Titolo Di solito le opere storiografiche di impianto annalistico, quale quella d
i Livio, si intitolavano annales oppure historiae9. Livio scelse invece un titolo diverso da quelli pi usuali, semplice e preciso, ab urbe condita libri. Era consuetudine abb astanza diffusa nella storiografia sia greca sia latina quella di iniziare lesposizione d ei fatti dal punto in cui si concludeva lopera di un predecessore, oppure da una data prima de lla quale i fatti si supponevano noti o gi sufficientemente trattati; a volte questo punto di partenza veniva indicato nel titolo, con un ablativo di allontanamento. Possiamo citare, anche se pi tarde di Livio, lopera storica di Plinio il Vecchio (perduta) a fine A ufidii Bassi; e gli annales di Tacito, il cui vero titolo era, forse, ab excessu divi A ugusti. Livio non si riallaccia a nessun predecessore, e sceglie come punto di partenza linizio stesso della storia di Roma. Fonti documentarie. Si pu affermare con certezza che per la sua opera storica Livio non fece ricorso n a documenti originali n in genere a ricerche di prima man o. I documenti che avrebbe potuto consultare a Roma erano: 1. gli annales maximi, una raccolta in 80 volumi delle tavole annuali su cui il pontefice massimo annotava, anno dopo anno, i fatti di maggior importanza (esito di una campagna militare, prodigi, andamento dellannata agricola), per metterne al corre nte con tempestivit il popolo. Quando luso di compilare la tavola ogni anno cess (fra i l 132 e il 114), tutto larchivio conservato nella regia del pontefice venne pubblicato (probabilmente per la parte pi antica della storia di Roma le tavole o non erano mai esistite, o erano andate perdute: ma chi cur la pubblicazione provvide a ricostru ire la storia di Roma fin dallinizio) 2. gli archivi privati delle gentes. Come si apprende da numerose testimonianze antiche ogni gens custodiva con cura la propria storia, tramandandola e arricche ndola generazione dopo generazione. Tale uso certamente connesso con lo ius imaginum, il diritto gentilizio di conservare nellatrio della casa le immagini in cera (probab ilmente busti o maschere) degli antenati, sotto le quali erano annotati il nome del pers onaggio, le cariche ricoperte, forse anche le imprese compiute. Di qui nasce il liber commen tarius, cio la storia della famiglia: a questo liber si attingevano le notizie per la com posizione degli elogi funebri, pronunciati durante il funerale da un figlio o un parente d el morto: oltre ai meriti del defunto , venivano ricordate anche le imprese degli antenati , per mostrare che il personaggio elogiato le aveva eguagliate o superate.3. i senatus consulta, cio i decreti votati dal senato: al tempo di Livio erano disponibili e consultabili, in forma di libro. I testi delle leggi e dei trattat i erano pi dispersi, ma procurarseli e consultarli non era impossibile: dobbiamo a Polibio la citazione fedele del testo di tutti i trattati stipulati tra Roma e Cartagine pr ima della seconda guerra punica (3,22-26) 4. elenchi di magistrati erano conservati nei Fasti e nei libri lintei, custodit i questi ultimi nel tempio di Giunone Moneta. Livio non dice mai di aver direttamente consultato qualcuno di questi documenti;
In sostanza il metodo di Livio consiste nellacquisire, come materiale su cui lavorare, le opere storiche precede nti, senza risalire oltre era probabilmente il solo metodo possibile. Il lavoro di Livio consistette dunqu e in gran parte nel tradurre nella prosa augustea, in una veste letteraria accurata e attr aente, il materiale gi raccolto da altri.Tuttavia stato possibile ricostruire con una certa probabilit le fonti di cui Livio dovette valersi: per la prima decade gli annalisti romani pi antichi (da Fabio Pi ttore aClaudio Quadrigario e Valerio Anziate); per la terza (seconda guerra puni ca) soprattutto Celio Antipatro e Polibio; e ancora Polibio, oltre agli annalisti e a Catone, pe r la quarta e la quinta. Si ritiene per lo pi che per ogni sezione dellopera Livio, pur tenendo presenti pi fonti, ne segua principalmente soltanto una, impiegando le altre come riscontro, e menzionandole di tanto in tanto brevemente, soprattutto nei casi di forte diverg enza con la fonte principale, che cambia a seconda del periodo e/o dellargomento trattato. In generale Livio non contamina tra loro le fonti, ma sceltane una per ogni sezione , riorganizza e riscrive i fatti da quella presentati secondo le su esigenze stili stiche, aggiungendovi le proprie considerazioni morali, politiche, religiose.Le fonti se condarie insomma sono di solito aggiunte al racconto principale, non consultate prima, in modo da inserire nel racconto principale correzioni e m odifiche, quando le fonti secondarie offrano una versione o interpretazione pi probabile. N aturalmente limpiego di pi fonti pu comportare qualche volta, nel passaggio dalluna allaltra, ripetizioni e contraddizioni: pu accadere che lo storico non rico nosca, leggendone in fonti diverse, il medesimo fatto, e lo registri due volte; o anche che di un unico fatto offra, in sezioni diverse dellopera, versioni contrastanti.Scopo di L ivio non soltanto, come proprio di ogni storico, tramandare il ricordo di eventi importanti: a questo intento fondamentale, che naturalmente presente, si unisce una chiara impostazione ideologica (Livio vuole anche dimostrare qualcosa ), guidata da quello che in breve si potrebbe definire pregiudizio patriottico. Come si deduce dalla prefazione generale dellopera, Livio non aveva dei compiti e dello scopo della storiografia unidea nuova o insolita: anchegli ritiene, come mol ti storici prima e dopo di lui, che la storia debba essere magistra vitae, che debba insegn are.Linsegnamento cui egli soprattutto mira non di tipo pragmatico come in Polibi o, che si rivolge in modo prevalente ad un ben selezionato pubblico, quello degli uomini p olitici, che dallanalisi dei fatti del passato possono trarre indicazioni utili per meglio svolgere il proprio compito. Livio si rivolge ad un pubblico vasto e indeterminato, che dall a sua opera, si augura, potr trarre un insegnamento di tipo morale. Semplificando un po co si pu dire che il lettore di Livio trova nella sua opera lesaltazione della virt e la condanna del vizio. In tal modo Livio si inserisce perfettamente nella tradizione storiog rafica precedente, che nella Roma degli antenati vedeva il modello dello stato perfetto , lesempio di tutte le virt etiche e politiche, tanto pi idealizzate quanto meno esse appaion o praticate nellet presente.Il moralismo di Livio per non astratto, n salvo poche eccezioni pedante e predicatorio; fondato sui valori della Roma antica, appare p er lo pi incarnato dai personaggi, illustrato dalle loro azioni, insomma di solito intern o alla narrazione stessa: la lezione che occorre trarne spesso affidata, con un espedie nte semplice ed efficace, alle parole dei personaggi stessi. Non mancano naturalment e anche commenti espliciti del narratore, ma non sono n estesi n frequenti. Sfera morale e sfera politica sono in Livio strettamente connesse: lattivit polit ica e militare dei Romani, ispirata e guidata dalle virt, ha fatto grande limperium ( q uesta lidea base che sostiene la prefazione generale dellopera).