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Universit Vita-Salute San Raffaele

Corso di Laurea magistrale in Scienze filosofiche


Storia moderna e contemporanea - parte monografica
Elaborato di Ilaria Cozzaglio
Il problema del falso nella storia del Novecento
Smascherare il vero
Una delle cause principali attribuibili al carattere curiosamente ordinario della maggior parte
della letteratura contemporanea indubbiamente la decadenza della Menzogna come arte, come
scienza e come piacere sociale. Gli storici antichi ci diedero divertenti invenzioni in forma di fatto
scriveva nel 1889 Oscar Wilde (1854-1900), La decadenza della menzogna, saggio apparso sulla
rivista The Nineteenth Century: una denuncia della modernit, dellincapacit di creare prodotti
artistici, e allo stesso tempo un elogio dellarte di inventare oltre gli schemi della logica e della
realt. Si penser che il falso di cui qui si vuol trattare altra cosa rispetto al falso che ama Wilde;
eppure, un ulteriore tassello render il quadro pi chiaro. Una delle grandi figure del Novecento
indubbiamente Karl Popper (1902-1994), filosofo della scienza e epistemologo, oltre che filosofo
politico. Nel suo saggio Sulla logica delle scienze sociali (1972) si legge: Chiamiamo vera
un'asserzione se essa coincide con i fatti o corrisponde ai fatti o se le cose sono tali quali
l'asserzione le presenta; e il concetto cosiddetto assoluto o oggettivo della verit, che ognuno di noi
continuamente usa. Uno dei pi importanti risultati della logica moderna consiste nell'aver
riabilitato con pieno successo questo concetto assoluto di verit.
Le due citazioni riportate spingono a pensare che, preliminare a qualsiasi discussione sul
problema del falso nel Novecento, sia la necessit di stabilire - almeno in forma minimale (e
inevitabilmente superficiale) - cosa si intenda per falso e cosa per storia. Non secondario
sarebbe definire anche Novecento, poich qui il problema non viene semplicemente limitato
temporalmente, ma soprattutto concettualmente e culturalmente. Basti pensare, a proposito, che era
prassi diffusa nel mondo antico che un allievo appartenente ad una Scuola firmasse i propri scritti
col nome del fondatore della Scuola stessa, in modo che i suoi lavori restassero nel tracciato del
maestro. Oggi lindividualismo moderno non concepirebbe pi un comportamento simile, anzi la
atomizzazione del soggetto forza proprio lesasperazione del tentativo di differenziarsi.
Chi scrive consapevole che una ricerca seria su cosa siano il falso, la storia e il Novecento non si
possa limitare a queste poche pagine; ma darne una definizione comune, ancorch elementare,
serve per mostrare quale sia la strada che si intende intraprendere.
La storia cui qui si accenna deve intendersi come storiografia, ossia come linsieme delle
interpretazioni, narrazioni e trasmissioni di tutti quei fatti che, nel loro complesso, costituiscono il
contenuto della storia.
Laggettivo falso, invece, pu essere riferito sia a un fatto che a un racconto: se falso di un
fatto, allora si intende che quel fatto non mai avvenuto; se di un racconto, allora quel narrare
descrive un fatto che non avvenuto, o che avvenuto in maniera diversa (quindi, rigorosamente, il
fatto raccontato non avvenuto, perch ne avvenuto un altro simile ma non uguale a quello
narrato). Come si nota da queste scarne definizioni - utili solo a intendersi sul significato letterale
delle parole che si stanno usando - il falso dipende in ogni caso dal racconto. Ma falso si pu
applicare anche ad un oggetto, e qui non pi questione di esistenza o inesistenza, perch loggetto
esiste ma non originale: copiato, contraffatto, attribuito falsamente a un autore. Eppure, anche
qui lo stesso: il falso appare dal racconto ed il racconto verosimile o falso legato a quelloggetto
che ne decreta verit o falsit.
Con laiuto di alcuni esempi sar pi facile contestualizzare il discorso. Un fatto falso, ossia
non mai avvenuto: Benito Mussolini non ha mai scritto dei veri e propri diari, agende giornaliere
che vanno dal 1935 al 1939. Narrazione falsa: si attribuita per secoli a Demostene anche la
seconda Filippica, scritta invece da Anassimene; in questo caso il fatto (esistenza di unopera
storica su Filippo di Macedonia e del discorsi di Demostene per la dichiarazione di guerra contro lo
stesso) vero; non solo, le parole sono quelle di Demostene, ma Anassimene usando pezzi e frasi
degli altri discorsi, tutti violentissimi contro Filippo
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, ha cambiato la disposizione di frasi e
paragrafi, ricreando un nuovo testo. Oggetto falso: i gi citati diari di Mussolini, nientaltro che il
prodotto di un folle e curato progetto di due signore vercellesi.
Eppure fermarsi a queste distinzioni significherebbe accontentarsi: basta cambiare la specificazione
del fatto perch il caso rientri in una falsit di racconto, o di oggetto. Per esempio, il caso di
Anassimene e Demostene si portato come esempio di una narrazione falsa. Ma che dire se
avessimo parlato del fatto che Demostene ha scritto una seconda Filippica? Questo gioco di
scambi di ruoli serve a mostrare come sia difficile non solo dire falso, ma anche confinare la sua
applicazione ad una parte precisa del discorso. Questa elusivit, probabilmente, stata la salvezza
di artisti come Wilde, ma anche di contraffattori e difensori dei contraffattori. La vischiosit del
concetto di falso, per esempio, ha permesso il pullulare delle ipotesi sui falsi diari di Mussolini,
nonch la reiterazione (o il suo tentativo) del reato delle Panvini.
Ma c un ulteriore problema che rende il falso difficilmente afferrabile: il fatto che qualsiasi
falso, di qualsiasi tipo lo si voglia intendere, produce effetti veri (che sono fatti, anchessi!). Si pensi
al pi eclatante degli esempi storici, la falsa Donazione di Costantino, che tuttavia permise
realmente di giustificare il potere temporale della Chiesa per tutto il Medioevo. Ma anche ai gi
citati diari di Mussolini, che scatenarono un fenomeno sociale e mediatico e, chiss, magari anche
lispirazione per qualche altro falsario che verr scoperto nei prossimi secoli.
Un altro esempio ci offerto da Miguel Gotor, che nel 2008, per Einaudi, cura le Lettere dalla
prigionia di Aldo Moro. In particolare, il fatto che la Dc e la societ italiana nel suo complesso
abbiano considerato le lettere di Moro come non autentiche, cio scritte sotto dettatura dei rapitori,
ha spesso cambiato le strategie dello Stato o, quantomeno, reso pi scivolosa la situazione. Un altro
aspetto importante della riflessione di Gotor, che aggiunge un tassello al tentativo di smascherare
i veri-falsi
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, limportanza dellintenzione di chi non dichiara il vero. Anche Canfora, del resto,
spiega che nel districare lardua matassa del vero e del falso la difficolt consiste soprattutto nella
risoluzione del quesito intorno allobiettivo perseguito dal falsario
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. In continuit con questa idea
il suggerimento di Marc Bloch di non trattare lerrore come corpo estraneo, piuttosto di capire le
origini del suo realizzarsi
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. Nel caso della divulgazione delle lettere di Moro non si tratta
esattamente di un falso, ma di una sorta di falsa promessa stipulata tra il segretario della Dc e i
suoi rapitori. La promessa consisteva nel tenere segrete le lettere, e di recapitarle esclusivamente ai
destinatari. Del resto, solo sulla fiducia in questa promessa avrebbe avuto senso, per Moro, scrivere
1 L. Canfora, La storia falsa, Bur, Milano 2010, p. 17.
2 Commentando la vicenda di Anassimene e Demostene, Luciano Canfora parla della Filippica come un
falso e vero insieme, a dimostrazione, ancora una volta, della difcolt di scindere il vero dal falso. A
riguardo si veda L. Canfora, La storia falsa, cit., p. 17.
3 L. Canfora, La storia falsa, cit., p. 24. Diferente secondo Marc Bloch lorigine del falso: non si tratterebbe
di una creazione usata come strumento per la realizzazione di un certo efetto - storico o politico che sia - ma
il risultato di un processo piuttosto inintenzionale: Una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni
collettive che preesistono alla sua nascita [...] La falsa notizia lo specchio in cui la coscienza collettiva
contempla i propri lineamenti [...] Non si sottolineer mai abbastanza fno a che punto lemozione e la fatica
distruggono il senso critico (M. Bloch, La guerra e le false notizie, Donzelli Editore, Roma 1994).
4 Lerrore non soltanto un corpo estraneo che egli [lo storico] si sforza di eliminare con tutta la precisione
dei suoi strumenti; lo considera anche come un oggetto di studio su cui si china quando cerca di
comprendere la concatenazione delle azioni umane, M. Bloch, La guerra e le false notizie, cit., p. 80.
quelle parole: chiedeva alla Dc di assecondare lo scambio di prigionieri proposto dalle Br ,
proponeva lintervento della Santa Sede per convincere i rapitori a rilasciarlo, dava sfogo ai suoi
stati danimo politici e personali. Ma le Br capirono che diffondere quelle lettere avrebbe inasprito i
dissidi interni al governo e concentrato la vicenda su uno scontro ideologico di pi vasta portata:
violarono la promessa, e ottennero proprio leffetto contrario rispetto a quello che Moro sperava di
indurre tramite le sue lettere.
In effetti, purtroppo o per fortuna, c un aspetto del falso che sembra avere effetti non solo veri,
ma anche utili. Quando Canfora, nel suo libro La storia falsa, parla del testamento di Deng
Xiaoping - in cui si leggeva C una sola cosa in tutta la mia vita per la quale provo tristezza. Sono
i fatti del [giugno] 1989. Ho meditato a lungo su di essi, e sono giunto a una decisione. Chiedo che
dopo la mia morte sia reso pubblico il mio rincrescimento e che si porgano le mie scuse alle vittime
e a tutto il popolo
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- sottolinea come il testamento sia servito da strumento per garantire quella
continuit politica che lURSS, invece, non era riuscita a realizzare: Se vero che la capacit di
salvaguardare la continuit uno dei segreti per la conservazione del potere [...], si pu dire che la
Cina moderna ha fatto tesoro di tale precetto
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. Losservazione di Canfora non solo mette in luce
come il falso crei effetti veri, ma come questi abbiano un valore anche politico, sottolineando,
seppur tra le righe, che il mantenimento del potere nella storia abbia spesso avuto bisogno di un
qualche tipo di falso. Si pensi, per esempio, alla definizione che Gaetano Mosca (1858-1941) dava
di formula politica, cio la constatazione che in tutti i paesi arrivati ad un grado anche mediocre
di cultura la classe politica giustifica il suo potere appoggiandolo ad una credenza o ad un
sentimento in quellepoca ed in quel popolo generalmente accettati [...] la sue utilit riesce
innegabile
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(corsivo mio). La formula politica, come si evince da diversi suoi scritti
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, lideologia
secondo cui il governo giustifica e legittima la propria sovranit. E che dire della democrazia, oltre
al fatto che indubbiamente la miglior forma di governo che la storia ha saputo produrre? Che la
definizione con cui usualmente si suole rappresentarla, il governo di tutti, una falsa definizione,
se si guarda lucidamente ai fatti. A riguardo utile riportare un passo dello Pseudo Alcibiade di
Jouvenel che, nella discussione reinventata tra Socrate e Alcibiade, mette in bocca al saggio parole
che smontano anche il mito della democrazia ateniese: In ogni dibattito importante presenziano
allincirca cinquemila persone, ognuna delle quali ha lo stesso diritto di parlare che hanno le altre, e
molte delle quali bruciano dal desiderio di esercitarlo. E ovvio che, di fatto, in un dibattito che dura
dallalba al tramonto, solo pochi potranno parlare, e sono quelli che godono di una posizione
politica importante a potere salire sul rostro
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. E tuttavia, pur sapendola una bella menzogna, non
possiamo che riconoscerla il miglior mezzo per mantenere viva la comunit sociale e politica.
Ancora una volta, con Canfora, ci che ci guida tra i veri e i falsi - storici, scientifici, artistici o
politici che siano - lo scopo per cui sono stati creati. Scoprirli non rende la storia passata meno
vera. Forse, per, fa vacillare la pretesa che ci sia sempre un criterio di verit oggettiva con cui
misurare gli eventi e le intenzioni, specie se loggetto non sono i fenomeni naturali ma quelli
culturali e sociali: conclusione vera.
5 L. Canfora, La storia falsa, cit., p. 31.
6 Ivi, p. 32.
7 G. Mosca, Storia delle dottrine politiche, Laterza, Bari 1962, pp. 297-298.
8 Si veda a riguardo anche gli Elementi di scienza politica (1896).
9 B. de Jouvenel, La teoria pura della politica, Giufr, Milano 1997.

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