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B.K.S.Iyengar
Lalbero dello Yoga
Ubaldini editore
Civilt dellOriente

Titolo originale dellopera:
Yoga Vrksha
The Tree of Yoga
(Fine Line Books)

Traduzione di Laura Tommasi
1988, Fine Line Books, Oxford
1989, Casa Editrice Astrolabio-Ubaldini Editore, Roma



Indice

Prefazione
Nota del curatore

PRIMA PARTE - Yoga e vita
Lo Yoga uno
L'albero dello yoga
L'individuo e la societ
Oriente e Occidente
Gli scopi della vita
L'infanzia
Amore e matrimonio
La vita di famiglia
La vecchiaia
La morte
La fede

SECONDA PARTE - L'albero e le sue parti
Lo sforzo, la consapevolezza e la felicit
La profondit dell'asana
Le radici
Il tronco
I rami
Le foglie
La corteccia
La linfa vitale
Il fiore
Il frutto

TERZA PARTE - YOGA E SALUTE
La salute come unit
Lo yoga e la medicina ayurvedica
L'approccio pratico
L'arte della prudenza
L'arte di guarire

QUARTA PARTE - IL S E IL SUO CAMMINO
Il ritorno al seme
Gli Yoga Sutra di Patanjali
Pranayama
Energia e grazia divina
Meditazione e yoga
La natura della meditazione
Dal corpo alla anima



QUINTA PARTE - LO YOGA NEL MONDO
Lo yoga come arte
Sui maestri e sull'insegnamento

Glossario
Bibliografia



Prefazione

Amici e colleghi,
Nel mondo spirituale cos come in quello fisico si pu scalare una montagna affrontandola da vari versanti. Un percorso pu risultare
lungo, uno breve, uno tortuoso e difficile, un altro rettilineo e facile, eppure da tutti questi sentieri possibile raggiungere la vetta.
Allo stesso modo nella ricerca della conoscenza spirituale vi sono molti metodi, molte strade che portano a scoprire l'intima essenza
del nostro essere, e che dirigono la mente, prigioniera nella rete dei piaceri del mondo, verso la vera fonte della sua esistenza, l'atman
o anima.
L'argomento di cui io mi occupo lo yoga: la via per coltivare il corpo e i sensi, per affinare la mente, per educare l'intelligenza fino
a raggiungere la pace dell'anima che l'essenza del nostro essere. Purtroppo molte persone, ignare della profondit del pensiero yoga,
considerano la via spirituale all'autorealizzazione una disciplina esclusivamente fisica, e la pratica dello hatha-yoga niente pi di una
normale ginnastica. Lo yoga tuttavia non soltanto esercizio fisico. Esso pervade tutte le cellule, la mente, l'intelletto e lo spirito;
insomma coinvolge l'uomo in tutto il suo essere.
Negli ultimi trentacinque anni ho tenuto regolarmente in Europa e in America lezioni e dimostrazioni, diffondendo la dottrina dello
yoga agli occidentali. Abitualmente tengo anche conferenze e incontro studenti di yoga che desiderano rivolgermi domande e
approfondire le loro conoscenze in materia. Alcune delle mie ultime conferenze e interviste sono ora state raccolte e riordinate in
forma di libro: l'opera che avete nelle vostre mani e che pu servire come guida pratica e filosofica ai miei libri precedenti, Light on
Yoga, Light on Pranayama e The Art of Yoga.
Leggendolo scoprirete parte della ricchezza e profondit dello yoga, che ci porta dalla conoscenza della nostra epidermide alle
profondit dell'anima. La mia speranza che questo possa giovare sia ai praticanti di yoga sia a coloro che per la prima volta si
avvicinano all'argomento. mio desiderio rendervi tutti partecipi delle gioie della vita attraverso lo yoga, e sono contento di potervene
parlare per mezzo di questo mio libro. Yoga significa unione; yoga significa unire voi e me per mezzo di queste pagine.
Considerate lo stato d'animo in cui eravate prima di iniziare questa lettura. La vostra era una mente fresca. Siete arrivati a questo mio
testo sereni e senza pregiudizi. Riuscire a mantenere questa condizione di spirito nella vita quotidiana significa integrazione, la
profonda integrazione del corpo e dello spirito in comunione con i propri simili e con l'ambiente.
L'integrazione meditazione e la meditazione integrazione. Chi non ha integrazione non pu parlare di meditazione, e chi non ha
esperienza di meditazione non pu dire cos' l'integrazione. Sono concetti collegati e in relazione fra loro. Se voi e io siamo integrati,
la vostra mente tranquilla e la mia mente tranquilla, anche se siamo vigili e pienamente coscienti. Se invece questa consapevolezza
di tanto in tanto si interrompe, ci si chiama distrazione, e concentrazione il riportare di volta in volta la mente distratta a un centro
di interesse. Se per questo vigile stato di silenzio, che normalmente si produce in noi solo per brevi attimi, permane a lungo, allora
meditazione.
Quando si raggiunge questa ininterrotta coscienza dell'avvenuta integrazione fra corpo, mente e anima, allora il tempo non ha pi n
passato n futuro; eterno, e poich l'eternit nel tempo, voi e io diveniamo eterni. Questa integrazione, e in questa condizione non
vi possono essere differenze tra di noi. Spero che se non oggi, almeno un giorno, si possa raggiungere questo momento culminante.
Non dimenticate mai che l'acme risiede nell'autorealizzazione. Probabilmente avrete sentito dire qualcosa di diverso, e cio che
l'infinito non pu essere visto o raggiunto dal finito. Noi infatti abbiamo solo mezzi finiti per raggiungere l'infinito, ma quando il finito
si fonde nell'infinito, tutto diviene infinito.
Considerate il cielo: finito e infinito al tempo stesso. Nessuno pu toccarlo, eppure siamo in contatto col cielo in ogni momento
della nostra vita. Allo stesso modo, voi e io non possiamo che servirci di mezzi finiti, quali il corpo, la mente, l'intelligenza e la
coscienza, per raggiungere la sede infinita dell'anima che la madre di tutte queste cose. cos che noi siamo sempre sereni, in pace, e
con il nostro intelletto in continua evoluzione.
Dio vi benedica tutti.

B.K.S. IYENGAR

Nota del curatore

L'interesse sempre maggiore nel mondo per lo yoga e la solida e radicata fama di B.K.S. Iyengar, ritenuto uno dei suoi pi validi
maestri, hanno condotto allo sviluppo di un'estesa rete di maestri e allievi che lavorano sotto la sua guida in molti paesi. Egli stesso
trascorre il suo tempo viaggiando con regolarit, tenendo conferenze, e incontrando allievi e maestri in tutto il mondo. Il materiale
presentato in questo libro tratto in gran parte dalle registrazioni e dalle trascrizioni di tali incontri e dalle conferenze tenute in
Inghilterra, Francia, Italia, Spagna e Svizzera negli anni dal 1985 al 1987, oltre a una conferenza tenuta a Madras nel 1982, la


"All-India Bharatnatyam Conference". Ringrazio gli organizzatori di tutte queste iniziative per la loro generosit nel fornire il
materiale di pubblicazione, e tutti coloro che si sono impegnati nel lavoro di registrazione e di trascrizione.
Questo materiale originale spazia liberamente in tanti argomenti diversi e passa spesso rapidamente da un tema all'altro per
rispondere a quesiti e argomenti insorti nella discussione, La suddivisione in capitoli e sezioni di questo libro non ha alcuna relazione
diretta con la struttura delle conferenze originarie, e in alcuni capitoli ho incluso materiale tratto da altre conferenze e dibattiti dove
erano affrontati argomenti simili. stato incluso inoltre nuovo materiale frutto dei miei incontri con Iyengar e delle sue numerose
correzioni e aggiunte al manoscritto. LAlbero dello Yoga quindi una presentazione aggiornata e riveduta degli argomenti trattati
proprio in quelle conferenze e dibattiti. Ho cercato di ridurre al minimo le ripetizioni conservando allo stesso tempo la vivacit
dell'arte oratoria di Iyengar.
Vorrei ringraziare Silva e Mira Metha dello Iyengar Yoga Institute di Londra per la lettura e correzione del manoscritto, J onathan
Katz per la verifica delle traslitterazioni e definizioni sanscrite nel glossario, J im Benson per l'aiuto nel compilare la bibliografia, e
Sheelagh Rivers-Moore per un suggerimento molto valido riguardo la successione dei capitoli.
Il simbolismo dell'albero dello yoga stato precedentemente esposto dall'autore in un discorso pubblicato in Inghilterra nella rivista
Yoga Today. Articoli che includono alcune delle idee presentate in questo libro sono anche apparsi nello Yoga J ournal in USA, Le
Monde Inconnu in Francia, Viniyoga nel Belgio e Body Shrine, Yoga thy Light, pubblicato da B.K.S. Iyengar nel 1978 per la
celebrazione del sessantesimo anniversario del Comitato. Un breve passo del capitolo sul pranayama riprodotto per cortese
concessione di Bharatiya Vidya Bhavan di Bombay. Estendo i miei ringraziamenti alla Unwin Hyman Ltd per aver permesso di
utilizzare i glossari di Light on Yoga e Light on Pranayama nella compilazione del glossario di questo libro.
Vorrei infine esprimere i miei sinceri ringraziamenti allo stesso B.K.S. Iyengar per la sua piena collaborazione e il suo incitamento
alla stesura del libro, a Faeq Biria per aver suggerito il progetto e per l'aiuto nella raccolta del materiale, e a tutti quegli innumerevoli
studenti ed entusiasti dello yoga il cui interesse per l'argomento rende un libro del genere non solo possibile ma indispensabile.
DANIEL RIVERS-MOORE
Oxford, marzo 1988

Prima Parte
YOGA E VITA

LO YOGA UNO
Yoga significa unione. Yoga l'unione dell'anima individuale con lo Spirito Universale. Ma questo un concetto troppo astratto per
poter essere compreso con facilit per cui, perch ognuno comprenda, dir che yoga unione del corpo con la mente e della mente con
l'anima.
Il novanta per cento di noi soffre in qualche modo fisicamente, mentalmente o spiritualmente. La scienza dello yoga aiuta a
mantenere il corpo come un tempio, di modo che divenga puro come l'anima. Il corpo pigro, la mente vibrante e l'anima
luminosa. Gli esercizi yoga valorizzano il corpo portandolo al livello della mente vibrante, cos che corpo e mente, divenuti entrambi
vibranti, siano attratti verso la luce dell'anima.
I filosofi, i santi e i sapienti dicono che esistono diverse strade per mezzo delle quali si pu raggiungere la meta finale, la visione
dell'anima. La dottrina della mente si chiama raja-yoga, la dottrina dell'intelligenza jnana-yoga, la dottrina del dovere karma-yoga, e la
dottrina della volont hatha-yoga. Per gli autori dei testi antichi questi nomi erano come le note di una tastiera: le note sono molte ma
la musica solo una. Allo stesso modo, ci sono termini diversi per esprimere i vari modi di avvicinarsi allo yoga e le varie strade per
raggiungere di volta in volta l'acme, ma lo yoga uno, proprio come Dio uno, anche se in paesi diversi lo si chiama con nomi
diversi.
Coloro che si accostano allo yoga dal punto di vista intellettuale dicono che il raja-yoga spirituale e lo hatha-yoga solamente
fisico, ma questo un enorme sbaglio. Poich tutte le vie conducono alla fonte, anche lo hatha-yoga ci porta verso la visione
dell'anima. Quanti sono coloro che operando questa distinzione tra hatha-yoga e raja-yoga hanno fatto uno studio approfondito dello
Hatha Yoga Pradipika o di altri testi antichi sullo hatha-yoga? E quanti hanno letto interamente gli Yoga Sutra di Patanjali, che
sono la fonte principale del raja-yoga? Sanno costoro che l'ultimo capitolo dello Hatha Yoga Pradipika chiamato Samadhi Pada
e parla della condizione del samadhi, ovvero dell'unione con lo Spirito Supremo? E qual l'acme del raja-yoga? anch'esso il
samadhi. Che differenza esiste dunque tra i due?
Se riflettete sulla definizione della parola hatha in chiave psicologica piuttosto che fisiologica, capirete meglio se lo hatha-yoga
fisico o spirituale. Ha significa sole, che il sole del nostro corpo, cio l'anima, e tha significa luna, che la nostra coscienza.
L'energia del sole non si attenua mai, mentre la luna svanisce ogni mese e poi di nuovo da luna nuova ridiviene piena. Cos il sole, che
la nostra anima in tutti noi, non scompare mai, mentre la mente o la coscienza, che attinge energia dall'anima, subisce variazioni,
attenuazioni, fasi, alti e bassi come le fasi della luna; come il mercurio; e come il mercurio non pu essere afferrato dalla mano, cos
noi non possiamo facilmente catturare la mente. Quando per coscienza e corpo vengono unificati, l'energia della coscienza
immobile, e quando l'energia della coscienza immobile, anche la coscienza immobile, e l'anima si diffonde in tutto il corpo.
Lo Hatha Yoga Pradipika dice che lo yoga prana-vrttinirodha; che acquieta le fluttuazioni del respiro. Gli Yoga Sutra di
Patanjali dicono che lo yoga chitta-vrtti-nirodha: che acquieta le fluttuazioni della mente. La mente pu vagare in direzioni diverse
in una frazione di secondo; i suoi movimenti sono rapidi e molteplici. Il respiro invece non pu andare contemporaneamente in varie
direzioni. Ha un'unica via: l'inspirazione e l'espirazione. Si pu fermare un attimo, ma non si pu moltiplicare come la mente. Secondo
lo Hatha Yoga Pradipika, controllare il respiro e osservarne rigorosamente un ritmo porta la coscienza all'immobilit. Cos, sebbene
lo Hatha Yoga Pradipika inizi con il controllo del prana, respiro o energia, e gli Yoga Sutra di Patanjali inizino con il controllo
della coscienza, i due si incontrano e in definitiva non c' differenza tra di loro. Controllando il respiro si controlla la coscienza, e
controllando la coscienza si d ritmo al respiro.


Come la canfora diviene un tutt'uno con la fiamma, cos la mente viene assorbita dalla fiamma dell'anima. Questo il culmine dello
hatha-yoga. Il testo ci dice che l'armonia tra mente e anima hatha-yoga, ma anche il raja-yoga l'armonia tra mente e anima, per cui
non esiste differenza tra i due. Lo yoga uno.
La pratica dello yoga consiste quindi nell'unire corpo e mente. Per l'individuo colto significa anche unire la mente allintelligenza e
per quello ancora pi colto significa unire corpo, mente e intelligenza alla profondit dell'anima.
Tradizionalmente lo yoga si divide in otto branche, chiamate yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e
samadhi. Se non avete dimestichezza con queste parole, in un primo momento, questa lunga lista vi potr apparire piuttosto
scoraggiante, ma andando avanti nella lettura acquisirete gradualmente sempre pi familiarit con questi concetti e le parole sanscrite
non saranno pi un ostacolo alla vostra comprensione.
Lo yoga pu essere visto come se avesse tre strati: uno esterno, uno interno e uno ancora pi interno, e cio uno fisico, uno mentale e
uno spirituale. Allo stesso modo gli otto rami dello yoga si possono dividere in tre gruppi. Yama e niyama sono le discipline etiche,
sociali e individuali; asana, pranayama e pratyahara portano all'evoluzione dell'individuo e alla comprensione del s; dharana, dhyana,
e samadhi rappresentano il risultato dello yoga facendoci provare l'esperienza della visione dell'anima, ma in quanto tali non sono
inclusi nella pratica.
Malgrado nell'Occidente sia spesso ritenuto una pratica semplicemente fisica, lo yoga invece anche una dottrina fisio-psicologica e
psico-spirituale. una scienza che libera la mente dalla schiavit del corpo e la conduce verso l'anima. Quando la mente arriva a
fondersi con l'anima, l'anima diventa libera e rimane in pace e in beatitudine. Se un uccello imprigionato in una gabbia, non ha
alcuna possibilit di muoversi; ma non appena la gabbia viene aperta, ecco che vola via in cerca di libert. Cos l'uomo che
raggiunge quella stessa libert quando la mente si libera dalla schiavit del corpo e riposa in grembo all'anima.
Il primo livello dello yoga consiste in quello che pu essere definito ci che si deve e ci che non si deve fare. Niyama ci dice cosa si
deve fare per il bene dell'individuo e della societ, e yama ci dice cosa si deve evitare per non danneggiare l'individuo e la societ.
Queste sono discipline etiche esistite sempre e dovunque nel genere umano da tempo immemorabile. Yama e niyama sono tradizionali
sia nella cultura orientale che in quella occidentale, nel Nord come nel Sud.
Dopo aver seguito questi precetti tradizionali, ovvero ci che si deve fare e ci che non si deve fare, ci impegniamo a lavorare per lo
sviluppo dell'individuo grazie alla fusione del corpo con la mente e della mente con l'anima. Questo secondo livello di yoga quello di
sadhana, la pratica, che comprende asana, pranayama e pratyahara. Asana la pratica delle diverse posture del corpo. Pranayama la
scienza del respiro. Pratyahara consiste nel placare i sensi e nel mantenerli nella loro posizione passiva interiorizzandoli, cos che
possano risiedere nel centro dell'essere umano.
Il terzo strato dello yoga descritto da Patanjali negli Yoga Sutra come la ricchezza dello yoga. Esso infatti l'effetto del frutto
della sadhana e consiste in dharana, dhyana e samadhi. Dharana concentrazione ovvero attenzione totale. Dhyana meditazione.
Samadhi il culmine dello yoga; e cio lo stato di beatitudine, l'unione con lo Spirito Universale. Quando vi prendete cura della
crescita di un albero, al tempo dovuto questo fiorisce e poi raggiunge il suo culmine naturale dando il frutto. Allo stesso modo la
pratica dello yoga deve concludersi prima o poi nella fragranza spirituale della libert e della beatitudine. Come l'essenza dell'albero
nel frutto, cos pure l'essenza della vostra pratica in quel frutto che il raggiungimento della libert, dell'equilibrio, dell'armonia, e
della beatitudine.

L'ALBERO DELLO YOGA
Per coltivare una pianta si deve prima vangare la terra, rimuovere i sassi e le erbacce e ammorbidire il terreno. Si pianta poi il seme e
lo si copre accuratamente con terra soffice in modo che quando si schiuder non venga danneggiato dal peso; quindi, si innaffia,
dopodich si attende che germogli e cresca. Dopo uno o due giorni, dal seme spunta uno stelo che poi si divider in due e produrr
foglie. La pianta continua cos a crescere fino ad avere un tronco che a sua volta generer rami con molte foglie che si orienteranno in
varie direzioni.
Allo stesso modo si deve accudire l'albero dell'anima. I saggi del passato, che avevano goduto della possibilit di vedere l'anima, ne
trovarono il seme nello yoga. Questo seme ha otto segmenti che durante la crescita dell'albero generano gli otto rami dello yoga.
La radice dell'albero si chiama yama, che comprende i cinque princpi di ahimsa (non-violenza), satya (sincerit), asteya (liberazione
dall'avidit), brahmacharya (controllo della brama sessuale) e aparigraha (liberazione dal desiderio di possedere al di l delle proprie
necessit). L'osservanza di yama disciplina i cinque organi dell'azione che sono le braccia, le gambe, la bocca, gli organi procreativi, e
gli organi escretori. Ovviamente, gli organi dell'azione controllano gli organi percettivi e la mente; se si vuole fare del male ma gli
organi dell'azione si rifiutano di farlo, il male non verr fatto. Per questo gli yogi iniziano con il controllo degli organi dell'azione;
yama quindi la radice dell'albero dello yoga.
Poi viene il tronco, che si paragona ai principi del niyama, che sono shaucha (pulizia), santosha (appagamento), tapas (ardore),
svadhyaya (studio di se stessi) e Ishvara-pranidhana (abbandono). Questi cinque principi di niyama controllano gli organi della
percezione: gli occhi, le orecchie, il naso, le labbra e la pelle.
Dal tronco dell'albero si dipartono diversi rami. Uno cresce molto lungo, uno di lato, uno va a zigzag, un altro cresce dritto, e cos
via. Questi rami sono gli asana, ovvero le varie posture che fanno s che le funzioni fisiche e psicologiche del corpo siano in armonia
con il modello psicologico della disciplina yoga.
Dai rami crescono le foglie la cui interazione con l'aria fornisce energia a tutto l'albero. Le foglie, che convogliano dentro l'aria
esterna e la portano a contatto con le parti pi interne dell'albero, corrispondono al pranayama, la scienza del respiro, che unisce il
macrocosmo al microcosmo e viceversa. Avrete notato come i nostri polmoni visti al contrario diano l'immagine di un albero.
Attraverso il pranayama, il sistema respiratorio e quello circolatorio raggiungono uno stato di armonia.
La padronanza degli asana e del pranayama aiuta il praticante a distaccare la mente dal corpo, e ci porta automaticamente verso la
concentrazione e la meditazione. L'albero, se non avesse la corteccia, sarebbe divorato dai vermi; il suo rivestimento protegge la linfa


che fluisce all'interno tra le foglie e la radice. La corteccia quindi corrisponde al pratyahara, che consiste nello spostamento verso
l'interno dei sensi della pelle al profondo dell'essere.
Dharana come la linfa dell'albero, il succo che porta l'energia in questo viaggio spirituale. Dharana concentrazione, che focalizza
l'attenzione al centro dell'essere umano.
Il fluido dell'albero o linfa unisce l'estremit della foglia all'estremit della radice. Il raggiungimento di questa unione dell'essere
dall'esterno all'interno, dove colui che osserva e colui che osservato sono un tutt'uno, si ottiene con la meditazione. Quando l'albero
sano e c' molta energia, allora sbocciano i fiori. Quindi dhyana, la meditazione, il fiore dell'albero dello yoga.
Alla fine, quando il fiore si trasforma in frutto, questo si chiama samadhi. Come l'essenza dell'albero si trova nel frutto, cos l'essenza
della pratica dello yoga riposta nella libert, l'equilibrio, l'armonia e la beatitudine del samadhi, dove il corpo, la mente e l'anima
sono un tutt'uno armonico e si fondono con lo Spirito Universale.

L'INDIVIDUO E LA SOCIET
Lo yoga influisce sul pieno sviluppo di ciascun individuo, sul miglioramento fisico, mentale, emotivo e spirituale, ed importante
per tutti gli esseri umani. Questo il motivo per cui chiamato sarvabhauma, ovvero cultura universale. Tuttavia lo yoga non si
esaurisce quando si sia raggiunta l'armonia con se stessi, ma anzi dopo aver acquisito una certa disciplina del corpo, della mente, dei
sensi, dell'intelligenza e della coscienza, lo yogi deve vivere nel mondo senza farsi coinvolgere dalle proprie azioni. Questo ci che
si definisce abilit nell'azione, che non significa necessariamente destrezza. Abilit compiere le proprie azioni senza aspettarsi da
queste risultati buoni o cattivi. Le azioni sono compiute dallo yogi senza vizio e virt, ma con purezza e distacco.
Tra la vita filosofica e la vita pratica si deve raggiungere un grande equilibrio. Se riuscirete ad apprendere questo allora sarete
effettivamente un filosofo pratico. Filosofare sulla filosofia pura non una grande conquista. I filosofi spesso sono sognatori.
importante invece introdurre la nostra filosofia nella vita di tutti i giorni, in modo che la vita con le sue avversit e le sue gioie possa
essere guidata dalla filosofia. Pur mantenendo fede alla nostra evoluzione e al nostro sviluppo, possiamo forse vivere con successo in
societ senza rinunciare al nostro cammino spirituale? Questa la filosofia pratica.
Lo yoga volto innanzitutto allo sviluppo dell'individuo, ma attraverso l'individuo si evolvono la societ e la comunit. Infatti se un
centinaio di persone fanno regolarmente pratica di yoga e mostrano di essere in buona salute, subito altri chiederanno loro cosa stiano
facendo. In questo modo quel numero aumenta e presto saranno altri cento, o duecento o trecento. Tempo fa sembrava che io fossi
l'unico a fare yoga con zelo ed entusiasmo, ma ora guardatevi intorno, quanta gente lo sta facendo! Cos dall'individuo si diffonde alla
comunit, e dalla comunit alla societ.
Perch pensate alla violenza del mondo? Perch non pensate alla violenza che in voi? Tutti noi dobbiamo fare molto esercizio,
perch senza disciplina non possiamo divenire liberi, n pu esistere libert nel mondo senza disciplina. Solo la disciplina porta la
vera libert. Se volete ottenere la salute, credete di poterlo fare senza disciplina? La moderazione nel vivere essenziale. Questo il
motivo per cui lo yoga inizia con un codice di condotta che ogni individuo deve acquisire gradualmente. Colui che indisciplinato
irreligioso, mentre chi disciplinato un individuo religioso. La salute religiosa, al contrario della cattiva salute che irreligiosa.
Vivere religiosamente non significa ritirarsi dal mondo quotidiano. Al contrario, dobbiamo trovare un'armonia nella nostra vita. Le
sue circostanze devono servire alla nostra evoluzione, e non alla nostra distruzione. Sembra spesso che l'ambiente si opponga alla vita
dell'individuo. Ma non si pu forse essere un uomo virtuoso anche se gli altri passano il loro tempo nelle case di piacere? Oppure,
mettiamo il caso che ci siano dieci persone che stanno bevendo; io non sono un bevitore, ma questi dieci sono miei amici e mi invitano
a bere. Se io dico: "No, non mi interessa", rideranno di me; perci io dico: "Vengo, ma a me date del succo di frutta, mentre voi bevete
delle bevande alcoliche". Cosa importa? Questo significa che li comprendo, che sono con loro senza esserlo; che sono loro vicino pur
essendo distante. Questo viene considerato equilibrio, e religione vuol dire riuscire a vivere in questo modo.
La crescita individuale un dovere, e lo yoga sviluppa i singoli individui. Ma il corpo a immagine del mondo che ci circonda:
quasi fosse un grande club internazionale. Se infatti avete trecento articolazioni, significa che trecento sono i soci del club nel corpo di
ciascuno. La circolazione del sangue, se prendete in considerazione tutte le arterie, le vene, e i pi piccoli vasi sanguigni, lunga
96.000 chilometri, e l'energia biologica che fluisce nel nostro organismo 16.000 chilometri. La superficie dei polmoni grande come
un campo di tennis. Il vostro cervello ha quattro lobi. Non dunque come se in ogni individuo esistesse un grande circolo
internazionale? Lo yoga d aiuto a tutti questi organi per coordinarli in modo che possano vivere in armonia e accordo. Lo yoga
influisce sulla vostra coscienza, sulla vostra intelligenza e sui vostri sensi. Lo yoga influisce sia sulla vostra carne che sui vostri organi
percettivi. Per questo conosciuto come arte globale.
Quando il corpo, la mente e l'anima stanno bene e vivono in armonia, porterete salute e armonia a tutti quelli che vi sono intorno e
salute e armonia al mondo; non ritirandovi dal mondo ma vivendo come un organo sano e vivo del corpo dell'umanit.

ORIENTE E OCCIDENTE
Si sostiene a volte che il corpo, i muscoli o l'anatomia indiana siano diversi da quelli occidentali, e che lo yoga non si adatti
all'Occidente. Ma esiste forse un cancro inglese diverso da un cancro italiano e indiano, o esiste solo un tipo di cancro? Le sofferenze
umane sono le stesse sia per gli indiani che per gli occidentali; le afflizioni del corpo sono le stesse, cos come le afflizioni della
mente. Definirsi un occidentale, come se gli orientali e gli occidentali fossero differenti, equivale a dire che esiste un cancro orientale e
un cancro occidentale. Le malattie sono comuni a tutti gli esseri umani, e lo yoga serve a curare queste malattie. Non detto da
nessuna parte nei testi antichi che lo yoga debba essere praticato solo dagli indiani. Al contrario, Patanjali descrive lo yoga come
sarvabhauma, ove bhauma significa il mondo; sarva significa tutto. Lo Yoga quindi una cultura universale e proprio come
influisce sull'individuo nel suo complesso, cos inteso per il potenziamento fisico, mentale, intellettuale e spirituale di tutta l'umanit.
Patanjali non divise l'Oriente dall'Occidente duemilacinquecento anni fa; perch dovremmo farlo noi oggi?
opinione comune inoltre che sia un problema di dieta, che non si pu fare yoga senza essere vegetariani, e che non sia possibile
essere vegetariani vivendo in una cultura o in un clima occidentali. Questa teoria si dimostrata sbagliata; infatti oggi vedo che molti


occidentali hanno modificato la loro dieta e sono diventati vegetariani, perch tale dieta porta a un minimo di violenza. E per giunta i
vegetariani in India sono rigidi quanto gli europei che mangiano carne. Naturalmente per gli indiani le posture a gambe incrociate sono
facili, ma esistono tante altre posture che essi non sanno fare. Non crediate che sono snodati perch riescono a sedere nella postura del
loto; lo fanno solo perch sono abituati da sempre a sedere per terra, mentre voi avete da sempre l'abitudine di sedere sulle sedie.
Per quanto riguarda la dieta, tutto dipende da quali fini vi prefiggete nel fare yoga. Patanjali divide i cinque aspetti di niyama in due
gruppi. Da una parte, shaucha e santosha, la salute fisica e la felicit della mente. Dall'altra, tapas, svadhyaya, e Ishvara-pranidhana,
desiderio ardente di evoluzione spirituale, ricerca interiore, e abbandono a Dio. La prima parte di niyama, che consta di shaucha e
santosha, permette all'individuo di godere dei piaceri del mondo e di essere esente da malattie. La seconda parte, formata da tapas,
svadhyaya e Ishvara-pranidhana, conosciuta come yoga di buon auspicio e consente il raggiungimento dei livelli pi alti, cio di
essere liberi, di essere completamente distaccati dagli influssi del corpo e di divenire un tutt'uno con l'anima. Patanjali chiama questi
due stadi rispettivamente bhoga e apavarga. Bhoga consiste nel provare piacere senza ammalarsi; apavarga significa libert e
beatitudine.
Per la salute e la felicit, secondo Patanjali, la dieta non molto importante. Ma se vogliamo aumentare il benessere spirituale, allora
la dieta diviene necessaria al fine di acquietare le fluttuazioni della mente.
Come si semina cos si raccoglie. La mente un prodotto del cibo, pertanto il cibo ha senza dubbio un effetto sulla mente. Ne deriva
che nelle pratiche spirituali il cibo va limitato, ma non se ci si prefigge solo salute e felicit. Non dipende dall'Oriente o dall'Occidente;
dipende dal livello spirituale al quale volete lavorare.
Mi stato anche domandato se l'individualismo su cui si basa la societ occidentale sia un ostacolo per la pratica dello yoga; ma in
tutto il mondo l'essere umano individualistico. Com' possibile che gli occidentali siano individualisti e gli orientali no? Lo yoga
fondamentale per lo sviluppo individuale e per rimuovere le imperfezioni fisiche, emotive, intellettuali e spirituali; mira a rimuovere le
variazioni d'umore e le afflizioni, i dolori e i dispiaceri. Queste afflizioni sono forse diverse da una cultura all'altra? Sono nella societ
o nell'individuo?
Dir quindi che lo yoga universale, e che non riservato esclusivamente agli indiani. Nel momento in cui voi affermate di essere
occidentali o orientali, la malattia dell'Occidente o dell'Oriente gi in voi. La malattia fondamentale, quella per la quale ritenete che
vi manchi qualcosa, ha gi preso il sopravvento. Non introducete quindi queste differenze tra gli individui in base al paese di
provenienza, fate yoga al solo scopo di farlo, e godetene i benefici!
Nel secondo capitolo degli Yoga Sutra, Patanjali parla di avidya e asmita, ignoranza e orgoglio, che sono difetti a livello
dell'intelletto, raga e dvesha, desiderio e avversione, che sono difetti emotivi, e diabhinivesha, paura della morte, che un difetto
istintivo (Yoga Sutra, II, 3-9). Coltivando il corpo, la mente e la coscienza, il praticante vince i difetti dell'intelletto, d equilibrio alla
sede emotiva del cuore, e diviene intuitivamente forte. Lo yoga porta a quella tale felicit per la quale si liberi dai difetti
dell'intelligenza delle emozioni e degli istinti. I vari testi che parlano di yoga si soffermano ora sull'uno ora sull'altro dei suoi vari
aspetti, ma trattano tutti del medesimo processo di evoluzione spirituale.
Non operate distinzioni, dicendo che state facendo uno yoga migliore o peggiore degli altri. Lo yoga uno proprio come il mondo
uno e gli abitanti del mondo sono uguali. Voi siete italiani o americani solo per il fatto di essere nati in un paese che si chiama Italia o
America. Io appartengo all'India e per questo sono indiano, ma come esseri umani non c' differenza tra di noi. Nello yoga la stessa
cosa: alcuni possono scegliere un sentiero per raggiungere l'autorealizzazione, altri possono prenderne un altro, ma io vi garantisco che
non c' alcuna differenza tra le varie pratiche yoga.
In molte pratiche religiose si incontra la meditazione e si conoscono modi diversi di lavorare sulle emozioni e sui desideri. Potrete
sentir parlare di meditazione zen e pensare che sia in qualche modo diversa dalla meditazione yoga. La meditazione tuttavia non pu
essere definita meditazione indiana, zen, o trascendentale. La meditazione solamente meditazione. Ricordatevi che il Buddha era
nato in India ed era anche lui un praticante yoga. Durante la mia permanenza a Tokyo, ho incontrato moltissimi maestri zen che hanno
definito anche me un maestro zen. Ci significa che la qualit del mio impegno e dei miei risultati e la qualit della loro pratica e del
loro sviluppo spirituale dovevano essere gli stessi. Non c' assolutamente alcuna differenza. L'essenza della meditazione degli yogi -
non dico degli indiani, ma degli yogi - e della meditazione dei maestri zen la stessa. I maestri zen sono yogi, come noi siamo yogi.
Quando parliamo di yoga, diciamo che una delle sei filosofie dell'India, legata quindi alla religione induista, mentre lo Zen
collegato al Buddhismo, per questo esistono differenze di opinione e controversie faziose. Ma lo yoga concepito per tutti gli esseri
umani, e non solo per gli indiani. Questo il significato di sarvabhauma; lo yoga una cultura universale, non limitata agli indiani e lo
stesso vale per la meditazione.
I fiumi che scorrono nel vostro paese e i fiumi che scorrono nel mio paese servono a irrigare le nostre rispettive terre e le rendono
fertili; poi si gettano tutti nel mare e diventano un solo grande oceano. Allo stesso modo, noi tutti siamo esseri umani creati da Dio
senza alcuna differenza fra di noi. Siamo tutti uguali. I metodi di sviluppo spirituale sono studiati per l'evoluzione degli individui in
qualsiasi parte del mondo. Per cui non fatevi fuorviare dalle parole usate nei vari paesi. L'essenza la stessa. Penetrate l'essenza e non
fatevi ingannare dai nomi.

GLI SCOPI DELLA VITA
Secondo la tradizione indiana, la societ divisa in quattro categorie o caste conosciute come brahmana (i sacerdoti), kshatriya (la
casta dei guerrieri), vaishya (la casta dei mercanti) e shudra (i braccianti). Sebbene oggi queste categorie siano in via di estinzione
come divisioni sociali, esse continuano a rimanere presenti nel nostro inconscio e rappresentano differenti qualit dell'essere e hanno
per noi un significato indifferentemente da quale sia la nostra professione o collocazione nella societ.
Come si applicano queste categorie alla disciplina dello yoga? Un principiante deve lavorare sodo e faticare molto per imparare.
Questa la prerogativa del shudra. Quando sar diventato esperto, esprimer se stesso con l'insegnamento per guadagnarsi da vivere
tramite lo yoga. Questo l'atteggiamento del mercante e del commerciante e quindi riproduce la qualit del vaishya. In seguito entrer
in competizione con i colleghi; forse insegner persino con sentimenti di orgoglio e superiorit. Questo rivela il carattere marziale


dello kshatriya. Nell'ultimo periodo, l'allievo penetra profondamente l'essenza dello yoga per attingervi il nettare della sua
realizzazione spirituale. Questo il fervore religioso dello yoga, e quando egli agisce sull'onda di questa emozione, la sua pratica dello
yoga corrisponde a quella di un brahmana.
Queste quattro fasi si riscontrano anche in molti altri campi. La vita dell'essere umano quindi, ritenuta di un centinaio d'anni, cos
suddivisa in quattro periodi consecutivi di venticinque anni chiamati ashrama. Questi sono rispettivamente brahmacharya, la fase
dell'educazione in senso lato e dell'educazione religiosa, garhasthya, o della vita nella famiglia; vanaprastha, o della preparazione alla
rinuncia alle attivit familiari, e sannyasa, ovvero del distacco dalle cose di questo mondo e della devozione al servizio di Dio.
Anche i sapienti dell'antichit distinguevano quattro scopi della vita, o Purushartha, e raccomandavano il perseguimento di uno dei
quattro scopi della vita durante ognuno dei quattro ashrama. I quattro scopi della vita sono: dharma, ovvero la disciplina degli obblighi
etici, sociali e morali; artha, l'acquisizione dei beni temporali; kama, i piaceri della vita, e moksha, libert o felicit.
Senza dharma, ovvero senza rispetto per gli obblighi morali e sociali, la realizzazione spirituale impossibile. Ci si impara nel
primo dei quattro stadi della vita.
Artha, l'acquisizione di beni, consente di liberarsi dalla dipendenza dagli altri. Non vuol dire diventare ricchi, ma guadagnarsi da
vivere per mantenere il corpo in buona salute e libero da preoccupazioni. Un corpo mal nutrito diventerebbe terreno fertile per
eventuali malattie e preoccupazioni e non sarebbe un mezzo idoneo allo sviluppo spirituale. Artha praticato nel secondo periodo
della vita, ed consigliabile in questa fase dedicarsi non solo al guadagno ma anche alla ricerca di un compagno con il quale condurre
una vita familiare. Questa fase porta all'esperienza dell'amore e della felicit umana e prepara lo spirito, attraverso il sentimento di
universalit che nasce dall'amicizia e dalla solidariet, per accedere all'amore divino.
Quindi, non dovremmo fuggire la responsabilit dell'educazione dei nostri figli e di coloro che ci sono vicini. Non c' alcuna
obiezione al matrimonio, n al desiderio di avere figli; e non sono neanche ritenuti un ostacolo alla conoscenza dell'amore divino,
della felicit, e dell'unione con l'Anima Suprema.
Kama, il terzo dei purushartha, che appartiene per tradizione al terzo periodo della vita, il godimento dei piaceri della vita, che
presuppone un corpo sano e una mente armoniosa ed equilibrata. Poich il corpo l'habitat dell'uomo, dovrebbe essere trattato come il
tempio dell'anima. In questo stadio della vita si impara a liberarsi dai piaceri del mondo e a procedere verso la realizzazione di se
stessi.
Infine moksha, che significa libert dalla schiavit dei piaceri del mondo, riguarda il quarto stadio della vita. Questa liberazione pu
sopraggiungere solamente, secondo Patanjali, in assenza di malattia, apatia, dubbio, negligenza, pigrizia, illusione, mancanza di
volont o di attenzione, sofferenza, disperazione, agitazione motoria, disturbi respiratori e altri malanni. Moksha rappresenta anche la
liberazione dalla povert, dall'ignoranza e dall'orgoglio. In questa condizione, ci si accorge che il potere, il piacere, le ricchezze e la
conoscenza non conducono alla libert, e che alla fine scompaiono.
Quando si raggiunge questo stadio, si raggiunta l'emancipazione e la bellezza divina brilla di continuo. Dall'autorealizzazione si
procede verso la realizzazione di Dio. Cos finisce il viaggio dell'uomo, che si, spostato dalla ricerca del mondo verso la ricerca di
Dio, ovvero dell'Anima Universale.
Nei capitoli seguenti vedremo come la pratica dello yoga riguarda i diversi stadi del viaggio della vita.

L'INFANZIA
L'approccio di un bambino allo yoga molto diverso da quello di un adulto. Confrontate l'evoluzione intellettuale di un adulto e
quella di un bambino e considerate la velocit con cui si muove un bambino rispetto a un adulto. Sebbene l'evoluzione intellettuale del
bambino non abbia raggiunto il livello di quella di un adulto, il bambino vede con mente universale, mentre l'adulto pi
individualista che universale. Inoltre, il bambino pi rapido dell'adulto nei movimenti fisici.
Da adulti, si hanno moltissimi problemi emotivi. Il bambino ha pochissimi problemi emotivi, e se li ha, non sono come quelli degli
adulti. Se io vi rimprovero in classe, voi vi ricorderete per tutta la vita che quell'uomo venuto dall'India vi ha dato dello stupido. Ma se
rimprovero un bambino e dopo mezz'ora domando cos' successo, lui risponder: Non lo so". La loro sofferenza emotiva dura solo
pochi attimi, per gli adulti invece tutta la vita.
I bambini sono svelti. Non amano la monotonia. Amano la variet e la novit in tutto. A voi invece la stessa postura deve essere
spiegata giorno dopo giorno e ci nonostante continuate a non capirla. Ma chiedete a un gruppo di bambini di farla in due secondi e la
faranno benissimo. La mente del bambino nel presente e non vaga nel passato o nel futuro. Gli adulti, al contrario, volgono sempre la
mente al passato e al futuro e non sono mai nel presente. Questo il motivo per cui dobbiamo dare tante spiegazioni all'adulto, per
riportarlo al presente. Un bambino impara pi rapidamente di un adulto, attraverso gli occhi. Se la lezione troppo lunga, il bambino
si addormenta, ma se io spiego o do una dimostrazione rapida a un gruppo di adulti, sostengono di non riuscire a capire. Ai bambini
bisogna insegnare adattandosi al loro modo di comportarsi mentre agli adulti bisogna insegnare tenendo conto delle loro caratteristiche
emotive e ambientali. Per tutte queste ragioni, ai bambini e agli adulti bisogna insegnare separatamente. Non possibile che un
bambino segua un corso di yoga per adulti, perch pur essendo lui interessato allo yoga, se lo inseriste in una classe di adulti,
distruggereste quell'interesse e il bambino finirebbe con l'annoiarsi.
Gli adulti hanno bisogno di meditazione, mentre se chiedeste ai bambini di meditare, si addormenterebbero immediatamente. Voi per
addormentarvi forse impiegate ore, molti prendono anche dei sonniferi, ma ai bambini ci non succede mai. In una frazione di secondo
possono passare da una grande attivit alla massima calma, ed per questo che si annoiano se si insegna loro in modo lento.
Ho sentito degli adulti dire che alcuni bambini hanno difficolt a concentrarsi; al contrario, i bambini si concentrano molto bene
senza alcuna difficolt. Dipende da come li attraete a voi. Se parlo ai bambini dal mio livello di maturit, non riescono a concentrarsi
sull'argomento: sta a me capire quale linguaggio comprendono, in modo da esprimermi in quel linguaggio, e non nel mio o nel vostro.
In questo modo si concentreranno immediatamente perch sono attratti al loro livello di comprensione. Innanzitutto dovr presentare
l'argomento nei loro termini, in modo che possano iniziare a capire; solo allora potr, come insegnante, introdurre nuovi elementi.
Quindi se non attraggo i bambini a me, non posso trasmettere loro niente di nuovo.


Dar un esempio. Alcuni anni fa, a Pune, ero stato invitato a insegnare yoga a un gruppo di bambini dai dieci ai sedici anni, di una
scuola che godeva la reputazione di essere difficile. Ancora oggi, nessun insegnante vuole insegnare in quella scuola perch i bambini
sono indisciplinati e non si riesce a controllarli. Mi chiesero se ero disposto a insegnare e io accettai.
Fin dal primo giorno di scuola, quando c'era tanta confusione in classe, capii subito che i bambini pensavano di poter giocare con me
perch ero un nuovo insegnante, e io glielo permisi. Se fossi stato molto rigido il primo giorno, il giorno dopo avrei trovato una classe
vuota, perch i bambini avrebbero saltato la lezione e non sarebbero venuti affatto. Ma quando iniziarono a comportarsi male, io dissi:
"Siete molto bravi. Avanti, ancora!". Quando poi dissi: "Fate ancora un po pi chiasso!", vinsi la partita. Se avessi detto loro di non
fare confusione, sarebbe stato molto difficile. Questa si chiama psicologia. Esaminai l'aspetto psicologico della situazione e dissi:
"Forse dovreste fare pi rumore. Non abbastanza!". Queste parole li colpirono profondamente. In quel momento iniziai la lezione.
Poi cominciarono a gettare qua e l pezzi di carta, come fanno i bambini, colpendo ora l'insegnante ora altri studenti. Mi misi allora a
osservare quali bambini facevano quegli scherzi, li raggruppai tutti insieme e quando iniziai a insegnare dissi a quei ragazzi irrequieti
di salire sulla pedana a sorvegliare la classe. In questo modo feci di loro dei leader. Poi dissi: Io eseguo le posture, voi state l in piedi
e, mentre io insegno, voi fate come faccio io, in modo da essere voi i maestri".
Mi accattivai i bambini, e molti insegnanti cominciarono a venire da altre scuole. Si domandavano come era possibile che nella
classe di yoga non ci fosse rumore. Pensavano che, trattandosi di argomento facoltativo, ci sarebbe stata pi confusione che nelle altre
classi. Tutti domandavano come facevo a controllare i bambini, e io dissi: "Non li controllo. Non ho detto niente. A volte giochiamo
insieme. Tutto qui". Quella la psicologia dei bambini! Portandomi al loro livello, fisicamente e mentalmente, piano piano li faccio
evolvere. Se dico loro: "Avanti, concentratevi!", non ho alcuna possibilit che mi ascoltino. Per questo devo agire indirettamente e
dire: "Avanti, avanti, fate ancora pi rumore!". Sosterr poi: "Vi voglio bene, mi piacete perch siete cattivi". Cos i bambini
cominciano ad amare l'insegnante.
I bambini osservano molto i nostri occhi, e per questo i nostri occhi dovrebbero essere sempre acuti come i loro. In questo modo
arrivano alla concentrazione. I bambini sono controllati dagli occhi, non dalle parole. Dovete dare espressione alle parole attraverso
gli occhi. Questo li attrae, e poi sopraggiunge la concentrazione.

AMORE E MATRIMONIO
Una volta uno studente che stava per diventare padre mi domand come si sarebbe dovuto comportare un futuro padre nei confronti
della moglie. Ecco la mia risposta: "Come puoi essere un futuro padre? In fin dei conti sei un marito prima che un padre. Non sei forse
un marito per tua moglie? Per questo ti devi comportare come un marito, come un vero compagno della vita con tua moglie".
Ovviamente so che, quando si ha un bambino, l'amore deve essere diviso in tre invece che in due. Ma non necessario nessun
consiglio a questo proposito se non quello di vivere come un vero marito, come si era prima di divenire padre, e di conservare il
medesimo amore e affetto. Infatti, cos' il bambino se non il prodotto dell'amore di questi due esseri umani? come un fiore, e i
coniugi dovrebbero sentirsi pi felici nel vedere il fiore del loro amore.
Non dovrebbe sopraggiungere alcun cambiamento tra marito e moglie solo perch arrivato un bambino. Io sono padre di sei figli. Il
mio affetto per mia moglie non mai diminuito, fino alla morte, e non mi sono innamorato di nessun'altra, sebbene molte abbiano
cercato di attirarmi. Poich a nessuna riuscito con me, consiglio anche al futuro padre di far s che nessuna riesca mai ad allontanarlo
dalla propria moglie. Questo il mio consiglio, e lo stesso vale per la moglie e futura madre.
Ora, potete distinguere cos' spirituale da cos' sensuale? Quando i genitori sono sessualmente uniti con lo spirito, quel primo
bambino divino. un puro fiore di vero amore e comunione. Ma dopo il primo bambino, riuscirete a mantenere la stessa comunione
come lo avete fatto in quel primo sbocciare del vostro amore? Se quell'amore pu essere mantenuto per tutta la vita, un amore
divino. Se per quell'amore cambia, e se la moglie o il marito lo riversano su qualcun altro, come fosse acqua, allora dovete saper
distinguere se quello un amore vero e spirituale, o se un amore sensuale. Deve essere messo alla prova. Perch soggettivo.
Ognuno in grado di accorgersi se un amore sensuale o una divina comunione spirituale d'amore tra due persone. Pur essendo
venuto in Occidente quaranta o cinquanta volte, non ho ancora capito quelle donne che dicono: "Amo mio marito", e poi dopo due o
tre anni: "Oh, come odio mio marito!"; oppure quei mariti che dicono: "Ho voluto bene a mia moglie, ma che ne stato di
quell'amore?". Nei vostri paesi questo problema molto sentito, mentre in India quasi inesistente. Quando ci sposiamo, viviamo
felicemente insieme fino alla fine della nostra vita. Non celebriamo nozze d'argento o d'oro, perch al momento del matrimonio
abbiamo fatto un giuramento promettendoci comprensione reciproca per tutta la vita.
Un concetto morale della filosofia yoga, il quarto dello yama, conosciuto come brahmacharya, ha provocato grossi equivoci.
Secondo il dizionario, brahmacharya significa celibato, religiosit, autocontrollo e castit. Tutti i trattati di yoga sostengono che
disperdere il seme porta alla morte mentre la sua ritenzione porta alla vita. Patanjjali stesso sottolinea l'importanza della continenza del
fisico, della parola e della mente. Egli spiega che la conservazione del seme produce valore e vigore, forza e potere, coraggio e
magnificenza, energia ed elisir di lunga vita; per questa ragione invita a preservarlo anche se con grande sforzo di volont. Ci
nonostante, la filosofia dello yoga non destinata solo ai celibi. Quasi tutti gli yogi e i sapienti dell'antica India erano sposati e
avevano famiglia. Il saggio Vasishtha, per esempio, aveva cento figli e ci nonostante era considerato un brahmacharin perch nel
rapporto sessuale non ricercava solo il godimento. Il brahmacharya quindi non una concezione negativa, n un'austerit imposta, e
neppure una proibizione. Addirittura i sapienti che erano sposati, riuscivano a determinare, osservando le stelle, quale fosse il giorno
favorevole per le loro relazioni sessuali, affinch i loro figli nascessero virtuosi e orientati spiritualmente. Questa disciplina era
anch'essa considerata parte del brahmacharya.
Secondo Sri Adi Shankaracharya, un brahmacharin colui che, approfondito lo studio della sacra scienza vedica, sempre in
contatto con l'essenza del suo essere, e che quindi percepisce il divino in tutte le persone. L'uomo o la donna sposati possono quindi
praticare il brahmacharya purch non abusino della sessualit, ma la controllino.


Oggi, nel nome della libert, ognuno si comporta come un libertino, ma la vita di un libertino non vera libert. I cinque principi di
yama sono i pilastri dell'etica sociale. Ogni individuo, all'interno della societ, dovrebbe osservare una certa disciplina; infatti soltanto
la libert associata alla disciplina vera libert.
Secondo me, il brahmacharya consente una vita coniugale felice, perch l'uomo o la donna sposati imparano ad amare il partner con
la mente e con il cuore, mentre il cosiddetto brahmacharin, che sostiene il celibato, non ama nessuno e lancia sguardi lascivi su
chiunque gli capiti di incontrare.

LA VITA DI FAMIGLIA
La gente mi chiede a volte se possibile fare yoga regolarmente e condurre una vita familiare normale. Forse che il mio esempio non
sufficiente a dare una risposta? Parlando cos, probabilmente esprimo un'opinione personale, ma per favore non fraintendetemi.
Molti swami e maestri in India e in Europa sono protetti da ricchi mecenati, ma io nella mia vita non ho avuto la protezione di
nessuno, perch sono un uomo comune. Se indossassi lunghe vesti fluenti, sarei considerato uno swami, ma se vesto come tutti gli
altri, sono solo Mister Iyengar!
Quando ero giovane, molti hanno cercato di indurmi a divenire un sannyasin, ma io ho detto: "No, voglio sposarmi. Voglio vedere le
lotte e i travagli del mondo, e contemporaneamente far pratica". Cos ora sono un vecchio soldato; ho sei figli e ancora mi esercito
nello yoga. Non ho abbandonato le mie responsabilit verso gli altri. Posso vivere la mia vita da testimone senza far parte essenziale
delle attivit. Posso essere qui presente, posso parlare, posso aiutare altra gente, ma posso diventare completamente distaccato in una
frazione di secondo. quanto mi ha insegnato lo yoga, e perci sono grato a questa arte e a questa filosofia immortale.
Quando ho cominciato a insegnare per la prima volta, lo yoga era praticamente sconosciuto. Dovevo chiedere il cibo quotidiano in
cambio di una lezione. A volte facevo pratica yoga, bevendo solo acqua, senza mangiare per giorni. Quando avevo qualche soldo,
vivevo di pane e t, perch questo era il nutrimento pi economico che potevo permettermi in quei giorni in India. Quando mi sposai,
non avevo mezzi per provvedere a mia moglie. Nel profondo del cuore mi dicevo: "Sto soffrendo, e ora sto facendo soffrire anche mia
moglie con me". Uno dei miei alunni mi diede una stufa a kerosene, un altro del kerosene, e io comprai solo un tegame per cucinare e
due piatti in cui mangiare. Mia moglie cuoceva il riso e quando era cotto io lo mettevo in un piatto mentre lei usava lo stesso tegame
per preparare il dl. Cos era la mia vita in quel periodo. Da allora ho fatto progressi. Ho lottato metro dopo metro non solo per nutrire
me stesso, mia moglie e i miei bambini, ma al tempo stesso per diffondere questa sconosciuta dottrina yoga, alla quale nel 1930 non
era dato alcun valore, neanche in India.
Per tutti questi anni e malgrado tutti i miei doveri familiari, non ho mai smesso di praticare yoga. Non ho smesso mai per una
semplice ragione, che potrete definire gratitudine. L'unica cosa che mi ha innalzato al livello a cui sono arrivato oggi la pratica degli
asana. Li ho insegnati negli anni 30 come esercizi fisici, senza sapere cosa dovevo insegnare e cosa non dovevo insegnare, ma con la
determinazione di farmi conoscere e di far rispettare quest'arte sconosciuta e incompresa.
Ringrazio il grande Patanjali, devo tutto a lui se sono arrivato a questo livello. Sono stato un pessimo studente; a scuola non ho mai
avuto buoni voti; non ho neanche un diploma; la mia istruzione zero. Ma pur partendo da zero, lo yoga mi ha portato a incontrare
gente di tutti i livelli e a scoprire il mondo. Ho imparato l'inglese con il solo contatto umano. Ho continuato a esercitarmi nello yoga, e
la gente insisteva perch lo insegnassi. Sapevo fare solo due cose: praticare lo yoga e insegnarlo. Mentre mi esercitavo o insegnavo,
potevo esprimere l'esteriore bellezza di un asana con la pi grande intima attenzione interiore. Oltre a quello non sapevo niente.
Non ho trascurato la pratica, n ho trascurato la famiglia. Il problema per molti di noi l'ambizione. Voi pretendete di fare gli asana
cos come li faccio io, ma dimenticate che io ho fatto yoga per pi di cinquanta anni, mentre voi siete solo agli inizi. Un approccio
ambizioso o impaziente vi far solo stare male, nel fisico o nella mente. Considerate quindi la pratica dello yoga come parte della
vostra vita, e concedetele spazio all'interno delle vostre normali attivit.
Come ho gi detto, c' un culmine nella realizzazione di se stessi. Lo scopo finale la scoperta dell'anima. Se non si avesse di fronte
alcuno scopo, non si compirebbero sforzi. Possiamo raggiungere l'infinito, ma dobbiamo farlo con i mezzi finiti che abbiamo a nostra
disposizione. Qualsiasi cosa fatta spasmodicamente ha solo un effetto spasmodico. Se vi esercitate solo spasmodicamente, non potete
aspettarvi di conservare quella sensibilit dell'intelligenza e quella maturit richieste dallo sforzo per giungere alla meta finale. Dovete
coltivare una certa disciplina in modo da non perdere quella sensibilit creativa. Invece di lavorare come e quando vi sentite, meglio
lavorare regolarmente, ogni giorno, per mantenere la qualit dei risultati. Se la vostra pratica irregolare, ci saranno sempre dei
risultati, ma non saranno dello stesso livello.
Quando siete riusciti a inquadrare la pratica regolare all'interno della struttura della vostra vita quotidiana, potete lasciare alla forza
divina la possibilit di rivelarsi in qualsiasi momento. Quando arriva la grazia divina, godetene e continuate a lavorare. Se la grazia
divina non si palesa oggi, pu farlo fra venti anni. Anche se non viene mai, continuate a lavorare; almeno avrete conseguito salute e
felicit, e quando si ottiene salute e felicit, quella e proprio grazia divina.
Non mettetevi in mente che dovete per forza avere qualcosa di straordinario da mostrare agli altri. Se piantate un seme nella terra
oggi e dite: Tra dieci giorni voglio il frutto", forse che il frutto viene? Il frutto viene spontaneamente, non vero? Nasce quando
l'albero pronto a darlo. Anche se dite: Lo voglio, lo voglio!" certo non arriver prima, ma proprio mentre state pensando che
l'albero non dar alcun frutto, all'improvviso lo vedete crescere. Deve nascere spontaneamente, non artificialmente. Quindi lavorate, e
che venga o non venga, continuate a fare i vostri esercizi. Allora, anche se avete una vita familiare e degli obblighi familiari, non ci
sono problemi.
Se fossi un sannyasin, potrei dire che dovreste tutti divenire sannyasin e rinunciare alla famiglia per seguire la via spirituale. Un
sannyasin non conosce la vita del capofamiglia, per cui gli facile dire: "Lascia la tua famiglia, divorzia e vieni con me". In questi
giorni molti, coinvolti nello yoga, dimenticano i loro doveri nei confronti dei figli, o dei mariti o delle mogli. Questo non
l'atteggiamento di uno yogi, bens di un fanatico. Gli yogi dell'antica India vivevano nella famiglia e giungevano alle massime vette
dello yoga immersi nelle attivit casalinghe, circondati da familiari e da bambini. Come uomo di famiglia vi dico: "Perch dovete
abbandonare i vostri doveri familiari?". Voi dovete scoprire i vostri limiti, perch questo ci che lo yoga insegna: prima di tutto rico-


noscere i propri limiti, e da questi progredire. Allora anche se avete dieci o quindici figli, questo non deve rappresentare un ostacolo
alla vostra crescita spirituale.

LA VECCHIAIA
Nella vita non mai troppo tardi per fare yoga. Se lo fosse, allora avrei dovuto smettere la mia pratica molto tempo fa. Perch dovrei
farlo adesso? Molti yogi indiani arrivano a un certo punto nella loro vita e sostengono di aver raggiunto il samadhi, per cui non hanno
pi bisogno di praticare. Ma io non l'ho mai detto fino adesso. Come mai? Imparare una gioia, e molte sono le gioie che si ottengono
con la pratica dello yoga. Ma io non lo faccio per le gioie! Nel primo periodo la gioia era rappresentata dal fine, ma ora secondaria.
Quello che non si deve perdere la sensibilit dell'intelligenza che via via si andata affinando, e per questo motivo la pratica deve
sempre continuare.
Se avete un coltello che non adoperate, cosa gli succede? Si arrugginisce, vero? Se volete continuare a usarlo, lo dovete affilare con
regolarit. Affilandolo a intervalli regolari, lo potete tenere affilato per sempre. Allo stesso modo, avendo provato il samadhi una
volta, come sapete che continuerete a rimanere vigili e consapevoli per sempre? Come potete affermare di riuscire a mantenere quella
condizione senza la pratica? Potete dimenticare, e riprendere a godervi la vita come prima. Un ballerino o un musicista riescono a
eseguire un bello spettacolo se non si sono esercitati almeno per un anno? Lo stesso vale per uno yogi. Per quanto una persona possa
aver raggiunto il massimo livello, appena pensa di avere conseguito la meta e che non richiesta pi alcuna pratica, ridiventa instabile.
Per potersi mantenere stabile, la pratica deve sempre continuare. La sensibilit richiede stabilit, e la stabilit si conserva grazie solo a
una pratica regolare.
A cinquanta o sessanta anni potrete chiedervi se non sia troppo tardi iniziare la disciplina yoga. Una parte della mente dice: Voglio
andare avanti", e l'altra esita. Cosa fa esitare quella parte della mente? Forse la paura. Cosa provoca quella paura? La mente vi sta
giocando tre scherzi. Una parte vuole andare avanti, una vuole esitare, e una genera la paura. La stessa mente provoca tutti e tre questi
stati d'animo. Il tronco lo stesso, ma l'albero ha molti rami. La mente la stessa, ma i suoi contenuti sono contraddittori, e anche la
vostra memoria inganna, reagendo energicamente senza permettere alla vostra intelligenza di pensare.
Perch a un uomo anziano piace il sesso? Perch non pensa alla sua et? Se vede una bella ragazza, la sua mente comincer a
fantasticare, anche se forse non ha pi alcun vigore sessuale. Qual il suo stato d'animo? Vorrebbe possederla, non vero? Ma
domandategli di fare un po di yoga, o qualcos'altro per mantenersi sano... "Oh, no. sono troppo vecchio", vi dir! Cos ; la mente
crea e la mente distrugge. Quando avrete detto al lato distruttivo della mente di stare calmo) allora comincerete a imparare.
Siamo tutti molto bravi ad abusare delle cose cattive. L'et non conta in ci, ma conta in buona parte. Questo mi sorprende sempre e
dico che dovremmo imparare ad abusare delle cose buone! Voi parlate della mente al di sopra della materia, ma a quali casi vi riferite?
Dobbiamo tuffarci dentro. Lo sanno coloro che comprendono la vita e la morte. Noi non stiamo n nuotando n affogando, siamo a
met. La vita corrisponde a nuotare e la morte ad affogare. Se conosciamo questi due concetti, allora non pu esistere paura. Abbiamo
paura quando non vogliamo conoscerli. Ma perch non si deve affrontare la morte lietamente? La paura dice che invecchiando, le
malattie e le sofferenze aumentano. La vostra mente vi dice che avreste dovuto iniziare lo yoga prima, o che avreste dovuto continuare
senza smettere quando eravate giovani. Ora dite di essere troppo vecchi e che forse troppo tardi, perci esitate. La cosa migliore
proprio iniziare, e una volta cominciato, mantenere un ritmo di esercizi regolare.
A una certa et il corpo si indebolisce, e se non fate niente, non fornite sangue a quelle zone dove prima affluiva. Facendo gli asana
consentite al sangue di nutrire le estremit e le parti pi profonde del corpo, cos che le cellule rimangano sane. Ma se dite: "No, sono
vecchio", naturalmente la circolazione sanguigna ristagna. Se non arriva la pioggia, si ha siccit e carestia, e se non fate yoga, se non
irrigate il corpo, allora avrete siccit e carestia nel corpo come malattie incurabili; dovete solo accettarle e prepararvi alla morte.
Perch dovete lasciare che arrivi la siccit quando potete irrigare il corpo? Se non poteste irrigarlo affatto sarebbe un'altra questione,
ma quando possibile irrigare, dovreste farlo senza ombra di dubbio. Non farlo permette alle forze nocive di aumentare e a quelle
difensive di diminuire. La malattia una forza nociva; l'energia interiore una forza difensiva. Con il passare degli anni la forza
difensiva diminuisce e quella nociva aumenta. Questo il modo in cui le malattie penetrano nel vostro corpo. Un corpo che fa
abitualmente yoga come una fortezza che conserva la sua forza difensiva cos che la forza nociva sotto forma di malattia non possa
penetrare attraverso la pelle. Che cosa preferite? Lo yoga aiuta a conservare la forza difensiva a un livello ottimale, il che va sotto il
nome di salute.
Molto si detto a proposito dei pericoli dello yoga e del rischio di farsi male. Ma se camminate distratti per strada, potete avere un
incidente; per questo consigliereste agli altri di non camminare? La gente muore a letto; per questo forse pericoloso dormire in un
letto?
Ho fatto yoga per oltre cinquanta anni e ho insegnato a parecchie migliaia di studenti nei cinque continenti di questo globo.
Purtroppo, ci sono insegnanti di yoga che sanno poco e pretendono di insegnare. Il problema non deriva dallo yoga, ma
dall'inesperienza degli insegnanti e dall'impazienza degli allievi. Se una persona che non pu stare in piedi prova a camminare, si
romper le gambe, e lo stesso accade nello yoga. Specialmente nei paesi occidentali, tutti vogliono fare quasi solo padmasana, la
postura del loto. Dicono: "Penso di poterlo fare!". Ma purtroppo il pensiero proviene dalla mente, e l'azione dalle ginocchia! Se non
comprendete la facolt reattiva del ginocchio e lo obbligate a seguire il cervello, il ginocchio finir con il rompersi. Ma se riuscite a
valutare la rigidit e la mobilit del ginocchio, e progredite un gradino alla volta per eliminare la rigidit e aumentare l'agilit, allora
non vi sar pi alcun pericolo. Se ci sono incidenti nello yoga, non colpa dello yoga, ma dell'aggressivit dell'allievo che lo pratica.
Per questo potete tutti fare yoga. La regina del Belgio ha cominciato a praticare la postura verticale capovolta a ottantasei anni, e non
le successo niente. Spero che abbiate capito bene cosa voglio dire. Potete fare yoga tutti, ma fatelo giudiziosamente, coscienti delle
vostre capacit. Se cercate di imitarmi naturalmente non vi sar facile, perch io ho fatto yoga per mezzo secolo. Dovete attendere
molto prima di arrivare a quel livello. Lo yoga non si pu fare in fretta.

LA MORTE


La morte non conta per lo yogi, che non si preoccupa di quando verr. Per lui irrilevante cosa succede dopo: si interessa solo alla
vita, e come poterla utilizzare a vantaggio dell'umanit. Dopo avere tanto sofferto nella vita e dopo aver acquisito una certa
padronanza del dolore, lo yogi matura la compassione per poter essere utile alla societ e mantenersi puro e santo. Allo yogi non
interessa nulla al di l di questo.
Se fossimo tutti allo stesso livello di sviluppo, non vi sarebbe alcuna differenza tra di noi, nel pensiero e nel comportamento, e il
mondo sarebbe rimasto in pace gi da tanto, tanto tempo fa. Invece siamo tutti a pezzi, fisicamente, mentalmente, moralmente e
spiritualmente. La dottrina induista riconosce le diversit di livello tra gli individui, e afferma che si deve accettare il fatto di esistere
da tempo immemorabile; le differenze esistono sulla base dei nostri precedenti miglioramenti o della nostra lentezza nell'evolverci.
Una nuova vita il seme che nasce dalla vecchia pianta, e ne riflette il grado di sviluppo spirituale.
Un individuo comune crede nel perfezionamento e nella necessit di affinarsi sempre pi, come l'artista che desidera migliorare la
qualit della sua vita ed essere sempre migliore di prima. E cos pure lo yogi sa di dover affinare se stesso sempre pi; egli accetta la
morte lietamente e crede nella rinascita mentre si sforza di migliorare sempre pi il suo pensiero e le sue azioni. Dopo aver piantato i
semi, nascono le piante, e quando queste sono mature danno semi da ripiantare per il nuovo raccolto e la prossima mietitura. Allo
stesso modo lo yogi valorizza la qualit della propria vita affinch possa venirne fuori un seme buono la cui prossima vita possa
portare un raccolto di spirituale fragranza.
Vi ho parlato di ci che la mia religione dice a proposito di morte e di rinascita. La vostra religione forse dir qualcosa di diverso. La
mia dice che la rinascita possibile. Non bisogna ridere dei reciproci credo.
Vivete per il presente e cercate di conoscervi sempre meglio. La paura della morte non pu essere vinta dalla gente comune, ma solo
dagli yogi, e non dagli yogi comuni come voi e me! Abbiamo ancora da fare molta strada nello studio dello yoga. Voi e io stiamo
ancora solo sfiorando l'argomento.

LA FEDE
A volte mi si chiede se sia indispensabile per chi fa yoga credere in Dio. La mia risposta molto semplice: "Se non credete in Dio,
credete nella vostra esistenza? Se credete nella vostra stessa esistenza, ci significa che volete essere migliori per il miglioramento
della vostra vita. Allora comportatevi cos, e forse arriverete a vedere la luce pi alta. Non necessario quindi che crediate in Dio, ma
dovete credere in voi stessi.
Credete in voi stessi? Credete nella vostra esistenza? Siete vivi o non lo siete? Credete nella vostra esistenza, o pensate di stare
sognando? Proprio questa esperienza di vivere vi richiede di farlo come una persona sempre migliore di quello che siete. Questa la
divina scintilla della fede, dalla quale deriva tutto il resto.
C' una differenza profonda tra credo e fede. Posso credere in ci che ha detto Cristo, ma ci non significa necessariamente che mi
attengo ai suoi insegnamenti. Quando avevo la tubercolosi e sono guarito grazie allo yoga, non credevo che lo yoga mi avrebbe
guarito. Invece mi ha guarito, e questo mi ha dato la fede. La fede non credere, pi che credere. Potete credere in qualcosa e non
agire conseguentemente, ma la fede qualcosa che voi potete sperimentare. Non la si pu ignorare. Se la ignorate, non fede. Il credo
oggettivo, si pu prendere o lasciare, ma la fede soggettiva, non la si pu buttare via.
Spero che mi comprendiate quando affermo che credere in Dio secondario. Non forse primaria la realt della vostra esistenza?
Ne siete l'esempio vivente. E dal momento che siete in vita, volete migliorarvi. Volete essere migliori di quello che siete. Questa la
vitamina aurea che vi permette di evolvervi.
Il fatto che siete proprio voi a esistere la fede. Voi non credete che state vivendo. La vostra stessa esistenza la fede di essere in
vita. Ma perch vivete? Per essere un individuo migliore. Altrimenti fareste meglio a morire! Fatemi assistere alla vostra morte!
Andate e buttatevi nelloceano! Perch non volete buttarci? Perch volete vivere. Perch? Questo ci che dobbiamo scoprire. Questa
la fede.

SECONDA PARTE
LALBERO E LE SUE PARTI

LO SFORZO, LA CONSAPEVOLEZZA E LA FELICIT
Mentre eseguite una postura yoga, riuscite voi a trovare quel delicato punto di equilibrio che consiste nel conservare quella postura
al massimo delle proprie possibilit senza superarla, onde evitare uno sforzo eccessivo che altro non produrrebbe se non una reazione
negativa?
Quando sforzate troppo una parte del vostro corpo per eseguire particolarmente bene un movimento, non vi siete mai accorti di
prestare troppa poca attenzione alle altre parti? Ci disturba il corpo e lo fa tremare. Se la radice di un albero debole, l'albero stesso
non pu essere forte. Supponete di eseguire una postura a testa in gi. Che succede se, mentre allungate le gambe per assumere una
buona postura permettete ai muscoli del collo di rilassarsi, o se facendo poca presa con i gomiti sul pavimento cominciate a temere di
cadere o di ondeggiare da una parte all'altra? Infatti, mentre i muscoli forti cercano di controllare la postura, i muscoli deboli tendono
a perdere di tono. Quando eseguite una postura, quindi, fondamentale compiere una distensione uniforme dal basso verso l'alto senza
lasciar andare nessuna parte del corpo. Quando distendete le gambe, dovete mandare un segnale d'allarme alle braccia: "Sto
distendendo una gamba, non distraetevi!". Questa consapevolezza. La perdita di consapevolezza e di attenzione ci toglie la capacit
di mantenere la presa.
Mentre si cerca di perfezionare la postura, il concentrare troppo l'attenzione sul particolare fa spesso perdere tutti i benefici di ci
che si sta facendo. Su cosa vi state concentrando? Cercate di perfezionare la postura, ma da dove a dove? qui che nascono le
difficolt. Mettere a fuoco un punto concentrazione. Mettere a fuoco vari punti contemporaneamente meditazione. La meditazione
centrifuga e centripeta. Nella concentrazione dovete sforzarvi di mettere a fuoco un punto di vista e tutti gli altri svaniranno, ma se
riuscite a portare la concentrazione dalla parte che avete esteso a tutte le altre parti del corpo, senza perderla in quel punto, allora


l'effetto interiore non verr meno, la postura non perder il suo aspetto esteriore, e avrete imparato cos' la meditazione. La
concentrazione ha un solo punto focale; la meditazione non ne ha. Questo il segreto.
Nella concentrazione si possono trascurare alcune parti del corpo mentre ci si concentra su altre. Questo il motivo per cui si pu
avvertire dolore. Infatti i muscoli trascurati perdono il loro vigore e rimangono abbandonati. Ma voi non vi rendete conto di averli
trascurati perch sono proprio quei muscoli dei quali momentaneamente avete perso consapevolezza. Nello yoga c' una cosa che
dovete ricordare: la parte pi debole la sorgente dell'azione.
In tutte le posture yoga sono richieste due cose: il senso di orientamento e il centro di gravit. Molti di noi non pensano al senso di
orientamento, eppure in ogni postura sono indispensabili sia il senso di orientamento sia il centro di gravit. Per mantenere il centro di
gravit, tutti i muscoli devono essere in equilibrio fra loro.
Se c' una tensione eccessiva in alcuni muscoli, anche il centro di gravit si sposta. Forse per, per la vostra insensibilit, potreste
non accorgervene. Insensibilit infatti significa che una parte del corpo intorpidita, che non ha consapevolezza, ed proprio in quel
punto che ha inizio il dolore. Mentre eseguite la postura pu darsi che non proviate dolore, ma il dolore viene dopo. Come mai in quel
momento non sentivate alcun dolore?
Prendete per esempio il dolore alla schiena che si prova dopo una postura piegata in avanti come il paschimottanasana. Se avete
questo problema, la prossima volta che eseguite questa postura, fate in modo che una gamba tocchi il pavimento e l'altra natica sia
appena sollevata, e che mentre un muscolo sacro-iliaco si distende all'esterno, dall'altra parte si distenda anche la parte interna del
muscolo. Ci dovuto al fatto che un muscolo sensibile e l'altro no; ciascuno di loro si muove infatti a seconda di come sono
sviluppate la loro memoria e la loro intelligenza.
Riuscite ad accorgervi di tutto questo; forse no, perch non meditate durante le posture. Le eseguite senza fermarvi a riflettere, e vi
concentrate su una parte nel tentativo di fare la postura bene. Volete fare il meglio e ci riuscite solo in parte. Questo atteggiamento si
chiama concentrazione, non meditazione. Dovete imparare a spostare la vostra consapevolezza dall'una alle altre parti, perch questi
sono i requisiti della pratica.
Se avete un qualsiasi problema, dovete analizzare cosa avviene durante la postura. C' o non c' allineamento? Forse il fegato si sta
distendendo, mentre lo stomaco si contrae, o forse avviene il contrario. Anche il vostro maestro pu accorgersene e toccandovi in quel
punto pu aiutarvi a distendere lo stomaco o il fegato, di modo che siano in equilibrio con tutto il resto e possiate cos trovare la giusta
armonia nella disposizione dei vostri organi.
Durante gli esercizi, vi accorgerete che all'interno del corpo esiste una parte violenta e una non violenta. Una parte deliberatamente
violenta perch le cellule lavorano troppo, mentre l'altra definita non violenta ha una violenza non deliberata, perch le cellule stanno
morendo, come bambini nati morti. Toccando leggermente laddove le cellule sono immobili, come se si creasse impulso di vita e le
cellule tornano a pulsare. Grazie a questo accorgimento di toccare il mio allievo io stimolo la vita in quelle cellule. Ma alcuni l'hanno
considerata una violenza, e per questo sono stato definito un maestro violento o aggressivo!
Questo tocco leggero del maestro sul corpo ben diverso da quello del massaggio; pi del massaggio; un'auto-correzione che il
massaggio non pu produrre. Nello yoga l'effetto di questo tocco duraturo perch per suo mezzo riusciamo a far comprendere
all'allievo cosa sta avvenendo nel suo corpo. Con il massaggio invece non si ottiene lo stesso risultato, perch dovendoci servire della
forza il suo effetto solo momentaneo. Il principio lo stesso ma l'effetto diverso.
Non dovreste mai unire il massaggio allo yoga. Osservate infatti cosa succede all'indomani se dopo aver fatto un buon numero di
esercizi yoga fate un massaggio. Vi sentirete mezzi morti! Il massaggio rilassante, ma un rilassamento forzato, che si ottiene con
una manipolazione esterna. Lo yoga invece distensione; una distensione che rende libero il corpo di rilassarsi da solo: un
rilassamento naturale.
Ritorniamo al problema dello sforzo. Se analizzate lo sforzo necessario a eseguire una postura da principiante, e poi continuate ad
analizzarla mano a mano che progredite, noterete che mentre lo sforzo diminuisce sempre pi, la qualit dell'esecuzione dell'asana
migliora. La quantit di sforzo fisico diminuisce e il rendimento aumenta.
Mentre vi esercitate, pu capitare che proviate dolore perch la vostra postura non perfetta. Imparatela e assimilatela. Dovete fare
uno sforzo di comprensione e di osservazione: "Perch sto provando dolore in questo momento? Come mai non lo provo in altri
momenti o in altri movimenti? Che rapporto ho con questa parte del corpo? Come posso liberarmi del dolore? Come mai questa
pressione? Perch questa parte duole? Come si comportano i muscoli da questa parte rispetto all'altra?.
Continuate ad analizzare, e attraverso l'analisi arriverete a comprendere. Nello yoga richiesta una costante analisi dell'azione.
Considerate di nuovo l'esempio del dolore dopo aver eseguito il paschimottanasana.
Avvertite dolore dopo aver finito l'esercizio, ma i muscoli vi mandavano gi messaggi durante la postura. Come mai allora non li
avete sentiti? Dovete sempre ascoltare i messaggi che provengono dalle fibre, dai muscoli, dai nervi e dalla pelle mentre eseguite una
postura. Solo cos potete imparare. Non basta sperimentare oggi e analizzare domani: cos facendo non avete alcuna probabilit di
successo.
L'analisi e la sperimentazione devono procedere insieme, e nella pratica dell'indomani dovrete di nuovo pensare: "Sto eseguendo la
postura nel solito modo, o c' una sensazione diversa? Mi possibile estendere questa sensazione ancora di pi? Se non riesco a farlo,
cosa ho dimenticato?".
L'unica guida l'analisi durante l'esercizio: solo attraverso tentativi ed errori potrete progredire. Pi numerosi saranno i tentativi,
minori saranno gli errori; e quando i dubbi diminuiscono, diminuiscono anche gli sforzi. Finch abbiamo dei dubbi, gli sforzi saranno
sempre grandi perch tentenniamo continuamente. Noi diciamo: Fatemi provare questo, fatemi provare quello. Fatemi fare cos,
fatemi fare cos". Ma quando trovate il metodo giusto, lo sforzo viene meno perch l'energia che si diffonde nelle varie parti
controllata e non si disperde pi.
vero che nell'analisi c' una dispersione iniziale di energia. In seguito pero non si disperder pi e lo sforzo scomparir. Si trova la
direzione e, se si continua nella giusta direzione, si incontra la saggezza. Quando c' saggezza nell'azione lo sforzo non si avverte pi
come tale, ma come gioia. Nella perfezione, la vostra esperienza e capacit espressiva raggiungono equilibrio e armonia.



LA PROFONDIT DELLASANA
Il corpo non pu essere separato dalla mente, n la mente pu essere separata dall'anima. Nessuno ne pu stabilire i confini. In India,
l'asana non stato mai considerato una pratica esclusivamente fisica come lo in Occidente. Ma ora anche in India molti cominciano a
pensarla in questo modo copiando dagli occidentali le cui idee spesso si riflettono in Oriente.
Quando mor il Mahatma Gandhi, George Bernard Shaw disse che sarebbero potuti trascorrere mille anni prima di vedere un altro
Gandhi su questa terra. Gandhi non pratic tutti gli aspetti dello yoga. Egli persegu solo due dei suoi principi: la non violenza e la
verit, eppure attraverso questi due, egli pot dominare la sua natura e far guadagnare all'India l'indipendenza. Se una parte dello yama
riusc a rendere il Mahatma Gandhi cos famoso, puro, onesto e divino, perch non dovrebbe anche un altro ramo dello yoga, l'asana,
farci raggiungere il massimo livello di evoluzione spirituale? Voi potreste obiettare che l'asana una disciplina fisica, ma se parlate
cos senza conoscere la profondit dell'asana, avete gi commesso un errore nei confronti dello yoga.
Nei prossimi capitoli, spiegher un po pi in dettaglio cosa si richiede nell'eseguire un asana e mostrer come all'interno dell'unica
disciplina dell'asana sono compresi tutti gli otto livelli dello yoga, dello yama e il niyama fino al samadhi. Volutamente insisto sulla
profondit dei vari livelli dell'asana, proprio perch in Occidente questa pratica troppo spesso considerata solo fisica.
Quando cominciamo a esercitarci per eseguire un asana, si sfiora appena la superficie della postura: il nostro lavoro periferico, e
questa azione viene definita volitiva. La parola volitivo significa uno sforzo o impulso, e volitivo l'atteggiamento della mente,
compreso il desiderio e la volont. L'atto volitivo semplicemente azione fisica al suo livello pi diretto.
Ma mentre stiamo eseguendo a livello fisico la postura, all'improvviso la pelle, gli occhi, le orecchie, il naso e la lingua, tutti i nostri
organi di percezione, avvertono quanto sta accadendo nella nostra carne. Questo si chiama atto conoscitivo: la pelle conosce,
riconosce l'azione della carne.
Il terzo stadio, che chiamo comunicazione o comunione, si ha quando la mente osserva il contatto della conoscenza della pelle e
dell'azione volitiva della carne, e si arriva all'azione mentale nell'asana. A questo punto, entra in scena la mente che dagli organi della
percezione spinta verso gli organi di azione, per capire esattamente cosa sta avvenendo. La mente fa da ponte fra il movimento
muscolare e gli organi di percezione, introduce l'intelletto e lo collega a tutte le parti del corpo: fibre, tessuti e cellule, proprio
attraverso i pori pi esterni della pelle. Dopo l'entrata in scena della mente, in noi sorge un nuovo pensiero. Esaminiamo e ricordiamo
le sensazioni dell'esercizio. Ci accorgiamo di cosa avviene nel nostro corpo e la nostra memoria ci dice: Cos' che provo ora e che
prima non provavo?". La mente ci serve a distinguere. La mente discriminante osserva e analizza le sensazioni della parte anteriore,
della posteriore, di quella interna e di quella esterna del corpo. Questo stadio definito atto riflessivo.
Alla fine, quando nell'azione si arriva a una sensazione di unit totale senza ondeggiamenti nella distensione, allora l'atto volitivo,
quello conoscitivo, quello mentale e quello riflessivo, si incontrano tutti a formare un'unica consapevolezza dall'io profondo alla pelle
e dalla pelle all'io. Questa, nello yoga, pratica spirituale.
Il corpo formato da tre strati a loro volta composti da vari rivestimenti. Il corpo grossolano, detto sthulasharira, che corrisponde
all'involucro fisico o anatomico (annamaya-kosha). Il corpo sottile, o sukshmasharira, che composto dall'involucro fisiologico
(pranamaya-koga), dall'involucro mentale (manomaya-kosha) e dall'involucro intellettuale (vijnanamaya-kosha). Il terzo la parte pi
interna del corpo, da cui dipendono tutti gli altri, ed il corpo causale, o karana-sharira. Questo l'involucro spirituale della gioia
(anandamaya-kosha). Quando tutti questi involucri si fondono in ognuno di tutti i nostri trilioni di cellule, quando cellula e io
diventano un tutt'uno, quando il corpo si fonde con l'anima, allora la postura contemplativa e si raggiunge il livello pi alto di
contemplazione nell'asana.
Questa l'integrazione della quale Patanjali parla nel terzo capitolo degli Yoga Sutra, e che comprende l'integrazione del corpo
(sharira-samyama), l'integrazione del respiro (prana-samyama), l'integrazione dei sensi (indriya-samyama), l'integrazione della mente
(manah-samyama), l'integrazione dell'intelligenza o della conoscenza (buddhi-samyama o jnana-samyama) e, infine, l'integrazione
dell'io con l'intera esistenza (atma-samyama).
Cos si devono eseguire gli asana. Non ci si pu riuscire in un giorno e nemmeno in anni. un processo di tutta una vita, sempre che
il praticante possieda le vitamine dello yoga e cio la fede, la memoria, il coraggio, la capacit di assorbimento e un'attenzione sempre
pi vigile. Queste sono le cinque vitamine richieste per la pratica dello yoga. Con queste cinque vitamine si potranno sottomettere i
cinque involucri del corpo e ci si potr fondere con l'Io Universale.
Poich yoga significa integrazione, fusione, ne consegue che yoga fondere corpo e mente, armonizzare natura e visione. Al di l
non esiste niente, e tutto! In uno yogi perfetto, la potenza della natura scorre in abbondanza.

LE RADICI
Tutti gli otto rami dello yoga hanno la loro importanza nella pratica dell'asana. Il primo ramo dello yoga yama, e viene paragonato
alle radici dell'albero perch la base sulla quale cresce tutto il resto. Esaminiamo in che modo i principi dello yama sono presenti
nell'esecuzione di un asana.
Come abbiamo detto, lo yama contiene i principi di ahimsa, o non violenza, di satya, o sincerit, di asteya, o liberazione dall'avarizia,
di brahmacharya, o controllo del godimento sensuale, e di aparigraha, o assenza di avidit. Immaginate che, nell'eseguire un asana, vi
distendiate pi a destra e meno a sinistra. Nel vostro corpo si andr formando una condizione non etica. Nel lato destro, dove
maggiore la tensione, ci sar violenza, mentre il lato sinistro, dove minore la tensione, sembra essere non violento. A destra vi state
comportando in modo violento perch dite: "Sforzati quanto pi puoi! Allungati quanto pi puoi!". una violenza voluta perch vi
state tendendo troppo. Sul lato sinistro, dove non state esercitando la stessa distensione, forse avete l'impressione di non essere
violenti, ma chi fa yoga in modo intelligente si rende conto che nello stesso momento in cui consapevolmente fa violenza a un lato,
inconsapevolmente fa violenza all'altro. Per il fatto che il lato destro e pi capace e si estende di pi, voi fate un buon uso delle cellule
in quel lato del corpo, mentre nel lato sinistro non usate appieno le vostre cellule. Sebbene possa apparire non violenza, anche questa


violenza, perch le cellule intorpidiscono quando non lavorano come dovrebbero. Un lato quindi rivela una violenza deliberata, e
l'altro una violenza non deliberata.
Se distendete di pi il lato destro, e meno il sinistro, non dovreste accorgervi della differenza e fare del lato sinistro un uso
intelligente fino a portarlo alla pari con il destro? Questo si chiama bilanciamento della violenza e della non violenza, momento in cui
sia la violenza che la non violenza scompaiono. indispensabile lintegrazione tra il lato destro e il lato sinistro del corpo, e questa
armonia delle due parti la vera non violenza.
Quando il lato destro e quello sinistro si equilibrano, si ha la verit, che il secondo principio dello yama. Non avete bisogno di
osservare la verit; siete gi nella verit, perch non vi sottraete rinunciando a esercitarvi con il lato pi debole. E quando c' una
tensione uniforme nell'asana, si crea una straordinaria comprensione e comunicazione tra i cinque involucri, da quello fisico a quello
spirituale e viceversa. Si stabilisce cos un controllo delle sensazioni fisiche, delle disarmonie mentali e della contemplazione
intellettuale, e questo il brahmacharya. Ma brahmacharya significa l'anima che si muove insieme all'azione. Quando si arriva all'unit
di anima e movimento, quello si chiama brahmacharya.
Quando prestate grande attenzione a eseguire gli esercizi ugualmente bene sia dal lato destro che da quello sinistro, non c'
attaccamento o avarizia, perch quando l'anima si muove con l'intelligenza nel corpo, non vi pi nulla da possedere e nulla da
desiderare. Viene meno anche la cupidigia, perch scompare la motivazione; e quando scompare la motivazione, svanisce anche il
possesso, e senza il possesso anche l'avidit finisce.
Questi sono i principi dello yama come si manifestano nell'esecuzione di ogni singolo asana. Tutto questo conosciuto come la
disciplina etica nell'esecuzione dell'asana.

IL TRONCO
Il tronco dell'albero corrisponde ai princpi del niyama. Qual il ruolo del niyama nell'asana?
Il primo principio del niyama shaucha, che significa pulizia. Immaginate, in una postura, di piegarvi bene sul lato destro del corpo:
e segno che quel lato irrigato e pulito. Se invece non piegate il sinistro in armonia con il destro, il lato sinistro non viene pulito. Ma
se il lato sinistro non stato irrigato, come pu esservi shaucha? Quando entrambi i lati si chinano armoniosamente, sono puliti e
irrigati dal sangue, che ha in s l'energia biologica conosciuta come prana.
Voi sapete come si produce l'elettricit: l'acqua scorre come una cascata nelle turbine che girano sotto la sua azione per generare la
corrente. Allo stesso modo, mentre stiamo eseguendo gli asana, facciamo scorrere il sangue in ognuna delle nostre cellule, come
l'acqua in una turbina, per liberare l'energia nascosta del nostro corpo e apportare alle cellule nuova luce. Quando arriva quella luce,
proviamo l'esperienza di santosha, la contentezza, che il secondo principio di niyama.
Al di l di questa contentezza, c' uno stato pi alto di contentezza e un livello superiore di qualit dell'asana, che sono espressi negli
altri tre livelli di niyama: tapas, svadhyaya, e Ishvara-pranidhana.
Cos' il tapas? Tapas si traduce di solito con austerit, ma il suo significato espresso meglio da desiderio ardente, che il
desiderio di pulire ogni cellula del nostro corpo e dei nostri sensi, di modo che rimangano puri e sani per sempre e non vi sia spazio
nel nostro sistema per le impurit. Gli asana dovrebbero essere eseguiti con questa disposizione d'animo. Questo il karma-yoga, lo
yoga dell'azione, in quanto il desiderio intenso di mantenere pulita ogni minima parte di noi ci richiede di agire.
Cos' invece lo svadhyaya? Sva significa io, adhyaya significa studio. Come ho detto prima, siamo fatti di tre strati e cinque
involucri, che vanno dal corpo grezzo al corpo etereo e dall'involucro anatomico a quello spirituale della gioia perfetta. Penetrare il
funzionamento complessivo di questi tre strati e cinque involucri sva-adhyaya, ovvero lo studio dell'io dalla pelle del corpo
all'essenza dell'essere umano. Questo lo jnana-yoga, lo yoga del discernimento spirituale.
Infine, l'Ishvara-pranidhana bhakti-yoga, lo yoga della devozione. Quando, attraverso la vostra pratica, avete raggiunto uno stato
superiore di intelligenza, e quell'intelligenza matura vi fa perdere l'identit di voi stessi, voi vi fondete con Dio, rimettendovi
interamente a Lui. Questo Ishvara-pranidhana, l'affidamento a Dio delle proprie azioni e della propria volont, ed l'ultimo dei
cinque principi di niyama.
In breve l'effetto degli asana di mantenere puliti e limpidi pelle, cellule, nervi, arterie e vene, l'apparato respiratorio e quello
circolatorio, l'apparato digestivo e quello escretorio, la mente, l'intelligenza, e la coscienza. Questo comprende tutti gli aspetti di yama
e niyama, che sono le radici e il tronco dell'albero dello yoga.

I RAMI
I rami dell'albero sono gli asana. Qual il giusto atteggiamento e il giusto approccio per eseguire un asana?
Mentre eseguite la postura, dovete concentrarvi interamente e profondamente, con devozione, dedizione e attenzione, e dovrebbe
esserci onest nell'approccio e onest nell'esecuzione. Nell'assumere una postura, dovete scoprire se il vostro corpo ha accettato la
sfida della mente o se la mente ha accettato la sfida del corpo. State lavorando sul corpo per ottenere l'effettiva sensazione della
postura, o state eseguendo la postura perch avete letto nei libri che procurer un certo tipo di risultato? Siete imprigionati nella rete di
ci che avete letto, in cerca dell'esperienza descritta dalla parola di qualcun altro, o mentre la eseguite tentate di scoprire a mente
fresca quale nuova luce data alla postura dalla vostra stessa esperienza?
Oltre a questa assoluta onest, dovete possedere una fede, un coraggio, una determinazione, una consapevolezza e una
concentrazione incredibili. Con queste qualit nella vostra mente, nel corpo e nel cuore, sarete in grado di eseguire bene la postura.
L'asana deve racchiudere l'intero essere di chi lo esegue in una cornice di splendore e magnificenza. Questa la pratica spirituale nella
forma fisica.
Asana significa postura ed l'arte di disporre l'intero corpo con un atteggiamento fisico, mentale e spirituale. La postura ha due
momenti, quello in cui si assume la posa e quello del riposo. Assumere la posa comporta azione. Posa assumere una postura
prestabilita delle membra e del corpo come raffigurato dallo specifico asana che si sta eseguendo. Riposo significa riflettere sulla
postura. La postura ripensata e riadattata in modo che le varie membra e le parti del corpo si dispongano al loro posto in un giusto


ordine e si sentano riposate e placate, e la mente provi la quiete e la pace delle ossa, delle articolazioni, dei muscoli, delle fibre e delle
cellule.
Riflettendo su quale la parte del corpo e della mente che sta lavorando, e quale parte del corpo non stata penetrata dalla mente,
facciamo estendere la mente quanto il corpo, e come il corpo contratto o disteso, cos anche l'intelligenza si contrae o estende per
poter raggiungere ogni parte del corpo. In questo consiste il riposo; in questo la sensibilit. Quando questa sensibilit viene a contatto
contemporaneamente con il corpo, la mente e l'anima, entriamo in uno stato di contemplazione o meditazione, detto asana. In tale stato
le dualit tra corpo e mente, e mente e anima, sono vanificate o distrutte.
La struttura dell'asana non si pu cambiare, poich ogni asana di per s un'arte. Ogni asana va studiato da un punto di vista
aritmetico e geometrico, di modo che nell'eseguirlo emerga e venga espressa la sua forma reale. La distribuzione del peso del corpo
deve essere uniforme nei muscoli, nelle ossa, nella mente e nellintelligenza. Resistenza e movimento dovrebbero essere in armonia.
Sebbene chi pratica yoga sia il soggetto e l'asana l'oggetto, bisognerebbe arrivare a invertire le parti affinch prima o poi chi compie
l'esercizio, lo strumento (il corpo) e lasana divengano un tutt'uno.
Studiate la forma di un asana. Pu essere triangolare, rotondo, a forma d'arcobaleno o ovale, diritto o diagonale. Prendete nota dei
suoi vari aspetti con spirito di osservazione e studio e muovetevi in modo tale che il corpo possa esprimere l'asana nella sua gloria
primitiva. Come un diamante ben tagliato, il gioiello che il nostro corpo con le sue giunture, le ossa e il resto, dovrebbe incastonarsi
perfettamente nella delicata montatura dell'asana. Tutto il corpo coinvolto in questo processo, con i sensi, la mente, l'intelligenza, la
coscienza e l'io. Non bisogna adattare l'asana alla struttura del proprio corpo, ma plasmare il corpo secondo le esigenze dell'asana.
Solo allora l'asana raggiunger la sua importanza fisica, fisiologica, psicologica, intellettuale e spirituale.
Patanjali dice che quando un asana eseguito in modo corretto, le dualit tra corpo e mente, mente e anima, devono svanire. Questo
si chiama riposo nella postura, meditare durante l'azione. Quando gli asana vengono eseguiti in questo modo, le cellule del corpo, che
hanno i loro propri ricordi e la loro intelligenza restano sane. E quando, grazie alla pratica corretta degli asana, si conserva la salute
delle cellule, il corpo fisiologico (pranamaya-kosha) diventa sano e la mente si avvicina all'anima. Questo l'effetto degli asana.
Dovrebbero essere eseguiti in modo tale da distogliere la mente dall'attaccamento al corpo e portarla verso la luce dell'anima, affinch
il praticante arrivi a risiedere nella dimora dell'anima.

LE FOGLIE
Il pranayama nutre e d ossigeno alle cellule, ai nervi, agli organi, all'intelligenza e alla coscienza della struttura umana, proprio
come le foglie danno ossigeno all'albero e lo riforniscono del nutrimento necessario per una crescita sana. Quando stiamo eseguendo
un asana, riusciamo a distendere completamente il corpo solo se sincronizziamo il respiro con il movimento. Prana energia. Ayama
creazione, distribuzione e mantenimento. Pranayama la scienza del respiro che conduce alla creazione, distribuzione e mantenimento
dell'energia vitale.
Purtroppo alcuni maestri chiedono ai loro allievi di trattenere il respiro durante gli asana. Ma in nessuno dei testi originali detto che
si debba farlo. Mentre tratteniamo il respiro, ci preoccupiamo della posizione, o del respiro? Quando inspiriamo, il cervello si muove
in avanti come una foglia. Quando espiriamo, va indietro. Quando tratteniamo il respiro, il cervello si irrigidisce, e allora come
possiamo trovare la quiete nel corpo? Qualsiasi asana eseguito con un'inspirazione finir con l'essere unazione puramente fisica,
mentre l'asana eseguito con un'espirazione sar vitale e organico, produrr un'azione fisiologica e dar salute alle cellule. Quando si
esegue una postura con la ritenzione del respiro si compie un atto puramente muscolare; e pertanto lo definir yoga fisico in
contrapposizione a quello spirituale!
Quando tutto uno, quando cio viene raggiunto uno stato di perfetta comunione fra corpo, mente e anima, allora corpo, respiro e
intelligenza verranno dimenticati. Ma ci non avviene in due o tre giorni: possono passare cinquanta o sessanta anni prima di provare
quanto vi sto descrivendo. Fino a quel momento vi consiglio di servirvi dell'espirazione che vi sar d'aiuto finch sarete dei
principianti.
vero infatti che l'espirazione pu agevolarvi per un momento nell'eseguire bene la postura per un istante in quanto il corpo viene
liberato dalla tensione. Se non state bene con lo stomaco perch siete costipati, il dottore vi dar un lassativo; e dopo alcune
evacuazioni vi sentirete completamente svuotati e liberi nei vostri intestini. Allo stesso modo, lo yogi si serve dell'espirazione come
lassativo per allontanare la tensione dalle cellule del corpo. Se per dopo cinquanta anni ci si comporta ancora cos, allora significa
che non stato fatto alcun progresso n fisiologico n mentale. Sinceratevi quindi che nella pratica quotidiana vi sia sempre un
miglioramento o una trasformazione. Se dovessi fare yoga oggi esattamente come quando iniziai nel 1934, la mia pratica sarebbe
simile a un albero sano che non produce frutti, o a una donna sana che non riesce ad avere figli. Ma il mio yoga non di questo tipo.
Voglio che la mia azione produca frutti e il vero frutto dello yoga non una conquista materiale o una semplice esecuzione. Gli yogi
non calcolano mai quanto ossigeno immettono; non questo che li interessa. Il fine dello yogi e mantenere la mente e il cuore puri
grazie all'armonia del respiro che si ottiene attraverso la pratica del pranayama. Il frutto della vostra azione vi dir se siete sulla giusta
via o no.
I Purana raccontano una storia molto bella, che parla dell'amrtamanthana, ovvero del rimestamento del nettare, nella quale si dice
che il nettare della vita fu estratto dalla schiuma dell'oceano. Nei tempi primordiali i demoni e gli di si combattevano per stabilire il
dharma, la virt. Gli di miravano alla virt, e i demoni al vizio. Ma poich i demoni erano pi forti degli di, il vizio nell'universo
stava aumentando; gli di decisero cos di rivolgersi a Brahma e a Siva, i quali per suggerirono loro di chiedere consiglio al dio
Vishnu, il protettore, su come stabilire la virt. Il consiglio di Vishnu fu quello di rimestare l'oceano affinch dalla sua schiuma cos
prodotta si potesse estrarre l'elisir di lunga vita, e poich distribuirlo era suo compito, lui, Vishu, si sarebbe occupato del resto.
Il Monte Meru fu gettato nell'oceano per fungere da pala per il rimestamento, e il re cobra, Adishesha, fu utilizzato come corda per
farla girare. I demoni, essendo pi forti, si attaccarono alla testa di Adishesha, gli di alla coda. Ma mentre stavano rimestando, la
montagna si stacco e sprofond nell'oceano, e cos essi non poterono pi rimestare il mare. Allora il dio Vishnu prese la forma di
Kurma, la tartaruga, e si immerse nell'oceano e sollev nuovamente la montagna, e cos poterono rimestare ancora.


Questo rimestamento della montagna altro non se non l'inspirazione e l'espirazione. Come la montagna che serv a rimestare
l'oceano, cos la spina dorsale funge da pala per la respirazione nel nostro corpo. Quando ci sono l'inspirazione e l'espirazione, la spina
dorsale genera un'energia che ci proietta in avanti, in dietro, in su e in gi e produce nel nostro sistema l'elisir di lunga vita, o jivamrta.
Vishnu in questa storia corrisponde al purusha, l'anima, negli esseri umani. Vishnu, come il nostro io pi profondo, o atma, ci fa
respirare e attraverso la respirazione ci fa assorbire le energie esterne che a livello grezzo contengono le energie nucleari dell'elisir di
lunga vita. Cos, estraendo l'energia nascosta dall'oceano dell'atmosfera universale, noi cresciamo sani e armonici e la nostra vita si
allunga.
Dal punto di vista filosofico, l'inspirazione il movimento dell'io per venire in contatto con la superficie: l'essenza dell'essere si
muove con il respiro e tocca gli strati pi profondi della pelle, che il confine estremo del corpo. Questo il movimento verso
l'esterno, o processo evolutivo dell'anima. L'espirazione il viaggio di ritorno: il processo involutivo, dove il corpo, le cellule e
l'intelligenza si muovono verso l'interno per arrivare alla loro sorgente, l'atma, ovvero l'essenza dell'essere. Questo processo evolutivo
e involutivo all'interno di ogni individuo il pranayama.
In ogni ciclo di respirazione, quindi, abbiamo due vie per comprendere l'esistenza di Dio. Si chiamano pravrtti-marga, la via della
creazione, e nivrtti-marga, la via della rinuncia. Pravrtti-marga, la via esteriore della creazione, presente nell'inspirazione, e
nivrtti-marga, la via verso l'interno della rinuncia, presente nell'espirazione. Sulla base di tale filosofia, gli yogi sono stati educati a
raggiungere un equilibrio tra questi due momenti.
Allo stesso modo abhyasa, la pratica, e vairagya, la rinuncia, sono state ritenute armonicamente nella pratica del kumbhaka, che
generalmente viene tradotto come ritenzione.
Kumbhaka ritenzione del respiro, dell'intelligenza e dell'io, durante la quale il Dio innalzato, l'essenza dell'essere, trattenuto
nell'inspirazione quanto pi a lungo possibile. Questa atma-dhyana, ossia la meditazione sull'anima. Il respiro viene trattenuto non
solo a livello di ritenzione fisica, ma al livello del nostro io pi profondo, che con l'espirazione si solleva e si esalta. Non appena si fa
sprofondare l'io, la ritenzione del respiro diviene un fenomeno puramente fisico e meccanico, e non affatto il vero kumbhaka.
Nell'inspirazione, come ho detto prima, l'io sale in superficie, come il dio Vishnu che, dopo essere disceso nel profondo dell'oceano
port in superficie la montagna perch si potesse rimestare l'oceano di nuovo.
Il vero kumbhaka consiste nel mantenere l'io stabilmente elevato. uno stato puramente divino della pratica nel quale sono coinvolte
l'inspirazione (puraka), la ritenzione (kumbhaka) e l'espirazione (rechaka). Nel kumbhaka, l'io diviene un tutt'uno con il corpo e il
corpo con l'io. l'unione divina di corpo e mente nell'inspirazione, l'espirazione, e la ritenzione. Se considerate il respiro sotto forma
di apparato respiratorio, fisico. Ma quando si studia la funzione del respiro sulla mente si comprende che spirituale. Il pranayama
il ponte tra il fisico e lo spirituale ed quindi il fulcro dello yoga.

LA CORTECCIA
Quando siete interamente e profondamente concentrati nell'esecuzione dell'asana senza tralasciare n la carne n i sensi, quando i
cinque organi di azione e i cinque di percezione sono nella loro giusta funzione e rapporto, si raggiunge il pratyahara. Pratyahara viene
tradotto di solito come ritiro dei sensi, il che significa richiamare i sensi dallo strato superficiale della pelle al profondo dell'essere
umano, cio l'anima. Non appena la mente si placa, l'io riposa nella sua dimora e la mente svanisce. Allo stesso modo, quando i
muscoli e le articolazioni raggiungono il riposo nella loro postura, il corpo, i sensi, e la mente perdono la loro identit e la coscienza
brilla nella sua purezza. Questo il significato di pratyahara.
Abbiamo visto che la filosofia indiana fa distinzione tra i cinque involucri del corpo: l'anatomico, il fisiologico, il mentale,
l'intellettuale, e lo spirituale. Ma com' possibile fare una distinzione tra il corpo mentale e quello intellettuale? Perch dividiamo la
mente in due parti, mentre per la psicologia occidentale una e tutta uguale? Noi facciamo distinzione fra la mente, che raccoglie
informazioni, e l'intelligenza, che sa discernere il giusto dal non giusto, e ragionare in modo lucido.
La filosofia non n orientale n occidentale. I metodi sono fissati dai filosofi per l'evoluzione individuale. Tu puoi essere un
occidentale e io un orientale, eppure le tue e le mie debolezze, la tua e la mia gioia sono le stesse; non c' nessuna differenza tra loro.
Se a un primo approccio le filosofie orientali e occidentali sembrano essere diverse, non dovete dimenticare che la filosofia orientale
molto antica e quella occidentale molto pi giovane. La filosofia in Occidente razionalistica: tutto viene valutato e discusso
dall'intelligenza della mente e non da quella del cuore. Eppure una nuova distinzione viene affiorando, persino in Occidente. Oggi ci
sono la psicologia e la parapsicologia, e con loro nata una nuova categoria. La vera filosofia la miscela dell'intelletto della mente e
del cuore come ci stato insegnato, per esempio, da Buddha, da Ramakrshna, Sri Ramanuja, e san Francesco d'Assisi.
Il lato intellettuale della mente raccoglie, colleziona e accumula informazioni, ma non ha alcun potere di discernimento. Il
discernimento detto pratyahara, che un livello pi colto e civile degli organi di percezione. Nella maggior parte della nostra vita, la
memoria spesso sostituisce lintelligenza. La memoria aziona la mente, e poich la mente messa in moto dalla memoria, noi
procediamo solo per esperienze del passato. La memoria ha paura di perdere la sua identit, cos, prima che la mente possa agire
sull'intelligenza, interviene e dice: "Agisci! Ora! Subito!. Questo atteggiamento si definisce impulso e in genere governa le nostre
azioni. Molte persone sono impulsive. Impulsivit agire immediatamente senza pensarci su, ed per questo che ci stato dato il
pratyahara, il quinto stato dello yoga. Bisogna essere sicuri che la memoria dia la risposta giusta.
I cinque organi di percezione vengono in contatto con il gusto, l'udito, il tatto, la vista e l'olfatto, e inviano le loro sensazioni alla
mente che la ripone nel pozzo della memoria. La memoria brama nuove esperienze e infiamma la mente, la quale, ignorando
l'intelligenza, stimola direttamente gli organi dell'azione alla ricerca di queste esperienze. In tutto questo processo, l'intelligenza cerca
di valutare vantaggi e svantaggi per equilibrare la memoria, la mente e gli organi della percezione, ma questi non ascoltano i suoi
consigli avveduti in quanto, avendo provato esperienze piacevoli nel passato, anelano ad averne sempre di pi, e perci aspettative e
desideri aumentano sempre di pi. I desideri spingono la mente a cercare piaceri sempre maggiori, che con il loro ripetersi
indeboliscono gli organi dell'azione, i quali non riescono pi a eccitare gli organi della percezione o la mente. Si continua a desiderare


ardentemente le sensazioni del passato, ma senza ottenere soddisfazione, il che fa nascere il seme dell'infelicit. Qui si inserisce da
vero amico il quinto aspetto dello yoga, il pratyahara, per salvare l'infelice, facendogli trovare la felicit nella gioia dell'anima.
La mente, che fino a questo punto aveva ignorato l'intelligenza, le si accosta per un consiglio, e l'intelligenza con le sue facolt
discriminatorie valuta cosa e giusto e cosa sbagliato, e orienta la mente a non dipendere completamente dalla memoria e dalle sue
sensazioni. Pratyahara questo atto di andare contro la corrente della memoria e della mente. Con l'aiuto dell'intelligenza, i sensi
iniziano un viaggio involutivo e tornano al luogo d'origine. Questo processo di soppesare i propri istinti, pensieri e azioni la pratica
della rinuncia (vairagya). Il distacco dalle cose del mondo e l'attaccamento per l'anima il pratyahara. Da questo momento in poi,
l'energia custodita e utilizzata quando necessario, senza la brama di ripetizioni. La memoria prova sensazioni nuove e fresche, e
viene sottomessa e subordinata alla coscienza, e la consapevolezza afferra l'intelligenza (buddhi) e la fa riposare alla sorgente della
coscienza (dharmendriya). Allora la natura impulsiva finisce, e l'intuizione interiore fluisce liberamente.
Pratyahara significa non permettere alla memoria di giocare i suoi tiri preferiti. Essa viene neutralizzata, e fra mente e intelligenza si
stabilisce un legame diretto. Nella psicologia occidentale, che non fa differenza fra mente e intelligenza, questo processo non
descritto affatto. Queste due parti della mente nega filosofia indiana sono definite mente fluttuante e mente ferma o stabilizzata. Se
avete imparato a fondo questa tecnica, allora lo yoga sar vostro e avrete conoscenza e comprensione nuove della vita.
Quando si pone un oggetto davanti a un cristallo perfetto, esso si riflette senza rifrazioni. Allo stesso modo, quando la
consapevolezza viene liberata dagli artigli dei pensieri vaganti diventa molto sensibile, incontaminata, pura e infallibile. Da quel
momento in poi, la consapevolezza realizza che chi percepisce, lo strumento di percezione, e l'oggetto da percepire si identificano, e la
mente pu riflettere senza rifrazioni o distorsioni. Patanjali afferma che a questo livello, la memoria, essendo giunta a maturit, finisce
di esistere, e la mente, libera dai ricordi del passato diviene vigile, fresca e saggia (Yoga Sutra, I, 43).

LA LINFA VITALE
Dharana l'atto di riportare sotto controllo una mente distratta. Dharana concentrazione, ovvero attenzione assoluta. il succo che
scorre all'interno dei rami e del tronco dell'albero verso la radice.
Pensate a un lago. Forse che l'acqua lambisce le sue sponde solo da un lato e dall'altro no, oppure le bagna tutte in modo uguale?
Mentre eseguite un asana, la vostra consapevolezza, come le acque di un lago, dovrebbe toccare tutti i confini del corpo. Se cos ,
dove sta lo spazio per l'insorgere di pensieri? Come pu un pensiero sopraggiungere mentre state eseguendo un asana perfetto, se la
vostra intelligenza uniformemente diffusa in tutto il corpo?
perch eseguite gli asana in modo frammentario che la vostra consapevolezza viene interrotta da pensieri vaganti. Ma se li eseguite
integralmente, con cellule, nervi, intelligenza, coscienza e tutto il vostro essere, allora forse potete provare nell'asana sensazioni
diverse. Imparate a farlo come una singola unit, subito, conservate questo stato, e poi osservate se siete in uno stato di
consapevolezza o di inconsapevolezza, se c' un intervallo fra i due stati, oppure se la consapevolezza e l'inconsapevolezza perdono la
loro identit.
Essere consapevolmente inconsapevole a un tempo concentrazione e meditazione. L'assenza di pensieri non oblio. Voi dovete
correre su un unico filo come il ragno che cammina sul filo della sua ragnatela. Il ragno ha a disposizione un unico filo per muoversi, e
per voi ci sar un unico stato di consapevolezza. Se invece dimenticate questo stato, il vostro sar uno stato negativo di
inconsapevolezza. Rimanere invece positivamente e consapevolmente inconsapevole, questo samadhi.
Lo stato d'animo consapevole richiede un'attenzione deliberata, ma anche rimanere inconsapevole richiede un'attenzione deliberata.
Ne deriva quindi che non esiste uno stato interamente inconsapevole n uno interamente consapevole. Voi non dovete diventare vuoti;
dovete invece rimanere pieni e completamente coscienti. Questo dharana, che conduce con il tempo a dhyana e samadhi, ed cos
che si devono eseguire gli asana.

IL FIORE
Nell'esecuzione degli asana, due sono le vie che si possono seguire. Una quella evolutiva, espressiva o liberatoria, che spinge l'io
all'esterno verso il corpo, i pori, la pelle. L'altra la via involutiva, intuitiva, inibitoria, in cui tutto il corpo orientato verso l'io.
L'unione di queste due vie il matrimonio divino del corpo con l'anima e dell'anima con il corpo. meditazione.
Dobbiamo imparare, durante la nostra esecuzione degli asana, a esprimere l'aspetto esteriore e la bellezza della postura senza perdere
la nostra attenzione interiore. La pelle un organo di percezione: non agisce, accoglie. Tutte le azioni sono ricevute dalla pelle, ma se
le vostre membra compiono uno sforzo eccessivo nel distendersi durante l'asana, la pelle perde la sensibilit e non invia pi messaggi
al cervello. Nell'Occidente, si tende a eccedere nell'esercizio. Voi volete ottenere qualcosa e lo volete subito. Volete riuscire a rendere
la postura, ma non avvertite la reazione. La carne si tende talmente da far perdere la sensibilit agli organi della percezione, i quali,
divenuti insensibili, non trasmettono pi il riflesso dell'azione alla mente.
La scienza medica parla di un sistema nervoso efferente e afferente. L'efferente manda messaggi dal cervello agli organi dell'azione
perch agiscano. L'afferente invia messaggi dagli organi della percezione al cervello in base a quanto percepisce. Anche gli yogi
parlano di queste cose, ma si servono di parole diverse. I nervi efferenti sono le fibre della carne ovvero i nervi dell'azione
(karma-nadi) e i nervi afferenti sono le fibre della pelle ovvero i nervi della conoscenza (jnana-nadi). L'accordo perfetto tra i nervi
dell'azione e quelli della conoscenza, che lavorano all'unisono, lo yoga. Nella pratica dello yoga dovrebbe esservi un intervallo fra la
fine della fibra della carne e la fine della fibra della pelle: un intervallo fra la ricezione del messaggio da parte degli organi della
percezione e il ritorno del messaggio agli organi dell'azione. Se riuscite a ottenerlo, questa la meditazione. Purtroppo per, spesso
non lasciamo alcun intervallo tra i due perch desideriamo agire subito, e questa non si pu definire meditazione.
Malgrado il cervello abbia la sua sede nella testa, la mente pervade l'intera struttura dell'uomo. Il cervello, non appena riceve un
messaggio, lo ritrasmette immediatamente, basandosi sulla memoria perch venga effettuata l'azione, oppure indugia per fare una
scelta. La mente e il cervello valutano il messaggio. Voi riflettete ragionando pi o meno cos: "Sto facendo bene o male? Perch ho
provato questa sensazione da questa parte? Perch sto provando quest'altra?". Questa si chiama riflessione. Voi riflettete sull'azione


prodotta dalla carne, che viene ricevuta dalla pelle. Voi giudicate cosa giusto e cosa non lo . Se trovate un'uguale armonia
dovunque, questo dhyana, ovvero la contemplazione. Dhyana nella carne, dhyana nella pelle, dhyana nella mente, dhyana
nell'intelletto, ma fra i quattro non c' diversit.
Avete dato un giudizio. Avete raggiunto uno stato di equilibrio e di unit. C' consapevolezza in tutto il vostro essere umano dalla
pelle all'io e dall'io alla pelle. Ora sapete come vedere fuori e come vedere dentro e c' una pienezza sia dentro che fuori. Ma oggi
purtroppo, per come viene praticata la meditazione, spesso in suo nome passiamo dalla meditazione alla solitudine e al vuoto. La
solitudine porta alla depressione e il vuoto all'apatia. Il vuoto non meditazione. Anche nel sonno si vuoti, ma se il vuoto
equivalesse alla meditazione, allora dormendo otto ore al giorno, dovremmo tutti diventare delle anime evolute, e invece non si cambia
affatto!
Nel poema epico Ramayana, leggiamo del demone Ravana re di Sri Lanka, che aveva dieci teste. Queste dieci teste simbolizzano i
cinque karmendriya, ovvero i cinque organi dell'azione, e i cinque jnanendriya, ovvero gli organi percettivi. Il re Ravana aveva due
fratelli, di nome Kumbhakarna e Vibhishaga. Questi tre demoni re di Sri Lanka rappresentano i tre guna, o qualit dell'uomo: sattva,
rajas e tamas. Sattva la luce. Rajas il dinamismo, o l'iperattivit. Tamas l'apatia, o l'ottusit.
Tutt'e tre i fratelli facendo meditazione avevano acquisito grandi poteri. Brahma si present a Kumbhakarna, il fratello intermedio, e
per fargli cosa gradita gli disse: "Sono contento della tua meditazione; chiedi e ti dar tutto quello che vuoi". Kumbhakarna fu cos
contento che non sapeva cosa chiedere, e cos domand nidra, il sonno. Brahma esaud il suo desiderio ed egli dorm
trecentosessantacinque giorni l'anno. Brahm gli disse: "Se ti svegli da solo sarai immortale, ma se qualcuno disturber il tuo sonno,
morirai".
Il fratello maggiore era Ravana, che rap Sita, moglie del re Rama. Egli aveva raggiunto una tale forza fisica con la sua potente
meditazione che port Kailasa, la montagna di Shiva, sulla terra. Quando Shiva gli chiese cosa voleva, egli disse: "Voglio te", per
poterlo portare con s. Ma anche quando egli ebbe Shiva con se, non riusciva a togliersi la bella Sita dalla mente, e malgrado avesse
anche molto meditato, la sua infatuazione lo spingeva a possedere Sita, In una mano aveva il dio Shiva, e nell'altra la brama per la
moglie di un altro. Egli aveva raggiunto Dio ma non era riuscito a dominare i suoi sensi, e cos rap Sita e la port nel suo regno.
Il terzo fratello, Vibhishana, riconoscendo che il fratello maggiore aveva commesso uno sbaglio, lo scongiur di restituire Sita al
marito. "Tu hai visto il dio Shiva. Perch mai vuoi questa donna normale? Lasciala. Restituiscila a colui al quale appartiene". Ma
Ravana non volle ascoltare Vibhishana. Fra Rama e Ravana ebbe luogo una guerra nella quale Ravana fu sconfitto.
In questa guerra i due fratelli pi grandi furono uccisi, ma Vibhishana, il fratello minore, si arrese al re Rama, e disse: "Tu sei un
uomo virtuoso. Dacci la tua benedizione affinch la virt possa tornare nel mio regno". Rama esaud il desiderio di Vibhishana, e cos
solo la sua meditazione fu pura e sattvica. Malgrado i tre fratelli avessero tutti raggiunto il livello pi alto della meditazione, uno
rimase nella condizione che corrisponde al tamas, l'altro in quella di rajas, e solo uno raggiunse la purezza del sattva.
Vi ho raccontato questa storia perch possiate riflettere e scoprire a quale livello la vostra intelligenza sta operando dopo la
meditazione. un'intelligenza di tipo tamasico, rajasico, o sattvico? Ma non chiudendo gli occhi che saprete quale meditazione sia.
La meditazione vera quando tutte le parti di un individuo - gli organi della percezione, gli organi dell'azione, la mente, il cervello,
l'intelligenza, la consapevolezza, e la coscienza - sono attratte verso l'essenza dell'essere in un'intima fusione. La meditazione un
equilibrio dinamico della consapevolezza intellettuale e intuitiva.
Forse tutti voi avete fatto pratica di meditazione: l'ho fatta anch'io. Si pu fare meditazione seduti in un angolo e diventando vuoti
dentro di voi, come vuoti si diventa nel sonno. Ma io non faccio questo tipo di meditazione. Io medito, non seduto in un angolo, ma in
ogni atto della mia vita, in qualsiasi posizione io esegua, in ogni asana.
Forse avete letto la Bhagavad Gita, che ci invita a mantenere il corpo in una condizione ritmica, armonica senza alcuna variazione
fra destra e sinistra, fra avanti e dietro, facendo riferimento alla linea centrale del corpo che va dal centro della gola all'ano. Posso io
disporre le varie parti del corpo, la mente e l'intelligenza, in modo tale che siano parallele alla mia linea centrale? Riesco a stare seduto
cos? Questi principi sono cos semplici da leggere, ma quanto difficile seguirli!
La mia intelligenza e la mia consapevolezza scorrono nel mio corpo parallelamente senza disturbare gli argini del mio fiume, che la
pelle? Riesco a estendere la consapevolezza del mio io fino a portarlo a ogni e pi recondita parte del mio corpo senza alcuna
variazione? Questo ci che intendo con pienezza della meditazione. Sono pieno nel mio corpo. Sono vigile con il cervello. Lascio
che la mia mente si distenda, si propaghi, e colmi le varie parti del corpo, del cervello, della mente, dell'intelligenza, della coscienza e
dell'anima tutte allo stesso modo. L cos che eseguo i miei esercizi, ed per questo che per me non esiste differenza alcuna tra asana e
dhyana. Dove c' dhyana, ci deve essere asana. Dove c' asana, ci deve essere dhyana.

IL FRUTTO
Approfondendo lo studio della pratica degli asana, ho dimostrato che, pur facendo un solo asana, tutto il corpo ne risulta integrato,
eppure senza necessit noi disintegriamo lo yoga, che per definizione integrato, ogni qualvolta lo definiamo yoga fisico, yoga
mentale, yoga spirituale, jnana-yoga, bhakti-yoga, kundalini-yoga, siddha-yoga e cos via. un vero peccato. Perch mai delimitare e
dividere lo yoga che unifica ogni individuo dal corpo all'anima?
Quanti di voi sanno veramente eseguire un asana? Quanti di coloro che sostengono le caratteristiche fisiche degli asana conoscono la
profondit del modo di eseguirli come io l'ho descritto? Voi dovete confrontarvi con parole e lavoro. Sottoponete le parole alla prova
della vostra esperienza. Non lasciatevi influenzare dalle parole altrui. Mettete alla prova ogni parola con il lavoro e la pratica. Questo
significa fare esperienza. Fatela! Scopritela! Svilupperete l'intelligenza originaria affiancando il pensiero all'esperienza, e quella
originariet la meditazione. Servirsi delle parole altrui e dire che si sta facendo pratica yoga io lo definisco una copia carbone.
intelligenza presa a prestito, e lintelligenza in prestito non potr mai diventare meditazione.
Io vi invito ad ascoltare s le mie parole e quelle altrui, ma finch non le avete ben digerite non fatevi delle opinioni. Cos potrete
godere della gioia che pura, incontaminata, e senza macchia. L'esperienza reale; le parole non sono reali: le parole sono degli altri,


l'esperienza solo vostra. Per questo dovete verificare tutto con l'esperienza. Si arriva al samadhi quando la stabilit appoggiata
dall'esperienza e quando l'esperienza non vacilla.
Sama significa equilibrio, armonia. Il samadhi si raggiunge quando l'anima, che l'essenza dell'esistenza, si diffonde
armonicamente ovunque. Molti sostengono che samadhi significa trance, ma la parola trance non lo definisce esattamente. Nel
samadhi si pienamente consapevoli, e la consapevolezza si diffonde ovunque, attraverso tutti gli strati del corpo in tutte le sue parti.
Eppure diciamo che il fine dello yoga di dimenticare il corpo e la mente. Come l'essenza dell'albero celata nel seme, cos l'essenza
dell'albero uomo nascosta nel seme dell'anima. Quindi, come non si riesce a vedere l'albero nel seme, cos non possibile vedere l'io
nel fondo dell'anima. Nel momento culminante, anche l'io dimenticato, ma dimenticato perch ci si immedesima in esso. Il samadhi
il momento in cui l'anima pervade ogni pi piccola parte del corpo.
Ci sono due modi di praticare lo yoga. Totalmente assorbiti in esso, senza condizionamenti di sensazioni passate, adattandolo di
attimo in attimo alla perfezione e alla precisione: questo lo spirituale. Tentennanti, con la mente che vaga, senza identit fra noi e il
corpo, la mente, e i vostri pensieri; questo yoga sensuale, malgrado si faccia pratica yoga, e malgrado lo si voglia definire spirituale.
Voi siete principianti nello yoga, ma anch'io lo sono rispetto al mio ultimo esercizio di ieri. Non porto le posizioni di ieri nella
pratica di oggi; conosco le posizioni di ieri, ma nella pratica di oggi, sono un principiante. Rifiuto l'esperienza di ieri. Voglio vedere
quale nuova conoscenza mi verr al di l di quanto ho gi provato fino a ora. In questa ricerca, il mio corpo come l'arco,
l'intelligenza la freccia, e il bersaglio il mio io. Sono consapevole sia dentro che fuori. Dobbiamo imparare a tendere bene l'arco
per colpire il bersaglio. Continuate quindi a tendere l'arco del vostro corpo, di modo che la freccia dell'intelligenza sia acuminata, e
quando la scoccherete colpir il bersaglio, che la vostra anima. Non preoccupatevi del bersaglio. Se l'arco ben teso e la freccia
acuminata, non potrete mancarlo.
Qual il vostro stato d'animo quando fate yoga? Quale il motivo? Lo fate per migliorare il vostro aspetto allo scopo di essere pi
attraenti quando camminate per la strada? Oppure per educare il vostro io dal corpo all'anima? Se vera quest'ultima ipotesi, lo yoga
diventa spirituale. La sensualit e la spiritualit sono come le due facce di una medaglia, una spirituale; l'altra sensuale.
un fatto soggettivo. Non chiedete il parere a un estraneo per sapere se la vostra sadhana, la vostra pratica dello yoga, spirituale o
sensuale. Solo l'allievo pu giudicare se la sua pratica divina o no, perch lo spirituale soggettivo, proprio come l'essenza
dell'uomo soggettiva. Gli altri non riescono a vedere l'anima; vedono solo il corpo e le sue manifestazioni, ma ne vedono il lato
intuitivo. Quindi non dobbiamo farci fuorviare dal modo di vedere degli altri che vedono solo il nostro involucro, il corpo, e si buttano
a indovinare quando ci dicono che siamo divini o non lo siamo.
Quando vi alzate presto al mattino, avete mai esaminato il vostro stato d'animo? E avete mai notato la vostra condizione di spirito
quando andate a letto la sera, prima di addormentarvi, quando siete molto vicini al letto in procinto di sdraiarvi? Potete spiegare che
stato d'animo ? Pensate al corpo? Pensate alla mente in quel momento? O proprio l'anima che va a sdraiarsi? la sensazione di una
frazione di secondo: un attimo. Il letto li, voi siete qui. Tutto pronto, e vi sdraiate.
Qual la vostra condizione prima di mettere la testa sul cuscino? In quel momento non siete coscienti n del corpo n della mente,
ma siete solo sdraiati sul letto. E qual il vostro stato dopo aver messo la testa sul cuscino? In quel momento dite: "Oh, grazie a Dio!",
e siete entrati nella vostra mente. Un attimo prima il corpo era attivo, la mente era vigile, l'intelligenza sveglia, ma erano tutti attratti
verso l'io per farlo sdraiare. Questo detto essere nel momento, perch mente e corpo erano assenti, presente era solo l'io. Se
riuscite a cogliere questo stato d'animo e lo potenziate nella vostra vita attiva, potete fare quello che volete nel mondo senza perdere
l'intimo contatto spirituale. Il rapporto con il vostro io si chiama rapporto spirituale o divino; quindi voi rimanete divini, malgrado
siate impegnati nelle attivit del mondo.
Quando vedete una cosa bella, la vede il corpo o l'anima? E cosa vede? Per un attimo rimanete cos, a bocca aperta. Siete in un
momento spirituale. Quando per dite: "Lo vedo!", in quell'attimo consegnate l'oggetto alla mente. L'io viene nascosto e passate alla
mente.
Come ho gi detto, sono le due facce di una medaglia. Su di un lato l'io, se la girate sull'altro c' il corpo, la mente e il mondo che vi
circonda. L'uno un piacere spirituale; l'altro un piacere sensuale. Ma ricordatevi che nessun estraneo potr mai dirvi se la vostra
pratica una sadhana spirituale o fisica. Io posso stare meditando, ma nel profondo del cuore, posso pensare a una bella ragazza. Agli
altri potr sembrare che io stia meditando, ma chi pu dire che cosa sto facendo veramente dentro di me?
Dovete imparare a cogliere questi stati d'animo. Come mai, prima di andate a letto, la vostra mente non lavora? Quando vedete un
bel cielo azzurro, prima di dire, "cielo azzurro", qual il vostro stato d'animo? Quando all'ovest il sole sull'orizzonte rosso come una
mela, cos bello da lasciarvi senza parole, in quale situazione siete in quel momento? Nel lago vedete un pesce: qualcosa vi attrae, ma
poi gridate: "Guarda, guarda!", in quel momento perdete la vostra spiritualit perch siete ritornati ai sensi.
Per questo dovete essere attenti in ogni momento per riconoscere cosa spirituale e cosa non lo . Ma io non so stabilire dei confini,
e chi dice di poterlo fare disonesto. Dovreste imparare a vedere solo la purificazione, non la delimitazione. Se il mio io esiste in tutte
le mie cellule, come posso affermare che l'esistenza della cellula fisica? L'io esiste nella cellula. Io esisto in essa. Se io esisto nella
cellula, come faccio a dire che il corpo fisico? Quando la mente e il pensiero vagante si dissolvono in un nuovo approccio, e finch
si rimane in quel nuovo approccio, siamo nella sfera spirituale. Appena viene fissato nella memoria, la sfera sensuale.
Cercare di ripetere un'esperienza una sadhana meccanica, non spirituale. L'esperienza va messa in tasca, cos come si avuta, per
interessarci a quanto sta per accadere oggi. Non si deve andare a ricercare l'esperienza di ieri. Quell'esperienza si conclusa, perch la
si riconosciuta. Conservate dentro di voi quella conoscenza e osservate cosa sta avvenendo nella vostra pratica di oggi. Se lavorate in
questo modo, la vostra pratica una sadhana spirituale. Ma se volete ripetere oggi l'esperienza di quello che ieri era nuovo, questa
solo una ripetizione; non sadhana, e non pu essere spirituale.
Un albero ha milioni e milioni di foglie. Ogni foglia differente, eppure fanno tutte parte dello stesso albero. Anche voi avete
innumerevoli foglie nelle vostre varie onde di pensiero, azioni, reazioni, variazioni, sensazioni, mancanze, e limitazioni, ma sono tutte
collegate alla stessa radice, il centro dell'essere. Dovreste ambire a vedere voi stessi nella vostra totalit, a vedere l'albero nella sua


totalit senza definirlo fiore, frutto, foglia, o corteccia. Appena vedete la foglia, dimenticate l'albero. Allo stesso modo, se affermate di
voler meditare e scordate gli altri rami dello yoga, non state pi vedendo l'albero nella sua totalit.
Se toccate un filo elettrico in funzione, prendete la scossa. Nel vostro corpo, l'intelligenza dovrebbe essere come un filo elettrico, che
quando a volte l'attenzione vaga o avete dei vuoti di memoria, con la scossa vi avvertir che qualcosa vi sta sfuggendo. Questa
azione nella meditazione, ed meditazione nell'azione. In questo modo, non esiste differenza tra azione e meditazione, come non c'
differenza tra hatha-yoga e raja-yoga. Hatha significa la forza di volont dell'intelligenza, e raia e l'anima. L'intelligenza, essendo il
ponte tra l'anima e il corpo, il filo utilizzato per tessere il corpo e l'anima in un'unione divina, un matrimonio divino, conosciuto
come samadhi, ovvero perfezione in se stessi. Questo il frutto dell'albero dello yoga.
Bisogna arare il terreno per renderlo soffice, togliere le erbacce, irrigare e concimare la piantina che cresce, poi delicatamente
prendersene cura e coltivarla, di modo che l'albero cresca sano e forte e produca frutti squisiti. Sappiamo che l'essenza spirituale
dell'albero concentrata nel succo del suo frutto, che rappresenta il coronamento della sua crescita. Noi cogliamo il frutto e ne
gustiamo il sapore. Si pu provare la gioia di quel gusto, ma non la si pu esprimere a parole.
Allo stesso modo, l'albero dello yoga va controllato accuratamente nei suoi vari stadi se desideriamo sperimentarne i risultati. Yama
coltiva gli organi di azione in modo che possano agire per i giusti scopi: niyama educa i sensi e gli organi percettivi; gli asana irrigano
ogni pi piccola cellula del corpo umano nutrendolo con un abbondante apporto di sangue; pranayama incanala l'energia; pratyahara
controlla la mente e la pulisce da tutte le impurit; dharana rimuove il velo che copre l'intelligenza, e la affina e la sensibilizza per
poter fare da ponte tra la mente e la coscienza interiore; dhyana integra lintelligenza, e nel samadhi confluiscono i fiumi
dell'intelligenza e della consapevolezza per poi sfociare nel mare dell'anima, cos che possa brillare in tutta la sua gloria.
Per questo, l'albero dello yoga, yoga-vrksha, ci porta con la sua pratica attraverso i vari strati del nostro essere, fino a farci vivere e
provare l'ambrosia del suo frutto, che consiste nella visione dell'anima.

TERZA PARTE
YOGA E SALUTE

LA SALUTE COME UNIT
Il termine olistico molto di moda al giorno d'oggi e si sente spesso parlare di medicina olistica. Questo termine viene dal greco
intero, che il vero significato di sano, e quando c' integrazione tra corpo, mente e io, questa unione diventa sacra. Sacro
significa divino, e senza divinit non si pu parlare veramente di pratica olistica o di medicina olistica.
Nella pratica olistica o integrata l'anima in relazione con la pelle e viceversa, le cellule del corpo e quelle dell'anima sono in una
comunione profonda, e tutto il corpo si unifica fondendosi con mente, intelligenza, coscienza, e anima tutte insieme.
Malgrado gli straordinari progressi fatti da scienza, medicina e psicologia nei secoli, nessuno ancora in grado di fissare il confine
fra corpo e mente o fra mente e anima. Non si possono separare: sono intrecciati, collegati, e uniti fra loro. Dove c' la mente c' il
corpo, dove c' il corpo c' l'anima, e dove c' l'anima c' la mente. Eppure ogni giorno ci rendiamo conto di quanto questi tre siano
divisi. Quando siamo presi dall'attivit mentale, non ci accorgiamo pi del corpo, quando siamo presi dal corpo, perdiamo di vista
l'anima.
Lo yoga un modo per andare verso l'unit, ma da cosa deriva la nostra mancanza di unit? Viene dai dolori della vita: dalla
mancanza di conoscenza, di comprensione, dall'orgoglio, dall'avidit, dall'odio, dalla malizia, dalla gelosia. Queste sono le cause che
ci affliggono e che provocano i nostri malesseri fisici, mentali, e spirituali.
Si dice che Patanjali ci abbia dato la grammatica per usare le parole giuste, la medicina per mantenere il corpo sano, e lo yoga per
conservare la mente serena e tranquilla. Proprio all'inizio degli Yoga Sutra, ci dice: "Placa la mente!". Queste sue parole sono come
una scossa elettrica al nostro cervello, Patanjali ci cura con questa scossa al cervello e alla mente per scuoterci e farcene capire il
significato. Perch ha usato queste parole? Se la mente deve essere placata, perch in uno stato di fluttuazione. Perch le
fluttuazioni colpiscono la mente? Cos' che le provoca? Patanjali prosegue con l'analisi dei disturbi mentali e degli squilibri fisici.
Nei Purana, leggiamo la storia della nascita di Patanjali. Sua madre, Gonika, era una tapasvini e una yogini, che avendo raggiunto
una grande conoscenza e una grande saggezza, non trovava un allievo al quale trasmetterle. Allora invoc il dio sole e come offerta gli
porse dell'acqua nelle mani, dicendo: "Questa conoscenza mi giunta da te, per cui lascia che te la restituisca". In quel momento, ella
apri gli occhi e si accorse che qualcosa si muoveva sulla sua mano: era Patanjali. Pata significa caduto; anjali significa tempo di
preghiera. E cos Patanjali fu il nome che gli diede la madre Gonika, per il modo in cui era nato. A lui si deve il Mahabhasya, il grande
trattato sulla grammatica. Apprese anche la danza, e grazie ai suoi movimenti imparo a conoscere le varie funzioni del corpo,
dopodich scrisse un trattato sulla salute e sulla medicina. Dopo aver scritto i due trattati, si accorse che il suo lavoro era incompleto,
perch ancora non si era accostato alla coscienza. Cos si disse: "Ora devo parlare della coscienza", e cominci a scrivere gli Yoga
Sutra, che iniziano con l'enunciazione: "Yogah chittavrtti nirodhah": yoga controllo dei movimenti della coscienza (Yoga Sutra, I, 2).
Il Mahabhasya, il trattato di Patanjali sulla grammatica, e gli Yoga Sutra sopravvivono ancora oggi. Molti pensano che il famoso
Charaka Samhita, un trattato sulla medicina ayurvedica, fu anch'esso opera di Patanjali e che Charaka era il suo pseudonimo, ma altri
affermano che Patanjali non aveva alcuna nozione di medicina. Altri ancora sostengono che Patanjali, l'autore del Mahabhasya, non
era la stessa persona di Patanjali, l'autore degli Yoga Sutra. Sappiamo per che nell'et contemporanea una grande figura come Sri
Aurobindo riusciva a scrivere centinaia di poesie ogni giorno, e che la sua incredibile capacit aumentava quando faceva yoga. Non ci
deve sorprendere quindi che Patanjali, il quale ai suoi tempi era una grande anima integrata, potesse scrivere saggi molto importanti di
grammatica, di medicina e di yoga, malgrado l'estrema diversit e complessit dei tre argomenti. Sono quindi grato a Patanjali, che ci
ha permesso di conoscerli e di comprenderli.
Gli Yoga Sutra iniziano proprio con l'origine della mente e dell'intelligenza, che la consapevolezza, o chitta. Nel primo capitolo,
intitolato Samadhi Pada, Patanjali analizza gli impulsi e il comportamento della mente. Nel secondo capitolo, intitolato Sadhana Pada,


quello sulla pratica, passa a parlare dei klesha, le afflizioni del corpo che provocano gli impulsi della mente ovvero i modelli
comportamentali di ogni individuo.
Nel terzo capitolo, intitolato Vibhuti Pada, il capitolo sulle realizzazioni, Patanjali descrive i risultati ottenuti dallo yoga e fissa quali
effetti, qualit particolari, e doni si possono ottenere attraverso la pratica dello yoga. Ma ammonisce dal farsi prendere troppo da
questi effetti, nella convinzione che, ottenuti questi risultati, il nostro viaggio spirituale sia giunto al traguardo. bene invece
continuare nella pratica fino a portare l'intelligenza della coscienza e l'intelligenza dell'anima allo stesso livello. Il raggiungimento di
questa armonia la condizione di saggezza pi alta, nella quale la persona vive in una totale integrazione. Questa condizione detta
kaivalya, e il quarto capitolo di Patanjali si intitola Kaivalya Pada, e tratta della liberazione assoluta.
Gli Yoga Sutra, quindi, nel primo capitolo parlano della mente, nel secondo del corpo, e nel terzo e quarto capitolo ci ricordano che
la nostra meta ultima deve essere quella di giungere all'anima. Patanjali applic la sua saggezza prima alla parola, nel suo trattato sulla
grammatica, poi al corpo nel trattato sulla medicina, e quindi all'anima in quello sullo yoga. La scienza yoga studia i tre momenti
dell'essere umano, il corpo, la mente e l'anima e li comprende tutti. Lo yoga dunque una scienza integrata capace di riportare
l'essenza divisa dell'uomo a unit e salute.

IL FINE E IL PRODOTTO SECONDARIO
Lo yoga non affatto una scienza terapeutica. Lo yoga una scienza che ha il fine di liberare l'anima riconducendo coscienza, mente
e corpo al medesimo livello di armonia. Quando si impianta un'industria per fabbricare un certo prodotto da mettere in commercio,
fortunatamente o sfortunatamente pu capitare che vengano fabbricati anche diversi altri prodotti, anch'essi con un loro valore sul
mercato. Pu cos accadere che lo scopo principale per cui la fabbrica stata costruita venga dimenticato, e che si producano e si
vendano sul mercato solo i prodotti secondari. Allo stesso modo, lo yoga con tutte le sue sfaccettature, sebbene il suo fine ultimo sia la
visione dell'anima, offre numerosi effetti collaterali benefici, tra i quali la salute, la felicit, la tranquillit, e l'equilibrio. Come ogni
processo industriale ha alcuni suoi prodotti secondari, cos la salute, la felicit e la guarigione sono tutti prodotti secondari dello yoga,
il quale dunque sotto alcuni aspetti pu essere considerato una scienza medica.
La nostra salute e la nostra stessa esistenza dipendono dalle funzioni respiratorie e circolatorie, che sono le due porte di accesso al
regno della struttura umana, e se una delle due bloccata, disturbata o ostruita, ne deriveranno malattie. Immaginate che la stanza
dove vi trovate sia il corpo umano: se le finestre o le porte sono chiuse, vi sar cattivo odore. Quel cattivo odore la malattia della
stanza; cosa bisogna fare allora? Aprite le porte e le finestre, e l'aria fresca far uscire l'aria cattiva. Allo stesso modo la pratica degli
asana d energia e agevola la circolazione nel corpo umano. Quando eseguite un asana, se il corpo ha dei problemi dovuti a cattiva
circolazione, che lo fanno soffrire di artrite reumatoide, asma, bronchite, dolore al fegato, allo stomaco, agli intestini e cos via, le
posture dello yoga favoriscono l'irrigazione del sistema e gli ostacoli vengono dissolti. Eliminate quindi le malattie che avevano dato
origine alla mancata integrazione, si torner all'unit e alla vita, e la salute ricomincer a sbocciare. Lo stesso dicasi quando la porta
respiratoria bloccata o disturbata, la pratica del pranayama purificher il sistema e lo riporter a uno stato di integrit.
Gli asana e il pranayama sono la fonte di tutti gli altri aspetti dello yoga, perch l'intero sistema umano dipende dalle porte
respiratorie e circolatorie. La regolazione del respiro mantiene pulito e libero il sistema respiratorio e attraverso un apparato
respiratorio libero e sano, il sangue alimenter tutte indistintamente le parti del corpo. Permettendo al sangue di irrorare le zone malate
del corpo esso le nutre, le tossine scompaiono e i vari disturbi e sintomi di disturbi fisici vengono eliminati. Ci pu avvenire in un
lungo lasso di tempo, ma un processo naturale e opera al ritmo dei processi naturali. Ricordatevi che anche se prendete dei farmaci,
come consigliato dalla medicina contemporanea, essi mettono in moto alcuni processi in base ai quali le funzioni della natura si
attivano pi velocemente, ma non rappresentano la cura, e accelerano solo il processo. Le medicine non curano le malattie. Solo la
natura le cura, e lo yoga non usa farmaci esterni per accelerare il processo. Si deve dipendere dalla nostra stessa natura, e solo
attraverso la natura si deve consentire al sistema umano di funzionare quanto pi celermente ed efficacemente possibile. La natura
quindi lenta ma sicura, mentre la medicina moderna rapida ma non sicura!
Secondo la scienza medica indiana dell'ayurveda, le diverse affezioni fisiche sono dovute allo squilibrio fisico dei cinque elementi
del nostro corpo. Approfondiremo questa tesi nel prossimo capitolo. La pratica degli asana pu portare a un equilibrio fra questi
elementi, e il pranayama l'accelera. Si detto che i farmaci possono accelerare un processo di guarigione, ma non sono loro stessi la
cura. Analogamente, il pranayama non provoca l'equilibrio, ma lo accelera e fa s che gli asana siano in grado di instaurarlo pi
rapidamente. Quali posture si debbano usare, e quali vadano evitate, lo si deve imparare lavorando con un bravo maestro. Gli asana
non sono prescrizioni ma descrizioni, e prescrivere significa scrivere i dettagli del rimedio per esteso e lasciare che il paziente vada a
comprarlo in farmacia. Nello yoga, invece, va descritta la postura spiegando come deve essere eseguita per risolvere un determinato
problema, e il paziente che ne soffre deve seguire l'insegnamento in modo da eseguire gli asana necessari in modo corretto per curare
la sua malattia.

LO YOGA E LA MEDICINA AYURVEDICA
L'ayurveda la scienza tradizionale indiana della medicina: ayur proviene dalla radice ayuh, che significa vita, e veda
proviene dalla radice vid, che significa conoscere, comprendere. La capacit di comprendere il corpo, la mente e l'anima si chiama
ayurveda.
L'origine dell'ayurveda l'Atharva Veda che, insieme al Rg Veda, il Sama Veda, e lo Yajur Veda, rappresentano i quattro Veda, i
sacri scritti che sono allorigine del pensiero e della filosofia induista. Nessuno sa quando ebbero origine i Veda. Sono definiti come
apaurusheya: non dati dall'uomo. Anche lo yoga apaurusheya. Ora, poich queste dottrine non sono opera dell'uomo, sono
universali e riguardano l'intera umanit. Brahma stato il creatore dello yoga, che quindi antico quanto la civilt. Anche l'ayurveda
antico quanto la civilt: la madre di tutti i vari metodi della medicina sia allopatici che omeopatici. Nell'ayurveda troverete il
trattamento della malattia con i rimedi che danno gli stessi sintomi della malattia, come nell'omeopatia; e con rimedi che danno i
sintomi opposti a quelli della malattia, come nell'allopatia. L'ayurveda li usa entrambi.


Nei Veda leggiamo: "All'origine di tutta l'attivit la perfezione del corpo". E inoltre: "Chi ha un carattere debole non pu avere
esperienza dell'anima". Il corpo quindi la fonte dell'evoluzione di ogni individuo. I fini dello yoga e dell'ayurveda sono quasi gli
stessi: entrambi cercano l'autorealizzazione. L'unica differenza che lo yoga adotta un approccio psico-spirituale e l'ayurveda uno
fisico -fisiologico. La causa delle malattie, secondo lo yoga, sono le fluttuazioni della mente, o chitta. Per l'ayurveda, invece, le
malattie vanno attribuite agli squilibri negli elementi costitutivi del corpo.
I cinque elementi di cui siamo tutti composti sono la terra, l'acqua, l'aria, il fuoco, e l'etere. Il primo elemento la terra, che la base
per la produzione dell'energia. Quando l'energia stata prodotta, la sua distribuzione richiede lo spazio, che l'ultimo elemento,
l'etere. Terra ed etere, il produttore e il distributore d'energia, sono in se stessi immodificabili ed eterni; cambiano quando vengono in
contatto con gli altri tre elementi, che sono l'aria, il fuoco, e l'acqua. L'ayurveda parla dei tre dosha, ovvero gli umori del corpo, vata,
pitta e kapha, che sono gli elementi fondamentali dell'aria, del fuoco e dell'acqua come si manifestano nel corpo umano. L'ayurveda
spiega in che modo gli squilibri di vata, pitta e kapha turbano l'equilibrio del corpo e provocano le malattie.
Secondo la filosofia yoga, i disturbi sono dovuti allo squilibrio tra i tre guna, o qualit della natura e della mente nei modelli di
comportamento di ogni individuo. I tre guna, che gi abbiamo incontrato nella storia di Ravana, Kumbhakarna, e Vibhishana, sono
sattva, rajas e tamas, ovvero l'ispirazione, la vitalit, e l'apatia. Queste tre propriet della natura disturbano la mente, che a sua volta
disturba le funzioni del corpo. La pratica degli asana e del pranayama serve a creare profondit e a collegare le varie innumerevoli
parti del corpo fra di loro.
Non c' contraddizione nel modo in cui lo yoga e l'ayurveda spiegano le cause delle malattie. Noi abbiamo settecento muscoli,
trecento articolazioni, 16.000 chilometri di corrente nervosa che scorre in questa nostra struttura umana, e circa 96.000 chilometri di
vene, arterie, e capillari. La macchina umana talmente complicata, che davvero difficile mantenere le sue numerose parti in perfetto
ordine. Ignoriamo come tanti muscoli minori aiutino un muscolo maggiore a funzionare; n sappiamo i loro nomi. Se il corpo si deve
muovere, ci vuole una corrente; questa la corrente vata, la corrente del vento. Anche il sangue deve circolare, e la corrente del
sangue pitta, l'elemento del fuoco. Il sangue pompato alle varie parti del corpo, e in quel flusso, vengono prodotte alcune energie
chimiche che si chiamano ojas, ovvero lucentezza nello yoga, e tejas, ovvero splendore nell'ayurveda. Questo non altro se non
l'elemento del fuoco, ovvero l'energia elettrica. Anche la scienza medica contemporanea parla di energia elettrica all'interno del nostro
sistema nervoso. Infine, kapha, il principio dell'acqua, lubrifica il corpo. Come necessario fare la revisione delle automobili, cos noi
abbiamo bisogno di kapha nel nostro sistema per provvedere alla manutenzione del corpo. Altrimenti saremmo aridi come sterpi; e
non ci sarebbe liquido nelle nostre articolazioni per poterci muovere.
L'unica differenza fra lo yoga e l'ayurveda che nello yoga richiesta un'incredibile forza di volont. Voi stessi dovete produrre la
vostra energia per combattere le malattie. Poich a molti manca la forza necessaria per combattere le malattie, l'ayurveda fornisce i
tonici e le vitamine per accelerare il processo. Questi tonici sono medicine prese dal regno minerale, vegetale, e animale. Il rasa,
ovvero il gusto, di alcuni tonici infonde energia al corpo. Allo stesso modo, dovrebbero esistere rasatmaka-karma e rasatmaka-jnana
(azione del gusto e conoscenza del gusto) nella pratica degli asana. L'essenza, ovvero il gusto, dell'energia deve essere provata alla
fonte del nostro corpo quando stiamo eseguendo gli asana e il pranayama.
Nello yoga e nell'ayurveda viene detto che esistono tre tipi di disturbi. In primo luogo, ci sono disturbi autoinflitti. Se abusiamo del
nostro corpo, ovviamente, dobbiamo pagarne il prezzo. Questi disturbi autoinflitti, autoprodotti si chiamano adhyatmika-roga.
Seguono i disturbi congeniti, chiamati adhidaivika-roga, che sono quelli che i bambini ereditano dai genitori. Infine, c'
l'adhibhautika-roga, che significa affezioni provocate dallo squilibrio dei cinque elementi nel nostro sistema. Se il vostro elemento
terra non in una condizione di equilibrio, soffrirete di stitichezza. Se l'elemento acqua non in equilibrio, soffrirete di idropisia. Se
l'elemento fuoco non equilibrato, avrete disturbi gastrici con una sensazione di bruciore allo stomaco. Se avete un elemento aria
disturbato, proverete una sensazione di gonfiore all'addome, o di reumatismo alle giunture. Se infine, improvvisamente, senza una
causa apparente, e senza ragione, il vostro corpo si gonfia o si contrae, e poi torna normale, ci dovuto allo squilibrio dell'elemento
etere. La pratica degli asana aiuta a mantenere l'equilibrio fra i cinque elementi onde evitare quella categoria di malattie che va sotto il
nome di adhibhautika-roga.
Come nell'ayurveda, anche nello yoga ci sono le vitamine. Patanjali afferma che le vitamine che dobbiamo conservare nello yoga
sono la fede, il coraggio, la spavalderia, l'assimilazione, e unincredibile memoria per capire esattamente cosa ci sta succedendo ora,
cosa ci accaduto ieri, il giorno prima di ieri e molti giorni fa, con una consapevolezza continua. Queste sono le cinque vitamine per
chi fa regolarmente yoga. Se non le possedete, non state facendo yoga, ma solo bhoga. Bhoga viene tradotto soddisfazione.
Ricorderete che il niyama inizia con shaucha e santosha. Shaucha pulizia e santosha appagamento. Insieme generano bhoga, che
pu essere descritto come salute del corpo e armonia della mente. Patanjali tuttavia non si limita a shaucha e santosha, ma seguita a
parlare di tapas, svadhyaya e Ishvara-pranidhana, che portano alla liberazione dell'anima nel momento del suo contatto con il corpo.
L'ayurveda inizia dal corpo, e lo yoga inizia dalla coscienza. Ma pur partendo da punti diversi, entrambi servono a mantenere il
corpo sano, ed entrambi sono moksha-shastra, ovvero scienze della liberazione.

L'APPROCCIO PRATICO
La scienza medica contemporanea adopera il cortisone, che viene considerato l'unico farmaco adatto a tutti i disturbi. Si potrebbe
affermare che il cortisone dello yoga la visione dell'anima. Se per soffrite di disturbi di stomaco, questo un problema pratico da
affrontare in modo pratico. Dovete esercitarvi con un bravo maestro per capire il motivo del dolore, cosa avviene quando fate
particolari movimenti, che sbagli state facendo nelle vostre posture, dov' lo stress quando state lavorando, se indispensabile essere
tesi in quel punto o se la tensione dovrebbe essere spostata altrove per annullare lo sforzo. Tutti questi sono fattori da analizzare
durante la pratica yoga.
Immaginate di avere un foruncolo sulla gamba: il medico si limiter a premere subito la punta del vostro ascesso per far uscire il pus,
oppure pulir prima la zona adiacente? Se esiste una causa interna che provoca il foruncolo, non serve eliminare la punta del
foruncolo, perch si otterr solo di averne un altro. Lo stesso vale per lo yoga; non si pu semplicemente eliminare il punto dove si


manifesta il fastidio. Se avete un dolore allo stomaco, non potete ignorare che vi sono dei processi indiretti legati a quel fastidio.
Dovete osservare come reagisce tutto il vostro corpo, e per capirlo basta solo un po di buon senso. Prima di intervenire direttamente
sulla parte sofferente dovete consolidare le altre parti del corpo.
Quando fate un asana, non distendete subito quella parte, ma rafforzate prima le altre. Dovete dire al vostro maestro: "Non voglio
una pressione diretta su quella zona". Allora andr tutto bene. Se c' dolore in una determinata parte del corpo, non potete solamente
pensare a una soluzione immediata. Dovete esercitarvi e tonificare le zone circostanti prima di cominciare a lavorare direttamente sulla
parte dolente. In caso diverso, aggraverete il problema, e non sar colpa dello yoga. Bisogna scoprire la causa del dolore e proporre
saggiamente delle posture yoga atte a eliminarlo. I muscoli non coinvolti devono essere rinforzati per poter poi lavorare in seguito
direttamente sul problema. Il maestro pu osservare dall'esterno e guidare il vostro lavoro con occhio esterno, di modo che le zone
vicine siano purificate e rafforzate prima di iniziare a lavorare dall'interno sulla zona debole.
Nella maggior parte degli allievi, l'intelligenza notevole, ma il corpo non reagisce all'atto di volont del cervello. Solitamente, il
loro cervello agisce come un soggetto, ma voi dovete imparare a trattare il cervello come un oggetto e il corpo come un soggetto.
Questa la prima lezione che insegna lo yoga, e una volta assimilato questo concetto, gli effetti dello yoga saranno molto veloci.
Se avete un fastidio allo stomaco, non potete dargli ordini dal cervello. Non possibile in questo caso che il cervello si comporti
come un soggetto. Se vi servite del cervello, io non lo accetto e vi dico: " il vostro stomaco che soffre in questo momento, non il
cervello!". Sar solidale con lo stomaco, ma duro nell'umiliare il cervello. Dir: "Rilassa il cervello! Lasciati andare!". La tensione al
cervello allora si allenta, e a causa di questa diminuita tensione, anche il dolore allo stomaco si attenua. Rilassiamo quindi
psicologicamente il cervello e lavoriamo fisiologicamente sullo stomaco. In questo modo il cervello accetta il dolore, che diventa
sopportabile, e l'energia persa nella tensione si trasforma in un'energia curativa che agisce sullo stomaco, e la ferita pu cominciare a
guarire.
Per gli individui definiti intelligenti forse pi difficile considerare il corpo un soggetto, perch vivono nella loro testa. Lo yogi sa di
avere un cervello che va dalla testa ai piedi. Un intellettuale pensa di esistere solo nella propria testa e basta, in quanto, secondo lui,
l'intelligenza non si pu estendere oltre il cervello per vivere nel resto del corpo. Ma lo yogi dice: "Diffondete quell'energia dal
cervello alle altre parti del corpo, di modo che il corpo e il cervello possano lavorare in armonia e l'energia sia egualmente equilibrata
tra i due". questo l'inizio del processo di guarigione, il momento in cui la tensione nel cervello diminuisce e i nervi si rilassano.
Mi si chiede spesso che tipo di esercizi dovrebbe fare chi soffre di questo o di quell'altro male. Io non do consigli: dico soltanto:
"Lavorate per eliminare i problemi. I consigli non hanno alcun valore, n posso raccomandare esercizi specifici. Come posso
prevedere quale effetto potrebbero avere? Ogni singolo caso va accuratamente studiato. Altrimenti equivarrebbe a leggere dei libri per
conoscere quali sono gli effetti di una medicina, poi andare in farmacia, acquistarla e prenderla. I libri di yoga non ci dicono quali
sono i metodi riparatori sulla base dei quali si possano curare gli allievi che si rivolgono a noi per un aiuto. Non posso permettere ai
miei allievi di fare questo. I libri sono solo guide approssimative. Se, in qualit di maestro, venite a contatto con un particolare
problema medico, dovete rivolgervi per aiuto a un maestro pi anziano che ha esperienza nell'affrontare casi del genere. Fate che siano
loro le vostre guide. Sarete allora sicuri, e anche i vostri allievi saranno in buone mani.
Considerate l'esempio di qualcuno con una spondilite anchilosante: se un problema di antica data e le ossa sono infiammate,
difficile ottenere progressi considerevoli. come un albero ben sviluppato che non pu essere potato, mentre un alberello pu esserlo
a seconda della direzione in cui volete farlo crescere. Se il disturbo recente ci si pu comportare come per l'alberello, ma se molto
vecchio, dovreste accontentarvi di tenerlo sotto controllo e di sincerarvi che non si propaghi ulteriormente. Se recente, reagite
prontamente per domarlo, e se si sta estendendo, agite subito anche per assicurarvi che non si estenda oltre. Si deve applicare il buon
senso: allineamento dei muscoli con le ossa, degli organi con le fibre connettive, all'interno, all'esterno, nella parte posteriore e nella
parte anteriore del corpo, e la corretta disposizione degli organi al loro posto; tutte queste sono le cose che vanno osservate durante la
pratica.
Mentre vi esercitate a fare trikonasana, se osservate il profilo della parte esterna del vostro corpo, molti di voi potranno scoprire che
la gamba sta facendo solo met savasana: inclinata dal piede all'anca. Osservatevi nella vostra vita personale; osservate come si
muove ogni parte del vostro corpo. Il ginocchio e la coscia saranno lontani dalla linea che unisce il piede all'anca. Questo tipo di yoga
non curer le malattie. L'osso il centro, e i muscoli sono le ali di quel centro. I muscoli dovrebbero estendersi egualmente sui due lati
come le ali di un uccello; se si taglia la met di un'ala, l'uccello rimane solo con un'ala e mezza e non pu volare. Allo stesso modo,
con un muscolo e mezzo non sar possibile ridare salute a quelle parti, tanto meno curare la malattia. Ogni parte del muscolo deve
essere egualmente divisa di modo che le ali, ovvero i muscoli, si distendano uniformemente su entrambi i lati. Cos si cura la malattia.
Se siete un maestro di yoga, dovreste avere una buona preparazione sull'origine delle malattie, come si sviluppano e quali parti del
corpo colpiscono. molto difficile essere un buon maestro di yoga. Anche se gi sapete che qualcuno soffre di certi fastidi, se non
sapete come attaccarli direttamente, dovete sempre iniziare dalla periferia, rinforzando i muscoli pi lontani dalla parte malata.
Assicuratevi che i muscoli intorno siano tonificati - in alto, in basso, ai lati - e poi gradualmente intervenite sulla parte malata. In
questo modo non si corrono rischi. Se malata la spina vertebrale lombare, dovete rinforzare la spina vertebrale cervicale, l'osso
sacro, la zona sacro-iliaca, e la spina vertebrale toracica. Solo allora potrete intervenire sulla parte malata. Se invece in casi del genere
intervenite direttamente sulla spina vertebrale lombare, non solo correte un rischio, ma potrete anche rovinare la vostra reputazione e
guastare i nobili valori e benefici dell'arte dello yoga.
Un saggio maestro di yoga si orienta subito sul punto malato se il disturbo recente; ma se si tratta di un problema di vecchia data, il
maestro lo aggredisce da altre parti. In primo luogo, fa in modo che la parte circostante sia sana, dopodich si orienta sulla parte
malata per guarirla. Questo il modo in cui dovrebbe essere insegnato lo yoga per ottenere delle guarigioni.
Questi sono concetti generici, ma io non posso dare consigli specifici per casi specifici. necessario osservare, imparare sotto la
guida di un abile maestro, e poi lavorare a nostra discrezione.

L'ARTE DELLA PRUDENZA


Molti libri di yoga descrivono le varie tecniche di purificazione conosciute come kriya. Se per leggete attentamente lo Hatha Yoga
Pradipika, scoprirete che questa considerata una forma di terapia e non una parte dello yoga. Le kriya vengono consigliate per i
disturbi che non sono curabili altrimenti, quindi non sono indicate per chiunque: prima di ricorrere a queste misure drastiche bisogna
aver tentato ben altre soluzioni. Anche la medicina contemporanea ricorre a misure drastiche: il cortisone un farmaco drastico, e lo si
d quando tutti gli altri rimedi si rivelano inadeguati. Lo stesso pu dirsi delle kriya che un tempo erano il trattamento drastico
consigliato quando tutti gli altri metodi avevano fallito, ma erano sconsigliatissime ai soggetti sani.
Lo stesso testo afferma che i risultati delle kriya si raggiungono anche attraverso gli asana e il pranayama. Oggi, gran parte della
gente ha l'impressione che lo hatha-yoga significhi kriya, ma non vero. Lo hatha-yoga consiste di asana, pranayama, pratyahara,
dharana, dhyana, e samadhi. Le kriya sono qualcosa di diverso, e sono limitate a gente con malattie particolari.
Alcuni puliscono i condotti interni del corpo usando acqua, o un filo, o un tessuto, secondo le kriya note col nome di jala-neti, o
sutra-neti o dhauti. Io invece faccio prana-neti, ovvero la purificazione con il respiro del pranayama. Per quale motivo dovrei
introdurre oggetti estranei nel mio corpo quando la natura stessa ci ha fornito il filo del respiro? Concludo quindi che sutra-neti,
jala-neti, e dhauti non sono necessarie.
Di chi la colpa se un tessuto viene inghiottito completamente o in parte e se nello stomaco si forma un ascesso perch il tessuto non
del tutto pulito? Quanti sanno come inghiottire un tessuto o stare seduti su di un catino aspirando l'acqua attraverso lo sfintere anale?
La natura ci ha dato il metodo naturale dello yoga che ben diverso, e per questa ragione gli antichi testi definiscono drastici questi
trattamenti, e li prescrivono solo in casi limite, e non a tutti. Se volete documentarvi voi stessi al riguardo leggete il capitolo 2, 21
dello Hatha Yoga Pradipika.
Se prendete un alberello, ne potete osservare la crescita. Ma se invece lo estirpate e lo ripiantate ogni giorno in un posto diverso, la
pianta morir. Analogamente, non giusto turbare il vostro sistema nervoso con queste misure drastiche. Le kriya vengono prescritte a
coloro che non possono essere curati con lo yoga. Se tutti le fanno, in un secondo momento potrebbero ricavarne altri disturbi
provocati dall'uso improprio di questi metodi.
Anche gli asana dovrebbero essere adoperati con le dovute cautele, in base alla condizione fisica dell'allievo. Per esempio, quando
sollevate le braccia, sottoponete il cuore a uno sforzo immediato. Per questo chiunque soffra di problemi cardiaci dovrebbe evitare
posture con le braccia sollevate. Appena si sollevano le braccia il cuore produce uno sforzo, ragione per cui non insegniamo ai
cardiopatici nessuna postura allungata eretta, perch risulterebbe irritante e inutile.
molto difficile per me spiegare agli occidentali la differenza tra esercizio stimolante ed esercizio irritante. Prendete a esempio il
jogging. La medicina afferma che stimola il cuore, ma si dovrebbe prima distinguere fra irritare e stimolare. vero, il battito cardiaco
aumenta, ma ci non significa che il cuore ne sia stimolato. Stimolare infatti significa dare energia, vitalit, l'esercizio invece pu
anche risultare irritante o spossante. Nello jogging far battere il cuore troppo rapidamente irritante per il cuore stesso.
Nello yoga facciamo dei piegamenti all'indietro, che sono ben pi difficili della corsa, ma non danneggiano il cuore perch non
tagliano il fiato e il nostro battito cardiaco conserva il suo ritmo regolare per tutta la durata dell'esercizio. Quando insegniamo gli
asana, dunque, dobbiamo renderci conto se il loro effetto tonificante o no. tonificante l'esercizio se dopo non si avverte alcuna
fatica. E se dopo aver lavorato duro ci si sente bene significa che l'esercizio ci ha dato energia, se invece dopo dieci, quindici minuti ci
si sente spossati segno evidente che stiamo facendo un esercizio irritante. Questa teoria valida anche per lo yoga. Per esempio, se
vedessi uno dei miei allievi insegnare una postura come l'ardha-chandrasana in un modo irritante, con effetti di dolore, di stress e di
contrazione delle fibre, quello che io definisco il modo irritante di fare yoga, interverrei subito per insegnare la postura secondo un
approccio stimolante.
Il maestro, ben sapendo che ogni allievo pu avere difetti o disturbi fisici, deve sempre tentare di stimolare le parti dolenti senza
irritarle. Insegnare yoga facile, difficile insegnarlo bene. Tutti gli allievi hanno la medesima struttura di muscoli, giunture e tendini,
che per, a causa di disturbi psico-fisiologici derivanti da cattive abitudini, pu risultare alterata; e il maestro deve tener conto di
questi disturbi. Nelle classi numerose quindi necessario a volte scegliere gli allievi pi deboli e dare loro esercizi diversi, dedicando
loro un'attenzione particolare affinch non si producano lesioni.
Ritornando all'esempio degli allievi cardiopatici: il muscolo cardiaco in una sacca al centro del lato sinistro. Quando il sacco si
piega verso l'esterno, significa che si prodotta una dilatazione del cuore, e che sicuramente vi saranno dei disturbi cardiaci. Quando
insegniamo posture come setu-bandha-sarvangasana e viparita-karani, facciamo muovere il sacco verso la sua posizione originaria. Ma
quando facciamo sollevare le braccia, il cuore si allontana dalla sua posizione normale; perci invitiamo gli allievi con problemi
cardiaci a non eseguire quelle posture perch affaticano il cuore.
No: non insegniamo loro neanche la verticale capovolta perch in essa il sangue scorre molto veloce e perch, mentre si sollevano
per prendere la posizione, gli allievi cardiopatici tendono a trattenere il respiro. La spina cardiaca sostiene i muscoli del cuore, che
sono sulla schiena, quindi essi vanno esercitati e tonificati sempre. Considerate cosa succede dopo un terremoto. Un infarto come un
terremoto al cuore. Cosa accade alla terra per diversi giorni dopo la scossa iniziale? Continua a tremare mentre piano piano si
riassesta. Non c' un secondo terremoto, ma la terra continua a tremare finch non si assesta nella sua nuova posizione. Lo stesso
accade dopo un infarto: dopo la scossa, il tremore continua finch non si assesta. Dopo l'attacco, i muscoli che proteggono il cuore si
induriscono e le fibre dei muscoli di protezione sono molto contratte. I tremori continuano nel cuore, perch i muscoli hanno lavorato
sodo per proteggerlo. Questi muscoli protettivi quindi bisogna renderli passivi. Insegniamo le posture utili per distenderli, dopodich,
qualora vi fosse un secondo attacco, i muscoli potranno subirlo senza nessun problema perch sono gi rilassati. Se fate assumere a
una persona una postura verticale a testa in gi, i muscoli gi ipertesi si tenderanno ancor pi per raggiungere l'equilibrio, e potete
immaginare cosa potr accadere.
Quanto sopra l'ho spiegato dettagliatamente per darvi un esempio, per il vostro bene, di come dovete avvicinarvi alla pratica degli
asana in caso di disturbi fisici. Alcuni possono voler rischiare inutilmente; se altri lo fanno, lasciateli alle loro responsabilit, voi per
non fatelo. La cosa migliore far semplicemente rilassare i muscoli sdraiando il paziente su dei cuscini e fargli fare shavasana, con un
po' di pranayama, e questo tutto.


Un'altra precauzione, che si consiglia a tutte le donne che fanno regolarmente yoga, quella di evitare la pratica di posture capovolte
durante il periodo mestruale. Il flusso naturale del periodo mestruale la fuoriuscita, che se non avviene in modo giusto, provoca mal
di testa e dovrete rivolgervi al dottore per una cura, ma dovrete anche ricorrere a delle cure se il flusso sar eccessivo. Ora, se eseguite
le posture capovolte durante la mestruazione, la tendenza sar di assorbire piuttosto che di espellere. Il flusso che si arresta per le
posture capovolte pu provocare internamente degli ispessimenti. Tanto per cominciare, forse non lo considererete importante, ma
come conseguenza dell'aver trattenuto il flusso per mezzo della gravit, all'interno potranno formarsi degli ispessimenti, che un giorno
potrebbero trasformarsi in cisti, cancro e cos via. Astenetevi quindi da queste posture durante la mestruazione. Le posture che
consigliamo in quel periodo sono le flessioni, nelle quali il flusso naturale non affatto disturbato, anzi viene mantenuto mentre
contemporaneamente si ha una contrazione fisiologica nell'organo tale da accelerare la fine del flusso.
Al contrario, se un uomo o una donna perde sangue dagli intestini, non si tratta di un fatto naturale come l'azione fisiologica del ciclo
mestruale di una donna. In questo caso, il divieto per le posture capovolte non sussiste. La gente che soffre di emorroidi perde
effettivamente sangue, ma con la pratica delle posture capovolte, dopo poco tempo l'emorragia si arresta. Il sangue non si accumula
perch i pori della pelle sono alleviati, le zone malate si asciugano, e avviene la guarigione. I movimenti intestinali vengono facilitati,
e dunque non si producono pi lesioni n perdite di sangue. In questo modo, in caso di emorroidi, l'organismo arresta la fuoriuscita del
sangue, rimarginando tutto ben presto. Nel periodo mestruale invece, l'organismo si apre e non lo si pu chiudere senza provocare
disturbi.
Come esempio vi far quello personale. Vi potr meravigliare, ma per quasi quindici anni, ogni volta che andavo al gabinetto,
perdevo sangue, e non riuscivo pi ad alzarmi per l'irritazione che avevo all'ano. Mi rivolsi cos a uno specialista per un controllo
medico, perch non credo alle operazioni finch non ho raggiunto la certezza che siano necessarie; e gli esami mostrarono che godevo
di una salute perfetta. Eppure quando andavo al gabinetto, usciva solo sangue, come acqua corrente. Non ho mai preso medicine, e il
disturbo scomparso da solo, dopo quindici anni.
Mi chiedo come molti abbiano il coraggio di affrontare una cosa di questo genere. Tra i miei allievi ho molti medici di prim'ordine,
persone che dovrebbero conoscere queste cose. Ma si grattavano la testa e dicevano: "Non sappiamo perch perdi sangue, non ci sono
ferite". Mi dissero che avrei dovuto operarmi, ma io risposi: "Se non sono sicuro che c' una malattia, perch dovrei farmi operare?".
Mi risposero allora che avrei dovuto rassegnarmi a perdere sangue, ma io replicai che avrei continuato cos finch non si fosse
arrestato.
Un altro disturbo diffuso la psoriasi. La psoriasi la pelle che si squama. In Occidente, si pu prendere la psoriasi indossando
calzini o indumenti che siano stati in un asciugatoio. Le cause possibili sono molte, e una persona sana le pu sopportare, ma se c'
una qualche alterazione del sangue si pu avere un'infezione. Per mia esperienza, vi dico che anche se compaiono squamosit e
screpolature, il che molto noioso, le lesioni si rimargineranno presto purch l'allievo esegua al mattino e alla sera posture capovolte,
verticali sulla testa e sul collo con varianti, per circa due ore. In questo modo la propriet del sangue migliorer e le lesioni si
rimargineranno presto. Non dico di poter curare la malattia, ma avendolo sperimentato con molti dei miei allievi, affermo che la si pu
tenere sotto controllo e che la guarigione non tarder.
Ora, per quanto riguarda l'eczema, se un eczema secco non c' assolutamente alcun problema, e si possono assumere tutte le
posture. Quando invece c' un eczema umido, dovete stare molto attenti durante gli esercizi: la sudorazione o lo sgocciolio della parte
lesa non deve toccare il resto della pelle. Se per mi si chiede se si pu fare yoga o no, non ho dubbi nel dire di s; ho lavorato con
tutt'e due i tipi di eczema.
Non so se conservo ancora la cicatrice, ma tanto tempo fa stavo insegnando a un paziente con un eczema e mi sono contagiato.
stato fastidioso per anni. Mi capitato di prendere anche molte infezioni, perch quando insegno, gli allievi spesso mi afferrano la
gamba e altre parti del corpo, e le loro unghie mi graffiano la pelle. Voi sicuramente avrete saputo che a volte Iyengar colpisce i suoi
allievi per aiutarli nelle posizioni, ma forse non sapete che cosa ricevo io da loro! Mi rimangono anche le loro impronte sul corpo. Ho
avuto uno strano prurito per due, tre anni. Non si vedeva niente, ma l'irritazione c'era, e io mi spalmavo con un unguento di canfora e
ghee per calmare l'irritazione. Poi un giorno mia moglie aveva lasciato in terra un secchio pieno d'acqua nel cui manico c'era una punta
tagliente. Io non mi ero accorto del secchio e nell'aprire la porta vi inciampai in pieno. La punta tagliente colp esattamente la parte
malata, provocando l'uscita di un bel po' di sangue nero: l'irritazione scomparve. All'inizio il sangue era nero, ma poi cominci a uscire
rosso e fresco. Confessai a mia moglie che quel disturbo mi aveva infastidito per anni. Questi sono i problemi che incontro quando
insegno, anche se non ho l'abitudine di lamentarmi dei malanni che si presentano sulla mia strada.
Negli Stati Uniti ebbi a curare un caso di AIDS, dopodich il soggetto decise di entrare nel mio istituto a Pune per sottoporsi
all'addestramento, in quanto non soffriva pi di spossatezza. Disse inoltre di poter fare qualsiasi tipo di lavoro manuale pi di quanto
non gli riuscisse di fare prima di incominciare lo yoga. Malgrado mi fossi raccomandato di non accelerare i tempi, i miei allievi
americani stavano addirittura pensando di aprire una clinica per pazienti malati di AIDS, per vedere dove potesse arrivare lo yoga in
questo campo. chiaro: tutti coloro che soffrono di eczema, di psoriasi e di altri disturbi analoghi possono fare yoga senza paura, e
senza temere cattivi risultati.
Infine, vorrei dare un consiglio di prudenza agli insegnanti che vogliono applicare per conto proprio le pratiche che possono aver
visto usare da altri in un contesto specifico. Immaginate che qualcuno entri in classe mentre sto facendo lezione a delle donne al sesto
mese di gravidanza. Egli vede quello che sto facendo ed esclama: "Oh, questo s che uno yoga buono", e se ne va convinto di sapere
come lavorare con le donne incinte. Non ha visto per cosa io insegno dal terzo al nono mese, e non sa che ho un modo diverso di
lavorare ogni mese. Se ne va pensando di sapere come comportarsi per il solo fatto di avermi visto insegnare alcune posizioni a donne
in stato interessante.
Ho fatto l'esempio della gravidanza, ma se ne potrebbero fare molti altri. Mi hanno chiesto per esempio se mi sento di raccomandare
le posture capovolte ai malati di glaucoma. Ho dei pazienti che in effetti le eseguono, ma non significa che per questo mi senta di
raccomandarle. Se me ne servo, perch so come farle eseguire dagli allievi. Se infatti una persona che soffre di glaucoma fa la
verticale capovolta, la sua pressione aumenta. Si deve quindi imparare a controllare i bulbi oculari, le orecchie, e il respiro. Se, come


medico, dovessi prescrivere queste posture per il glaucoma, qualcun altro direbbe subito: Voglio essere al servizio dell'umanit, per
farlo insegner le posture capovolte ai malati di glaucoma". E qualche anno fa avvenuto proprio cos.
A Pune, insegno ai malati di glaucoma e anche a chi ha avuto il distacco della retina. Riguardo a questi ultimi ho insegnato a diverse
persone con un distacco della retina non troppo grave, e questo non mi preoccupa. Infatti, se un paziente viene a sapere in tempo che
potrebbe avere un distacco della retina, glielo posso evitare. Ma una volta sono stato ingannato, e da allora sto molto attento. Alcuni
anni fa, mentre insegnavo la verticale capovolta a una mezza dozzina di persone affette da glaucoma, un uomo si un alla classe e mi
osserv al lavoro. Non era affatto malato di glaucoma, ma mi vide insegnare e in seguito mi scrisse una lettera, dicendo: "Ho avuto
modo di osservarla insegnare la verticale capovolta ai malati di glaucoma, ora la sto insegnando anch'io, e i miei pazienti ne traggono
beneficio. Mi pu dire cos'altro potrei insegnare?". Andai in collera. Cosa posso fare se accadono cose del genere? Sono molto
diffidente nel raccomandare esercizi per guarire problemi fisici, perch molti mi potrebbero dire: "Lo insegner anch'io". Ma
l'importante come si insegna. Se non sapete come farlo, non fatelo. Questo vero non solo per la verticale capovolta, ma per tutti gli
altri asana, che esercitano pressione sugli occhi. Non fatelo se non sapete farlo. pericoloso. In tali casi, fate solo flessioni in avanti,
che potete insegnare senza danno; se il glaucoma rimane identico, di certo non aumenter, e cos io sono tranquillo, voi siete tranquilli,
e saranno tranquilli anche tutti coloro che eseguono le posture.

L'ARTE DI GUARIRE
L'idea originale dello yoga raggiungere libert e beatitudine, mentre i prodotti secondari che incontriamo lungo la strada, compresa
la salute fisica, per il praticante sono secondari. Ci nonostante, possiamo osservare come nascono questi prodotti secondari che
incontriamo lungo la strada e come gli effetti degli asana e del pranayama si diffondono nel corpo, ringiovanendo le cellule e il sistema
cellulare. Poich possiamo imparare per mezzo dell'osservazione quali siano i diversi effetti fisici e fisiologici che vengono stimolati
dai vari movimenti, possiamo arrivare a sapere che quelli sono i sentieri che riguardano le altre parti del corpo.
Questa una conoscenza tradizionale, ma i legami con la nostra tradizione sono andati persi, e cos ora devono essere recuperati da
scienziati e praticanti. La ragione della perdita di questi legami storica, e dovremmo tutti conoscerla. Una volta lo yoga veniva
praticato da tutti, e in quel periodo l'India era in pace, e non c'erano invasioni. Ma poi, negli ultimi mille anni, l'India stata vittima di
invasioni via terra dal Nord, dall'Occidente, e dall'Oriente, e infine anche dalle coste. La sua cultura, i suoi tempi e i suoi luoghi di
apprendimento hanno attraversato periodi di sistematica distruzione ed erosione. Per questo, molte delle nostre antiche tradizioni sono
andate perdute e i nostri legami con esse sono stati interrotti. La conoscenza tradizionale esisteva sempre, ma se ne era perduta la
chiave, e ora dobbiamo recuperarla. Questo il motivo per cui dobbiamo seguire la nostra esperienza personale e scoprire quello che
io definisco il miglior movimento possibile.
Gli allievi di yoga e gli scienziati hanno scoperto molte strade che ci ricollegano al materiale perduto. Dopo esercizi di anni di asana
e pranayama, e dopo aver raggiunto il miglior livello possibile nella pratica, dopo aver lavorato con resistenza, e senza resistenza,
dopo aver osservato e sperimentato le nostre proprie reazioni, ci possibile tracciare dei meridiani all'interno del corpo e lavorare su
di essi da soli, senza dipendere dall'aiuto di altri per ottenere una cura. Lo yoga una cura medica soggettiva che influisce sui diversi
centri vitali del corpo.
un argomento molto complesso. Prendete a esempio i concetti di ida, pingala e sushumna che sono i canali principali di energia nel
nostro corpo: si possono paragonare alla concezione cinese di yin e yang. Ida yin (femminile), e pingala yang (maschile). Questi
due canali di energia si incontrano in alcuni punti; si intersecano nel corpo umano, e dove si incrociano, quello un meridiano.
Quando facciamo gli asana o il pranayama, c' uno scambio di energia tra questi due canali nei centri dove si incontrano. E questi
centri sono serbatoi di energia. Quando l'ottimale presentazione dell'asana da parte del nostro corpo permette un flusso corretto e
incessante di energia attraverso i canali di ida e pingala, in quel momento l'energia nascosta viene liberata da questi centri perch
assolva la sua azione guaritrice delle varie malattie di cui soffre il corpo.
Quando avrete raggiunto la capacit ottimale di movimento e un'azione perfetta in ciascun asana, che ne siate consapevoli o no, la
coscienza sar viva in ogni parte del nostro corpo. Ma solo quando ci si serve dell'intelligenza anche la consapevolezza viene
risvegliata. In caso di malattia la parte del corpo colpita perde la sensibilit e vi sono vari modi per ridarle vita con la pratica dello
yoga. Mentre stiamo eseguendo le posture, l'energia viene orientata all'interno delle zone malate. Avendolo appreso per nostra
personale esperienza sul nostro corpo, quando correggiamo le posture degli allievi, diamo loro un colpo leggero nel punto difettoso,
cos che l'energia possa riprendere a scorrere senza interruzione facendo guarire le zone malate.
La mia raccomandazione a tutti voi di non cercare di aiutare l dove riconoscete di non sapere, perch un rischio. L'ho detto
diverse volte, e vi metto ancora in guardia: insegnate solo quello che sapete. Non insegnate cose che non conoscete, servendovi degli
altri come cavie da esperimento. Siate voi le cavie di voi stessi prima di giocare con gli altri. Vi dico questo perch un maestro di yoga
in una posizione diversa da un medico quando deve aiutare gli altri. Un bravo dottore prescrive medicine ma non entra in contatto
emotivo con il paziente. Il dottore conosce i sintomi, le cause delle malattie e sa che alcuni farmaci sono efficaci per alcuni disturbi.
Egli vi prescrive le medicine, voi le andate a comperare in farmacia, e poi le prendete come prescritto. Se migliorate, bene, ma se non
migliorate, il dottore vi dir di rivolgervi a uno specialista per un controllo. Per guarire con lo yoga invece, il maestro entra in contatto
con l'allievo o il paziente, e di ora in ora segue le sue emozioni e le sue reazioni. Nello yoga non c' un intermediario, quale pu essere
una farmacia ove comperare le medicine. Dovete stare sempre molto attenti perch in gioco la vita degli altri. Il medico non gioca
tanto con la vita quanto con le medicine. Quando infatti non funzionano, si limita a dire: "D'accordo, cambier farmaco". Nello yoga
invece non potete cambiare medicina; dovete risalire sempre agli stessi princpi, ed necessario quindi che sappiate bene come queste
teorie devono essere applicate in ogni caso specifico.
Alcuni sostengono che io sono un ginnasta dello yoga. Peccato! Solo coloro che non conoscono la vera profondit dello yoga
possono parlare cos. Sono penetrato a fondo nel mio corpo; sono un praticante soggettivo. Non dipendo da una conoscenza acquisita.
Possiedo la conoscenza che viene dall'esperienza. Conosco la profondit di ogni asana. Devo penetrare la dualit tra un muscolo e
l'altro. Supponete che io abbia un avambraccio pi lungo e l'omero pi corto: pu sembrare perfettamente sano, ma deforme.


L'articolazione infatti dovrebbe essere esattamente alla met e non ci dovrebbe essere alcuna differenza tra l'avambraccio e l'omero. La
comprensione sta nell'arrivare a questo punto. Gli asana ci aiutano a rimuovere queste dualit o disfunzioni del corpo, della mente e
dell'anima.
Prendete per esempio qualcuno che soffra di ronzio alle orecchie. un problema pratico del paziente e necessita una risposta pratica.
Probabilmente c' un blocco all'orecchio, oppure le ossa sono troppo vicine fra loro, o forse c' del pus. Pu darsi che il soggetto sia
debole fisicamente, o che il cerume nell'orecchio sia eccessivo. Va controllata la struttura del collo e dell'orecchio. Non posso saperlo
senza prima esaminare la persona, ma in genere questi problemi possono essere alleviati grazie a posture capovolte come
sarvangasana, halasana e setubandha-sarvangasana. Queste posture capovolte aiutano effettivamente, ma se non si assume la postura
correttamente, invece della sola riduzione del ronzio interviene anche il dolore. Il maestro deve quindi fare attenzione che non
sopraggiunga il dolore all'orecchio mentre si in posizione. Anche la shanmukhi-mudra pu essere di aiuto, ma sapere come
introdurre le dita nell'orecchio un'arte. Si deve tentare e, per cauti tentativi, si impara piano piano a riequilibrare l'orecchio interno;
ma per arrivarci necessaria una grandissima capacit e sensibilit delle dita.
Ho un'allieva a Pune che soffriva di questo disturbo. Non rispondeva mai al telefono perch non udiva. I genitori vennero da me in
lacrime tempo addietro dicendo: "La nostra figlia di vent'anni sorda e non possiamo darla in sposa. Per favore, faccia qualcosa per
aiutarla". E io: "Cosa fare? La ragazza sorda, ma prover lo stesso, e se riesco, fate in modo che vostra figlia si sposi presto". Ho
accettato cos il caso, fiducioso che Dio mi avrebbe aiutato nella mia cura.
Prima che io accettassi il caso i genitori l'avevano portata da un otorinolaringoiatra che aveva detto: Deve essere operata
immediatamente perch si prodotta un'occlusione dell'80 per cento. Se si ritarda di un mese l'orecchio si chiuder completamente,
dopo di che non ci sar alcuna probabilit di guarigione". I genitori erano miei allievi e chiesi loro perch non mi avevano informato
prima, quando si era presentato il problema. Mi risposero che non pensavano che lo yoga potesse essere d'aiuto, e per questo non mi
avevano detto nulla. Allora dissi: "Va bene, ho un altro allievo che uno specialista in otorinolaringoiatria a Bombay. Mander vostra
figlia da lui per un controllo, in modo che mi possa fornire il quadro giusto della situazione". Lo specialista la esamin e disse: "Non
vi dubbio che sia necessario un intervento chirurgico, ma se la segue Iyengar posso attendere tre mesi. Se pu fare qualcosa in tre
mesi, possiamo non operare, ma se non si ottiene alcun beneficio in questo periodo di tempo, non attendete oltre, fatela operare".
Mi sono perci occupato del caso. Ho cominciato il mio insegnamento, e tre mesi dopo lo specialista ha ripetuto gli accertamenti
trovando un considerevole miglioramento. Questa una cosa che le medicina non riesce a credere. Persino mia figlia Geeta rimase
sorpresa quando decisi di occuparmi del caso, e mi disse: "Cosa le insegnerai, se l'occlusione tanto profonda nell'orecchio?".
Avevo curato il fungo e il prurito dell'orecchio con successo. Ovviamente questo era un po' pi difficile, ma ho accettato la sfida e ho
iniziato a lavorare con lei. Nella maggior parte di noi, quando eseguiamo la verticale o altre posture capovolte, l'orifizio dell'orecchio,
che di solito circolare, prende la forma di un uovo, diventa ovale. Se diventa ovale, la postura sbagliata. Da quest'unico esempio
potete comprendere quanto sia necessario essere attenti nell'insegnamento. Quando inserisco il dito nell'orecchio della paziente mentre
ritta in piedi nella posizione del tadasana, controllo quanto entra in profondit. Poi eseguo lo stesso controllo nella verticale
capovolta, e il dito dovrebbe penetrare di pi che nel tadasana. In questo caso, la postura giusta ed quella che pu rendere tranquilli
e passivi, tanto che l'occlusione scompare e l'udito migliora. Ho lavorato con questa ragazza facendole assumere altre posture, pi
difficili, in quanto essendo magra e alta, l'halasana e il sarvangasana le erano di molto aiuto. Le orecchie cominciarono ad aprirsi, e fu
la ragazza che mi mise sulla strada giusta dicendomelo. Da quell'indizio, ho imparato molte cose sui miei asana. Tre mesi dopo la
paziente si rivolse al medico per un controllo ed egli fu sorpreso nel constatare che l'orecchio sinistro era completamente aperto e che
l'orecchio destro si era aperto del dieci per cento rispetto a prima. I genitori allora mi dissero: "Ora la ragazza sta meglio. necessario
continuare?". Risposi: "Perch non provare con un altro 10 per cento? Mi sono preso la responsabilit di aiutarla a udire fino a quando
non si sposa, affinch dopo il matrimonio possa udire la voce del marito. Da quel momento in poi, non mi ritengo pi responsabile!".
Poi un giorno, mentre insegnavo, venne nella mia classe lo specialista di Bombay. Durante la lezione, inserii il dito nel suo orecchio
e gli dissi: "L'orecchio destro non sente bene". Mi chiese: "Come ha fatto a saperlo?". Questo ci che io intendo per arte. Bisogna
imparare a inserire il dito tenendo sempre presente quanto delicato l'orecchio. Io glielo ho rimesso a posto e lui mi ha detto che
aveva avuto un miglioramento dell'udito. Dopo la lezione mi disse: "Signor Iyengar, non lo yoga che sta curando la ragazza. lei
che la sta curando!". Ora l'orecchio aperto del 40 per cento. Pu sentire il telefono, e pu parlare con chiunque, e cos ho detto ai
genitori di farla sposare presto.
Come si fa a far aprire un orecchio? Non so spiegarlo. Non cos facile. Dovreste sapere come sistemare il nervo vago eseguendo la
postura in equilibrio sulla spalla, e dopo aver manipolato il vago manipolare i nervi delle orecchie. possibile cos vedere un
cambiamento, ma se si tratta di qualcuno grasso, e con un orecchio piccolo, costui non potr che tenersi il suo ronzio nell'orecchio a
causa della sua struttura anatomica. Dipende quindi da molte cose. Una persona del genere dovrebbe venire a Pune perch io possa
capire cosa si pu fare. Posso anche fallire, ma non mi dispiace tentare, per il semplice motivo che se viene una seconda persona posso
ricominciare l dove ho lasciato con la prima, e anche se non avr grandi miglioramenti con la prima, sapr come lavorare in seguito
con gli altri. Non sar in grado di garantire la riuscita nel primo caso, ma agli altri posso garantire un miglioramento.
Quando ho iniziato a insegnare yoga ero un maestro di nessun valore. Le circostanze e gli allievi pretesero da me che insegnassi
yoga, e per questo ho iniziato a sedici anni. Quando la gente cominci a chiedermi di insegnare, mi venivano terribili mal di testa e
stavo male. Somatizzavo i loro dolori e le loro sofferenze; ero solito quindi fare yoga con quei dolori dentro di me. Appresi su di me
cosa erano quei dolori. Su di me imparai a conoscere i dolori degli altri. Soggettivamente, sul mio corpo sperimentai gli effetti degli
asana e dei movimenti corretti o sbagliati, prima di insegnarli agli altri. In questo modo sono diventato un bravo maestro.
Si pu dare solo quello che si provato noi personalmente. Se desiderate aiutare gli altri operando guarigioni con lo yoga, dovete
mettervi al servizio dell'arte e poi, grazie allesperienza, acquistare la comprensione. Non pensate di avere subito capito e non
imponete la vostra comprensione imperfetta a chi si rivolge a voi per aiuto.


Ricordatevi che l'esperienza e la conoscenza che nasce dall'esperienza sono mille volte superiori alla conoscenza accumulata e
acquisita. La conoscenza che nasce dall'esperienza soggettiva ed reale, mentre la conoscenza acquisita, essendo oggettiva, pu
lasciare adito al dubbio. Imparate quindi, fate, sperimentate, e sarete capaci di insegnare con sicurezza, coraggio, e chiarezza.

QUARTA PARTE
IL S E IL SUO CAMMINO

IL RITORNO AL SEME
Abbiamo definito gli otto rami dello yoga come parti di un albero, che si sviluppa dalle radici fino a generare il fiore e il frutto.
Anche l'evoluzione spirituale dell'essere umano pu essere paragonata allo sviluppo di un albero dal seme alla piena maturit. Come
crescer l'albero non lo si pu capire dal seme, poich il suo sviluppo nascosto all'interno del seme stesso. l'anima il seme
dell'essere umano, entro cui si cela l'essenza della nostra vita. L'evoluzione di ogni individuo determinata dall'anima, proprio come la
crescita dell'albero determinata dal seme.
Il seme viene piantato, e dopo uno o due giorni germoglia in una piantina. Questa piantina si chiama dharmendriya. Indriya un
organo, e dharma la virt, o la natura essenziale. Dharmendriya, l'organo della virt, la coscienza. Questo germoglio o piantina
dell'anima d la prima percezione, una percezione di purezza, un varco di accesso.
Quando il seme infine sbocciato, nasce uno stelo che si chiama chitta o coscienza. In seguito quell'unico stelo che nasce dal seme si
divide in vari rami: un ramo il piccolo s, denominato asmita; un altro l'io, o ahamkara. Asmita la consapevolezza dell'esistenza
individuale. Non ancora l'io: la consapevolezza del s, dellIo sono". Ahamkara l'io: il germogliare di asmita, l'io, nell'azione.
Finch il s non entra in azione asmita, ma appena si esprime diviene ahamkara.
La coscienza, una volta sviluppata, si divide in diversi rami. Un ramo ahamkara, l'io; un altro buddhi, l'intelligenza; un altro
ancora manas, la mente. Durante la crescita dell'albero, emergono altri rami, karmendriya e jnanendriya, gli organi dell'azione e della
percezione sensoriale che entrano in contatto con il mondo esterno e creano onde di pensiero, fluttuazioni, riflessioni, adattamenti,
modificazioni. Come le foglie di un albero a contatto con l'atmosfera, il s individuale, l'intelligenza individuale e la mente entrano in
contatto con il mondo esterno e raccolgono informazioni che trasmettono ai rami, allo stelo principale o al tronco della coscienza e al
seme dell'anima. Agiscono quindi da ponte per mettere il corpo interno ed esterno a contatto l'uno con l'altro.
Questa evoluzione dal seme al tronco, ai rami, e alle foglie un processo naturale in ogni individuo. Se le foglie non svolgono la
loro funzione, segno che non vi ossigenazione, e quindi le foglie si seccano e l'albero inaridisce. Le foglie servono per nutrire tutto
l'albero. Allo stesso modo, i nostri organi di percezione e di azione sono fondamentali per la formazione del corpo interiore.
Purtroppo, in genere trascuriamo la nostra vita interiore e ci occupiamo esclusivamente di quella esteriore, perch ci accorgiamo solo
del mondo esterno e non vediamo cosa avviene all'interno dell'albero. Non ci rendiamo conto di come il nutrimento aspirato dalle
foglie dall'atmosfera esterna e scorre nella linfa, protetto dalla corteccia, per nutrire la radice e tutto l'albero.
I nostri organi dell'azione e della percezione servono per acquisire conoscenza e comprensione e per coltivare l'intelligenza e l'io,
nutrendo quindi il s e il seme originario, l'anima, che la causa che comprende l'essenza del tutto. Come l'albero nel suo sviluppo si
manifesta verso l'esterno dal seme attraverso il tronco, i rami e le foglie, anche il viaggio di ritorno deve avvenire dalle foglie fino al
seme. Nella pratica degli asana, si avverte l'energia che scorre nel corpo, come opera e come fluisce. Nell'albero l'energia scorre dal
seme alle foglie, e non appena le foglie entrano in contatto con l'aria immettono l'energia con un percorso inverso, attraverso i rami e il
tronco fino alla radice, e la radice fa crescere ancora l'albero che poi sboccia nei frutti e nei fiori.
Il cervello si trova alla sommit del corpo umano proprio come il frutto in cima all'albero. Nello yoga, dobbiamo far s che il
cervello, la mente, e la coscienza diventino simili a oggetti. Ci non equivale a negarli, ma a coltivarli. La filosofia europea parte dal
cervello, come sede del pensiero. Lo yoga parte dal seme. Il cervello, secondo lo yoga, la periferia della coscienza. Da l, si deve
penetrare all'interno verso la radice. Vivendo troppo nella nostra mente, infatti, perdiamo il contatto con il resto del corpo.
La coscienza sempre presente nelle nostre dita, ma la maggior parte del tempo non ne siamo consapevoli, e la coscienza che
presente nel dito rimane inattiva. Dovreste riconoscere la differenza tra coscienza e consapevolezza. La coscienza presente ovunque
nel corpo. Che succede se mentre camminate una spina vi entra nel piede? Punge, avvertite subito il dolore, e per questo non potete
negare l'esistenza della coscienza in quel punto. Eppure, se la spina non vi avesse punto, non sareste stati coscienti del vostro piede. La
coscienza nel piede era addormentata, ma appena il piede stato punto, emersa in superficie. la consapevolezza e risvegliare
quella coscienza sopita. La coscienza lunga un metro e ottanta, o un metro e settanta, quanto la vostra altezza, mentre invece la
consapevolezza corta. La consapevolezza si pu estendere di cinquanta centimetri, venti centimetri, cinque centimetri o un
centimetro. Gli yogi sostengono che eseguendo gli asana possibile portare la consapevolezza a un'estensione equivalente a quella
della coscienza. Ci equivale alla consapevolezza assoluta: la meditazione.
Quando la consapevolezza svanisce, svanisce anche la concentrazione, oltre all'intelligenza e alla coscienza. Ma appena prestate
attenzione, la vostra mente concentrata. Questa concentrazione detta dharana, e la meditazione sopraggiunge quando l'intelligenza
e la consapevolezza non sono incerte ma rimangono invece costanti. Non essendovi alcuna sospensione nell'osservazione, non c'
alcuna sospensione nel flusso dellintelligenza, non c' affievolimento della consapevolezza, e in questo modo il soggetto e l'oggetto si
unificano. Nella dharana il soggetto e l'oggetto sono ancora separati, ed il motivo per cui dovete concentrarvi per riportare il soggetto
a penetrare l'oggetto, o per attirare l'oggetto verso il soggetto. Il samadhi l'attimo in cui l'oggetto si dissolve nel soggetto e il soggetto
dimentica se stesso: non esiste allora alcuna differenza tra me e l'oggetto da me contemplato. L'attimo in cui l'oggetto e il soggetto si
unificano, non esiste l'oggetto n il soggetto; esiste l'anima, esiste il seme.

GLI YOGA SUTRA DI PATANJ ALI
molto difficile per i praticanti penetrare il significato profondo dello yoga. Sappiamo tutti che lo yoga l'acquietamento delle
funzioni mentali. Un tempo nei testi dei sapienti e degli yogi, gi all'inizio dei loro insegnamenti si indicava il fine e poi si


descrivevano i metodi per placare la mente allo scopo di giungere allo stato di quiete. Circa duemilacinquecento anni fa, Patanjali
scrisse gli Yoga Sutra, composti da quattro capitoli, con centonovantasei sutra o aforismi, in cui spiegato un metodo completo per
mezzo del quale ogni individuo pu evolversi e vivere in armonia con se stesso.
Nei primi due sutra Patanjali afferma che quando la mente e acquietata, il s risiede nella sua dimora. Se tutto fosse cos semplice,
Patanjali avrebbe potuto allora fermarsi qui, invece continua ad ampliare questi due sutra con altri centonovantaquattro nei quali
vengono definite le tecniche per arrivare a quello stato. Il s risiede nella sua dimora quando la funzione mentale si arresta: ma quando
la mente non placata, quando vaga ed attratta verso realt esterne, il s segue la mente, e seguendo la mente, non pu risiedere nella
sua dimora.
Nel primo capitolo, Patanjali descrive come la funzione mentale viene attratta da cose viste o rivelate, che producono nella mente
fluttuazioni e onde di pensiero. Descrive vari metodi per arrestare questi fattori di distrazione, adattati alle diverse capacit individuali
e ai diversi livelli di evoluzione, in modo che tutti gli allievi possano giungere a un'unit tra la mente, il corpo e l'anima.
La mente non coltivata fluttua secondo il comportamento abituale, per questo Patanjali fornisce delle tecniche per concentrarsi sullo
spirito universale di Dio, o sul respiro, o su quelli che sono giunti alla liberazione attraverso la pratica dello yoga, o su qualsiasi cosa
adatta all'allievo. Seguendo queste tecniche di yoga l'allievo sviluppa una mente coltivata, e attraverso questa mente coltivata analizza
correttamente, argomenta con precisione oppure, senza subire interferenze con il mondo esterno, non analizza n ragiona, ma rimane
nello stato di quiete. Quando la mente coltivata acquietata, si ha uno stato di beatitudine, e in quella beatitudine l'allievo scopre il
centro dell'essere.
Pi di due millenni fa Patanjali si rese conto dell'importanza del cervello e defin analitico il cervello anteriore, argomentativo il
cervello posteriore, indicando come sede dell'anima la parte inferiore del cervello (il che incidentalmente corrisponde alle scoperte
della medicina moderna, secondo la quale l'ipotalamo, localizzato alla base del cervello, il centro del piacere e del dolore), e defin la
parte superiore del cervello la sede della coscienza creativa, l'origine dell'essere, l'io o l'orgoglio, la sede dell'individualit.
Patanjali descrive le tecniche per affinare il cervello e rendere passive le quattro parti, che si vuol far diventare oggetti come le
nostre mani e le nostre gambe, in modo da renderle inattive, e quando ci avviene non c' assolutamente alcun impulso del cervello.
Invece di essere estroverso, il cervello diviene introverso e comincia a risalire alla sua origine. Tutti noi abbiamo provato tale passivit
durante il sonno quando il cervello arresta le sue funzioni e rimane inanimato. In quel momento si perde la consapevolezza di se stessi.
La filosofia dello yoga descrive questo stato come un deserto spirituale, come quando la gente va e viene a un incrocio ma non sa in
quale direzione andare se mancano indicazioni. anche una condizione di equilibrio e di pace.
Patanjali ci ammonisce di non farci imprigionare in questa quiete. Esiste qualcosa al di l di essa, ed la sede della stessa coscienza.
Se giungete allo stato di quiete della coscienza e ne rimanete imprigionati, ricordatevi che c' una caduta chiamata yoga-bhrashta, che
significa caduta dalla grazia dello yoga. Ci avviene quando si rimane imprigionati in questa condizione immaginando che sia
l'apice dello yoga, invece la pratica dello yoga deve continuare dovendo culminare, secondo Patanjali, nella visione dell'anima. Cos
dalla fluttuazione all'immobilit, dall'immobilit al silenzio, e dal silenzio alla visione dell'anima si svolge il cammino dello yoga. Con
un grande sforzo e con la fede dovete ricaricare le batterie dell'intelligenza per procedere attraverso la vibrazione della coscienza e
scoprire dove questa si arresta. Quando si raggiunge quello stato d'animo, si sviluppa una coscienza matura definita intelligenza
matura o esperta, che non vacilla, e ci si unifica con l'essenza dell'essere, Questo stato d'animo si chiama nirbija-samadhi o samadhi
senza seme.
Questa la conclusione del primo capitolo di Patanjali, intitolato Samadhi Pada, che rivolto a chi giunto a un determinato livello
di evoluzione spirituale. spiegato chiaramente che questo capitolo non per tutti, ma per quelli che sono giunti a questo stato di
evoluzione quando mantengono un atteggiamento uniforme in qualsiasi circostanza. Dimostra che queste anime coltivate riescono a
conservare quella maturit nel loro esistere ininterrottamente.
Il secondo capitolo rivolto a quelli che non hanno cominciato la loro evoluzione spirituale, o che l'hanno appena cominciata. Parla
delle afflizioni fisiche che provocano le fluttuazioni della mente. I dolori fisici determinano modifiche mentali, perci opponendosi ai
disturbi fisici ci si oppone alle fluttuazioni della mente.
Ora, come ho detto, lo yoga integrazione. Il secondo capitolo fornisce lo sfondo per comprendere cos' l'integrazione. Siamo
composti di tre strati: karana-sharira, o corpo causale, che comprende l'involucro spirituale, sukshma-sharira o corpo sottile, che
comprende gli involucri fisiologici, psicologici e intellettuali, e sthula-sharira o corpo grossolano, che comprende l'involucro
anatomico. Il sukshma-sharira o corpo sottile si trova in mezzo agli altri due; il ponte che collega il corpo con l'anima. Quando il
corpo e l'anima sono uniti, secondo Patanjali, le dualit tra corpo, mente e anima scompaiono.
All'inizio del secondo capitolo leggiamo: "Tapah svadhyaya Ishvara-pranidhanani kriyayogah": autodisciplina, autoricerca e
abbandono a Dio, insieme costituiscono lo yoga dell'azione (Yoga Sutra, II, 1). Quando il corpo, la mente e i sensi sono purificati dal
tapas (zelo e autodisciplina basati sulla passione), e quando la comprensione del s stata ottenuta attraverso la svadhyaya
(autoricerca), solo allora l'individuo pronto per l'Ishvara-pranidhana (abbandono a Dio). Egli ha ridotto l'orgoglio e ha sviluppato
l'umilt, e quell'anima umile da sola pronta per il bhakti-marga, il sentiero della devozione.
Patanjali quindi non ha tralasciato n il karma-marga, il sentiero dell'azione, n l'jnana-marga, il sentiero della conoscenza, n il
bhakti-marga, il sentiero della devozione. Ha dato importanza a tutt'e tre per il semplice motivo che ogni essere umano costituito di
tre parti: le braccia e le gambe per l'azione, la mente per il ragionamento, e il cuore per la devozione e l'abbandono emotivo. Ogni
individuo deve seguire queste tre vie. Nessuno superiore o inferiore agli altri, e ognuno richiede un suo particolare tipo di azione.
Questo secondo capitolo degli Yoga-Sutra intitolato Sadhana Pada, il capitolo sulla pratica, e Patanjali prosegue a descrivere le
varie tecniche che si possono usare a seconda del livello di evoluzione di ognuno. Questi sono gli otto rami dello yoga, chiamati yama,
niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, dhyana e samadhi, che abbiamo esaminato uno per uno nella Seconda Parte di questo
libro.
Il terzo capitolo intitolato Vibhuti Pada, il capitolo sulle realizzazioni. Parla della ricchezza dei risultati della pratica dello yoga,
che pu turbare l'armonia delle anime evolute per la tentazione dei poteri dello yoga. Patanjali descrive circa trentacinque effetti che si


possono provare, e che sono un indice della validit della propria pratica. Se la vostra pratica buona, egli sostiene, ottenete questi
risultati. Se non ottenete questi risultati segno che la vostra pratica incompleta. Queste ricchezze tuttavia, questi doni che
provengono dallo yoga, costituiscono anche una trappola. Per questo egli insegna anche il distacco.
Purtroppo questi risultati sono descritti come poteri soprannaturali, ma in effetti non sono affatto soprannaturali: sono conquiste
emotive che si raggiungono automaticamente attraverso la pratica dello yoga, ma pu succedere che l'allievo si faccia deviare da questi
successi, come qualcuno che fugge dal vento e resta imprigionato in un vortice. Per non farsi afferrare dal vortice dei poteri
apparentemente soprannaturali, Patanjali consiglia di controllare se possedete o no una di queste qualit, e poi di continuare ancora
nella pratica dello yoga.
Questi poteri e talenti sono trappole per l'allievo, proprio come le gioie e le comodit del mondo materiale sono trappole per
l'individuo comune. Patanjali spiega che come l'uomo comune lotta per sbarazzarsi dai malesseri, cos anche lo yogi deve lottare
quando ottiene questi poteri, perch si possono trasformare in disturbi psicologici. Sebbene possano apparire poteri soprannaturali,
non sono soprannaturali, ma sono soltanto i pi elevati poteri naturali. Avendo l'allievo sviluppato sensibilit e intelligenza, egli
avverte gli effetti di quella sensibilit. Questi poteri sono normali, sebbene possano apparire straordinari per chi non ha sviluppato
quel grado di sensibilit. Quando invece raggiungete quella sensibilit e questi poteri divengono per voi normali, dovete stare attenti
perch tutto ci che non avete ancora provato diviene per voi una tentazione. come un celibe che subir il fascino di una donna.
Questi poteri appena sperimentati saranno una trappola per voi e vi distoglieranno dal vero scopo dello yoga. Ecco perch dovete
sviluppare il distacco.
Quando il dolore e le distrazioni della mente sono stati dominati, lallievo acquisisce poteri e talenti spirituali, che devono essere a
loro volta dominati. Soltanto quando sono stati sottomessi, lo spirito solo. Quando l'anima liberata dalla schiavit del corpo, della
mente, del potere e della sete di successo, raggiunge la condizione chiamata kaivalya, o solitudine, dove il corpo e la mente sono come
se fossero in quarantena e l'anima libera. Questo l'argomento del quarto capitolo, intitolato Kaivalya Pada, il capitolo sulla
liberazione assoluta.

PRANAYAMA
Prana significa energia. L'energia cosmica, l'energia individuale, quella sessuale o quella intellettuale, sono tutte manifestazioni di
prana. stato anche detto che il prana a far s che ci sia il sole o la pioggia. Il prana universale: pervade ogni individuo, cos come
l'universo, a tutti i livelli. Tutto ci che vibra prana: calore, luce, gravitazione, magnetismo, vigore, potere, vitalit, elettricit, vita,
respiro, spirito, sono tutti aspetti di prana. Il prana il mozzo della ruota. Tutti gli esseri umani hanno origine dal prana e vivono di
esso, e quando muoiono, il loro respiro individuale si dissolve nel respiro cosmico. Esso influisce su tutti gli esseri viventi ed
l'originaria sorgente di ogni attivit.
Prana e coscienza sono in contatto costante l'uno con l'altra: sono come gemelli. Nei testi di yoga si legge che finch il respiro
immobile, il prana immobile e, di conseguenza, lo la mente. Ogni sorta di vibrazione e oscillazione si arresta quando il prana e la
coscienza sono calmi, tranquilli e silenziosi.
I saggi yogi indiani, consapevoli del nesso tra respiro e coscienza, incoraggiavano la pratica del pranayama, che il cuore dello
yoga. I testi non spiegano come il prana si libera nel nostro sistema, ma i Purana contengono una storia stupenda che ritengo una
rappresentazione simbolica di questo processo. Ho gi accennato a questo racconto nella Seconda Parte di questo libro, ma ora vorrei
esaminarlo pi dettagliatamente.
Migliaia di anni fa ci fu una guerra tra gli di e i demoni. I demoni erano molto forti e stavano distruggendo l'universo con la forza
dei loro muscoli. Allora gli di si spaventarono, temendo che l'irreligiosit si sarebbe diffusa ovunque. Si rivolsero per aiuto al
creatore, Brahma, ma egli afferm di non poter far nulla per loro, perch era stato proprio lui a dare forza ai demoni. Consigli loro di
rivolgersi a Shiva. Ma Shiva disse: "Anch'io non posso fare nulla. Li ho benedetti e ho concesso loro una lunga vita". Cos Brahma e
Shiva andarono a loro volta da Vishnu per un consiglio,
Allora Vishnu, dopo averli ascoltati, medit sulla questione, e disse agli di: "Andate dai demoni e dite: Rimestiamo l'oceano, per
estrarne l'elisir di lunga vita, e dividiamo tra di noi questo elisir per divenire immortali". Poi, quando dall'oceano apparir questo
nettare di vita, lasciate che sia io a distribuirlo". Cos si fece una trattativa tra i demoni e gli di, e l'accordo fu di rimestare l'oceano.
Per rimestare le acque dell'oceano avevano bisogno di una pala, e decisero di usare a questo scopo il Monte Meru. Ebbero poi
bisogno di una corda per muovere la montagna. Vishnu disse: "Prendete il mio servo, Adishesha, il dio cobra". Adishesha approv le
parole del suo signore e disse: "Utilizzatemi pure come corda per muovere la montagna".
Gettarono nell'oceano alberi, rampicanti, erba e materiali grezzi della terra per rimestare le acque dell'oceano, in modo da mescolarle
insieme e produrre un nuovo composto: l'elisir di lunga vita. Questi materiali grezzi rappresentano i cinque elementi del corpo, cio la
terra, l'acqua, il fuoco, l'aria e il cielo. I demoni, essendo forti, tenevano la testa di Adishesha, mentre gli di tenevano la coda, e
cominciarono a rimestare. Il sommovimento rappresenta l'inspirazione e l'espirazione in un essere umano. Proprio in quel frangente, la
montagna che stavano usando come pala sprofond nell'oceano a causa del suo grande peso ed essi non poterono pi rimestare il mare.
Mentre sprofondava, gli di pregarono il dio Vishnu, che apparve nell'incarnazione di una tartaruga (Kurma) e strisci sotto la
montagna per sollevarla in modo che potessero rimestare ancora. In questa storia Vishnu, incarnato come Kurma, rappresenta lo
spirito o l'anima in ognuno di noi, che una particella dello spirito universale. In sanscrito lo spirito o l'anima conosciuto come
purusha. Pura significa una dimora, un castello, una citt, una casa, una residenza, o un corpo. Isha significa maestro o padrone.
Purusha, l'anima, il signore del corpo, che ne la dimora. Il diaframma, situato sopra la sede dell'anima, rappresentato nella storia
dalla base della montagna; la montagna stessa simboleggia il torace, e l'agitazione rappresenta l'inspirazione e l'espirazione. Adishesha
una rappresentazione della sushumna, il principale canale d'energia nel corpo, e la testa e la coda rappresentano ida e pingala, di cui
diremo nel prossimo capitolo.


Durante il rimestamento la prima cosa che emerse fu un veleno fatale, halahala. Shiva, animato da un sentimento di profonda
compassione, lo bevve per salvare l'umanit dalla distruzione totale, e il collo gli si color di un blu intenso. Poi dall'oceano apparvero
diversi gioielli, e alla fine il nettare jivamrta, l'elisir di lunga vita.
Alla comparsa del nettare, Vishnu si trasform in Mohini, una donna attraente e bellissima, che inizi a danzare e a distribuire il
nettare solo agli di ristabilendo cos il dharma, la virt, nell'universo. Allo stesso modo, durante la respirazione, eliminiamo dapprima
le tossine del corpo quando espiriamo, e poi inspiriamo per attrarre dall'aria il nettare.
Nel nostro corpo abbiamo cinque elementi: la terra l'elemento all'origine della produzione dell'elisir di lunga vita (prana).
L'elemento dell'aria viene utilizzato come pala, con l'inspirazione e l'espirazione, e la distribuzione avviene attraverso l'elemento
dell'etere. L'etere spazio, e ha la propriet di potersi contrarre o dilatare. Nell'inspirazione, l'etere si dilata per accogliere il respiro,
mentre nell'espirazione, l'etere si contrae per eliminare le tossine.
Restano due elementi: l'acqua e il fuoco. In caso di incendio, viene utilizzata l'acqua per estinguerlo. Questo esempio ci fa
comprendere come il fuoco e l'acqua siano due elementi contrapposti. Grazie agli elementi della terra, dell'aria e dell'etere, si crea un
contrasto tra l'acqua e il fuoco, che genera energia oltre a emetterla, proprio come l'acqua che fa girare le turbine in una centrale
elettrica produce elettricit. Per generare elettricit, l'acqua deve scorrere a una determinata velocit; un flusso inadeguato non
produrr elettricit, proprio come, nel nostro corpo, il respiro normale non produce una forte energia. Questo il motivo per cui
soffriamo tutti di tensione fisica e mentale, con una circolazione carente che influisce sulla nostra salute e serenit. Non disponendo di
sufficiente corrente, esistiamo solamente, ma non viviamo.
Quando eseguiamo il pranayama, la respirazione molto lunga. In questo modo, gli elementi del fuoco e dell'acqua vengono riuniti,
e questo contatto del fuoco e dell'acqua nel corpo, con l'aiuto dell'elemento dell'aria produce una nuova energia, definita dagli yogi
energia divina, o kundalini shakti, che l'energia del prana.
Prana e energia; ayama la provvista e la distribuzione di quell'energia. Ayama ha tre aspetti: l'estensione verticale, orizzontale e
circolare. Con il pranayama impariamo a far circolare l'energia in senso orizzontale, verticale e circolare ai confini del corpo.
Pranayama il legame tra la struttura fisiologica e spirituale dell'uomo. Come il calore fisico il fulcro della nostra vita, cos il
pranayama il fulcro dello yoga. La Prashna Upanishad sostiene che coscienza e prana sono gemelli. Analogamente, lo Hatha Yoga
Pradipika afferma che dove esiste la mente esiste il respiro, e dove c' il respiro c' la mente. Se riuscite a controllare la respirazione,
riuscite anche a controllare la mente e viceversa, per questo dovreste imparare a dare ritmo al respiro attraverso il pranayama. Ci non
va per fatto senza le dovute cautele, perch pu rendervi perfetto o distruggervi. Se il vostro battito cardiaco irregolare, la paura ha
il sopravvento e la morte potrebbe essere imminente. Nello stesso modo, se il pranayama non ritmico, l'energia fiaccata invece di
essere esaltata.
Purtroppo, il pranayama spesso si insegna senza le giuste basi. Lo Hatha Yoga Pradipika afferma: "Quando lo yogi diviene perfetto
nell'asana, quando il corpo controllato, allora con l'aiuto del guru, l'allievo pu apprendere il pranayama". Quando Patanjali spiega la
pratica dello yoga, sebbene descriva in termini generici gli otto stadi dello yoga cominciando con yama e concludendo con samadhi,
non dice, per esempio, che yama dovrebbe essere fatto senza pratyahara, o niyama senza asana. Ma quando comincia a spiegare le
tecniche del pranayama, egli dice specificamente: "Tasmin sati shvasa prashvasayoh gativichchhedah pranayamah": solo dopo aver
raggiunto la padronanza degli asana, si dovrebbe provare il pranayama, che l'arte di disciplinare l'inspirazione, l'espirazione e la
ritenzione (Yoga Sutra, II, 49).
Il sutra successivo spiega che l'inspirazione, l'espirazione e la ritenzione devono essere rese precise. Patanjali dice: "Bahya
abhyantara stambha vrttih desha kala samkhyabhih paridrstah dirgha sukshmah" (Yoga Sutra, II, 50). Questo un sutra fondamentale e
vale la pena esaminarlo minuziosamente. Bahya significa esterno, o espirazione, Abhyantara significa interno, o inspirazione. Stambha
controllo, e vrtti movimento. Il sutra quindi inizia con il controllo sul movimento dell'espirazione e dell'inspirazione. Poi abbiamo kala
che significa tempo, desha che significa luogo, samkhya che significa numero, e paridrshtah, che significa regolato. La respirazione
deve essere regolata o resa precisa nel tempo, nello spazio, e nel numero. Purtroppo, quando vi viene insegnato a respirare ogni otto o
sedici secondi, potete facilmente dimenticare le ultime parole del sutra, che sono dirgha, lungo, e sukshma, sottile. Tendiamo a
concentrarci sulla lunghezza, ma dimentichiamo la sottigliezza. Il flusso del respiro quando contiamo non dovrebbe variare affatto.
L'inspirazione e l'espirazione dovrebbero essere lunghe, tranquille, uniformi, e continue.
Stambha vrtti il controllo del movimento. Kumbhaka si ha quando non c' alcun movimento nelle cellule, nella mente, o in ogni
altra parte dell'anima. Lo Hatha Yoga Pradipika parla di antara-kumbhaka e bahya-kumbhaka, o sospensione del respiro con i polmoni
pieni e sospensione del respiro cori i polmoni vuoti, come puraka, inspirazione, e rechaka, espirazione, e sostiene che dobbiamo
incanalare l'inspirazione e l'espirazione senza turbare la quiete del corpo.
Patanjali parla anche di una quarta tecnica nel pranayama. La prima tecnica l'inspirazione; la seconda l'espirazione, la terza
linspirazione-ritenzione e esalazione-ritenzione; e la quarta tecnica quando lo sforzo faticoso diviene facile attraverso la padronanza
dell'asana. Dapprima il pranayama deliberato e faticoso, ma solo quando diviene facile ne abbiamo raggiunto la padronanza. Questo
il kevala-kumbhaka, che significa kumbhaka puro o semplice - kumbhaka che ha luogo da solo ed divenuto naturale e facile. Nel
kevala-kumbhaka non esiste il pensiero. Non ci sono pensieri interni o esterni. In questo pranayama spirituale non riuscite a pensare ad
altro se non alla solitudine.
Il pranayama segna il confine tra il mondo materiale e quello spirituale, e il diaframma il punto d'incontro del corpo fisiologico e
spirituale. Se, quando trattenete il respiro, la vostra mente viene meno dopo un po', non kumbhaka. Anche quando si conta: "Uno,
due, tre, quattro", avete perso la divinit, avete perso la serenit. Ricordatevi che kumbhaka non significa trattenere il respiro; vuol
dire trattenere l'energia. Kumbhaka rendersi conto della vera essenza dell'essere che si avvicinato al corpo. Non pensate n
esternamente n internamente. Avendo tenuto sotto controllo i movimenti che avvengono all'interno e all'esterno di voi, vi accorgete
che in quel silenzio non si forma neanche un pensiero. Quando non pensate affatto, dov' la mente? Si dissolve nel s.
Lo Hatha Yoga Pradipika scrive che si finisce con il provare consapevolmente quello stato di unione con il s attraverso il
pranayama. Quando siete una sola cosa con voi stessi, divenite un re tra gli uomini. una condizione di vita indivisibile, assoluta.


Non richiesta un'intelligenza straordinaria per essere onesti, ma per essere disonesti, invece, come dobbiamo essere abili nelle
nostre funzioni mentali! La vita stata resa complicata a causa del nostro comportamento. La verit per semplice, anche la vita
quindi pu divenire semplice. Lo yoga si prefigge di ridare semplicit alle complessit della mente, e una tale semplicit si ottiene con
la pratica del pranayama.
Nel cervello si instaura una dura lotta tra la coscienza pura e la coscienza impura. come il rimestamento delle acque dell'oceano; lo
stesso rimestamento avviene tra l'intelligenza della mente interiore o inconscia, e l'intelligenza della testa o del cervello. Un velo di
oscurit ricopre la coscienza della testa. Se il cervello si oscura, non si riesce a vedere con chiarezza. La pratica del pranayama
rimuove le nuvole del cervello per illuminarci e apportare chiarezza e freschezza, in modo da farci vedere la cosa giusta al momento
giusto. Di solito ci accorgiamo della cosa giusta al momento sbagliato o della cosa sbagliata nel momento giusto. Ma se la mente vaga,
fate un'espirazione calma e lenta, e restate cos per un po'. Lasciate scorrere la coscienza con il respiro, e le distrazioni si arresteranno.
Quando raggiungete un solo stato mentale, la mente dualistica scompare e siete pronti per la meditazione.
Quando inspirate, il s entra in contatto con il corpo. Quindi, l'inalazione l'evoluzione dell'anima verso il corpo ed il respiro
cosmico spirituale che entra in contatto con il respiro individuale.
L'espirazione, per quanto riguarda la salute, l'espulsione delle tossine dal corpo. Dal punto di vista psicologico, placa la mente,
mentre dal punto di vista spirituale, il respiro individuale che entra in contatto con il respiro cosmico esterno per diventare una sola
cosa con esso.
L'espirazione la resa del nostro io. Non l'espulsione dell'aria ma l'espulsione dell'io sotto forma di aria. Nell'espirazione, si
diviene umili, mentre nell'inspirazione si diviene orgogliosi. Anche il pranayama spiritualmente pericoloso se non sapete come
esercitarlo. Affermare: "Riesco a trattenere il respiro per un minuto!" orgoglio. Imparare il pranayama equivale a imparare e
comprendere il passaggio dall'attaccamento al non-attaccamento, e viceversa.

ENERGIA E GRAZIA DIVINA
Abbiamo parlato di prana. Esaminiamo ora ida, pingala e sushumna, che sono le tre principali nadi, o canali d'energia del nostro
corpo. Fisiologicamente hanno un senso; psicologicamente ne hanno un altro.
Fisiologicamente, pingala corrisponde al sistema nervoso simpatico, ida al parasimpatico, e sushumna al sistema nervoso centrale. Il
sole genera energia, e pingala, che nasce dal plesso solare, definita dagli yogi surya-nadi, la nadi del sole. Ida chandra-nadi, la nadi
della luna, e ha origine dal cervello. La freddezza che si attribuisce a ida nello Hatha Yoga Pradipika spiegata dalla medicina
contemporanea perch in relazione con l'ipotalamo, che alla base del cervello ed il centro che mantiene uniforme la temperatura
corporea. Cos l'ipotalamo il plesso lunare, da cui discende ida, quando pingala si eleva dalla sua dimora al plesso solare.
C' una relazione straordinaria tra il sistema nervoso simpatico e il parasimpatico. La medicina sostiene che se i nervi simpatici sono
in funzione, i nervi parasimpatici sono fermi, e se i nervi simpatici sono malati, i parasimpatici reagiscono fornendo energia in modo
che sia mantenuta l'armonia del nostro organismo. Analogamente, gli yogi dicono che ida e pingala lavorano insieme. Una calda,
l'altra fredda. Una come il sole e conduce energia solare; una come la luna e conduce energia lunare. Se ci fosse il sole per
ventiquattr'ore al giorno, quale sarebbe il destino del mondo? Quale sarebbe il destino dell'umanit? Moriremmo tutti! La luna,
fornendo solo l'energia riflessa del sole, ha un effetto rinfrescante. Per questo c' il giorno e la notte. Cos, nel nostro corpo, quando
pingala molto attiva, ida dice: Il calore in aumento, fatemi dunque agire". Ci corrisponde all'azione del sistema nervoso
simpatico e parasimpatico.
L'unione di ida e pingala nel nostro sistema, come la fusione del fuoco e dell'acqua, produce un'energia diversa: l'energia di
sushumna, nota con il nome di kundalini. Sushumna corrisponde al sistema nervoso centrale, e questa energia divina, generata con la
fusione di ida e pingala, considerata fisiologicamente come energia elettrica.
I sistemi nervosi simpatico e parasimpatico sono parzialmente controllabili o parzialmente volontari, come l'apparato respiratorio. La
respirazione normale automatica, ma la si pu anche controllare. Cos, attraverso i vari movimenti degli asana, si pu aumentare
l'energia del sistema nervoso parasimpatico. La quantit d'energia del sistema nervoso centrale non si pu controllare in questo modo.
Non potete dire: Fatemi aumentare l'energia elettrica". Ma la fusione delle due energie di ida e pingala genera energia che viene
immagazzinata nel corpo e pu essere emessa per produrre energia elettrica per il sistema nervoso centrale. Attraverso il sistema
nervoso centrale, questa energia pu essere distribuita a ogni parte del corpo.
La sushumna esiste dovunque, non solo nella spina dorsale, perch il sistema nervoso centrale esiste dovunque. Immaginate di
distendere l'indice in un asana; se la parte esterna dell'indice si distende di pi, e la parte interna meno, segno che l'energia solare
fluisce di pi e quella lunare meno. Si deve prestare attenzione all'energia della luna in modo da annullare l'eccesso di energia solare.
Quando con la pratica degli asana, le energie solari e lunari vengono equilibrate e sono fatte scorrere in modo uniforme, vengono
annullate e il praticante prova una nuova sensazione e una nuova energia che proviene da queste: l'energia di sushumna, che scorre
attraverso tutto il corpo.
Questa l'interpretazione di ida, pingala e sushumna a un livello fisiologico. Ora consideriamole dal punto di vista psicologico.
Considerate la natura dell'argilla. La polvere della terra l'elemento principale dal quale si modellano varie forme e disegni. Pu
essere un barattolo, o un vaso, o una ciotola. Si possono formare tutte queste cose dalla polvere della terra. Se si vuole cambiare la
forma la si deve rompere per ritornare alla polvere originaria prima di creare una nuova sagoma. Ora chittavrtti-nirodha, che reprime
le funzioni mentali, secondo Patanjali non yoga. Chittavrtti significa i movimenti della coscienza, le diverse forme che la coscienza
pu assumere, come le diverse forme che l'argilla pu assumere. L'oro puro pu prendere varie sagome come i bracciali, le collane, gli
orecchini, gli anelli per il naso, i braccialetti, i bracciali da caviglia, e cos via. Ma per modificare il bracciale da caviglia in un
braccialetto, questo deve ritornare oro puro, proprio come l'argilla deve ritornare polvere prima di poter essere modellata in una nuova
forma. Allo stesso modo, se si vuole comprendere il s, si deve comprendere la natura della coscienza, non la natura dei movimenti
della coscienza.


Vrtti significa movimento. Nirodha significa controllo e chitta significa coscienza. Cos chittavrtti-nirodha significa controllo dei
movimenti della coscienza, ma non repressione della coscienza stessa. Finch non si arresta il movimento, come si fa a comprendere la
natura della polvere o dell'oro puro e come la polvere forma le varie sagome? Come la polvere l'elemento dei modelli dell'argilla, e
come l'oro puro l'elemento da cui vengono prodotti i diversi oggetti, cos chitta, la coscienza, l'elemento di chittavrtti, i movimenti
della coscienza.
Attraverso il controllo dei movimenti della coscienza, si crea un intervallo tra la trascuratezza e il raccoglimento, tra il vuoto e il
pieno. Osservatelo; osservando l'intervallo tra i due, vi rendete conto che chittavrtti diverso da chitta, i movimenti della coscienza
sono diversi dalla coscienza stessa. Patanjali dice che quando la coscienza si acquieta, quando si arriva allo stato di attenzione
contemplativa, attraverso asana, pranayama, dharana e dhyana, allora la coscienza si rende conto di non godere di luce propria, perch
non pu agire e nel contempo essere testimone. Dipende dal riflesso della luce dell'anima. Questa la sottigliezza della natura della
coscienza.
Nel primo capitolo degli Yoga Sutra Patanjali parla delle fluttuazioni della coscienza, ma non della caratteristica essenziale della
coscienza: cosa realmente la coscienza. Solo nel quarto capitolo Patanjali spiega la caratteristica fondamentale, o dharma, della
coscienza, e che il dharma non gode di luce propria come la luna. La coscienza consapevole di non godere di luce propria e di essere
dipendente da qualcos'altro. Sa che sta prendendo in prestito la luce dall'essenza dell'essere, Chitta, la mente, attira la luce dell'atma,
l'anima, proprio come la luna prende in prestito la luce dal sole.
Quando la coscienza, che ha agito da soggetto fino a questo momento, si rende conto di non godere di luce propria, ma di aver preso
in prestito la luce dell'anima, si arrende all'anima. Le fluttuazioni della coscienza cessano. La repressione ora intervenuta
spontaneamente; il cervello allora quieto, si svuota, non si comporta pi da soggetto e diviene un oggetto, passivo, ricettivo. Non
appena il cervello si trasforma in oggetto, c' ovunque una eguale diffusione della nostra intelligenza. Ci significa che ida e pingala, il
sole e la luna, sono in armonia e cedono il passo alla terza luce, che la forza divina della su5umkia chiamata kundalini.
Lo Hatha Yoga Pradipika dice che kundalini si risveglia solo quando si toccati dalla grazia, per cui tutti gli sforzi sono inutili
finch non giunge la grazia. Qual l'opinione di Patanjali? Egli dice di non sapere quando la grazia ricadr sull'uomo, per cui si deve
preparare tutto in modo da essere in grado di accoglierla quando viene. Egli dice: "Siate fisicamente saldi, mentalmente equilibrati, e
spiritualmente pronti per riceverla".
Patanjali ha spiegato molto chiaramente che gli strumenti della natura, gli organi dell'azione, gli organi della percezione, la mente,
l'intelligenza, la coscienza, esistono tutti per servire il loro signore, l'anima. Se sapete come usarli, diventeranno allora i vostri servi.
Questi veicoli sono come amici per aiutare il s, ma se il s non sa come usarli, ne diventano i padroni, ed questa la causa
dell'infelicit, della malattia, delle variazioni, e dei disturbi. Patanjali parla di bhoga e apavarga. Bhoga significa imprigionato nella
rete del mondo; apavarga significa imprigionato nella forza della divinit.
Gli asana e il pranayama sono la sorgente per creare e mantenere quell'energia divina della kundalini, che equivale all'energia
cosmica. Se l'energia interna della mente e quella esterna sono una sola, allora non ne riceverete alcun danno. Siete un individuo
divino, e accetterete quella luce senza alcun danno. Ma pu succedere che quando il potere divino sopraggiunge attraverso lo yoga, a
causa di qualche debolezza nell'energia interna, possa apportare infelicit, o turbamento dell'equilibrio del corpo. Per questo ci si
dovrebbe preparare in modo tale che quando viene la luce divina, il vostro corpo, la mente e i nervi siano in grado di riceverla.
Abbiamo parlato del processo di guarigione nello yoga, ma ricordatevi che lo yoga un metodo preventivo oltre che curativo, e stiamo
parlando qui non solo del corpo, ma anche della mente e dell'anima.
A scuola, l'insegnante fa lezione e tutti gli allievi ascoltano le stesse parole. Ma sebbene tutti ascoltino le stesse parole, e
probabilmente scrivano anche le stesse parole nei quaderni, non prendono gli stessi voti. Uno prende un voto alto, uno buono, uno
sufficiente, un altro viene respinto. Sentono tutti le stesse cose e fanno tutti degli sforzi, ma afferrano e comprendono la lezione in
modo diverso, e nessuno sa chi prender un buon voto. Il potere della kundalini come il voto. Alcuni possono solo prendere voti
sufficienti. Pur non facendo yoga, a volte sopraggiunge la luce divina, come un voto sufficiente. Ma se lavorate ancora, meritate di pi,
e se lavorate ancora pi intensamente, meriterete ancora di pi. Questa energia deve essere meritata, e quando giunge a piena maturit,
come un albero che produce frutti. L'essenza di tutto l'albero risiede nel frutto. Analogamente, l'essenza di tutta la pratica contenuta
in questa energia divina definita kundalini.
In una classe di yoga potete ricevere questa energia perch il maestro vi tocca e vi trasmette un po' della sua vibrazione. come i
voti sufficienti. Ma questa energia temporanea o stabile? Se solo temporanea, dovete lavorare per renderla stabile e allora la forza
divina resta eterna dentro di voi.
Se la salute del corpo, della mente, dei nervi e dell'intelligenza completamente matura, la luce rimane allora eterna. Fino ad allora,
andr e verr. Alcuni alberi danno frutti, altri non ne danno; alcuni producono frutti saporiti, alcuni frutti aspri, ed probabile che
sullo stesso albero un frutto pu essere molto saporito ed altri no. Quella kundalini divina il frutto dell'albero; dipende dalla vostra
pratica e dalla grazia divina. Lavorate quindi per raggiungerla, e se viene, non lasciatela andar via. Nessuna forza divina pu
risvegliarsi senza la grazia divina. Potreste desiderare di ottenerla, ma se non c' alcuna grazia, non verr. Questo il motivo per cui vi
ho detto di non lasciarla andar via. Se la grazia venuta, continuate la vostra pratica, e non permettete che svanisca.

MEDITAZIONE E YOGA
impossibile dire a parole cos' la meditazione; la si deve sperimentare direttamente nella propria vita, e non nemmeno possibile
insegnarla. Se qualcuno sostiene di insegnare meditazione, saprete immediatamente che non affatto uno yogi.
Meditazione indurre la coscienza complessa a semplicit e innocenza senza orgoglio e arroganza. Nessuna esperienza spirituale
possibile senza una disciplina etica. Le pratiche spirituali ed etiche si alleano per bere il nettare della divinit. Quindi, le discipline
etiche di yama e niyama sono essenziali se si vuole seguire la via spirituale.
Abbiamo gi visto che lo yoga si divide in tre parti: yama e niyama costituiscono una parte. Asana, pranayama e pratyahara la
seconda, e dharana, dhyana e samadhi costituiscono la terza parte. Yama e niyama rappresentano la disciplina degli organi di azione e


degli organi di percezione: sono comuni a tutto il mondo. Non sono specificamente indiani n sono unicamente legati allo yoga: sono
qualcosa di basilare che va preservato. Un uccello ha bisogno di due ali per volare; allo stesso modo le discipline etiche e mentali sono
fondamentali per ascendere alla saggezza spirituale.
Inoltre, da quel punto di partenza fondamentale, si deve giungere all'evoluzione. Per far s che l'individuo si evolva, la scienza dello
yoga predispone i tre metodi di asana, pranayama e pratyahara. Queste tre tecniche rappresentano il secondo stadio dello yoga, e
richiedono sforzo.
Il terzo stadio comprende dharana, dhyana e samadhi, che si possono facilmente tradurre come concentrazione, meditazione e unione
con il S Universale: sono i tre effetti della pratica di asana, pranayama e pratyahara, ma in s non comprendono la pratica. Gli effetti
saranno differenti, visto che esistono enormi diversit nella pratica. Lavorando due ore, si otterr solo lo stipendio corrispondente a
due ore di lavoro; lavorando invece otto ore, si avr lo stipendio di otto ore. Se dimostrate iniziativa, avrete un aumento di stipendio:
cos vanno gli affari. Anche dharana, dhyana e samadhi sono cos: lavorando con disciplina su asana, pranayama e pratyahara, si
otterr la ricompensa di dharana, dhyana e samadhi, che rappresentano gli effetti di quella pratica. Questi esercizi non si possono fare
subito; se sosteniamo di essere in grado di farli, segno che non conosciamo i primi aspetti dello yoga. solo esercitandoci nei primi
aspetti dello yoga che possiamo sperare di provare i loro effetti.
Che dice Patanjali dell'effetto dell'asana? "Tatah dvandva anabhighatah": le dualit tra il corpo e la mente scompaiono (Yoga Sutra,
II, 48), Che dice dell'effetto del pranayama? "Tatah kshiyate prakasha avarapam. Dharanasu cha yogyata manasah": il velo che copre
la luce della conoscenza e rimosso e la mente viene fatta divenire uno strumento atto alla concentrazione (Yoga Sutra, II, 52 e 53). E
dell'effetto di pratyahara? "Svavishaya asamprayoge chittasya svarupanukarah iva indriyanam pratyaharah": attraverso il pratyahara i
sensi smettono di molestare la mente in cerca di gratificazioni e si ritraggono dal mondo esterno per assistere la mente nella sua ricerca
interiore (Yoga Sutra, II, 54). In questo modo, queste tre pratiche conducono l'allievo a dharana, dhyana e samadhi. Patanjali ha
inventato una parola apposita per dharana, dhyana e samadhi: samyama, o integrazione totale.
Dharana significa attenzione o concentrazione: un modo di concentrare il pensiero su un particolare prescelto sentiero, sfera, punto
o luogo all'interno o all'esterno del corpo. Dharana il controllo delle variazioni della coscienza allo scopo di concentrarle verso un
unico punto. Nella dharana si impara lentamente ad attenuare le fluttuazioni della mente in modo da eliminare alla fine tutte le onde o
le maree di coscienza, finch il contemplatore si identifica con l'oggetto contemplato. Quando la coscienza conserva questa attenzione
senza alterazioni o esitazioni nella profondit della consapevolezza, dharana diviene allora dhyana o meditazione.
Quando si versa l'olio da un recipiente all'altro, questo mantiene un getto costante, continuo e eguale. Allo stesso modo il flusso di
attenzione e consapevolezza dovrebbe rimanere stabile e costante. Dhyana la consapevolezza costante: la strada della scoperta del
s pi elevato; l'arte dell'autoricerca, dell'osservazione, della riflessione, e della scoperta dell'infinito celato in noi. Inizia con
l'osservazione del processo fisico, comprende poi l'attenzione nei confronti dello stato mentale, e infine unisce la comprensione della
mente a quella del cuore per penetrare nella contemplazione profonda. Con questa profonda contemplazione, la coscienza si fonde con
l'oggetto di meditazione. Quest'unione del soggetto con l'oggetto rende la coscienza complessa semplice e spiritualmente illuminata.
L'effetto dello yoga di essere illuminati dalla luce della conoscenza e di mantenersi completamente puri con una mente candida, non
arrogante. La bellezza della saggezza dello yoga consiste in questo: saggezza unita a candore, non ad arroganza. questo l'effetto
della meditazione: arroganza, orgoglio e individualit sono convertiti e trasfigurati nell'umilt e nell'innocenza che conduce al
samadhi.
Samadhi significa diffondere uniformemente l'anima dal centro della sua dimora verso i suoi confini. Il samadhi differente dalla
trance. Se una persona cade in estasi, forse samadhi? Se lo fosse, il samadhi sarebbe privo di significato. La definizione di samadhi
restare consci provando lo stato di sonno. Che significa? Nel sonno, non si consapevoli di nulla; solo al risveglio dite: "Ho dormito
profondamente". La parte di voi che sostiene di aver dormito profondamente lo spirito, l'anima. Il praticante cerca di mantenere
l'anima, l'intelligenza, la coscienza, gli organi dell'azione e della percezione al cento per cento passivi, consapevolmente. Noi abbiamo
tre livelli di coscienza: il subconscio, il conscio, e l'inconscio. Lo yogi porta tutti e tre questi livelli verso un unico stato di coscienza
noto come super-coscienza. Il samadhi quando non vi n subconscio n inconscio, ma solo la coscienza. Non possiamo
raggiungerlo facilmente perch non siamo ancora penetrati nei tre livelli d coscienza, per questo dobbiamo procedere lentamente e
cominciare dalle cose visibili per avvicinarci a quelle invisibili, prima di passare a ci che nemmeno conosciamo o comprendiamo.
Ho detto che yoga significa riunire, congiungere; significa riunire ci che Dio ci ha dato: il corpo, la mente e l'anima. Ogni individuo
soffre unincredibile disgregazione tra il corpo, la mente e l'anima; e l'arte dello yoga stata tramandata dai saggi dell'antichit per
riunire questi mezzi di espressione alterati del s, in modo che l'umanit nel suo insieme possa raggiungere l'unit tra loro.
Come mai in India, dove ci sono seicento milioni di abitanti, sono in pochi a essere attratti dallo yoga? E come mai in confronto tanti
occidentali sono attratti dalla meditazione? I miei colleghi di yoga lavorano con voi in un certo modo perch voi non riuscite a
dominare i vostri nervi. Siete sempre sotto stress: per gli occidentali lavorare rappresenta uno stress, dormire uno stress, andare
persino al bagno uno stress! Siete sempre sotto stress, per questo vi viene insegnata quella che si potrebbe definire meditazione
passiva, e quando vi si insegna a rimanere in silenzio per un lasso di tempo, siete convinti di essere pervenuti allo yoga, o che la
kundalini si risvegliata in voi! Gli orientali sono pi rilassati, per cui dir loro di fare questo tipo di meditazione non ha alcun
significato. Al contrario, bisogna insegnare loro a essere pi attivi, e questa per l'Oriente diviene una meditazione attiva.
diventato quasi un luogo comune sentire la gente dire che fa meditazione. Pensano di poter fare meditazione tagliati fuori dalle
discipline dello yoga che vengono prima, cio quelle di yama, niyama, asana, pranayama e pratyahara. Ricordatevi che il fiume che
scorre dalla montagna al mare scorre come ununica unit, che poi evaporer, si trasformer in nuvole e ritorner come pioggia a
colmare di nuovo il fiume. Analogamente il fiume del corpo, il fiume del cervello e della mente sono un unico fiume, che scorre
dall'anima alla pelle e ritorna all'anima. Voi dite di essere interessati solo a una parte del fiume e non all'altra? Come i ruscelli che
nascono dalla sorgente si uniscono e confluiscono in un grande fiume che li collega tutti e che congiunge la montagna al mare, cos
anche tutta la struttura umana costituisce un unico fiume che scorre dall'anima alla pelle e dalla pelle all'anima.


Come potete dire di essere interessati al fiume della mente o a quello dell'anima mentre trascurate il fiume del corpo? Come potete
rinunciare a dei rami dello yoga, sostenendo che sono solamente fisici, mentre la meditazione spirituale? La meditazione non
indipendente dallo yoga, n lo l'asana. Se accettate una parte dello yoga, che la meditazione, come potete scartare le altre parti,
come asana, pranayama, yama, o niyama? Se scartate questi gradini, perch non scartate anche la meditazione?
Il corpo ha diversi rami: quale parte trascurate e di quale parte vi curate per mantenerlo sano? Ognuna e tutte le parti del corpo, della
mente, del cervello sono egualmente importanti. lo stesso nello yoga. Non si possono separare i vari rami o aspetti dello yoga,
affermando: "Questo importante, quello non importante". Ognuna e tutte le parti dello yoga sono egualmente importanti, sebbene
molti sostengano che la meditazione sia la principale.
Osservando l'albero, si pu capire se la radice sana o malata. Voi e io, che non siamo affatto evoluti come i grandi saggi
dell'antichit, non sappiamo penetrare la radice, il seme, il cuore dell'essere, ma dobbiamo guardare la periferia (il corpo, il cervello, la
mente, tutti con le loro rispettive funzioni) in modo che da questi strati esterni possiamo andare a fondo per conoscere la radice del
nostro stesso essere e scoprire se quella radice malata o no.
L'arte dello yoga inizia con un codice di comportamento per accrescere la condotta morale, fisica, mentale, e spirituale. Senza sapere
le lettere dell'alfabeto impossibile imparare a leggere o a scrivere. Allo stesso modo, senza conoscere l'alfabeto dello yoga, che
yama, niyama, asana, pranayama, pratyahara, dharana, e dhyana, impossibile vivere nella dimora del s. Da qui la mia preghiera a
tutti voi di comprendere la profondit dello yoga cominciando dalla periferia, in modo da giungere al seme. Sono solo pochi esseri
straordinari ed eccezionali quelli che sono in grado di iniziare proprio dall'anima.

LA NATURA DELLA MEDITAZIONE
Meditazione integrazione: far divenire le parti disgregate dell'uomo di nuovo una sola. Se dite che il corpo diverso dalla mente, e
che la mente diversa dall'anima, segno che vi state disgregando. Come pu la meditazione riportarvi all'integrazione se qualcosa
che separa il corpo dal cervello, il cervello dalla mente, o la mente dall'anima?
Se chiudere gli occhi e restare in silenzio meditazione, allora tutti noi meditiamo ogni giorno otto o dieci ore nel sonno. Come mai
non la definiamo meditazione? Non forse silenzio? Nel sonno, la funzione mentale si arresta, eppure non diciamo che il sonno
uguale alla meditazione. Non fatevi fuorviare, la meditazione non facile. Alle corse, molti cavalli corrono, ma solo uno vince la
coppa. Anche noi prendiamo parte a una corsa nella meditazione, ma il traguardo lontano, lontano da noi perch non abbiamo
dominato i nostri sensi, la nostra mente, e la nostra intelligenza.
Ci sono tre trasformazioni che avvengono nella meditazione. Proprio all'inizio dei suoi Yoga Sutra, Patanjali afferma che lo yoga
l'acquietamento della mente. Pi oltre dice che quando una persona cerca di acquietare la mente, sopraggiunge una resistenza via via
che sorgono nuovi pensieri o nuove idee nella mente. C' un tiro alla fune tra il controllo e i pensieri nascenti quando questi entrano in
contatto tra loro. Quando si controlla il pensiero, dopo un po' dei pensieri nuovi nascono nellintervallo. Quanti di noi hanno afferrato
quell'interruzione tra il pensiero controllato e il pensiero nascente? Lintervallo tra i due tipi di pensieri un attimo di passivit. In
quel momento c' una condizione di serenit, e una persona che pu dilatare quella pausa, quello spazio tra il pensiero controllato e
quello nascente, si converte verso lo stato d'esperienza noto come samadhi.
Il controllo del pensiero in se stesso non samadhi, come forse pensate. Quando riuscite a dilatare quell'intervallo tra i due tipi
diversi di pensiero, sopraggiunge una terza esperienza, chiamata ekagrata-parinama. Non avete probabilmente sentito Patanjali parlare
di nirodha-parinama, samadhi-parinama e ekagrata-parinama nella meditazione, che descrive la trasformazione da uno stato di
controllo a uno stato di serenit, e da uno stato di serenit a un unico punto continuo di consapevolezza (Yoga-Sutra, III, 9, 10, 11 e
12).
Parinama significa cambiamento o trasformazione, e nirodha significa controllo. Forse avete letto che ekagrata significa
concentrazione. Ekagrata una parola composta di due accezioni. Il significato superficiale o colloquiale di ekagrata concentrazione.
Quando la mente distratta portata a uno stato di limitazione si prova ekagrata o dharana. Dharana significa tenere, ma tenere cosa?
Significa concentrazione, ma concentrazione su cosa? Patanjali sostiene che quando imparate a rendervi conto dell'intervallo tra il
pensiero controllato e quello nascente, prolungandolo giungete a ekagra. Eka significa uno; agra significa base. Per cui cos' ekagra?
il centro dell'essere, l'anima.
Ekagrata-parinama lo stato d'animo in cui la mente, il corpo e l'energia sono completamente concentrati verso l'unica base nota
come centro dell'essere. Ogni cosa attratta verso l'anima come la limatura di ferro attratta dalla calamita. Quando avete compreso
questo protrarsi di una condizione di serenit dove finisce il pensiero nascente e il pensiero controllato, all'apice del processo di
arresto dei due pensieri, la coscienza e l'intelligenza sono attratte come da una calamita al centro dell'essere. Meditazione quindi
vivere integrati con la vostra energia, la vostra intelligenza, e la vostra coscienza come un'unica unit, congiunti al cuore dell'essere.
Quanti di voi sono cos sensibili da raggiungere quello stadio? Siamo veramente sensibili?
Attraverso la pratica dello yoga acquisiamo consapevolezza. Se non riuscite a mantenere quel livello di consapevolezza nella vostra
vita quotidiana, significa che c' un ostacolo in voi. Come pu cambiare la consapevolezza? Come pu venir meno? Se non esiste
nuvola tra noi e il sole, allora il sole splende e noi possiamo vederlo chiaramente. Solo quando una nuvola copre il sole non lo
possiamo vedere. Qual il significato quindi di consapevolezza? la luce dell'intelligenza che brilla. Come pu cambiare a meno che
qualcosa non si frapponga? Come pu scemare a meno che non intervengano dei pensieri?
La meditazione come il tempo. Ieri il sole non risplendeva; oggi venuto. Cosa era avvenuto ieri? Il tempo era nuvoloso, ma ci
non significa che il sole non c'era. Naturalmente c'era, ma le nuvole lo coprivano. E oggi, le nuvole sono andate via. La meditazione
la stessa cosa. "Tatah kshiyate prakasha avaranam": il velo che ricopre la luce della conoscenza rimosso (Yoga Sutra, II, 52).
Avaranam significa coperto, cos la luce era coperta dai pensieri. Un pensiero copriva l'anima, come una nuvola copre il sole tanto che
i suoi raggi non possono penetrarlo. L'anima non poteva meditare; i raggi caldi del sole non potevano giungere alla terra. Oggi i raggi
arrivano alla terra perch non ci sono nuvole. Nello stesso modo dobbiamo scoprire quali meccanismi entrano nella nostra
meditazione, come si comporta la mente, come reagisce la coscienza, come reagisce l'intelligenza, quali pensieri sopraggiungono tra


noi e la consapevolezza, all'interno e all'esterno di noi. Quando diveniamo consapevoli interiormente ed esteriormente, possiamo
provare l'esperienza che la meditazione e l'azione fisica non sono separate, che non c' disunione tra il corpo, la mente, e l'anima.
Potete fare meditazione e sviluppare la consapevolezza quando siete tranquillamente seduti in un parco, e ci avviene piuttosto
facilmente, ma quando siete indaffarati al lavoro, la vostra vita dominata dal pensiero ed difficile provare una consapevolezza
assoluta. Quando fate asana, pranayama e pratyahara, imparate a essere completamente consapevoli; sviluppate la consapevolezza in
tutto il corpo mentre siete occupati in un'attivit. Potete allora divenire totalmente consapevoli in ogni circostanza. Nel parco, mentre
osservate un albero, vi dimenticate di voi stessi e siete una cosa sola con l'universo. Perch non imparate a essere una cosa sola con
l'universo del vostro mondo personale, e cio il s e il corpo? Questo modo di considerare la vita di tutti i giorni e consapevolezza,
integrazione, e meditazione totali.
L'individuo che medita libero dal tempo. Forse molti di voi non sanno che ora . Conosciamo tutti la parola attimo. L'attimo non si
muove, stabile, ma la mente non si accorge dell'attimo; vede solo il moto prodotto dal susseguirsi degli attimi. Osserviamo il
susseguirsi degli attimi come i raggi di una ruota. L'attimo il mozzo della ruota e il moto degli attimi sono i raggi. Durante la
meditazione, la persona dotata di intelligenza matura vive nell'attimo e non sar imprigionata dal loro susseguirsi.
Il susseguirsi degli attimi visibile nei pensieri che si destano, i pensieri nascenti e controllati. La persona matura cerca di vivere
nell'attimo senza farsi imprigionare dal susseguirsi dei pensieri che nascono e svaniscono. Il movimento il passato e il futuro; l'attimo
il presente. Il praticante istruisce la mente, l'intelligenza e la coscienza a vivere nell'attimo, e quando ogni attimo si sussegue all'altro,
egli segue l'attimo ma non il suo susseguirsi. Questa la meditazione.
Avete mai osservato le rotaie del treno? Le ruote del treno corrono su due rotaie parallele. Considerate queste rotaie, una come un
flusso consapevole, l'altra come un flusso inconsapevole. Anche nella macchina umana esiste un flusso consapevole e un altro
inconsapevole, e la mente si muove su queste due rotaie. Lo yogi sa come mantenere parallele le rotaie e rimanere consapevolmente
inconsapevole, non inconsapevolmente consapevole. Finch egli rimane consapevolmente inconsapevole, non gli viene in mente
nessun altro pensiero. Se egli diviene esclusivamente inconsapevole come se le viti e i bulloni che tengono saldate le rotaie nella loro
lunghezza, si sfaldassero. Ci sar un incidente. Analogamente, se la condizione consapevole e la condizione inconsapevole corrono
uniformi e parallele, ci sar un unico pensiero, e voi vivrete in quell'attimo. Se c' un minimo cambiamento e un nonnulla viene meno
dalla vostra concentrazione e consapevolezza, allora avverr un incidente. Un incidente un turbamento mentale, un blocco mentale,
per cui dovete mantenervi nello stadio dove nulla rimosso dalla rotaia della consapevole inconsapevolezza.
Patanjali afferma che Dio Colui che esente da dolori, che non colpito dalle azioni, che sempre nuovo e originale. Le Sue
azioni non hanno reazioni, ed esente da dolori e piaceri. Una persona liberata colui che ha sofferto di dolori nella vita e li ha
dominati. Una persona del genere non pu divenire tiri Dio, o ci che potreste definire un uomo-Dio o un Bhagwan. Non possiamo
divenire Dio, pur potendo divenire divini. E quella divinit di vita in cui i piaceri del mondo e i piaceri dello spirito sono
uniformemente equilibrati solo possibile a un uomo il cui intelletto sia pari alla luce dell'anima. Solo lui pu conoscere il significato
della meditazione: un uomo meditativo. Voi e io siamo dei corridori nella meditazione, ma non abbiamo raggiunto il traguardo.

DAL CORPO ALL'ANIMA
Al culmine dello yoga ci si libera dalla schiavit del corpo. Molti pensano di poter ottenere questo risultato con la sola meditazione,
con un metodo che non abbia nulla di fisico. Ma solo il praticante pu scoprire se la sensazione provata durante la meditazione di
isolamento, o di totale solitudine, o di pienezza. Io vi dico che dovete procedere attraverso la pratica di asana e pranayama, e questo
il motivo per cui alcuni mi definiscono un ginnasta dello yoga, come se non avessi continuato a insistere che lo scopo dello yoga la
visione dell'anima! Attraverso la pratica degli asana, sono completamente coinvolto e scopro l'unicit di corpo, mente e anima. Questa
per me meditazione attiva.
Sebbene l'asana sia a volte definito una ginnastica, una definizione piuttosto errata, perch asana significa postura, e dopo la
postura, la riflessione e il riposo. Asana non solo esercizio; dovete osservare che le fibre della pelle siano esattamente parallele alle
fibre della carne, in modo che attivit e conoscenza siano una cosa sola e la mente riesca ad avvertire che c' o yoga o contatto. Yoga
significa unione o legame. Se la mente, attraverso l'organo percettivo della pelle, non si accorge della vostra presenza nell'asana, allora
un esercizio solamente fisico.
Per spiegarci meglio, possiamo considerare i quattro stadi della pratica yoga descritti nei testi antichi. Lo Hatha Yoga Pradipika, lo
Siva Samhita (un altro importante testo di hatha-yoga) e lo stesso Patanjali parlano tutti di quattro tipi di allievi di yoga.
In un principiante, la mente si muover sempre in superficie, che il corpo fisico. A questo stadio dovete lavorare con la dharana, o
concentrazione. La vostra mente completamente smembrata; non sapete che fare. Per questo insegniamo la consapevolezza delle
varie parti del corpo; osservate dapprima il piede, poi arrivate alla caviglia, collegate la caviglia al piede, osservate poi il ginocchio,
collegate il ginocchio alla caviglia, collegate il ginocchio al piede, la caviglia al piede, poi arrivate alla parte inferiore del tronco, la
parte superiore del tronco, l'ascella, il collo, il viso, e cos via. In questo modo, con l'insegnamento degli asana, portiamo la grande
estensione e la variet dell'intelligenza da uno stato di concentrazione divisa a un'unica concentrazione. Ma stiamo ancora lavorando a
un livello superficiale del corpo.
Il secondo stadio consiste nel far s che la mente avverta l'azione. Dapprima domandiamo semplicemente all'allievo di concentrarsi
sulle differenti parti del corpo in relazione l'una con l'altra. Ora diciamo: "Senti la mente mentre lo stai facendo. la mente che si
muove con te, o non si muove ma sta solo osservando, guardando?". Giunti a questo secondo stadio diciamo: "Ora, segui la mente!
Lascia che anche il tuo dito segua la mente. Fai muovere anche il ginocchio insieme alla mente".
C' una differenza tra il collegare la mente con le diverse parti del corpo in movimento, e chiedere alla mente di muoversi insieme al
corpo. Il primo stadio si chiama arambhavasta, lo stadio del principiante. Il secondo ghatavastha, lo stadio del corpo. Dapprima non
conoscevate il corpo; conoscevate solo la caviglia, il ginocchio e cos via. Ora dovete conoscere il corpo nella sua totalit, attraverso la
mente.


Quando la mente ha conosciuto il corpo, sopraggiunge il terzo stadio, definito parichayavastha, conoscenza, o lo stadio della
conoscenza intima. In questo stadio portate l'intelligenza a conoscersi con il corpo. Come due persone vengono presentate l'una
all'altra da una terza persona, cos la mente presenta il corpo allintelligenza, che il terzo veicolo dell'essere umano. La mente dice
all'intelligenza: "Guarda cosa sta avvenendo qui. Ti presento il ginocchio; ti presento la caviglia; ti presento le braccia". Questo
parichayavastha, conoscenza; far conoscere all'intelligenza, attraverso la mente, il corpo. come la persona che vi presenta a me.
Dopo la presentazione, la terza persona scompare e diveniamo amici. Cos anche la mente scompare e l'intelligenza e il corpo
divengono armonici.
Quando infine ci si conosciuti, grazie all'intelligenza, giungiamo al quarto stadio: nishpattyavastha, lo stadio della perfezione o
maturit. Quando l'intelligenza sente l'unicit della carne e della pelle, presenta il s, l'atman, dicendo: "Guarda che ho fatto! Vieni a
vedere!". Poich siete ormai perfetti nella postura, fate attenzione che, mentre presentate corpo, mente, intelligenza, e s, corrano tutti
paralleli insieme nella presentazione dell'asana.
Questa la libert dal corpo. Il corpo dimenticato in quel momento perch ogni cosa scorre alla stessa velocit e nella stessa
direzione. Patanjali afferma nel terzo capitolo che il corpo dello yogi si dovrebbe muovere alla velocit della sua anima.
Ma se dimenticate il corpo prima di procedere attraverso i precedenti stadi, non raggiungerete mai quel punto. questo il problema:
finch solo il finito conosciuto, come possiamo venire a contatto con linfinito?

Quinta parte
LO YOGA NEL MONDO

LO YOGA COME ARTE
La maggior parte delle persone considera lo yoga una filosofia o un sentiero, ma pochissimi sanno che lo yoga anche un'arte.
Nessun artista pu definire la propria opera artistica: che cosa sia l'arte lo si pu esprimere solo attraverso l'arte stessa, non con le
parole.
I saggi dell'antichit operavano una distinzione tra la conoscenza del mondo e la conoscenza dell'anima. Consapevoli del fatto che
l'uomo esiste come entit fisica, mentale, e spirituale, e rendendosi conto dell'importanza di questi tre livelli, elaborarono arti differenti
per agire su questa tripartizione dell'uomo in modo ritmico, sistematico e costante.
Le sei arti fondamentali della tradizione indiana sono lo yoga, la lotta, il tiro all'arco, il teatro (compresa la danza), la musica, e
l'economia. Le arti possono essere di molti tipi, comprese le arti utili, quelle curative, le arti figurative, le arti rappresentative, e cos
via. Lo yoga abbraccia tutti questi livelli e per questo l'arte per eccellenza. Attraverso lo yoga, l'uomo si accosta all'anima, lo yoga
quindi un'arte spirituale. Ogni asana assume un aspetto rigorosamente geometrico e architettonico e lo yoga arte figurativa. Lo yoga
conferisce salute e felicit al praticante, ed perci a un tempo un'arte terapeutica e utile. Quando la bellezza e l'armonia degli asana
vengono apprezzate dagli spettatori, lo yoga diventa anche spettacolo.
Tre sono le qualit necessarie per diventare un artista. Si deve avere attitudine, ovvero la capacit di acquistare padronanza dell'arte;
si deve avere un grande amore per la propria arte per dedicarvisi con determinazione, sforzo e concentrazione; si deve avere
immaginazione e creativit per svilupparla su vie nuove ancora sconosciute. Quello che conosciamo oggi era sconosciuto ieri. Ogni
giorno si apprendono cose nuove, ma l'ignoto resta immenso perch immenso l'universale. L'ignoto il campo che gli artisti devono
esplorare per perfezionare la loro arte. Pur vivendo in un ambiente sociale normale, per vivere la loro arte gli artisti devono creare
sempre nuove tendenze e operare trasformazioni fino a ora sconosciute.
Il dio Shiva, il creatore dello yoga, lo insegn per prima alla dea Parvati, la sua consorte. Shiva anche Nataraja, il signore della
danza. Lo veneravano gli yogi e i danzatori, perch aveva dato all'umanit questa doppia conoscenza consentendo agli uomini di
captare il sacro spirito della divinit con ogni singola cellula del corpo e di trovare uniformit nella diversit, e impersonalit nella
personalit.
C' una storia stupenda di Shiva che invit il dio Vishnu a vedere la sua danza della distruzione e della creazione, detta tandavanrtya.
Vishnu era seduto su Adishesa, il re cobra. Mentre Vishnu stava osservando la danza di Shiva, il suo corpo divent tanto pesante che
Adishesha stava quasi per soffocare. Quando la danza volse al termine, il suo corpo ritorn leggero. Adishesha chiese a Vishnu cosa lo
avesse reso tanto pesante e cosa poi lo avesse reso tanto leggero. Vishnu rispose: "Ero totalmente assorto nella danza di Shiva, il mio
corpo ha cominciato a vibrare, ed diventato pesante. Non appena la danza finita, ho ripreso coscienza e sono diventato nuovamente
leggero". Adishesha, resosi conto del forte interesse del suo maestro per l'arte della danza, disse: "Signore, se la danza ti piace tanto,
perch non posso impararla anch'io per allietarti?". E Vishnu replic: Verr un giorno che Shiva ti chieder di scrivere il
Mahabhashya, il grande trattato sulla grammatica. Allora potrai imparare la danza". Ora, l'autore del Mahabhashya altri non se non
Patanjali, che studi anche la danza e scrisse un trattato sulla medicina e gli Yoga Sutra. E lo si ritiene quindi una incarnazione di
Adishesha.
Lo yogi crede nel nivrtti-marga, il sentiero interiore della rinuncia; il danzatore crede nel pravrtti-marga, il sentiero esteriore della
creazione. Lo yoga jnana-marga, il sentiero della conoscenza; la danza bhaktimarga, un sentiero d'amore. La diversit tra lo yoga e
la danza che lo yoga un'arte perfetta dell'azione e la danza un'arte perfetta del movimento. Nella danza c' una manifestazione
esteriore espressa dal movimento, mentre lo yoga, che pur comporta un intenso dinamismo interiore, all'osservatore pu apparire
statico. Il movimento in effetti pu essere minimo, ma l'attivit grandissima.
Siamo tutti prigionieri della rete della lussuria, della rabbia, dell'avidit, dell'infatuazione, dell'orgoglio e della gelosia, sovvertimenti
emotivi questi che ci colpiscono nella nostra vita quotidiana. Il danzatore si serve di questi turbamenti per trasformarli in espressioni
artistiche, mentre lo yogi si sforza di dominarli come consiglia Patanjali: "Maitri karuna mudita upekshanam sukha duhkha punya
apunya vishayanam bhavanatah chittaprasadanam": incoraggiare lamicizia, la solidariet, la gioia, e l'indifferenza nei riguardi di
felicit e dolore, e di virt e vizio, porta alla pace dello spirito (Yoga Sutra, I, 33).


Lo yogi e l'artista hanno entrambi bisogno di rispettare il corpo. Non si pu essere uno yogi o un danzatore senza stile e forma, senza
grazia e senza forza. Se siete un artista ricordatevi che, quali che siano i soggetti che intendete rappresentare con la vostra espressione
artistica, essi dipendono tutti dalle medesime esperienze interiori e dalle stesse azioni di cui si serve anche uno yogi. Se oltre a essere
artista voi fate anche yoga, e se siete in contatto con i livelli interiori del vostro essere, allora sarete in grado di sviluppare una grande
capacit espressiva e la vostra arte diventer satyam, shivam, sundaram, vera, promettente, e meravigliosa; sar cos divina, chiamata
yoga-kala, ovvero l'arte dei buoni auspici. L'arte priva di questa profondit interiore si chiama bhoga-kala, o arte del piacere. L'arte del
piacere naturalmente ha il suo valore, ma se l'intensit e la devozione scompaiono, pu facilmente degenerare in kama-kala, o arte
della gratificazione sensuale.
necessaria quindi una miscela di bhoga-kala e yoga-kala. Se solo bhoga-kala, l'arte solamente sensuale e incapace di elevarvi,
mentre se solo yoga-kala, troppo elevata e austera per essere di valore per la societ. Per interessare, educare e ispirare la gente
necessario combinare e mescolare questi due livelli di arte, di modo che tutti possano vivere nella luce perfetta che illumina la
coscienza. Allora si genera un'intensa vibrazione che consente a tutti noi di vivere nella sfera dell'anima, a questo nostro corpo mortale
di bere il nettare dell'immortalit dell'anima e all'arte di diventare divina.

SUI MAESTRI E SULLINSEGNAMENTO
relativamente facile essere un insegnante di un argomento accademico, molto difficile insegnare arte, ma essere un maestro di
yoga la cosa pi difficile di tutte, perch i maestri di yoga devono essere critici di loro stessi e correggere da soli la loro stessa
pratica. L'arte dello yoga interamente soggettiva e pratica. I maestri di yoga devono conoscere tutta l'anatomia del corpo, devono
conoscere il comportamento di chi si rivolge a loro, sapere come reagire ed essere pronti ad aiutare, proteggere e salvaguardare i loro
allievi.
I requisiti per essere un buon maestro sono tanti, e vorrei dedicare a tutti voi queste poche parole, perch possiate conoscerli e
comprenderli e rifletterci sopra. In seguito ne scoprirete molti altri. Il maestro dovrebbe essere limpido, acuto, sicuro di s, stimolante,
premuroso, cauto, costruttivo, coraggioso, comprensivo, creativo, completamente fedele e dedito alla comprensione dell'argomento,
premuroso, scrupoloso, critico, impegnato, allegro, casto e tranquillo. I maestri devono essere forti e positivi nel loro approccio.
Positivi per suscitare fiducia negli allievi, e negativi con stessi per poter valutare criticamente la loro stessa pratica e le loro capacit. I
maestri devono sempre imparare: impareranno dagli allievi e devono avere l'umilt di dir loro che stanno ancora imparando la loro
arte.
Il rapporto tra maestro e allievo simile al rapporto fra marito e moglie, e a quello fra padre e figlio. un rapporto molto completo e
complesso. Come nel rapporto tra marito e moglie, che di vicinanza, i maestri si devono battere con ardore per evitare che i loro
allievi non cadano, e devono aiutarli durante tutta la pratica. Al tempo stesso, come tra il padre e un figlio adulto, deve esserci un
rapporto ma anche un distacco. "Compito del maestro proteggere e guidare gli allievi perch non cadano durante il cammino che
devono percorrere. Compito degli allievi far buon uso di quanto stato loro dato per non scivolare nei loro stessi trabocchetti. una
strada a due sensi che collega allievo e maestro ed lastricata di amore, ammirazione, devozione, e dedizione.
Ricordo bene che, quando l'India era sotto il dominio dell'Inghilterra e della Francia, gli indiani che avevano visitato l'Europa
avevano preso l'abitudine di affiggere nelle loro case un cartello con scritto "Rientrato dalla Francia" o "Rientrato dall'Inghilterra",
come se fossero stati persone straordinarie e privilegiate. Lo stesso sta accadendo ora per lo yoga. Dall'Occidente gli studenti vengono
in India e gli yogi "Rientrati dall'India" stanno insegnando yoga dovunque. davvero un peccato che persone che hanno frequentato
solo brevi corsi si autodefiniscano maestri di yoga. Dio solo sa quanta esperienza hanno e qual la qualit del loro lavoro, ma
altrettanto colpevoli sono coloro che gli si rivolgono senza prima fare indagini per scoprire se e quanto sono preparati. Anche gli
allievi devono avere occhi d'aquila per controllare i loro maestri.
Oggi, molti si definiscono guru, yogi, o yogini: ma sbagliato. I maestri non si dovrebbero chiamare guru, e i guru non dovrebbero
essere considerati solo maestri. Guru colui che annulla le tenebre e d la luce; colui che protegge sempre i suoi allievi perch non
cadano vittime delle circostanze, e li fa lavorare sodo perch acquistino umilt. Il ruolo del guru di fare da ponte: avendo lui
conosciuto la verit, il guru funge da ponte per aiutare gli altri a raggiungere Dio. Il guru uno strumento di Dio, i cui poteri si
estrinsecano, per scuotere coloro che non hanno ancora compreso il valore spirituale della vita, e per portarli pi vicini a Dio.
Vivere spiritualmente significa vivere nel presente. Quando state facendo i vostri esercizi, c' un lasso di tempo nel quale nessun
altro pensiero vi turba. E quindi siete nella spiritualit. L'attimo in cui la vostra mente pensa ad altro, forse a una persona che avete
incontrato per la strada, o a qualcosa che qualcuno vi ha detto in ufficio, in quel momento, anche se state facendo yoga, per voi non
pi importante quello che state facendo, ma quanto avviene nella vostra mente.
Lo yoga d robustezza al corpo, lucidit alla mente, e purezza al cuore. Questa pace, e osservandola gli altri impareranno. Coltivate
quindi questa forza straordinaria che la pace, la gioia e la felicit. Gli altri, osservando la felicit che in voi, diranno: "Voglio
essere anch'io contento". E farete cosa utile alla societ se l'allievo verr da voi e non voi da lui, perch in questo modo insegnamento
e messaggio rimangono puri.
Con il mio metodo di insegnamento, che vi fa passare per molte posture, vi impegno per due, tre, a volte anche quattro ore, senza
permettere alla vostra mente di divagare. Chi ha lavorato con me ha avuto modo di sperimentarlo. Quando insegno per tre ore e mezzo
o quattro ore, gli allievi non si accorgono che trascorso tutto quel tempo. Li ho tenuti quindi in quella condizione di spiritualit per
quattro ore. Ora, se su ventiquattro ore, sono in spiritualit per quattro ore, posso ben dire di aver fatto qualcosa di buono in questo
mondo!
Se io vi domandassi di fare meditazione, a occhi chiusi e in silenzio, e se anch'io chiudessi gli occhi, come potrei sapere cosa sta
avvenendo nelle vostre menti? Voi forse potreste dire che questo un atteggiamento spirituale, ma io vi dico che non lo perch la
vostra mente pu vagare altrove e questo non il mio metodo di insegnamento. Io insegno esternamente, ma cos facendo mantengo i
vostri organi interni in una condizione di consapevolezza concentrata in un solo punto per quattro ore di seguito. Per questo non ho
bisogno di un diploma per dire se il mio uno yoga fisico o spirituale. Quando insegno so che per quattro ore alla vostra mente non


stato permesso di distrarsi, e voi siete soddisfatti, interamente consapevoli del vostro corpo, della vostra mente, dei sensi e
dell'intelligenza.
Durante le mie lezioni sono molto attivo, ma ci non significa che non stia meditando. Si pu infatti meditare seduti in un angolo; io,
invece, pur meditando mi muovo dovunque. Che differenza c' tra le due meditazioni? Seduti in un angolo a occhi chiusi non
necessariamente meditazione; potrebbe anzi essere solo vuoto. Alcuni sostengono che io sono un ginnasta perch, mentre insegno,
tocco i corpi dei miei allievi per correggerli e chiedo loro di distendere una parte o l'altra. Eppure contemporaneamente sono
consapevole dentro e fuori. Mentre si sta seduti con gli occhi chiusi, si consapevoli dentro ma non fuori. Anch'io vedo dentro, ma
contemporaneamente vedo anche fuori con la stessa intensit. Altrimenti, come potrei correggere tante persone mentre insegno? Se
commettono degli errori, vado subito a correggerli. Sono quindi integrato sia che insegni a cinquanta sia che insegni a trecento
persone, e quando si interamente integrati quella la meditazione. Come potrei non essere in meditazione se posso percepire gli
errori di trecento allievi?
Quando invece a occhi chiusi si sostiene di stare meditando, non si in grado di riconoscere nemmeno i propri errori. Certo, io
potrei starmene semplicemente seduto e dire: "Fate in questo modo o in quell'altro", ma significherebbe solo voler stabilire un distacco
fra i miei allievi e me. Se, invece, gli allievi stanno sbagliando, io intervengo e li correggo, perch anche loro vedano la luce che io ho
veduto.
Non mi dispiace se scopro errori anche nei miei stessi allievi che insegnano. A volte ho classi di cinquanta o sessanta persone.
Trenta, trentacinque spesso sono maestri e il resto studenti. Quando li osservo per qualche minuto, posso accorgermi se insegnano
senza conoscere la pratica. Sto parlando ora dei miei stessi allievi, quindi dovreste apprezzare quanto sto dicendo. In questi casi, la
prima cosa che faccio sottoporli a una sorta di terapia urto. Quando i maestri sostengono che anche se non si addestrano sanno pur
sempre quello che fanno, io dico loro che sarebbe bene che smettessero di insegnare se prima non fanno regolarmente yoga per conto
loro. In Occidente, la gente frequenta lezioni di yoga senza nemmeno verificare la levatura del maestro. Come il maestro sottopone a
un esame i suoi allievi, cos gli allievi dovrebbero mettere alla prova la preparazione dei maestri prima di accettarli come tali. Un
medico non pu prescrivere farmaci senza un'apposita preparazione; cos gli allievi dovrebbero prescrivere medicine al maestro
quando si accorgono che la sua preparazione non all'altezza. Questa si chiama disciplina etica. L'insegnamento con la pratica etico,
ma non etico quando i maestri insegnano eseguendo le posizioni senza chiarezza,
Lo yoga non si impara alle conferenze. Lo yoga va insegnato secondo dei precetti, e nell'insegnamento sono comprese molte cose
pratiche. molto facile per gli allievi scoprire se il maestro pi o meno bravo, ma io non posso prendermela solo con i maestri, me la
prendo anche con la gente che si rivolge a loro senza valutarne la preparazione. Il momento in cui gli allievi cominciano a giudicarli, i
maestri si renderanno conto di essere controllati. Comprenderanno di essere poco preparati, si eserciteranno di pi e forse
diventeranno buoni maestri. Per questo lascio la decisione agli allievi.
I diplomi dei maestri hanno pochissimo valore; il valore sta nel loro approccio all'insegnamento. Il mondo puro; l'atman puro, ma
purtroppo la gente che vive nel mondo molto corrotta. Quando in Occidente lo yoga divenne molto popolare, molti cominciarono a
insegnarlo, vantandosi di seguire il metodo Iyengar. Alcuni utilizzarono il mio nome, e purtroppo ancora lo usano, per insegnare cose
che io stesso non ho mai insegnato. Quando lo yoga fu accolto in Inghilterra sotto gli auspici delle autorit scolastiche, molti fecero
domanda per essere accettati come maestri, sostenendo di essere stati istruiti da me, ma non era vero. Quando le autorit scoprirono
che alcuni metodi erano differenti dai miei, vollero la garanzia che i maestri impiegati da loro fossero stati veramente preparati da me
o dai miei allievi pi autorevoli. Questo il motivo per cui ho introdotto i diplomi per i maestri, per mantenere il metodo omogeneo e
per far s che non vi fosse alcuna confusione fra un metodo di insegnamento e l'altro. Con i diplomi, per lo meno fu chiaro quali erano
i miei veri allievi preparati direttamente da me. Al di l di questo, il diploma non ha alcun valore particolare. Se i maestri vogliono
spingersi oltre culturalmente nel campo da loro prescelto, possono continuare prendendo diplomi di livello superiore, come in altri
settori della cultura. Ma se volete accontentarvi della vostra istruzione elementare, va bene; se invece volete continuare con l'istruzione
secondaria, va anche bene. Se poi volete proseguire e prendere una laurea o ancora di pi, a questo punto sta a voi decidere, perch
l'importante non il diploma. Importante diventare sinceri, umili, e compassionevoli. Bisogna saper essere sensibili e anche spietati:
i due aspetti devono andare di pari passo, ma per aiutare gli allievi nei loro problemi, bisogna sapere distinguere quando essere l'uno e
quando l'altro.
Se siete un maestro, non spingetevi oltre il confine della vostra conoscenza. Se gli allievi si stanno sforzando troppo, o se non sapete
abbastanza, dite loro che l'insegnante siete voi e che vi devono seguire. In tal modo, potrete portare gli allievi a un ritmo che vi
congeniale e acquisterete sicurezza. Lo yoga d sollievo: ma pur conoscendo l'effetto calmante di quando eseguo una postura, conosco
anche l'effetto straziante che pu avere su di voi. Nel natarajasana, per esempio, io so come rilassarmi anche mentre mi distendo, ma i
miei allievi non lo sanno fare. Si affaticano e non permettono all'energia di scorrere. Bloccano le energie per prendere la posizione, e
poi la chiamano una tensione eccessiva. Io la chiamo una sottotensione. Voi tutti affaticate troppo il cervello e troppo poco il corpo.
La tensione e la fatica in questo caso sono nella mente. Psichicamente la gente si stanca; il corpo impiega pi tempo. Fondamentale
riconoscere il tipo di affaticamento che si accusa.
Gli allievi che si impegnano tanto disperatamente in una postura diventano rigidi e tesi ed eseguono l'asana in modo non omogeneo.
Non sanno come distendersi uniformemente, e quando affaticano troppo un lato, disidratano la parte. Se siete un maestro principiante
con allievi di livello superiore, questo non rappresenta un problema. Chi pu misurare la tensione eccessiva? La tensione eccessiva
significa dolore lancinante. La fatica colpisce subito la parte troppo tesa; non viene mai dopo. Se quindi non sentite dolore quando
credete di sforzarvi troppo, allora si tratta solo di un blocco mentale. Voi pensate: "Mi sto tendendo troppo; non dovrei farlo", ed
proprio quel pensiero che vi impedisce di spingervi oltre nella presentazione dell'asana.
Quando il corpo stanco, io dico che il mio corpo stanco; non dico mai che sono stanco. Se il cervello stanco, faccio halasana e
recupero l'energia, e se il mio corpo stanco, faccio mezzo halasana e do nuova vita alle mie cellule. Probabilmente quando vi sentite
stanchi, cercate di eseguire posture erette: ma se siete gi stanchi, vi sforzate troppo, e naturalmente vi stancate ancora di pi. Dovete
imparare a distinguere: cosa fare, quanto fare, e quando farlo.


Ora vi far una domanda: quando il maestro dovrebbe terminare una lezione? Se siete un maestro, quando credete di dover dire agli
allievi: " tutto per oggi"? Tutti sanno come iniziare, invece importante sapere esattamente quando si deve finire una lezione. Se gli
allievi non riescono a prendere pi di quanto io ho loro domandato, dico loro: "Fermatevi"! E in questo modo concludo la lezione. Voi
forse pensate che qualcuno possieda un'energia eccezionale, ma dovreste saper riconoscere quando non pi in grado di procedere
oltre. Voi osservate la pelle degli allievi quando vengono in classe, ne notate il colore, e quando vanno via, di che colore , e durante
la lezione, quali sono i colori, i cambiamenti e i mutamenti che si producono? Notate tutte queste cose mentre insegnate? Osservando
la pelle io vi so dire se questa o quella persona pu sopportare o no un certo esercizio. L'arte dell'insegnamento consiste anche nel
sapere quando fermarsi, e se sapete riconoscere il momento giusto in cui far smettere l'allievo, allora posso affermare che siete un
maestro maturo. Non una questione di cosa state dando: forse state dando tanto perch volete costruirvi un culto della personalit, o
perch avete paura di fermarvi.
E senza innovazione non potete diventare un grande maestro. Alcuni possono avere un corpo con un collo lungo; alcuni un collo
corto; alcuni un torace molto stretto sopra e largo sotto. La spina dorsale pu essere molto forte, o pu essere molto debole. E ho visto
delle persone con un'intelligenza straordinaria, ma senza relazione alcuna con il corpo.
Venendo a contatto con la gente e conoscendo i loro disturbi emotivi, io apprendo quali sono le posture che danno stabilit emotiva,
imparo quali esercizi e quali tipi di asana influiscono sul fegato, sulla milza, sui reni, sul cuore. Mi esercito da solo per scoprire come
distendere il fegato, come contrarlo, come far spostare lateralmente il fegato, lo stomaco, e lintestino. Cos ho imparato, e cos
continuo a imparare. Quando insegno devo quindi anche avere inventiva.
Due sono i metodi di insegnamento: uno consiste nello spiegare in base all'intelligenza; l'altro nel riconoscere le debolezze degli
allievi, e nel trovare il giusto modo di spiegare per far loro capire quello che intendiamo. E per questo necessaria la creativit. Io ho
sviluppato entrambi i tipi di insegnamento: posso dare con il mio cervello, e posso anche ricevere le altrui debolezze mentali e fisiche
e introdurre un nuovo stile perch comprendano e lavorino bene. questo il segreto del mio insegnamento.
Quando ero giovane, quando la societ non mi rispettava affatto, ero pessimista. La gente mi considerava folle. Ma ora, dopo pi di
cinquant'anni di tentativi e di errori sono arrivato a una totale chiarezza di quello che faccio e insegno. Vi saranno pure degli
insuccessi. Ma anche persone estremamente evolute hanno commesso errori. Ho insegnato a molte persone dotate di spiritualit in
questo mondo: scienziati, artisti, filosofi, santi, studiosi. Credete che io non impari da loro? Devo ancora imparare.
La prima cosa che un maestro deve ricordare che tutti gli allievi che gli stanno di fronte sono importanti quanto lui. Coloro che
sono stati istruiti da me diventano i miei figli. Ora il mio problema di come i miei figli si prenderanno cura dei miei nipoti!

GLOSSARIO
In questo glossario la maggior parte dei vocaboli costituita da termini sanscriti, nomi di persone, divinit, figure leggendarie, o
titoli di scritti sacri o di altri testi antichi. Nelle trascrizioni dei termini sanscriti si scelto di usare la forma ch invece della forma
c in parole come chakra (cakra), brahmacharya (brahmacarya), chitta (citta) e cos via. Per semplificare la lettura, i termini composti,
come bhaktimarga e indriyasamyama, sono stati separati con un trattino per divenire bhakti-marga, indriya-samyama, e cos via. Per lo
stesso motivo, parole complesse equivalenti ai titoli di testi letterari o sacri sono state separate. Per questo abbiamo Bhagavad Gita
invece di Bhagavadgita, Atharva Veda invece di Atharvaveda, e cos via.

Abhinivesha: attaccamento alla vita e timore di essere tagliato fuori da tutto con la morte.
Abhyantara: interno; inspirazione.
Abhyasa: studio o pratica costante e determinata.
Acharya: guida, maestro; colui che spiega una particolare dottrina.
Adhyayaa: studio.
Adhibhautika-roga: malattia determinata dalla disarmonia dei cinque elementi, terra, aria, acqua, fuoco ed etere all'interno del corpo
umano; ferite provocate da esseri viventi o creature come serpenti, tigri e cos via.
Adhidaivika-roga: malattia trasmessa geneticamente dai genitori ai figli, o dovuta al fato; malattia determinata da influssi di un
pianeta.
Adhyatmika-roga: malattia fisica o mentale autoinflitta; malattia determinata dall'uso improprio del corpo umano.
Adishesha: il serpente primordiale dalle mille teste, che sostiene la terra e su cui si adagia Vishnu.
ahamkara: lio; letteralmente il Creatore dell'io; la parte attiva e autocosciente del nostro essere.
ahimsa: non-violenza, non solo nel significato restrittivo di non uccidere o di non violenza, ma in quello positivo e pi ampio di
amore che abbraccia tutto l'universo.
amrta: il nettare dell'immortalit.
amrtamanthana: il rimestamento del nettare, secondo il mito narrato nei Purana.
ananda: beatitudine, felicit.
anandamaya-kosha: l'involucro spirituale della felicit, il nucleo dell'essere - la parte pi interna dei cinque involucri che avvolgono
l'anima. Vedi anche kosha, sharira.
anjali: le mani giunte in preghiera.
annamaya: composto di cibo (anna); materiale.
annamaya-kosha: l'involucro anatomico del nutrimento; il materiale grezzo del corpo - la parte pi esterna dei cinque involucri che
avvolgono l'anima. Vedi anche kosha, sharira.
antara: interiore, dentro, interno.
antara-kumbhaka: sospensione del respiro dopo una profonda inspirazione.
aparigraha: libert dal desiderio di accumulare, assenza di sete di possesso al di l delle proprie necessit.
apaurusheya: rivelato; non trasmesso dall'uomo.


apavarga: emancipazione.
arambhavastha: stato di principio, inizio, iniziativa; il primo stadio della pratica dello yoga.
ardha: met.
ardha-chandrasana: postura della mezza luna - una postura nella quale il corpo e una gamba vengono estesi orizzontalmente, mentre
il peso sull'altra gamba con una mano poggiata sul pavimento e tutto il corpo su un piano verticale.
artha: mezzi, utilit, uso, vantaggio, causa, ragione; benessere come uno dei fini degli sforzi umani.
asana: postura - il terzo stadio dello yoga.
asmita: egotismo; senso di individualit, pura consapevolezza dell'essere.
ashrama: stadio della vita; esistono quattro ashrama, ognuno con il suo corrispondente campo di attivit. Vedi anche brahmacharya,
garhasthya, sannyasa, vanaprastha.
asteya: il non-rubare.
Atharva Veda: uno dei quattro Veda o scritture sacre induiste, costituito da formule magiche.
atma, atman: l'anima, il principio vitale.
atma-dhyana: meditazione sull'io pi elevato.
atma-samyana: integrazione dell'anima.
atman: vedi atma.
Aurobindo, Sri: nazionalista indiano e leader religioso (1872-1950).
avastha: stato. Vedi anche arambhavastha, ghatavastha, nishpattyavastha, parichayavastha.
avidya: ignoranza.
ayama: un movimento che implica la lunghezza, l'espansione, l'estensione; restrizione, controllo, arresto.
ayuh: vita.
ayurveda: conoscenza della vita; quindi: la scienza della salute, medicina.

bahya: esterno; espirazione.
bahya-kumbhaka: sospensione del respiro dopo una completa espirazione.
bandha: legame, catena, ceppi; vincolo, contrazione; una postura dove alcuni organi o parti del corpo vengono contratti e controllati.
Bhagavad Gita: il Canto Divino, i dialoghi sacri tra Krishna e il re guerriero Arjuna - uno dei libri fondamentali della filosofia
induista, che contiene l'essenza delle Upanishad.
Bhagwan: santo, colui che benedetto.
bhakti: venerazione, adorazione.
bhakti-marga: il sentiero della devozione e dell'abbandono al sommo Dio.
bhakti-yoga: la via verso la realizzazione e l'unione dell'individuo con l'Anima Suprema attraverso l'adorazione e la venerazione
della divinit.
bhauma: della terra; terrestre. Vedi anche sarvabhauma.
bhoga: divertimento, esperienza.
bhoga-kala: arte del piacere.
bhrashta: caduto.
Brahma: la prima divinit della trinit induista; il Creatore. Vedi anche Shiva, Vishnu
brahmachari. colui che votato al celibato, all'astinenza e alla ricerca religiosa.
brahmacharya: celibato, ricerca religiosa e autodisciplina - questo il primo dei quattro ashrama, o stadi della formazione alla vita.
Brahman: lo Spirito Supremo, l'Essere Assoluto.
brahmana: un membro della casta sacerdotale, la somma casta del sistema induista.
Buddha: letteralmente l'illuminato, il risvegliato.
buddhi: intelletto, ragione, discriminazione, giudizio.
buddhi-samyama: integrazione dell'intelligenza.

chakra: ruota; cerchio - i chakra sono i centri energetici del corpo responsabili della regolazione del prana nel corpo umano; sono
situati ai punti di intersezione delle principali nadi o canali energetici, ida, pingala e sushumna.
chandra: luna.
chandra-nadi il canale dell'energia lunare. Vedi anche ida.
Charaka Samhita: un trattato sulla medicina ayurvedica attribuito da alcuni a Patanjali.
chitta: essenza psico-mentale composta da mente, intelletto e io.
chittavrtti: fluttuazione della mente; un modo di comportarsi e di essere, condizione o stato mentale; onde del pensiero.

dal: lenticchie.
desha: luogo.
dharana: concentrazione o completa attenzione - il sesto stadio dello Voga.
dharma: religione, legge, valore, rettitudine, opere buone; la natura fondamentale di una cosa; il modello di condotta che sostiene
l'anima e genera virt, moralit o valore religioso - uno dei quattro fini dell'esistenza umana; ci che sostiene e sorregge.
dharmendriya: organo della virt; coscienza.
Dhauti: una delle sei kriya dello hatha-yoga, consistente nell'ingoiare un lungo pezzo di tessuto bagnato per purificare lo stomaco.
dhyana: meditazione - il settimo stadio dello voga.
dirgha: lungo.


dosha: umore del corpo; colpa, difetto, mancanza, malattia. Vedi anche kapha, pitta, vata.
dvesha: odio, inimicizia, avversione.

eka: uno.
ekagrata: concentrazione su un solo oggetto o punto, attenzione totalizzante; focalizzazione delle facolt mentali su un singolo punto.
ekagrata-parinima: la fusione in un solo punto; il terzo stadio della meditazione descritta da Patanjali.

garhasthya: vita familiare - il secondo ashrama, o stadio della vita.
ghata: corpo; vaso.
ghatavastha. comprensione del corpo attraverso la pratica dello yoga; stato di rinvenimento, raggiungimento, unione, entrata in
collisione, impiego delle proprie forze, essere mentalmente occupato; il secondo stadio della pratica dello yoga.
ghee: burro chiarificato.
Gonika: madre adottiva di Patanjali.
guna: qualit - i tre guna o qualit sono le parti essenziali o componenti della natura e dell'universo. Vedi anche rajas, sattva, tamas.
guru: precettore spirituale; maestro; colui che illumina l'oscurit del dubbio spirituale.

halahala: il veleno emerso dal mare durante il rimestamento dell'oceano da parte degli di e dei demoni per trovare l'elisir di lunga
vita, e che fu ingoiato da Shiva per salvare l'umanit.
halasana: postura dell'aratro - un asana nel quale il corpo appoggiato sulle spalle, con le gambe che si estendono oltre la testa e i
piedi che toccano il pavimento, come un aratro.
hatha: forza, forza di volont; con forza, contro il proprio volere.
hatha-yoga: la via verso la realizzazione e l'unione dell'individuo con l'Anima Suprema attraverso una rigorosa disciplina e attraverso
l'equilibrio delle energie solari e lunari nel corpo umano.
Hatha Yoga Pradipika: il famoso testo sullo hatha-yoga scritto da Svatmarama.

ida: una delle principali nadi o canali d'energia nel corpo, che parte dalla narice sinistra, scende fino alla base della spina dorsale e
arriva fino alla parte supe riore della testa (chiamata anche chandra-nadi, il canale dell'energia lunare). Vedi anche chakra, pingala,
sushumna.
indriya: organo, che comprende i cinque organi dell'azione e i cinque organi sensoriali. Vedi anche dharmendriya, jnanendriya,
karmendriya.
indriya-samyama: integrazione degli organi dell'azione e della percezione.
isha: maestro, padrone.
ishvara: l'essere supremo; Dio.
ishvara-pranidhana: consacrazione a Dio delle proprie azioni e della propria volont.

jala: acqua.
jala-neti: una delle sei kriya dello hatha-yoga, in cui l'acqua viene fatta passare da una narice all'altra,
jiva: essere vivente; creatura; un'anima individuale, distinta dall'anima universale.
jivamrta: il nettare della vita.
jnana: conoscenza, compresa la conoscenza sacra che proviene dalla meditazione sulle somme verit della religione e della filosofia.
jnana-marga: il sentiero della conoscenza e della comprensione.
jnana-samyama: integrazione della conoscenza.
jnana-yoga: la via verso la realizzazione e l'unione dell'individuo con lAnima Suprema attraverso la conoscenza e la comprensione.
jnanendriya: organo sensoriale; uno dei cinque organi dell'udito, tatto, vista, gusto, e odorato.

Kailasa: la vetta di una montagna nell'Himalaya, considerata la dimora di Shiva.
kaivalya: libert assoluta; emancipazione totale o distacco dell'anima dalla materia e identificazione con lo Spirito Supremo.
Kaivalya Pada: il quarto e ultimo capitolo degli Yoga Sutra di Patanjali, in cui si tratta della libert assoluta.
kal: arte. Vedi anche bhoga-kala, kama-kala, yoga-kala.
kla: tempo.
kama: piacere sensuale, desiderio.
kama-kala: arte della gratificazione del desiderio sensuale.
kapha: flemma; uno dei tre umori del corpo, che corrisponde all'elemento acqua. Vedi anche pitta, vita.
karana-sharira: la struttura causale; la parte pi interna delle tre strutture del corpo, che comprendono l'involucro spirituale della
gioia. Vedi anche sharira.
karma: azione.
karma-marga: il sentiero dell'azione.
karma-yoga: la via verso la realizzazione e l'unione dell'individuo con l'Anima Suprema attraverso l'azione.
karmendriya: organo dell'azione - i cinque karmendriya sono le mani, i piedi e gli organi dellescrezione, della generazione e della
parola.
kevala: tutto, intero, assoluto, perfetto, puro.
kevala-kumbhaka: quando la pratica del kumbhaka, o sospensione del respiro tra l'inspirazione e l'espirazione, talmente perfetta da
divenire istintiva, si chiama kevala-kumbhaka.


klesha: dolore, angoscia, sofferenza, afflizione.
kosha: involucro, guaina; uno dei cinque involucri che avvolgono l'anima: 1) annamaya-kosa, l'involucro anatomico del nutrimento
equivalente al corpo anatomico grossolano, 2) pranamaya-kosha, l'involucro fisiologico che comprende l'apparato respiratorio e
circolatorio, digestivo, endocrino, escretorio e genitale, 3) manomaya-kosha, l'involucro psicologico che comprende la consapevolez-
za, il sentimento e il giudizio avulsi dall'esperienza soggettiva, 4) vijnanamana-kosha, l'involucro intellettuale che implica il processo
argomentativo e di giudizio prodotti dall'esperienza soggettiva, 5) anandamaya-kosha, l'involucro spirituale della gioia. Vedi anche
sharira.
kriya: azione; processo di purificazione.
kriya-yoga: Yoga della pratica, yoga dell'azione.
Krshna: l'eroe pi famoso della mitologia induista; l'ottava incarnazione di Vishn.
kshatriya: un membro della casta guerriera, la seconda casta del sistema induista.
kumbhaka: il tempo di ritenzione o sospensione del respiro dopo una completa inspirazione o dopo una completa espirazione. Vedi
anche antara-kumbhaka, bahya-kumbhaka, kevala-kumbhaka.
Kumbhakarna: un demone gigantesco, fratello di Ravana infine ucciso da Rama, l'eroe del Ramayana.
kundalini serpente arrotolato; l'energia cosmica divina simboleggiata da un serpente arrotolato e addormentato che si trova nel pi
basso centro nervoso alla base della spina dorsale, il mulandhara-chakra {sic}. Quest'energia latente deve essere risvegliata e fatta
salire attraverso il principale canale di energia, la sushumna, penetrando nei vari chakra fino al sahasrara-chakra, il loto dai mille petali
nella testa; cos lo yogi si unisce all'Anima Universale Suprema.
kundalini-yoga: la via verso la realizzazione e l'unione dell'individuo con l'Anima Suprema attraverso il risveglio della kundalini.
kurma: tartaruga.

Mahabhashya: letteralmente il grande commentario; il trattato di Patanjali sulla grammatica sanscrita che prende forma di commento
ai Sutra di Panini.
Mahatma: spirito elevato, magnanimo, eminente, distinto, potente.
manas: la mente individuale che ha il potere e la facolt di attenzione, selezione e rifiuto; il dominatore dei sensi.
manomaya-kosha: l'involucro psicologico comprensivo di consapevolezza, sensazione e giudizio non derivati da esperienza
soggettiva; uno dei cinque involucri che avvolgono l'anima. Vedi anche kosha, sharira.
manah-samyama: integrazione della mente.
mantra: sillaba, parola, frase sacra o preghiera che si pu ripetere come aiuto alla meditazione; una formula dedicata a una qualsiasi
divinit; venerazione rivolta a una divinit o a pi divinit.
marga: via, strada, sentiero. Vedi anche bhakti-marga, karma-marga, jnana-marga, nivrtti-marga, pravrtti-marga.
Meru: una mitica montagna, ritenuta il punto centrale dell'emisfero orientale.
Mohin una donna affascinante, un'incarnazione scelta da Vishnu per ingannare demoni.
moksha: liberazione; emancipazione dell'anima dalle reincarnazioni.
moksha-shastra: scienza della liberazione.
mudra: sigillo; postura; segno fatto con le mani.

nadi. un canale del corpo sottile attraverso il quale scorre l'energia vitale, seminale e cosmica oltre all'aria, l'acqua, il sangue, il
nutrimento e altre sostanze, tra cui le sensazioni e la consapevolezza.
Nataraja: nome attribuito a Shiva come signore della danza (nata =danza; raja =re).
natarajasana: la postura Nataraja. In questa postura il praticante sta in equilibrio su una gamba mentre piega l'altra gamba all'indietro
ed estende un braccio al di sopra oltre la spalla ad afferrare il piede, mentre l'altro braccio proteso in avanti.
nidra: sonno.
nirbija: senza seme, non dipendente da nulla.
nirbija-samadhi: stato senza seme di totale coscienza non dipendente da oggetti, mantra o altri aiuti esterni.
nirodha: estinzione, repressione, cessazione.
nirodha-parinama: la trasformazione della limitazione - il primo stadio della meditazione descritto da Patanjali, che consiste nel
controllo dei movimenti e delle fluttuazioni della mente, e nel rendersi conto dell'intervallo tra la mente limitante e la mente che
fluttua.
nishpattyavastha: stato di integrazione, conclusione, compimento e realizzazione; il quarto stadio della pratica dello yoga.
nivrtti-marga: sentiero diretto verso l'interno; la via della realizzazione tramite l'astensione dalle azioni materiali e dalle influenze
prodotte dai desideri terreni. Vedi anche pravrtti-marga.
niyama: autopurificazione con la disciplina - il secondo stadio dello yoga.
nrtya: danza.

ojas: luce, splendore, lustro, energia.

pada: piede o gamba; parte di un libro.
padmasana: postura del loto - in questa postura l'allievo siede con le gambe incrociate in modo che ogni piede poggi trasversalmente
sulla coscia opposta.
parichayavastha: stato di conoscenza, intimit tra il corpo, la mente e l'intelletto; il terzo stadio della pratica dello yoga.
paridrshta: regolato, misurato.
parinama: trasformazione. Vedi anche ekagrata-parinama, nirodha-parinama, samadhi-parinama.


Parvati consorte di Shiva, alla quale per prima egli insegn lo yoga.
pashchimottanasana: intenso stiramento posteriore - in questa postura, le gambe sono distese in avanti lungo il pavimento e la parte
superiore del corpo si estende in avanti sulle gambe (pashchima letteralmente significa l'occidente: comprende la parte posteriore del
corpo dalla testa ai talloni; uttana significa una forte tensione).
pata: caduto.
Patanjali: l'autore del primo trattato sistematico sullo yoga, gli Yoga Sutra, ritenuto un'incarnazione di Adishesha.
pinigala: una delle principali nadi o canali d'energia nel corpo, che va dalla narice destra fino alla base della spina dorsale e poi
arriva fino alla testa (chiamata anche surya-nadi, il canale dell'energia solare); fulvo, rossiccio. Vedi anche chakra, ida, sushumna.
pitta: bile - uno dei tre umori del corpo, equivalente all'elemento fuoco. Vedi anche vata, kapha.
prana: respiro, respirazione, vento, forza vitale, vita, vitalit, energia, forza, l'energia nascosta nell'atmosfera.
prana-samyama: integrazione del respiro.
Pranamaya-kosha: l'involucro fisiologico che comprende l'apparato respiratorio, circolatorio, digestivo, endocrino, escretorio e
genitale. Uno dei cinque involucri che avvolgono l'anima. Vedi anche kosha, sharira.
pranayama: regolazione dell'energia e della forza vitale attraverso il controllo ritmico del respiro. Il quarto stadio dello yoga.
pranidhana: consacrazione, abbandono. Vedi anche ishvara-pranidhana.
Prashna Upanishad: una delle dieci principali Upanishad, composta di quesiti (prashna =quesito).
pratyahara: ritiro ed emancipazione della mente dal dominio dei sensi e dei loro oggetti. Il quinto stadio dello yoga.
pravrtti-marga: sentiero diretto all'esterno; la via dell'azione o della creazione. Vedi anche nivrtti-marga.
pura: fortezza, castello, citt, casa, dimora, corpo.
puraka: inspirazione.
Purana: leggenda del passato; racconto antico leggendario o tradizionale.
purusha: anima umana o principio psichico; il padrone della dimora del corpo; uomo.
purushartha: scopo della vita nell'uomo - i quattro purushartha sono dharma (dovere), artha (acquisizione), kama (piacere) e moksha
(liberazione).

raga: passione, attaccamento al piacere; collera.
raja: re, condottiero.
raja-yoga: la via per realizzare l'unione con lo Spirito Supremo divenendo padroni della propria mente e sconfiggendone i nemici, di
cui i principali sono la lussuria, la collera, l'avidit, l'illusione, l'orgoglio e l'invidia.
rajas: mobilit, attivit, dinamismo. Uno dei tre guna o costituenti di tutto ci che esiste. Vedi anche tamas, sattva.
Rama: la settima incarnazione di Vishnu; l'eroe del poema epico Ramayana.
Ramakrsna: maestro religioso indiano (1836-86).
Ramanuja, Sri: uno dei tre grandi acharya o precettori dell'India meridionale.
Ramayana: il celebre poema epico sulle gesta di Rama, attribuito a Valmiki.
Ravana: il re demone di Lanka (Sri Lanka) che rap Sita, moglie di Rama, nel poema epico Ramayana (Ravana era dotato di grande
intelligenza e di una forza straordinaria; era un ardente fedele di Siva e profondo conoscitore dei Veda).
rechaka: espirazione; svuotamento dei polmoni.
Rg Veda: il primo dei quattro Veda o scritture sacre induiste, composto di oltre mille inni a varie divinit.
roga: malattia, malessere. Vedi anche adhibhautika-roga, adhidaivika-roga, adhyatmika-roga.

sadhana: pratica; atto di supremazia; adempimento; realizzazione.
Sadhana Pada: la seconda parte degli Yoga Sutra di Patanjali, che tratta dei mezzi per la realizzazione spirituale.
shakti: potere, energia, capacit, forza; rappresenta il potere di azione della coscienza; l'aspetto femminile o la consorte di una
divinit.
sama: stesso, eguale, pari, retto.
samadhi: uno stato in cui l'aspirante, essendo una cosa sola con l'oggetto della sua meditazione, lo Spirito Supremo che governa
l'universo, prova una pace e una felicit indescrivibili.
Samadhi Pada: la prima parte degli Yoga Sutra di Patanjali, che tratta dello stato del samadhi.
samadhi-parinama: il secondo stadio della meditazione descritta da Patanjali - uno stato di serenit ottenuta grazie al controllo delle
fluttuazioni della mente e che conduce all'assorbimento totale nel sommo S.
samkhya: numero, conteggio, calcolo.
Sama Veda: uno dei quattro Veda o scritture sacre induiste, composto da canti metrici o inni in lode delle divinit.
samyama: limitazione, verifica, controllo; integrazione: il triplice fenomeno di dharana, dhyana e samadhi.
Shamkaracharya, Sri Adi: uno dei tre acharya o precettori dell'India meridionale.
sanmukhi-mudra: una mudra, in cui le aperture del viso (bocca, occhi, orecchie e narici) vengono chiuse e la mente diretta
all'interno per apprendere la meditazione.
sannyasa: distacco dagli affari di questo mondo e attaccamento al servizio del Signore; corrisponde al quarto ashrama, o stadio della
vita.
sannyasin: colui che rinuncia agli obblighi terreni e familiari per seguire un sentiero spirituale o l'insegnamento.
santosha: gioia, contentezza.
sharira: corpo; struttura; secondo la filosofia induista esistono tre strutture del corpo che avvolgono l'anima, ulteriormente suddivise
nei cinque involucri seguenti: il corpo grossolano o anatomico (shtula-sharira) consiste dell'involucro anatomico del nutrimento
(annamaya-kosha) ed distrutto dalla morte; il corpo sottile (sukshma-sharira) consta dell'involucro fisiologico (pranamaya-kosa), l'in-


volucro psicologico (manomaya-kosha) e l'involucro intellettuale (vijnanamaya-kosha); il corpo causale (karana-sharira) composto
dall'involucro spirituale della felicit (anandamaya-kosha). Vedi anche kosha.
sharira-samyama: integrazione del corpo strutturale o anatomico.
sarva: tutto, intero.
sarvabhauma: universale, che appartiene al mondo intero.
sarvangasana: postura di tutto il corpo; questa la postura eretta sulle spalle, l'equilibrio sulle spalle o l'equilibrio sul collo in cui il
corpo si estende verticalmente all'ins verso i piedi mentre si appoggia sulle spalle.
shastra: qualsiasi manuale o insieme di regole, qualsiasi libro o trattato, e specialmente un trattato religioso o scientifico, qualsiasi
libro sacro o poema di autorit divina; il termine shastra si trova normalmente dopo la parola che indica l'argomento di un libro o si
applica collettivamente alle sfere di conoscenza, per esempio, yoga-shastra, un'opera sulla filosofia yoga o l'insieme degli
insegnamenti sullo yoga. Vedi anche moksha-shastra.
sattva: la qualit di luminosit e purezza; uno dei tre guna o elementi costitutivi di tutto ci che esiste. Vedi anche rajas, tamas.
satya: verit.
satyam: vero.
saucha: purezza, pulizia.
shavasana: postura del cadavere. In questo asana il praticante giace sulla schiena come un morto; rimanendo inanimati e mantenendo
la mente immobile mentre si del tutto coscienti, si impara a rilassarsi, e questo rilassamento conscio tonifica e rigenera sia il corpo
che la mente. pi difficile immobilizzare la mente del corpo, perci questa postura facile in apparenza in realt una delle pi
difficili da imparare.
setu-bandha-sarvangasana: postura della costruzione del ponte (setu =ponte; setu-bandha =costruzione di un ponte). In questa
postura il corpo arcuato e poggia sulle spalle da una parte e sui talloni dall'altra, mentre sorretto dalli mani sotto la vita. Vedi anche
sarvangasana,
siddha: saggio, veggente, o profeta; essere semi-divino di grande purezza e santit.
siddha-yoga: yoga insegnato dai siddha.
Sitai: la moglie di Rima, eroina del Ramayana.
Shiva: la terza divinit della trinit induista; il Distruttore, il cui nome significa fausto, propizio. Vedi anche Brahma, Vishnu.
shivam: favorevole.
Shiva-Samhita: un importante testo di hatha-yoga.
stambha: controllo.
sthula-sharira: il corpo grossolano, il corpo materiale o perituro composto dall'involucro anatomico che si distrugge alla morte. Una
delle tre strutture del corpo, insieme al corpo sottile e a quello causale. Vedi anche Sharira.
shudra: un membro della casta dei lavoratori, la casta inferiore del sistema induista.
sukshma-sharira: il corpo sottile. Una delle tre strutture del corpo, insieme al corpo grossolano e a quello causale. Vedi anche
sharira.
sundaram: bellissimo.
Surya: il dio sole.
surya-nadi: il canale dell'energia solare. Vedi anche pingala.
sushumna: la principale nadi o canale d'energia, localizzata all'interno della spina dorsale. Vedi anche chakra, ida, pingala, kundalini.
sutra: aforisma; testo sacro; filo. Vedi anche Yoga Sutra.
Sutra-neti: una delle sei kriya dello hatha-yoga, che consiste nel far passare un filo da una narice all'altra o da una narice alla bocca,
muovendolo tenendone le estremit tra le dita.
sva: il s.
svadhyaya: autoricerca; educazione di se stessi con lo studio della letteratura sacra.
Svatmarama; autore dello Hatha Yoga Pradipika.
Swami: un maestro istruito; nome dato a un maestro religioso.

tadasana: postura della montagna; il punto di partenza di tutte le posture erette, dove si rimane immobili ed eretti come una
montagna.
tamas: inerzia, inattivit, oscurit, ignoranza; uno dei tre guna o elementi costitutivi di tutte le cose della natura. Vedi anche rajas,
sattva.
tandavanrtya: la danza di Shiva, che simboleggia la distruzione dell'universo prima di un nuovo ciclo di creazione.
tapas: fervore religioso, desiderio ardente di raggiungere una meta, precisione iella pratica, purificazione, autodisciplina, austerit.
tapasvini: una donna che ha preso i voti religiosi, una asceta.
Tejas: radiosit, splendore, fulgore, luminosit, imponenza, dignit, gloria.
trikonasana: postura del triangolo; in questa postura eretta i piedi sono distanti e il corpo si allunga su un lato mentre un braccio si
tende in basso fino a toccare il pavimento; in questo modo si ha un triangolo formato dal tronco, braccio e la gamba.

Upanishad: la parte filosofica dei Veda, l'antica letteratura sacra induista, che riguarda la natura dell'uomo e dell'universo, e l'unione
dell'anima individuale o s con l'Anima Universale. La parola deriva dai prefissi upa (vicino) e ni (in basso) aggiunti alla radice
sad (sedere); significa sedersi vicino a un guru per ricevere l'insegnamento spirituale. Vedi anche Veda.
vairagya: rinuncia, assenza di desideri terreni.
vaishya: un membro della casta dei mercanti, la terza casta della societ induista.
vanaprastha: il terzo ashrama, o stadio della vita, nel quale si abbandona la vita familiare in favore di una vita ascetica nella foresta.


Vasishta: un famoso saggio, autore di numerosi inni vedici.
vata: vento; uno dei tre umori del corpo; equivalente all'elemento aria. Vedi kapha, pitta.
Veda: le sacre scritture induiste, considerate testi rivelati e composte da quattro raccolte intitolate Rg Veda, inni agli di; Sama
Veda, canti sacerdotali; Yajur Veda, formule sacrificali in prosa; e Atharva Veda, formule magiche; contengono le prime intuizioni
filosofiche e vengono considerate la somma autorit; ogni Veda si divide generalmente in due parti, specificamente i mantra (inni) e i
brahmana (precetti), questi ultimi si compongono di aranyaka (liturgia) e upanishad (filosofia).
vedico: dei Veda.
Vibhisana: il fratello minore di Ravana, che rimprover al maggiore il suo iniquo comportamento nel rapimento di Sita, moglie di
Rama, e gli intim di restituirla al marito,
vibhuti: forza, potere, nobilt, realizzazione,
Vibhuti Pada: la terza parte degli Yoga Sutra di PatanjaIi, riguardante i poteri che lo yogi acquista nella sua pratica spirituale.
vid: conoscere; comprendere.
vijnana: conoscenza, saggezza, intelligenza, comprensione, discriminazione; conoscenza materiale derivata dall'esperienza in
opposizione alla conoscenza di Brahman.
vijnanamaya-kosha: l'involucro intellettuale che include il processo del ragionamento e del giudizio proveniente dall'esperienza
soggettiva; uno dei cinque involucri che avvolgono l'anima, Vedi anche kosha, sharira.
viparita: capovolto, invertito, opposto, avverso, perverso, contrario.
viparita-karani: una postura nella quale la parte superiore del corpo, fino all'inguine, si trova in setu-bandha-sarvanigasana, e le
gambe come nel sarvangasana; non si considera un asana completo, ma piuttosto una forma di pratica (karani).
Vishnu: la seconda divinit della trinit induista, il Preservatore. Vedi anche Brahma, Shiva.
vrksha: albero.
vrtti: modello, modificazione, fluttuazione. Vedi anche chittavrtii.
Yajur Veda: uno dei quattro Veda o sacre scritture induiste, relativo al sacrificio.
yama: comandamenti morali universali o discipline etiche, che trascendono i credo, i paesi, l'et e il tempo (i cinque menzionati da
Patanjali sono: la non violenza, la verit, il non rubare, la continenza, e l'assenza di cupidigia). Il primo stadio dello yoga.
yoga: unione, comunione; l'unione della nostra volont a quella di Dio, che ci permette di considerare la vita uniformemente in tutti i
suoi aspetti; il metodo per giungere a tale stato d'animo; la parola yoga deriva dalla radice yuj che significa unire, aggiogare; lo
scopo principale dello yoga insegnare i mezzi con cui lo spirito umano pu unirsi totalmente con lo Spirito Supremo che pervade
l'universo e raggiungere cos la liberazione.
yoga-bhrashta: caduto dalla grazia dello yoga.
yoga-kala: arte nella sua forma pi elevata.
Yoga Sutra: l'opera classica di Patanjali sullo voga, scritta circa duemilacinquecento anni fa e composta di 196 aforismi; divisa in
quattro parti che trattano rispettivamente il samadhi, i mezzi con cui si raggiunge lo yoga, i poteri che lo yogi acquisisce durante la sua
ricerca e lo stato di liberazione assoluta.
yogi: colui che segue il cammino dello yoga.
yogini: una donna che segue il cammino dello yoga.

BIBLIOGRAFIA

Libri di B.K.S. Iyengar:
Light on Yoga, George Allen and Unwin, London 1966 (Trad. it., Teoria e pratica dello yoga, Ed. Mediterranee, Roma 1975).
The Concise Light on Yoga, Unwin Paperbacks, London 1980.
The Art of Yoga, Unwin Paperbacks, London 1985.
Light on Pranayama, George Allen and Unwin, London 1981.

Libri di interesse affine:
Iyengar: His Life and Work, Timeless Books, Porthill, Idaho, 1987.
Yoga: A Gem for Women, di Geeta S. Iyengar, Allied Publishers, New Delhi 1983.
Yoga Sutra of Patanjali, traduzione inglese e commento di Shri Dharmavirsingh Mahida, Ramamani Iyengar Memorial Yoga
Institute, Pune 1987.

Testi sanscriti:
Il seguente elenco stato compilato per aiutare quei lettori che vogliano ulteriormente approfondire lo studio dei testi sanscriti
menzionati in questo libro.
Srimad Bhagavadgita, traduzione inglese a cura di S.K. Belvalkar, Hindu Vishvavidyalaya, Nepal Rajya Sanskrit Series I, Varanasi
1959.
The Bhagavad Gita, traduzione inglese e interpretazione di Franklin Edgerton, Harper and Row, New York 1974.
The Bhagavad Gita, traduzione inglese e commento di R.C. Zaehner, Oxford University Press, London 1973.
Caraka-Samhita, il trattato di Agnivesha rivisto e annotato da Caraka e redatto da Drdhabala (trad. inglese), curato e tradotto da
Priyavrat Sharma, J aikrishnadas Ayurveda Series 36, Chaukhamba Orientalia, Varanasi 1981, 1983 (2 volumi).
Hathayogapradipika di Svatmarama con il commento di Brahmananda e la traduzione inglese di Srinivas Iyangar, Adyar Library and
Research Center, Madras 1972.


Hathayogapradipika di Svatmarama, traduzione inglese e cura di Swami Digambarji e Raghunathasastri Kokaje, K.S.M.Y.M. Samiti,
Lonavla 1970.
The Hatha Yoga Pradipika, traduzione inglese di Pancham Sinh, Oriental Books Reprint Corporation, Munshiram Manoharlal
Publishers, New Delhi.
The Vyakarana-Mahabhasya of Patanjali, a cura di Franz Kielhorn, revisione di K.V. Abhyankar, Bhandarkar Oriental Research
Institute, Poona 1962-1972 (3 volumi, solo in sanscrito).
Ancient Indian Tradition and Mythology, traduzione inglese a cura di un comitato di studiosi, Motilal Banarsidass, Delhi 1970 (sono
apparsi finora 29 volumi di traduzioni dei Purana).
Classical Hindu Mythology A Reader in the Sanskrit Puranas, cura e traduzione inglese di Cornelia Dimmitt e J .A.B. van Buitenen,
Temple University Press, Philadelphia 1978.
The Ramayana of Valmiki, traduzione inglese a cura di Robert P. Goldman, Princeton University Press, Princeton 1984 (ne sono
finora apparsi 2 volumi).
The Ramayana of Valmiki, traduzione inglese di Hari Pradas Shastri, Shanti Sadan, London 1952-1959 (3 volumi).
Ramayana, William Buck (non una traduzione ma un nuovo racconto del Ramayana in moderno inglese), New American Library,
New York 1978.
The Siva Samhita, tradotto in inglese da Rai Bahadur Srisa Chandra Vasu, Oriental Books Reprint Corporation, Munshiram
Manoharlal Publishers, New Delhi.
The Thirteen Principal Upanishads, tradotte in inglese da Robert Ernest Hume, Oxford University Press, London 1971.
The Principal Upanishads, cura e traduzione inglese di S. Radhakrishnan, George Allen and Unwin, London 1953.
Les Upanishad, testo e traduzione francese a cura di Louis Renou, Adrien-Maison-neuve, Paris 1943.
Atharvaveda-Samhita, traduzione inglese con commento critico ed esegetico e introduzione, W. D. Whitney, Harvard Oriental
Series, ristampato in 2 volumi, Motilal Banarsidass, Delhi 1962.
The Rig Veda, an Anthology, traduzione inglese di Wendy Doniger O'Flaherty, Penguin, Harmondsworth 1981.
Der Rig-Veda, traduzione tedesca di K.F. Geldner, Harvard Oriental Series, volumi 33-35, Cambridge 1951.
The Hymns of the Samaveda, traduzione inglese di R.T.H. Griffith, E. J . Lazarus, Benares 1963.
The Veda of the Black Yajus School entitled Taittiriya Samhita, Arthur Berriedale Keith, Motilal Banarsidass, Delhi 1967 (2
volumi).
The Texts of the White Yajurveda, traduzione inglese di R. T. H. Griffith, Varanasi 1899.
The Yoga-System of Patanjali, J ames Haughton Woods, Harvard Oriental Series, volume 17, Cambridge 1914.
Patanjali's Yoga Sutras, con il commento di Vyasa e la glossa di Vachaspati Misra, traduzione inglese di Rama Prasada con
un'introduzione di Rai Bahadur Srisa Chandra Vasu, Oriental Books Reprint Corporation, Munshiram Manoharlal, New Delhi 1978.
The Yoga Aphorisms of Patanjali, traduzione inglese di Shri Purohit Swami, con unintroduzione di W. B. Yeats, Faber and Faber,
London 1987.

Nota bibliografica per il lettore italiano
I libri di B. K. S. Iyengar non tradotti in italiano possono essere richiesti scrivendo allo Iyengar Yoga Institute, 223a Randolph
Avenue, London W9 1NL.
Per quanto riguarda gli altri titoli menzionati nella bibliografia originale, alcuni sono rintracciabili solo presso librerie o biblioteche
specializzate in testi orientali, altri circolano esclusivamente in India o nel mondo anglosassone e sono dunque nell'insieme piuttosto
difficili da reperire per il lettore italiano.
La Casa Editrice Astrolabio ha al suo attivo numerose traduzioni italiane di testi che possono essere di notevole interesse per il
lettore di questo libro; li riportiamo qui di seguito a integrazione della bibliografia originale.

Testi sullo yoga:
Apa B. Pant, Surya Namaskara: lo yoga del sole, Astrolabio, Roma 1974.
Aurobindo, La sintesi dello yoga, Astrolabio, Roma 1968-1971 (3 volumi).
Alain Danilou, Yoga, metodo di reintegrazione, Astrolabio, Roma 1974.
Gopi Krishna, Kundalini: lenergia evolutiva dell'uomo, Astrolabio, Roma 1972.
Gopi Krishna, Il segreto dello yoga kundalini, Astrolabio, Roma 1985.
E. M. Luchs, Yoga per bambini, Astrolabio, Roma 1972.
Andr Van Lysebeth, Pranayama; la dinamica del respiro, Astrolabio, Roma 1973.
Vivekananda, J nana Yoga, Astrolabio, Roma 1963.
Vivekananda, Yoga pratici, Astrolabio, Roma 1963.
S. E. Yesudian, Sport e Yoga, Astrolabio, Roma 1964.

Testi classici:
Bhagavad Gita, testo sanscrito con saggio introduttivo e note di S. Radhakrishnan, traduzione italiana con note e commentario di
Icilio Vecchiotti, Astrolabio, Roma 1964.
Brahmasutra, testo sanscrito con introduzione, traduzione italiana, commento e lessico a cura di Icilio Vecchiotti, Astrolabio, Roma
1979.
Inni del Rg Veda, traduzione italiana, prefazione, introduzione e note a cura di Valentino Papesso, Astrolabio, Roma 1979.
Sivasutra, testo sanscrito, traduzione italiana, introduzione e note a cura di Raffaele Torella, Astrolabio, Roma 1980.



Testi di interesse generale:
Alain Danilou, Siva e Dioniso, Astrolabio, Roma 1980.
Alain Danilou, Storia dell'India, Astrolabio, Roma 1984.
J eanine Miller, I Veda; armonia, meditazione e realizzazione, con una scelta di Inni Vedici; prefazione di J an Gonda, Astrolabio,
Roma 1977.
Swami Nityabodhananda, Miti e religioni dell'India, Astrolabio, Roma 1978.
Geoffrey Parrinder, Le Upanishad, La Gita e la Bibbia, Astrolabio, Roma 1964.
J os Pereira, Manuale delle teologie induiste, Astrolabio, Roma 1978.
Albert Schweitzer, I grandi pensatori dell'India, Astrolabio, Roma 1964.
M. Stutley - J . Stutley, Dizionario dell'induismo, Astrolabio, Roma 1980.
I.K. Tammi, La scienza dello yoga. Commento agli Yogasutra di Patanjali, Astrolabio, Roma 1970.
Swami Tattwananda, La quintessenza del Vedanta, traduzione del Sarva-Vedanta-Siddhanta-Sarasangraha di Sri Sankaracarya.
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