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Elearnit 2008

Tutto l’elearning del 2008:


una selezione dei migliori articoli pubblicati sul blog di elearnit
Best of Blog 2008

Licenza Creative Commons ..............................................................................3


1 Didattica e Corsi.........................................................................................5
1.1 Creare corsi coinvolgenti (e evitare di annoiare a morte)............................5
1.2 Fumetti nell’elearning? ..........................................................................6
1.3 Come risparmiare soldi e tempo per il vostro prossimo corso ......................7
1.4 Non perdiamo la testa...........................................................................9
1.5 Coinvolgiamo gli utenti........................................................................ 10
1.6 State costruendo il giusto tipo di corso e-learning?.................................. 14
1.7 Quanto costa un corso su misura? ........................................................ 16
1.8 PDF: questo sconosciuto ..................................................................... 18
1.9 6 tecniche per rendere felici gli utenti e-learning..................................... 19
1.10 5 semplici modi per iniziare a fare corsi e-learning .................................. 21
1.11 Conoscere e Integrare gli strumenti di rapid authoring: il fattore umano .... 24
1.12 Usare la videoconferenza per l’apprendimento ........................................ 26
2 Gestire l’e-elearning ................................................................................ 28
2.1 Tempo e Budget nella realizzazione di risorse didattiche .......................... 28
2.2 Le performance nella formazione a distanza ........................................... 29
2.3 Gli enti di formazione e l’e-learning: vorrei…ma non voglio ....................... 31
2.4 Maledetta FaD! .................................................................................. 33
2.5 Un caso concreto di applicazione dell’e-learning ...................................... 35
3 Teoria e Tendenze.................................................................................... 36
3.1 Mobile Learning? Ci mancava pure questo!............................................. 36
3.2 Il caso Iris Ceramica ........................................................................... 38
3.3 Contaminare! Contaminare! ................................................................. 39
3.4 Diario Californiano.............................................................................. 40
3.5 Parole, Parole, Parole…........................................................................ 42
3.6 Dalle parole ai fatti ............................................................................. 43
3.7 Apprendimento Liquido ....................................................................... 45
3.8 Work integrated learning ..................................................................... 46
3.9 E-learning: dove si va? ....................................................................... 47
3.10 Upgrade su “Technology-Enhanced Learning” ......................................... 48
3.11 L’elearning 2.0 non esiste.................................................................... 49

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About us

Abbiamo deciso di lanciare questo blog per condividere un po’ delle esperienze e del
know how che come Elearnit raccogliamo ogni giorno insieme ai nostri clienti e ai nostri
partner, occupandoci di elearning e di gestione della conoscenza in azienda.
Lavorandoci quotidianamente abbiamo scoperto che i problemi da affrontare nel
portare l’elearning in azienda sono spesso più pratici e organizzativi che teorici.
L’elearning è fatto più di persone che di tecnologie, ed è di questo che vorremmo
parlare qui.

Chi siamo:

Massimiliano Ferrari

Alberto Pastorelli

Visita il sito di Elearnit!

http://www.elearnit.net
http://elearnit.wordpress.com/

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1 Didattica e Corsi

1.1 Creare corsi coinvolgenti (e evitare di annoiare a morte)

Creare corsi coinvolgenti (e evitare di annoiare a morte)


14Nov08

Tom Kuhlmann ripropone nel blog di articulate uno dei nostri temi preferiti: come creare
corsi coinvolgenti ed evitare di annoiare a morte gli utenti. L’articolo è qui. Voglio
commentare qui i suggerimenti che Tom propone.

• Schermata dopo schermata di info irrilevanti per l’utente. Questo, come


è noto, è il principale problema. E’ frutto della tendenza di ciascuno a
presentare le informazioni anziché calare l’utente in uno scenario reale. Come
fare? Ridurre, ridurre, ridurre: più vado avanti, più tendo a ridurre le
informazioni che “presento” e più cerco di usare scenari, casi, fumetti, problemi
da risolvere…
• Affidarsi troppo al vs intuito e esperienza, specie se siamo noi gli esperti
dell’argomento: Tom suggerisce di parlare direttamente con gli utenti:
verissimo, se non sono a disposizione al limite presentare il corso a colleghi-
amici. Questo fatto di coinvolgere gli utenti del cliente, a mio parere, dovrebbe
entrare nel normale processo produttivo di un corso!
• Creare un mega-corso quando quello che serve è una mini-lista di
soluzioni. Teniamolo semplice, dice Tom, e diamo agli utenti quello che serve
quando gli serve. In questo caso, aggiungerei, spesso si pensa che serva un
corso quando quello che serve è un buon knowledge-management!
• L’Elearning non rimpiazza il bisogno di imparare assieme agli altri in un
contesto sociale. Giusto, io su questo aggiungerei che però l’uso dei forum
consente di riprodurre il contesto sociale e - se ben progettato - di dargli molta
forza.
• I ns utenti hanno bisogni di cui non siamo consapevoli. Oppure hanno
problemi di cui non siamo consapevoli: gli utenti hanno schede audio o
altoparlanti? Hanno Flash? Magari hanno bisogni pratici che il committente
stesso non conosce! (l’esempio delle schede audio - che fa Tom - lo faccio
anch’io: è un problema più diffuso di quanto si pensi!)
• Calcolare male le motivazioni dell’utente. Non è detto che gli utenti siano
così entusiasti del corso: troviamo modi di capire le sue motivazioni. Spesso si
tratta di focalizzarsi sull’aiutarlo a lavorare meglio.

Cosa ne pensate?

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1.2 Fumetti nell’elearning?

Fumetti nell’elearning?
21Ott08

Cathy Moore, nel suo ultimo post, sostiene che bisognerebbe tagliare tutti i contenuti
troppo semplici. Lo fa usando una breve presentazione fatta
usando dei fumetti.
Il vero tema del post è scrivere in modo chiaro, non mettersi
in atteggiamento da “docente” e eliminare tutto il
contenuto ridondante, scontato. Concetti con cui sono
d’accordo. Tra l’altro, almeno nell’e-learning, io tendo a eliminare
anche tutti i contenuti troppo complicati (a volte è meglio leggere un
documento….) e cerco di renderli tramite interazioni o scenari.

Io però vorrei mettere in evidenza un altro aspetto: i fumetti (nelle presentazioni,


nell’e-learning) secondo me sono molto efficaci come strumento didattico (del
resto, anche Google per spiegare il perché di Google Chrome, il suo nuovo browser, ha
usato i fumetti…).
Che ne pensate?

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1.3 Come risparmiare soldi e tempo per il vostro prossimo corso

11Ago08

Risparmiare tempo e soldi? E come?

(credits: http://www.articulate.com/rapid-elearning/save-time-money-
building-your-next-e-learning-course/)

Non create il corso


I clienti pensano di solito di poter risolvere tutto tramite l’addestramento. A volte,
però, può essere sufficiente distribuire i giusti documenti. Se pensate che non ne valga
la pena, evitate di creare il corso.
La gerarchia dell’E-Learning Design di Tom Kuhlmann:
Tom Kuhlmann, blogger del Rapid Elearning Blog di Articulate, propone il suo approccio
a tre livelli. Per cominciare, si cerca di automatizzare il processo produttivo al massimo
e di tenere liberi gli instructional designer per ciò che vale la pena.

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La gerarchia di Kuhlmann

1. Usate il rapid e-learning come approccio standard. Questo consente di


creare la maggior parte dei progetti velocemente.
2. Costruite dei “pezzi” personalizzati da poter inserire a piacimento.
Anche questo è un buon modo per risparmiare tempo: file flash, oggetti web,
tutte cose che si possono “riciclare” da un corso all’altro.
3. Usate gli instructional designer e il flash per lo sviluppo su misura.
Semplice: se si sono seguiti i primi due consigli, resteranno tempo e soldi per
fare di meglio dove e quando vale la pena…

Incorporate contenuti esterni


La maggior parte dei corsi si focalizza sul fornire informazioni che - spesso - sono
reperibili altrove: sulla intranet aziendale, sul web… Invece di re-inventare la ruota
ogni volta, tanto vale usare le informazioni che ci sono già.
Anche noi usiamo con successo questa gerarchia del design. A volte non è semplice
riuscire a seguire il metodo n. 2 (i pezzi personalizzati raramente si riescono a
riutilizzare così come sono) ma certamente ri-usiamo le stesse idee di un corso per
riprenderle in un altro.

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1.4 Non perdiamo la testa

28Lug08

Troppo concentrati sulla tecnologia, o sugli aspetti organizzativi, o su quelli


metodologici, a volte rischiamo di dimenticarci
che alla fine della catena dell’elearning c’è un
altro, insignificante elemento: il cervello.

Allora ecco qui un libro, o meglio un progetto


multimediale che include anche un file e dei
tutorial web, che si pone alcune domande del
tipo:
How do we learn? What exactly do sleep and
stress do to our brains? Why is multi-tasking a myth? Why is it so easy to forget—and
so important to repeat new knowledge? Is it true that men and women have different
brains?

L’autore elenca 12 regole, o più precisamente 12 dei meccanismi principali che stanno
alla base della memoria e dell’apprendimento, e che sarebbe sicuramente interessante
cercare di tenere in considerazione anche nei processi di elearning (dove già non si
faccia…). Tra gli altri anche lo stress… oddio, mi viene in mente che la tecnologia
stessa è considerata un potenziale elemento di stress: vuol dire che l’elearning
potrebbe essere contrario a se stesso?

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1.5 Coinvolgiamo gli utenti

21Lug08

Tutti vorremmo costruire dei corsi coinvolgenti, che trasformino il coinvolgimento passivo
in attivo. Come farlo con mezzi semplici? (anche x questo post, credits Articulate Blog)

In estrema sintesi, se forniamo informazioni significa che abbiamo scelto il


coinvolgimento passivo. Se le nostre informazioni servono all’utente per prendere
decisioni abbiamo scelto un coinvolgimento attivo.

Attivo e passivo
Ecco due esempi veloci che mostrano la differenza tra i due tipi di coinvolgimento. Il
primo è un esempio tipico di coinvolgimento passivo, tutto quello che fa è condividere
informazioni. Il secondo chiede all’utente di usare attivamente le informazioni tratte
dal corso.

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Passivo: Clicca qui per vedere un esempio di coinvolgimento passivo

Attivo: Clicca per vedere un esempio di coinvolgimento attivo

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Il coinvolgimento passivo ci da’ accesso alle informazioni


Leggiamo libri, giornali. Guardiamo la TV. Anche questi sono strumenti di
apprendimento. Passivo, ma apprendimento. Passivo non significa inefficace. E non
significa per forza un “power point con degli elenchi puntati”. Come nell’esempio
successivo.

Clicca per vedere un esempio di contenuto passivo coinvolgente

Il coinvolgimento attivo ci aiuta a prendere decisioni


I corsi con coinvolgimento attivo sono basati sulle decisioni: si danno delle informazioni
agli utenti, che devono prendere decisioni. Di solito la navigazione è “non lineare” ma
non sempre.

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Clicca per vedere la demo di un corso con “coinvolgimento attivo”

Anche il coinvolgimento passivo può essere utilie


Il coinvolgimento passivo serve a far girare le informazioni. E’ efficace quando
le informazioni sono puntuali e rilevanti, come ad esempio una ricerca di informazioni
sul web. In questo senso, un corso e-learning “passivo” è come cercare su Google:
qualcosa di disponibile quando ne abbiamo bisogno.
In sostanza, torniamo sempre allo stesso punto ==> prima di creare un corso,
pensiamo bene all’obiettivo didattico, a cosa devono imparare le persone! Garantisco
che non è facile, quasi sempre i clienti, ad esempio, partono subito pensando che si
tratti di trasferire e condividere informazioni, anche quando quello che si aspettano è -
anche solo parzialmente - un comportamento magari relazionale.
Il sospetto è che l’e-learning che viene normalmente pensato sia riflesso esatto di
quello che si fa anche in aula: trasferire informazioni. Ma qui si aprirebbe un altro
capitolo…

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1.6 State costruendo il giusto tipo di corso e-learning?

14Lug08

Creare un corso può essere una cosa lunga e faticosa: non vale la pena sprecare tempo a
renderlo più complesso di quanto serva (a volte, specie nei progetti finanziati, è
proprio quello che accade..)
L’obiettivo vero dovrebbe essere di creare il meglio possibile con le risorse limitate che
avete.

Identificare gli obiettivi del corso


L’obiettivo della maggior parte dei corsi è di migliorare le proprie prestazioni.
Spesso in realtà si costruiscono corsi il cui vero obiettivo è di condividere
informazioni, più che migliorare le proprie prestazioni. Spesso infatti si è più
focalizzati sulla distribuzione di contenuti che sul miglioramento o
sull’apprendimento.
Paradossalmente, molto spesso se l’obiettivo è solo condividere informazioni non vale
nemmeno la pena di costruire un corso.
Se comunque si vuole lo stesso produrre un corso, allora bisogna identificare quale tipo
di corso.
Quale tipo di corso?

Diciamo che ci sono tre tipologie principali di corsi*

1. Corsi che comunicano informazioni, non abbiamo pretese di migliorare


le prestazioni.

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I corsi basati sulle informazioni comunicano informazioni nuove ma non


pretendono di migliorarvi. Ad esempio, un corso che vi illustra le nuove
caratteristiche di un programma software. Imparate delle cose, ma non vi si
chiede di fare qualcosa con queste nuove informazioni.
2. Corsi che danno istruzioni passo passo per fare qualcosa.
Questi corsi sono focalizzati su procedure e su “come fare qualcosa”. Sono fatti
di compiti ripetibili molto simili a quello che l’utente dovrà fare lavorando. Ad
esempio, mostrare a qualcuno come completare un foglio di lavoro o come
usare un software.
3. Corsi che condividono linee guida per aiutare a risolvere problemi.
Questi sono i corsi più difficili: insegnare a qualcuno dei principi o delle linee
guida. Bisogna davvero capire le sfumature della situazione in cui si trova il
corsista.

Tutti questi tipi di corsi possono essere semplicissimi o complessi. Conviene


minimizzare la complessità e liberare risorse per i progetti più importanti.
Gestire saggiamente le vostre risorse
Quando si costruisce un corso, meglio usare un approccio appropriato al tipo di corso
che si sta costruendo. Si veda in proposito questo post del blog di Articulate sulla
gerarchia dell’e-learning.
Alcuni consigli:

• Si legge meglio offline. Molti corsi richiedono di leggere molto. Se il vostro


cosro è basato molto sulla letture, forse è meglio creare un corso che riassuma i
punti principali e dare un pdf da scaricare.
• Insegnate a trovare informazioni, anziché darne. Se tutte le informazioni
che date sono già nella intranet aziendale, forse è meglio insegnare agli utenti
come trovare le informazioni. Alla lunga, migliorerete le prestazioni degli
utenti e ridurrete il bisogno di futuri corsi.
• Spezzate il contenuto in “pillole”. Se vi chiedono che ore sono non gli
insegnate a costruire un orologio. Costruite corsi spezzati in pillole
“autoconsistenti” che - se combinati assieme - diventano un corso unico.
• Mantenete il corso semplice e focalizzato. Spesso partiamo per creare un
corso coinvolgente, interattivo e finiamo per creare un corso complicato e
noioso. Cerchiamo di restare focalizzati e facciamo in modo di centrare gli
obiettivi. Ad esempio, se dobbiamo condividere delle linee guida o dei principi,
costruiamo uno scenario o un caso di studio e facciamo “fare pratica” agli
utenti.

Credits: Are You Building the Right Type of E-Learning Course?

* Lo so che - nella teoria dell’e-learning - questa non è la classificazione corretta. Se


ne potrebbero peraltro elencare molte. Tuttavia, per questo post faceva comodo
questa classificazione.

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1.7 Quanto costa un corso su misura?

23Giu08

(ELEARNIT) “Capisco, quindi voi avete questa


procedura che tutti i vostri rivenditori devono saper
fare e devono eseguire. Potremmo creare un corso
su misura su questo.”

(CLIENTE) “mmmh, mi potrebbe interessare.


Quanto può costare?”

(EL) “Beh, dipende da molte cose. Prima di tutto dovremmo capire qual è l’obiettivo
didattico e di che tipo di competenze stiamo parlando. Poi, decidere assieme qual è il modo
migliore di presentare i contenuti. Avrei bisogno di vedere i contenuti che usate adesso, per
capire meglio.”

(C) “Impossibile. Questi contenuti si riferiscono a procedure riservate, non possiamo


mostrarvele finché non ci avrete presentato un preventivo e non vi avremo fatto
l’ordine.”
………………………
Paradossale? Ammetto di sì: per quanto spesso i clienti siano “strani” e ti mettano in
condizioni di “comma 22″ non ci è mai capitata una conversazione proprio come
questa…. Però, non ci siamo andati lontani. Spesso il cliente si immagina un processo
“meccanico” o “industriale”: ti do questi contenuti (300 pagine di manuale, 10 filmati,
5 power point…) e dimmi quanto mi costa. Purtroppo però - o per fortuna -
l’apprendimento degli adulti non funziona così. Non crediamo che sia sufficiente
“sparare” a 100 utenti una presentazione di 300 pagine che abbiamo semplicemente
trasformato in oggetto Scorm per essere sicuri che questi poveri utenti abbiano
imparato quei contenuti.
Proviamo a rovesciare la prospettiva:

• cosa devono imparare? una normativa, come si monta un macchinario, una


procedura amministrativa, come si usa un software….
• che competenze coinvolge il corso? tecniche, normative, di comportamento,
relazionali, manageriali? per dirla come la direbbe Andrea Laus di Dms: sapere,
saper fare o saper essere?

Stabilito questo, e visti magari i contenuti riservatissimi, possiamo iniziare a ragionare


sul tipo di corso, il tipo di interazioni di verifica e il contesto in cui erogarlo
(solo testo? flash con audio e filmati “esplicativi”? che tipo di interazioni di verifica? a
domanda chiusa - e ci sono almeno una decina di modi di fare i test chiusi - o “in
situazione”, tipo risolvere un caso di studio. O ancora una simulazione di uso di un
software o - esageriamo - una simulazione comportamentale).
Aggiungiamo qualche altro punto (preso da un caso reale di cui ci stiamo occupando
ora assieme a Dms):

• se servono delle riprese video, decidere chi fa le riprese, come e dove


• discutere con il cliente un indice dettagliato dei contenuti del corso

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• definire in quali e quante lingue fare il corso


• definire eventuali add-on relativi a particolare interattività o funzionalità
richieste (ad es: versioni off-line con tracciamento in differita, streaming
video…)
• definire quali e quante lingue per il progetto

Insomma: le variabili sono moltissime. Potete considerare che un’ora di fruizione “run
time” può andare da poche migliaia di euro a diverse migliaia. O anche di più.
Chiaro, si può fare molto anche con un basso budget, specie se le esigenze sono
modeste e le idee chiare.
Su questo, rimando al blog di Cathy Moore.

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1.8 PDF: questo sconosciuto

24Mag08

In questi giorni sto giocando con le funzioni di Adobe Acrobat che consentono di
aggiungere elementi audio e video ai file pdf. In fondo il formato pdf è forse quello più
diffuso e meno problematico per la distribuzione di documenti: si parte da file office e
molte aziende già utilizzano Acrobat per la produzione della propria documentazione. E
allora, perchè cercare lontano quando la soluzione può essere semplice, economica e a
portata di mano (tanto che magari ce l’abbiamo già in casa)?
Sapevo di queste funzioni per averle intraviste spesso nei menu di Acrobat, ma non mi
ci ero mai soffermato. Sapete come va: il tempo è sempre poco, magari un giorno
provo anche questo, e così via. E’ proprio vero che nella maggior parte dei casi
utilizziamo solo in minima parte le possibilità degli strumenti che abbiamo a
disposizione!
Una prima funzione permette di registrare brevi commenti audio direttamente in
acrobat dal microfono del pc, o importare file audio esterni in formato .wav o .aif, che
poi saranno integrati nel file ed eseguibili cliccando su un’icona che è possibile
posizionare liberamente in qualunque punto del documento. E’ possibile inserire più
brani audio in più punti di ogni documento. Si trova nel menu commenti > strumenti di
creazione commenti > registra commenti audio (ho la versione 7 in italiano). Qualcosa
di simile poi si può fare anche dal menu strumenti > modifiche avanzate, con la
possibilità di inserire anche file video.
Ho trovato anche un filmato che illustra proprio queste possibilità, sta qui.
Avete già utilizzato queste funzioni, e come? A me sono venuti in mente subito
moltissimi utilizzi, anche oltre quelli legati alla formazione vera e propria:

• Commenti audio alle slide o ai grafici di presentazioni di powerpoint convertite


in pdf
• Dispense ed esercizi “listen&repeat” di corsi di lingua
• Aggiunta di presentazioni audio-video ai curriculum vitae
• Descrizioni audio-video in materiale pubblicitario (presentazioni di alberghi o
località turistiche, video sulla realizzazione dei prodotti, …)
• Cataloghi audio-video
• Manualistica tecnica (guarda come si monta il pezzo di ricambio che hai
acquistato online)

E credo che si potrebbe andare avanti a lungo… ma perchè non mi è mai capitato di
vedere documentazioni realizzate in questo modo? Il pdf è un formato pressoché
universale, economico, non richiede formazione o skill particolari, non richiede
hardware particolare… e allora cosa mi sfugge?

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1.9 6 tecniche per rendere felici gli utenti e-learning

22Apr08

Non è semplice lavorare con i clienti. Sono i


committenti dei corsi, pagano le fatture: è meglio
ascoltare quello che hanno da dire. E quello che
vogliono.
D’altra parte, un cliente esigente può influenzare
negativamente il corso facendo richieste che non
sono coerenti con una corretta progettazione.
La sfida è cercare di bilanciare la soddisfazione del
cliente con l’obiettivo di creare un buon corso. Ecco
come farlo, almeno secondo noi:

1) fornire la massima qualità possibile

Il modo migliore di gestire la relazione col cliente è di guadagnarsi la reputazione di


lavorare bene. L’unica cosa che si può controllare siamo noi stessi e quello che
facciamo. Se ci impegniamo a fornire il massimo, dare un buon prodotto e soddisfare il
cliente probabilmente le cose ci andranno meglio.

2) fate leva sulla vostra esperienza

La percezione spesso equivale alla realtà. Sia che abbiate fatto un progetto o un
centinaio, per il cliente l’esperto di elearning siete voi. Se è così, agite coerentemente.
Senza sembrare saputelli, spiegate le vostre idee e perché funzioneranno. Non fatevi
intimidire dalle richieste dei clienti, se pensate che quello che vogliono non funzionerà.

3) ascoltate

Siete lì per aiutare a risolvere un problema. Ascoltate il cliente e focalizzatevi sulla


soluzione che lo aiuterà. Fate le domande giuste. Più lo fate parlare e più gli fate
domande, più penserà che siete l’esperto.

4) stabilite scadenze chiare

La principale causa di perdita di tempo e di frustrazione è la mancanza di


comunicazione sugli obiettivi del progetto.

5) guadagnatevi l’attenzione del cliente

Siate preparati, siate puntuali e proattivi. Ci può sempre essere qualcuno che potrebbe
fare il vostro lavoro meglio e per meno. Non perdete tempo e rispondete alle esigenze
del clienti. Non tenete il progetto in stand-by solo perché non aspettate un ulteriore
incontro di chiarimento col cliente. Fate le piccole cose che dicono al cliente che
prestate attenzione a lui e alle sue esigenze.

6) date delle scelte al cliente, ma non troppe

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Se proponete solo un’idea per il progetto, vi esponete a un sacco di questioni e di


critiche. Se ne proponete troppe, perderete un sacco di tempo analizzandole tutte. Tre
proposte sono l’ideale: ad esempio una lineare, una focalizzata sulla condivisione del
contenuto e un po’ di interattività e poi un caso di studio.

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1.10 5 semplici modi per iniziare a fare corsi e-learning

5 semplici modi per iniziare a fare corsi e-learning


25Feb08

Il primo modo è… con l’esperienza. Per chi invece non ne ha (e non sa l’inglese ) , provo
a dare qualche consiglio tratto dall’utile newsletter di Articulate…

Non impazzite cercando di creare un corso da Oscar


Iniziate con semplicità: l’obiettivo è dare informazioni che aiuteranno a fare - meglio -
qualcosa. Ad esempio, potete guardare i template della Microsoft che hanno anche dei
modelli di analisi dei bisogni.

Clicca qui per vedere i template Microsoft


Dopo qualche progetto, vi sentirete più pronti ad applicare il vostro approccio
personale.
Imparate dagli esperti
Per essere un bravo designer e-learning, dovreste sapere qualcosa di multimedia,
grafica, design, psicologia e forse anche qualcosa sulle tecnologie web e flash. Ma non
troppo, un po’ di ciascuno di questi temi. Ecco qualche link (sono in inglese).

• E-Learning by Design: Tutte le informazioni di base.


• The Non-Designer’s Design Book: Alcuni principi base di design e suggerimenti
pratici su come organizzare meglio il contenuto.
E-Learning and the Science of Instruction: Le basi teoriche del perché dovreste
organizzare il contenuto in un certo modo
• Presentation Zen: lo zen e…. l’arte delle presentazioni power point (e non solo).

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Ne conoscete altri?
Sperimentate gli strumenti

Rispetto a creare corsi con Flash, gli strumenti di rapid e-learning sono facili. Non c’è
nessun danno che possiate fare. Ad esempio, come usare Articulate Presenter? Provate a
creare un file di 10 slide e provate tutte le caratteristiche che trovate nel menu “Articulate”,
poi vedete che succede. Infine, date un’occhiata al forum di Articulate o alla vetrina
dei prodotti.

Non abbiate paura di sperimentare


Date un’occhiata al lavoro degli altri (ad esempio, nella vetrina di Articulate) e provate
anche voi.
Ad esempio, provate a guardare questa immagine: è stata realizzata da uno
sviluppatore Flash. Lo studente muove il mouse per avere informazioni su uno specifico
pezzo:

Con Articulate Engage si può creare qualcosa di simile in circa 15 minuti.

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Best of Blog 2008

Provate a guardare questa demo.

Usate le risorse gratuite

• Leggete i blog
• Partecipate!

Questi consigli sono solo l’inizio. Il trucco è solo iniziare a fare degli esperimenti e non
avere paura di chiedere. Buon lavoro!

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1.11 Conoscere e Integrare gli strumenti di rapid authoring: il


fattore umano

Conoscere e Integrare gli strumenti di rapid authoring: il fattore umano


20Feb08

A volte la creazione di oggetti didattici online richiede doti di creatività e


improvvisazione piuttosto che non elaborate competenze teoriche e tecnologiche.
Quando si tratta di fare formazione in azienda su contenuti molto specifici, quali
possono essere delle nuove procedure amministrative o una particolare funzione del
gestionale interno, ci si deve confrontare spesso con tempi e scadenze (e budget!) che
precludono la possibilità di elaborare prodotti multimediali organici particolarmente
avanzati. Magari sarebbe utile coinvolgere un nutrito staff di metodologi e creativi per
studiare metafore comunicative, storyboard ricchi ed efficaci, e realizzare tutto con
l’aiuto di una squadra di programmatori e sviluppatori flash. Purtroppo il cliente ci ha
dato solo un mese di tempo, un manuale e un powerpoint di 200 slides di testo. E
allora chessifà?
Difficilmente gli strumenti di “produzione rapida” come eXe, Articulate Presenter,
Captivate, Camstudio o hotpotatoes riescono singolarmente a rispondere alle tutte le
esigenze di un corso. Qui interviene l’ingegno, e recentemente ci è capitato di doverlo
usare davvero tutto. Il caso era proprio quello di dover formare personale
amministrativo su una nuova procedura contabile che comportava variazioni sia sul
fronte della comunicazione tra gli uffici che nell’utilizzo del gestionale.

Avevamo bisogno di:

• Illustrare i contenuti teorici


• Mostrare le nuove operazioni sul software gestionale
• Motivare l’attenzione sui contenuti

E di far tutto con una soluzione organica da erogare in autoapprendimento.


Come lo realizziamo un modulo del genere?

I filmati li abbiamo registrati con camstudio e poi portati in captivate per aggiungere
“fumetti” esplicativi delle azioni visualizzate. Con eXe abbiamo creato piccoli test
intermedi con feedback immediato, che ancorassero gli utenti ai contenuti.
Articulate Presenter, che non non ha funzionalità di screen recording e nella versione
standard ha funzioni di test molto limitate, ci è servito per pubblicare i contenuti forniti
in powerpoint (ruolo per cui di fatto è nato), ma soprattutto per strutturare i singoli
moduli formativi e integrare gli altri strumenti. Abbiamo infatti sfruttato le funzioni di
import di Presenter per inserire i filmati creati con camstudio/captivate, e i test creati
con eXe, come fossero slide di powerpoint, ottenendo così moduli organici di facile
fruizione e tracciabilità.

Tutto questo, dalla raccolta dei materiali, alla progettazione, alla realizzazione, si è
svolto in meno di un mese. Niente male eh?

Questa esperienza ha diverse morali: innanzitutto, in questo lavoro conoscere tutti gli
strumenti a disposizione è fondamentale. In secondo luogo, gli strumenti di per sè non

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servono a niente (buffo eh?). Tirando le somme, credo che le chiavi che ci hanno
permesso di risolvere la situazione siano state tre:

• Conoscere il cliente
• Conoscere gli strumenti
• Saper inventare

Tre chiavi in cui la tecnologia resta solo un dettaglio, rivelando come il “fattore umano” sia
sempre inevitabilmente risolutivo: creatività e conoscenza sono ancora i migliori
strumenti di lavoro!

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1.12 Usare la videoconferenza per l’apprendimento

Usare la videoconferenza per l’apprendimento


01Ott08

Ritorno alla pubblicazione “UPGRADE - The European Journal for the Informatics
Professional” e alla monografia (“Technology-Enhanced
Learning“) di cui ha già parlato Alberto.
In questo caso, parliamo dell’uso di tool di videoconferenza in un
contesto di apprendimento formale.
Gli autori - dopo aver discusso di come i nuovi media creino nuove
forme di apprendimento informali, che vengono utilizzate a fianco
delle modalità tradizionali - discutono il concetto di Learning Object.
Gli LO vengono definiti come mezzi di apprendimento online riutilizzabili, e anche
adattabili e scalabili.
Successivamente, raccontano il loro caso di studio, realizzato nell’ambito della
ProLearn Summer School.

In sintesi, nel corso della sessione 2007 sono stati organizzati 5 meeting live con gli
studenti.
Il tool usato è stato Flashmeeting (frutto di un progetto di ricerca della open
university): oltre alle classiche funzioni che hanno sostanzialmente tutti i tool di aula
virtuale (moderatore/utenti, chat integrata, sistema di prenotazione degli interventi,
audio-video, condivisione di applicazioni…) FlashMeeting ha anche un’interessante
funzione di registrazione automatica (Memo tool) delle sessioni, una registrazione della
chat, registrazione dei link che sono stati scambiati ecc. Tutto questo è disponibile
direttamente subito dopo il meeting, con una visualizzazione dei dettagli del meeting e
può essere rivisto con il FlashMeeting Replay. Inoltre, tutte le azioni (chat, link,ecc) di
tutti i partecipanti sono “taggate” e - durante il replay - si può saltare direttamente al
tag che ci interessa.

Se le caratteristiche dell’evento sono come possiamo immaginarci (l’audio è stato


dominato dal docente, rendendo quindi l’evento una “lezione”, mentre la chat è stata
utilizzata in modo più paritario da tutti). Nell’ambito dello studio, gli studenti che
hanno partecipato alla serie di meeting sono stati intervistati sia rispetto alla loro
partecipazione che rispetto al ri-utilizzo della registrazione. I risultati di questo lavoro
qualitativo sono interessanti: chi ha riguardato il meeting l’ha riguardato più di una
volta e l’ha utilizzato sostanzialmente come un ripasso. I replay, fra l’altro, sono
liberamente accessibili da chiunque (e in effetti sono stati visti in media 70 volte
ciascuno): nel caso in questione, visto il contesto accademico, ciò è ancora più
rilevante visto che consente a chi ha interessi simili di farsi un’idea piuttosto precisa di
una discussione a cui non ha partecipato.

Che conclusioni possiamo trarre?

Beh, intanto mi pare di essermi…risposto da solo a una delle questioni che ponevo nei
commenti al post di Maurizio Goetz sull’apprendimento liquido: questo può essere un
modo di strutturare e utilizzare la conoscenza informale. Inoltre, mi paiono evidenti
anche le implicazioni “aziendali” di un utilizzo di questo tipo di strumenti: intanto, già
con l’aula virtuale o gli strumenti di videoconferenza si possono gestire incontri “quasi
reali” anche a distanza. In più, con strumenti di Replay come questo, si possono

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condividere con molti più colleghi le informazioni relative a una riunione cui magari
hanno partecipato solo 15 persone.

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2 Gestire l’e-elearning
2.1 Tempo e Budget nella realizzazione di risorse didattiche

Tempo e Budget nella realizzazione di risorse didattiche


31Mar08

Riprendo qui alcune riflessioni da un mio intervento sul forum di Orientamenti e


Disorientamenti, in una discussione sul tema “Risorse didattiche: come costruirle e
come usarle”.
Nella mia esperienza, prevalentemente in ambito aziendale, la complessità dello
sviluppo delle risorse didattiche (dato dalla somma di soluzioni tecnologiche e di
componenti didattiche ) dipende dall’obiettivo e dal budget: cosa si vuole ottenere, in
che tempi deve essere prodotto il corso e quanto ci si può investire.
Con questo non voglio assolutamente dare un taglio “amministrativo” ad un tema
squisitamente didattico, ma solo sottolineare come a volte le condizioni “ambientali” di
un progetto possano costringere ad adottare soluzioni di compromesso nella
progettazione delle risorse formative.
Se il corso deve essere erogato entro 2 settimane mi limiterò a produrre un semplice
ipertesto, so ho tempo e budget per curare progettazione e sviluppo potrò ragionare
molto di più sulla struttura dei contenuti e sullo storyboarding di un corso, progettare
interazioni e ralizzare tutto con tecnologie più adeguate (animazioni, video, audio).
In entrambi i casi dò per scontata la presenza di un momento di valutazione online più
o meno complesso.
Nel caso ideale che ci siano tempi e budget per lavorare con tranquillità sulla
progettazione e sulla realizzazione tecnica delle risorse, valuterò altre variabili che
incidono sulle scelte tecno e metodologiche:

- Come verranno erogate le risorse? (CD o LMS)


- In che condizioni tecniche? (pc domestici o videoterminali aziendali, con o senza
schede audio,..)
- In che condizioni ambientali? (a casa con disponibilità di tempo, in azienda in orario
di lavoro, in un’aula informatica nell’orario del corso…)
- Che tipo di contenuto (normativo, istruzionale o tecnico, competenze
comportamentali,…)

In base a queste variabili decido se è il caso di realizzare risorse di durata maggiore o


minore, se prevedere l’audio, e così via. Ad esempio, se i fruitori delle risorse devono
guardarsele nei ritagli di tempo in azienda, col rischio di essere interrotti, produrro
pillole formative di pochi minuti, meglio ancora se in video, altrimenti posso pensare a
moduli più lunghi con una maggiore componente testuale.

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2.2 Le performance nella formazione a distanza

Le performance nella formazione a distanza


28Ott08

In uno dei suoi ultimi post, Cathy Moore si interroga sulla valutazione delle
performance della formazione a distanza: il ROI dell’elearning, insomma.
Mi sono riconosciuto molto nello scenario descritto dall’autrice, e devo ammettere che
questo mi ha un po’ consolato: allora non sono solo i miei clienti, e non è solo in
Italia!!!! Spesso quello che le aziende ci chiedono è semplicemente di sistemare un po’
le loro slide di power point, di trasformarle in un modulo formativo, e soprattutto di
farlo molto, molto in fretta. Ma poi, questa roba funziona?

Ci percepiscono (o almeno ci trattano) come la software house che converte i


pauerpoint e li mette sul sito, senza far troppe domande che non c’è tempo da perdere
e tanto i contenuti sono questi cosa vuoi farci e lo sappiamo noi cosa vogliamo
ottenere… salvo poi pretendere che tutto funzioni e che i miglioramenti siano misurabili
(sì, perchè poi il megadirettore capisce i numeri, mica la teoria).
Nelle parole dell’autrice, per provare il nostro valore, dobbiamo assumere un ruolo più
attivo verso le performance organizzative. Dobbiamo:

- Identificare un obiettivo di business misurabile, un cambiamento nelle performance,


non solo il punteggio di un test
- Progettare una soluzione che ci conduca a quell’obietivo, non ad un report di
informazioni
- Misurare l’effetto della soluzione - le performance reali sono cambiate?

Questo significa che dobbiamo sfidare i clienti che si aspettano che con l’elearning
mettiamo un cerotto al loro problema. Serve che loro ci vedano come persone che
migliorano le loro performance aziendali, non solo persone che mettono online
informazioni.

Come possiamo cambiare la percezione dei clienti?

Possiamo provare ad educarli, magari in modo continuativo (blog, emails, mini


presentazioni). Ad esempio:

- Descrivere come un’azienda simile ha risolto intelligentemente un problema di


performance

- Mandare loro links a soluzioni elearning che hanno effettivamente migliorato delle
performance

- Incoraggiarli a chiedere periodicamente al proprio staff come migliorare il proprio


lavoro

- Chiedere loro periodicamente di programmare un piano formativo (per evitare lo


stato di emergenza costante)

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Ai nuovi clienti, potremmo chiedere:

- Quale problema stai cercando di risolvere?


- Come saprai di averlo risolto?

- Quali soluzioni hai provato finora?


- Perchè ritieni che l’elearning ti possa aiutare?
- Perchè questo problema che hai da tempo è diventato improvvisamente
un’emergenza da risolvere in una settimana? (Ovviamente non diteglielo così: il punto
è capire quali pressioni potrebbero limitare la prospettiva del cliente)

Cathy Moore infine ci chiede:


Cosa ne pensate? Come possiamo portare i nostri clienti ad occuparsi maggiormente
dell’efficacia del loro elearning? Come possiamo portarli a vederci come consulenti di
performance? O è davvero abbastanza dar loro un “ritorno sulle aspettative” e
dimenticarsi di un cambiamento misurabile?

Una questione di metodo

La nostra risposta, basata sulle esperienze di Elearnit, è che ovviamente il


cambiamento va misurato, e che per farlo occorre dare ai clienti un metodo, una
serie di indicazioni e di procedure che gli consentano di verificare l’impatto reale della
formazione erogata. Le domande che Cathy Moore propone di sottoporre ai nuovi
clienti fanno parte di quella che nel nostro workflow è la prima fase di collaborazione
con qualsiasi cliente: l’analisi organizzativa. In questa fase emergono le prime
indicazioni su quelli che poi potranno essere gli strumenti e il metodo di valutazione
delle performance.
Ovviamente questo metodo dipenderà direttamente dall’organizzazione dell’azienda e
dal tipo e contenuti della formazione erogata, ma è importante che il cliente stesso si
doti di strumenti di analisi e misurazione, strumenti (tecnici o concettuali) che possono
anche essere indiretti, ad esempio:

• valutazione del numero di email di richiesta di supporto o delle telefonate


all’helpdesk aziendale prima e dopo il corso.
• valutazione del numero e della qualità degli interventi nel forum del corso
• questionari a campione per verificare se e come è cambiato il comportamento
organizzativo su aspetti legati alla formazione erogata

Vi vengono in mente altri modi?

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2.3 Gli enti di formazione e l’e-learning: vorrei…ma non voglio

Gli enti di formazione e l’e-learning: vorrei…ma non voglio


10 Ott 08

Ne abbiamo parlato varie volte, ne parlo tutti i giorni o quasi con i vari enti di
formazione con cui collaboro e vedo che i ragionamenti che si
fanno sono quasi sempre gli stessi, e si possono riassumere con il
concetto “vorrei … ma non voglio”. Cosa voglio dire?
Da un lato, gli enti di formazione - a parole - accettano il fatto che
con il diminuire delle risorse FSE è fondamentale utilizzare strumenti alternativi che
possano integrare la didattica risparmiando dei costi. Altrettanto a parole, sono
consapevoli che questo tipo di trend è quasi obbligato (le priorità dei fondi europei
sempre più richiedono flessibilità nella modalità di fruizione, conciliazione tempi
di vita e tempi di lavoro… tutte cose che cascano a pennello).
Dall’altro, molti sono scottati da cattive esperienze precedenti (si vedano altri nostri
post: Maledetta Fad, oppure quest’altro su tempo e budget)… o presenti. Senza far
nomi, infatti, ci sono altri esempi di progetti in corso attualmente che non si discostano
molto da modelli che già non hanno funzionato: in particolare, quando ci sono
“calderoni” di enti diversi ma non si capisce chi diriga il progetto, quale sia la strategia
e cosa si voglia produrre. Soprattutto, tipicamente questi progetti utilizzano gran parte
delle risorse nella pre-progettazione e pre-produzione e poche nella realizzazione di
corsi e nel tutoraggio.
Questo tipo di approccio, però, ha dei problemi:

• se produco dei contenuti generici assieme ad altri e non ne ho il controllo (o se


partecipo a un progetto in comune con altri), non capisco mai se, come e
quando posso riutilizzare gli oggetti didattici al di fuori del portale del progetto.
Di solito infatti la realizzazione degli oggetti è affidata a partner tecnici terzi e
non è mai chiaro cosa succede una volta concluso il progetto;
• se sono generici, andranno bene un po’ per tutti ma in realtà per nessuno; non
avendo il controllo dei contenuti (realizzati da terzi) non li posso mai
aggiornare, adattare a esigenze parzialmente diverse, modificare… in una
parola, sono contenuti destinati a diventare obsoleti o poco fruibili
• infine, spesso si usano molte risorse nei contenuti e poche nel tutoraggio o
mentoring a distanza, spesso assicurato teoricamente da un partner terzo. Il
ragionamento è: io che ti vendo l’LMS, ti assicuro anche il tutoraggio….perché il
mio Lms comprende già funzioni di collaborazione! Ma in realtà non ha molto
senso un tutoraggio al di fuori di un corso specifico, di un progetto specifico, di
una specifica aula o di uno specifico gruppo di dipendenti di un’impresa.

Per concludere sul tema degli ostacoli:

• adottare metodologie FAD richiede un cambiamento parziale delle abitudini e


dei metodi di lavoro consolidati, da parte di progettisti, tutor e coordinatori (e
anche docenti)
• forse non tutti hanno chiaro come finanziare la produzione di contenuti (visto
che pochi lavorano “a mercato”: negli enti si lavora al contrario, per cui il
mercato è l’eccezione..).

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Su quest’ultimo tema, un buon consiglio è cercare fonti di finanziamento regionali o


europee per finanziarsi strumenti e materiali didattici, da usare poi nei corsi a
finanziamento provinciale o con i Fondi Interprofessionali.
In realtà, sia pure faticosamente, vedo che qualcosa si muove: possiamo citare alcuni
esempi di progetti che nel frattempo sono partiti (o sono ri-partiti dopo che erano stati
bloccati per molto tempo).

• Diario Modenese: impressioni da un corso FAD con lo IAL Emilia Romagna


• Ecipar ha lanciato - a quanto pare - un portale e-learning con dei punti di
riferimento sul territorio. Per ora, vedo che c’è solo Piacenza (che immagino
svolgerà una funziona di pilota). Da una veloce analisi dei contenuti, mi pare
che comincino ad essere sulla strada giusta: Ecipar, con Enea e Didacta
• Donne in formazione, Ecipar Emilia Romagna
• Consorzio Formazione & Lavoro (anche se non mi è chiaro quali contenuti siano
disponibili: si tratta di una realtà specializzata in apprendistato)
• Comitato Impresa Donna Emilia Romagna: non è un vero portale di e-learning,
ma ci sono diversi materiali strutturati sulla creazione d’impresa e c’è un
percorso vero e proprio, con la previsione di utilizzo di un tutoraggio online.

Morale

A questo punto la morale è: vorrei…ma non voglio. Ma se voglio, posso.

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2.4 Maledetta FaD!

Maledetta FaD!
11Mar08

Dopo alcuni anni passati tra enti di formazione e progetti finanziati, da circa 3 anni io e
Massimiliano ci siamo trovati a seguire attività elearning soprattutto in ambito
corporate, e da queste esperienze è poi nato Elearnit. Ultimamente però stiamo
ipotizzando nuovamente collaborazioni con enti di formazione o associazioni di
categoria, e ogni volta che incontriamo una di queste organizzazioni, al primo accenno
all’elearning vediamo inevitabilmente grandi reticenze e facce diffidenti e preoccupate.
Sappiamo per esserci passati personalmente che questo atteggiamento deriva da una
lunga serie di esperienze profondamente negative (dove “profondamente negative” è
spesso un eufemismo, mentre a giudicare da certe reazioni il termine esatto sarebbe
“terrificanti”) in svariati tentativi di far funzionare questa fantomatica formazione a
distanza.
Allora (ma non parliamo poi di tanti anni fa) era di moda chiamare questo approccio e
queste metodologie “FaD”, formazione a distanza, termine oggi caduto quasi in disuso.
Lo so, tra di voi c’è qualcuno che ha partecipato a progetti che prevedevano la FaD e
che a rileggere questo acronimo è appena stato preso da un morso allo stomaco e/o da
brividi lungo la schiena, e ora è indeciso tra un malox e un aulin. Coraggio….
Perchè? Perchè, e ad essere onesti è uno dei motivi che ha fatto “emigrare” anche noi
verso l’ambito corporate, FaD era diventata sinonimo di “progetti progettati male”
senza una reale conoscenza dei metodi e delle tecnologie, con regole inadeguate dove
si cercava di misurare la formazione a distanza come se fosse formazione d’aula, era
sinonimo di difficoltà nel far capire l’approccio a docenti che temevano di essere
bypassati e a tutor che lo vedevano solo come un lavoro in più, situazione che si
ripercuoteva poi in difficoltà nel motivare i destinatari e nell’ottenere una reale
fruizione dei corsi, con conseguenti enormi problemi in fase di rendicontazione.
Il tutto si inseriva poi perfettamente nella clamorosa esplosione della bolla “Nuove
Tecnologie” che ha segnato i primi anni dopo il 2000: molti partner tecnologici si
rivelavano improvvisamente fornitori di aria fritta.
Alla fine di tutto, quello che veniva chiesto in rendicontazione era (e forse è ancora):
avete tutte le fatture dei docenti e dei fornitori? Vigliacchi a chiedere dei risultati reali,
qualitativi! Anche questo, che era nella natura stessa dei finanziamenti, non ha certo
incentivato la reale diffusione e il radicamento in queste strutture (proprio quelle che
avevano la formazione come mission aziendale e core business) di una vera cultura
dell’elearning.
In quelle esperienze mancavano completamente i criteri di efficienza economica e di
efficacia organizzativa che misurano invece il successo di un intervento elearning in
azienda: ma nella nostra esperienza sono stati proprio questi il vero acceleratore, e ora
abbiamo clienti che formano online con successo centinaia di dipendenti, ottimizzando i
costi e aumentando la formazione. Ragazzi, funziona davvero!
Sarà dura, ma oggi ci piacerebbe riprendere il discorso anche con queste strutture,
ripartendo da nuove basi, o almeno da basi rinnovate:

• Abbiamo nuove tecnologie, meno costose e più accessibili, e sappiamo usarle


meglio.

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• Abbiamo nuovo know-how, sviluppato nell’esperienza quotidiana della


formazione aziendale mediata dalla rete e dal computer.

Si tratta di creare una nuova cultura dell’elearning, si può creare un dialogo tra
aziende, enti di formazione e associazioni di categoria. Le aziende possono
insegnare pratiche di formazione a distanza a enti che possiedono strutture e capacità
didattiche e organizzative, mentre le associazioni di categoria possono essere allo
stesso tempo un veicolo e un contenitore di conoscenze verso il proprio bacino di
utenza.
Io vedo solo un circolo virtuoso in cui tutti possono guadagnarci qualcosa, e che
potrebbe finalmente portare a maturità gli ultimi 10 anni di esperienze sparse e
disorganiche in questo ambito, riempiendo finalmente di sostanza l’espressione
“società della conoscenza”.
E’ una sfida impossibile?

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2.5 Un caso concreto di applicazione dell’e-learning

Un caso concreto di applicazione dell’e-learning


10Gen08

Ecco come potremmo riassumere in poche righe la storia di un progetto che stiamo
seguendo da oltre 2 anni:

Il cliente:
Uno dei leader italiani del settore mobili, con oltre 90 punti vendita.
Oltre 800 utenti da formare sui temi amministrativi, contabili e di utilizzo del gestionale
aziendale.

L’esigenza:
Ridurre il numero di riunioni e di sessioni di formazione tradizionale per ridurre i costi
molto elevati.
Verificare l’apprendimento delle competenze da parte di tutti (cosa impossibile in un’aula
tradizionale).
Avere un sistema di reporting.

La soluzione:
L’azienda ha adottato un sistema di e-learning open source.
Il management aziendale è ora in grado di utilizzarlo autonomamente, gestendo iscrizioni ai
corsi, reportistica e valutazioni delle esercitazioni.
I corsi sono stati creati facilmente utilizzando il materiale già in uso dal cliente.

I costi:
Il cliente ha sostenuto costi più elevati dovuti all’esigenza di una personalizzazione
articolata.
Un’installazione standard, eventualmente anche in outsourcing, ha dei costi molto più bassi
o nulli, se il cliente decide di occuparsene autonomamente.
La formazione per l’uso del sistema e la consulenza per il suo utilizzo sono le attività più
importanti.

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3 Teoria e Tendenze

3.1 Mobile Learning? Ci mancava pure questo!

Mobile Learning? Ci mancava pure questo!


22Dic08

Nei giorni scorsi ho studiato un po’ più a fondo il mercato del mobile learning e i relativi
scenari: approfondire questo tema è uno degli obiettivi in cantiere per il 2009
(tipo “lista dei buoni propositi” ).
Riporto in estrema sintesi quello che ho capito:

1. pare che un mercato ci sia;


2. come spesso accade nell’ambito e-learning per ora è soprattutto in UK
3. è da vedere se e quando sarà interessante per l’Italia.

Ci sono alcune cose da capire, prima a livello strategico che tecnologico (come
sempre):

1. per la distribuzione dei contenuti è meglio un modello con un LMS fruibile sui
dispositivi mobili (se il focus è l’apprendimento) o con un CMS-CRM (se il focus
è la distribuzione-condivisione di contenuti e documenti)?
2. sbocchi di mercato ed esigenze: senior manager, musei, employee training,
manutentori-installatori…
3. i contenuti - ed è ovvio - vanno progettati in modo totalmente diverso se
devono essere fruiti via Pda (palmare, ipod, iphone, blackberry…)

Come già nell’elearning normale: la “piattaforma” se non esiste già tenderà a diventare
una commodity. Per ora penso che anch’essa però possa avere un suo mercato: la
commoditizzazione accadrà più avanti. I contenuti specifici invece sono quello che fin
d’ora può garantire buoni profitti, assieme alla metodologia di implementazione.
Che esperienze ci sono in giro? Tribal, che si autodefinisce leader mondiale di questa
metodologia, sul suo sito presenta un listino e catalogo prodotti che aiutano - al di là di
sperimentazioni, white paper, ricerche universitari, progetti europei, a calare nella
concretezza il discorso che stiamo facendo.
Ecco alcuni link per approfondire:

• Sperimentazione italiana: progetto MOULE -


http://www.corfad.it/index.php?option=com_content&task=view&id=26&Itemid
=90
• Sperimentazione europea http://www.mobilearn.org/index.php
• Accenture: soluzione per il m-learning
http://www.astd.org/lc/2008/0908_koch.html
• M-Learning Devices: Performance to Go
http://www.astd.org/lc/2008/0708_quinn.html
• Authoring Best Practices for Mobile Learning Content Development
http://www.astd.org/lc/2008/0708_crain.html

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Per chi è interessato ad approfondire ancora di più, eccovi un White Paper: Mobile
Learning; per chi ha fretta ho estratto solo le conclusioni: White Paper sul Mobile
Learning: conclusioni.
E voi? Cosa ne pensate? C’è un mercato già interessante in Italia? Ci sono già dei
player che operano attivamente? Ha così senso parlare per forza di m-learning o non si
tratta più che altro di distribuzione di contenuti (a prescindere dalla loro natura:
formativa, informativa…) su device mobili? Alla fine, poco più che podcasting?

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3.2 Il caso Iris Ceramica

29Apr08

Progetto Iris Ceramica

Il cliente:

Iris Ceramica, una delle più grandi e prestigiose ceramiche italiane, capofila del gruppo Iris.

L’esigenza:

Formare il personale amministrativo delle filiali estere (Canada, Stati Uniti) sull’utilizzo del
gestionale in AS400. Supportare e migliorare l’efficienza del loro servizio interno di
supporto tecnico al personale negli altri paesi. Avere materiale didattico autoportante per i
nuovi assunti (caso frequente).

La soluzione:

L’azienda ha adottato un sistema di e-learning open source. Inizialmente in


outsourcing, in questa fase l’obiettivo è un’installazione interna.
Il management aziendale, grazie alla formazione offerta, è ora in grado di utilizzarlo
autonomamente, gestendo iscrizioni ai corsi, reportistica e valutazioni delle
esercitazioni.
I corsi sono stati creati facilmente utilizzando il materiale già in uso dal cliente. Si
tratta di slide multimediali (con commento in inglese e inserimento di filmati che
illustrano l’utilizzo del gestionale).
E’ stata inoltre sperimentata l’aula virtuale, che si è rivelata un buon sistema per
consentire al supporto tecnico di mostrare le corrette procedure agli utenti di oltre
oceano condividendo il proprio desktop.

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3.3 Contaminare! Contaminare!

14Apr08

Oggi riflettevo su un post pubblicato un paio di mesi fa su weblearning


(http://woodle.it/bloglearning/?p=237), in cui a propostito di un caso di
“edutainment”, cioè di contaminazione tra formazione e intrattenimento, Adriano De
Vita scriveva giustamente che “Forse è il caso che gli esperti di e-learning siano un po’
meno ossessionati dalla tecnologia educativa in sè stessa e comincino a riflettere sui
suoi utilizzi politici e sociali.”

In qualche modo poi lo stesso tema è ritornato anche in un recente post sul blog di
Articulate che descrive come alcune logiche proprie dei videogames possano essere
efficaci nell’apprendimento a distanza.
Sono convinto che lo stesso tipo di contaminazione si possa avere anche con altre
“discipline” della comunicazione, in particolare nell’area del marketing e
dell’informazione.
Che differenza c’è tra un contenuto formativo e un contenuto informativo? Quando si fa
informazione, e forse anche quando si sta facendo promozione, non si sta anche
facendo formazione?
In fin dei conti quando si parla di elearning si parla di:

- Veicolare un messaggio nel modo più efficace possibile, curando la comunicazione in


base all’argomento e ai destinatari, per creare l’apprendimento di un concetto o di un
comportamento
- Monitorare il risultato, e imparare dalle statistiche per valutare l’efficacia del nostro
intervento ed eventualmente utilizzare le informazioni raccolte per ottimizzare
un’azione successiva.

Ma queste cose non valgono anche per qualunque azione di informazione e di


promozione? Personalmente credo che il confine tra campi considerati diversi in realtà
potrebbe essere molto labile. Forse, anzi, siamo noi a porre queste linee di
distinzione… ma a cosa serve? Ora ne faccio una questione quasi filosofica: non
sarebbe più produttivo ragionare in termini di similitudine e far tesoro di esperienze
raccolte in altre discipline per arricchire le nostre, piuttosto che continuare a inventare
nuove distinzioni e definizioni?

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3.4 Diario Californiano

12Mag08

Nelle settimane scorse ho potuto visitare il “Web 2.0 Expo” di San Francisco. (Ok, per
questa volta vi risparmierò le mie perplessità circa il concetto e
la definizione di “web 2.0″, ma prima o poi mi sentirete parlare
anche di questo! ) La visita a questo expo è stata un’ottima
occasione per vedere come si muovono e si presentano le
aziende del web sul mercato internazionale, sentirsi un paio di
conferenze e andare a conoscere un po’ di nuovi servizi online.
Mi sono concentrato in particolare su servizi web destinati alla
comunicazione e collaborazione online, e ho trovato molte cose
interessanti che potrebbero avere impieghi in ambito
elearning. Non ho ancora avuto modo di provarli tutti come
meriterebbero e alcuni che sono ancora in beta ho potuto
provarli solo là, quindi per ora ve li segnalo e nelle prossime
settimane cercherò di darvi recensioni più accurate:

Zoho: una suite di applicazioni “Office Oriented” chiaramente


ispirata ai servizi di Google, che oltre ad alcune soluzioni di word
processor, blocco note e Spreadsheet simili a quelle già presenti in Google Documents,
include anche Project Management, Database, Organizer, Wiki e altro ancora. E in questo
“altro ancora” troviamo una soluzione per creare test online , un servizio di
videoconferenza , e un servizio che vi consente di creare presentazioni online uploadando
direttamente file di powerpoint.

SpringNote : Si tratta di una sorta di blocco note molto avanzato, utilizzabile online anche
in maniera collaborativa. Rispetto alla soluzione di google mi pare però offrire maggiori
possibilità nella formattazione dei testi, e soprattutto un’organizzazione dei contenuti molto
flessibile grazie alla possibilità di strutturarli ad albero (non so se conoscete TreePad,
qualcosa di simile). Le possibilità di impiego sono molto ampie: stesura di testi
collaborativi, knowledgebase, manuali o guide online, discussioni aperte, ….

SpinScape: applicativo per creare mappe mentali online, anche in maniera collaborativa.
Una feature interessante riguarda la possibilità di associare ai nodi della mappa dei
“gadgets”, cioè di integrarli con ricerche su wikipedia, con Google Documents, google
calendar o con altri widget disponibili per Google. La demo pubblica del servizio sarà
disponibile da Giugno, ma alcuni esempi sono già visibili nell’area “gallery” del sito.

OpenaCircle: questo servizio permette di creare delle stanze permanenti di


videoconferenza con desktopsharing, possibilità di schedulare eventi, presentazioni e
meetings. Da quanto ho potuto vedere offre poche funzioni di moderazione delle
conversazioni, proprio perchè è pensato soprattutto per situazioni di team working, ma
credo anche in situazioni di apprendimento “informale” potrebbe rivelarsi una risora utile.

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Da quanto mi è stato detto all’expo il servizio sarà gratuito fino a 12 partecipanti…. niente
male direi! E’ possibile iscriversi alla beta pubblica.

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3.5 Parole, Parole, Parole…

30Giu08

Cos’è l’elearning? Premetto che non mi va di perdermi in un lungo dibattito filosofico-


metodologico sulla maggiore o minore correttezza del paradigma costruttivista rispetto
a quello cognitivista, o cose del genere… mi sono già annoiato abbastanza
all’università! ;P

Ormai penso che l’elearning inteso come “formazione a distanza” in senso classico
rappresenti un concetto obsoleto, spesso già superato nei fatti e, ancora più spesso,
controproducente. Probabilmente, ma ne sono convinto, l’errore sta nella traduzione
italiana del termine, che in realtà è fuorviante rispetto alla più corretta etimologia
anglosassone: e-apprendimento, non e-formazione.
Allora provo a spiegarvi come lo intendiamo noi, dopo un po’ di anni di esperienza tra
enti di formazione e aziende di tutte le misure: l’elearning è knowledge management
visto dalla parte dell’utente.

Potremmo definirlo come messa in opera di processi, strumenti e soluzioni che


agevolino il processo di apprendimento, ma non è necessario che ci sia un’azione
formativa diretta. A volte anche il fatto che avvenga un “apprendimento” potrebbe non
essere evidente. L’elearning può stare anche nell’architettura delle informazioni di una
semplice intranet documentale, o ovunque ci sia la volontà di agevolare la distribuzione
della conoscenza in un’organizzazione.
L’apprendimento è un processo che avviene nell’utente finale, partire dalla teoria o
dagli strumenti può rivelarsi un errore fatale per la riuscita di un intervento formativo.
Il primo lavoro da svolgere è di tipo consulenziale e progettuale: dove vogliamo
arrivare? Purtroppo, come sottolineava Massimiliano nel suo ultimo post, è piuttosto
difficile far capire la criticità di questa fase a un’azienda che ti chiede prima di tutto la
soluzione (e un preventivo!), ma è l’unico metodo che può dare risultati. E sono i
risultati che ci interessano.

Se chiudiamo in rigide definizioni teoriche le opportunità che ci offre la tecnologia


rischiamo solo di farci sfuggire delle soluzioni alternative. Basta cambiare angolazione:
guardiamo i prolemi dal basso, partiamo dagli obiettivi che dobbiamo raggiungere, e
solo a questo punto scegliamo gli strumenti.

Lasciamo stare le parole e torniamo a giocare con le cose.

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3.6 Dalle parole ai fatti

09Lug08

Dopo tante parole, un po’ di fatti. Per chiarire con un caso reale la mia visione
“machiavellica” del ruolo della tecnologia nell’elearning, vi racconto un caso concreto e
reale che stiamo affrontando proprio in queste settimane…

Circa 6 mesi fa un nostro cliente ha deciso di adottare una piattaforma elearning per
creare e vendere corsi su un settore particolare in cui è fortemente specializzato.
Questa azienda utilizzava già per i propri clienti anche una piccola area riservata, una
soluzione abbastanza semplice e integrata nel sito aziendale, che viene utilizzata per
pubblicare news, comunicare scadenze, offrire documenti scaricabili.
Guardacaso, la stessa azienda sta anche affrontando una certa difficoltà nel far capire
le nuove soluzioni elearning al proprio mercato.
Allora, riassumendo gli elementi della situazione, abbiamo:
- Un’area riservata in cui vengono pubblicate news e documenti scaricabili
- Una piattaforma elearning, che potrebbe fare le stesse cose e anche mooooolte di più
- Circa 400 utenti già educati ad usare un’area riservata, ma che storcono il naso se gli
si parla di elearning
Dunque: cosa ce ne faremo di queste cose (avendo studiato Machiavelli e imparato
tanto dal nonno)?
Semplice: Diremo ai nostri utenti che c’è una nuova fighissima area riservata, e li
manderemo sulla piattaforma elearning! ;P

Rinnovare un servizio è sicuramente più semplice che proporne uno nuovo, allora
dovremo solo dirottare i nostri clienti sulla piattaforma elearning, presentandogliela
come qualcosa che già conoscono: un’area riservata. Il risultato? Ci troveremo
all’improvviso e senza sforzo con 400 utenti ben contenti di usare la nostra nuova
piattaforma, oltre a un lungo elenco di effetti collaterali che comprendono:

• la razionalizzazione e accorpamento dei servizi Web che il nostro cliente


offre al suo mercato
• un maggior numero di servizi che sarà possibile offrire o vendere agli utenti
(forum, videoconferenza, calendari,…), rispetto alle funzioni di area riservata
già disponibili
• la possibilità di un passaggio indolore ad utilizzi più propriamente “formativi”:
di fatto, anche i corsi veri e propri saranno “cose in più” in un ambiente che i
clienti già conoscono e utilizzano. Presentare commercialmente i nuovi prodotti
e servizi legati alla formazione a distanza sarà più semplice se i destinatari già
sono a loro agio nell’ambiente di erogazione.
• l’uso della piattaforma consentirà un monitoraggio di grande precisione
sull’effettivo utilizzo dei servizi offerti ai suoi clienti in area riservata, e una
profilazione estremamente granulare della visibilità dei singoli contenuti ai
singoli utenti
• l’attivazione di un canale istituzionale con cui tenere traccia della relazione
tra consulenti esterni, partner e clienti: attualmente ciò avviene tramite la posta
elettronica, con conseguenti possibili inefficienze o perdita di controllo sulle
informazioni scambiate, mentre un sistema di questo tipo consente di tenere
traccia di tutto.

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• avendo adottato una soluzione open source, in prospettiva questo sistema


consentirà la crescita progressiva delle funzionalità dell’area riservata a
costi contenuti senza vincolare l’azienda a un sistema proprietario; basterà
semplicemente attivare via via le nuove funzioni e – nel medio periodo –
aggiornare l’applicativo alle future versioni che saranno rilasciate.

E tutto questo… solo per aver chiamato una cosa con un nome diverso!!
Figo, no?

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3.7 Apprendimento Liquido

29Set08

Segnalo alcune riflessioni che Marketing Usabile ha pubblicato nei giorni scorsi,
toccando in qualche modo gli stessi temi discussi anche nei nostri ultimi post. Parla di
quello che definisce “apprendimento liquido”, contestando le resistenze che molte
imprese sembrano avere nel riconoscere la conoscenza acquisita e alimentata
attraverso l’utilizzo di tecnologie digitali collaborative.
L’autore evidenzia in modo significativo alcune competenze trasversali che possono
essere più sviluppate in chi è abituato ad usare il web come canale di aggiornamento e
autoformazione, e come questo cambiamento stia emergendo soprattutto tra i
lavoratori più giovani. Trovate i due post qui:
http://marketingusabile.blogspot.com/2008/09/apprendimento-liquido.html
http://marketingusabile.blogspot.com/2008/09/conoscenza-liquida.html
I miei dubbi nel riportare queste rflessioni alla realtà della formazione in azienda sono i
soliti: non tutti hanno la capacità di gestire autonomamente il proprio aggiornamento
come comportamento quotidiano, questa skill è ancora propria di professionisti o
lavoratori di profilo medio-alto; un’azienda deve però preoccuparsi delle competenze di
tutti i suoi dipendenti e collaboratori. Inoltre, tutto ciò che è liquido e non strutturato è
per sua natura difficile da misurare e valutare: difficile per un azienda valorizzare
qualcosa che non può (o non sa) valutare.
E’ indiscutibile che queste competenze siano un enorme valore aggiunto, la sfida oggi
consiste nel riuscire a realizzarle a livello aziendale e non solo a livello individuale.
PS: Interessante anche questa presentazione segnalata sullo stesso blog:

E’ vero: Google è il più diffuso strumento di elearning in azienda!

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3.8 Work integrated learning

Work integrated learning


15Set08

Già la definizione “Technology Enhanced Learning” utilizzata sull’ultimo numero di


UPGRADE mi era piaciuta, forse come termine lo trovo addirittura più azzeccato
dell’ormai abusato “elearning”. Mi ha incuriosito subito, quindi, anche il concetto di
“Work Integrated Learning” analizzato in uno degli articoli, e l’approccio si è rivelato in
effetti abbastanza interessante. Direi che vale la pena riassumere e commentare alcuni
passi dell’articolo…

Gli autori evidenziano come nelle moderne pratiche di business e progetti di ricerca
sull’e-learning, l’attenzione sia dedicata prevalentemente al miglioramento dei processi
di trasferimento della conoscenza nell’apprendimento “formale” (corsi di formazione
d’aula o in elearning).

E’ in questo senso che vanno la maggior parte degli investimenti aziendali in


formazione, mentre altri studi rivelano che in realtà solo una minima parte della
conoscenza applicata nelle pratiche lavorative deriva dal training formale.
Mediamente, si calcola che solo il 30% delle conoscenze apprese in questo modo
vengano effettivamente trasferite nelle pratiche lavorative in modo da migliorarne le
performance. Questa percentuale sarebbe indipendente dal tipo e dalla qualità dei corsi
erogati, e dipenderebbe invece dalla scarsa attenzione dedicata alle variabili ambientali
sul posto di lavoro durante e dopo le attività di training formale. L’80-90% delle
competenze professionali dei lavoratori deriverebbe invece da forme di
apprendimento di tipo “informale” (esperienza diretta, letture personali, scambi
con i colleghi, ecc…)
Insomma, mentre le iniziative mirate a incentivare il trasferimento di conoscenze
continuano a rispondere alla domanda “quanto ha imparato lo studente durante il
corso”, questi numeri fanno pensare che la domanda corretta dovrebbe essere “in che
misura lo studente può applicare le nuove conoscenze alle sue pratiche lavorative?”.
Basato su queste considerazioni, il concetto di “Work Integrated Learning” proposto
dagli autori dell’articolo consiste quindi sostanzialmente in uno spostamento dalla
prospettiva tradizionale della “formazione” verso il punto di vista dell”apprendimento”.
In questo senso diventa interessante esplorare i modi in cui l’apprendimento informale
avviene oggi negli ambienti lavorativi, e come potrebbe essere agevolato e guidato in
futuro: come rilevato dagli autori stessi, finora è stata fatta pochissima ricerca in
questo senso.

Personalmente non condivido l’evoluzione che gli autori sembrano auspicare parlando
di superamento pressochè totale dei corsi e dei materiali formativi realizzati ad hoc,
ma credo che questo approccio potrebbe comunque portare al training supportato dalla
tecnologia grandi benefici soprattutto in termini di efficacia.
Il succo del discorso, insomma, è: se riusciamo a creare un framework organizzativo
che agevoli l’apprendimento informale, probabilmente potremo risolvere molti dei
problemi di efficacia, efficienza, partecipazione e credibilità per i processi di
formazione e knowledge management mediati dalla tecnologia.

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3.9 E-learning: dove si va?

E-learning: dove si va?


12Set08

Forse ormai parlare di e-learning significa parlare di un calderone dove ci sono troppe
cose.E cose troppo diverse.

Due tendenze mi sembra che emergano chiaramente: da un lato,


l’e-learning diventa “social”; dall’altro cerca di emozionare.
Segnalo due esempi in merito: leggo su AlmaTwo che è nata una
piattaforma….integrata con Facebook! (Tra l’altro Udutu (ho iniziato
a provarlo oggi) ha anche un applicativo di authoring gratuito, che
pubblica oggetti Scorm 2004 o 1.2, totalmente online (lo trovate
nella recensione di AlmaTwo). Direi che è una tendenza ormai
irreversibile anche se probabilmente per ora diffusa in ambito
accademico o dei professional, non so ancora quanto diffusa nelle aziende (nel nostro
piccolo, proveremo a sperimentare cose di questo tipo).
L’altra tendenza, di cui ormai abbiamo parlato varie volte, è
quella di emozionare (come dice Amanda Ronzoni sul blog di
Dms): con i learning games, con le tecniche cinematografiche,
ormai anche con il corpo (mi viene in mente la console Wii e la
pedana Wii Fit…se vogliamo, anche quello è apprendimento
mediato da una tecnologia).

Insomma, si va velocemente verso queste due direzioni. Significa che i corsi come li
abbiamo visti fino ad oggi sono destinati a sparire? Non necessariamente:
personalmente, credo che non si potranno più ignorare questi tipi di approcci (e i
relativi strumenti) e che quantomeno si dovranno incorporare in tutto quello che si fa.
O no?

(c’è anche la tendenza “mobile”, cioé l’apprendimento ubiquo - cellulari, palmari, PDA -
che va di pari passo con la pervasività del web; ma ne parleremo un’altra volta).

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3.10 Upgrade su “Technology-Enhanced Learning”

Upgrade su “Technology-Enhanced Learning”


08Set08

La pubblicazione bimestrale “UPGRADE - The European Journal for


the Informatics Professional” ha dedicato per intero il suo ultimo
numero al “Technology-Enhanced Learning“.

“Technology-Enhanced Learning may not flow readily off the tongue


or be easily translated as a brand name, but it very consciously
reflects what it is: using Information Communication Technologies
(ICT) to secure advancements in learning. By taking advancements
as the objective, we go beyond the attempt to reproduce classical
ways of teaching via technologies. Technology-Enhanced Learning
combines but places equal emphasis on all three elements: on technologies, on
learning and on enhancements or improvements in learning. This will help us in
devising ICT-based solutions which motivate and inspire learners and teachers,
engaging them in meaningful learning and teaching experiences.“
Upgrade si occupa da diversi anni di temi legati all’information technology, proponendo
numeri monografici ricchi di contributi di esperti e docenti universitari, e già in passato
si era occupata di formazione a distanza in un numero intitolato “e-Learning -
Borderless Education”.
Anche quest’ultimo numero è ricco articoli e spunti di riflessione interessanti, che nei
prossimi giorni non mancheremo di analizzare più a fondo anche su questo blog.
Stay Tuned!

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3.11 L’elearning 2.0 non esiste

L’elearning 2.0 non esiste


14Ott08

Ok, vi concedo che l’apprendimento con modalità “social” al momento esiste e


funziona. E’ vero, ma per il momento lo vedo esistere e funzionare solo dove c’è una
forte motivazione personale (o qualche forma di coercizione): accade soprattutto
nell’ambito dell’aggiornamento dei professional, soprattutto di quelli che che già
utilizzano il web per lavoro o per passione (personalmente lo faccio da quando ho
internet e uso i forum). Ma se si parla di elearning 2.0, credo che si voglia parlare della
possibilità di realizzare e orientare percorsi formativi strutturati verso un preciso
obiettivo didattico utilizzando logiche di “social web”. Eh beh, da questo siamo
innegabilmente ancora molto molto mooooooolto lontani.

E-learning: soprattutto in italia direi che culturalmente siamo a malapena alla prima
release, figuriamoci alla 2.0.

Le ragioni sono varie (non ultimo il fatto che lo stesso web 2.0 non esiste…), ma
principalmente sono convinto che prima di vedere attuata qualche reale dinamica 2.0
nell’elearning aziendale, cioè qualche forma di apprendimento “social” spontaneo, il
primo rinnovamento da attuare credo debba essere di tipo culturale

1 - nell’approccio alle tecnologie e

2 - nell’approccio alla formazione.

La formazione in ambito scolastico e in ambito organizzativo ha ancora un paio di


caratteristiche fondamentali che la rendono per definizione NON 2.0: la coercizione
all’apprendimento (devi imparare), e la verticalità dei contenuti (io ti insegno). Forse
potremmo addirittura affermare che la formazione di per sè oggi non può essere 2.0
(l’apprendimento invece si, attenzione).

A corollario di questo, aggiungerei che sia le aziende che gli istituti scolastici, per
ragioni differenti, hanno bisogno di misurare le prestazioni e valutare i risultati: in
un’ottica 2.0 questo non è possibile oppure risulta spesso antieconomico. E’ evidente
che se si vogliono utilizzare soluzioni partecipative o collaborative nei processi
formativi, questo è un grosso scoglio da superare.
Se poi consideriamo che il materiale con cui deve lavorare chi si occupa di formazione
è costituito da persone e organizzazioni, prima di parlare di elearning 2.0 e di
ragionare su nuovi paradigmi metodologici credo che si debbano ancora risolvere
alcuni aspetti molto più “raw”:

- Informatizzazione degli utenti: abbiamo spesso a che fare con utenti che non
capiscono o non sanno usare gli strumenti. Nell’elearning c’è sempre un intermediario
tecnologico che nella formazione tradizionale d’aula non c’è. Se uno studente poi ha
anche poca dimestichezza con gli strumenti, questo intermediario può diventare un
muro insormontabile che compromette didattica e apprendimento, non importa quanto
buoni siano i contenuti e quanto efficienti gli strumenti. E’ vero che è in atto un cambio

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generazionale, ma i nostri utenti in azienda o nei corsi finanziati ancora raramente


sono dei “millennials”[http://en.wikipedia.org/wiki/Generation_Y]

- Cultura dell’aggiornamento continuo e dell’autoapprendimento: viviamo in un


paese di furbetti in cui ciò che è facoltativo tendenzialmente non si fa. Perchè
l’elearning funzioni è necessario che l’autoformazione sia percepita come un valore e
non come un peso, e che possa essere in qualche modo valorizzata formalmente.

- Sistemi più efficaci per la valutazione e valorizzazione delle competenze:


senza un riconoscimento concreto difficilmente i partecipanti ad attività elearning
troveranno la motivazione necessaria. Ad oggi i sistemi di rilevazione e valutazione
delle competenze sono ancora confusi in una giungla di cataloghi e procedure regionali
che rendono poco qualificanti o poco credibili la maggior parte dei corsi realizzati su
finanziamenti pubblici.
Possiamo fare questo, oppure più pigramente aspettare semplicemente il cambio
generazionale che progressivamente sostituirà gli attuali lavoratori con altri più giovani
e avvezzi agli approcci social… però sarebbe un po’ triste, no?
Solo su queste basi, che rappresenterebbero un buon punto di partenza, potremo poi
studiare quando e come applicare pratiche partecipative alla formazione, in base a
precisi obiettivi formativi o di business. Per il momento sappiamo solo che si potrebbe
fare e come, ma non sappiamo dirigere progettualmente e strategicamente questi
processi. Sappiamo mettere in moto la macchina, ma non conosciamo il percorso:
forse è per questo che non siamo ancora partiti?

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Visita il sito di Elearnit!

http://www.elearnit.net
http://elearnit.wordpress.com/

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