'altra per
estinguersi, sino allHomo floresiensis che parrebbe essere giunto addirittura ad una
dozzina di migliaia di anni fa, quindi un battito di ciglia prima dellinizio della storia
scritta; ma sta di fatto che noi siamo rimasti lunica specie della famiglia Homo che
sopravvissuta.
Questa specie ha iniziato a fare qualcosa di diverso e ad essere diversa sotto qualche
profilo; ha passato in particolare un certa soglia che lha resa in qualche modo una
sorta di omnibestia; in effetti quello che in qualche modo caratterizza proprio la
specie umana la mancanza di specializzazione, ci che Arnold Gehlen o Konrad
Lorenz definiscono come la sua incompletezza costitutiva; cosa che si innesta del
resto sull'assenza di prestazioni molto spiccate in un qualche campo specifico, dal
fiuto, alla velocit della corsa, alla lunghezza e robustezza delle zanne. Questa non
specializzazione di tipo fisico (che si accompagna d'altronde ad una notevole
"plasticit" in termini di adattamento e funzioni) si accompagna anche ad una certa
fragilit dal punto di vista etologico: in fin dei conti, mentre luccellino, piuttosto che
il pipistrello, la lince, la lontra, la tartaruga hanno dei modelli comportamentali
radicati e ben funzionali e adattati ad un certo ambiente, luomo-buttato-nel-mondo, il
Dasein heideggeriano, si trova semplicemente ad esistere e di per s non sa molto sul
cosa fare e non sa come rapportarsi a quello che la normale pressione selettiva e la
correlata esigenza di sopravvivere o di espandersi, o di lasciare una discendenza o di
organizzare il suo quadro di vita, di crearsi il suo Umwelt, il suo ambiente specifico.
Questo primo uomo riesce a trovare intorno a se dei modelli etologici tratti dal mondo
naturale e riesce, attraverso in particolare quello che Gehlen chiama la magia, ad
identificarsi con quelli che sono i modelli comportamentali del mondo naturale
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intorno a lui che possono permettergli di adattarsi a situazioni diverse ; e questo crea
anche il primo fondamento di una strutturazione della vita sociale della specie che si
organizza in modo diverso rispetto a quello che la connotazione sociale degli altri
appartenenti allordine dei primati, che hanno delle strutture che sono indubbiamente
pi semplici, pi uniformi, pi ripetitive.
Passano millenni, passano decine di migliaia di anni, centinaia di migliaia di anni, e
questo quadro di vita non cambia per niente. E questo il quadro di vita delle societ
di caccia e raccolta, piccoli gruppi, branchi, nuclei di 20, 50, 100 persone che si
portano dietro tutto quello che hanno, e cominciano certo a sviluppare ed utilizzare
utensili, strumenti etc, ma in fin dei conti sono completamente vincolati alla ricerca
del necessario per vivere, attraverso la raccolta dei frutti spontanei della natura e
attraverso la predazione.
Ad un certo momento per questo quadro di vita allimprovviso cambia.
Si verifica una rivoluzione gigantesca che distrugge, per una buona parte della
popolazione esistente sulla faccia della terra e per i loro discendenti, questo modo di
vita che gi si era staccato da quello che era unanimalit precedente ma che in fondo
viene da molte culture, in parte sia pure in un senso parzialmente diverso anche dalla
nostra, ricordato come una sorta di et delloro.
Nasce qualcosa di nuovo, nasce lagricoltura innanzitutto, che consente per la prima
volta e richiede una vita stanziale, perch, per sostenere una popolazione di centomila
persone dedite unitamente alla caccia-e-raccolta ci vuole un territorio grande come la
Lombardia: infatti quando io ho finito di mangiare gli animali che sono in grado di
catturare e ho finito di raccogliere le mele che crescono spontaneamente sugli alberi
mi devo spostare per andare a cercare unaltra zona non ancora spogliata. Ora,
invece,.si cominciano a seminare delle piante, ad avere dei raccolti: questo significa
vita stanziale, significa unesplosione demografica assolutamente drammatica,
significa che si stabilisce una divisione del lavoro e che questa divisione porta ad una
strutturazione gerarchica della societ in un senso radicalmente diverso da quello
dalla mera, traballante predominanza dei maschi alfa allinterno della societ
paleolitica o preumana.
E questo porta anche ad una nascita di Gestalt, di forme, diverse, che a questo punto
non sono pi soltanto biologiche, ma diventano in qualche modo pseudo-biologiche e
che rappresentano una sorta di equivalente culturale di quello che erano le specie nel
mondo naturale, dando luogo a quella che appunto la molteplicit delle culture. In
altri termini, comunit diverse scelgono, ottengono, difendono, conquistano un
proprio territorio e una certa quantit di risorse naturali, e vanno progressivamente a
trasformarlo con la propria presenza stessa; a partire dal tipo di divisione del lavoro e
organizzazione sociale e psicologia collettiva che viene in esistenza allinterno di
queste societ, ha luogo un fiorire di strutture mitiche, rituali, linguistiche, di stili di
vita, di costumi, di Weltanschauung, di visioni del mondo che vanno in sostanza a
divergere, e si verifica quello che viene ben rappresentato nel mito biblico della
Torre di Babele.
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Dalle porzioni dellumanit si costruiscono in grandi insiemi, le culture appunto, che
mimano un po quello che le specie facevano e fanno in campo biologico, e diventano
il quadro di vita e di riferimento dei propri membri, il quadro che da un senso
profondamente diverso a comunit umane diverse e che attribuisce loro una capacit
di dare un senso e un destino alla vita degli individui che ne fanno parte.
Qui c un processo gigantesco, che viene riscontrato con reazioni molto diverse da
quelle che erano le comunit umane che esistevano e che sono esiste allepoca, e che
si sono trovate di fronte alla rivoluzione neolitica, in cui si passa dalluso di strumenti
che vanno poco al di l di quelle che sono anche in grado di ricavare ed utilizzare un
gruppo di scimpanz, alla nascita vera e propria di quello che pu gi essere definita
una tecnologia.
Esistono cos le culture che non "entrano" per niente nella rivoluzione neolitica,
qualche volta perch si trovano al di fuori di questa, pensiamo per esempio agli
aborigeni australiani, altre volte perch la rifiutano, per esempio la maggioranza di
quelle dellAfrica subsahariana subiscono in pieno il cambiamento di abitudini
imposto dal neolitico, ma ci sono i pigmei e i koisanche invece decidano di
continuare come prima nella foresta.
Poi ci sono le culture fredde, ovvero ci sono le culture che dicono va bene, OK,
cambiato il nostro modo di vivere, cominciamo a fare le cose nuove, questi nuovi
strumenti in pietra, cominciamo con la metallurgia, con lagricoltura, creiamo
lallevamento; ma una volta che stata fatta questa rivoluzione, dicono basta,
adesso siamo a posto e continuiamo a vivere cos. Questo il caso poi della
maggior parte delle culture africane, amerinde, e del sud-est asiatico.
Poi ci sono le culture tiepide, tra cui torner fra un secondo e poi esiste la nostra.
E' discutibile in senso spengleriano parlare con riguardo a certe radici di "nostra"
cultura, ma io credo che possa esser un tipo di cultura a cui noi oggi possiamo rifarci
se non altro innanzitutto rivendicandola come un'eredit specifica cui partecipiamo
non fosse altro che per il fatto di porsi anche da un punto di vista biologico e genetico
allorigine di quello che sono le popolazioni europee che oggi consideriamo
autoctone; in secondo luogo, credo che, proprio in termini di antropologia culturale
tale svolta ed eredit possa costituire un esempio di quella che potrebbe essere una
risposta, avvicinandoci pi direttamente al tema del convegno, alle sfide che oggi ci
vengono poste di fronte nel mondo contemporaneo: e ci cui mi riferisco
ovviamente la cultura, la civilt, la lingua, la comunit, il popolo indoeuropei.
Scoperta relativamente recente, soltanto nell'ottocento che cominciamo a gettare le
basi di una comprensione di ci che pu avere rappresentato la rivoluzione
indoeuropea nel mondo post-neolitico ed in sostanza soltanto con la Belle poque e
con la fase successiva in cui davvero se ne tirano tutte le conseguenze.
Questo tipo di risposta alla "situazione" post-neolitca la risposta di chi in fondo
accetta tragicamente, nel bene e nel male, quello che la rivoluzione neolitica viene a
portare, rivendica come propria scelta, come proprio nuovo quadro di vita questo tipo
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di cambio di paradigma che levoluzione anche tecnologica venuta a comportare, e
ne ottiene anche da un punto di vista storico il successo che assolutamente gli
compete. Come dice Oswald Spengler in Ascesa e declino delle civilt delle
macchine, prima nei millenni non succedeva in sostanza niente, tutti continuavano a
vivere come avevano vissuto i loro nonni, bisnonni e miliardesiminonni, come
centomila anni prima; invece, ecco che con la rivoluzione indoeuropea cominciano ad
esserci migrazioni, fondazioni di imperi, creazioni di sistemi costituzionali, nascita di
un etica, di una letteratura, di una vita culturale in senso proprio, di una visione, di un
immagine di un destino in cui poi in fin dei conti il senso della presenza umana sulla
terra o il senso della partecipazione umana alla propria comunit di appartenenza
limmortalit, la "gloria-che-non-muore", la sfida ai millenni, la creazione di
qualcosa che lasci un segno e che cambi la faccia della terra, e che celebri quella che
unautodeterminazione umana e una capacit di costruzione di una capacit di
durata, un incandescente sogno di grandezza, che non avevano mai avuto un nessun
tipo di equivalente nel periodo precedente.
Questo va anche a cambiare definitivamente il volto di quelle cui abbiamo gi
accennato come societ tiepide, che forse sono un po tutte le altre: pensiamo alla
Cina, alle civilt precolombiane, in buona parte alle civilt del medio oriente che una
volta venivano poste allinizio assoluto della storia. Queste sono civilt che in fondo
hanno anche loro una storia, ma che in qualche modo sono in preda di questa storia
stessa. Queste civilt poi tendono anche oggi, almeno una parte della storiografia
tende ad identificare questo tipo di costruzione, questo tipo di identit, (che sono
diverse dalla nostra e che sono altrettanto legittime, naturalmente, e funzionali e
capaci di definire un quadro di significati per i propri membri) come culture che in fin
dei conti si sono definite anche in vario modo o per imitazione o per
contrapposizione o per distinzione da quello che era poi una presenza indoeuropea
che riuscita a far sentire la propria eco praticamente in quasi in tutti gli angoli del
pianeta, se vero, che ci sono degli autori come J acques de Mahieu che riescono ad
ipotizzare come non sia del tutto un caso che la civilt azteca si raffigurava
Quetzalcoatl come un personaggio con caratteristiche oggettivamente vichinghe che
veniva da oriente, cio nel loro caso dallEuropa e che in qualche modo nella stessa
mitologia azteca corrisponde ad un evento che ha contribuito ad interferire in un
certo modo con i miti fondatori di questo tipo di cultura.
Ecco allora abbiamo questo tipo di scenario generale che poi trova forse la sua
comprensione storica pi importante in quello che poi la grande costruzione
politica, amministrazione, giuridica, sociologica, etc, espressa dallimpero romano,
che poi andr probabilmente a costituire il punto di partenza forse del prossimo
intervento.
Ma succede qualcosaltro nel frattempo. Si verifica un altro tipo di risposta alla fine
dellEt dellOro, ricordata come unet in cui nessuno aveva poi in fin dei conti tanti
pensieri, in cui non cera il dominio delluomo sulluomo, in cui non esisteva la
propriet, la divisione del lavoro, la specializzazione, non esisteva in particolare
neanche langoscia della storicit (cfr. il legame concettuale tra Crono o Saturno e il
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"tempo che scorre immobile") per quanto ci sia una sfida in un certo senso per
luomo; rispetto a questo tipo di situazione si crea unaltra tendenza storica rispetto a
quella dellideologia indoeuropea o a quello che dal punto di vista religioso
potremmo chiamare, in fin dei conti, pagana. Ed la risposta che trova la sua origine
nel campo biblico, e che si traduce nel contesto culturale che poi sar religiosamente
caratterizzato dal dualismo e dal monoteismo.
Inizialmente, una risposta non di rifiuto, come per le societ che sono rimaste di
caccia e raccolta rispetto alla rivoluzione neolitica, ma una scelta di scissione, una
scelta di rifiuto non pratico, ma morale; la storia e il mutamento vengono cio
percepiti come qualcosa che non rappresenta pi una sfida nuova che consente
alluomo di diventare pi uomo, di portare pi in l, ad un grado ulteriore quella che
una sua capacit di autodeterminazione, ma diventano una maledizione. E qui c
tutto un contesto mitico che per molto facilmente leggibile in chiave pi generica,
indipendentemente dalle visioni del mondo, dalle interpretazioni letteralistiche, etc,
che va dallEden primordiale, alla cacciata dal paradiso terrestre, al lavoro come
maledizione, alla civilt come maledizione, alla stessa separazione, divisione e
nascita delle culture come una maledizione (separazione, divisione e nascita delle
culture che nasce esattamente poi dallo spirito prometeico di coloro che vogliono
costruire la Torre di Babele come monumento a s e alla propria gente, ai propri figli,
che vogliono raggiungere il cielo, che vogliono fare quello che non mai stato fatto
prima).
Che cosa fa J ahv? Se ci riescono non potr pi dirgli niente, faranno quello che
vorranno, non avranno pi limiti alle cose che potranno fare, allora J ahv scaglia la
maledizione delle diversificazione delle lingue.
E le lingue sono il vero fatto culturale primordiale. Noi sappiamo certo che tutti gli
esseri umani possono imparare pi o meno qualsiasi lingua nel senso che chiunque di
noi viene allevato da una famiglia eschimese, maori, giapponese, etc, assume come
propria lingua quella del contesto in cui vive. Per cui la lingua non programmata nei
nostri geni se non nel senso che programmato nei nostri geni il fatto di averne una)
Nello stesso tempo, per, la lingua quello che davvero prima di ogni altra cosa,
lo spazio linguistico in cui ci muoviamo, in cui viviamo, in cui pensiamo, che non
quello del bolognese, neanche quello dellitaliano, forse neanche delle lingue
neolatine complessivamente intese, ma per esempio quello delle spazio linguistico
europeo; una cosa che proprio a livello assolutamente primordiale definisce quello
che sono gli elementi basilari, il quadro sintattico e semantico in cui poter pensare,
comunicare, esprimere i contenuti rispetto a chi ci sta vicino.
Come la divisione allinterno della singola comunit in ruoli specifici, differenziati e
multiformi, cos anche questa divisione verticale dellumanit in culture diverse,
viene percepita come una maledizione.
Questa scelta di scissione pu darsi che potesse di per s essere concepibile soltanto
nel quadro di un mondo in cui ci fossero societ che avessero fatto, in senso forte, la
rivoluzione neoltiica; un quadro in cui cio cerano alcuni che creavano una
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differenza e si "chiamavano fuori", ma che per convivevano e commerciavano con
chi fondava le citt, creava progetti, aveva una politica, etc. Ed era una scelta in
fondo di piccole popolazioni che si separavano e vivano un po ai margini, geografici
o sociali, dalle societ postneolitiche con esse coabitanti. Comunit che poi sono state
capaci di conservare questo tipo di differenziazione per millenni, anche
successivamente: questa anche un po la storia di gran parte dellebraismo
tradizionale.
Ma succede ancora qualcosa di nuovo. Succede che nel momento di massima
potenza, espansione e rita (ma che anche poi il momento di decadenza, di
"civilizzazione" in senso spengleriano) della rivoluzione indoeuropea, si verifica
storicamente una saldatura, che viene inizialmente presentata come un compromesso,
con questa tendenza storica di rifiuto. La tendenza storica in cui si incarna il suddetto
"rifiuto morale" in qualche modo conosce una sua evoluzione, conosce un suo
momento di rottura, nel momento in cui nello stesso periodo, per ragioni anche poi
politiche, si creano forti movimenti messianici al suo interno. Questi movimenti
dicono che il momento di farla finita finalmente arrivato, che Dio ci manda suo
Figlio , il suo messaggero, il suo capo religioso, il re che dovr riscattarci
dalla presenza o dalla sudditanza del peccato di questo modo di vivere, di questo
tipo di situazioni. Queste forti correnti messianiche, almeno in un caso, riescono a
raggiungere, in particolare con il compromesso costantiniano, un punto di sintesi, o
riescono ad infiltrare o riescono, se vogliamo usare una parola meno neutra, a
corrompere quella che la cultura europea dellepoca e a trasformarla in qualcosa di
profondamente diverso, che disegna tutto larco pi che millenario, un po pi di
millecinquecento anni, dell"avventura occidentale".
Avventura occidentale che vede da un lato quello che la cultura indoeuropea
compromessa, adulterata, infiltrata, trasformata, cambiata rispetto a quella che era
prima, in una chiave che non necessariamente da vedere in chiave positiva, ma che
forse proprio grazie anche a questa adulterazione, che del resto si verifica in modo
molto graduale, vede anche contemporaneamente lesplodere di una dimensione
ulteriore, diversa, di storicit, o di capacit espansiva o di capacit per esempio di
mettere in moto dei meccanismi diversi a livello epistemologico e a livello di
conoscenza, penetrazione, investigazione dei meccanismi naturali e a livello di
capacit di definire e anche di gettare le basi e i germi di una rottura tecnologica
ulteriore; rottura su cui adesso mi intratterr brevemente per poi concludere il mio
intervento.
Che cosa succede infatti? Esiste, come dicevo, questa specie di repressione
dellinconscio collettivo europeo originale, che si accentua, anzich diminuire, nel
periodo che dall'alto medioevo giunge sino alla controriforma. A fronte di questo tipo
di repressione (che corrisponde anche al disincantamento e alla desacralizzazione del
mondo, in vista invece dellonnipresenza assoluta ed incombente di un essere
supremo del tutto trascendente e fuori-dal-mondo) si crea poi un percorso di
emancipazione della cultura europea, che comincia con lUmanesimo, che rimette in
discussione questo teocentrismo dualista, e che e che si snoda nelle coscienze
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collettive, e procede a fasi alterne con Rinascimento, Riforma, Controriforma e poi
secolarizzazione, morte di Dio, ateismo, etc., tutte tappe di un percorso che
convergono in fondo sul percorso del nichilismo. Nichilismo che, se da una parte,
secondo Friedrich Nietzsche, Martin Heidegger e secondo altri, era gi iscritto
strutturalmente nella metafisica monoteista, nello stesso tempo rappresenta anche un
momento appunto di emancipazione che vede, per esempio, gli esponenti
dellUmanesimo o del Rinascimento, e poi della scienza del 600, del 700 e dell
800, acquisire una capacit e un grado di penetrazione nella loro indagine dei
meccanismi naturali, ripresa anche in chiave di ispirazione di quella che era la
tradizione filosofica o scientifica classica, ma in una forma inevitabilmente
trasformata proprio da questo passaggio attraverso il cristianesimo religioso e le sue
forme secolarizzate, sulla falsariga del "veleno che rafforza".
Ecco che cos si creano i presupposti per una visione storica diversa, i presupposti
delle scienze fisiche, i presupposti che poi vanno a sfociare nell800 in due fenomeni
fondamentali, che sono la rivoluzione industriale e la nascita di quella che potremo
considerare, semmai con un po di virgolette (in quanto non forse un mondo cos
separato), come la scienza moderna. Daltro lato, il fondo pagano dellanima europea,
che passato attraverso questi millecinquecento anni di egemonia cristianea, di
progressiva penetrazione delle categorie mentali, filosofiche, etiche, etc, del
monoteismo, vede la nascita di qualcosa di nuovo e di diverso. Da un lato c la
secolarizzazione, che comporta la crisi del giudeo-cristianesimo religioso, ma vede
ormai le categorie di questa visione del mondo che sono completamente
interiorizzate, ma d'altro canto poi si crea anche, per la prima volta, la capacit di
pensare oltre queste categorie e non tanto di ritornare a quello che era una ripetizione
meccanica dellideologia, della rivoluzione indoeuropea o del mondo pre-cristiano,
classico-pagano, chiamatelo come volete, ma della capacit di vedere o di pensare un
destino nuovo, una cultura nuova, un diverso destino per le popolazioni che fanno
parte di un certo ambito storico-culturale, etc.
Anche perch viene poi a maturazione, a partire dalla rivoluzione industriale, dalla
rivoluzione scientifica e da quella tecnologica, che passa dalla rivoluzione delle
culture piriche tipiche del neolitico, la rivoluzione in senso propriamente biologico, in
chiave di capacit non solo di vedere o di considerare quello che la nostra storia
naturale, ma di incidervi direttamente attraverso a delle misure di tipo pratico, che
vengono consentite e vengono ipotizzate prima sulla base delle acquisizioni delle
genetica, della medicina moderna, delle acquisizioni delle tecniche che poi vengono
sempre pi raffinate nel campo dellallevamento animale, dellagricoltura, nel campo
della comprensione di questo tipo di meccanismi biologici.
Si arriva cos alla soglia di unaltra frattura, di un altro cambiamento epocale, in cui
per esempio una delle cose che sono state notate e che fa oggi una grande differenza,
che oggi siamo non in un mondo, ma su un pianeta, nel senso che non c pi
nessun posto sulla faccia della terra che in qualche modo non sia, non dico sotto
controllo dellumanit, ma che non sia in qualche modo influenzato dalla nostra
presenza come specie.
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Contemporaneamente, che lo si voglia o no, la nuova grande ulteriore espansione
demografica, di un altro ordine di grandezza rispetto a quella che potevamo aver
conosciuto dalla rivoluzione neolitica alla caduta dellimpero romano, la quantit di
risorse che noi impieghiamo, la trasformazione dellambiente che comporta la nostra
presenza, lalterazione dei meccanismi fisici, qualsiasi cosa succeda divenuto nostra
responsabilit.
Non esistono pi delle cose che siano davvero "naturali", perch se io faccio un
parco, o un palazzo, sia il fatto di fare un parco o un palazzo, comunque una mia
scelta. E anche il parco esiste solo perch io faccio in modo che il parco ci sia, perch
io faccio s che vengano protette (o reintrodotte!) le specie vegetali o animali che ci
stanno dentro e perch io faccio s, per esempio, che il parco non venga preso
dassalto e trasformato in una spianata di cemento, come sarebbe naturale che la
nostra specie facesse se non decidesse per ragioni culturali, per ragioni di
progettualit a lungo termine, etc, di non volerlo fare.
Questo disegna un tipo di situazione che richiede un nuovo balzo di tipo culturale.
Martin Heidegger, commentando larticolo Chi lo Zarathustra di Nietzsche, dice
che il vero centro, il fulcro di questa nuova tendenza storica, di questa nuova capacit
di pensare le cose in un modo che non pi quello pagano ma un modo che va al di
l di quello che stata la tendenza umanista che oggi afferma la sua egemonia
praticamente su scala planetaria, il punto nodale di questo nuovo modo di pensare
che noi praticamente abbiamo ereditato la Terra, stiamo ereditando la Terra.
luomo degno, in grado, capace di rivendicare questa eredit e di saper cosa farsene?
La risposta naturalmente no, in linea di massima. Non lo luomo come lo oggi.
E questo apre la questione che si lega inestricabilmente allaspetto del nostro potere
in generale sul nostro ambiente planetario. Planetario, dato che non che incidiamo
molto sullambiente marziano, e dato che in questo momento viviamo e siamo qui,
secondo la metafora degli ecologisti, sulla "nave spaziale Terra," e in questo
momento siamo noi che abbiamo il timone di comando. Timone che possiamo o
inchiodarlo e dimenticarlo, e lasciare che la nave vada dove vuole tenendo le dita
incrociate e sperare che non succedano casini troppo gravi; oppure. alternativamente,
se dobbiamo effettivamente rivendicare questo antico legato per cui luomo oggi
effettivamente eredita la Terra, probabilmente questo possibile soltanto se dopo il
primo uomo, e poi il secondo uomo nel postneolitico, si passa oggi ad un terzo uomo.
Terzo uomo che in fondo anche gi "qualcosa di pi di un uomo", qualcosa di
postumano; ed qualcuno che ormai si trova ad autodeterminarsi attraverso la
determinazione del proprio ambiente (perch naturalmente lambiente anche
quello che governa le spinte evolutive) prevedendo il fatto che vi sia o non vi sia per
esempio una selezione di certi tratti, che via sia o meno una segregazione che
comporta il mantenimento o laffermarsi di certi tratti allinterno di una certa
popolazione, etc, per cui gi il controllo del nostro ambiente comporta un controllo su
noi stessi. Come per esempio (ne avevamo accennato in un incontro passato) per la
famosa questione del potenziale
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Ma al di l di questo ci ritroviamo ormai in mano anche alcune cose che ci portano
comunque a cambiare noi stessi non soltanto dal punto di vista fenotipico o
darwiniano, dal punto di vista dellalimentazione, della medicina, delle pratiche
sportive, degli stili di vita, etc, ma in un senso pi profondo.
Noi oggi stiamo diventando, siamo gi, dei cyborg. Io indosso delle lenti a contatto,
indosso un orologio, mi muovo mediante un treno che mi ha portato a Bologna,
alcuni di voi hanno delle otturazioni dentali, altri potrebbero avere dei peacemakers,
etc; e in ogni caso siamo gi comunque dei fyborg, dei functional cyborg, nel senso
che il nostro fenotipo esteso, il nostro corpo, in qualche modo adattabile,
intrecciato, immerso in un insieme di strumenti, di tecnologie, di quadri di vita
totalmente artificiali, che vanno a cambiare intrinsecamente quello che siamo.
E anche la nostra stessa componente biologica qualcosa che destinata comunque a
cambiare perch qualcosa che progressivamente risulta sempre messa pi a
disposizione delle nostre scelte, da quelle che sono tecniche che gi cominciano ad
essere oggi banali, come la diagnosi prenatale piuttosto che non invece la possibilit
di alterare la dinamica demografica di certe caratteristiche attraverso il controllo
delle nascite, che comportano una certa libert, una scissione tra la scelta del partner
sessuale e la scelta del partner produttivo. Ma poi naturalmente andiamo oggi verso
una radicalizzazione estrema di questo tipo di cose, nel senso che un giorno s e un
giorno anche, come dico per esempio nel libro Dove va la biopolitica? in cui sono
intervistato dal mio brillante correlatore di stasera, Adriano Scianca, leggiamo o
sentiamo qualcosa di nuovo nellambito dellingegneria genetica, della possibilit che
le nanotecnologie vengano ad incidere anche sulla capacit di estendere
drammaticamente la nostra aspettativa di vita o che possano in qualche misura
rimpiazzare alcuni nostri organi sia in relazione alla loro usura naturale sia in
relazione a funzionalit del tutto diverse, nel fatto che funzionalit umano-simili, sia
in senso generico sia a fini di specifica emulazione di una persona precisa, possano
essere riprodotte su supporti non-biologici, tipicamente digitali, o si mischino con le
funzionalit di cui gi ci provvede il nostro corpo.
Pensate per esempio che cosa vuol dire avere un collegamento, essere collegati con
Internet non attraverso uno schermo, una tastiera, un mouse (che poi comunque non
sono poi cos male, perch il tatto e la vista sono stati selezionati come meccanismo
di input cerebrale per milioni di anni) ma attraverso una connessione neurale. diretta.
Cosa che ad esempio rende drammaticamente meno importante, per esempio in
questo quadro da un punto di vista culturale, sapere o ricordarsi alcune cose quando
per esempio le stesse sono immediatamente a nostre disposizione pi o meno negli
stessi termini in cui sono a disposizione le nostre memorie a livello celebrale.
Questo tipo di situazione disegna un quadro nuovamente rivoluzionario, e nellambito
di questo nuovo quadro, ancora una volta abbiamo di fronte due scelte fondamentali:
la scelta del rifiuto, la scelta di cercare di scendere dal treno, o di bendarsi gli occhi e
di lasciare che il treno vada dove vuole e sperare che la cosa non generi situazioni
troppo catastrofiche; oppure vedere questa mutazione, questa metamorfosi come un
16
ulteriore balzo in un processo che cominciato con lominazione, e che continuato
in particolare anche con la nascita della nostra civilt. E ancora oggi, infatti,
potrebbero esserci, e ritengo ci saranno, degli uomini, delle comunit, dei popoli che
scelgono di farsi carico pienamente di questo tipo di trasformazione anche in vista
non di una fine di una storia, ma di una trasfigurazione della storia, di una
riorganizzazione del mondo mentale e fisico della nostra specie in una chiave di tipo
diverso.
Quello invece che sicuramente non pu succedere, e non succeder, che "si vada
avanti cos." Alcuni processi sono finiti; per esempio, qualsiasi cosa succeda, la
guerra nucleare, la crisi economica etc, la civilt dei trasporti non se ne va, non se ne
va la tecnologia della comunicazione, non se ne vanno i portati della rivoluzione
industriale per cui un certo tipo e livello di popolazione non potrebbe comunque
essere sostentato attraverso dei mezzi di conduzione pi primitivi o pi tradizionali
che porterebbero soltanto ad uneconomia di spoglio che sarebbe ancora e molto pi
insostenibile per lecosistema di quanto non lo sia quella attuale.
Allora che cosa c dallaltra parte? C la scelta per esempio della possibilit di fare
uso di queste cose o di immedesimarsi in questo tipo di trasformazioni partendo dal
punto di vista che se una volta esistevano le specie che erano "una cosa naturale", poi
sono nate le culture che erano qualcosa di pseudo-biologico perch si comportavano
come una specie che nasceva, viveva, si sviluppava, poi decadeva e qualche volta si
estingueva; noi oggi siamo di fronte ad una cosa ancora un po pi umana (o forse
sovrumana): ancora un po pi nel senso dellautodeterminazione, ancora un po
meno nel senso dell automatico e del (para-)biologico.
Perch se noi oggi, per esempio, vorremo ancora avere delle lingue diverse per una
scelta morale, affettiva, arbitraria, ideologica, a favore della differenza, anzich a
favore dellentropia e delluniformit, queste lingue non potranno pi mantenersi
perch ci sono quelli che vivono al di l delle Alpi che parlano francese in quanto per
la difficolt di attraversarle loro non vengono (quasi) mai da questa parte e noi non
andiamo (quasi) mai dallaltra, per cui per segregazione e deriva le due lingue si
producono e si mantengono. Oppure c una certa razza o una certa cucina perch
quelli vivono al di l dal Mediterraneo, e per cui pochi vanno di l, pochi vengono di
qui, non ci mischiamo, e poi parlando anche lingue diverse ci si sposa molto meno di
l dal mare. Perch tutte queste cose sono finite, non ci sono pi, non ci saranno mai
pi. Lunico modo possibile in cui sar preservata una diversit, una possibilit di un
destino differente e proprio ad un gruppo specifico, sar se certe cose sarannovolute
in quanto tale, deliberatamente scelte e progettate.
Una comunit non sar pi semplicemente un gruppo di persone che esistono su un
certo territorio, ma sono un gruppo di persone che vogliono, scelgono di appartenere
ad un insieme qualificante ed oggetto di una loro fedelt primaria, che scelgono per
esempio di disegnare il proprio futuro biologico in una certa direzione, una
direzione del resto potenzialmente divergente da quello che fanno invece altre
comunit; o un gruppo di persone che sceglie di parlare una lingua come per
17
esempio hanno fatto i gallesi che hanno resuscitato una lingua che era pi che
moribonda, o per esempio gli israeliani (lebraico, lingua gi morta all'epoca della
predicazione paolina, oggi la lingua madre del 40-50 per cento della popolazione
dello stato di Israele).
La possibilit, la voglia, o la capacit di prendere in pugno quello che il proprio
avvenire e di scegliere quello che si vuole essere, di "divenire ci che si ", diciamo
cos, questa una delle possibilit che ci vengono offerte dalla rivoluzione
biopolitica, dalla rivoluzione del terzo uomo, da questo tipo di crisi che oggi invece si
dibatte nella globalizzazione, nella entropia, bene o male nella fine della storia, in cui
esistono certo scossoni dal punto di vista politico tutti i giorni, etc ma che in fin dei
conti io non credo possano fondare una continuazione della vita come ha
caratterizzato lo scenario mondiale dal 500 dopo Cristo al 2000.
Questi sono dei dolori del parto, sono degli scossoni, sono delle convulsioni che
possono o spegnersi asintoticamente, e vivremo nel sistema per uccidere i popoli,
come nell'omonimo libro di Faye, o nel Mondo nuovo di Huxley in cui siamo a parte
variet di casta e specializzazione siamo tutti uguali, parliamo tutti inglese, abbiamo
razzialmente tutti tratti identici, in cui assolutamente vietato il fatto di fare qualsiasi
cosa che possa destabilizzare la situazione che idealmente dovrebbe riportare appunto
alla famosa Et dellOro, ma che in realt un percorso di disumanizzazione, oppure
alternativamente, ripeto, ci saranno delle comunit che prenderanno in mano il
proprio destino e che lo porteranno a risultati e ad obiettivi pi lontani; e io, oggi
come ieri, continuo a contare, credere e sperare che questa comunit sia quella che
noi oggi chiamiamo con la parola Europa.

Grazie.

Stefano Vaj



18
Moderatore:
Ringrazio Stefano Vaj per il suo interessante intervento. Non rubo tempo al secondo
intervento e passo a presentare il prossimo relatore. Giornalista e scrittore, Adriano
Scianca il responsabile culturale di Casa Pound Italia; il suo intervento verter sul
tema In cammino verso LImperium.
A conclusione del suo intervento ci sar spazio per le domande del pubblico ad
ambedue i relatori.



Secondo intervento



In cammino verso LImperium
di Adriano Scianca




Buonasera a tutti. Spero di essere allaltezza dellintervento di Stefano, che tra le altre
cose stato anche un mio punto di riferimento importante per giungere a pensare fino
in fondo, in modo pi radicale, ci che ovviamente gi avevo in testa.
Per me un onore essere qui accanto a lui e anche una prova di un certo livello.
Dicevamo In cammino verso lImperium, un titolo in qualche modo straniante
perch, come diceva Elisa in apertura, ci che oggi viene definita con il nome di
Europa non sembra assolutamente un Imperium, un impero, non sembra nemmeno, al
limite, un qualche tipo di proiezione imperialistica. Per cui ho scelto un titolo che
potrebbe sembrare addirittura ottimista. Ma in realt non questione di ottimismo o
pessimismo, questione di scelte che ci vengono poste dai tempi in cui viviamo e a
cui dobbiamo rispondere nel modo pi adeguato e secondo un determinato progetto
culturale.
In cammino verso lImperium si rif al titolo di un libro di Martin Heidegger, che
In cammino verso il linguaggio, ed anche in quel caso il titolo era abbastanza
straniante. Sappiamo bene infatti, che il linguaggio qualcosa che possediamo noi
tutti da sempre, da quando nasciamo. Quindi non si capisce perch si debba andare
avanti verso il linguaggio, si debba raggiungere il linguaggio per conquistarlo, come
se fosse qualcosa che non abbiamo. Il discorso di Heidegger era ovviamente
abbastanza complesso e centra anche poco con quello che stiamo dicendo. Per
questo motivo no lo riproporr.
19
Allo stesso modo, dicevo, anche nel nostro caso, In cammino verso lImperium
un titolo che vuole far pensare. A questo punto noi dobbiamo stabilire coordinate che
ci consentano di tracciare questo cammino. Un aiuto in questo tentativo possiamo
rintracciarlo in molti autori.
Se ci pensiamo bene forse lEuropa uno dei pochi temi che quasi tutti gli autori a
cui noi facciamo riferimento hanno affrontato: ne hanno parlato tutti ed esso
costituisce il patrimonio comune di tutta la nostra tradizione culturale. Penso a
Giorgio Locchi, piuttosto che ad Alain de Benoist, piuttosto che a J ulius Evola,
piuttosto che a J ean Thiriart, e a tutta una serie di altri pensatori che hanno affrontato,
ciascuno da vari punti di vista, ciascuno a seconda delle proprie coordinate
filosofiche, questo tema.
Lautore che invece ho scelto io per affrontare il tema di una cultura per lEuropa
esula dallambiente che prima delineavo. Peter Sloterdijk, un filosofo tedesco, un
accademico, non un pensatore border line, non un reietto della cultura. un
pensatore che ha scritto diversi libri, alcuni abbastanza insignificanti, al mio
modestissimo parere, ma che talvolta ha gettato nella cultura ufficiale delle perle che
hanno un po sconvolto tutto il mondo del politicamente corretto. Ad esempio ci fu
una sua famosa conferenza tenutasi tempo fa, intitolata Regole per il parco umano,
in cui si affrontavano tutta una serie di tematiche che andavano esattamente nel senso
di ci che ha appena detto Stefano, e che gi nel titolo annunciava unimpostazione
abbastanza estranea rispetto a tutti quelli che sono i dogmi del politicamente
corretto. In quella conferenza Sloterdijk affrontava il tema delle biotecnologie alla
luce di Friedrich Nietzsche e di Platone: in un ambiente culturale conformista come
quello tedesco parlare di biotecnologie, pi Nietzsche, pi Platone, d luogo ad
unequazione il cui risultato abbastanza scontato.
Un altra sua perla particolare il libretto che ho portato qui con me, il cui titolo
Se lEuropa si sveglia, un libro, che io sappia, non tradotto in italiano. Io ce lho
qui in traduzione francese.
Questo libro contiene delle tesi che io ritengo rientrino assolutamente nellordine di
idee che oggi qui dibattiamo.
Dunque che cosa dice in particolare Sloterdijk in questo libretto?
Dice che lepoca che va dal 1945 al 1989, lepoca dellassenza dellEuropa dal
panorama storico mondiale. Ovviamente il 1945 uno spartiacque abbastanza chiaro
e non c bisogno di spiegare nulla a proposito.
Sloterdijk dice una cosa molto interessante. LEuropa sempre stata il punto di
partenza di tutte le crociate (possiamo poi riflettere sul fatto che lidea di crociata
nasce in un contesto mentale non europeo, ma questo un altro discorso), a
cominciare quelle partite dallEuropa per liberare il Santo Sepolcro in epoca
medievale. Ebbene, quella che c stata tra il 1939 e il 1945 stata in qualche modo
una contro-crociata per liberare il Santo Sepolcro dei Diritti dellUomo in Europa.
Dopo il 1945 lEuropa si incammina verso una fase di assenza dal panorama storico
20
mondiale. Questepoca ovviamente unepoca, per quel che ci riguarda, di decadenza
assoluta, in cui Sloterdijk dice che il concetto di decisione viene totalmente obliato
dallorizzonte concettuale europeo. Si passati da una sorta di esistenzialismo debole
al consumismo pi sfrenato e, in tutto questo, ci che ne ha fatto le spese stata
lidea di destino, di decisione.
Sloterdijk dice che lunica cosa che in tutti questi anni gli europei si sono trovati a
dover decidere era quale tipo di salsa mettere sullinsalata fra le quattordici possibili;
il che peraltro per noi, che sullinsalata la salsa nemmeno ce la mettiamo,
abbastanza drammatico.
Questepoca termina, abbiamo detto, nel 1989, con la caduta del comunismo, che per
Sloterdijk, che scrive nel 1994, abbastanza vicina. Cosa avviene in questo
momento? Avviene che di fronte allEuropa si dispiega di nuovo la possibilit di
ritornare a se stessa. In che modo il continente europeo pu riguadagnare quel
protagonismo che per tanti secoli le appartenuto?
Ci possibile attraverso lidea di Imperium, di Impero.
LImpero la forma propria dellessenza europea, di ci che tipicamente europeo:
la storia ci mostra che lEuropa o una potenza o non , lEuropa o fa grande politica
o non fa politica, lEuropa o pensa in grande o non pensa. Quindi nel momento in cui
lEuropa vuole riappropriarsi di se stessa, la forma concettuale a cui deve attingere
necessariamente quella dellImpero, che , come dice Sloterdijk, con unespressione
bellissima, lidea mitomotrice dellEuropa, ci che in ogni epoca ha messo in
movimento lEuropa.
LEuropa stata se stessa nella misura in cui riuscita ad essere e a pensarsi come
Impero. Ovviamente anche qui Sloterdijk non sa prefigurarsi gli esatti contorni
dellImpero prossimo venturo. Egli ci dice che si apre un bivio di fronte al cammino
dellEuropa, che lEuropa pu tornare ad essere se stessa. LEuropa deve fare uno
sforzo, concettuale innanzitutto, e politico, spirituale ed etico poi, per ritornare ad
essere se stessa; ma Sloterdijk non sa indicare ovviamente quali possono essere i
contorni di questo cammino di riappropriazione di se stessa.
Come ho detto, egli scrive nel 1994, il comunismo tutto sommato caduto da poco, e
tutto ancora in divenire. Dal 1994 ad oggi ovviamente successo di tutto. Abbiamo
i fatti dell11 settembre, la crisi finanziaria che stiamo vivendo in questi giorni, e
tutta una serie di alti accadimenti. Il panorama politico in continuo mutamento e le
occasioni che si offrono allEuropa per ripalesarsi come potenza geopolitica vengono
continuamente frustrate senza che si riesca a raccogliere il testimone della migliore
tradizione europea che si potrebbe far rivivere.
Eppure lImpero, dice Sloterdijk, fa parte della drammaturgia della storia europea.
Questo concetto di drammaturgia particolarmente interessante.
LEuropa riesce a giocare il suo ruolo storico nella misura in cui riesce a pensarsi
come Impero, e quindi occorre suscitare in noi stessi - anche qui cito una bella
espressione del filosofo tedesco - un sogno autogeno. Bisogna riuscire a
21
trasformare innanzitutto noi stessi, e a pensare innanzitutto lImpero dentro di noi per
poi riuscirgli a dare una forma concreta, politica, storica.
Ovviamente tutto questo molto pi facile a dirsi che a farsi.
Per, secondo me, questa idea dellImpero in interiore homine, ossia dellidea
imperiale che sorge allinterno delluomo e che muta innanzitutto luomo stesso (che
poi a sua volta informer lambiente circostante), esattamente il punto di partenza
su cui dobbiamo situarci.
Perch poi, parliamoci chiaro, qualsiasi trasformazione avvenga a livello
internazionale non dipender da noi che siamo in questa sala, dalle migliori forze
europee, ma dipender da Tremonti piuttosto che da Putin, piuttosto che da questi
personaggi, che vengono tutti dallufficialit politica, economica e culturale e che poi,
con una loro evoluzione, possono anche sicuramente giungere a conclusioni e a
proposte che ci paiono particolarmente interessanti; e non a caso ho citato Tremonti
ma ancor pi Putin, che sicuramente la novit di maggior rilievo nello scacchiere
politico internazionale.
Tuttavia lufficialit cui facevo riferimento prima si pone a un livello per noi
assolutamente inarrivabile. Quindi che senso ha stare qui oggi a parlare di Imperium?
Ha senso esattamente nellaccezione in cui dicevo prima. Ha senso nella misura in
cui riusciamo a fare dellImpero unidea mitomotrice e mitopoietica, ovvero unidea
in grado di creare un nuovo mito, a cominciare da noi stessi.
A questo proposito molto interessante il concetto di unit imperiale. Questo
concetto citato anche da Gabriele Adinolfi piuttosto che dal gruppo di rock non
conforme Zetazeroalfa venne formulato in forma organica su un vecchio articolo
della rivista Orion a firma di Flavio Nardi, un ragazzo di Roma che si occupa di
musica non conforme. Questultimo propose il concetto di unit imperiale riferendosi
al discorso evolvano di Cavalcare la Tigre.
Essere unit imperiale significa interiorizzare lidea di Imperium e farla agire su noi
stessi. Voglio portare due esempi che, a mio modo di vedere, testimoniano
storicamente la realizzazione di questo concetto.
Il primo tratto da una famosa pagina di Oswald Spengler, ne LUomo e la
macchina, libro citato prima anche da Stefano, incentrata sulla storia del famoso
legionario romano a Pompei che, non avendo avuto la consegna di abbandonate il suo
posto di guardia mentre era in atto la catastrofe, rimase al suo posto. I calchi delle sue
gambe vennero trovate davanti al posto di guardia. Quel soldato aveva interiorizzato
in maniera cos profonda il suo ruolo di sentinella a servizio dellImperium tanto da
arrivare a sacrificare la sua stessa. Estremo sacrificio che in una mentalit
secolarizzata ed egualitarista risulta assolutamente insensato, ma che nellottica in cui
affrontiamo il dibattito di assume un significato paradigmatico, archetipico, perch
quel soldato, in realt, come diceva peraltro Giorgio Locchi commentando quella
stessa pagina di Splenger, riuscito ad incarnare limmagine che lui stesso aveva di
s, di una sentinella imperiale, proprio nel gesto dellestremo sacrificio. E questo, vi
22
dicevo, un esempio particolarmente pregnante di che cosa pu voler dire essere
unit imperiale, tenere la consegna e tenere il proprio posto.
Un altro esempio che mi viene in mente, anche questo particolarmente evocativo, fa
invece riferimento alla storia un po pi recente. Mi viene in mente una pagina del
diario di Giuseppe Bottai. Facendo questo esempio, mi riferisco a questa epoca
storica senza scendere nel dettaglio, un esempio, diciamo, pi che altro tecnico.
Nel diario di Bottai c una pagina in cui si parla del suo ritorno dalla guerra
dAfrica. Bottai va a ricevimento da Mussolini, con cui aveva unestrema
confidenza, e trova un Mussolini trasformato. Questi lo liquida con poche parole,
dicendogli che aveva fatto il proprio dovere e lo congeda. Bottai per questo
assolutamente disperato e scrive nel suo diario che Mussolini cambiato, che si
indurito, che diventato di pietra. Ora, al di l degli psicodrammi di Bottai,
lepisodio riportato mostra anche qui linteriorizzazione del proclamato Impero e mi
sembra assolutamente evocativo di quello che pu essere un concetto di unit
imperiale.
Ovviamente replicare tutto questo oggi abbastanza problematico e la differenza
balza subito agli occhi: in entrambi i casi abbiamo a che fare con due esempi in cui
c un contesto generale votato allImpero. Essere unit imperiali oggi invece un
compito assolutamente lasciato allindividuo perch non c un contesto generale che
ci pu aiutare in tutto questo.
un cammino che si confronta col concetto nietszcheano di Nichilismo e con ci che
Evola definiva la necessit di cavalcare la tigre. un percorso che ognuno di noi
deve affrontare in solitario innanzitutto per poi riconnettersi con altre unit imperiali.
Ed questa la vera sfida che ci si presenta oggi.
Essere unit imperiali significa riuscire ad incarnare i propri valori in ogni istante
della propria vita, qualsiasi cosa si faccia, sia che ci si trovi magari in piazza, sia che
ci si trovi a mantenere una linea politica, significa saper essere sempre al proprio
posto, e saper fare ci che deve essere fatto in ogni situazione. Questa secondo me
quella che la vera sfida per noi, il nostro vero compito. Tutto il resto al di l di
quella che pu essere la nostra capacit di azione sulla realt.

Come ho detto, lImpero prossimo venturo, se mai verr, se mai avr a breve una
reale consistenza politica, non dipender certo da noi, dipender da meccanismi che
sono assolutamente pi grandi, sopra le nostre teste, al di l di qualsiasi nostra
possibilit dazione, perlomeno ovviamente nel breve termine. Questa purtroppo
lattuale situazione europea.
Adesso comparso Barack Obama, che stato festeggiato paradossalmente non
solo a sinistra ma anche in alcune parti della destra, come se potesse generare un
reale cambiamento nello scacchiere internazionale. Se ci sar un cambiamento, in
realt, sar secondo me assolutamente devastante per quella che ogni politica di
indipendenza e di auto-realizzazione europea, perch si diffonder, e si sta gi
23
diffondendo, una ventata di americanismo di ritorno. Di quella che era stata la
prospettiva di multipolarismo dellepoca Bush, innescata dalla sua stessa goffaggine e
arroganza a livello internazionale, non vi pi traccia.

La situazione pertanto quella che e non c assolutamente, in questo senso, da
sorridere. Sappiamo che c una speranza per quella che la situazione in Russia, che
anche se non il mio governo ideale (se mai ne dovessi indicare uno), sta comunque
seguendo una politica di indipendenza da un punto di vista politico, culturale ed
economico. Una Russia che va assolutamente lodata anche da un punto di vista
mediatico perch, se qui si sorride spesso degli stratagemmi di Putin per accattivarsi
il consenso del popolo russo, poi tutto sommato le sue strategie mediatiche non sono
pi ridicole di quelle dei politicanti occidentali.
Per tutto questo, lo ripetiamo ancora, assolutamente sopra le nostre teste. Per
quello che ci riguarda possiamo fare soltanto una cosa: cercare di essere unit
imperiali, di mantenere la consegna e di fare ci che deve essere fatto.
Grazie.

Adriano Scianca







24
Domande dal pubblico




Per il Dottor Vaj:
Negli ultimi dieci anni, soprattutto parlando di biotecnologie, quindi di influenza
della scienza sulla vita e sulla formazione della vita stessa, abbiamo assistito al
ritorno della religione soprattutto con il movimento definito da alcuni politologi,
forse impropriamente, dei neoconservatori, come protagonista del dibattito politico
anche sulle questioni scientifiche.
Lei ritiene che sia finito questo periodo oppure che le religioni organizzate possano
dare degli ulteriori colpi contro la scienza e quindi contro luso della scienza per la
formazione della vita?

Risposta:
Io penso che ci siano due ruoli importanti che malgrado la secolarizzazione facciano
s che le componenti propriamente religiose di un certo schieramento abbiano ancora
un peso notevole. In primo luogo in Italia, parlando della Chiesa Cattolica, abbiamo
delle strutture che, seppure superate e con dei ruoli ridimensionati rispetto a quello
che poteva sussistere nel Medioevo crociato, gestiscono tuttora un potere culturale,
politico e di influenza immenso. Lo schieramento che io invece definisco umanista,
frazionato in partiti, correnti, tendenze, ideologie o meglio semplicemente in comitati
daffari, pur possedendo unortodossia a causa di questo frazionamento finisce per
subire il potere immenso della Chiesa Cattolica, pur anche ammettendo che oggi
questa rappresenta a livello sociale una minoranza allinterno della societ italiana.
Inoltre c un fattore molto importante da considerare: lo schieramento umanista in
un certo senso il prodotto della secolarizzazione che in parte avviene in opposizione
alla visione del mondo monoteista, e in questo caso si porr allorigine e alla nascita
di quello che la tendenza storica di cui ho parlato prima e che stata definita in vari
modi come sovrumanista, superominista, transumanista, romantica, faustiana, quello
che volete. Dallaltro lato rappresenta anche laffermazione egemonica nelle
coscienze e nel linguaggio di quello che sono i valori della tendenza monoteista
giudeocristiana, che diventano ovvie, per cui non hanno pi bisogno di una
fondazione religiosa o di una fondazione mitica; perch tanto ovvio che per
esempio esiste solo lIndividuo, lUmanit, ovvio che il Bene una certa cosa e il
Male una certaltra, etc.
Ma questa ovviet, pur essendo penetrata nelle coscienze, viene meno nel momento
in cui si trova sfidata dal fatto che si creano delle linee di frattura dal punto di vista
dellevoluzione pratica, dal punto di vista di quella responsabilit di
autodeterminazione che dicevo prima e dal punto di vista della nascita di tendenze
storiche politiche, metapolitiche, filosofiche che rivendicano questo tipo di
autodeterminazione.
25
Ecco allora che a un certo punto un bioetico o laltro, per esempio il Rodot
1
della
situazione, professa che c lingegneria genetica buona, che quella che toglie le
malattie, e c quella cattiva, che fa il superuomo ovvio, no!?!
Poi ad un certo punto salta fuori Watson
2
(prima che venisse coinvolto nello
scandalo) che, in un convegno del 1986, si chiede, pur sapendo che non politically
correct, perch noi non potremmo programmare arbitrariamente le caratteristiche
della nostra discendenza? perch mai noi dovremmo astenerci, nel momento in cui
miglioriamo queste caratteristiche, dal fare semplicemente quello che ci piace?
Che differenza c tra avere un sistema immunitario che resiste al 30% in pi dal
raffreddore, essere pi alti di un centimetro e avere un quoziente di intelligenza di 30
punti maggiore?
Rodot a ci non risponde, perch alla fine il suo discorso si situa allinterno dei
valori condivisi che stanno in piedi fino a che sono ovvi. Quando cessano di essere
ovvi lui non ha pi il bagaglio mitico, religioso, spirituale che in un certo senso
giustifica il perch vada bene lingegneria genetica negativa e non quella positiva.
Naturalmente si ritrova dalla sua parte chi invece fa parte del bioluddismo, del
neoluddismo, dellumanismo religioso; si ritrova in prima linea, perch loro sono
quelli che non hanno dubbi, che sanno tutto, perch chiaramente spiegato nella
Bibbia, e la Bibbia non una cosa che possa essere messa in discussione perch
parola di Dio, e la fede nella parola di Dio un dovere addirittura morale, per cui loro
sotto questo punto di vista non hanno problemi.
E questo credo che sia il secondo grande ruolo, oltre il fatto che la chiesa cattolica,
rispetto ai comitati daffari che sono i partiti politici, una grandiosa organizzazione
metapolitica con una sua ideologia e filosofia precisa, cosa che nessun altro
movimento attualmente, in Italia per esempio, mi sembra possa vantare.
Oltre a questo c anche il fatto che loro traggono forza dalla ferma convinzione che
pensare diversamente da loro non impossibile ma semplicemente vietato.




1
Stefano Rodot (Cosenza, 30 Maggio 1933), politico e giurista.
2
James Dewey Watson (Chicago, 5 aprile 1928), biologo statunitense, scopr la struttura della
molecola del DNA insieme a Francis Crick e Maurice Wilkins con i quali ha ricevuto il Premio
Nobel per la medicina nel 1962 per le scoperte sulla struttura molecolare degli acidi nucleici e il suo
significato nel meccanismo di trasferimento dell'informazione negli organismi viventi.
Nell'ottobre 2007 The Independent pubblicava una sua dichiarazione secondo la quale I neri sono
meno intelligenti dei bianchi e che l'idea che l'eguaglianza della ragione condivisa da tutti i
gruppi razziali si rivelata una delusione, tanto che chi ha a che fare con dipendenti di colore
pensa che questo non sia vero.
Successivamente Watson stato costretto a ritrattare pubblicamente questa sua affermazione.

26
Domanda per Stefano Vaj:
Si parlato di una concezione circolare, sferica della storia; quindi non sarebbe
impossibile pensare a un ritorno indietro nella storia. Mi potrebbe spiegare meglio
cosa si intende?

Risposta:
La risposta quella nietzcheana, sovrumanista, che poi quella che stata pi
estesamente spiegata, illustrata e forse compresa anche da Giogio Locchi
3
. Si sono
confrontate ad un certo punto due visioni della storia sul volgere della storia stessa.
La prima una visione ciclica, per cui, come ci sono le stagioni che poi ritornano,
cos come c il giorno e la notte, cos come c il ciclo biologico dalla successione
delle generazioni alla nascita, alla crescita, alla decadenza alla morte, cos anche la
storia seguirebbe dei cicli. E questa la prima visione, che quella pi
tradizionalmente europea, pagana, classica, etc.
Poi esiste invece laltra visione, che quella della tendenza umanista e monoteista,
che dice che la storia non un cerchio ma qualcosa che ha un inizio e ha una fine, in
cui la fine , in un certo modo, si riconduce un po a quello che era linizio, ad uno
stato edenico. Rappresenta soprattutto la fine anche del divenire storico, il suo
compimento; perch la storia una vicenda umana che in primo luogo non sarebbe
mai dovuta neppure esserci.
Il paradiso terrestre, o la sua versione secolarizzata della societ senza classi,
andavano benissimo cos comerano: da questi peccati e da questa valle di
lacrime c un percorso di redenzione o un percorso dialettico o di lotta di classe,
etc. che porter alla conclusione in cui ci sar restituito uno stato preistorico e
extrastorico con in pi labbondanza, in cui il paradiso celeste sar pi bello di quello
terrestre, etc.
Questo secondo tipo non un ciclo, non la volont di ritornare allet delloro,
non il pensiero che c stata una volta una cultura nascente e di culture nascenti ce
ne saranno altre in futuro, ma lidea che prima cera un mondo fuori dalla storia e a
quel mondo dobbiamo tornare.
A queste due visioni se ne aggiunge una terza, che Giorgio Locchi definisce visione
sferica. Con questa visione innanzitutto accettiamo la storia, che un qualcosa in cui
si vuole restare, che cominciata e non destinata nella nostra volont ad
interrompersi e finire; ma nello stesso tempo questo ciclo non una ripetizione, o non
pu pi essere una ripetizione, perch quella visione ciclica, o questa sorta di
immagine di come le cose potessero continuare a funzionare, in qualche modo,
finita.

3
Giorgio Locchi, pi noto come giornalista e corrispondente del Tempo a Parigi, stato uno dei pi originali e meno
conosciuti pensatori sovrumanisti del dopoguerra, nonch autore e co-autore tra l'altro de Il male americano
(Akropolis), Nietzsche, Wagner e il mito sovrumanista (Akropolis), L'essenza del fascismo (Il Tridente). e Das
unvergngliche Erbe (Thule-Seminar); ed ha largamente influenzato Guillaume Faye, Pierre Vial, Pierre Krebs, Robert
Steuckers, Stefano Vaj, nonch, specie nel periodo intorno alla fine degli anni settanta, Alain de Benoist. Tra gli scritti
sul pensiero di Locchi e sulla sua perdurante attualit, cfr. la "Introduzione a 'Espressione politica e repressione del
principio sovrumanista' di Giorgio Locchi" di Stefano Vaj, la "Introduzione" di Santiago Rivas alla versione spagnola
dello stesso testo, "Hommage Giorgio Locchi" di Gennaro Malgieri, "Il cantore del mito nuovo" di Adriano Scianca e
(marginalmente) "Between metapolitics and apoliteia" di Roger Griffin.
27
E finita perch c stato il cristianesimo che ha sancito una frattura dello spazio
psicologico e storico.
Spengler
4
stesso dice che sono finiti i cicli delle culture spengleriane, che non ci sar
pi la nascita di culture nuove, vuoi con la parte civilt (Kultur) vuoi con la parte
civilizzazione (Zivilisation), perch la Terra finita, perch non c pi la
segregazione, non ci sono pi degli spazi aperti, non ci sono pi delle cose che
possono morire lasciando per complessivamente intatta la scena planetaria e altre
culture possono nascere. Allora che cosa pu esserci soltanto?
Pu esserci il fatto che la storia non destinata a finire, perch ormai il meccanismo
storico diventa qualcosa che non pi pseudo o para biologico, ma diventa qualcosa
che nellintero controllo di colui che la rivendica e che la fa sua. E qui la storia un
qualcosa in cui esiste leterno ritornare di qualcosa, tutto quello che il nostro
passato. Ma anche il nostro passato stesso continua a cambiare perch viene sempre
ridefinito da una prospettiva di un presente, che la scelta di che tipo di destino
vogliamo per il nostro futuro.
Non una cosa facilissima da spiegare, in un certo senso, perch il nostro linguaggio
e la nostra mentalit sono proprio ordinati secondo una visione invece lineare della
storia.
Ma la visone sferica rappresenta un gradino in pi appunto della libert storica
delluomo e rappresenta un momento in pi per cui, se una volta la storia non cera,
poi la storia cominciata ma andata avanti a cicli, oggi un nuovo inizio un inizio
su una scala pi cosmica. E questo inizio in qualche modo simile a quello che
lentrata stessa della storia con la rivoluzione neolitica.


Domanda di Stefano Vaj per Adriano Scianca:
Spesso il concetto di Imperium viene anche riferito al modello di organizzazione
politica che in un qualche modo rappresenterebbe il pendant dialettico di quello che
il sistema attuale.
Si dice che gli stati-nazione, il modello francese dello stato-nazione, un qualcosa
che si costituisce sulla base di un predominio della nazione franca che non
organizza intorno a se uno spazio di comunit e di una ricchezza di civilt, tradizioni
politiche e culturali diverse, ma che tende a piallare, uniformare e burocratizzare
sostanzialmente tutto; e questo in un certo senso prefigura levoluzione mondialista.
Daltra parte invece lImpero dovrebbe essere la forza e la coesione nella differenza;
questo forse potrebbe essere un modello di organizzazione planetaria diversa, come
alternativa al mondialismo e alla globalizzazione.

4
Oswald Spengler (Blankenburg am Harz, 29 maggio 1880 Monaco di Baviera, 8 maggio 1936, filosofo, storico e
scrittore tedesco. Autore de "Il tramonto dell'Occidente" (titolo originale "Der Untergang des Abendlandes", tradotto in
italiano da J ulius Evola).
"Il Tramonto dell'Occidente" (1918-1922), accolto da un enorme successo di pubblico, un tentativo di elaborare un
compendio di una morfologia della storia universale. In quest'opera Spengler sosteneva che tutte le civilt attraversano
un ciclo naturale di sviluppo (Kultur), fioritura e decadenza, e che l'Europa, vittima di un angusto materialismo e del
caos urbano, si trovava nell'ultimo stadio, l'inverno di un mondo che aveva conosciuto stagioni pi fruttuose
(Zivilisation). L'Europa, a meno di riuscire a purificarsi e ripristinare i suoi valori spirituali e il suo ceppo originario,
sarebbe caduta preda di politiche selvagge e di guerre di annientamento.
28

Risposta del dott. Scianca:

La risposta ovviamente gi nella domanda.
Nel ricostruire il contesto storico e concettuale faccio sicuramente riferimento alle
coordinate che mi vengono dal discorso di Giorgio Locchi.
Del resto il modello dellImperium, come concreta proposta per il mondo
contemporaneo, deriva anche dalla speculazione di quello che un altro discepolo di
Locchi, Alain de Benoist
5
. Questi, qualche tempo fa, scrisse un libro, LImpero
interiore, in cui proponeva appunto il modello dellImperium in senso federale,
rifacendosi soprattutto al modello di J ohannes Althusius
6
e contrapponendolo
esattamente al modello dello stato-nazione.
Ovviamente la risposta alla tua domanda s. Il modello imperiale pu sicuramente
essere un modello da contrapporre allomogeneizzazione globale a cui stiamo
assistendo e un modello per organizzare le differenze salvaguardandole e mettendole
in forma.
La regione, il paese, la nazione non vengono umiliate nel loro essere comprese in un
progetto imperiale. Non solo cos, ma la regione, il paese e la nazione, svincolate da
un progetto imperiale finiscono per fare fondamentalmente il gioco, nella situazione
attuale, di quella che la potenza che vuole uniformare tutte le identit locali,
comprese il paese, la regione, la nazione. Qualsiasi tipo di irredentismo,
indipendentismo, regionalismo, in quanto rivendicano delle identit, hanno
sicuramente una parte di quella che pu essere la nostra simpatia, per, a loro volta,
quando vogliono fare questo in contrapposizione a tutto ci che hanno intorno, e
senza pensarsi in un orizzonte pi ampio, finiscono inevitabilmente per essere
sfruttati da quello che il grande nemico di tutte le identit, comprese le loro.
Questo vero, basta guardarsi intorno, in Cecenia, in Kosovo. Perch non che i
sostenitori di Putin, come possiamo essere sicuramente noi, credono che i ceceni non
abbiano diritto alla loro identit e alla loro economia, che oggettivamente, allo stato
attuale delle cose, fare una politica indipendentista contro Mosca significa fare il
gioco di Washington.
Quindi ogni regionalismo positivo perch rivendica unidentit, ma se svicolato da
un progetto imperiale nocivo a se stesso innanzitutto, e comunque a qualsiasi
progetto di salvaguardia delle differenze.
Il concetto di Impero, come organizzazione delle differenze, ci deriva esattamente dal
modello romano.

5
Alain De Benoist, (Saint-Symphorien, 11 dicembre 1943) scrittore francese, fondatore del movimento culturale che la
stampa internazionale defin Nouvelle Droite (Nuova Destra), del quale stato animatore insieme a Guillaume Faye,
Pierre Vial, Giorgio Locchi; rimane da sempre principale punto di riferimento del GRECE (Gruppi di ricerca sulla
civilizzazione europea). Notizie molto estese e numerosi suoi scritti (ad esclusione purtroppo della sua produzione pi
interessante, quella a cavallo tra gli anni settanta ed ottanta) sono resi disponibili in varie lingue dal sito Les Amis
d'Alain de Benoist. In italiano sono disponibili altres due studi in volume sull'autore, e precisamente La destra degli
dei. Alain de Benoist e la cultura politica della Nouvelle Droite di Francesco Germinario, e Sulla Nuova Destra.

6
Johannes Althusius (Diedenshausen, ca 1563 Emden, 12 agosto 1638), giurista, filosofo, teologo calvinista tedesco.
29
Un modello in cui le diverse identit e i diversi popoli venivano sicuramente ripresi
in un progetto di pi grande portata, ma restavano se stessi.
Ma il vero discrimine non tanto quello di fare adesso dellangelismo per quello
che riguarda la politica internazionale. Il vero discrimine tra una forza che voglia
convertire, omogeneizzare e uniformare tutte le differenze, i popoli, le culture, le
religioni, le lingue, e una forza che tutte queste differenze le lascia esistere, le vuole
far esistere e crede che il fatto che esistano sia un valore.
Lo spartiacque fondamentale non tanto il ricorso o meno alla forza, ma la volont
di convertire o meno i popoli con cui tu, in un modo o in un altro, pacificamente o
meno, entri in contatto. Quello lo spartiacque fondamentale e la grandezza del
modello imperiale, che romano, e che potrebbe un domani essere un modello e una
concreta proposta politica per lEuropa.


Domanda per Andriano Scianca:
Nellambiente della destra ci sono fin troppe diversit di posizione, molto spesso
vere e proprie contrapposizioni, su quelle che dovrebbero essere le politiche di
alleanze dellEuropa e sullallargamento dei suoi confini (per esempio
sullinclusione della Turchia, su cui si dichiara favorevole il gruppo di Eurasia). Mi
pu dire qualcosa a proposito?

Risposta:
Concordo per quel che hai detto circa la schizofrenia dellambiente della destra.
Ritengo tuttavia che lapproccio vada un attimo invertito. Metterci adesso a stabilire
quali devono essere i confini della futura Europa e quale debba essere la sua politica
estera e di amicizia e inimicizia secondo me lascia un po il tempo che trova. In
realt tanto i confini quanto le politiche di alleanze di amicizia e inimicizie le
stabilisce la storia, non si stabiliscono mai a tavolino, tanto meno avrebbe senso che
le stabilissimo noi oggi.
Per quanto riguarda il fatto specifico della Turchia, che hai citato richiamando il
gruppo di Eurasia, che ha fatto una forte campagna per lingresso della Turchia in
Europa, con tutta una serie di argomentazioni, io sono abbastanza scettico, anche se
sono tutte proposte abbastanza bene argomentate e sono disposto a prendere in
considerazione questo tipo di argomenti.
Per i vantaggi di una Turchia in Europa sono abbastanza dubbi e soprattutto,
qualsiasi cosa ci si voglia inventare a livello etno-culturale, religioso, etc, la Turchia
viene genericamente percepita come non europea; la percepisco cos io ed percepita
cos dalla quasi totalit degli europei.
Forse se c questa percezione diffusa un motivo ci deve pur essere.
Poi ha poco senso adesso stabilire quali debbano essere i rapporti tra un futuro
Impero e un altro futuro Impero, perch queste cose non si stabiliscono a tavolino,
sempre la storia concreta che stabilisce questo tipo di rapporti tra potenze; prima
sarebbe il caso di avercelo questo impero europeo.
30
La mia visione del mondo sicuramente multipolare e il fatto che ci sia un Impero
europeo che abbia a che fare con un Impero ottomano o con qualsiasi altra forma di
un grande spazio, nel senso schmittiano del termine, sicuramente qualcosa di
positivo ed la visione del mondo futuro che ho in mente.


Domanda del moderatore ai relatori:
Pongo ad ambedue i nostri relatori la medesima domanda. Sono fermamente
convinta che per recuperare una cultura per lEuropa si debba passare solamente
attraverso comunit coese e radicate nel proprio territorio e nella propria cultura,
cos come traspare dai vostri interventi.
Si parla spesso di radici culturali dellEuropa e a tal proposito noi riconosciamo che
la matrice dellEuropa va necessariamente recuperata nellidentit culturale
indoeuropea. Molti hanno fatto interessantissimi studi sugli indoeuropei (Georges
Dumzil
7
, Adriano Romualdi
8
, cui peraltro abbiamo voluto dedicare il titolo di
questo convegno, Alain de Benoist), per volendo sintetizzare: che cosa dovremmo
recuperare di questa identit culturale indoeuropea per poter pensare di ricreare
una cultura veramente alternativa per lEuropa?

Risposta di Stefano Vaj:
Lomogeneit delle comunit un omogeneit sempre nella visione tridimensionale.
Nella visione sferica della storia, un omogeneit in un senso convergente, cio nel
senso che parte da persone che rivendicano o si riallacciano a certe radici, o che
hanno una certa provenienza, e che in funzione di questo vogliono continuare a
restare diverse e a diventare sempre pi diverse, non ad omogeneizzarsi gradualmente
ad un panorama circostante.
Questo da un punto di vista culturale, linguistico, tradizionale, ma poi anche etico,
biologico, perch no.
Laltra questione in che cosa consiste davvero il retaggio indoeuropeo. Io penso che
un elemento per esempio qualificante di questo discorso sia proprio lidea di
unorganizzazione del cosmo umano come organizzazione delle differenze. Anche
nel Neolitico il mondo in qualche misura si globalizza, perch cominciano i traffici
commerciali, gli scambi, cambia la tecnologia dei trasporti. Nellambito di questo

7
Georges Dumzil (1898 1986), filologo e linguista francese, massima autorit nellanalisi comparata della visione
del mondo delle societ indoeuropee. Sua la teoria, ormai ampiamente accreditata in ambito accademico, della
tripartizione (giuridico-sacrale, guerriera, fecondit-abbondanza) come modulo interpretativo del reale, tipico delle
genti indoeuropee.

8
Adriano Romualdi (Forl, 9 dicembre 1940 Roma, 12 agosto 1973),storico, saggista politico e giornalista italiano.
Figlio del presidente del M.S.I., Pino Romualdi.
Laureatosi con una tesi sulla rivoluzione conservatrice tedesca, discussa con il professor Renzo De Felice, inizia sin da
giovanissimo a occuparsi di tematiche storiche e politiche. Fortemente influenzato dal pensiero di J ulius Evola, si
occupa in articoli e libri di Platone, Friedrich Nietzsche, Oswald Spengler, Pierre Drieu La Rochelle, del fascismo,
interpretato quale fenomeno prettamente europeo, e della seconda guerra mondiale. Dedica inoltre ampi studi agli
Indoeuropei, che gli valgono il plauso di Giacomo Devoto. Assistente di Storia contemporanea all'Universit di Palermo
nella cattedra di Giuseppe Tricoli.
Grande e lucido ideologo, muore all'et di trentatr anni in un incidente stradale.
31
tipo di discorso si pu decidere di dare una risposta come quella del sistema egizio. I
faraoni: questa sorta di sovranit identificata in una figura epocale che, ammazzata o
mangiata, una sorta di predatore Dio, o qualcosa del genere. Intorno a lui tutta la
popolazione riceve unidentit dal rapporto con questo personaggio o dalla casta
sacerdotale che ne amministra i riti.
La risposta indoeuropea in questa situazione diversa, nel senso che esistono delle
popolazioni, che in realt sono molte piccole ma portatrici di una visione di estremo
dinamismo storico. Esse vedono viceversa la partecipazione di tutti, la mobilitazione,
il senso comunitario, lidentificazione in un destino collettivo, come ci che da
significato allesistenza delluomo. La costruzione del monumento (che non la
piramide, cio una cosa molto stabile che star l per un certo numero di anni) la
costruzione di una civilt che destinata a sfidare i secoli o a lasciare una traccia o ad
esprimere una visione del mondo o a ricordare gesta compiute rispetto a cui il
contemporaneo vuole mostrarsi degno e a cui contemporaneamente vuole aggiungere
qualcosa che sia degno del suo passato e anche di un futuro che vuole lasciare dietro
di s.
Credo che questi siano gli esempi forti e le cose a cui possiamo ricollegarci e che
fanno parte veramente della nostra specificit essenziale, genetica, diciamo cos.
Poi ci sono alcune cose che invece sono finite per sempre, come dice Nietzsche,
non tornano i greci: il cristianesimo non una cosa che possiamo rimuovere
psicologicamente perch se no diversamente saremmo per sempre condannati a
riviverlo. vero che quando noi oggi usiamo per esempio la parola prometeico la
usiamo in senso positivo. Prometeo per i greci un simbolo negativo e non positivo,
perch per i greci rappresentava la religiosit tellurica pre-indoeuropea delle
popolazione dominate, perch esisteva sempre la possibilit o che si ribellassero
politicamente o che soprattutto andassero ad inquinare in qualche modo quello che
invece era la cultura, lo spirito, o il tentativo degli indouropei di tutelare la propria
identit. Tentativo che ha avuto episodi veramente epici e anche tragici al contempo:
pensate allIndia, in cui una manciata di migliaia di indoeuropei hanno conquistato un
continente che gi allepoca aveva centinaia di milioni di abitanti e hanno cercato,
con una grandissima produzione culturale e organizzazione sociale, di resistere ad un
assorbimento che poi inevitabilmente nella storia si anche verificato.
Oggi lindiano io posso miticamente consideralo come fratello, ma da un punto di
vista etico e culturale si divaricato parecchio dalla nostra cultura.
Gli indoeuropei hanno tentato di fare questo, e di mantenere questo tipo di identit, e
questo un messaggio e un esempio che noi possiamo in qualche modo prendere,
come per esempio il tentativo di organizzare la struttura sociale con la sola
tripartizione funzionale, cio i sacerdoti, i governanti, i guerrieri e la classe
produttiva: questo un modo di interpretare il mondo e di dare un significato e una
struttura alla societ.




32
Risposta di Adriano Scianca:
Una cosa che mi viene in mente a proposito delleredit indoeuropea il concetto di
fondazione di citt. Lindoeuropeo, particolarmente nellaccezione romana, per
natura fondatore di citt.
Viceversa nella Bibbia, che il libro di una tradizione culturale portatrice di valori
completamenti diversi, il fondatore di citt il maledetto per eccellenza. Uno dei
primi fondatori di citt Caino, e questi non ha precisamente un ruolo positivo nella
Bibbia.
Al contrario nella tradizione indoeuropea, a cominciare da Romolo ovviamente, il
fondatore di citt diviene eroe archetipico, perch in qualche modo fondando una
citt, fonda un mondo, un universo di valori, traccia un solco per terra e decide che da
oggi in poi qui c Roma, unistituzione, un Impero, una legge, un diritto e oltre c
non-Roma, c tutto il resto, la natura ferina, il kaos.
E fondamentale riprendere questo tipo di insegnamento e di eredit, cercando di
attualizzarlo.
A me ad esempio capitato spesso di mettere in relazione questo tipo di ordine di
idee con lesperienza delle occupazioni, che come sappiamo, da tempo non pi
patrimonio esclusivo della sinistra. Perch anche nelle citt attuali, in cui il potere
politico rinuncia a se stesso e per forza di cose dimissionario perch non sa pi
governare la polis, si possono ricreare degli spazi in cui si rida in qualche modo vita a
ci che stato abbandonato da una politica criminale.
Secondo me questo tipo di insegnamento ci deve portare a riflettere su tutti i
significati intrinseci dellidea di fondazione di citt, che uno degli aspetti cruciali
delleredit indoeuropea su cui noi oggi dobbiamo riflettere.
33
34
Conclusione



Ringrazio i relatori per la loro approfondita analisi da cui credo emerga chiaramente
che la possibilit di avere un futuro che non snaturi la nostra essenza si incarni nella
volont di osare. La fortuna aiuta gli audaci.
Ringrazio il pubblico per la presenza e vi do appuntamento alla prossima iniziativa
dellAssociazione Culturale Edera.

Elisa Nobile
Associazione Culturale Edera
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