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APPUNTI DI MECCANICA CELESTE

FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI


INDICE
1. Richiami sui sistemi dinamici 1
1.1. Trasformazioni canoniche 5
1.2. Metodo di Hamilton-Jacobi 7
1.3. Sistemi integrabili 8
1.4. Equilibri e punti ssi 10
1.5. Sistemi Conservativi e Dissipativi 14
1.6. La Standard Map 15
2. Il Problema di Keplero 18
2.1. Anomalia Media ed Anomalia Eccentrica 26
2.2. Potenziale efcace e classicazione delle orbite 31
2.3. Variabili di Delaunay 33
3. Punti Lagrangiani 37
4. Dinamica Rotazionale 47
4.1. Variabili di Andoyer-Deprit 50
4.2. Problema Spin-Orbita 52
5. Teoria Perturbativa 56
5.1. Teorema della Media 59
5.2. Condizioni di Risonanza 62
6. Teoria KAM 63
7. Teoria della Regolarizzazione (Cenni) 68
Elenco delle gure 72
Riferimenti bibliograci 73
1. RICHIAMI SUI SISTEMI DINAMICI
Consideriamo un sistema ad n gradi di libert, abbiamo dunque n coor-
dinate libere indipendenti che indichiamo con q = (q
1
, . . . , q
n
). Vogliamo
descrivere ora lo stato di questo sistema con un set di n equazioni differen-
ziali del secondo ordine. Per farlo partiamo dal vettore q = ( q
1
, . . . , q
n
).
Introduciamo T( q) energia cinetica del sistema e V(q) energia potenziale del
sistema. Possiamo, a questo punto, introdurre la Lagrangiana del sistema
1
2 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
dinamico come:
(1.1) L( q, q) = T( q) V(q)
da cui possiamo ricavare le n-equazioni ordinarie del secondo ordine che
descrivono la dinamica del sistema:
(1.2)
d
dt

q
L( q, q) =

q
L( q, q)
che sono dette le equazioni di Lagrange del sistema.
Denizione 1. Deniamo momento cinetico coniugato alla quantit q:
(1.3) p =
L
q
Usando il momento cinetico coniugato (eq. 1.3) possiamo ridenire le
equazioni di Lagrange (eq. 1.2) come:
(1.4)
dp
dt
=
L
q
Vogliamo ora procedere a costruire lHamiltoniana del sistema, comincia-
mo con il calcolare il differenziale delloperatore lagrangiano (eq. 1.1):
dL( q, q) =
L
q
dq +
L
q
d q
(eq. 1.3)
= pdq + pd q = d(p q) qdp + pdq
da cui, mettendo insieme il primo e lultimo termine delluguaglianza, ot-
teniamo:
(1.5) qdp pdq = d(p q L( q, q))
Possiamo quindi dare la seguente denizione:
Denizione 2 (Hamiltoniana). Deniamo Hamiltoniana del sistema lope-
ratore:
(1.6) H(p, q) = p q L( q, q)
dove il q che appare nel primo termine e nella lagrangiana da intendersi
come q = q(p, q) tramite la denizione di momento cinetico coniugato
(def. 1).
Esprimere q come funzione del momento cinetico coniugato e delle va-
riabili q vuol dire assumere la possibilit di invertire la denizione di mo-
mento cinetico, ovvero assumere lesistenza della cosiddetta Trasformata
di Legendre.
Sfruttiamo ora le informazioni che abbiamo ottenuto dal differenziale
della lagrangiana per calcolare, similmente, il differenziale dellhamiltonia-
na come:
(1.7) dH(p, q) = d(p q L( q, q))
(eq. 1.5)
= qdp pdq
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 3
ovvero, calcolando esplicitamente il primo membro, otteniamo:
(1.8)
H
p
dp +
H
q
dq = qdp pdq
possiamo ricavare da questa scrittura, uguagliando i termini opportuni, la
seguente:
Denizione 3 (Equazioni di Hamilton). Chiamiamo il seguente sistema di
2n-equazioni differenziali del primo ordine: equazioni di Hamilton,
(1.9)
_

_
q =
H
p
p =
H
q

_
q
i
=
H
p
i
p
i
=
H
q
i
i = 1, . . . , n
Vediamo un esempio per chiarire il signicato di questa nuova formula-
zione.
Esempio 1. Partiamo dalla lagrangiana in R
3
scritta per le coordinate carte-
siane {0, x, y, z}:
L( x, y, z, x, y, z) =
1
2
m
_
x
2
+ y
2
+ z
2
_
V(x, y, z)
i momenti cinetici coniugati associati alle variabili sono:
p
x
= m x, p
y
= m y, p
z
= m z
possiamo calcolare facilmente la trasformata di Legendre in questo caso,
infatti:
x =
p
x
m
, y =
p
y
m
, z =
p
z
m
per cui lhamiltoniana risulta essere:
H(p
x
, p
y
, p
z
, x, y, z) =
p
2
x
m
+
p
2
y
m
+
p
2
z
m

m
2
_
p
2
x
m
+
p
2
y
m
+
p
2
z
m
_
+V(x, y, z) =
=
1
2m
_
p
2
x
+p
2
y
+p
2
z
_
+V(x, y, z)
Osservazione 1. La scrittura dellhamiltoniana dellesempio 1 ci dice che,
sostanzialmente, H = T + V, dove T espressa in termine dei momenti
cinetici coniugati. Ovvero lhamiltoniana rappresenta lenergia meccanica
del sistema scritta in variabili canoniche.
Per quelli che saranno i nostri ni abbiamo bisogno di calcolare lagran-
giane ed hamiltoniane in termini di coordinate sferiche, dunque partiamo
dalla costruzione delle coordinate sferiche (g. 1):
_
_
_
x = r cos sin
y = r cos cos
z = r sin
, 0 , 0 2
4 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
x
y
z

FIGURA 1. Coordinate Sferiche


da cui otteniamo le velocit:
_
_
_
x = r cos sinr

sin sinr cos cos


y = r cos cos r

sin cos +r cos sin


z = r sin +r

cos
la lagrangiana in queste coordinate diventa:
L( r,

, , r, , ) =
m
2
_
r
2
+r
2

2
+r
2

2
cos
2

_
V(r, , )
esprimiamo quindi i momenti cinetici coniugati come:
p
r
= m r, p

= mr
2

, p

= mr
2
cos
2

per cui la trasformata di Legendre risulta essere:


r =
p
r
m
,

=
p

mr
2
, =
p

mr
2
cos
2

da cui lhamiltoniana risulta essere:


H =p
r
r +p


+p

L =
=
p
2
r
m
+
p
2

mr
2
+
p
2

mr
2
cos
2


1
2m
_
p
2
r
+
r
2
p
2

r
4
+
p
2

r
4
cos
2

r
2
cos
2

_
+
+V(r, , ) =
=
p
2
r
2m
+
p
2

2mr
2
+
p
2

2mr
2
cos
2

+V(r, , )
Osservazione 2. Il potenziale kepleriano un potenziale che dipende solo
dalla r, ovvero si scrive come una V(r), dunque si ha che:
L

= 0
L

= p

cost.
e dunque il momento angolare del sistema conservato, ovvero quella che
si dice una variabile ciclica e pu essere eliminata dal sistema. Non si pu
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 5
dire lo stesso della variabile che non pu essere eliminata, comparendo
nel termine, in cos , che ssa il piano su cui si svolge il moto.
Denizione 4. Se il sistema sico rappresentato da una hamiltoniana
H(p, q) indipendente dal tempo si dice autonoma, altrimenti se lhamil-
toniana H(p, q, t) dipendente esplicitamente dal tempo si dice sistema non
autonomo.
Osservazione 3. Se il sistema non autonomo possiamo costruire un sistema
autonomo associato a n+
1
2
gradi di libert nel seguente modo, partiamo
da H(p, q, t) a

H(p, q, T, t) = H(p, q, t) +T dove:
_

T =


H
t

t =


H
t
= 1
q =


H
p
p =


H
q
sostanzialmente abbiamo aggiunto un grado di libert in pi con la coppia
coniugata di variabili data da (T, t).
1.1. Trasformazioni canoniche. Nella sezione precedente abbiamo trasfor-
mato unhamiltoniana, che avevamo costruito in coordinate cartesiane, in
unhamiltoniana in coordinate sferiche. La trasformazione ha cambiato il
carattere sico del sistema descritto? Ovvero, la trasformazione che ab-
biamo costruito manda sistemi conservativi in sistemi conservativi? Quali
sono le trasformazioni che ci garantiscono questa propriet? Indaghiamo
questa classe di trasformazioni.
Partiamo quindi da unhamiltoniana H(p, q) per un sistema ad n-gradi
di libert, ovvero p, q R
n
, e consideriamo la trasformazione:
(1.10) (T)
_
P = P(p)
Q = Q(q)
e diamo la seguente denizione:
Denizione 5. La trasformazione di coordinate (T), (eq. 1.10), si dice ca-
nonica se trasforma il sistema hamiltoniano H(p, q) in un nuovo sistema
hamiltoniano descritto da H
1
(P, Q).
Vediamo come si scrive lhamiltoniana H
1
(P, Q) a partire dalla H(p, q),
ovvero introduciamo le seguenti quantit:
x =
_
q
p
_
, z =
_
Q
P
_
, J =
_
0
nn
I
nn
I
nn
0
nn
_
6 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
dove J detta matrice simplettica, per cui abbiamo che le equazioni di Ha-
milton (eq. 1.9) si scrivono come:
(1.11)
_

_
q =
H
p
p =
H
q
x = J
H(x)
x
per cui riscriviamo la trasformazione (T) come z = z(x), dunque afnch la
trasformazione produca una nuova hamiltoniana deve essere vericata:
(1.12) z = J
H
1
(z)
z
esprimiamo quindi la quantit z:
z =
=M
..
z
x
dx
dt
(eq. 1.11)
= MJ
H(x)
x
z=z(x)
= MJ
H(x(z))
z
z
x
=
= MJM
T
H(x(z))
z
(1.13)
e quindi deve essere: MJM
T
H(z)
z
= J
H
1
(z)
z
, ovvero:
(1) MJM
T
= J, ovvero M deve essere una matrice simplettica.
(2) H
1
(z) = H(x(z)), ovvero la nuova hamiltoniana lhamiltoniana di
partenza espressa nelle nuove variabili.
Osservazione 4. Mostrare che M una matrice simplettica in generale
unoperazione di non facile esecuzione per sistemi con pi di due gradi
di libert.
Formuliamo ora una condizione di canonicit computazionalmente pi ef-
ciente, partiamo denendo:
Denizione 6 (Parentesi di Poisson). Date due funzioni f = f(p, q), g =
g(p, q) si dice parentesi di Poisson tra f e g la quantit:
(1.14) {f, g} =
n

k=1
_
f
q
k
g
p
k

f
p
k
g
q
k
_
Che ci permette di formulare la seguente proposizione:
Proposizione 1. La condizione di simpletticit MJM
T
= J risulta equivalente a:
(1) {Q
i
, Q
j
} = {P
i
, P
j
} = 0 i, j = 1, . . . , n.
(2) {Q
i
, P
j
} =
ij
i, j = 1, . . . , n.
che pu essere mostrata per calcolo diretto della quantit MJM
T
.
Introduciamo ora unaltra denizione utile a determinare le trasforma-
zioni di coordinate.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 7
Denizione 7 (Funzione Generatrice). Consideriamo la trasformazioni di
coordinate, dipendente anche dal tempo:
(1.15) (T)
_
Q = Q(p, q, t)
P = P(p, q, t)
si chiama funzione generatrice associata a (T) una funzione F = F(q, Q, t)
tale che:
(1.16)
_

_
p =
F
q
P =
F
Q
Ovvero, in modo alternativo:
(1.17)
F = F(q, P, t) : P =
F
q
, Q =
F
P
F = F(p, Q, t) : q =
F
p
, P =
F
Q
F = F(p, P, t) : q =
F
p
, Q =
F
P
Osservazione 5. Nel caso autonomo abbiamo detto che:
H
1
(P, Q) = H(p(P, Q).q(P, Q))
nel caso non autonomo abbiamo quindi che:
H
1
(P, Q) = H(p(P, Q), q(P, Q)) +
F
t
con F funzione generatrice associata alla trasformazione di coordinate (T),
infatti:
H+T

T =
H
t
T =
F
t
1.2. Metodo di Hamilton-Jacobi. Ripartiamo da una trasformazione ca-
nonica dipendente dal tempo:
(T)
_
Q = Q(p, q, t)
P = P(p, q, t)
p, q R
n
che trasforma: H(p, q, t) K(P, Q, t) = H(p, q, t) +
F
T
, dove F la funzio-
ne generatrice associata alla trasformazione (T) nella forma F = F(q, Q, t).
Tra tutte le trasformazioni canoniche (T) vogliamo scegliere quella ta-
le che K 0, ovvero vogliamo ssare una trasformazione (T) tale che
H(p, q, t) =
F
T
. Se abbiamo trovato la trasformazione (T) possiamo
denire lequazione di Hamilton-Jacobi:
(1.18) H
_
F
q
(q, Q, t), q, t
_
+
F
t
(q, Q, t) = 0
8 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
la cui unica incognita rappresentata dalla funzione generatrice F.
Fissata questa trasformazione si ha che K(p, q, t) = 0 e dunque le equa-
zioni di Hamilton-Jacobi diventano:
_

Q =
K
p
= 0

P =
K
q
= 0
cio P, Qsono vettori costanti, ovvero abbiamo ottenuto degli integrali primi
del sistema.
Osserviamo inoltre che se lhamiltoniana non dipende dal tempo in mo-
do esplicito si ha che:
F(q, Q, t) = W(q, Q) t costante
per cui lequazione di Hamilton-Jacobi diventa:
H
_
W
q
, q
_
= 0
1.3. Sistemi integrabili. Tra tutti i sistemi dinamici su cui possiamo lavo-
rare siamo interessati a mettere in rilievo i sistemi integrabili, ovvero i sistemi
di cui conosciamo la soluzione in forma analitica chiusa.
Per farlo introduciamo le seguenti denizioni:
Denizione 8 (Integrale primo). Data unhamiltoniana H(p, q) e le relative
equazioni di Hamilton (eq. 1.9) la quantit U = U(p, q, t) un integrale
primo se costante lungo il moto, ovvero se
U
t

(p,q)
= 0.
Proposizione 2. Dato un sistema dinamico non autonomo rappresentato dallha-
miltoniana H(p, q, t) si ha che U(p, q, t) un integrale primo se {U, H} +
U
t
= 0.
Se il sistema autonomo U(p, q) un integrale primo se {U, H} = 0.
Dimostrazione. Sia U un integrale primo nel senso della denizione 8, allo-
ra:
0 =
U
t

(p,q)
=
_
U
p
p +
U
q
q +
U
t
_

(p,q)
(eq. 1.9)
=
=
U
p
H
q
+
U
q
H
p
+
U
t
= {U, H} +
U
t
(1.19)

Denizione 9 (Sistema Integrabile). Un sistema dinamico ad n-gradi di


libert rappresentato dallhamiltoniana H = H(p, q, t), p, q R
n
, si dice
integrabile se esistono n integrali primi U
1
, . . . , U
n
tali che:
(1) U
1
, . . . , U
n
in involuzione, ovvero tali che {U
i
, U
j
} = 0 i, j = 1, . . . , n.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 9
(2) U
1
, . . . , U
n
indipendenti, ovvero tali che:
rank
_
_
_
_
_
_
U
1
p
1
. . .
U
1
p
n
U
1
q
1
. . .
U
1
q
n
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
.
U
n
p
1
. . .
U
n
p
n
U
n
q
1
. . .
U
n
q
n
_
_
_
_
_
_
= n
Osservazione 6. Possiamo sostituire la condizione (2) nella denizione di
integrabilit (def. 9) con la pi forte (2) U
1
, . . . , U
n
non singolari, ovvero
tali che:
rank
_
_
_
_
_
_
U
1
p
1
. . .
U
1
p
n
.
.
.
.
.
.
U
n
p
1
. . .
U
n
p
n
_
_
_
_
_
_
= n
(2) (2) per il teorema delle orlate.
Vogliamo ora produrre un teorema che ci una strategia costruttiva per
ottenere la scrittura in forma chiusa per la soluzione di un sistema integra-
bile.
Teorema 1 (Liouville-Arnold). Consideriamo un sistema dinamico ad n-gradi
di libert rappresentato da una hamiltoniana H = H(p, q), p, q R
n
. Fissiamo il
punto (p
0
, q
0
) R
2n
, U = (U
1
, . . . , U
n
) integrali primi del sistema dinamico in
involuzione e non singolari, detto
0
= U(p
0
, q
0
) consideriamo la variet, ssato
il vettore R
n
:
(1.20) M

=
_
(p, q) R
2n
|U(p, q) =
_
Se supponiamo inoltre che la variet M

sia compatta in un intorno di


0
allora
esiste una trasformazione canonica di coordinate dalle (p, q) (I, ) con I R
n
e T
n
tale che lhamiltoniana trasformata si scrive come:
(1.21) H
1
(I, ) = h(I)
per unopportuna funzione h funzione unicamente delle variabili I.
Denizione 10 (Azione-Angolo). Consideriamo le variabili I e introdotte
nel Teorema di Liouville-Arnold (thm. 1) chiamiamo:
I: variabili di azione I R
n
.
: variabili dangolo T
n
, con T = [0, 2].
inoltre si ha che:
(1.22) I =
_
pdq
Osservazione 7. Osserviamo che, nella forma in cui lo abbiamo enunciato, il
Teorema di Liouville-Arnold (thm. 1) vale solo in una forma locale, ovvero
nellintorno del punto (p
0
, q
0
) R
2n
in cui esiste la trasformazione (T).
10 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Corollario 1 (Integrabilit). Consideriamo un sistema dinamico ad n-gradi di
libert rappresentato da una hamiltoniana H = H(p, q) per cui sono vericate
le ipotesi del Teorema di Liouville-Arnold (thm. 1), allora si ha che il sistema
integrabile nel senso della denizione 9.
Dimostrazione. Poich valido il Teorema di Liouvillle-Arnolod possiamo
esprimere lHamiltoniana H come funzione delle sole variabili da azione I
come una funzione h(I). Per cui ci siamo ridotti a mostrare che la funzione
h(I) integrabile, per farlo partiamo dalle equazioni di Hamilton per la
coppia di variabili (I, ) (eq. 1.9):
_

_
=
H
1
I
=
h(I)
I
(I) = (I
0
) costante

I =
H
1

=
h(I)

= 0 I I
0
costante
e dunque si ha che:
_
(t) = (0) +(I
0
)t
I(t) = I
0
costante
ovvero abbiamo integrato in forma chiusa il sistema trasformato e, per
coniugio, il sistema di partenza rappresentato dallhamiltoniana H.
1.4. Equilibri e punti ssi. Cominciamo ricordando la denizione di pun-
to di equilibrio per un sistema dinamico continuo e di punto sso per un
sistema dinamico discreto:
Denizione 11 (Equilibrio). Considerando il sistema dinamico non auto-
nomo continuo:
x = f(x, t), x R
l
, f = (f
1
, . . . , f
l
)
x
0
R
l
si dice punto di equilibrio per il sistema se f(x
0
) = 0.
Denizione 12 (Punto Fisso). Consideriamo il sistema dinamico discreto:
x
n+1
= f(x
n
), n N, x
n
R
l
, f = (f
1
, . . . , f
l
)
x
0
R
l
si dice punto sso per il sistema se f(x
0
) = x
0
.
Consideriamo ora un punto sso x
0
per il sistema dinamico x = f(x
0
),
immaginiamo di perturbare la posizione di equilibrio con uno scostamento
y, ovvero consideriamo il punto x = x
0
+ y al variare di y R
l
allora:
(1.23) x = x
0
+ y = f(x
0
+ y)
sviluppando no al primo ordine il termine di destra intorno alla posizione
x e osservando che x
0
= 0 otteniamo:
(1.24) y = Df(x
0
)y = J(x
0
)y
dove abbiamo indicato con Df(x
0
) la matrice jacobiana calcolata nel pun-
to di equilibrio x
0
, abbiamo ottenuto in questo un sistema linearizzato a
partire dal sistema di partenza.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 11
Vogliamo ora produrre una classicazione del punto x
0
, equilibrio del
sistema di partenza, a seconda degli autovalori della matrice jacobiana del
sistema linearizzato. Introduciamo quindi le seguenti quantit:
l
0
: Autovalori di J(x
0
) puramente immaginari.
l
u
: Autovalori di J(x
0
) con parte reale positiva.
l
s
: Autovalori di J(x
0
) con parte reale negativa.
l: l = l
0
+l
u
+l
s
numero degli autovalori di J(x
0
).
per cui deniamo la seguente nomenclatura:
Denizione 13. Il punto di equilibrio x
0
R
l
per il sistema dinamico x =
f(x, t) si dice iperbolico se l
0
= 0. Se iperbolico si dice attrattore se l
s
= l,
repulsore se l
u
= l e sella se l
u
> 0 e l
s
> 0.
Afnch la classicazione che abbiamo dato abbia un senso per il siste-
ma dinamico di partenza necessario avere la certezza che le informazioni
ottenute sul sistema linearizzato possano essere trasportate ad informazio-
ni, almeno locali, sul sistema dinamico di partenza. In tal senso utile il
seguente teorema:
Teorema 2 (Hartman-Grobman). Dato il sistema dinamico x = f(x) a l-gradi
di libert ed x
0
R
l
punto di equilibrio iperbolico per il sistema si ha che in un
intorno di x
0
il sistema dinamico coniugato per omeomorsmo al sistema linea-
rizzato y = J(x
0
)y, ovvero I(x
0
) intorno di x
0
ed h : I(x
0
) R
l
omeomorsmo
tale che x I(x
0
) si abbia y = h(x).
Introduciamo ora un concetto di stabilit che giustichi la notazione che
abbiamo dato per gli autovalori:
Denizione 14 (Lyapunov-stabilit). Una soluzione x

(t) di x = f(x) a l-
gradi di libert si dice stabile secondo Lyapunov se:
> 0

> 0 t.c. |x(t


0
) x

(t
0
)| < |x(t) x

(t)| < t t
0
la soluzione si dice asintoticamente stabile se:
> 0 t.c. x(t
0
) I(x

(t
0
)) lim
t+
|x(t) x

(t)| = 0
Osservazione 8. La soluzione stabile x

(t) pu essere o un punto di equili-


brio, come ad esempio il pendolo in posizione verticale, oppure unorbita
periodica.
Se supponiamo che x

(t) coincida con una posizione di equilibrio del si-


stema allora possiamo calcolare gli autovalori {
i
}
i=1,...,l
con i relativi au-
tovettori {v
j
}
j=1,...,l
per cui possiamo esprimere la soluzione del sistema
linearizzato come:
y(t) =
l

j=1

j
v
j
e

j
t
12 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Nota 1. Nel caso sia l = 2 la notazione per i punti di equilibrio in base agli
autovalori assume la seguente nomenclatura:
Caso reale:
1
,
2
R:
(1)
1
,
2
< 0 il punto si dice nodo stabile.
(2)
1
,
2
> 0 il punto si dice nodo instabile.
(3)
1
< 0,
2
> 0 il punto si dice sella.
Caso complesso:
1
,
2
C:
(1) Re(
1
,
2
) < 0 il punto si dice fuoco stabile.
(2) Re(
1
,
2
) > 0 il punto si dice fuoco instabile.
(3)
1
,
2
immaginari puri il punto si dice centro.
Denizione 15 (Flusso). Dato il sistema dinamico x = f(x, t) ad l-gradi di
libert chiamiamo usso al tempo t con condizione iniziale in x la (t; x)
soluzione del sistema con dato iniziale in x al tempo t.
Denizione 16 (Variet Stabile/Instabile). Sia x
0
un punto di sella per il
sistema dinamico x = f(x) a l-gradi di libert, denotiamo con (t, x) il
usso, deniamo allora variet stabile la:
W
S
(x
0
) =
_
x R
l
: lim
t+
(t, x) = x
0
_
e la variet instabile:
W
I
(x
0
) =
_
x R
l
: lim
t
(t, x) = x
0
_
x
1
x
2
x
x

x
FIGURA 2. Punto Omoclino
Denizione 17 (Punti Omoclini/Eteroclini). Dati x
1
, x
2
punti di sella per il
sistema dinamico x = f(x) a l-gradi di libert deniamo punto omoclino
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 13
x
1
x
2
x
x

x
FIGURA 3. Punto Eteroclino
lintersezione W
S
(x
1
) W
I
(x
1
) (g. 2) e punto eteroclino lintersezione
W
S
(x
1
) W
I
(x
2
) (g. 3).
Ripercorriamo quanto visto nel caso di un sistema dinamico discreto,
ovvero ripartiamo dalla scrittura x
n+1
= f(x
n
) per n N e x
n
R
l
, sce-
gliamo un punto sso x
0
per il sistema e procediamo a generare lequa-
zione linearizzata nel medesimo modo, cos otteniamo y
n+1
= Jy
n
dove J
lo jacobiano della funzione f calcolato in x
0
, ovvero J = Df(x
0
), per cui
deniamo:
Denizione 18 (Punti Iperbolici/Ellittici). Dato un sistema dinamico di-
screto ad l-gradi di libert x
n+1
= f(x
n
) , il punto sso x
0
del sistema si dice
iperbolico se, detti {
j
}
j=1,...,l
R gli autovalori del sistema linearizzato
associato, si ha che
^
j tale che
^
j
> 1. Si dice ellittico se {
j
}
j=1,...,l
C e
|
j
| = 1 j = 1, . . . , l.
Di nuovo, detti {v
j
}
j=1,...,l
gli autovettori associati agli autovalori dello
jacobiano {
j
}
j=1,...,l
, la soluzione del sistema linearizzato discreto si esprime
come:
(1.25) y
n
=
l

j=1

j
v
j

n
j
Denizione 19. Dato un sistema dinamico discreto ad l-gradi di libert
x
n+1
= f(x
n
), il punto sso x
0
del sistema si dice stabile se:
> 0

> 0 t.c. d(x


0
, x) <

d(f
n
(x
0
), f
n
(x)) < n N
14 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
si dice asintoticamente stabile se:
> 0 t.c. x : d(x
0
, x) < lim
n+
d(f
n
(x
0
), f
n
(x)) = 0
Denizione 20 (-limite). Dato un sistema dinamico continuo ad l-gradi
di libert x = f(x) deniamo linsieme -limite associato alla condizione
iniziale x
0
linsieme:
(x
0
) =
_
x R
l
: {t
n
} +t.c. (x
0
, t
n
)
n+
x
_
Denizione 21 (Bacino di Attrazione). Dato un sistema dinamico continuo
ad l-gradi di libert x = f(x) ed un suo punto di equilibrio asintoticamente
stabile x si chiama bacino di attrazione linsieme -limite massimale delle
condizioni iniziali che vi tendono.
Euristicamente diciamo che un sistema dinamico che mostra sensibilit
ai dati iniziali detto caotico.
1.5. Sistemi Conservativi e Dissipativi. Vogliamo ora dare una formula-
zione, in termini dellespressione come sistema dinamico, della conservati-
vit di un sistema.
Denizione 22 (Conservativo/Dissipativo). Chiamiamo dissipativo un si-
stema in cui il volume dello spazio delle fasi non resta invariato sotto lazio-
ne del usso, ovvero chiamiamo conservativo un sistema in cui il volume
dello spazio delle fasi resta invariato sotto lazione del usso.
Detta V una regione dello spazio delle fasi abbiamo che:
(1.26)
_
V
dy =
_
V
| det(J)|dx
dove J lo Jacobiano associato al usso (t, x), ovvero lo Jacobiano del
campo vettoriale associato al sistema dinamico, possiamo dunque formu-
lare il seguente criterio:
Proposizione 3 (Criterio). Dato il sistema dinamico x = f(x) a l-gradi di libert,
con associato il usso (t, x) diciamo che:
| det(J)| = 1: se e solo se il sistema conservativo.
| det(J)| > 1: se e solo se il sistema dissipativo espansivo.
| det(J)| < 1: se e solo se il sistema dissipativo contrattivo.
Tuttavia il criterio cos formulato non di facile applicazione, infatti co-
stringe a calcolare il determinante della matrice Jacobiana, cosa che, in ge-
nerale, pu non essere sempre computazionalmente affrontabile. Vogliamo
quindi ottenere un criterio che ci permetta di non calcolare questo determi-
nante, partiamo dunque dal porre F
t
(x) = (t, x) e sfruttiamo la relazione
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 15
costituiva del sistema dinamico per ottenere unequazione variazionale:
x = f(x)
dF
t
(x)
dt
= f (F
t
(x))
derivando rispetto a x
d
dt
(DF
t
(x)) = D(f(F
t
(x))) DF
t
(x)
Formula di Liouville
d
dt
(det J
t
) = Tr(A(t)) det J
t
dove abbiamo posto A(t) = D(f(F
t
(x))), possiamo quindi integrare lulti-
ma espressione rispetto al tempo ed ottenere che:
(1.27) det J
t
= exp
__
1
0
tr(A())d
_
possiamo quindi riformulare il criterio come:
Proposizione 4 (Criterio 2). Dato il sistema dinamico x = f(x) a l-gradi di
libert, con associato il usso (t, x) diciamo che:
tr(A(t)) = 0: se e solo se il sistema conservativo.
tr(A(t)) > 0: se e solo se il sistema dissipativo espansivo.
tr(A(t)) < 0: se e solo se il sistema dissipativo contrattivo.
1.6. La Standard Map. Deniamo la standard map discreta come:
(1.28)
_
y
n+1
= y
n
+f(x)
x
n+1
= x
n
+y
n+1
y R, x T, > 0
ovvero, nel caso continuo:
(1.29)
_
y

= y +f(x)
x

= x +y

y R, x T, > 0
Vediamo alcune propriet di questa mappa:
= 0: In questo caso la mappa si riduce a:
_
y
n+1
= y
n
x
n+1
= x
n
+y
n
_
y

= y
x

= x +y
ssando la condizione iniziale (x
0
, y
0
) abbiamo che:
_
y
1
= y
0
x
1
= x
0
+y
1
= x
0
+y
0

_
y
2
= y
1
= y
0
x
2
= x
0
+y
0
+y
0
= x
0
+2y
0
ed iterando si ha quindi che:
(1.30)
_
y
n
= y
0
x
n
= x
0
+ny
0
dunque la frequenza di questa mappa = y
0
= lim
n+
xnx
0
n
,
inoltre per = 0 abbiamo che il sistema integrabile.
Osserviamo anche che, se y
0
2Q, il sistema dinamico genera
delle orbite periodiche, mentre se y
0
/ 2Q otteniamo quello che si
16 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
dice un moto quasi-periodico, ovvero, al livello qualitativo un moto
che ritorna vicino ad un qualsiasi punto per tempi lunghi. Ad esem-
pio, considerando come (x
0
, y
0
) si veda il caso x
0
= 0 e y
0
= 2/3,
y
0
= 4/3, y
0
=

51
2
illustrato in gura 4. Se y
0
=
p
q
2 si ha che q
il periodo del moto generato e p il numero di volte in cui si percorre
il toro [0, 2].
FIGURA 4. Standard Map = 0
> 0: In questo caso la standard map conservativa, infatti:
det J =

y
y

x
x

y
x

1
f(x)
x
1 1 +
f(x)
x

= 1 +
f(x)
x

f(x)
x
= 1
per un esempio di moti in questo caso si veda la gura 5. Avendo
posto ,= 0 otteniamo dei moti dalle caratteristiche caotiche.
Punti Fissi: Ci domandiamo se esistono valori iniziali (x
0
, y
0
) per cui
si verica che:
_
y
n+1
= y
n
x
n+1
= x
n
n 1
facciamo il calcolo nel caso in cui f(x) = sin(x), ovvero quando la
standard map detta mappa di Chirikov, dobbiamo dunque risolve-
re il sistema di equazioni:
_
f(x
n
) = sin(x
n
) = 0
y
n
+f(x
n
) = 0

x
n
= 0 x
n
=
y
n
= 0 y
n
= 0
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 17
FIGURA 5. Standard Map > 0
per cui possiamo anche analizzare la stabilit lineare, per (x, y) =
(0, 0) si ha che:
J|
(0,0)
=
_
1 cos(x)
1 1 + cos(x)
_

(x,y)=(0,0)
=
_
1
1 1 +
_
i cui autovalori sono dati dalle radici dellequazione caratteristica

2
(2 + ) + 1 = 0 e sono
1
< 1 e
2
> 1, dunque un punto
instabile. Per (x, y) = (0, ) si ha che lo jacobiano diventa:
J|
(0,)
=
_
1
1 1
_
per cui lequazione caratteristica
2
(2 ) + 1 = 0 per cui se
Re
i
= 1

2
< 1 un punto di equilibrio stabile.
Concludiamo formulando una variante dissipativa di questo sistema dina-
mico, ovvero costruiamo lequazione generalizzata:
(1.31)
_
y

= by +f(x) +c
x

= x +y

b, c R c := termine di drift
ovvero, nel caso discreto, si ha che:
(1.32)
_
y
n+1
= by
n
+f(x
n
) +c
x
n+1
= x
n+1
+y
n+1
b, c R c := termine di drift
18 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
per cui il determinate della matrice jacobiana associata diventa:
det J =

b
f(x)
x
b 1 +
f(x)
x

= b +b
f(x)
x
b
f(x)
x
= b
e dunque il sistema risulta:
0 < b < 1: dissipativo contrattivo.
b = 1: conservativo (se anche c = 0 si torna al caso precedente).
b > 1: dissipativo espansivo.
Osservazione 9. Nel caso = 0 ci riduciamo a y

= by + c, se vogliamo
dunque cercare un punto stazionario dobbiamo imporre y

= y, ovvero
y =
c
1b
, per averne garantita lesistenza dobbiamo dunque essere nel caso
dissipativo ed avere un valore di c ,= 0.
Riportiamo limplementazione di un codice che itera la standard-map e
permette di produrre i graci (g. 4) e (g. 5):
1 function [x,y] = stdmap(maxiter,eps,x0,y0)
2 y = zeros(1,maxiter)
3 x = zeros(1,maxiter)
4 y(1) = y0;
5 x(1) = x0;
6 for i=1:maxiter
7 y(i+1) = y(i) + eps
*
f(x(i));
8 x(i+1) = pmodulo(x(i) + y(i+1),2
*
%pi);
9 end
10 endfunction
avendo denito a parte la funzione f rispetto a cui calcolare la mappa.
2. IL PROBLEMA DI KEPLERO
Temporis lia veritas; cui me obstetricari non pudet.
Johannes Kepler
Chiamiamo problema a due corpi, o problema di Keplero, il problema in cui
assumiamo di avere p
1
, p
2
oggetti di massa, rispettivamente, m
1
ed m
2
soggetti alla forza di attrazione universale:
(2.1) F = G
m
1
m
2
r
2
e
12
dove e
12
=
p
2
p
1
|p
2
p
1
|
supponiamo inoltre valide le leggi della dinamica:
(1) In assenza di forze esterne ogni corpo rimane in quiete o si muove
di moto rettilineo uniforme.
(2) La forza uguale alla variazione di quantit di moto F =

M(=
mv = m v = ma).
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 19
(3) Dati due oggetti p
1
e p
2
si ha che la forza esercita da p
1
su p
2
F
12
ed F
12
= F
21
.
Proposizione 5. Nel problema a due corpi si ha che, detta M = m
1
+ m
2
e R il
raggio vettore per il baricentro, MR = c
1
t + c
2
con c
i
vettori costanti.
B
p
1
p
2
O
r
1
r
2
R
FIGURA 6. Proposizione 5
Dimostrazione. Si consideri la situazione in gura 6, ovvero, ssato un si-
stema inerziale {O, x, y, z} siano B il baricentro e R il raggio vettore che lo
individua, se scriviamo le equazioni del moto otteniamo:
_

_
m
1
d
2
r
1
dt
2
= G
m
1
m
2
r
2
r
r
m
2
d
2
r
2
dt
2
= G
m
1
m
2
r
2
r
r
sommando le due relazioni precedenti si ottiene quindi:
m
1
d
2
r
1
dt
2
+m
2
d
2
r
2
dt
2
= 0
ed, integrando due volte rispetto al tempo si ha che:
m
1
r
1
+m
2
r
2
= c
1
t + c
2
e detta M = m
1
+m
2
si ha che MR = c
1
t + c
2
.
Denizione 23 (Momento angolare totale). Si denisce momento angolare
totale la quantit:
(2.2) h = r
dr
dt
Proposizione 6. Per il problema a due corpi, il momento angolare totale h un
integrale primo del moto.
Dimostrazione. Consideriamo sempre il sistema rappresentato in gura 6 e
ripartiamo dalla coppia di equazioni:
_

_
m
1
d
2
r
1
dt
2
= G
m
1
m
2
r
2
r
r
m
2
d
2
r
2
dt
2
= G
m
1
m
2
r
2
r
r
20 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
se sottraiamo le due equazioni otteniamo che:
d
2
(r
1
r
2
)
dt
2
= G
m
1
+m
2
r
2
r
r
ponendo quindi = G(m
1
+m
2
) e r = r
1
r
2
si ha che:
d
2
r
dt
2
=
r
r
3
ovvero r
r
r
3
= 0 moltiplicando vettorialmente tutta lequazione per r ed
integrando si ottiene che:
r r r
r
r
3
. .
=0
= 0 r
dr
dt
= h

Denizione 24 (Energia meccanica totale). Introduciamo E energia mecca-


nica totale del sistema, come:
(2.3) E =
1
2
_
dr
dt
_
2


r
Proposizione 7. Per il problema dei due corpi lenergia meccanica totale un
integrale primo del moto.
Dimostrazione. Ripartiamo dallequazione r
r
r
3
= 0, ottenuta sottraendo
tra loro le equazioni del moto, moltiplicando scalarmente per r la preceden-
te ed integrando si ha che:
r
_
r
r
r
3
_
= 0
1
2
_
dr
dt
_
2


r
= E

Teorema 3. Il problema dei due corpi un sistema integrabile.


Dimostrazione. Il sistema ammette due integrali primi indipendenti ed in
involuzione che sono h, momento angolare totale, ed E energia meccanica
totale del sistema. Dunque per il Teorema di Liouville-Arnold (thm. 1) il
sistema integrabile.
Teorema 4 (Keplero). Per il problema dei due corpi valgono le tre seguenti leggi:
(1) Lorbita descritta da uno dei corpi unellisse, di cui laltro occupa uno dei
due fuochi.
(2) Il raggio vettore che unisce il corpo che occupa il fuoco con il corpo sullor-
bita ellittica descrive aree uguali in tempi uguali.
(3) Il quadrato del periodo di rivoluzione proporzionale al cubo del semiasse
maggiore dellellisse.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 21
y
x
p
1
p
2
r

FIGURA 7. Teorema 4
Dimostrazione. Per dimostrare le tre leggi ssiamo un nuovo sistema di rife-
rimento polare (gura 7) in cui poniamo lorigine con il punto p
1
, che sup-
poniamo essere il pianeta di massa maggiore, indichiamo quindi rispetto a
questo le coordinate del pianeta mobile p
2
come:
(2.4) p
2
:
_
_
_
x = r cos()
y = r sin()
z = 0
Procediamo con il dimostrare le tre leggi:
2: Partiamo dalla seconda legge e quindi consideriamo la quantit:
r
dr
dt
=det
_
_
i j k
r cos r sin 0
r cos r

sin r sin +r

cos 0
_
_
=
=
_
r r sin cos +r
2

cos
2
r r sin cos +r
2

sin
2

_
k =
=r
2

k = hk
dove h il momento angolare totale (def. 23), usiamo questo risul-
tato per calcolare quindi larea spazzata dal raggio vettore durante
lorbita, abbiamo che:
A =
1
2
r(t)r(t +t) sin
considerando la variazione rispetto al tempo si ha che:
A
t
=
1
2
r(t)r(t +t)
sin

t
e per t 0 si ha:
(2.5)

A =
1
2
r
2

=
h
2
ovvero la seconda legge di Keplero.
22 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
1: Per dimostrare la prima legge abbiamo bisogno di integrare lequa-
zione:
(2.6)
d
2
r
dt
2
=
r
r
3
per farlo dobbiamo separare la componente radiale e la componen-
te ortogonale del moto, ripartiamo dallespressione della velocit in
coordinate polari:
_
x = r cos r

sin
y = r sin +r

cos
e quindi le componenti dellaccelerazione risultano essere:
_
x = r cos r

sin r

sin r

2
cos r

sin
y = r sin + r

cos + r

cos +r

cos r

2
sin
da cui otteniamo la componente radiale come x cos + ysin ovvero,
sostituendo nellequazione 2.6:
(2.7) r r

2
=

r
2
e la componente ortogonale come ycos x sin ovvero, sostituendo
nellequazione da integrare:
r +2 r

= 0
d
dt
_
r
2

_
= 0 r
2

= h
da cui abbiamo ritrovato la costanza, ovvero la conservazione, del
momento angolare.
Per integrare lequazione 2.7 facciamo il cambio di variabili ( =
1
r
, = ) per cui otteniamo lequazione differenziale nella variabile
indipendente :
(2.8)
d
2

d
2
+ =

h
2
infatti:
d
d
=
d
d
1
r
=
d
dt
1
r
dt
d
=
1
r
2
r
r
2
h
=
r
h
d
2

d
2
=
d
d
d
d
=
d
d
_

r
h
_
=
1
h
d r
dt
dt
d
=
rr
2
h
2
e quindi ricostruendo lequazione si ha che:

rr
2
h
2
+
1
r
=

h
2
rr
2

h
2
r
= rr
2
r
3

=
r
r
3

r
2
=

r
2
r r

2
=

r
2
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 23
cio lequazione da cui eravamo partiti. Possiamo quindi esprimere
la soluzione dellequazione 2.8 come:
(2.9) () =

h
2
+Acos( g
0
) =
1
p
(1 +e cos( g
0
))
dove abbiamo fatto le seguenti posizioni:
p =
h
2

(parametro della conica), e =


Ah
2

(eccentricit)
applicando la trasformazione inversa di coordinate otteniamo la so-
luzione dellequazione 2.7 come:
(2.10) r() =
p
1 e cos( g
0
)
per concludere dobbiamo mostrare che questa una ellisse, ponia-
mo dunque, a meno di una rotazione, g
0
= 0 e supponiamo che
0 e < 1, lequazione diventa quindi:
r +re cos() = p r +ex = p r = p ex
x
2
+y
2
= p
2
2epx +e
2
x
2

(1 e
2
)x
2
+2epx +y
2
= p
2

(x X
0
)
2
a
2
+
y
2
b
2
= 1
dove X
0
=
pe
1 e
2
, a =
p
1 e
2
, b =
p

1 e
2
che conclude la dimostrazione della prima legge.
3: Per ottenere la terza legge dobbiamo lavorare sulle relazioni otte-
nute nel determinare lorbita ripartiamo quindi da:
p =
h
2

,
b
a
=
_
1 e
2
, e =
Ah
2

=
_
1
b
2
a
2
Sfruttiamo ora il legame tra h e la velocit areolare che abbiamo
ottenuto con la seconda legge (eq. 2.5):
h = 2

A = 2
ab
T
= 2
a
2

1 e
2
T
e dunque:
2a
2
T
=

a a =
4
2
a
4
T
2
T
2
=
4
2

a
3
ovvero abbiamo mostrato che:
(2.11) T
2
a
3

24 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI


Riassumiamo quanto visto nella dimostrazione delle leggi di Keplero
nella gura 8 e deniamo alcune quantit siche rilevanti dellorbita in
termine dei parametri misurabili.
y
x
p
1
p
2
r

f
g
0
FIGURA 8. Problema dei due corpi, orbita ellittica
Denizione 25. Si deniscono:
p: Parametro della conica, p =
h
2

.
e: Eccentricit della conica, e =
Ah
2

.
a: Semiasse maggiore, a =
p
1e
2
.
b: Semiasse minore, b =
p

1e
2
.
g
0
: Argomento del perielio.
f: Anomalia vera.
Sfruttiamo la terza legge di Keplero per calcolare la massa di un pianeta,
o di un oggetto celeste, in termini delle quantit misurabili della sua orbita.
Corollario 2 (Massa di un pianeta). Consideriamo un pianeta di massa m
p
ed
un satellite di massa m
s
in orbita rispetto al pianeta, ambedue in orbita rispetto
al Sole di massa m
sun
, ovvero tre masse per cui si ha che m
sun
> m
p
>> m
s
,
dunque:
(2.12) m
p
= m
sun
_
as
ap
_
3
_
Tp
Ts
_
2
1
_
as
ap
_
3
_
Tp
Ts
_
2
Dimostrazione. Si consideri la situazione illustrata in gura 9, in questo caso
chiamiamo a
p
il semiasse maggiore dellorbita del pianeta ed a
s
il semiasse
maggiore dellorbita del satellite, rispettivamente siano T
p
e T
s
i periodi di
rivoluzione del pianeta e del satellite.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 25
Possiamo quindi scrivere le due seguenti relazioni a partire dalla terza
legge di Keplero:
G(m
sun
+m
p
) =
4
2
T
2
p
a
3
p
, G(m
p
+m
s
) =
4
2
T
2
s
a
3
s
valutando il rapporto abbiamo che:
,G(m
sun
+m
p
)
,G(m
p
+m
s
)
=
a
3
s
a
3
p
T
2
p
T
2
s
sfruttando lipotesi sulle masse: m
s
<< m
p
possiamo trascurare la massa
del satellite ottenendo quindi la relazione cercata:
(2.13) m
p
= m
sun
_
as
ap
_
3
_
Tp
Ts
_
2
1
_
as
ap
_
3
_
Tp
Ts
_
2

Esempio 2. Applichiamo il corollario 2 in un caso concreto, prendiamo come


pianeta Giove la cui massa m
g
vogliamo calcolare, sfruttando il suo satellite
naturale Io di massa trascurabile rispetto al pianeta. Misuriamo quindi
a
g
= 7, 78 10
8
km e T
g
= 4331, 81g, mentre a
I
= 421800km e T
I
= 1769g,
usando come massa del sole m
s
= 210
30
Kg otteniamo per Giove una massa
m
g
= 1.9 10
27
kg.
Sfruttiamo ora la prima legge di Keplero per calcolare la velocit dei
corpi lungo lorbita.
Corollario 3 (Velocit lungo lorbita). Dati due corpi p
1
e p
2
di massa m
1
ed
m
2
con m
1
> m
2
che si muovono lungo unorbita kepleriana ellittica, si ha che,
rispettivamente, le velocit allapoastro e al periastro di p
2
sono date da:
V
periastro
=
_

a
1 +e
1 e
V
apoastro
=
_

a
1 e
1 +e
a
p
m
sun
m
p
a
s
m
s
FIGURA 9. Massa di un pianeta.
26 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Dimostrazione. Essendo nel caso ellittico si ha che leccentricit 0 e < 1,
ripartiamo quindi dalla scrittura della velocit lungo lorbita in coordinate
polari come:
_
x = r cos r

sin
y = r sin +r

cos
esprimiamo quindi il modulo quadro della velocit come v
2
= r
2
+ r
2

2
,
sfruttiamo ora la denizione di h = r
2

(def. 23) e la prima legge di Keplero
per cui:
r =
p
1 +e cos()

r =
h
p
e sin
r

=
h
p
(1 +e cos )
ovvero abbiamo riscritto:
p =
h
2

= a(1 e
2
)
rimettendo tutto insieme si ha quindi che:
v
2
=
_
2
r

1
a
_
essendo nel caso ellittico sappiamo che valgono d(periastro, fuoco) = a(1
e), mentre d(apoastro, fuoco) = a(1 + e) e quindi, possiamo riscrivere la
precedente come:
V
periastro
=
_

a
1 +e
1 e
V
apoastro
=
_

a
1 e
1 +e

2.1. Anomalia Media ed Anomalia Eccentrica. Deniamo ora due quan-


tit pi facilmente misurabili rispetto allanomalia vera in cui esprimere le
equazioni che descrivono il sistema.
Denizione 26 (Moto Medio). Deniamo moto medio la frequenza:
(2.14) n =
2
T
Denizione 27 (Anomalia Media). Detto t
0
il tempo di passaggio al pe-
riastro deniamo lAnomalia Media l
0
come langolo spazzato dal rag-
gio vettore rotante attorno al fuoco con velocit angolare media n durante
lintervallo t t
0
, ovvero:
(2.15) l
0
= n(t t
0
)
(def. 26)
=
2
T
(t t
0
)
Denizione 28 (Anomalia Eccentrica). Si consideri la circonferenza di
centro C il centro dellorbita e raggio il semiasse maggiore, sia A linterse-
zione tra lellisse e la circonferenza dal lato del periastro. Sia B la proiezio-
ne della posizione del corpo p
2
sullasse maggiore e Q lintersezione tra la
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 27
perpendicolare allasse per B e la circonferenza . Si denisce Anomalia
Eccentrica langolo u = BCQ (si veda la gura 10).
P
1
C A
P
2
B
Q
r
f
u
FIGURA 10. Anomalia Eccentrica
Vogliamo ora esprimere lanomalia media in funzione dellanomalia ec-
centrica, ovvero voglio descrivere lorbita al variare dellangolo u.
Teorema 5 (Equazione di Keplero). Nel caso del problema dei due corpi lano-
malia media l
0
e lanomalia eccentrica u vericano la relazione:
(2.16) l
0
= u e sinu
dove e leccentricit dellorbita, ed detta Equazione di Keplero.
Dimostrazione. Cominciamo con lesprimere in due modi equivalenti il seg-
mento P
1
B, come:
P
1
B = CB CP
1
= acos u ae, P
1
B = r cos f
che uguagliate ci danno: r cos f = a(cos u e), inoltre si ha che P
2
B : QB =
b : a, ovvero r sinf : asinu = b : a e dunque:
r sinf
asinu
=
b
a
=
a

1 e
2
a
ovvero r sinf = a

1 e
2
sinu. Avendo quindi le due componenti di r
rispetto allangolo f possiamo quindi calcolare:
r
2
=(r cos f)
2
+ (r sinf)
2
=
=a
2
_
cos
2
u 2e cos u +e
2
_
+a
2
(1 e
2
) sin
2
u =
=a
2
(1 2e cos u +e
2
cos
2
u) = a
2
(1 e cos u)
2
28 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
ovvero r = a(1 e cos u), cio abbiamo espresso r in funzione di u. Per
arrivare alla relazione voluta costruiamo un altro risultato intermedio con
cui colleghiamo lanomalia vera allanomalia eccentrica, ovvero mostriamo
che vale la relazione:
tan
f
2
=
_
1 +e
1 e
tan
u
2
Dalla denizione di u (si veda g. 10) si ha che:
2r sin
2
f
2
= r(1 cos f)
da cui si ottengono, sfruttando la scrittura in componenti di r, che:
2r sin
2
f
2
= a(1 +e)(1 cos u)
2r cos
2
f
2
= a(1 e)(1 + cos u)
e dunque:
tan
2
f
2
=
1 +e
1 e

1 cos u
1 + cos u
=
1 +e
1 e
tan
2
u
2
ed estraendo la radice quadrata si ottiene la relazione cercata:
tan
f
2
=
_
1 +e
1 e
tan
u
2
Per concludere non resta che calcolare larea del settore ellittico P
1
P
2
A,
possiamo ottenere, dalla seconda legge di Keplero (thm. 4):
/(P
1
P
2
A) : /(ellisse) = (t t
0
) : T
/(P
1
P
2
A) = (ab)
t t
0
T
= ab
(t t
0
)
T
(def. 27)
=
abl
0
2
Possiamo esprimere /(P
1
P
2
A) anche come:
/(P
1
P
2
A) =/(P
1
P
2
B) +/(BP
2
A) =
=/(P
1
P
2
B) +
b
a
/(QBA) =
=/(P
1
P
2
B) +
b
a
[/(QCA) A(QCB)] =
=r
2
sinf cos f
2
+
b
a
_
1
2
a
2
u
1
2
a
2
sinucos u
_
=
=
a
2
(cos u e)

1 e
2
sinu
2
+
1
2
abu
1
2
absinucos u =
=
1
2
ab(u e sinu)
e dunque, uguagliando le due scritture abbiamo che:
1
2
abl
0
=
1
2
ab(u e sinu) l
0
= u e sinu
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 29
che conclude la dimostrazione.
In questo modo abbiamo ottenuto il tempo, rappresentato dalla quantit
l
0
come funzione dellanomalia eccentrica u, afnch sia possibile utilizzare
questa espressione per esprimere il moto necessario invertire lequazione
di Keplero per ottenere u = u(t). Questultima operazione, tuttavia, non
pu essere completata in forma chiusa a causa della forma dellequazione
di Keplero.
Un primo approccio, adatto se non abbiamo bisogno di ottenere une-
spressione analitica approssimata dellinversa, quello di sfruttare il meto-
do di Newton-Raphson per cercare lo zero della funzione:
f(u) = u e sin(u) l
0
ovvero, ssata una tolleranza ed unapprossimazione iniziale u
0
si itera:
u
n+1
= u
n

f(u)
f

(u)
= u
n

u e sin(u) l
0
1 e cos(u)
nch |u
n+1
u
n
| > e, al variare di l
0
[0, 2], si ottengono i valori di
u(l
0
) e quindi di u(t). Limplementazione di questa strategia, con unac-
cortezza sulla scelta del dato iniziale dovuta alla convergenza del metodo
la seguente:
1 function [l0,u] = kepler_equation(e,eps,n)
2 u = zeros(1,n+1);
3 l0 = 0:(2
*
pi)/n:2
*
pi;
4 if e < 0.8
5 for i = 1:(n+1)
6 u(i) = l0(i);
7 uold = 0;
8 while abs(uold - u(i))>eps
9 uold = u(i);
10 u(i) = u(i) - (u(i) - e
*
sin(u(i)) -l0(
i))/(1 - e
*
cos(u(i)));
11 end
12 end
13 else
14 for i = 1:(n+1)
15 u(i) = pi;
16 uold = 0;
17 while abs(uold - u(i))>eps
18 uold = u(i);
19 u(i) = u(i) - (u(i) - e
*
sin(u(i)) -l0(
i))/(1 - e
*
cos(u(i)));
20 end
30 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
21 end
22 end
23 endfunction
Riportiamo un graco, per alcune eccentricit particolari, ottenuto con que-
sto algoritmo nella gura 11.
FIGURA 11. Inversione numerica dellequazione di Keplero
Calcoliamo ora uninversione analitica dellequazione di Keplero (thm.
5) sfruttando le funzioni di Bessel:
J
k
(x) =
1
2
_
2
0
cos(kt x sin(t))dt
tramite cui possiamo ottenere:
u
0
= l
0
+e
+

k=1
1
k
[J
k1
(ke) +J
k+1
(ke)] sin(kl
0
)
Si pu ottenere unapprossimazione ad ordine di e ssati dalla preceden-
te troncando opportunamente la serie, infatti i coefcienti di Bessel de-
cadono come potenze di e, per i dettagli ci si pu riferire ad esempio a
[Colwell(1992)].
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 31
Troviamo, in un modo meno rafnato, uninversione analitica in questo
modo:
u

=l
0
+e sin(u)

= l
0
+e sin(l
0
+e sin(u))

=

=l
0
+e sin(l
0
+e sin(l
0
+e sin(u)))

=

=l
0
+e sin(l
0
+e sin(l
0
+e sin(l
0
))) +O(e
4
)
dove abbiamo sostituito allultimo passaggio u con l
0
, per completare lin-
versione necessario sviluppare ora la funzione sin(u) per e 0. Comple-
tiamo lesempio riducendoci al secondo ordine:
u

=l
0
+e sin(u)

= l
0
+e sin(l
0
+e sin(l
0
)) +O(e
3
)

=

=l
0
+e [sin(l
0
) cos(e sinl
0
) + cos(l
0
) sin(e sin(l
0
))] +O(e
3
)

=

=l
0
+e
_
sin(l
0
)
_
1
(e sinl
0
)
2
2
+O(e
2
)
_
+
+cos(l
0
)
_
e sin(l
0
) +O(e
2
)
__
+O(e
3
)

=

=l
0
+e [sinl
0
+e cos l
0
sinl
0
] +O(e
3
)

=

=l
0
+e sinl
0
+
e
2
2
sin(2l
0
) +O(e
3
)
che lespressione voluta.
2.2. Potenziale efcace e classicazione delle orbite. Facciamo ora una
classicazione delle possibili orbite, soluzioni del problema dei due corpi,
in funzione delleccentricit. Abbiamo gi osservato che per 0 e < 1
si ottengono orbite ellittiche come soluzione del problema. Resta quindi
da discriminare cosa avviene nel caso e = 1 e nel caso e > 1, per il caso
e = 0 si ha ovviamente un ellisse in cui combaciano i due fuochi, ovvero
una circonferenza.
Partiamo dal caso e = 1 per cui abbiamo che lequazione polare si riduce
a:
r =
p
1 + cos f
da cui abbiamo che r = p x ovvero x
2
+y
2
= p
2
2px +x
2
e dunque:
x =
1
2p
_
p
2
y
2
_
=
p
2

y
2
2p
che lequazione di una parabola.
Per il caso e > 1 sfruttiamo luguaglianza p = a(e
2
1) per cui abbiamo
che lequazione polare si riscrive come:
r =
a(e
2
1)
1 +e cos f
r +er cos f = ae
2
a
32 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
inserendo la denizione di r =
_
x
2
+y
2
ed elevando tutto al quadrato si
ha che:
x
2
+y
2
= e
2
x
2
+a
2
e
4
+a
4
2a
2
e
2
+2aex 2ae
3
x
(e
2
1)x
2
y
2
+a
2
(e 1)
2
2ae(e
2
1)x = 0
completando i quadrati e ponendo b = a

e
2
1 e x
0
= ae si ottiene:
(x x
0
)
2
a
2

y
2
b
2
= 1
equazione canonica di uniperbole.
Esprimiamo ora la caratterizzazione delle orbite in termini dellenergia.
Ripartiamo dunque da:
(2.17) E =
1
2
m x
2
V(x) =
1
2
_
r
2
+r
2

2
_


r
dove = G(m
1
+m
2
) e introduciamo la seguente denizione:
Denizione 29 (Potenziale efcace). Deniamo il potenziale efcace come:
(2.18) V
e
(r) =
h
2
2r
2


r
dove h il momento angolare totale (def. 23).
Dalla terza legge di Keplero (eq. 2.11) abbiamo che h = r
2

, dunque si
ha che

2
=
h
2
r
4
e quindi r
2

2
=
h
2
r
2
, possiamo quindi esprimere lenergia
meccanica totale (eq. 2.17) come:
(2.19) E =
1
2
r
2
+V
e
(r) r =
_
2(E V
e
(r))
Ripartiamo ora dalla relazione per il momento angolare totale

=
h
r
2
per
cui abbiamo che:

0
=
_
t
t
0
h
r
2
dt
(eq. 2.19)
=
_
r
r
0
hdr
r
2
_
2(E V
e
(r))
=
_
r
r
0
dr
r
2
h
_
2E
h
2
r
2
+
2
r
=
_
r
r
0
dr
_
2
r
4
E
h
2

r
4
h
2
h
2
r
2
+
r
4
h
2
2
r
=
=
_
r
r
0
dr
_
2
r
4
E
h
2
r
2
+
r
3
2
h
2
= arccos
_
_
r
0
r
1
_
1
E
E
0
_
_
(2.20)
avendo posto r
0
=
h
2

e E
0
=

2
2h
2
da cui, invertendo, si ottiene:
(2.21) cos(
0
) =
r
0
r
1
_
1
E
E
0
r =
r
0
1 +
_
1
E
E
0
cos(
0
)
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 33
ovvero ponendo:
r
0
=
h
2

= p
e =
_
1
E
E
0
=
_
1 +
2h
2
E

2
_
_
_
r =
p
1 +e cos(
0
)
Possiamo quindi trasportare la caratterizzazione delle orbite fatta in base
alleccentricit rispetto allenergia sfruttando la relazione:
(2.22) e =

1 +
2h
2
E

2
Orbite soluzioni del problema dei due corpi.
Eccentricit Orbita Energia
e = 0 circolare E =

2
2h
2
0 < e < 1 ellittica

2
2h
2
< E < 0
e = 1 parabolica E = 0
e > 1 iperbolica E > 0
2.3. Variabili di Delaunay. Scriviamo ora le variabili azione-angolo, come
denite dal Teorema di Liouville-Arnold (thm. 1), per il problema dei due
corpi.
Ripartiamo quindi dalla lagrangiana del sistema in coordinate polari
(r, ):
L =
1
2
_
r
2
+r
2

2
_
+

r
per cui i momenti cinetici coniugati risultano essere p
r
= r e p

=
L

=
r
2

= h momento angolare totale (dfn. 23) del sistema. LHamiltoniana
risulta quindi essere data da:
H =p
r
r +p


L =
=p
2
r
+
p
2

r
2

1
2
_
p
2
r
+
p
2

r
2
_


r
=
(dfn. 29)
=
p
2
r
2
+V
e
(r)
(2.23)
ssiamo un livello di energia negativo per E, per essere nel caso di orbite
chiuse, e calcoliamo i valori estremi di variazione del raggio vettore (g.
12). Ovvero risolviamo rispetto ad r lequazione V
e
(r) = E ovvero dob-
biamo risolvere lequazione di secondo grado: 2r
2
E + 2r p
2

= 0 le cui
soluzioni sono:
(2.24) r

=

_

2
+2Ep
2

2E
=

_

2
+2Ep
2

2E
Possiamo quindi fattorizzare il polinomio E V
e
(r) come:
34 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
1 1 2 3 4 5 6
2
4
6
E
r

r
+
r
V
e
(r)
FIGURA 12. Determinazione estremi raggio vettore
(2.25) E V
e
(r) =
1
2E
(r
+
r) (r r

)
Possiamo ora ripartire dallequazione 2.19, per ottenere:
r =
_
2(E V
e
(r))
_
dt =
_
dr
_
2(E V
e
(r))

T = 2
_
r+
r
dr
_
2(E V
e
(r))
= 2
_
1
2E
_3
2

T
2
=
4
2

2
(2E)
3
(eq. 2.11)
=
4
2

a
3
a =

2E
Abbiamo quindi espresso uno dei parametri dellorbita in funzione delle-
nergia, possiamo quindi denire le variabili dazione come:
(2.26) L
0
=

a =


2
2E
, G
0
= p

= h
verichiamo quindi che la denizione appena data consistente con il Teo-
rema di Liouville-Arnold (thm. 1), ovvero verichiamo che in queste va-
riabili lhamiltoniana del problema si riduce ad una funzione delle sole
azioni:
(2.27)
p
2
r
2
+V
e
(r) = H
def
= E
(eq. 2.26)
=

2
2L
0
che quello che volevamo, dunque abbiamo ottenuto una buona denizio-
ne. Non resta ora che esprimere le variabili dangolo associate ad L
0
e G
0
.
Per farlo abbiamo bisogno di esprimere i momento cinetici coniugati ad r e
come funzioni delle azioni, per p

semplice, dalla denizione abbiamo


APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 35
che p

= G
0
. Per ottenere unespressione per p
r
uguagliamo le due forme
dellhamiltoniana e ricaviamola:
1
2
p
2
r
+
1
2r
2
G
2
0


r
=

2
2L
2
0

p
2
r
=
2
r

G
2
0
r
2


2
L
2
0

p
r
(L
0
, G
0
, r) =

2
r

G
2
0
r
2


2
L
2
0
Possiamo quindi esprimere la funzione generatrice di queste variabili co-
me:
(L
0
, G
0
, r, ) =
_
p
r
dr +
_
p

d =
=
_

2
r

G
2
0
r
2


2
L
2
0
dr +G
0

(2.28)
Possiamo quindi calcolare le variabile coniugate ad L
0
e a G
0
come:
l
0
=

L
0
, g
0
=

G
0
Calcoliamo la prima, mostriamo che effettivamente lanomalia media
(def. 27), come annunciato con la scelta del simbolo:
l
0
=

L
0
=
_
1
2
_
2
r

G
2
0
r
2


2
L
2
0
_
2
2
L
3
0
_
dr =
=
_

2
dr
(a)
3
2
_
2
r

a(1e
2
)
r
2


2
a
=
_
L
0
=

a
G
o
=
_
a(1 e
2
)
=

a
3
2
_
rdr
_

a
r
2
+2r a(1 e
2
)
=
_
r = a(1 e cos u)
dr = ae sinudu
=

a
3
2
_
a(1 e cos u)ae sinudu
_
a(1 cos u)
2
+2a(1 e cos u) a(1 e
2
)
=
=

a
3
2
_
a
2
e sinu a
2
e
2
cos usinu
_
ae
2
sin
2
u
du =
=
1
a
2
_
a
2
[e sinu e
2
cos usinu]
e sinu
du =
_
1 e cos udu
36 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
e dunque l
0
= ue sinu, cio quello che volevamo mostrare. Per la coppia
di variabili G
0
e g
0
il calcolo analogo.
Osservazione 10. Le variabili di azione-angolo che abbiamo determinato, ol-
tre a ridurre lhamiltoniana nella forma indicata dal Teorema di Liouville-
Arnold, hanno il pregio di essere anche strettamente vincolate a dei pa-
rametri sici dorbita che possono essere facilmente calcolati. Infatti si ha
che:
a =
L
2
0

, e =

1
G
2
0
L
2
0
mentre per le variabili dangolo si ha che l
0
lanomolia media, mentre g
0
largomento del perielio, ovvero g
0
= f dove f lanomalia vera.
Riassumiamo quanto visto nella seguente denizione:
Denizione 30 (Variabili di Delaunay). Si dicono variabili azione-angolo
di Delaunay le variabili (L
0
, G
0
, l
0
, g
0
) dove:
L
0
=

a, (2.29)
G
0
=
_
a(1 e
2
), (2.30)
l
0
=u e sinu, (anomalia media) (2.31)
g
0
= f, (argomento del perielio) (2.32)
e nel seguente teorema:
Teorema 6. Il problema dei due corpi in variabili di Delaunay (L
0
, G
0
, l
0
, g
0
) (def.
30) rappresentato dallhamiltoniana:
(2.33) H(L
0
, G
0
, l
0
, g
0
) =

2
2L
2
0
ed quindi integrabile, inoltre si ha che L
0
, G
0
e g
0
sono costanti, mentre

l
0
rappresenta la frequenza del moto.
Dimostrazione. Dobbiamo dimostrare solo le ultime affermazioni, ovvero
dobbiamo scrivere solamente le equazioni di Hamilton per il sistema (eq.
1.9):
(2.34)
_

L
0
=
H
l
0
= 0,

G
0
=
H
g
0
= 0,

l
0
=
H
L
0
=

2
L
3
0
=

2
(a)
3
2
,
g
0
=
H
G
0
= 0
da cui si ottiene la costanza delle variabili uguagliate a zero e la frequenza
del sistema.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 37
3. PUNTI LAGRANGIANI
Cette recherche neste la vrit que de pure curiosit; mais
jai cru quelle ne serait pas dplacee dans un Ouvrage qui
roule principalement sur le Problme des trois Corps, envi-
sag dans toute son tendue..
Joseph-Louis Lagrange[Lagrange(1772)].
Trattiamo ora il caso del problema circolare, piano, ristretto dei tre cor-
pi. Ovvero prendiamo in considerazione tre corpi p
1
, p
2
, p
3
di masse, ri-
spettivamente, m
1
, m
2
e m
3
, con m
2
<< m
1
, m
3
(ristretto), cio supponia-
mo che la massa di p
2
sia talmente piccola da non disturbare il moto degli
oggetti primari p
1
e p
3
. Supponiamo inoltre (piano) che p
1
,p
2
e p
3
giaccia-
no sullo stesso piano, ovvero che p
2
appartenga al piano determinato dai
primari p
1
e p
3
. Come ultima ipotesi assumiamo che p
1
e p
3
siano su orbite
kepleriane circolari.
Scriviamo le equazioni del moto, indichiamo con
1
,
2
,
3
R
2
i vet-
tori posizione di p
1
, p
2
e p
3
in un sistema di riferimento con origine nel
baricentro.
Possiamo quindi esprimere linterazione tra p
1
e p
2
, perturbata da p
3
come:
(3.1)
d
2

1
dt
2
=G
m
2
(
2

1
)
|
2

1
|
3
+G
m
3
(
3

1
)
|
3

1
|
3
d
2

2
dt
2
= G
m
1
(
2

1
)
|
2

1
|
3
G
m
3
(
2

3
)
|
2

3
|
3
Riscriviamo ora le equazioni 3.1 in coordinate eliocentriche rispetto a p
1
,
ovvero poniamo: r
2
=
2

1
e r
3
=
3

1
, di conseguenza si ha che

2
= |r
2
| e
3
= |r
3
|:
(3.2)
d
2
r
dt
2
= G
m
1
+m
2

3
2
+G
m
3
(r
2
r
3
)
|r
2
r
3
|
3
G
m
3
r
3

3
3
per semplicare la 3.2 poniamo = G(m
1
+ m
2
), = Gm
3
e deniamo la
funzione R(r
2
, r
3
) come:
R =
r
2
r
3

3
3

1
|r
2
r
3
|
per cui riscriviamo la 3.2 come:
(3.3)
d
2
r
2
dt
2
+
r
2

3
2
=
R
r
2
abbiamo quindi ottenuto lequazione del problema di Keplero a due corpi
pi un termine di perturbazione che tiene conto dellinterazione di gravit
tra il primario di massa intermedia e lasteroide
_

|r
2
r
3
|
_
e dal termine non
38 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
inerziale eliocentrico dato dal contribuito
r
2
r
3

3
3
. LHamiltoniana associata
al problema in variabili di Delaunay dunque:
(3.4) H(L
0
, G
0
, l
0
, g
0
) =

2
2L
2
0
+R(L
0
, G
0
, l
0
, g
0
)
dove si dovrebbe esprimere il termine di perturbazione come serie nelle
variabili di Delaunay, per il cui calcolo si rimanda a [Celletti(2010)].
Per il calcolo dei punti lagrangiani, che ci che ci interessa, ripartiamo
dalla scrittura delle equazioni nel sistema baricentrale (O, , , ) e ssiamo
le unit di misura in modo che G(m
1
+ m
3
) = = 1, ricordiamo di essere
nellipotesi in cui m
2
<< m
1
, m
3
e m
1
> m
3
chiamiamo quindi:
=
m
3
m
1
+m
3
,
1
= Gm
1
,
3
= Gm
3
=
per cui si ha che Gm
1
= 1 Gm
3
= 1 , ponendo quindi P
2
(
2
,
2
,
2
) =
P
2
(, , ) si ha che:
r
1
=
_
(
1
)
2
+ (
1
)
2
+ (
1
)
2
_
1/2
r
3
=
_
(
3
)
2
+ (
3
)
2
+ (
3
)
2
_
1/2
e dunque le equazioni del moto diventano:
(3.5)
_

=
1

1

r
3
1
+
3

3

r
3
3
=
1

1

r
3
1
+
3

3

r
3
3

=
1

1

r
3
1
+
3

3

r
3
3
per poter proseguire con il calcolo necessario passare a quello che si chia-
ma sistema di riferimento sinodico rotante, ovvero il sistema di riferimento
che ruota con la stessa velocit dei corpi primari P
1
e P
2
, si veda la gura
13, afnch sia coerente la normalizzazione fatta deve essere il baricentro
nellorigine, dunque:
(3.6)
m
1
d
1
+m
3
d
3
m
1
+m
3
= 0
G
G
_
m
1
d
1
+m
3
d
3
m
1
+m
3
_
= 0
Se e solo se (1 )d
1
+ d
3
= 0, per cui una soluzione d
1
= e d
3
= 1
ovvero |d
1
| + |d
3
| = 1 e P
1
( , 0, 0) e P
2
(1 , 0, 0).
Esprimiamo ora il moto medio (def. 26) e la frequenza del moto in questo
sistema:
n =
2
T
(eq. 2.11)
n
2
=
G(m
1
+m
3
)
d(P
1
, P
3
)
3
= 1 n = 1
e dunque anche = 1. Per determinare ora le coordinate del punto P
2
nel sistema sinodico rotante (O, x, y, z) dobbiamo passare dalle (O, , , ) a
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 39
P
1
P
3
P
2
d
1
d
3
x
y
FIGURA 13. Sistema Sinodico Rotante
queste, abbiamo scoperto che la velocit di rotazione del sistema, grazie alle
normalizzazioni fatte, pari ad 1, dunque allistante t si ruota esattamente
di un angolo t(mod2) attorno allasse z e dunque il cambio :
_
_
_
= cos(t)x sin(t)y
= sin(t)x + cos(t)y
= z

r
1
=
_
(x + )
2
+y
2
+z
2
r
3
=
_
(x 1 + )
2
+y
2
+z
2
e dunque:
_
_
_

= x sin(t) + x cos(t) ysin(t) ycos(t)


= x sin(t) +x cos(t) + ycos(t) ysin(t)

=
derivando ancora si ha che:
(3.7)

= x cos(t) x sin(t) x sin(t) x cos(t) ysin(t) ysin(t)+


ysin(t) + ysin(t) =
= x cos(t) 2 x sin(t) x cos(t) ysin(t) 2 ycos(t) +ysin(t)
calcolando le altre due quantit che compaiono nelle equazioni del moto:

1
= cos(t) x cos(t) +ysin(t)

3
=(1 ) cos(t) x cos(t) +ysin(t)
e dunque lequazione del moto per la diventa:
(3.8)

1
r
3
1
( cos(t) x cos(t) +ysin(t)) +
+

3
r
3
3
((1 ) cos(t) x cos(t) +ysin(t))
40 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
uguagliando i termini in sin(t) e cos(t) delleq.3.7 e delleq. 3.8 si ha che:
(3.9)
[cos(t)] x x 2 y =

1
r
3
1
( +x)

3
r
3
3
(x 1 + mu)
[sin(t)] y 2 x +y =

1
r
3
1
y +

3
r
3
3
y
deniamo quindi il potenziale, in queste coordinate, come:
(3.10) U(x, y, z) =
x
2
+y
2
2
+

1
r
1
+

3
r
3
da cui le equazioni del moto diventano:
(3.11)
_

_
x 2 y =
U
x
y +2 x =
U
y
z =
U
z
Osservazione 11. Si osservi che i termini 2 y e 2 x rappresentano la forza
di Coriolis in questo sistema, mentre
x
2
+y
2
2
nel potenziale rappresenta il
termine dovuto alla forza centrifuga.
Moltiplicando per x, y e z le equazioni 3.11 e sommandole si ottiene:
x x 2 x y + y y +2 x y + z z = x
U
x
+ y
U
y
+ z
U
z
ovvero si ha che:
(3.12)
1
2
d
dt
_
x
2
+ y
2
+ z
2
_
=
dU
dt
x
2
+ y
2
+ z
2
= 2UC
J
dove C
J
la costante di integrazione ed detta Costante di Jacobi, abbiamo
inoltre che 2U C
J
0, ovvero abbiamo la regione permesse di energia
sono quelle per cui U C
J
/2, ovvero di velocit reale (g. 14).
Essendoci ridotti al caso piano abbiamo che z = 0, per determinare la
posizione dei punti di equilibrio di questo sistema dobbiamo calcolare le
derivate del potenziale U, prima dimostriamo la seguente uguaglianza:
Lemma 1. Vale la seguente uguaglianza:
(3.13)
1
r
2
1
+
3
r
2
3
= x
2
+y
2
+
1

3
Dimostrazione. Inseriamo la denizione di r
1
ed r
3
nel membro di sinistra,
ricordando che ci siamo ridotti al caso z = 0:

1
_
(x +
3
)
2
+y
2
_
+
3
_
(x 1 +
3
)
2
+y
2
_
=
=
1
x
2
+2
1

3
x +
1

2
3
+
1
y
2
+
3
x
2
+
3
+
+
3
3
2
3
x +2
3
x 2
2
3
+
3
y
2
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 41
FIGURA 14. Punti Lagrangiani e Sfera di Hill
Fonte: http://en.wikipedia.org/wiki/File:Lagrange_points2.svg
raccogliendo i termini in modo opportuno si ha:
= (
1
+
3
)
. .
=1
x
2
+ (
1
+
3
)
. .
=1
y
2
+ (2
1

3
2
3
+2
2
3
)
. .
=0
x +
1

2
3
+
+
3
+
3
3
2
2
3
=
=x
2
+y
2
+
1

Sostituendo nella denizione del potenziale la precedente uguaglianza


si ottiene:
(3.14)
U =
1
2
_

1
r
2
1
+
3
r
2
3
+
1

3
_
+

1
r
1
+

3
r
3
=
=
1
_
r
2
1
2
+
1
r
1
_
+
3
_
r
2
3
2
+
1
r
3
_

3
2
di cui possiamo calcolare il gradiente come:
U
x
=
U
r
1
r
1
x
+
U
r
3
r
3
x
=
=
1
_
r
1

1
r
2
1
_
1
2r
1
2(x +
3
) +
3
_
r
3

1
r
2
3
_
x
1
r
3
=
=
1
_
r
1

1
r
2
1
_
x +
3
r
1
+
3
_
r
3

1
r
2
3
_
x
1
r
3
42 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
analogamente per la direzione y si ha che:
U
y
=
1
_
r
1

1
r
2
1
_
y
r
1
+
3
_
r
3

1
r
2
3
_
y
r
3
per calcolare i punti di equilibrio non resta che uguagliare il gradiente a
zero: U = 0, da cui otteniamo una soluzione risolvendo:
_

_
U
r
1
=
1
_
r
1

1
r
2
1
_
= 0
U
r
3
=
1
_
r
3

1
r
2
3
_
= 0

_
r
3
1
= 1
r
3
3
= 1

_
r
1
= 1
r
3
= 1
ed usando la denizione di r
1
ed r
3
otteniamo la coppia di equazioni:
_
(x +
3
)
2
+y
2
= 1
(x
1
)
2
+y
2
= 1
(x, y) =
_
1
2

3
,

3
2
_
abbiamo trovato i punti triangolari L
4
ed L
5
(g. 15).
Osservazione 12. Queste congurazioni mantengono omograe ed omote-
tie, si pu generalizzare il risultato a pi corpi e a trasformazioni pi ela-
borate.
Cerchiamo ora i punti collineari per y = 0, in questo caso si riducono le
espressioni di r
1
= x +
3
e r
3
= x +
1
tali che r
1
+ r
3
=
1
+
3
= 1,
dunque il gradiente pu essere riscritto come:
U
x
=
U
r
1

U
r
3
=
1
_
r
1

1
r
2
1
_

3
_
r
3

1
r
2
3
_
=
r
1
=1r
3
=
1
_
1 r
3

1
(1 r
3
)
2
_

3
_
r
3

1
r
2
3
_
cerchiamo sempre
U
x
= 0 dunque:
r
2
3

3
_
r
3

1
r
2
3
_
=
1
_
1 r
3

1
(1 r
3
)
2
_
r
2
3

3
(r
3
3
1) =
1
_
r
2
3
r
3
3

r
2
3
(1 r
3
)
2
_

3
(1 r
3
)
2
(r
3
3
1) =
1
(r
2
3
(1 r
3
)
3
r
2
3
)

1
=
r
2
3
_
(1 r
3
)
3
1

(1 r
3
)
2
(r
3
3
1)
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 43
procediamo ora ad una riscrittura pi comoda della quantit di destra:

1
=
r
2
3
_
(1 r
3
)
3
1

(1 r
3
)
2
(r
3
3
1)
=
r
2
3
_
r
3
(r
2
3
3 +3r
3
)

(1 r
3
)
2
(r
3
3
1)
=
=
r
2
3
_
3r
3
_
1 +
r
2
3
3
r
3
__
(1 r
3
)
2
(1 r
3
3
)
=
3r
3
3
_
1 +
r
2
3
3
r
3
_
(1 r
3
)
2
(1 r
3
3
)
e dunque si ha che:

3
3
1
=
r
3
3
_
1 +
r
2
3
3
r
3
_
(1 r
3
)
2
(1 r
3
3
)
se chiamiamo =
_

3
3
1
_
1/3
possiamo espandere il membro di destra in
serie di Taylor:
= r
3
+
1
3
r
2
3
+
1
3
r
3
3
+
53
81
r
4
3
+
Abbiamo ora bisogno di avere r
3
in funzione di , per farlo sfruttiamo la
formula di LagrangeBrmann:
Teorema 7 (LagrangeBrmann). Supponiamo che z sia denita come una fun-
zione f di w, ovvero che f(w) = z, con f analitica in un punto a e f

(a) ,= 0,
allora possibile invertire lequazione per w, ovvero trovare una funzione g ta-
le che w = g(z) in un intorno di f(a) con g analitica in un intorno di f(a).
Lespressione analitica di g data da:
(3.15) g(z) = a +

n1
_
lim
wa
_
(z f(a))
n
n!
d
n1
dw
n1
_
wa
f(w) f(a)
_
n
__
Applicandola otteniamo:
r
3
=
1
3

1
9

23
81

4
+
Abbiamo cos trovato il punto collineare L
1
, anche se non in forma chiu-
sa, tuttavia la quantit decade in fretta, quindi la convergenza buona.
Calcoliamo gli altri due punti nel medesimo modo:
L
2
: r
1
= x +
3
, r
3
= x
1
r
1
r
3
= 1
L
3
: r
1
= x
3
, r
3
= x +
1
r
3
r
1
= 1
e si procede nel medesimo modo, si veda la gura 15.
Vogliamo ora indagare la stabilit lineare dei punti Lagrangiani che ab-
biamo calcolato.
Teorema 8 (Stabilit Punti Lagrangiani [Cornish(1998)]). Detto L
l
(x
l
, y
l
) il
generico punto lagrangiano, si ha che per l = 4, 5, ovvero i punti triangolari, sono
linearmente stabili per < 0, 0365. Invece per l = 1, 2, 3, i punti collineari sono
linearmente instabili per ogni valore di .
44 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
P
1
P
3
L
4
L
5
L
1
L
2
L
3
x
y
FIGURA 15. Punti Lagrangiani
Dimostrazione. Ripartiamo dalle equazioni 3.11:
_

_
x 2 y =
U
x
y +2 x =
U
y
z =
U
z
e ssato il generico punto lagrangiano L
l
(x
l
, y
l
) consideriamo la piccola
perturbazione (
x
,
y
) piccola deviazione da L
l
, inserendo questa condizio-
ne nellequazione del moto (eq. 3.11) ed espandiamo il potenziale Uintorno
al punto (x
l
+
x
, y
l
+
y
):

x
2

y
=
=0
..
U
x
(x
l
, y
l
) +
Uxx
..

2
U
x
2
(x
l
, y
l
)
x
+
Uxy
..

2
U
xy
(x
l
, y
l
)
y

y
+2

x
=
U
y
(x
l
, y
l
)
. .
=0
+

2
U
y
2
(x
l
, y
l
)
. .
Uyy

y
+

2
U
xy
(x
l
, y
l
)
. .
Uxy

x
che in forma matriciale diventa:
_
_
_
_

y
_
_
_
_
=
_
_
_
_
0 0 1 0
0 0 0 1
U
xx
U
xy
0 2
U
xy
U
yy
2 0
_
_
_
_
_
_
_
_

y
_
_
_
_
= A
_
_
_
_

y
_
_
_
_
La matrice A dunque la matrice del nostro problema linearizzato, per
procedere dobbiamo calcolare gli autovalori della matrice: p() = det(A
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 45
I), dunque:
p
A
() =det
_
_
_
_
0 1 0
0 0 1
U
xx
U
xy
2
U
xy
U
yy
2
_
_
_
_
=
=

0 1
U
xy
2
U
yy
2

0 1
U
xx
U
xy
2
U
xy
U
yy

=
= (
3
2U
xy
+U
yy
4) +U
xx
U
yy
2U
xy
+
U
2
xy

2
U
x
x =
=
4
+ (4 U
yy
U
xx
)
2
+ (2U
xy
2U
xy
) +U
xx
U
yy
U
2
xy
=
=
4
+ (4 U
yy
U
xx
)
2
+ (U
xx
U
yy
U
2
xy
)
Gli autovalori sono dunque:

2
1,2
=
(4 U
yy
U
xx
)
_
(4 U
yy
U
xx
)
2
4(U
xx
U
yy
U
2
xy
)
2
Introduciamo a questo punto i dati sui punti L
l
e studiamo il segno delle
radici, per l = 1, 2, 3 abbiamo che y
l
= 0, partiamo dal punto L
1
per cui si
ha che r
1
= x
l
+
3
e r
3
= x
l
+
1
e deniamo la quantit M =

1
r
3
1
+

3
r
3
3
e
osserviamo che:
4 U
xx
U
yy
=4 1 1 M = 2 M
U
xx
U
yy
U
2
xy
=1 +M2M
2
per cui lequazione si riscrive come:

4
+ (2 M)
2
+ (1 +M2M
2
) = 0
le soluzioni sono quindi:
_
_
_

4
= 1 +M2M
2

1
=
2

3
=
4

2
1
=
2
2
< 0

2
3
=
2
4
< 0

2
2

2
4
= 1 +M2M
2
=
2
1

2
3
Dunque i
j
sono puramente immaginari se 1 + M 2M
2
> 0, ovvero se
M (1/2, 1) ovvero se:

1
2
<

1
r
3
1
+

3
r
3
3
< 1
ma si ha che

1
r
3
1
> 1 e

3
r
3
3
> 1, dunque gli autovalori non sono puramente
immaginari e L
1
instabile. Analogamente per L
2
e L
3
.
46 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Vediamolo per i punti triangolari per cui sappiamo che:
(x
l
, y
l
) =
_
1
2

3
,

3
2
_
ricalcoliamo il potenziale in questo caso:
U
x
=x

1
r
3
1
(x +
3
)

3
x
1
=
=
1
_
r
1

1
r
2
1
_
x +
3
r
1
+
3
_
r
3

1
r
2
3
_
x
1
r
3
=
=f(r
1
)F(x, y) +g(r
3
)G(x, y)
U
xx
=f
x
F +fF
x
+g
x
G+gG
x
U
xx
|
x
l
,y
l
=f
x
F +g
x
G
f
x
=
1
_
1 +
2
r
3
1
_
x +
3
r
1
g
x
=
3
_
1 +
2
r
3
3
_
x
1
r
3
U
xx
|
x
l
,y
l
=3
1
_
1
2
+
3

3
_
1
2
+
+3
3
_
1
2

3

1
__
1
2

3

1
_
=
=
3
4

1
+
3
4

3
=
3
4
Allo stesso modo si ricavano i valori:
U
xx
=
3
4
, U
yy
=
9
4
, U
xy
=
3

3
4
(1 2
3
)
Da cui le radici diventano:

1,2
=
_
1
_
1 27(1
3
)
3

3,4
=
_
1 +
_
1 27(1
3
)
3

2
questi sono immaginari puri se valgono le condizioni:
1 27(1
3
)
3
0
1 27
3
+27
2
3
0

(1,2)
3
=
27

27
2
4 27
54
=
27

621
54

3
<
27

621
54
0.0385

APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 47


4. DINAMICA ROTAZIONALE
Denizione 31 (Tensore di Inerzia). Dati Npunti materiali di massa rispet-
tivamente m
1
, . . . , m
n
e posizione, rispetto ad un sistema di riferimento
inerziale {O, x
1
, x
2
, x
3
}, r
(i)
=
_
x
(i)
1
, x
(i)
2
, x
(i)
3
_
si denisce tensore di inerzia
riferito ad O:
(4.1) I
O
hk
=
n

i=1
m
i
_
|r
(i)
|
2

hk
x
(i)
h
x
(j)
k
_
Si denisce inoltre la matrice 3 3 I
O
= (I
O
h,k
)
h,k=1,...,3
.
Osservazione 13. Se I
O
simmetrica reale, ovvero I
O
h,k
= I
O
k,h
ed reale pos-
siamo allora diagonalizzarla come I
O
= diag(I
O
1
, I
O
2
, I
O
3
) con unopportuna
trasformazione ortogonale, ovvero cambiando opportunamente il sistema
di riferimento, gli I
0
i
i = 1, 2, 3 sono detti momenti principali di inerzia.
Teorema 9 (Huygens-Steiner). Il momento di inerzia rispetto ad un polo Q con
un sistema di assi paralleli a quelli rispetto al polo O dato da:
(4.2) I
Q
i
= I
O
j
+d(O, Q)
2
N

i=1
m
i
Esempio 3. Calcoliamo il momento di inerzia di un ellissoide di massa m e
densit uniforme (g. 16), in coordinate polari lellissoide rappresentato
da:
_
_
_
x = ar sin cos ,
y = br sin sin,
z = cr cos
0 r 1
0
0 2
Il volume dellellissoide V =
4
3
abc e =
m
V
=
3m
4abc
. Rappresentiamo
quindi un elemento di volume come:
dV = abcr
2
sindrdd
dato un generico punto P appartenente allellissoide calcoliamo il momento
di inerzia I
1
rispetto allasse x come:
I
1
=
_
V
d(P, x)
2
dV =
=abc
_
1
0
_

0
_
2
0
r
2
_
b
2
sin
2
sin
2
+c
2
cos
2

_
r
2
sindrdd =
=abc
_
2
0
_
1
0
r
4

_
4
3
b
2
sin
2
+
2
3
c
2
_
drd =
=
3mabc
4abc
_
1
0
_
4
3
b
2
r
4
+
2
3
c
2
r
4
2
_
dr = m
_
1
0
r
4
(b
2
+c
2
)dr =
=
m
5
_
b
2
+c
2
_
48 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Per simmetria gli altri momenti di inerzia e quindi la matrice si scrive
a
b
c
x
y
z
FIGURA 16. Ellissoide
come:
(4.3) I =
m
5
_
_
b
2
+c
2
0 0
0 a
2
+c
2
0
0 0 a
2
+b
2
_
_
Consideriamo ora una coppia di sistemi di riferimento, un sistema di
riferimento inerziale (O, X, Y, Z) ed un sistema di riferimento solidale con il
corpo rigido (O, x, y, z).
Ricordiamo le denizioni:
Denizione 32. Detta p = mv la quantit di moto totale del sistema, chia-
miamo momento angolare totale la quantit:
(4.4) L = r p
Denizione 33. Detta F la risultante delle forze esterne agenti sul sistema
deniamo momento delle forze esterne la quantit:
(4.5) N = r F
Vogliamo ora scrivere le equazioni del moto di questo oggetto rispetto
ad una forza esterna F, consideriamo quindi:
(4.6)
dp
dt
=
dmv
dt
= m
dv
dt
= ma
quindi se consideriamo la derivata del momento angolare L abbiamo che,
nel sistema inerziale, si ha:
(4.7)
d
dt
L =
d
dt
(r mv) = v mv +r
d
dt
(mv) = N
e dunque si ha che

L = N.
Vediamo ora cosa accade nel sistema solidale con il corpo rigido, se w
il vettore velocit angolare, ovvero w = w k, per cui possiamo scrivere:
(4.8)
_
dL
dt
_
Inerziale
=
_
dL
dt
_
Solidale
+ wL
e dunque nel sistema solidale si ha che

L = N wL.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 49
Osservazione 14. Osserviamo che se L riferito agli assi principali di inerzia
ha componenti L
i
= I
j
w
j
e dunque si ha che:
(4.9) L = mr v = mr (v
sol.
+ wr) = Iw
e quindi si ha che:
(4.10)
I w+ w L = N
I w+ wIw = N
ma si ha che:
(4.11) wIw = ((I
3
I
2
)w
2
w
3
, (I
1
I
3
)w
1
w
3
, (I
2
I
1
)w
1
w
3
)
riscrivendo tutto in coordinate otteniamo le equazioni di Eulero per il corpo
rigido:
(4.12)
_
_
_
I
1
w
1
+ (I
3
I
2
)w
2
w
3
= N
1
I
1
w
2
+ (I
1
I
3
)w
1
w
3
= N
2
I
1
w
3
+ (I
2
I
1
)w
1
w
3
= N
3
Esprimiamo ora le equazioni che abbiamo trovato in funzione degli an-
goli di Eulero (g. 17), ovvero cambiamo il sistema di riferimento con cui
descriviamo il moto del corpo rigido, poniamo n linea dei nodi, intersezio-
ne tra i piani XY e xy, [0, 2) angolo di rotazione propria, angolo tra
lasse X e la linea dei nodi n, [0, 2) angolo di precessione, angolo tra
lasse x e la linea dei nodi n, e [0, ) angolo di nutazione, angolo tra
lasse Z e lasse z.
X
Y
Z
n
x
y
z

FIGURA 17. Angoli di Eulero


Consideriamo ora il vettore w = (w
1
, w
2
, w
3
) nel sistema O, x, y, z questo
si scrive come:
_
_
_
w
1
= sin sin+

cos
w
2
= sin cos

sin
w
3
= cos +

50 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI


per un corpo S di momenti di inerzia I
1
, I
2
e I
3
e potenziale V(, , ) la
lagrangiana si scrive come:
L = T V =
1
2
3

i=1
I
i
w
2
i
V = L(

, ,

, , , )
Esempio 4. Trattiamo il caso del giroscopio, ovvero il caso per cui I
1
= I
2
e
I
3
,= I
2
, I
1
, in questo caso la lagrangiana :
L =
1
2
_
I
1
(w
2
1
+w
2
2
) +I
3
w
3
_
V =
=
I
1
2
_

2
sin
2
+

2
_
+
I
3
2
_
cos +

V(, , )
nel caso di un corpo rigido libero (V = 0) la lagrangiana dipende solo da
(

, ,

, ) allora e sono variabili cicliche e quindi i momenti cinetici
coniugati p

e p

sono conservati, ovvero:


p

=
L

= I
1
sin
2
+I
3
( cos +

) cos
p

=
L

= I
3
_
cos +

_
dunque, aggiungendo lEnergia meccanica totale, abbiamo tre integrali pri-
mi per un sistema a tre gradi di libert, per il Teorema di Liouvile-Arnold
(thm. 1) si ha lintegrabilit del sistema.
4.1. Variabili di Andoyer-Deprit. Costruiamo le variabili di azione angolo
per questo problema che sono dette variabili di Andoyer-Deprit. Sia O il
baricentro del corpo rigido, consideriamo quindi i sistemi di riferimento:
(1) Inerziale (O, I, J, K);
(2) Solidale con il corpo rigido (O, i, j, k);
(3) Di Spin (O, i
1
, i
2
, i
3
).
Rispetto a questi sistemi si hanno le tre linee dei nodi:
(1) m =< I, J > < i
1
, i
2
>;
(2) n =< i, j > < i
1
, i
2
>;
(3) n =< i, j > < I, J >.
Possiamo denire ora le tre terzine di angoli di Eulero tra i tre sistemi
appena deniti:
(1) (, , ) angoli di Eulero tra i sistemi inerziale e solidale;
(2) (J, g, l) angoli di Eulero tra i sistemi solidale e di spin;
(3) (
^
K, h, 0) angoli di Eulero tra i sistemi inerziale e di spin dove si
ssato lasse i
1
coincidente con m.
Denizione 34. Deniamo quindi
^
K obliquit dellasse di rotazione e J
angolo di rotazione propria.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 51
In questo modo si ha che M
0
, momento angolare del sistema, tale che
M
0
| i
3
da cui si ricava che:
G =M
0
i
3
= |M
0
| = M
0
L =M
0
k = M
0
cos J = Gcos J
H =M
0

^
K = M
0
cos
^
K = Gcos
^
K
Denizione 35 (Andoyer-Deprit). Si chiamano variabili azione angolo di
Andoyer-Deprit le tre coppie:
(4.13) (G, g), (L, l), (H, h)
Osservazione 15. Si osservi che valgono le seguenti relazioni per i momenti:
(4.14) L = p

, H = p

, p

= GsinJ sin(l )
dove
(4.15)
_
_
_
p

= (I
1
w
1
sin+I
2
w
2
cos ) sin +I
3
w
3
cos
p

= I
1
w
1
cos I
2
w
2
sin
p

= I
3
w
3
e la trasformazione (G, g)(L, l)(H, h) (P

, )(P

, )(P

, ) canonica.
Scriviamo ora lhamiltoniana del sistema, per cui ripartiamo da:
I
1
w
1
=
p

cos
sin
sin+p

cos
I
2
w
2
=
p

cos
sin
cos p

sin
I
3
w
3
=p

In variabili di Andoyer-Deprit questo diventa:


I
3
w
3
=L
I
1
w
1
=G
_
cos
^
K cos J cos
sin
_
sin+GsinJ sin(l ) cos
I
2
w
2
=G
_
cos
^
K cos J cos
sin
cos sinJ sin(l ) sin
_
per semplicare la scrittura dobbiamo sfruttare le seguenti uguaglianze ot-
tenute a partire dalle propriet del triangolo sferico in gura 18. da cui
otteniamo:
(4.16)
cos
^
K = cos J cos + sinJ sin cos(l)
cos
^
K cos J cos = sinJ sin cos(l)
52 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
l
h
g
^
K
J

FIGURA 18. Triangolo Sferico - Spin-Orbita


che inserito nelle equazioni ci da:
_
_
_
I
1
w
1
= GsinJ sinl
I
2
w
2
= GsinJ cos l
I
3
w
3
= L
Per il corpo rigido libero (V = 0) la lagrangiana, ovvero lhamiltoniana,
risulta quindi essere:
(4.17)
L = T = H =
1
2
_
I
1
w
2
1
+I
2
w
2
2
+I
3
w
2
3
_
=
=
G
2
sin
2
J sin
2
l
2I
1
+
G
2
sin
2
J sin
2
l
2I
2
+
L
2
2I
3
che dunque non integrabile poich vi compaiono sia variabili dazioni che
dangolo.
Osservazione 16. Nel caso giroscopico I
1
= I
2
, coerentemente con quanto
gi osservato, lhamiltoniana del corpo rigido libero (eq. 4.17) si riduce a:
L = T = H =
G
2
sin
2
J
2I
1
+
L
2
2I
3
hamiltoniana integrabile in cui tutte le variabili dangolo sono cicliche.
4.2. Problema Spin-Orbita. Deriviamo il problema spin-orbita in formali-
smo lagrangiano sotto le seguenti ipotesi:
(0) Consideriamo di avere un satellite ellissoidale tri-assiale S di massa
m
S
e momenti di inerzia I
1
< I
2
< I
3
. Il pianeta P di massa m
p

considerato puntiforme.
(1) S si muove su di unorbita kepleriana attorno a P.
(2) Assumiamo che lasse di rotazione di S sia perpendicolare al piano
orbitale, ovvero lobliquit
^
K = 0.
(3) Assumiamo che lasse di rotazione coincida con il pi piccolo asse
sico.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 53
(4) Trascuriamo altre perturbazioni ed effetti dissipativi.
Teorema 10. Deriveremo, nelle ipotesi enunciate, la seguente equazione differen-
ziale per il problema:
(4.18)

+
3
2
I
2
I
1
I
3
_
a
r
_
3
sin(2 2f) = 0
dove r(t) e f(t) sono due funzione note del tempo per lipotesi (1).
Dimostrazione. Ripartiamo dallequazione cardinale:

L = N w L che in
componenti si scrive:
(4.19)
_
_
_
I
1
w
1
+ (I
3
I
2
)w
2
w
3
= N
1
I
1
w
2
+ (I
1
I
3
)w
1
w
3
= N
2
I
1
w
3
+ (I
2
I
1
)w
1
w
2
= N
3
per lipotesi (2) si ha che w
1
= w
2
= 0 dunque tutto il sistema precedente si
riduce alla singola equazione:
(4.20) I
3
w
3
= N
3
e non ci resta che calcolare i singoli termini dellequazione.
Partiamo dal calcolare N
3
consideriamo quindi le seguenti posizioni:
(1) Origine in 0 baricentro del sistema,
(2)
m
elemento di massa di centro Q,
(3) OQ = R,
(4) QP = ,
(5) ROQ =
per cui possiamo esprimere il potenziale V come:
V =

m
G
m

m
G
m

r
2
+R
2
2rRcos
=
=
R
r
<<1
=

m
G
m
_
1
r

1
_
1 +
2
2 cos
_

SdT

m
G
m
_
1
r
+

r
cos +

2
2r
_
1 +3 cos
2

_
_
=
=

m
G
m
_
1
r
+
R
r
2
cos +
R
2
2r
3
_
2 3 sin
2

_
_
=
=
Gm
s
r
G

m
Rcos
r
2
. .
=0

Rm=0

m
G
m
R
2
3

m
G
m
R
2
sin
2

2r
3
54 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Lavoriamo ora a riscrivere la seconda parte della formula precedente per
cui:

m
G
m
R
2
3

m
G
m
R
2
sin
2

2r
3
=
G
2r
3
_

m
(y
2
+z
2
)+
+

m
(x
2
+z
2
) +

m
(x
2
+y
2
) 3

m
R
2
sin
2

_
=
=
G
2r
3
_
I
1
+I
2
+I
3
3

m
R
2
sin
2

_
Ma

m
R
2
sin
2
= I momento di inerzia attorno ad OP e quindi, ri-
mettendo tutto insieme possiamo scrivere il potenziale come:
(4.21) V
Gm
s
r

G
2r
3
[I
1
+I
2
+I
3
3I]
Esprimiamo ora i momento di inerzia I rispetto ad OP rispetto agli assi
x, y, z, dunque ripartiamo dalla scrittura in coseni direttori di OP = (x, y, z)
e si ha |OP| = r e dunque:
OP =
_
x
r
,
y
r
,
z
r
_
per cui il momento di inerzia si scrive come:
I = I
1
x
2
r
2
+I
2
y
2
r
2
+I
3
z
2
r
2
inserendo questa espressione nella scrittura del potenziale V (eq. 4.21) si
ottiene:
V
Gm

r

G
2r
5
_
I
1
(2x
2
+y
2
+z
2
) +I
2
(x
2
2y
2
+z
2
)+
+I
3
(x
2
+y
2
2z
2
)
_
=
=
Gm

r

G
2r
5

f(I
1
, I
2
, I
3
, x, y, z)
possiamo quindi calcolare ora le componenti della forza come:
(4.22) F
1
=
V
x
, F
2
=
V
y
, F
3
=
V
z
,
Per cui N
3
= (OP F)
3
= yF
1
xF
2
, volendo la forza esercitata dal pia-
neta sul satellite abbiamo bisogno di inserire F per il principio di azione e
reazione. Fissiamo ora le unit di misura in modo che G = 1 e m
p
= 1, cos
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 55
da avere:
F
1
=
m
S
x
r
3
+
1
r
5
(2I
1
x +I
2
x +I
3
x)
5x
2r
7

f
F
2
=
m
S
y
r
3
+
1
r
5
(I
1
y 2I
2
y +I
3
y)
5y
2r
7

f
F
3
=
m
S
z
r
3
+
1
r
5
(I
1
z +I
2
z 2I
3
z)
5z
2r
7

f
e dunque si ha che:
N
3
=yF
1
xF
2
=
3
r
5
(I
2
I
1
) xy
I
3
w
3
=
3
r
5
(I
2
I
1
) xy (w
3
=

(2))
I
3

=
3
r
5
(I
2
I
1
) xy
per concludere non resta che riscrivere il prodotto xy in termini dei para-
metri dorbita (g. 19), per cui:
_
x = r cos
y = r sin
e dunque + + f = e = + f, per cui riscriviamo lequazione
come:
(4.23)

+
3
2
I
2
I
1
I
3
_
a
r
_
3
sin(2 2f) = 0

O
P
x
y

f f

FIGURA 19. Problema Spin-Orbita


Osservazione 17. In questo caso si ha che p

=

e dunque possiamo scrivere
immediatamente lHamiltoniana del problema come:
(4.24) H(p

, , t) =
p
2

2

3
2
I
2
I
1
I
3
_
a
r(t)
_
3
cos(2 2f)
56 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
che quindi unhamiltoniana ad un grado e mezzo di libert ed vicina ad
un sistema quasi integrabile, ssato il parametro:
=
3
2
I
2
I
1
I
3
<< 1
se = 0 il sistema ovviamente integrabile.
Osservazione 18. Sia f(t) che r(t) dipendono parametricamente anche dal-
leccentricit dellorbita del pianeta.
Denizione 36. Si ha una risonanza spin-orbita di ordine p/q con p, q
Z

quando si ha che:
(4.25)
p
q
=
T
rivoluzione
T
rotazione
In particolare se p = q = 1 si parla di risonanza sincrona, ovvero T
riv
= T
rot
e dunque

=

l.
Osservazione 19. Se = f il satellite rivolge sempre la stessa faccia al piane-
ta, pi precisamente si ha che:
(4.26)

=
rot
=
2
T
rot
=
2
T
riv
=

l
5. TEORIA PERTURBATIVA
Supponiamo di avere unhamiltoniana della forma:
(5.1) H(I, ) = h(I) +f(I, ), I R
n
, T
n
, > 0
per > 0 questa rappresenta un sistema che non integrabile a causa della
perturbazione generata dalla funzione f e regolata dal parametro pertur-
bativo , se scriviamo le equazioni di Hamilton (eq. 1.9) abbiamo infatti
che:
(5.2)
_

I =
f

= (I) +
f
I
Da questa forma non possiamo ottenere pi altre informazioni, andiamo
alla ricerca quindi di una trasformazione canonica: (I, )
G
(I

) tale
che lhamiltoniana trasformata sia della forma:
(5.3) H

(I

) = H(I, ) (
1
(I

) = h

(I

) +
2
f

(I

)
per cui le equazioni di Hamilton divengono:
(5.4)
_

I

=
2 f

=
h

(I

)
I

+
2 f

abbiamo, ovviamente, ancora un sistema non integrabile in cui la parte


di perturbazione ridotta ad essere un termine dellordine di
2
, dunque
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 57
possiamo trascurare questa parte e approssimare lequazione di partenza
a:
(5.5)
_

I

= 0

=
h

(I

)
I

(I

)
che possiamo integrare come:
(5.6)
_
I

= I
0
+O(
2
)

0
+

(I

0
)t +O(
2
)
Possiamo pensare di iterare ancora il procedimento per ottenere riduzioni
ad ordine di superiore, ovviamente il procedimento non potr andare
avanti indenitamente, poich in tal caso, al limite, otterremo un sistema
integrabile da uno non integrabile tramite trasformazioni canoniche, che
assurdo. Dunque dobbiamo formulare delle ipotesi sotto cui possibile
effettuare il suddetto procedimento.
Teorema 11 (Teoria Perturbativa). Data lhamiltoniana:
(5.7) H(I, ) = h(I) +f(I, ), I R
n
, T
n
, > 0
con h (

(R
n
), f polinomio trigonometrico di ordine N:
(5.8) f(I, ) =

|k|<N
^
f
k
(I)e
ik
Dato I
0
tale che, detto (I) =
h
I
, si abbia:
(5.9) |(I
0
) k| > 0 k Z
n
\ {0} con |k| < N
che detta condizione di non risonanza, allora (I, )
G
(I

) trasforma-
zione canonica tale che:
(5.10) H

(I

) = H(I, ) (
1
(I

) = h

(I

) +
2
f

(I

)
dove h

(I

) = h(I

) +
^
f
0
(I

) e
(5.11)
^
f
0
(I

) =
1
(2)
n
_
T
n
f(I, )d
Dimostrazione. Costruiamo la trasformazione canonica, per farlo introdu-
ciamo la funzione generatrice F (def. 7) costruita a partire dalla funzione:
= (I

, ) come:
(5.12) F(I

, ) = I

+(I

, )
da cui otteniamo:
(5.13) (

:
_
I =
F

= I

=
F
I

= +

58 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI


per ottenere la trasformazione ( necessario invertire la prima delle due
equazioni. Per determinare la funzione , che determiner la funzione ge-
neratrice, imponiamo che lHamiltoniana trasformata sia della forma ri-
chiesta dal teorema, dunque:
h
_
I

_
+f
_
I

,
_
(SdT attorno = 0)
h(I

) +
h(I

)
I

+O(
2
) +f
_
I

,
_
=
_
Si decompone la f in media e parte oscillante: f(I, ) =
^
f
0
(I) +

f(I, )
_
= h(I

) +
h(I

)
I

+
^
f
0
(I

) +

f(I

, ) +O(
2
)
Imponiamo:
=
= h

(I

) +
2
f

(I

)
E dunque h

(I

) = h(I

) +
^
f
0
(I

) a patto che abbia soluzione lequazione:


(5.14)
_

_
h(I

)
I
. .
(I

+

f(I

, )
_

_
= 0
la cui unica incognita la funzione e quindi la trasformazione cercata.
Per risolvere lequazione sviluppiamo le funzioni in serie di Fourier:

f =

0<|k|N
^
f
k
(I)e
ik
(I

, ) =

kZ
n
^

k
(I)e
ik
(I

, )

kZ
n
^

k
(I)ike
ik
lequazione diventa quindi:
(5.15) i

kZ
n
k
^

k
(I)e
ik
=

0<|k|<N
^
f
k
(I)e
ik
e dunque ci si riduce a lavorare sui coefcienti per 0 < |k| N:
(5.16)
^

k
(I) =
1
i
^
f
k
(I

)
(I

) k
ovvero possiamo esprimere la funzione generatrice come:
(5.17) (I

, ) =

0<|k|N
1
i
^
f
k
(I

)
(I

) k
e
ik
Tutto questo ha senso se si ha |(I

) k| > 0 per 0 < |k| N, tuttavia


la condizione di non risonanza ci garantisce questa condizione solo per
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 59
I
0
, dunque per ottenerla non resta che applicare il teorema delle funzioni
implicite per cui:
> 0 t.c. I

(I
0
) : |(I

) k| > 0

Osservazione 20. Si osservi che la dimostrazione costruttiva, dunque per


lapplicazione ad un caso reale sufciente seguire i passi della dimostra-
zione.
Osservazione 21. Se si vuole che la f sia genericamente in (

, ovvero che sia


sviluppabile in serie di Fourier per N = +, necessario che la condizione
di non risonanza sia vericata per ogni intero e dunque deve essere un
irrazionale.
Vediamo nel caso del problema dei tre corpi ristretto piano e circolare in
variabili di Delaunay, ripartiamo dallhamiltoniana (eq. 3.4):
H(L
0
, G
0
, l
0
, g
0
) =

2
2L
2
0
+R(L
0
, G
0
, l
0
, g
0
)
dove g largomento del perielio, quello che vogliamo vericare, tramite
la teoria perturbativa, il fenomeno di precessione retrograda del perielio,
ovvero vericare che g < 0, dalle equazioni di Hamilton sappiamo che:
(5.18) g =
H
G
=

G
R(L, G, l, g) > 0
applichiamo la teoria perturbativa per ottenere:
(5.19) H

=

2L

+
^
R
0
(L, G) +O(
2
)
dunque si ha che:
(5.20)
_

=
H

= 0 +O(
2
)

=
H

= 0 +O(
2
)
g

=
H
G

=

^
R
0
G

(L

, G

)
. .
=C
= C
e dunque g(t) = g
0
+Ct.
5.1. Teorema della Media. Supponiamo di voler studiare la dinamica del
sistema su tempi brevi, ovvero su tempi per cui non vale la pena mettere in
moto la teoria perturbativa a termini elevati, partiamo quindi dalla solita
hamiltoniana quasi-integrabile:
(5.21) H(I, ) = h(I) +f(I, ), I R
n
, T
n
, > 0
60 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
per cui possiamo scrivere le equazioni di Hamilton:
_

I =
f

= F(I, ) F =
f

=
h(I)
I
+
f
I
(I, ) = (I) +G(I, ) G =
f
I
(I, )
Decomponiamo ora la F come:
(5.22) F(I, ) = F(I) +

F(I, )
dove F(I) rappresenta la media e

F(I, ) la parte oscillante della funzione
F. Per cui possiamo riscrivere le equazioni di Hamilton come:
(5.23)
_

I = F(I) +

F(I, )
= (I) +G(I, )
scegliamo ora di trascurare la parte oscillante della F, ovvero sostituiamo al
set precedente di equazioni di Hamilton la:
(5.24)
_

I = F(I)
= (I) +G(I, )
chiamiamo ora I = I

(t) la soluzione al tempo t della prima equazione


di 5.23 per le condizioni iniziali I

(0), J = J

(t) la soluzione della prima


equazione di 5.24 per J

(0) che scegliamo essere J

(0) = I

(0).
Ci domandiamo ora sotto quali condizioni vale:
(5.25) lim
0
|I

(t) J

(t)| = 0 t [0, 1/]


Vediamo per due casi particolari:
Proposizione 8. Si consideri lhamiltoniana:
(5.26) H(I, ) = I +f() ,= 0
dette I

(t) e J

(t) le soluzioni del sistema completo e del sistema mediato associati


per il dato iniziale I

(0) = J

(0) si ha che:
(5.27) lim
0
|I

(t) J

(t)| = 0 t [0, 1/]


Dimostrazione. Scriviamo i due sistemi, equazioni di Hamilton complete e
senza termine oscillante:
(S1)
_

I = F()
=
(S2)
_

J = F = C
=
in questo caso possiamo scrivere esplicitamente la soluzione del sistema
mediato (S2) infatti, integrando, si ha che:
(5.28) J

(t) = J

(0) +Ct = I

(0) +Ct
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 61
possiamo ora stimare la differenza come:
I

(t) J

(t) =I

(0) +
_
t
0

()d (I

(0) +Ct) =
=
_
t
0

F +Cd Ct =
=
_
t
0

F(())d +Ct Ct =
=
_
t
0

F((0) +)d =
=

_
(0)+t
(0)

F()d
Possiamo quindi maggiorare tutto come:
|I

(t) J

(t)| =

_
(0)+t
(0)
F()d

0
0 dove M = sup
t[0,1/]

_
(0)+t
(0)
F()d


Proposizione 9. Si consideri lhamiltoniana:
(5.29) H(I, ) = I +f() R
n
\ {0}, I R
n
, T
n
dette I

(t) e J

(t) le soluzioni del sistema completo e del sistema mediato associati


per il dato iniziale I

(0) = J

(0), detti / = Z
n
\ {0} e /
0
= {k /| k = 0} si
ha che:
(5.30) lim
0
|I

(t) J

(t)| = 0 t [0, 1/]


se /
0
= .
Dimostrazione. Ripartiamo dalle due coppie di equazioni di Hamilton:
(T1)
_

I =
f

= F()
=
(T2)
_

I = F() = c +

F c
=
Dove abbiamo posto F =
f

e abbiamo separato F nella media F = c


e nella parte oscillante

F che abbiamo trascurato, per effettuare la stima
della differenza ripartiamo dal sistema (T2) completo di parte oscillante e
consideriamo lo sviluppo in Serie di Fourier del termine oscillante:

I = c +

F

I = c +

kK
^
F
k
e
ik
= (t) = (0) +t
62 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
E dunque possiamo riscrivere la prima equazione come:

I =c +

kK
^
F
k
e
ik(0)
e
ikt
=
=c +

kK
0
^
F
k
e
ik(0)
+

kK\K
0
^
F
k
e
ik(0)
e
ikt
Quindi la differenza I

(t) I

(0) si pu esprimere come:


I

(t) I

(0) =ct +t

kK
0
^
F
k
e
ik(0)
+

kK\K
0
^
F
k
e
ik(0)
_
e
ikt
1
_
ik
Anche in questo caso possiamo integrare il sistema (T2) esplicitamente dun-
que:
J

(t) = J

(0) +ct = I

(0) +ct
e possiamo dunque stimare la differenza come:
I

(t) J

(t) =I

(t) I

(0) (J

(t) I

(0)) =
=t

kK
0
^
F
k
e
ik(0)
+

kK\K
0
^
F
k
e
ik(0)
_
e
ikt
1
_
ik
=
K
0
=
=

kK\K
0
^
F
k
e
ik(0)
_
e
ikt
1
_
ik
=
= S
e dunque:
|I

(t) J

(t)| |S| = M
0
0

Osservazione 22. Il termine:


t

kK
0
^
F
k
e
ik(0)
detto termine secolare e diverge per t +, dunque se ci si trova in
condizioni per cui lespansione in serie della parte oscillante ha coefcienti
risonanti con la frequenza del sistema non ci sono speranze di ottenere un
risultato di tipo teorema della media.
5.2. Condizioni di Risonanza. Facciamo ora un cenno al caso in cui si
verichi la presenza di elementi risonanti negli sviluppi in serie, ovvero
supponiamo che:
(5.31) /
0
= {k Z
n
\ {0} | k = 0} ,=
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 63
come abbiamo osservato, in questo caso, non possiamo pretendere di ot-
tenere risultati forti come una teoria perturbativa completa o un teore-
ma della media, riduciamo quindi le aspettative e separiamo la funzione
perturbatrice in:
f(I, ) =
^
f
0
+f
ris
(I, )f
non
ris
(I, )
ovvero in media,
^
f
0
, parte risonante, f
ris
(I, ) e nella parte non risonante,
f
non
ris
(I, ).
Cerchiamo quindi una trasformazione canonica di coordinate tale che:
h(I) +f(I, )

h

(I

) +f
ris
(I

) +
2
f
non
ris
(I, )
ovvero abbiamo mantenuto la non integrabilit della parte risonante, ma
abbiamo potuto scartare le frequenze non risonanti. Osserviamo ora ora
che:

= +

= +O()
e dunque:
d
dt
(K

) =
d
dt
(k ) +O() = k +O() =
=k (I) +O() = 0 +O()
Abbiamo quindi osservato che K

varia lentamente, possiamo quindi


ridurci, almeno su scale di tempi brevi, solamente alle variabili che variano
velocemente trascurando leffetto di questi termini.
6. TEORIA KAM
Teorema 12 (KAM). Sia H(y, x) una hamiltoniana quasi-integrabile:
(6.1) H(y, x) = h(y) +f(y, x), y R
n
, x T
n
ssato un y
0
R
n
chiamiamo la frequenza del moto in quel punto
0
, ovvero:
(6.2)
0
=
h(y)
y

y=y
0
Assumiamo inoltre che:
(1) h, f sono funzioni analitiche in un intorno di y
0
: V
y
0
T
n
.
(2)
0
soddisfa alla condizione diofantina forte:
(6.3) C > 0, R : |
0
m|
1
C|m|

m Z
n
\ {0}
(3) Si ha che y V
y
0
:
(6.4)

2
h(y)
y
2
,= 0
Allora esiste
KAM
tale che
KAM
esiste una supercie invariante T

(
0
) per
il sistema imperturbato sulla quale si svolge un moto quasi periodico con la stessa
frequenza del caso integrabile, ovvero con frequenza
0
.
64 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Osservazione 23. La condizione diofantina forte (eq. 6.3) sicuramente ve-
ricata dai numeri irrazionali-nobili per il Teorema di Liouville, ovvero dai
numeri la cui espansione in frazione continua denitivamente formata da
1, pi precisamente:
Denizione 37 (Numero Nobile). Si chiamano nobili gli
0
R \ Q tali che
M > 0 per cui risulta:
(6.5)
0
= [a
0
, a
1
, . . . , a
M
, 1, 1, . . .] = [a
0
, a
1
, . . . , a
M
, 1

]
Teorema 13 (Liouville). I numeri nobili
0
soddisfano la condizione:
(6.6) p, q :, C > 0 :

0

p
q

1
C|q|
2
con C minimale.
Osservazione 24. Ricordiamo che = (y) =
h(y)
y
e dunque per lipotesi
(3) del teorema si ha che:
0 ,=

2
h(y)
y
2
=
(y)
y
e dunque le frequenze devono variare con il variare delle azioni. Questo
implica, ad esempio, che la teoria non applicabile al caso delloscillatore
armonico, infatti lhamiltoniana di quel sistema data da:
H = y +f(y, x)
h(y)
y
= 0
dunque non posso trattarlo con il teorema KAM qui formulato.
Proviamo ad applicare il Teorema KAM al caso dellhamiltoniana spin-
orbita (eq. 4.24) che riscriviamo con la nuova notazione come:
(6.7) H(y, x, t) =
y
2
2
+f(x, t)
Osserviamo subito che questa una hamiltoniana ad un grado e mezzo
di libert, quindi dobbiamo denire la frequenza
0
in modo opportuno,
ovvero sappiamo che le frequenze del moto saranno in generale del tipo
= (
0
, 1) dove stiamo usando la convenzione:
_
_
_
x = y
y = f
x
(x, t)

t = 1
deniamo ora la supercie, che mostreremo essere quella invariante, come:
Denizione 38. Un toro KAM per lhamiltoniana spin-orbita (eq. 6.7) con
frequenza una supercie bidimensionale descritta parametricamente
da:
(6.8) x = +u(, t) (, t) T
2
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 65
con u tale che: 1 +
u

,= 0 (, t) T
2
e tale che () lineare, ovvero il
usso tale che

= .
Osservazione 25. La condizione 1 +
u

,= 0 (, t) T
2
serve a garantire che
x = +u(, t) sia un diffeomorsmo, inoltre vogliamo che il usso vari in
maniera lineare lungo la supercie.
Ripartiamo ora dallequazione differenziale associata al problema Spin-
Orbita:
(6.9) x +f
x
(x, t) = 0
Vogliamo inserire al suo interno la parametrizzazione della supercie per
determinare la funzione u, quindi calcoliamo preliminarmente:
(6.10) x =

+
u

+
u
t
= +
u

+
u
t
introduciamo quindi loperatore alle derivate parziali:
(6.11) D

+

t
identicheremo in seguito D

= D per non appesantire la notazione, per


cui riscriviamo:
(6.12) x = +D

u(, t) x = D
2

u(, t)
per cui lequazione del problema spin-orbita, valutata sul toro, diventa:
(6.13) D
2
u(, t) +f
x
( +u(, t), t) = 0
Sia ora v una soluzione approssimata dellequazione precedente con errore
= (, t), ovvero abbiamo una funzione v tale che:
(6.14) D
2
v(, t) +f
x
( +v(, t), t) = (, t) =
Per ottenere tale soluzione approssimata ci basta osservare che u(, t) di-
pende in modo analitico da dunque possiamo scrivere:
(6.15) u(, t, ) =

k1
u
k
(, t)
k
e prendere come approssimazione v una sua troncata al termine N > 0,
ovvero:
(6.16) v = u
(N)
=
N

k=1
u
k
(, t)
k
con un errore dellordine O
_

N+1
_
, dunque ci si riduce a calcolare:
(6.17)
N

k=1
u
k
(, t)
k
+f
x
_
+
N

k=1
u
k
(, t)
k
, t
_
=
(N)
66 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
per cui si ha che:
k = 1 f
x
_
+

u
k
(, t)
k
, t
_
f
x
(, t) D
2
u
1
+f
x
(, t) = 0
k = 2
.
.
. D
2
u
2

2
+
2
f
xx
(, t)u
1
= 0
.
.
.
.
.
.
.
.
.
e risolvendo per ogni k = 1, . . . , N si ha che:
u
1
=D
2
[f
x
(, t)]
u
2
=D
2
[f
xx
(, t)u
1
]
u
3
=D
2
_
f
xxx
u
2
1
+f
xx
u
2
_
ottenuta lapprossimazione iniziale vogliamo costruire una soluzione nuo-
va v

con un errore

tale che |

| = O(||
2
), ovvero cerchiamo:
D
2
v

(, t) +f
x
( +v

, t) =

e quindi iterare il procedimento per ottenere una successione di soluzioni


approssimate ed errori {v
j
,
j
}
j1
tale che:
(6.18) D
2
v
j
+f
x
( +v
j
, t) =
j
dove |
j
| = O(|
j1
|
2
) = O(||
2
j
)
in modo che 1 +
v
j

,= 0 e lim
j+
|
j
| = 0.
Dobbiamo ora giusticare quanto abbiamo detto, per farlo abbiamo bi-
sogno di introdurre il dominio complesso:
(6.19)
,
=
_
(, t, ) C
3
: | Im| , | Imt| , ||
_
se estendiamo la norma del sup di (

alla compatticazione possiamo,


ssata una funzione g = g(, t, ) :
,
C dare la maggiorazione:
(6.20)
|g|
,
=

,
|g(, t, )|
sup
(k
1
,k
2
)Z
2
sup
||<
|^ g
k
1
,k
2
()|e
(|k
1
|+|k
2
|)
Possiamo ora formulare il lemma necessario a giusticare il passaggio da
una soluzione approssimata alla soluzione approssimata successiva:
Lemma 2 (Approssimazioni Successive). Sia z una soluzione di:
(6.21) D(/
2
Dz) = / dove /= 1 +
v

= 1 +v

Sia w = /z e v

= v +w allora v

soddisfa:
(6.22) D
2
v

(, t) +f
x
( +v

(, t), t) = (, t) =
con

z +q
1
dove:
(6.23) q
1
= f
x
( +v +w, t) f
x
( +v, t) f
xx
( +v, t)w
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 67
Osservazione 26. Osserviamo, prima ancora di dimostrare il lemma, che
questo va nella direzione voluta infatti

= O(
2
) poich

z e sia

sia z sono ordine di . Daltra parte q


1
espansione in serie di Taylor
rispetto a w allordine w
2
e w ordine di .
Dimostrazione. Partiamo dallapprossimazione che abbiamo gi, cio da:
(6.24) D
2
v +f
x
( +v, t) =
osserviamo che:
(6.25) D
2
v

. .
D
2
M
+ f
xx
( +v, t)
. .
fx

=
fx
x
x

/=

e dunque D
2
v

+/
2
=

, mentre si ha che:
D
2
v

+f
x
( +v

, t) =

z +q
1
v

= v +w = v +/z
D
2
v +D
2
(/z) +f
x
( +v, t) +f
xx
/z =

z
ovvero:
D
2
v +D
2
(/z) +f
x
( +v, t) +f
xx
/z =

z
D
2
/+f
x
x/=

con D(/z) = D/z +/Dz e quindi:


D
2
(/z) = D
2
/z +D/Dz +D/Dz +/D
2
z
e allora D
2
(/z) D
2
/z = 2D/Dz +/D
2
z e quindi:
(6.26) D
2
/z +f
xx
/z +f
xx
/z =
0
z D
2
(/z) + = D
2
/ z
ovvero D
2
(/z) D
2
/ z = , moltiplicando per /ambo i membri si
ottiene che:
(6.27) 2/D/Dz +/
2
D
2
z = /z D(/
2
Dz) = /

Dobbiamo ora stimare la norma dellerrore:


|

|
,
= |

z +q
1
| C||
2
,
ma /
2
Dz = D
1
(/)+C
0
e quindi invertendo loperatore /
2
si ha che:
Dz = /
2
D
1
(/) +/
2
C
0
z = D
1
_
/
2
D
1
(/) /
2
C
0
_
+C
1
Ed ora deve intervenire la condizione diofantina, infatti nellinversione
delloperatore D si ha che se Dg = G con:
(6.28) g =

(k
1
,k
2
)Z
2
^ g
k
1
,k
2
e
i(k
1
+k
2
t)
, G =

(k
1
,k
2
)Z
2
^
G
k
1
,k
2
e
i(k
1
+k
2
t)
68 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
Dunque si ha che:
(6.29) Dg =

(k
1
,k
2
)Z
2
i(k
1
+k
2
)^ g
(k
1
,k
2
)
e
i(k
1
+k
2
t)
= G
Dunque si ha che:
(6.30) ^ g
k
1
,k
2
=
^
G
k
1
,k
2
i(k
1
+k
2
)
ovvero:
(6.31) g = D
1
G =

(k
1
,k
2
)Z
2
\{0}
^
G
k
1
,k
2
i(k
1
+k
2
)
e
i(k
1
+k
2
t)
si deve quindi avere che < G >=
^
G
0
= 0.
Per concludere non ci resta che dare una maggiorazione per la norma
della funzione g:
Lemma 3. Se g = g(, t, ) (

(
,
) 0 < allora:
(6.32) |g

|
,
|g|
,

1
Ad ogni passo restringiamo quindi il dominio di un fattore , ovvero
restringiamo lo spazio di Banach ad ogni passo. Il limite nale denito su
uno spazio di Banach che sar non nullo a patto che
j
=

0
2
j+2
per cui si ha
che:
(6.33)
+

j=0

j
=

0
2
> 0
avendo ssato un
0
(1, ].
Per quello che riguarda il nostro caso non dobbiamo fare altro che stima-
re |v
0
|
,
restringendo il dominio in maniera opportuna, in modo che la u
che denisce il toro KAM sia denita sullo spazio pi piccolo. Per ssare
quindi il
0
basta sfruttare lanaliticit di f per scegliere
0
= .
7. TEORIA DELLA REGOLARIZZAZIONE (CENNI)
Vogliamo trattare il caso di collisioni di due corpi sotto la legge di New-
ton, ovvero capire cosa avviene quando d 0 e lequazione diventa singo-
lare.
In questo caso sappiamo che lhamiltoniana del sistema :
H(p
1
, p
2
, q
1
, q
2
) =
p
2
1
+p
2
2
2

1
(q
2
1
+q
2
2
)
1/2
avendo rinormalizzato le unit di misura in modo che sia G = 1 e m
1
= 1.
Costruiamo ora una trasformazione canonica di coordinate T:
_
p
1
, q
1
p
2
, q
2

_
P
1
, Q
1
P
2
, Q
2
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 69
Per farlo costruiamo la funzione generatrice W(p
1
, p
2
, Q
1
, Q
2
) in modo che
sia lineare nei momenti e dunque sia:
(7.1) W = p
1
f(Q
1
, Q
2
) +p
2
g(Q
1
, Q
2
)
Denizione 39 (Levi-Civita). Chiamiamo trasformazione di Levi-Civita la
trasformazione (T) ottenuta scegliendo W denita in modo tale che:
(7.2)
f(Q
1
, Q
2
) ig(Q
1
, Q
2
) =(Q
1
+iQ
2
)
2
=
=Q
2
1
Q
2
2
+i(2Q
1
Q
2
)
e dunque f(Q
1
, Q
2
) = Q
2
1
Q
2
2
, g(Q
1
, Q
2
) = 2Q
1
Q
2
.
Osservazione 27. Sostanzialmente stiamo passando al quadrato delle coor-
dinate nel piano complesso.
In questo modo la trasformazione diventa:
_

_
q
1
=
W
p
1
= f = Q
2
1
Q
2
2
q
2
=
W
p
2
= g = 2Q
1
Q
2
P
1
=
W
Q
1
= 2(p
1
Q
1
+p
2
Q
2
)
P
2
=
W
Q
2
= 2(p
2
Q
2
p
1
Q
2
)
Chiamiamo quindi (q
1
, q
2
) piano sico e (Q
1
, Q
2
) piano parametrico.
Osservazione 28. Le trasformazioni di Levi-Civita non fanno altro che rad-
doppiare gli angoli allorigine, infatti q
1
+ iq
2
= (Q
1
+ iQ
2
)
2
, ed quindi
una trasformazione conforme:
_
q
1
=

cos
q
2
=

sin
_
Q
1
=

cos
Q
2
=

sin
per cui si ha che:

[cos +i sin] =(cos +i sin)


2
= e
2i
dunque si ha che = 2, ovvero una rivoluzione nel piano sico e mezza
rivoluzione in .
Osservazione 29. Vediamo cosa accade per le variabili di azione, per cui:
P = 2A
t
0
p, P = (P
1
, P
2
), p = (p
1
, p
2
), A
0
=
_
Q
1
Q
2
Q
2
Q
1
_
da cui, posto D = 4(Q
2
1
+Q
2
2
), si ha che:
(7.3) P
2
1
+P
2
2
= 4(Q
2
1
+Q
2
2
)(p
2
1
+p
2
2
) = D(p
2
1
+p
2
2
)
Possiamo quindi esprimere lhamiltoniana trasformata come:
(7.4)

H =
1
2D
(p
2
1
+p
2
2
)
1
(f(Q
1
, Q
2
)
2
+g(Q
1
, Q
2
)
2
)
1/2
=
=
1
2D
(p
2
1
+p
2
2
)
1
[(Q
1
Q
2
)
2
+ (2Q
1
Q
2
)
2
]
1/2
70 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
che ancora singolare per Q
1
= Q
2
.
Passiamo alla strategia successiva ed introduciamo lo spazio delle fasi
esteso, ovvero consideriamo lhamiltoniana:
(7.5) H
ext
=

H(P, Q, t) +T
in modo che le equazioni di Hamilton del sistema diventino:
(7.6)
_

Q
1
= P
1

Q
2
= P
2

P
1
=


H
Q
1
=
1
2D
2
(P
2
1
+P
2
2
)
D
Q
1

1
2(f
2
+g
2
)
3/2
(f
2
+g
2
)
Q
1

P
2
=


H
Q
2
=
1
2D
2
(P
2
1
+P
2
2
)
D
Q
2

1
2(f
2
+g
2
)
3/2
(f
2
+g
2
)
Q
2

T =
Hext
t

t =
Hext
T
= 1
nel caso dei due corpi questo inessenziale, poich lhamiltoniana non di-
pende dal tempo, ai ni dellestensione al caso dei tre corpi tuttavia un
passaggio essenziale.
Proposizione 10. Sia T(0) =

H(P(0), Q(0), 0) allora lungo ogni soluzione si
ha che:
(7.7) T(t) =

H(t) t
ovvero H
ext
(t) = 0 lungo ogni soluzione.
Dimostrazione. Dimostriamo prima che, lungo le traiettorie:


H
t
=
d

H
dt
, infatti:
d

H
dt
=


H
t
+
2

j=1
_


H
P
j
P
j
dt
+


H
Q
j
Q
j
dt
_
=
=


H
t
+
2

j=1
_


H
P
j


H
dQ
j
+


H
Q
j


H
j
dP
j
_
=
=


H
t
dove si sono usate le equazioni di Hamilton per riscrivere la parte allinter-
no della sommatoria, e dunque:
dT
dt
=
H
ext
t
=


H
t
=
d

H
dt

d
dt
_
T +

H
_
= 0
da cui ricaviamo che:
T(t) =T(0) +
_
t
0
dT()
d
d = T(0)
_
t
0
d

H()
d
d =
=

H(0)
_
t
0
d

H()
d
d =

H(t)
E quindi

H(t) +T(t) = 0 = H
ext
(T) t lungo le traiettorie.
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 71
Introduciamo ora un tempo ttizio s collegato al tempo t in modo che:
(7.8) dt = D(Q
1
, Q
2
)ds
d
dt
=
1
D
d
ds
come abbiamo gi osservato, alla collisione D = 0 e dunque il tempo ttizio
diverge. Riscriviamo lhamiltoniana per questo cambio di tempo:

Q =
H
ext
P
=
dQ
dt
=
dQ
ds
ds
dt
=
1
D
dQ
ds
e quindi si ha che, detta H

ext
= DH
ext
:
dQ
ds
= D
H
ext
P
=
(DH
ext
)
P
=
H

ext
P
Similmente per laltra variabile si osserva che:

P =
H
ext
Q
=
dP
dt
=
dP
ds
ds
dt
=
1
D
dP
ds

dP
ds
= D
H
ext
Q
procedendo in maniera analoga vogliamo quindi calcolare:
H

ext
Q
=

Q
(DH
ext
) =
D
Q
H
ext
+D
H
ext
Q
=
(prop. 10)
= D
H
ext
Q

dP
ds
=
H

ext
Q
ovvero abbiamo sfruttato che H
ext
nulla lungo le traiettorie, per cui abbia-
mo che:
(7.9) H

ext
=DH
ext
= D

H+DT =
P
2
1
+P
2
2
2

D
(f
2
+g
2
)
1/2
+DT
Con le equazioni di Hamilton associate:
(7.10)
_

_
dQ
ds
=
H

ext
P
dP
ds
=
H

ext
Q
dt
ds
= D
dT
ds
= 0
Che possiamo integrare, infatti si ha che:
dQ
ds
=
H

ext
P
= P
mentre
dP
ds
=
H

ext
Q
=

Q
_

D
_
f
2
+g
2
. .
=4
+DT
_

_
= T
D
Q
= 8TQ
Ovvero:
_
dQ
ds
= P
dP
ds
= 8TQ

d
2
Q
ds
2
= 8TQ
72 FABIO DURASTANTE, ANTONELLO CIRULLI
E quindi la soluzione, componente per componente, della forma:
(7.11) Q
j
(s) = Acos(

8Ts +B), T =

H > 0
infatti per il problema dei due corpi le soluzioni periodiche sono quelle per
cui si ha

H < 0.
Osservazione 30. Nel caso del problema dei tre corpi circolare piano e ri-
stretto, nel sistema sinodico rotante si ha che lHamiltoniana :
(7.12) H(p
1
, p
2
, q
1
, q
2
) =
p
2
1
+p
2
2
2
+q
2
p
1
p
2
q
1
V(q
1
, q
2
)
dove il potenziale :
(7.13) V(q
1
, q
2
) =

1
r
1
+

3
r
3
=

1
_
(q
1
+
3
)
2
+q
2
2
+

3
_
(q
1

3
)
2
q
2
2
(Nel caso ellittico compare anche il tempo sotto le spoglie dellanomalia
media), per cui, volendo regolarizzare collisioni con il corpo di massa
1
la
trasformazione di Levi-Civita individuata da:
(7.14) f(Q
1
, Q
2
) = Q
2
1
Q
2
2

3
, g(Q
1
, Q
2
) = 2Q
1
Q
2
mentre per regolarizzare urti con il corpo di massa
3
la trasformazione
individuata da:
(7.15) f(Q
1
, Q
2
) = Q
2
1
Q
2
2
+
1
, g(Q
1
, Q
2
) = 2Q
1
Q
2
Per cui detto D = 4(Q
2
1
+Q
2
2
) si procede costruire lhamiltoniana

H come:
p
2
1
+p
2
2
=
1
D
(P
2
1
+P
2
2
)
q
2
p
1
p
2
q
1
=
1
2D
_
P
1

Q
2
(f
2
+g
2
) P
2

Q
1
(f
2
+g
2
)
_

V(Q
1
, Q
2
) =V(f(Q
1
, Q
2
), g(Q
1
, Q
2
))
per cui si passa allo spazio delle fasi esteso costruendo lhamiltoniana H
ext
=

H+T, si introduce il tempo ttizio per cui dt = Dds e sfruttando lintegrale


primo di Jacobi C
j
si ottiene lequazione differenziale regolare voluta.
ELENCO DELLE FIGURE
1 Coordinate Sferiche 4
2 Punto Omoclino 12
3 Punto Eteroclino 13
4 Standard Map = 0 16
5 Standard Map > 0 17
6 Proposizione 5 19
7 Teorema 4 21
APPUNTI DI MECCANICA CELESTE 73
8 Problema dei due corpi, orbita ellittica 24
9 Massa di un pianeta. 25
10 Anomalia Eccentrica 27
11 Inversione numerica dellequazione di Keplero 30
12 Determinazione estremi raggio vettore 34
13 Sistema Sinodico Rotante 39
14 Punti Lagrangiani e Sfera di Hill 41
15 Punti Lagrangiani 44
16 Ellissoide 48
17 Angoli di Eulero 49
18 Triangolo Sferico - Spin-Orbita 52
19 Problema Spin-Orbita 55
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
[Celletti(2010)] A. Celletti. Stability and Chaos in Celestial Mechanics. Springer Praxis Books.
Springer, 2010. ISBN 9783540851462. URL http://books.google.it/books?id=
gcU5Fj9uy7IC.
[Colwell(1992)] Peter Colwell. Bessel functions and keplers equation. The American Ma-
thematical Monthly, 99(1):pp. 4548, 1992. ISSN 00029890. URL http://www.jstor.
org/stable/2324547.
[Cornish(1998)] Neil J. Cornish. The lagrange points, 1998. URL http://wmap.gsfc.
nasa.gov/media/ContentMedia/lagrange.pdf.
[Lagrange(1772)] Joseph-Louis Lagrange. Essai sur le problme des trois corps, 1772. URL
http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k229225j/f231.image.
URL: http://www.cirdan.it

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