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Cenni di

Biomeccanica e Fisiologia Muscolare


Testo elaborato dal
Dott. Andrea Melani
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La contrazione muscolare
Attraverso la contrazione muscolare, il muscolo subisce una
modificazione nella forma che permette ai tratti scheletrici di operare il
movimento.
Tutti i muscoli prendono inserzione, cio si saldano alle ossa, in
almeno due punti individuati sulle ossa. Questi punti di inserzione
vengono chiamati con il termine di apofisi inserzionali. Sono i punti in
cui il tendine mette in collegamento le fibre contrattili del muscolo con lo
scheletro. Quando due apofisi inserzionali di uno stesso muscolo si
avvicinano o si allontanano tra di loro, le leve scheletriche corrispondenti
si muoveranno. Cos per esempio la contrazione del bicipite brachiale
(muscolo del braccio), permetter allavambraccio di flettersi sul braccio.
Tutto questo ci deve far pensare al muscolo come ad un tessuto
capace di modificarsi nella forma e nelle dimensioni, di accorciarsi e di
allungarsi.
Ma come pu un tessuto allungarsi senza strapparsi? In effetti
quasi tutti i tessuti sono dotati di una elasticit. E sufficiente osservare il
ventre di una donna incinta per rendersi conto di quanto lepidermide, la
pelle, possa sopportare anche stiramenti di notevole entit senza lacerarsi.
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Possiamo per paragonare un muscolo alla pelle? No, perch il
muscolo oltre ad allungarsi pu anche accorciarsi ma soprattutto perch
il tessuto muscolare non subisce queste modificazioni in maniera passiva
ma ne lartefice. Il muscolo rappresenta quindi il motore del
movimento.
Ci che rende particolare il muscolo la sua organizzazione
microscopica. Se ingrandiamo le sue fibre ad un microscopio, possiamo
renderci conto che il muscolo costituito da tante piccole unit disposte
in serie (una dopo laltra) e in parallelo (una di fianco allaltra) dette
sarcomeri. Il sarcomero lunita funzionale del muscolo, lunit pi
piccola nella quale possiamo ancora assistere ad una contrazione. Questo
significa che potremmo ingrandire ancora di pi con il nostro
microscopio il sarcomero per osservarne le parti costituenti ma queste,
prese isolatamente, non sono in grado di produrre una contrazione.
Losservazione microscopica del sarcomero ci permette per di mettere
in evidenza quale meccanismo sta alla base della contrazione muscolare.
Il sarcomero costituito da due tipi di filamenti proteici: lactina
e la miosina. I filamenti di actina, pi sottili, sono disposti allestremit
del sarcomero mentre la miosina la troviamo al centro. Disposti in questo
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modo, la miosina si trova intercalata allactina, quasi come le dita di due
mani che si intrecciano. La miosina possiede poi, disposti nella sua
lunghezza, una serie di teste che si spingono verso i filamenti di actina.
Quando il muscolo esegue una contrazione, il filamento di
miosina tira i filamenti di actina verso il centro del sarcomero utilizzando
le sue teste come i denti di un ingranaggio su di una cremagliera.
Da tutto questo si conclude quindi che il muscolo modifica la sua
lunghezza ad opera di uno scivolamento dei suoi filamenti.
Metabolismo muscolare
La contrazione muscolare non gratuita. Perch possa aver
luogo necessaria una fonte di energia. Questa fonte di energia
rappresentata da una molecola chiamata ATP (adenosintrifosfato).
Questa molecola composta da tre gruppi fosforici. Quando questi
gruppi fosforici vengono liberati, abbiamo una produzione di energia
utile per tutte le funzioni dellorganismo tra cui anche la contrazione
muscolare. Cos lATP viene degradata dapprima ad ADP
(adenosindifosfato) ed infine ad AMP (adenosinmonofosfato).
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Una parte di ATP gi presente nelle cellule di tutto il corpo e
quindi anche nelle cellule muscolari. Ma cosa accade quando questa
scorta viene ad esaurirsi? Inoltre la quantit di ATP presente nei muscoli,
sufficiente per far correre unatleta veloce verso la fine dei 100 metri o
addirittura per tutto il tempo necessario per portare a termine la maratona
di New York? Certamente no. Dobbiamo supporre quindi che esistano
dei meccanismi deputati alla produzione continua di ATP.
Questi meccanismi vengono chiamati metabolismi e ne troviamo
tre tipi:
1 Metabolismo anaerobico alattacido
2 Metabolismo anaerobico lattacido
3 Metabolismo aerobico
Ognuno di questi metabolismi interviene con lo scopo di fornire
ATP ma in modo differente.
Il metabolismo anaerobico alattacido, sfrutta fondamentalmente
un altro composto presente delle cellule muscolari: il creatinfosfato (CP).
Una volta lATP trasformato in ADP o in AMP, questo metabolismo usa
il gruppo fosforico del CP per ricostruire ATP. E logico pensare che
questo tipo di meccanismo non potr andare avanti a lungo poich anche
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il CP sar destinato al suo esaurimento. Per quanto tempo il sistema
anaerobico alattacido pu durare? Naturalmente dipender dallintensit
della contrazione. Se prendiamo un centometrista, che esegue quindi un
lavoro al massimo dellintensit, il sistema anaerobico alattacido gli
consentir di percorrere con molta probabilit i primi 60 metri dopo di
che le sue riserve di CP saranno esaurite. Interverr allora il metabolismo
anaerobico lattacido.
Questo metabolismo, a differenza del precedente, sfrutta per
ricostruire lATP il glucosio (zucchero da cucina = glucosio+fruttosio).
Le riserve di glucosio del corpo sono molto grandi sia nel muscolo che
nel fegato quindi si potrebbe dire che questo meccanismo potrebbe essere
in grado di funzionare per moltissimo tempo. Il problema sta nel fatto che
siccome questo metabolismo funziona in assenza di ossigeno
(anaerobico) da origine a prodotti di rifiuto. Il prodotto di rifiuto lacido
lattico che rappresenta un vero e proprio freno per la contrazione
muscolare nel senso che pi questo aumenta di concentrazione e meno la
contrazione potr verificarsi.
Ricordiamo che stiamo parlando di un atleta che sta percorrendo i
100 metri al massimo delle sue possibilit. Ecco perch parliamo di
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anaerobiosi, perch il lavoro che viene eseguito talmente intenso che
lorganismo non ha il tempo di prendere il glucosio e trattarlo in forma
aerobica, cio in presenza di ossigeno.
Se il nostro atleta stesse invece percorrendo una lunga distanza,
come avviene in una maratona, lorganismo prenderebbe il glucosio per
produrre ATP utilizzando anche lossigeno. E un processo che in questo
caso non da origine a prodotti di rifiuto e quindi pu perdurare fino al
completo esaurimento degli zuccheri presenti nei muscoli, nel sangue e
nel fegato. Non solo, il metabolismo aerobico in grado di utilizzare per
resintetizzare ATP anche i grassi e, in parte, le proteine. Ne deduciamo
che il metabolismo aerobico possiede, per il suo funzionamento, di una
fonte di carburante quasi illimitata. Qui, lo svantaggio che questo
metabolismo molto lento e quindi lesercizio dovr essere di bassa
intensit pena linstaurarsi di uno degli altri due metabolismi.
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Tipi di contrazione muscolare
Quando il muscolo si contrae, lo pu fare in 5 modi:
1 contrazione isometrica
2 contrazione isotonica concentrica
3 contrazione isotonica eccentrica
4 contrazione auxotonica
5 contrazione isocinetica
Nel primo caso, assistiamo ad una contrazione priva di
movimento, cio le leve scheletriche non si muovono (isometrico =
uguale misura). Un esempio potrebbe essere rappresentato da un soggetto
che spinge il proprio corpo contro un oggetto inamovibile come, per
esempio, un muro. La sua muscolatura andr in tensione ma il suo corpo
o meglio le sue articolazioni non si muoveranno.
Nel secondo caso, la contrazione produce un movimento
dellarticolazione mentre il muscolo si accorcia. Qui a rimanere costante
sar il tono muscolare (isotonico = uguale tono). Come esempio
possiamo prendere un qualsiasi movimento ottenuto tramite l
accorciamento di un muscolo come salire le scale, sollevare un manubrio
da palestra eccetera.
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Nella contrazione isotonica eccentrica invece, osserviamo il
movimento dellarticolazione accompagnato questa volta
dallallungamento del muscolo. Anche qui il tono resta costante ma il
muscolo non si accorcia, si allunga. Un esempio rappresentato
dallesercizio di scendere le scale o di abbassare un manubrio da palestra.
Pu risultare difficile pensare ad un muscolo che lavora allungandosi. In
effetti i muscoli non possono allontanare i punti di inserzione
spingendo. Ricordiamo come funziona un sarcomero, la miosina tira
verso di se i filamenti di actina. Il muscolo pu per contrarsi in modo da
controllare la sua possibilit di rilasciarsi. Se cos non fosse, non
saremmo in grado di abbassare un braccio pi lentamente di come
accadrebbe se lo facessimo abbassare solo per forza di gravit. Si dice
che il muscolo modula la sua contrazione.
La contrazione auxotonica un perfezionamento terminologico
delle contrazioni isotoniche. Abbiamo detto che la contrazione isotonica
tale perch il tono del muscolo rimane costante durante il movimento.
Questo per non realmente vero poich, studiando la biomeccanica, ci
renderemo conto di come le forze varino di continuo durante un
movimento. Cos per esempio se solleviamo un braccio disteso, ci
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renderemo conto che il tono sul deltoide sar minimo allinizio del
movimento per aumentare fino ad un massimo a braccio avanti. Se
continuiamo il movimento portando il braccio in alto, il tono torner a
diminuire. Il termine pi corretto per questo tipo di contrazione quindi
non isotonico ma auxotonico. Per le leggi della biomeccanica, possiamo
affermare che la contrazione isotonica in natura non esiste.
Lultimo tipo di contrazione possibile lisocinetica. In questo
caso non sar il tono a rimanere costante ma la velocit di esecuzione.
un tipo di contrazione che si pu ottenere solo attraverso lutilizzo di
particolari attrezzature o, in alcuni casi e con un certo margine di
tolleranza, nel movimento eseguito in acqua. In queste apparecchiature,
latleta non sceglie quanti Kg muovere ma a quale velocit eseguire il
movimento. Fatto questo, la macchina non si muover fino a quando
latleta non imprimer una forza sufficiente a farla muovere alla velocit
impostata. Se latleta imprimer una forza maggiore, la macchina
risponder aumentando la resistenza e cos il movimento sar sempre
eseguito ad una velocit costante. E inutile dire che in questo tipo di
allenamento ci che conta limpegno dellatleta poich dipende solo da
lui decidere se dare il massimo oppure il minimo indispensabile. Va
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infine precisato che questo tipo di contrazione viene spesso utilizzata nel
campo della rieducazione e riabilitazione di soggetti infortunati.
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Linvecchiamento dellApparato Locomotore
Premessa
Analizzando le modificazioni strutturali relative allinvecchiamento
dellessere umano in relazione a ci che concerne lapparato locomotore,
lattenzione si pone essenzialmente su quelli che potremmo definire
come elementi costitutivi: le masse muscolari, i tratti scheletrici e le
articolazioni. Come tutte le strutture costituenti lorganismo umano,
anche queste tendono inevitabilmente ad una involuzione pi o meno
fisiologica in relazione alle caratteristiche genetiche, allhabitat ed alle
abitudini igieniche del soggetto.
Nelle abitudini igieniche possiamo far sicuramente rientrare la quota
di attivit fisica svolta dal soggetto.
Diversi studi hanno tentato di dimostrare, a ragione, come una
regolare attivit motoria, possa rallentare questo processo di decadimento
delle strutture e delle funzioni e, nel caso dellapparato locomotore, si
evidenziato come la pratica motoria sia in grado di esercitare spinte
positive verso questa direzione.
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Gli studi maggiori tendono a dimostrare come lapparato
locomotore, ed in particolare il tessuto scheletrico, sia dipendente dalla
sua funzione stessa in maniera diretta ed indiretta.
Nel primo caso intendiamo il ruolo delle sollecitazioni meccaniche
sollecitanti tessuti capaci di adattarsi secondo le leggi di
supercompensazione, nel secondo caso la possibilit di costruire, allenare
e mantenere in buona qualit la rappresentazione dello schema corporeo
personale in modo da sfruttare al meglio il proprio corpo in situazioni sia
sportive che di vita quotidiana.
E noto infatti che la maggior parte delle fratture ossee e delle
contusioni sono legate alle cadute con una frequenza che aumenta con
laumentare dellet. Nel 50% dei casi, questi eventi sono associati a
disfunzioni organiche ben definite (Parkinson, ipotensione, ) ma
spesso si accompagnano a fattori predisponesti di natura aspecifica
(limitato controllo posturale, deficit articolari, ).
Il fatto che questi eventi si verifichino spesso in un ambito noto al
paziente (domicilio), fa dedurre che lambiente circostante non sia
responsabile pi di tanto.
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Durante linvecchiamento, del resto, il reticolo trabecolare del
tessuto osseo va incontro ad importanti modificazioni strutturali con una
conseguente riduzione delle sue propriet meccaniche rendendolo pi
fragile alle sollecitazioni.
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Il problema ipocinetico
E noto come una prolungata immobilizzazione determini un
bilancio negativo sulle funzioni motorie dellorganismo umano.
Le masse muscolari riducono la loro trofia ed il loro tono, le
articolazioni (con le loro strutture tutte) riducono la loro capacit
propriocettiva in grado di garantire un buon meccanismo di feedback e la
produzione di liquido da parte delle sinovie, i tratti scheletrici presentano
inevitabilmente un impoverimento nelle percentuali di calcio.
Alcune cause di ipocinesia sono da ricercarsi nelle
immobilizzazioni forzate (osteopenia da disuso).
Tra queste ricordiamo le malattie dellapparato locomotore,
lallettamento e le immobilizzazioni distrettuali terapeutiche.
Del resto la muscolatura, se mantenuta in esercizio, rappresenta
un generatore di forze, e come tale in grado di esercitare tensioni dentro
e sulla struttura ossea.
Il muscolo generatore di movimento e quindi in grado di
generare ulteriori pressioni sullo scheletro.
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Premesso questo, prendendo in esame le modificazioni indotte
dallinvecchiamento sul tessuto osseo: esiste una correlazione tra
distretto muscolare rafforzato e la qualit ossea?
Gli aspetti scheletrici
Alcuni sport (sollevamento persi, pallacanestro, pallavolo, corsa,
body-building) in grado di
provocare il rafforzamento
dei distretti muscolari ad
inserzione locale hanno
dimostrato nei loro praticanti,
un incremento della massa
ossea rispetto ai gruppi di controllo non sportivi.
Risultati analoghi si sono avuti nel tennis e nel baseball
confrontando larto dominante con quello non dominante.
Le osservazioni a livello radiale (tab. 1), hanno sempre evidenziato
correlazione tra densit ossea e forza di chiusura del pugno.
Queste e tante altre osservazioni sottolineano come il muscolo
generi forze in grado di provocare movimento: nascono cos dei carichi
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Tabella 1
meccanici che causano lincremento della
massa ossea in risposta a questi stress (tab. 2 e
3).
Riassumendo le parole di alcuni autori:
(Snow-Harter, 1989) Le evidenze
sperimentali suggeriscono che la massa ossea
aumenta in risposta allapplicazione di stress
meccanici;
(Parrini, 1989) Lo scopo principale
dellattivit fisica quello di indurre sul sistema scheletrico uno stress
meccanico;
(Smith, 1986) La contrazione muscolare e la forza di gravit sono le
due forze meccaniche primarie applicate sulle ossa;
(Trevisan, 1989) La tensione muscolare lo stimolo pi efficace per
il mantenimento della massa ossea;
(Bevier, 1989) La forza muscolare
costituisce lo stimolo osteoblastico principale;
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Tabella 2
(Pedrazzoni, 1991) Leffetto dellattivit fisica evidente soprattutto
se impegna il distretto misurato e se intensit e frequenza sono adeguati.
Taluni autori si sono sforzati di trovare
come altro fattore positivo al mantenimento
del tessuto osseo le attivit aerobiche ipotizzando in esse un effetto di
tipo sistemico.
In realt risulta difficile stabilire quanto gli effetti derivanti da tali
attivit, siano da ricondurre agli stress meccanici che le discipline stesse
richiedono a carico dello scheletro.
Infine, nonostante la prevenzione dovrebbe cominciare nellet
adolescenziale in modo da andare a definire un buon sistema funzionale
globale da utilizzare come patrimonio per il resto dellesistenza, si trova
necessit nel prolungare lattivit fisica per tutta la vita.
Questo tipo di pratica igienica infatti, limita i crolli di massa ossea
riscontrabili dopo linsorgenza della menopausa osservabili nelle
popolazioni non atletiche tra i 45 e i 65 anni.
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Tabella 3
Krolner B. nel 1983 con il suo lavoro: Lesercizio fisico nella
profilassi della perdita ossea vertebrale involutiva: uno studio
controllato dimostra
queste tesi.
Losservazione di 31
donne tra i 50 ed i 73 anni
a cui stato applicato un
protocollo di allenamento per 8 mesi, 2 volte la settimana, per 1 ora a
seduta ha evidenziato
come la densit ossea a livello del tratto lombare della colonna vertebrale
fosse aumentata del 3,5% rispetto al gruppo di controllo che indicava una
diminuzione dello stesso valore del 2,7% tipico dei soggetti di pari et
nella popolazione sedentaria (tab. 4).
Altri e numerosi studi dimostrano invece come lesercizio a ridotto
contenuto di stress gravitari (cammino, cicloergometro, ) non siano in
grado di determinare un aumento della densit ossea a conferma del
principio che ci pi favorisce il mantenimento della mineralizzazione
dellosso siano i carichi funzionali a cui lo scheletro viene sottoposto
durante lattivit motoria.
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Tabella 4
Losservazione degli astronauti di ritorno dai viaggi nello spazio
confermano ulteriormente queste conclusioni.
Lanalisi microscopica e clinica degli osteoblasti, ci suggerisce come
gli stress meccanici influiscano sulla loro organizzazione:
da un punto di vista biologico, gli osteoblasti
vengono stimolati se, una volta messi in coltura, sono sottoposti
a trazione;
da un punto di vista
fisico, losso sottoposto ad una
forza flettente va incontro, per
effetto piezoelettrico, a neo
apposizione lungo le linee di sforzo
in trazione, dove si accumulano cariche elettriche negative, ed a
riassorbimento lungo le linee di sforzo in compressione, dove si
accumulano cariche positive;
da un punto di vista
sperimentale animale, stato
dimostrato un incremento della massa ossea utilizzando la
compressione sia costante che ciclica;
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Tabella 5
da un punto di vista anatomico, il tessuto osseo
forma delle tuberosit dove viene sottoposto a trazione, daltra
parte, le trabecole ossee si sviluppano laddove il carico si
distribuisce e lo sforzo, sia esso in compressione od in trazione,
maggiore (tab. 5).
Un interessante studio longitudinale stato proposto da Beverly
pubblicato nel 1989.
Il protocollo prevedeva lesercizio di comprimere il pi forte
possibile una palla da tennis per 3 volte consecutive, tutti i giorni della
settimana per sei settimane.
Ebbene i risultati furono di un incremento medio del 3,4% in termini
di massa ossea.
La stessa osservazione in donne fratturate port i seguenti
eccezionali risultati:
4,8% a tre settimane
4,0% a sei settimane (lesercizio era stato
interrotto)
13,3% a sei mesi
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Prima di trarre le conclusioni utile notare che il decremento di massa
ossea in et postmenopausale viene considerato vorticoso quando
raggiunge un valore del 4% annuo.
Gli aspetti posturali ed articolari
La pratica motoria in grado di aumentare la qualit della vita anche
in et senile?
Le ricerche effettuate su popolazioni di anziani relazionate a gruppi
di controllo omogenei rivelano di si in virt delle inferenze positive sul
controllo posturale da parte dei soggetti.
Un miglior controllo ed assetto posturale, determina una migliore
funzionalit dellapparato locomotore ed, inoltre, limita leventualit di
incorre in incidenti derivanti dalla perdita dellequilibrio.
Daltra parte, risaputo come la postura faccia parte di un
complesso sistema cibernetico autocontrollato e autoregolato (tab. 6).
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Nel momento in cui questo delicato meccanismo si sregola, esso
stesso non sar pi in grado di autocorreggersi poich anche limmagine
utilizzata come comparazione presenter degli squilibri e quindi e quindi
il sistema posturale creder di essersi gi corretto.
Grossolanamente quello che accade chiedendo ad un soggetto
scoliotico di sentirsi equilibrato sulle spalle.
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Tabella 6
Anche se il soggetto creder di aver eliminato le bascule, queste
saranno in realt ben presenti.
Perrin PP e colleghi, nel 1999 dimostrano, attraverso losservazione
di due gruppi di soggetti di et superiore ai 60 anni, che il mantenimento
della postura migliora.
I test sono stati effettuati attraverso lanalisi dinamica e statica del
mantenimento dellequilibrio in relazione allattivit elettromiografica
registrata.
Il gruppo dedito allattivit motoria presentava dati migliori rispetto
al gruppo sedentario.
Quando il gruppo sedentario ha iniziato lattivit motoria, i dati
sono, allo stesso modo, migliorati dimostrando che, questo tipo di
inferenze, determinano buoni risultati anche a breve termine.
Unosservazione pi attenta, pare abbia evidenziato anche che i
risultati migliori siano da attribuirsi allattivit svolta in et senile
piuttosto che da quei soggetti praticanti attivit in et giovane
successivamente interrotta.
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Williams P. e Lord SR hanno condotto una ricerca per determinare
se un programma di 12 mesi di attivit motoria potesse avere benefici
sullumore in un gruppo di donne anziane.
Questa ricerca, apparentemente lontana dal tema di discussione di
questa relazione, se vista con la giusta chiave di lettura, ci pu far
riflettere su quanto la sfera emotiva possa condizionare il nostro
equilibrio posturale.
Infatti cos il movimento se non un comportamento?
Alla conclusione della prova, il gruppo che aveva partecipato al
programma di esercizi dimostrava miglioramenti significativi nel tempo
di reazione, nella resistenza, nella memoria immediata e nelle misure di
benessere.
Si presentava anche unindicativa
riduzione dellansia.
All'interno del gruppo, i
miglioramenti nella memoria sono stati
associati ai miglioramenti sia nel tempo di
reazione che nella forza muscolare.
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Molti degli atteggiamenti posturali errati, riflettono la statica dei
soggetti depressi.
Naturalmente questa osservazione non
va letta necessariamente come processo di
causa-effetto ma come possibile concausa.
La riduzione del metabolismo basale e laumento dei depositi
adiposi pu rappresentare unaltra causa di alterazione degli schemi
posturali in funzione della nuova statica che il soggetto acquista.
La tabella 7 indica alcune posture e le relative conseguenze a livello
vertebrale.
E inevitabile associare ad unarticolazione vertebrale compromessa
una riduzione dellattivit con un conseguente peggioramento della
situazione.
Le faccette
articolari verranno,
forse, preservate ma
latteggiamento
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Tabella 7
Tabella 8
posturale non potr che peggiorare con i risultati che ben possiamo
immaginare.
Limmagine della tabella 8 ci dimostra come una postura del rachide
squilibrata in flessione possa essere un fattore sovraccaricante per i corpi
vertebrali.
Questi infatti possiedono una struttura trabecolare non indicata a
sostenere le forze compressive che si vengono a generare in queste
condizioni provocando fratture da schiacciamento.
Anche la meccanica ventilatoria subisce profonde modificazioni nei
casi di posture non equilibrate diventando meno efficace in virt della
riduzione dei volumi respiratori ad opera della ridotta articolarit
vertebro-costale.
Procedendo oltre, possiamo affermare che le esercitazioni volte al
miglioramento dellequilibrio siano di grande utilit per la qualit della
vita solo, o per meglio dire, con ancora pi valenza, nel caso in cui
questo sia supportato da una buona organizzazione posturale globale.
In uno studio del 1997, osservando 448 uomini e 556 donne, si
evidenziato come lesercizio fisico possa essere daiuto nel
mantenimento dellequilibrio in et avanzata.
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Le catene muscolari volte al mantenimento dellequilibrio, quando
stimolate generano forze dinamiche utili allallenamento della
muscolatura dorsale.
Una stimolazione di questo tipo, pu
rappresentare una valida alternativa alle
esercitazioni mirate allaumento della forza
attraverso contrazioni concentriche, le quali
possono portare alla spiacevole comparsa di
ipertoni compromettendo il risultato prefissato.
La capacit delle articolazioni di mantenere un
range di movimento secondo la fisiologia articolare, sicuramente un
altro punto chiave a favore del mantenimento di una buona e corretta
postura.
Con il progredire dellet, i valori articolari tendono a diminuire ma
attraverso lattivit motoria, questi si mantengono a livelli pi accettabili
e, anche nel caso in cui lallenamento abbia inizio in et avanzata, i
risultati non tardano ad evidenziarsi (tab. 9).
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Tabella 9
Gli aspetti muscolari
Come presumibile pensare, anche a livello muscolare lorganismo
involve riducendo le sue prestazioni di forza e di resistenza.
A livello miocellulare, pare che le fibre pi interessate
allinvecchiamento siano quelle di tipo II (veloci o glicolitiche) piuttosto
che quelle di tipo I (lente o ossidative).
Unipotesi di spiegazione di questa atrofia si potrebbe ricercare in
una degenerazione dei motoneuroni pi grandi ed a maggiore velocit di
conduzione che, come descritto da Rexed nel 1944, innervano le fibre
rapide ad alta soglia di eccitamento.
Nulla impedisce di ipotizzare che questa degenerazione possa
dipendere dal semplice non uso derivato dalla minore volont o
possibilit di dedicarsi alla pratica di attivit motorie meno vigorose.
Non da scartare, come sempre, lipotesi emozionale che talune
volte porta, anche in maniera inconscia, a ridurre la quota di esercizio che
viene naturalmente svolta durante la vita quotidiana.
Ottanta uomini sedentari di et compresa tra i 22 ed i 65 anni sono
stati sottoposti ad un programma di allenamento tramite esercitazioni
contro resistenza con pesi.
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Alla fine del programma, losservazione rivel che nei soggetti pi
anziani, sia la grandezza delle fibre di tipo I che di tipo II era aumentata
senza per far aumentare la forza misurata isocineticamente.
Questo risultato ci porta alla conclusione che latrofia delle fibre non
il fattore responsabile della perdita di forza nellanziano.
Alcuni studi indicano che, a livello muscolare, lo stesso guadagno
ottenuto con tre allenamenti settimanali lo si pu registrare con un
allenamento settimanale con il vantaggio di ridurre il rischio di incidenti
traumatici allapparato muscolo-scheletrico.
Pare che nel periodo tra i 25 ed i 45 anni, pur in presenza di un
sostanziale mantenimento della massa muscolare, si verifichi un notevole
decadimento delle capacit anaerobiche lattacide (modificazione
qualitativa) mentre tra i 45 ed i 65 anni latrofia muscolare risulta pi
evidente (modificazione quantitativa).
In effetti il rapporto tra le fibre di tipo I e di tipo II aumenta (I>II) tra
i 25 ed i 45 anni mentre rimane pi o meno costante tra i 45 ed i 65 anni.
Al di la dei valori di forza registrabili nellanziano, da tenere
presente il fatto che il tessuto muscolare invecchiato pi soggetto a
lesioni di natura traumatica per due chiari motivi:
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Ridotta resistenza meccanica del tessuto per riduzione dei tessuti
elastici;
Ridotto controllo cinetico dei movimenti (dissincronismi muscolari,
mancato controllo sulle escursioni articolari pi ampie, )
Il secondo punto in particolare, ci ricorda che un protocollo di lavoro
per laumento o il mantenimento della forza, non utile se non seguito da
un programma volto al controllo stesso della forza acquisita.
Pur non disconoscendo le valenze propriocettive legate agli esercizi
di forza, dimostrato come il miglior controllo cinetico dei tratti corporei
derivi da un educazione al movimento in grado di aumentare la
funzionalit dei recettori cinestesici.
Ecco perch la raccomandazione quella di lavorare si per
mantenere il trofismo muscolare, e programmi svolti in soggetti di
avanzata et, dimostrano che le capacit muscolari possono, per lo meno
in parte, essere recuperate o mantenute, senza dimenticare lazione di
controllo tonico.
Un sufficiente livello di forza muscolare, determina, nei soggetti di
avanzata et, una indipendenza psicologica in grado di mantenere un
livello qualitativo di vita pi alto.
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Similmente, i soggetti meno dotati da questo punto di vista,
procedono in senso inverso attivando un processo di feedback negativo in
grado di portarli a prestazioni sempre pi impoverite.
Le esercitazioni da preferire sono quelle di tipo isotonico
concentrico o eccentrico.
Meno consigliate quelle isometriche in quanto pi stressanti
lapparato cardiovascolare soprattutto se eseguite senza il controllo di un
addetto ai lavori.
In conclusione, non dimentichiamo che il soggetto anziano tende, in
linea generale, ad un calo del suo metabolismo basale anche in virt della
sua minore massa metabolicamente attiva.
Anche questo rappresenta un tipico effetto a feedback negativo in
quanto la diminuzione del metabolismo basale provoca deposito adiposo
con conseguente modificazione delle posture e riduzione ulteriore
dellattivit motoria.
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