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Che far il Governo Renzi per combattere il credit crunch?

di Luca Erzegovesi [la parte in giallo alla fine si pu tagliare per accorciare]

Nel discorso pronunciato da Matteo Renzi luned 24 febbraio per la fiducia al Senato c' un
passaggio forte sul credito: la lotta al credit crunch il secondo elemento messo allordine
del giorno nel programma di Governo. Quella delle piccole e medie imprese che non riescono
ad accedere al credito nelle parole di Renzi "lunica reale, importante e fondamentale
questione che abbiamo sul tappeto", da affrontare mediante "la costituzione e il sostegno di
fondi di garanzia, anche attraverso un rinnovato utilizzo della Cassa depositi e prestiti".
In pratica, che cosa intende proporre il nuovo Governo per aiutare le Pmi ad accedere al
credito? Il Governo Renzi eredita una lunga serie di provvedimenti approvati sotto i Governi
Monti e Letta, molti dei quali sono ancora da attuare, ad esempio, le misure approvate nella
Legge di stabilit sul potenziamento e l'allargamento del campo d'azione del Fondo centrale
di garanzia per le Pmi. Inoltre, la Cassa Depositi e Prestiti potr acquistare titoli emessi
nellambito di cartolarizzazioni di crediti verso Pmi, applicando la garanzia dello Stato con
eventuali perdite coperte dal Fondo centrale.
Nessuna novit, allora? Sarebbe strano, non si spiegherebbe una dichiarazione cos forte di
guerra al credit crunch nel programma di Governo. Forse tra le opzioni allo studio c' un
nuovo maxi-fondo di garanzia con una potenza di fuoco (in termini di credito sostenuto) pari
ad almeno otto volte l'attuale Fondo Pmi. Se ne si discute dal giugno dell'anno scorso. L'idea
viene dai nostri maggiori gruppi bancari in collaborazione con le istituzioni bancarie
dell'Unione Europea, la BEI e il FEI. Luigi Abete, presidente di BNL, l'ha rilanciata al
recente convegno Assiom-Forex.
Questo Fondo PMI 2.0 dovrebbe coprire col suo ombrello tutto lo stock di impieghi di
importo unitario fino a 2 milioni e mezzo (uno stock di 180 miliardi). La garanzia sarebbe di
tipo proporzionale (in media del 60 per cento), con copertura di ultima istanza dello Stato,
quindi senza un tetto massimo (cap) all'importo assoluto dei risarcimenti. Il nuovo Fondo si
appoggerebbe su una complessa struttura di cartolarizzazione del rischio in tranche. La
copertura delle tranche esposte alle prime perdite farebbe leva su fondi strutturali di Stato e
Regioni, nonch fondi di programmi comunitari per le PMI. Lo Stato si assumerebbe pro
quota un rischio teoricamente illimitato, ma nella pratica coperto da fondi dedicati
(ovviamente, se le stime statistiche degli arranger reggono la prova dei default reali).
I big player del credito rivendicano la necessit di questo grande ombrello protettivo perch il
mercato dei prestiti alle PMI oggi non sostenibile senza aiuti di Stato. Non sostenibile
questo mercato dei prestiti alle PMI, gravato da sofferenze ai massimi storici, e in crescita,
con questa rete distributiva, questi costi di selezione e monitoraggio e soprattutto questa
domanda costituita da un esercito sterminato di imprese minuscole, esposte alle correnti di
business striminziti, incapaci di darsi strategie. Le banche argomentano cos: allo scoppio
della crisi ci avete chiesto di dar ossigeno all'economia reale e l'abbiamo fatto, con le
moratorie. Ma adesso basta: lo Stato deve riprendersi una fetta del rischio che ci ha caricato
sulle spalle; deve condividere con noi l'alea di una recessione che potrebbe durare ancora a
lungo; deve scommettere sul superamento della crisi.
Un Fondo PMI 2.0 darebbe sostegno al rilancio del credito (non c dubbio), ma ancor prima
un sollievo ai bilanci delle banche, pressati dalle rettifiche su posizioni in via di
deterioramento.
Che cosa far il Governo Renzi? Metter la firma dello Stato italiano su questa fideiussione
che le banche chiedono di sottoscrivere? La posta molto alta. In passato, le garanzie
pubbliche illimitate hanno creato dei giganteschi accumulatori di rischio (pensiamo a Fannie
Mae e Freddy Mac negli Stati Uniti). Alla prova della crisi, gli argini progettati dagli
ingegneri finanziari hanno ceduto. Dubito che la Ragioneria dello Stato accetti quest'alea.
La vittoria contro il credit crunch non si ottiene con le guerre lampo, con armi che possono
esplodere fra le mani.
Non esistono rimedi universali. Servir molto tempo e lavoro per rimettere il sistema
bancario in condizione di finanziare un'economia risanata
C' prima di tutto da risolvere una massa imponente di situazioni deteriorate. L'ha detto bene
Luigi Zingales: tutti parlano di creare una bad bank di sistema, ma non tutte le bad bank sono
uguali. C' la discarica di posizioni in perdita a spese della fiscalit generale. C' la catena di
montaggio delle azioni di recupero coattivo. C' infine l'agenzia specializzata che aiuta
banche, garanti e debitori a coordinarsi per risolvere le crisi in maniera equa e non troppo
costosa, con una missione di interesse pubblico, quella di salvare valore d'impresa e posti di
lavoro. Il nuovo Governo dovrebbe far nascere la bad bank del terzo tipo, un'agenzia per la
ristrutturazione del debito delle imprese.
Le banche devono poi recuperare margini per sviluppare i finanziamenti alle imprese vitali,
magari con il supporto di nuovi strumenti, come le azioni e i bond delle medie imprese o le
cartolarizzazioni di prestiti alle Pmi.
un cammino lungo, ma occorre il coraggio di fare i primi passi, senza cercare scorciatoie
pericolose.

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