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COMUNE DI PISTOIA

Il Sindaco



discorso per il LXX anniversario della Liberazione di Pistoia


8 settembre 2014

Buongiorno a tutti,
ringrazio le Autorit civili e militari, le associazioni partigiane, dei
combattenti e dei reduci e tutti Voi per la vostra presenza. Siamo qui
convenuti, come ogni anno, intorno al Monumento ai caduti della
Resistenza, per celebrare la Liberazione della nostra citt. Oggi ricorrono
70 anni da quell8 settembre, a sancire la lunga durata di quellevento, la
Resistenza appunto, che per Piero Calamandrei avrebbe dovuto essere ora
e sempre.
La nostra Liberazione ha dunque 70 anni. Una Liberazione conquistata con
il sangue di tante vittime innocenti e con la fatica e il coraggio della
popolazione civile, che orient in una sua larghissima parte la condotta
della propria vita quotidiana al sostegno della guerra di liberazione. Il
territorio pistoiese, come moltissimi altri in Italia, contribu a questa
impresa fin da subito, dopo larmistizio dell8 settembre 1943,







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attraversando un anno di tragedie e battaglie combattute nelle citt e per le
campagne, sui monti e sulle colline, tra le case di persone inermi, vivendo
il disorientamento e langoscia profondissimi di un popolo senza pi guida,
dopo lautoproclamazione del Governo Badoglio, troppo lontano da tutte le
latitudini della nazione, la fuga del re e loccupazione dei nazifascisti con
lesercito italiano in rotta. A Pistoia gi il 12 settembre 1943, dopo
labbandono da parte delle truppe italiane della caserma Ferrucci del
Distretto Militare, nella Piazza di san Lorenzo, Gino e Alfio Puglia, Dino
Chiti, Maria Tasselli, Ivo Bovani e Lino Lotti vennero fucilati dai nazisti. Il
24 ottobre 1943 gli aerei angloamericani bombardarono Pistoia, 144 furono
le vittime civili. Per lintero inverno non cambi il fronte, e lItalia
dilacerata, prostrata dalla guerra, stava come spezzata in due, con il centro-
nord ancora oppresso dalloccupazione militare tedesca. Un altro
bombardamento alleato sulla Porrettana, messo in atto da una pattuglia
aerea di Liberator il nome amaramente paradossale dellapparecchio che
nellintento di liberare provocava morti numerose tra le inermi popolazioni
civili gett il buio sul sole di un mezzogiorno primaverile e provoc altre
43 vittime nel paese di Piteccio.
Quando a primavera inoltrata gli alleati tornarono a guadagnare terreno,
fino a liberare la citt di Roma il 6 giugno 1944, la Toscana divenne il







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teatro di stragi e rappresaglie ordinate da criminali di guerra, rimasti
purtroppo a lungo impuniti. SantAnna di Stazzema, il 12 agosto: 560 tra
vecchi, donne e bambini trucidati; Vellano, Collodi, San Quirico e
Malocchio nella Svizzera Pesciatina tra il 22 luglio e il 19 agosto: 69 morti;
padule di Fucecchio, il 23 agosto: 174 morti. E ancora altre vittime, 25, tra
la Felciana, Santomato e Montale, tra il 29 agosto e il 4 settembre.
L8 settembre 1944, esattamente un anno dopo larmistizio, Pistoia venne
liberata. Su invito del CLN pistoiese, costituitosi gi nel mese di luglio,
varie formazioni partigiane agli ordini del comandante della XII Zona
Vincenzo Nardi, dopo alcuni scontri nelle zone periferiche con le truppe
tedesche in ritirata, raggiunsero il centro di Pistoia dai suoi 4 punti
cardinali, senza trovare alcuna resistenza. La citt, tra le macerie, appariva
deserta; da mesi infatti gran parte della popolazione era sfollata verso le
campagne, per sfuggire a bombardamenti e rappresaglie. Claudio Rosati ha
descritto con questa immagine efficace la citt in quel giorno di
liberazione: Pistoia vuota, vive solo come zona da presidiare o da
riconquistare.
Eppure le fotografie scattate quel giorno testimoniano la felicit misurata e
consapevole della straordinariet del momento, quando Palazzo di Giano,
storica sede del governo della citt, da pi di ventanni in mano al potere







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fascista, fu riconsegnato al popolo rappresentato dal CLN, che dentro al
Palazzo si insedi e da l assunse la guida per assicurare a tutti i beni di
prima necessit e difendere la ritrovata libert fino allarrivo delle truppe
alleate, che avvenne definitivamente il 24 settembre. Lorgogliosa
rivendicazione di una liberazione, conquistata autonomamente dai pistoiesi,
con alla testa le avanguardie partigiane caratteristica, potremmo dire, che
fu della Toscana la si legge nella relazione del CLN allatto del suo
scioglimento:
Gli alleati, che in Italia meridionale, man mano che liberavano citt e
villaggi, avevano dovuto procedere alla quasi completa ricostruzione
dellapparato statale e amministrativo, nominando Sindaci, prefetti, giudici,
si trovarono a Pistoia in una citt dove non vi era da fare, ma solo da
aiutare e cooperare.
E fu proprio la decisione di anticipare le truppe alleate nella liberazione
delle citt - scelta peraltro compiuta unitariamente da tutte le formazioni
combattenti, di tutte le ispirazioni (quella comunista, quella democristiana,
quella anarchica e quella azionista), riunificate fin dal giugno del 1944
sotto il comando della XII Zona, affidato a Vincenzo Nardi - che dette la
piena legittimazione politica a quella che di fatto si trov ad essere la prima
classe dirigente della citt liberata dal Fascismo: Italo Carobbi, Gerardo







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Bianchi, Vito Eschini, Palmiro Foresi, Alberto Frosini, Giuseppe Gentile,
Giampaolo Petrucci e Michele Simoni.
Fu il CLN, infatti, che nomin Sindaco prima Emilio Nanni e poi in una
dialettica serrata con il comando militare alleato lavvocato Gino
Michelozzi. Dal seno del primo CLN, infine, il primo sindaco eletto
democraticamente nel 1946, Giuseppe Gentile.
Scrissero ancora nello stesso atto di scioglimento: Lazione condotta dopo
la liberazione della nostra citt dal CLN, azione attuata praticamente in
pochi giorni, fu quella che dette prestigio al Comitato stesso.
Furono circa 20 giorni di un autogoverno pieno ed impegnativo, che si
trov a dover resistere a continui cannoneggiamenti dei tedeschi in ritirata,
tanto che anche nei giorni seguenti continuarono a morire civili innocenti
(come la piccola Ione Pacini, di appena 5 anni, proprio nel cortile del
palazzo di Giano). Morirono anche altri partigiani nelle azioni di
pattugliamento necessarie a tenere lontano il nemico e a informare la
popolazione di quanto stava accadendo. Il 9 settembre rimase ucciso, per i
colpi mortali della mitragliatrice, Loriano Bugiani, partigiano della
formazione Giordano Cappellini, insieme al compagno Alberto Dei,
nativo di Tizzana.







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La Liberazione stata dunque il parto difficile e travagliato di un anno
terribile, ottenuta grazie al sacrificio di una intera generazione di giovani, la
meglio giovent come lebbe a definire Pier Paolo Pasolini, che ha
combattuto per conquistarla e che, per una parte, non ha potuto vederla.
Ed in particolare, e giustamente, la memoria di coloro che hanno
combattuto per la libert e sono morti prima della Liberazione che ha
alimentato il ricordo, grato, dei fatti resistenziali tra le generazioni
successive che hanno goduto del frutto del loro sacrificio. Vale per i nostri
ragazzi della Fortezza, Aldo, Alvaro, Valoris, Lando Vinicio, che, il 31
marzo 1944, renitenti alla leva di Sal, e quindi disertori per loppressore
nazifascista, vennero trucidati a pochi passi da questo luogo.
Vale per Silvano Fedi, e il suo profilo, ormai leggendario, di combattente
coraggioso e generoso, che il 29 luglio 1944 cadde in unimboscata,
incredibilmente non ancora chiarita nella sua matrice originaria a settanta
anni di distanza. Fondatore della formazione partigiana Squadre Franche
Libertarie, egli fu lanima di un gruppo di giovani appassionati e
intelligenti, anarchici e libertari, lontani da ogni ideologia e dogmatismo,
mossi solo da un insopprimibile anelito di libert. Silvano, che nonostante
la giovanissima et potremmo definire padre della resistenza pistoiese,
come Manrico Ducceschi, il comandante Pippo, capo della formazione







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partigiana XI Zona Patrioti, era studente del Liceo Forteguerri. Questo,
come e forse pi di altre scuole superiori, era stato luogo di produzione di
quel vile conformismo che alimentava lautoritarismo fascista, ma fu anche
fucina di una pattuglia di ragazzi che si definivano comunisti libertari, ad
indicare il loro ideale anarchico ed egualitario, e che, pur cresciuti
nellopprimente clima culturale del ventennio, si armarono nel nome della
libert e della solidariet tra gli uomini. Segno che la forza del pensiero
naturalmente vocata alla libert, e quando esercitata consapevolmente non
ammette loppressione, anzi rappresenta la risorsa ultima e irriducibile
contro ogni ambizione totalitaria. Tra pochi giorni, alla apertura del nuovo
anno scolastico, una targa verr apposta al Liceo in ricordo di quattro
studenti che divennero precocemente partigiani: Silvano Fedi, appunto,
Giovanni La Loggia, Fabio Fondi e Carlo Giovannelli. Un doveroso, e
forse tardivo, riconoscimento in quello che fu il luogo della loro
formazione civile e culturale, che si aggiunge alla intitolazione di due sale
interne del Liceo alla memoria di Manrico Ducceschi e Marcello Danesi,
studenti del Forteguerri, poi ufficiali dellesercito e infine partigiani.
Ma nostro dovere ricordare anche i volontari della libert che il 16
febbraio 1945 partirono dalla Piazza del Duomo di Pistoia per unirsi alle
truppe alleate nellavanzata della liberazione nazionale, che ebbe il suo







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compimento il 25 aprile di quellanno. 600 circa furono i pistoiesi che
parteciparono a questi Gruppi di Combattimento, vere e proprie Divisioni
italiane al fianco degli angloamericani. Altri gruppi partirono dal Lazio,
dallUmbria e dalle Marche, per liberare le regioni del settentrione dItalia.
Il loro fu lesempio di una passione civile che non si esaur con la
liberazione delle loro citt, ma prosegu, mossi dallidea di una resistenza
come secondo risorgimento, ed ispirati da una solidariet nazionale che ha
contribuito a stringere i legami pi forti di quella che da l a pochi mesi
sarebbe diventata la Repubblica Democratica Italiana.
Di quella meglio giovent questi e altri ci hanno lasciati; coloro che hanno
continuato a vivere hanno tramandato la memoria di quegli anni, facendo di
questa missione la ragione della loro nuova vita in tempo di pace. La mia
generazione ha avuto il privilegio di conoscere e di apprezzare per il loro
esempio taluni di loro. Alcuni non ci sono pi. Tra gli ultimi che se ne sono
andati, voglio ricordare Gualtiero DeglInnocenti, Ferruccio Biagini e,
pochi giorni fa, Silvano Cotti. La lezione che ci hanno consegnato, loro che
parteciparono attivamente alla ricostruzione del Paese, un patrimonio che
sappiamo di dover conservare con cura. Idealmente intendiamo celebrare
questo LXX anniversario della Liberazione della citt nel loro ricordo,
come fossero qui con noi, vivi e presenti.







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Ci volle un altro, duro, inverno di guerra per vincere la barbarie
nazifascista. Un inverno che la nostra citt conobbe da vicino perch
lultima linea difensiva dellesercito nazista, la Linea Gotica, si attestava
proprio sulle nostre montagne, come documenta la mostra Pistoia 1944
una citt sulla Linea Gotica, ancora visitabile negli antichi magazzini del
Palazzo comunale.
In quellinverno la presenza delle truppe alleate fu decisiva. Furono di
stanza a Pistoia, in un singolare crogiuolo cosmopolita che rese la nostra
citt una grande retrovia multietnica, sudafricani, americani, inglesi,
indiani, nepalesi, australiani, canadesi, olandesi e soprattutto brasiliani.
Il Brasile, infatti, invi in Italia oltre 25.000 uomini della Forza di
Spedizione Brasiliana. Dal 9 novembre 1944 i brasiliani impiantarono a
Pistoia il quartier generale di retrovia: lospedale da campo in Piazza
darmi, il magazzino in via dei Baroni, lIntendenza di Finanza nellex
Distretto di San Lorenzo, la stazione radio in Via Montesabotino.
Furono 462 i soldati e gli ufficiali brasiliani che rimasero uccisi nelle
nostre terre e che furono tumulati, sino al 1960, a Pistoia nella bellissima
campagna di San Rocco, nellunico cimitero di militari brasiliani in Italia.
Intorno ad esso, sostituito nel 1967 dal Monumento Votivo che ancora







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accoglie le spoglie di un milite ignoto, cresciuto, sulla memoria di quel
sacrificio, il legame che unisce nel segno della pace, della libert e della
democrazia la nostra citt e la Repubblica Federale del Brasile.
Il rapporto stretto con la Repubblica brasiliana ha fatto s che il Gonfalone
di Pistoia porti gi, dal 1997, la coccarda rossa e blu della medaglia do
Pacificador, per i servizi prestati allEsercito brasiliano durante la
campagna di Liberazione.
Dobbiamo tornare a rimeditare, per farli vivere e agire in questo inquieto
presente, i valori intorno ai quali si unirono persone diverse che per essi
decisero di prendere le armi e di mettere a repentaglio la propria stessa vita.
Dobbiamo far ci tornando a leggere quelle vicende non attraverso le lenti
deformanti della strumentalizzazione politica, bens attraverso una severa,
laica e forsanche spregiudicata ricerca storica, alla quale per quanto
pu anche il Comune di Pistoia vuol dare nuovo impulso, come abbiamo
fatto e stiamo facendo, ad esempio, grazie alla collaborazione con i giovani
ricercatori attivi nellIstituto Storico della Resistenza, che anche sotto
limpulso dellAmministrazione comunale stanno proseguendo il lavoro
iniziato con la ricerca sui bombardamenti a Pistoia. Le fonti da rendere
disponibili sono ancora molte, come ha eloquentemente dimostrato la
recente pubblicazione, da parte del Centro Studi Donati, dei verbali del







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CNL di Pistoia dal 1944 al 1946. Testi dai quali si apprende come, in
quegli anni, gli ideali resistenziali di pace e libert, eguaglianza e giustizia
sociale si traducessero nel cimento utile e quotidiano con temi e problemi
praticissimi ed essenziali e dunque tali da non ammettere edulcorazioni
retoriche della realt. Non si pu non notare come ancora oggi, a settanta
anni dalla Liberazione, manchi una storia organica della Resistenza
pistoiese, e una ricostruzione accurata, scientificamente condotta, delle
radici della nostra democrazia. Il Comune di Pistoia intende sostenere e
aiutare un lavoro pluriennale, di alto profilo, che approfondisca la
riflessione sul quadriennio fondativo della Repubblica; una riflessione che,
dunque, ci accompagner almeno sino al 2018. Vorremmo che lorizzonte
di questo lavoro fosse internazionale e guardasse pertanto anche a quanto
andava accadendo al di fuori dei nostri confini, anche a tanti pistoiesi che
furono colti dopo l8 settembre 1943 fuori del territorio italiano e fecero
scelte di resistenza ai nazisti e, per questo, morirono o furono internati. In
questa direzione va lorganizzazione di un convegno che promuoveremo in
autunno sullesperienza in Albania e in Montenegro della Divisione Firenze
dopo il 1943, divisione nella quale militarono anche moltissimi pistoiesi.
Tra i tanti che caddero combattendo al di l dellAdriatico, vorrei tornare a
ricordare Villy Pasquali, tenente degli Alpini, nostro concittadino, che







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nacque come il caso volle, in questo continuo giuoco di coincidenze che
anche la vita degli uomini e dei popoli proprio nel 1914 e cadde in
Montenegro nel novembre del 1943. una felice combinazione che la
memoria di questo cittadino pistoiese abbia potuto essere ricordata proprio
in questo fine settimana, nel quale abbiamo intrecciato ai festeggiamenti
per la Liberazione la festa rappresentata dal terzo raduno sezionale degli
Alpini, che con il tricolore ha impavesato lintera citt.
La citt di Pistoia insignita di molte onorificenze per il tributo offerto al
Paese. Il 21 aprile 1977 ha ottenuto la medaglia dargento al valor militare
per i sacrifici delle sue popolazioni civili e per la sua attivit partigiana; il 5
ottobre 2007 stata assegnata la medaglia doro al valor civile ai quattro
martiri della Fortezza; Villy Pasquali, tenente veterinario della Direzione
Garibaldi degli Alpini, medaglia doro al valor militare; il 6 maggio 2014
il Tribunale Militare del Brasile ha assegnato alla citt di Pistoia la
medaglia dellOrdine al Merito per la stretta collaborazione e gli
eccezionali servizi prestati durante la Seconda Guerra Mondiale.
Per noi queste medaglie non rappresentano semplici icone da esporre in
bacheca, ma testimoniano simbolicamente le molteplici forme nelle quali si
manifest la lotta di liberazione, la sua dimensione plurale di tutto un
popolo: i partigiani, i renitenti alla leva dopo l8 settembre 1943, lesercito







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che rifiut la resa ai tedeschi, la popolazione civile fatta dalle famiglie che
ospitavano nelle loro case partigiani e alleati, i parroci che davano cibo,
alloggio e conforto ai giovani in fuga, le donne che oltre al lavoro dei
campi per il sostentamento della famiglia, erano le staffette per
lapprovvigionamento di viveri, abiti e il recapito dei messaggi tra una
divisione e laltra, ai propri uomini rifugiati nei monti.
La Resistenza italiana fu una guerra di Liberazione, una guerra combattuta
da giovani donne e giovani uomini che anelavano alla libert e alla
democrazia, allemancipazione individuale e collettiva, alla giustizia
sociale e, finalmente, dopo due terribili massacri mondiali, esplosi nel
volgere di pochi anni, alla pace.
Il significato profondo di questa aspirazione alla pace ha trovato poi la sua
consacrazione nellart. 11 della Costituzione repubblicana:
L'Italia ripudia la guerra scrissero i costituenti come
strumento di offesa alla libert degli altri popoli e come mezzo di
risoluzione delle controversie internazionali; consente, in
condizioni di parit con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranit
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia
fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni
internazionali rivolte a tale scopo.







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tale ricerca della pace, che diviene principio fondativo della Repubblica,
che ci impone di ricordare, oggi, un altro anniversario.
Sono passati 100 anni dallinizio della Prima Guerra Mondiale. Il 28 luglio
1914, anche se lItalia avrebbe atteso un altro anno prima di entrare in
guerra, iniziava, difatti, quella orribile mattanza che per quattro lunghissimi
anni bagn del sangue di ben 17 milioni di morti le terre di unEuropa che
si era creduta e raccontata come destinata a un futuro di progresso e pace,
in un tempo che per alcuni, i pi doviziosi descriveva addirittura se
stesso come la Belle poque.
Esattamente cento anni fa, l8 settembre 1914, passato poco pi di un mese
dallinizio della guerra, papa Benedetto XV formul una sua accorata
esortazione apostolica, che risult purtroppo inascoltata come daltra
parte il suo appello del 1917 affinch venisse fermata quella inutile strage.
Benedetto XV invit coloro che reggono le sorti dei popoli a deporre tutti
i loro dissidi nellinteresse della societ umana. Il Pontefice invitava i
reggitori di popoli a considerare che sono gi troppe le miserie e i lutti
che accompagnano questa vita mortale, al punto che non si deve renderla
ancora pi misera e luttuosa. Questappello, cos autenticamente
cristiano, non fu raccolto neanche nellItalia di allora, attraversata nel corso
del 1914 da un aspro confronto tra le forze interventiste, nazionalistiche e







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democratiche, e il neutralismo attivo del socialismo internazionalista, che
venne tacciato allepoca di codardia, e alludeva invece ad un pacifismo
politico ancora oggi attuale.
Anche il nostro Paese partecip dunque allinutile strage e sub, insieme al
resto dellEuropa e del mondo, gli effetti destabilizzanti della cosiddetta
vittoria mutilata, che prepar il terreno prima al fascismo e poi, dopo la
crisi economica mondiale del 1929 e le insensate imprese coloniali, alla
partecipazione alla Seconda Guerra Mondiale al fianco della Germania
hitleriana.
Il Ventesimo stato il secolo delle guerre mondiali e dei campi di
sterminio. Come dimostrano i conflitti tuttora in atto nel mondo, molte dei
quali ai confini dellEuropa, il Novecento, alla prova dei fatti, si
dimostrato un secolo breve soltanto negli scritti dello storico Eric
Hobsbawm; stato piuttosto, al contrario, un secolo lunghissimo che
protende le sue contraddizioni irrisolte fino ad oggi, e che proietta gli orrori
di Auschwitz in quella terra che fu lantica Mesopotamia.
Papa Francesco ha denunciato la presenza attiva di una Terza Guerra
Mondiale, per quanto frammentata in numerosi focolai tra lOriente, il
Nordafrica, il Medio Oriente, ed tornato ad invocare limpegno della
comunit internazionale a risolvere con le armi della diplomazia e della







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cooperazione i conflitti violenti. La sua autorevole voce dinanzi a guerre
che si combattono in nome di Dio rievoca la missione del suo predecessore
nella terra del Sultano, per lanciare lappello della ragione e del cuore a
tutti gli uomini di buona volont: mai pi la guerra, mai pi.
Nel 1932 uno scienziato, Albert Einstein, e il padre della psicanalisi,
Sigmund Freud, scambiarono un carteggio pubblicato con il titolo Perch
la guerra?, nel momento in cui la guerra raggiungeva il suo pi alto
potenziale distruttivo e assumeva una dimensione globale. Lantidoto pi
efficace avrebbe dovuto essere, per i due illustri intellettuali, il processo di
civilizzazione, che progressivamente avrebbe indotto tutti i popoli della
terra a fare a meno delluso della violenza. Ma lorrore totalitario,
Auschwitz e le purghe staliniane hanno smentito anche la pur debole
fiducia nellaffermazione della ragione umana, squadernando invece la
manifestazione di un male radicale che appariva annidato proprio nella
razionalit dellorganizzazione di quegli Stati.
allora forse urgente, oggi non meno di allora, provare ad immaginare una
dimensione della politica, altra rispetto a quella fondata sullo ius publicum
europaeum, sul nomos della terra, che ha obiettivamente concorso a
produrre nelle diverse fasi della modernit occidentale i nazionalismi, le
ideologie della palingenesi, lantisemitismo. Parlo di una dimensione







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presente, pur lateralmente rispetto a quelle predominanti della sovranit
assoluta e degli Stati nazione, ma che ha prodotto un pensiero pi aperto ad
un futuro di possibile, autentica, civilizzazione per il genere umano, dal
Kant della pace perpetua al Cattaneo post risorgimentale: il pensiero del
patto federalistico tra i popoli. Luigi Einaudi, gi agli inizi del 1918, sul
Corriere della Sera, nel criticare aspramente il progetto della Societ delle
Nazioni wilsoniana, affermava, invece, la prospettiva di unEuropa unita,
democratica e federata. A quella lezione, lungimirante e realista, a quelle
prediche inutili, non casualmente si ispirarono Ernesto Rossi, Altiero
Spinelli ed Eugenio Colorni, nel loro confino di Ventotene. Essi infatti
ebbero a disposizione solo le letture che pot inviare loro Luigi Einaudi, e,
tra le altre, taluni importanti saggi di federalisti americani. La riflessione
che nacque in quella isola di confino mosse i propri passi dallesigenza
della pace, che avrebbe potuto essere garantita nella loro prospettiva
solo dagli Stati Uniti dEuropa, ossia da una democrazia sovranazionale in
grado di promuovere anche politiche di riforma sociale improntante ai
principi dellequit e della solidariet. Nel manifesto si legge, forse per la
prima volta, il tema del reddito di cittadinanza che ancora oggi
rilegittimerebbe unEuropa fin troppo vittima di una dimensione solo
mercantile e finanziaria, e che, anche per questo, ha indebolito la propria







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identit frustrando le speranze dei tanti popoli che ne sono entrati a far
parte via via, fino allultimo allargamento dopo il crollo del Muro di
Berlino.
Scrissero nel loro Manifesto Altiero Spinelli e, in particolare, Ernesto
Rossi:
la solidariet umana verso coloro che riescono soccombenti nella
lotta economica, non dovr, per ci, manifestarsi con le forme
caritative sempre avvilenti e produttrici degli stessi mali alle cui
conseguenze cercano di riparare, ma con una serie di provvidenze
che garantiscano incondizionatamente a tutti, possano o non
possano lavorare, un tenore di vita decente, senza ridurre lo
stimolo al lavoro e al risparmio. Cos nessuno sar pi costretto
dalla miseria ad accettare contratti di lavoro iugulatori.
Lo stesso contenuto tradotto nei primi articoli della nostra Costituzione.
Per questa via, unEuropa libera, federata e democratica avrebbe saputo
garantire non solo la pace al proprio interno, ma avrebbe potuto essere
testimone di pace nel mondo. Una attiva forza emancipatrice degli uomini
grazie allautorit e allautorevolezza dellesempio. Un modello assai
diverso, questo, da quello che offre chi pretenderebbe di esportare la
democrazia con le armi, malamente dissimulando, in genere, interessi altri







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rispetto a quelli della civilizzazione e democratizzazione delle relazioni
internazionali.
Scrisse, da par suo, Norberto Bobbio nel 1974: il federalismo nasce nel
crogiuolo della lotta di Liberazione, e pertanto una componente
essenziale, una parte viva della storia della Resistenza e ne ha seguito
lalterna fortuna. I motivi ispiratori della Resistenza europea si possono
disporre su tre livelli: secondo che si consideri come guerra di liberazione
nazionale in nome dellindipendenza, come guerra contro il fascismo e in
genere contro il dispotismo in nome della democrazia, come guerra per un
nuovo assetto sociale contro ogni tentazione di restaurazione dellantico
regime. Lideale federalistico si pone su questo terzo livello: la resistenza
non come restaurazione, ma come innovazione. La resistenza che deve
insieme chiudere ed aprire, distruggere per costruire, essere negazione non
in senso formale, ma in senso dialettico. Che non deve limitarsi a vincere il
presente, ma deve inventare il futuro.
Il modo migliore che abbiamo per ricordare degnamente quegli uomini e
quelle donne che settanta anni fa ci restituirono la libert ed edificarono la
nostra democrazia non tradire e loro speranze e i loro ideali, su tutti,
quelli della pace, della giustizia e della concordia tra tutti i viventi del
mondo.







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Che onorare il passato significhi dunque costruire il futuro, consapevoli ,
ancora con Piero Calamandrei, che Tutte le strade che un tempo
conducevano a Roma, conducono oggi agli Stati Uniti dEuropa.
Buona Liberazione a tutti.
Viva Pistoia!
Viva lItalia!
Viva La Repubblica, democratica ed antifascista!

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