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Diritto di Famiglia Lezione I


Attenzione! Questo materiale didattico per uso personale dello studente ed coperto da copyright. Ne severamente
vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto dautore
(L. 22.04.1941/n. 633)

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Indice
1 La Famiglia in Italia e nella Costituzione ---------------------------------------------------------------------------------- 3
2 La Famiglia nel Codice Civile e nelle Leggi Ordinarie ----------------------------------------------------------------- 12
3 La Parentela e laffinit ------------------------------------------------------------------------------------------------------ 16
Bibliografia ---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 21
Diritto di Famiglia Lezione I


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1 La famiglia in Italia e nella costituzione
In questa prima lezione verranno trattati i principi fondamentali dellistituto della
famiglia, la sua evoluzione storica partendo dalla previsione del codice civile del 1865,
passando attraverso la riforma del 1919 e, successivamente, a quella di sostanziale importanza
avutasi con il concordato del 1929 tra lo stato e la santa sede, con la quale si ammise che il
matrimonio canonico potesse produrre effetti civili.
V da notare che con la prima grande guerra stata avvertita lesigenza di una revisione
del codice civile che aveva preso piede gi con la commissione reale per la riforma dei codici
istituita nel 1924, tant che il primo libro del codice civile entrato in vigore il 1 luglio 1939,
stato inserito con alcune modifiche nel testo del 1942 e, ovviamente, ha sostituito interamente
quello del codice del 1865.
Negli anni successivi allunificazione politica e legislativa dello stato italiano, i rapporti
familiari erano stati regolati dalle norme contenute nel codice del 1865 per la stesura delle quali
il nostro legislatore si ispirato al code civil del 1804, recependolo per la maggior parte ed
apportandovi alcune modifiche per poche altre parti.
Il divorzio non venne mai ammesso per esempio, nonostante introdotto dalla rivoluzione
e conservato nel code civil e ci, non per dare seguito allinsegnamento della chiesa bens per
motivazioni etico-politiche, in quanto era visto come un istituto contrario alla coesione della
famiglia e pertanto contrastante con linteresse della societ.
Il marito, nel nostro codice, era considerato il capo della famiglia, figura di notevole
importanza se si valuta che, recepito dal diritto francese listituto dellautorizzazione maritale, la
donna non poteva compiere atti di disposizione dei beni in assenza dellautorizzazione del
marito. Ci a dire il vero, rappresentava un vulnus per le donne italiane, fino ad allora soggette
alle disposizioni del codice civile austriaco che non prevedeva lautorizzazione.
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Un altro punctum individuationis tra il nostro codice e quello napoleonico
rappresentato dal regime patrimoniale tra i coniugi. Si era sostenuto infatti che la comunione
adottata dal code civil non fosse confacente al regime dotale che contraddistingueva il nostro
paese; in mancanza di convenzioni contrarie pertanto, lunico istituto suscettibile di applicazione
sarebbe stato solo quello della separazione dei beni; supremazia maritale dunque ed esercizio
della patria potest ispirato allevocato primato.
Per un aspetto per la disciplina si presentava molto pi moderna di quanto la struttura
degli stati preunitari avrebbero lasciato immaginare, infatti, la patria potest cessava al
compimento della maggiore et, ossia a ventuno anni.
Molto rigorose e severe erano le norme disciplinanti la filiazione, con particolare
riguardo ai figli nati fuori dal matrimonio strictu sensu. Non era ammessa la ricerca della
paternit, se non negli eccezionali casi di ratto e stupro n era possibile riconoscere i figli
adulterini o quelli incestuosi.
Al riguardo non si pu non considerare che il nostro legislatore stato molto pi severo
di quello francese poich il code napoleon ha attribuito al genitore naturale una cosiddetta
tutela legale (ben differente dalla patria potest ammessa per i soli genitori legittimi), nei
confronti del figlio riconosciuto; in casi tassativi inoltre era previsto sempre per i figli non
riconoscibili un diritto agli alimenti.
Storia alquanto travagliata ha avuto il contestato istituto delladozione il quale in un
primo momento trov lesplicito diniego del guardasigilli Pisaniello che non esit a definirlo
inutile e dannoso. Di parere opposto fu invece la commissione del senato che incaricata della
revisione del progetto della legge istitutiva ne riformul i caratteri che rimasero sostanzialmente
privatistici ma comunque inidonei a trovare concreta applicazione; ci era reso tanto pi
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evidente dal fatto che ladottante dovesse aver compiuto cinquant anni det e ladottato non
meno di diciotto.
Le modifiche apportate al codice fino agli anni precedenti al 1919, non erano state
idonee ad introdurre nonostante tutto il divorzio, anzi non si riusc a portarlo mai in discussione
in parlamento. Tutto ci che si concesse in termini di maggiore emancipazione allinterno della
famiglia, fu limitato alla sola abrogazione della norma che concedeva al marito una rilevante
potest, infatti venne abolita lautorizzazione maritale.
Dirompente la l. del 27 maggio 1929 n. 847 che in contrasto con quanto fino ad allora
previsto, ammise e regol lattribuzione di effetti civili al matrimonio canonico. Ci ha
rappresentato un punto di rottura per quel sistema omogeneo che fino al 1865 aveva convogliato
tutto il diritto di famiglia unitariamente nel solo codice e che, a partire dal 1929, aveva poi
dislocato una parte del diritto matrimoniale in un testo normativo alternativo affinch fossero
regolati gli effetti civili del matrimonio canonico.
Come gi anticipato in premessa, la codificazione del 1939 pur rimanendo
sostanzialmente aderente alle disposizioni del testo del 1865, ha convogliato nel corpo del
codice del 1942 le molteplici esigenze di valorizzazione di un linguaggio moderno, puntuale,
amplio e razionalizzato. Del resto, le innovazioni apportate dal legislatore del 1942
rappresentano una pietra miliare nella storia codicistica italiana, soprattutto se si opina che esse
sono state motivate da esigenze che pur estranee al codice previgente, hanno contraddistinto
lhumus della nuova societ e della nuova classe politica.
Ad esempio, grande attenzione stata data alla disciplina della filiazione naturale che in
contrasto con quanto regolato sino a quel momento, accordava il diritto ai figli adulterini di
essere riconosciuti dal genitore non coniugato e, addirittura ed in certi casi, anche da quello
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coniugato; inoltre, il genitore in buona fede poteva riconoscere il figlio incestuoso e per quelli
riconoscibili era prevista la possibilit di beneficiare della dichiarazione giudiziale di paternit.
Di minor importanza sono state invece le nuove disposizioni sul matrimonio civile;
labbassamento dellet per poter contrarre il vincolo ha risposto allesigenza di equiparare la
disciplina del codice a quella parallela del diritto canonico.
Quanto al nuovo regime convenzionale detto patrimonio familiare, esso non ebbe
diffusa applicazione.
Perennemente tormentata e continuava ad esserlo, la materia sulladozione non stata
interessata da rilevanti rinnovamenti rispetto alla pietrificata previsione del 1865, il quid novi
era rappresentato solo dalla riconosciuta possibilit di adottare anche i minori det, pur
continuando comunque a mancare una precisa e seria volont dincentivare di fatto loperativit
dellistituto.
Grande momento di rottura con il passato stato registrato allorquando sono state
abrogate tutte quelle disposizioni che si ponevano in contrasto con lideologia razzista, facendo
della diversit della razza un impedimento sia per chi avesse voluto contrarre matrimonio sia per
ladottante o laffiliante che per colui il quale avrebbe dovuto assumere la carica di tutore o di
curatore.
La pi grande e significativa innovazione si avuta per nel momento in cui stata
avvertita lesigenza di creare unosmosi tra due sistemi giuridici sino ad allora paralleli, ovvero
il diritto assistenziale ed il diritto di famiglia, tant che sempre pi ricorrentemente ed in
maniera inscindibile, il loro collegamento ha fatto s che gli scenari che si aprissero al conio del
codice del 1942, fossero prodromici ad un istituto come quello dellaffiliazione che avrebbe
arricchito di pregio anche l adozione e l affidamento dei minori.
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Ovviamente, le disposizioni che per prime trovarono abrogazione furono proprio quelle
razziali, con la caduta del regime fascista e con loccupazione dellItalia da parte degli anglo-
americani.
Nel 1948 la costituzione impresse una forza diversa non solo al comune sentire della
popolazione ma modific anche la struttura e la funzione del codice civile che sino ad allora
aveva rappresentato la sedes naturale dei principi fino ad allora unici, in esso contenuti.
La costituzione, infatti, oltre a predisporre numerosi principi afferenti le materie regolate
dal codice, era anche rigida e sanciva norme gerarchicamente subordinate a tutte le leggi
ordinarie. Pertanto si pu affermare che a far data dal 1948, la costituzione e non pi il codice,
rappresenta il topos dal quale originavano tutti i principi del diritto privato.
Come non si pu non considerare ancora che stata proprio la carta costituzionale a fare
riferimento alla famiglia quale societ naturale e che sempre di derivazione
costituzionalistica limportante principio delleguaglianza morale e giuridica tra i coniugi?
Sicuramente tutto ci non era stato previsto nel codice.
Ad ogni modo per i principi costituzionali non ebbero unapprezzabile diffusione in
quanto coloro che per primi tentarono dinterpretarli, avevano negato agli stessi quella
rivoluzionaria capacit di riforma; altri ancora avevano considerato il contenuto della
costituzione in contrasto con quello del codice e perci stesso avrebbero potuto trovare
applicazione solo dopo anni a causa dellinerzia del legislatore il quale con una legge ordinaria
avrebbe dovuto attuarli
Basti pensare che anche quando entr in funzione la corte costituzionale furono
veramente poche le pronunce dincostituzionalit del libro primo del codice e questo era un
chiaro segnale di quanto il sistema tradizionale non solo continuasse a vigere ma fosse anche
molto duro ad essere scalfito.
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Se solo si pensa che il marito non ha mai cessato di essere il capo della famiglia e che
lesercizio esclusivo della patria potest non gli fu mai tolto, questo la dice lunga sulla vera
intenzione di abbattere i pilastri del regime preunitario.
Simili osservazioni se da un lato non possono portare a ritenere che la costituzione abbia
lasciato il sistema giuridico comera prima del suo avvento, dallaltro orienta il fondato pensiero
che essa abbia rappresentato una solida base per coloro i quali negli anni successivi allentrata in
vigore, si sarebbero voluti battere per le riforme e per lapplicazione dei suoi principi ispiratori.
Bisogner attendere gli anni sessanta per assistere ad una vera riforma del diritto di famiglia,
infatti dal 1967 al 1975 fu radicale la sua evoluzione.
A cominciare dal 1967 infatti, compare allinterno del codice la disciplina delladozione
speciale e nel 1970 si assiste allintroduzione della legge sul divorzio sino ad allora sempre
ostacolata.
Ma quella che ha rappresentato la legge di riforma del diritto di famiglia per
antonomasia fu quella del 1975 che in uno alla disposizione modificativa del raggiungimento
della maggiore et con il compimento dei 18 anni, ha concorso ad una radicale e
onnicomprensiva modifica.
Di grande rilievo sono state poi le leggi del 1978 e del 1987 di riforma del divorzio,
quella del 1978 che ha previsto linterruzione della gravidanza, quella di modifica delle regole
sulladozione nonch sullaffidamento dei minori del 1983. Anche il concordato lateranense del
1929 ha modifica il suo contenuto con gli accordi del 1984 tra lo stato italiano e la santa sede,
prevedendo effetti civili al matrimonio canonico e la sottoposizione per le sentenze
ecclesiastiche a requisiti molto rigidi.
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La legge per antonomasia n.151 del 19.5.1975 ha mutato radicalmente il primo libro
del codice, articolo per articolo rendendo la sua architettura completamente diversa da quella
precedente.
Il marito infatti viene equiparato alla moglie, i figli naturali beneficiano di un trattamento
se non uguale, sicuramente equivalente a quello dei figli legittimi.
importante notare che per quanto riguarda le nuove disposizioni sul divorzio nonch
quelle sulladozione ed affidamento dei minori esse, pur non accorpate al testo del codice,
vivono di vita propria al di fuori dello stesso, sono cio considerate sue porzioni che non sono
giammai poste in termini di specialit in quanto n luna n laltra sancisce principi in
contrapposizione; si pu invece sostenere che solo per esigenze contingenti esse sono rimaste ab
externo pur vincolandone i destinatari come se fossero state allinterno del codice. Contrapposte
sono invece le tendenze ispiratrici degli istituti, da un lato quella privatistica che pone laccento
sulla concezione individualistica dellistituto del matrimonio, dallaltra quella pubblicistica che
teleologicamente funzionalizzata alla tutela dei diritti dei minori.
Il complesso quadro di cambiamenti che ha interessato il diritto di famiglia,
evidentemente non ha riguardato solo lItalia n essi si sono avuti come il logico effetto di
esigenze di riforma provenienti da altri paesi i quali, gioco forza, avrebbero potuto influenzare il
nostro. In realt, in Italia come nel resto dei territori europei, si avuta una concordanza di
principi che hanno significativamente superato le divergenze paralizzatrici di differenti pensieri
in ordine a materie cos delicate come la tutela della famiglia e dei minori. Infatti, con grande
ritardo rispetto agli altri paesi europei, nel 2004 con la l. n.40 ha avuto la sua puntuale disciplina
la procreazione medicalmente assistita ed in epoca ancora pi recente, nel 2006 stata messa
nero su bianco la materia dellaffidamento condiviso.
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In ordine alla prima legge, il legislatore italiano ha adottato delle norme meno rigorose
rispetto a quelle di altri paese, dando netto risalto alla tutela del nascituro piuttosto che ai
bisogni di maternit e paternit genitoriali.
Quanto allaffidamento condiviso, si voluto porre un freno a quella che divenuta
ormai la regola con laffidamento esclusivo, esaltando il concetto di bigenitorialit ed
uniformando lo status di figlio legittimo a quello di figlio naturale, oltre a riconoscere agli stessi
lesperibilit delle medesime azioni giudiziarie delle quali potrebbero essere legittimati i figli
nati in costanza di matrimonio.
Ma cosa in realt questa legge rigida, espressa in principi preordinati alla legge ordinaria
e denominata costituzione, ha effettivamente previsto a tutela della famiglia?
Essa allart. 29 recita: la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ
fondata sul matrimonio.
Non potremmo mai trovare n nel codice del 1865 n in quello del 1942 una disposizione
simile e ci in quanto non esistono nelle raccolte evocate regole a tutela di singoli istituti o
previsioni di singole specie di rapporti familiari ma non dato rinvenire alcun testo che intenda
la famiglia come insieme, collettivit, formazione sociale o gruppo unitario, nessuno tranne la
costituzione appunto.
Ha dato vita a differenti interpretazioni il disquisito termine di societ naturale ex art.
29 cost. Poich la pi autorevole dottrina ritrova nella dizione un rifarsi alla societ originaria e
pertanto preesistente allo stato, da ci si dedurrebbe che alla famiglia farebbero capo diritti
fondamentali, intangibili ed addirittura anteriori a qualunque legge positivamente data; tale tesi
tenderebbe per a ravvisare nel principio costituzionale un richiamo al diritto naturale e pertanto
non sarebbe linterpretazione accoglibile in quanto si opererebbe un recepimento in toto della
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dottrina della chiesa cattolica, in netta contraddizione con il carattere pluralista e non
confessionale della costituzione.
Sempre in contrasto tra loro sono le altre interpretazioni, una estensiva e laltra riduttiva
a seconda dellimportanza assunta dallistituto famiglia. Opinando nei termini della tesi
riduttiva, lart. 29 considerato norma in bianco, demandando poi lestrinsecazione
contenutistica alla concezione assunta dalla famiglia in un particolare momento storico in cui
la norma deve essere applicata; il legislatore in effetti, avrebbe preferito che il completamento
del contenuto della norma fosse avvenuto in considerazione del divenire del momento storico
contingente. Per meglio sostenere tale assunto, una lettura in combinato disposto delle norme
costituzionali concorre a chiarire il ragionamento, in particolare, lart. 29 letto unitamente allart.
2 riconosce e garantisce i diritti delluomo <nelle formazioni sociali ove si svolge la sua
personalit>cos come lart. 29 riconosce i diritti dei singoli allinterno della famiglia ed in
quanto membri della stessa.
A contrario, la tesi estensiva, ripudiando lassimilazione posta in essere dai sostenitori
della tesi restrittiva, convengono che i diritti contenuti nellart. 29 debbano essere riconosciuti
alla famiglia quale ente distinto dai suoi membri. Il principio della carta, sarebbe tale da
riconoscere alla famiglia il carattere di comunit originaria, alludendo non ad un ordinamento
giuridico originario ma ad un gruppo sociale di origine spontaneo, dunque non creato dal diritto
dello stato.
Del resto linterpretazione che tende a svuotare di contenuto lart. 29 sembra essere
quella meno percorribile, a tutto vantaggio dellorientamento prevalente e che predilige la
relazione con altri principi costituzionali quali potrebbero essere quelli contenuti negli artt. 30,
31, 34 comma 4, 36, 37 cos da giungere allunico vero caposaldo relativo alla famiglia ossia la
sua preordinazione rispetto a qualunque altra formazione sociale.
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2 La famiglia nel codice civile e nelle leggi
ordinaria
Nel corpo delle disposizioni codicistiche, una definizione precisa e dettagliata del
concetto di famiglia manca; lapproccio con i contenuti precettivi concorre alla qualificazione
di concetti come matrimonio o rapporto di coniugio, parentela e/o affinit ma nessuna idonea a
qualificare il lemma famiglia, se non attraverso un implicito richiamo allappartenenza dei
membri legati con vincolo di parentela alla famiglia stessa.
Ad ogni modo, da una lettura particolareggiata delle norme riferentesi allistituto
famiglia, alcune sembra operino un esclusiva menzione alla famiglia nucleare, formata dai
soli coniugi con eventuali figli, funzionalizzando ogni valutazione al perseguimento del
lorointeresse, dei bisogni(artt. 143, 186 lett.c c.c.), della vita familiare e della residenza
delle famiglia (art.144 c.c.) o alle esigenze dellunit e della vita della famiglia (art.145 c.c.)
Ex adverso, si assiste ad unestesa qualificazione del concetto famiglia che a volte
tende a ricomprendere addirittura allinterno del suo nucleo i conviventi con il titolare di un
diritto di uso o di abitazione, i quali abbiano potuto prestare a lui o alla sua famiglia i loro
servizi.
Cos estesa pare debba intendersi anche la disposizione di cui allart.1 della l.184 del
1983 sulladozione dei minori, la quale segnatamente sancisce che il minore ha diritto di essere
educato nellambito della propria famiglia e in tale nucleo devono comprendersi, in virt di
uninterpretazione sistematica, i parenti entro il quarto grado. Lart. 230 bis 3 co. c.c., inoltre,
attribuisce la qualifica di familiare al coniuge, ai parenti entro il terzo grado ed agli affini
entro il secondo.
Tali esempi ispirano una conclusione incontestabile e cio che allo stato la legge italiana
sulla famiglia non suscettibile di avere un contenuto determinato, ma acquisterebbe la sua
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specificazione caso per caso, a seconda delle diverse esigenze sottese dalla regolazione di
fattispecie a loro volta differenti.
Se la famiglia legittima, per derivazione costituzionale solo quella fondata sul
matrimonio, ecco spiegato il motivo per il quale non dato rinvenire allinterno del codice n in
altre leggi ordinarie equiparate contenutisticamente allo stesso, nessuna disposizione che
espressamente la qualifichi tale.
Legittimi per il codice sono i figli nati in costanza di matrimonio e che differiscono da
quelli naturali, in quanto il loro status prevede lapplicazione di una disciplina che via via negli
anni si andata sempre pi uniformando e che in molti altri ordinamenti ha implicato la
cancellazione di aggettivi come legittimo, illegittimo, naturale che, se riferiti alla famiglia ex
art.29 cost, non avrebbero alcuna ragion dessere. Senza addentrarsi in spiegazioni superflue, v
da notare che la legge in realt non riconosce altra parentela che quella legittima senza fare
nessuna distinzione al di fuori del vincolo di primo grado.
Oltre la famiglia fondata sul matrimonio, negli ultimi anni ed in continuo aumento
rispetto al passato, sta diffondendosi lesigenza dinstaurare cosiddette unioni di fattoo
altrimenti note come convivenze more uxorio.
Esse sarebbero la trasposizione pi o meno giuridicizzata del principio della porta
aperta allinterno del legame, in virt del quale pur volendo rendere simile alla convivenza
coniugale la relazione instauranda, la si vuole comunque priva di quei vincoli contrattualistici
tipici del matrimonio tout court. ovvio che nel concorso tra un coniuge in fase di separazione
ed un convivente che ha cessato il proprio rapporto, la legge tuteli il primo in quanto legittimo e
poich allo stato non esiste ancora una precisa salvaguardia per le relazioni more uxorio, pur
essendosi fatti dei significativi passi in avanti sulla strada del loro riconoscimento giuridico.
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Con le recentissime leggi di modifica del codice, le nuove disposizioni introdotte
tutelano proprio le unioni di fatto; basti pensare agli ordini di protezione contro gli abusi
familiari l. 134/2001 che prevede infatti che il giudice possa ordinare lallontanamento dalla
residenza familiare del coniuge o del convivete che abusa o maltratta un figlio (art. 330
2comma c.c.) O la cui condotta sia causa di grave pregiudizio allintegrit fisica e morale
ovvero alla libert dellaltro coniuge o convivente (342 bis c.c.), oppure si pensi alla nuova
normativa sullamministrazione di sostegno l. 6/2004 che mentre da una parte attribuisce
anche al convivente la legittimazione a promuovere il ricorso per listituzione
dellamministrazione di sostegno (art. 407 c.c.), dallaltra annovera il convivente tra i soggetti
che possono essere nominati proprio amministratori di sostegno (art. 408 c.c.).
Anche lattuale codice di procedura penale, riformato nel 1989, nella norma che
disciplina la deposizione dei parenti nellambito del processo a carico di un imputato, riconosce
la facolt di astensione che prevista non solo per i prossimi congiunti ma anche per chi, non
essendo coniuge dello stesso, conviva come tale o abbia convissuto con esso (art. 199 2 co lett.
a) c.p.p., in tal modo rendendo equivalenti le due posizioni.
stata proprio una sentenza della corte costituzionale ad attribuire al convivente more
uxorio del conduttore, in materia di locazione di immobili ad uso abitativo, il titolo a succedere
al de cuius nel contratto locatizio.
Tutte le evocate ipotesi, lasciano dedurre non solo che la convivenza abbia una sua
rilevante valenza giuridica ma anche lordinamento si pone continuamente in posizione di
apertura alla sua legittimazione allinterno del sistema. Ci senza dubbio induce linterprete a
dover trovare, nel silenzio della legge, una pronta risposta normativa per disciplinare quelle
ipotesi che ricorrendo nella pratica, non possono trovare un ancoraggio normativo come accade
per la famiglia legittima.
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Il risvolto pi tormentato del fenomeno giuridico la pressione politica esercitata da pi
parti perch fosse trovata una soluzione alla regolamentazione anche delle unioni di fatto tra
persone dello stesso sesso ed alle quali comunque resterebbe precluso listituto del matrimonio.
La vicenda, estremamente delicata, non di facile soluzione per la diversit di opinioni espresse
sino ad oggi dalle eterogenee forze politiche. Resta comunque il fatto che se da un lato si deve
prediligere la piena esplicazione dellindividuo e delle sue scelte, dallaltro resta il districato
nodo delle convivenze tra coppie omosessuali le quali, comunque sono anchesse titolari di
diritti fondamentali riconosciuti a tutti gli individui, sia come persone che come componenti un
gruppo.
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3 La parentela e laffinit
Sono previsti tra vincoli familiari nella nostra legge: quello coniugale, la parentela e
laffinit.
Solo quello coniugale comporta lattribuzione di diritti e doveri in capo ai soggetti tra i
quali intercorrono, mentre gli altri due ne restano esclusi.
Considerati sic et simpliciter essi non sono idonei a rappresentare il presupposto di
nessun effetto giuridico mentre in concorso con altri elementi, danno vita a numerose fattispecie
pi complesse.
In realt non propriamente allinterno del diritto privato che si ritrovano le nozioni di
parentela ed affinit bens nel sistema del diritto penale, processuale civile, processuale penale e
previdenziale. Pur indicando lappartenenza di un soggetto allo stesso nucleo familiare, esse
sono nozioni valevoli a rappresentare anche quelle di un intero sistema normativo.
Non ripropongono il medesimo contenuto delle disposizioni del 1865 (artt. 48-52), pur
essendo a loro simili nella sostanza e non aggiungono alcun nuovo elemento oltre alla
qualificazione dei termini di linea e grado.
La parentela pertanto il vincolo tra persone che discendono dallo stesso stipite (art. 74
c.c.); ci chiarisce che non esiste tra coniugi, per i quali si parla di rapporto di coniugio ma c
tra genitori e figli. Tra questi ultimi c primariamente un rapporto di generazione e
successivamente di filiazione, il quale attribuisce a sua volta, automaticamente, un insieme di
diritti, poteri e doveri in capo ai due soggetti tra i quali il vincolo intercorre.
Lart. 75 c.c. Recita: sono parenti in linea retta, le persone di cui una discende
dallaltro mentre, in linea collaterale quelle che pur avendo uno stipite comune non discendono
luna dallaltra; dunque nonno e nipote sono parenti in linea retta e fratello e sorella lo sono in
via collaterale.
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Nellart. 76 c.c. Si esprime un concetto nuovo che quello di grado e per il suo
computo si considerano nella linea retta altrettanti gradi quante sono le generazioni escluso lo
stipite, nella linea collaterale invece i gradi si misurano salendo da uno dei parenti fino allo
stipite comune e da questo discendendo allaltro parente, rimanendo sempre escluso lo stipite.
La dottrina per esaminando lart. 74 c.c. Che descrive i rapporti di filiazione, sottolinea
che non ben chiaro se si disquisisca di filiazione legittima o invece possa esservi ricompresa
anche quella naturale riconosciuta o giudizialmente dichiarata o anche non riconoscibile;
insomma la questione da porsi nei seguenti termini: riconosciuta rilevanza solo alla
parentela legittima o potrebbe essere suscettibile di applicazione estensiva anche a quella
naturale?
Nella pratica si deve affermare che la soluzione non stata univoca per il semplice fatto
che il legislatore intenzionalmente non ha voluto dare una risposta oggettivamente valida,
preferendo che caso per caso si procedesse ad un esame delle fattispecie, al fine di ricercare la
norma idonea applicabile.
Ad ogni modo pare fuori discussione che per quanto attenga alla parentela di primo
grado, ovvero al rapporto genitori-figli e quando la filiazione naturale sia stata legalmente
accertata con il riconoscimento o con la dichiarazione giudiziale di paternit, sia la legge a
statuire espressamente lequiparabilit del vincolo di filiazione naturale riconosciuta con quella
legittima (art. 261 c.c. In relazione allart. 277 i co). Al di fuori di questi casi non sempre si
precisa se la disposizione possa valere anche per la parentela non legittima; spesso infatti le
norme del diritto civile non hanno affrontato il problema, basti pensare agli impedimenti al
matrimonio, alle successioni legittime e necessarie, allimpresa familiare od allindennit dovuta
ai superstiti in caso di morte del prestatore di lavoro.
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Circa il binomio parentela e filiazione naturale, si deve considerare che prima della
riforma del diritto di famiglia era concepibile solo che il riconoscimento del figlio naturale
potesse essere idoneo a far sorgere rapporti di parentela tra il figlio ed il genitore che lo aveva
riconosciuto (art. 258 c.c.) Escludendo lestensione di qualunque effetto anche per laltro
genitore. La dottrina tradizionale era solita spiegare tale assunto in virt del fatto che fosse solo
la filiazione legittima a far sorgere lo status familiare mentre quella naturale era concepita
essenzialmente come una relazione semplice tra due soggetti. Tale principio per avrebbe
dovuto fare i conti con la nuova interpretazione orientata dalla costituzione che allart. 30
sopprime la discriminazione dei figli naturali assicurando loro la stessa tutela nonch i medesimi
diritti della famiglia legittima.
Con due successive pronunce la corte costituzionale ha dichiarato lillegittimit dellart.
565 c.c. Nella parte in cui non prevede la successione legittima tra fratelli e sorelle naturali. Ha
aggiunto inoltre un altro fondamentale principio, parafrasando il dettato dellart. 30 cost. e
rinvenendo nello stesso in primis, una regola di equiparazione tra figlio legittimo e figlio
naturale ed in secundis, pur senza voler irrompere con un comando precettivo inderogabile, il
supremo organo si appella al buon senso del legislatore che in fase di applicazione della norma
dovrebbe opportunamente contemperare glinteressi delle due specie di filiazione. Ispirata da
tale proposito, la corte ha appunto fissato il criterio della parificazione del rapporto tra fratelli e
sorelle naturali con quelli legittimi.
Il vincolo che invece sinstaura tra un coniuge e i parenti dellaltro coniuge definito
affinit, come recita lart. 78 c.c. Il quale scolpisce segnatamente che nella linea e nel grado in
cui taluno parente duno dei coniugi egli affine dellaltro coniuge; cosicch esiste affinit
tra i suoceri ed il genero o tra il marito ed il figlio che la moglie abbia avuto da un precedente
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marito mentre, non esiste affinit tra moglie e marito n tra i parenti del marito e quelli della
moglie.
Certamente listituto ha una portata decisamente meno ampia della parentela, infatti, l
dove la legge evochi laffinit in uno alla parentela, la prima sembrerebbe soffrire un limite pi
ristretto. Basti pensare che allart. 320 bis 3 co i parenti sono menzionati entro il terzo grado e
gli affini entro il secondo, sono invece categoricamente esclusi dalla categoria dei successibili
nella successione legittima. Pur presupponendo tale vincolo lesistenza di un matrimonio, esso
persister anche in caso di suo scioglimento a causa ad esempio della morte di un coniuge o per
divorzio o per lintervenuta pronuncia di una dichiarazione di nullit.
Lart.78 comma 3 c.c. Recita che: laffinit non cessa per la morte, anche senza prole,
del coniuge da cui deriva, salvo che per alcuni effetti specialmente determinati. Da ci ne
deriva che, pur avvinti da tale vincolo, il vedovo e la vedova, ad esempio, per alcuni effetti
specialmente determinati, come sancito nellart. 434 n.2 c.c., lobbligato alimentare del suocero
e quello del genero, cessano se il coniuge dal quale derivi laffinit ed i figli nati dalla sua
unione con laltro coniuge, siano morti. Poich laffinit cessa anche se il matrimonio
dichiarato nullo, non si pu non considerare che posta la questione in tal guisa, esso dovrebbe
esserlo retroattivamente, rendendo come mai sorto e dunque inesistente ex tunc il matrimonio.
sin troppo agevole immaginare quali tipi di problematiche sottenda attribuire siffatta efficacia al
rapporto coniugale rispetto ai figli che potrebbero essere nati. per tali motivi che oggi appare
difficile sostenere linvalidit ex tunc della dichiarazione di nullit del matrimonio essendo
invece sicuramente rispondente a criteri dequit quella contemperante dellinefficacia ex nunc.
Per quanto riguarda la diversa ipotesi della sorte del vincolo di affinit quando
intervenga una sentenza di divorzio, pur non essendo annoverata tra le fattispecie di cui allart.
78 c.c., il divorzio previsto solo quale impedimento al matrimonio; infatti fatto divieto tra
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affini in linea retta di contrarre il vincolo. Mentre lo scioglimento del matrimonio per morte di
un coniuge non fa cessare laffinit e poich anche il divorzio fa cessare il vincolo, allora
laffinit non cesserebbe con il divorzio. pur vero per che il divorzio ha conseguenze diverse
da quelle che potrebbe avere sui parenti del vedovo in termini di affettivit e solidariet; ci lo si
comprende maggiormente se si opina che la moglie conserva il cognome del marito nello stato
vedovile mentre la donna divorziata lo perde.
La conclusione di tutto il discorso che la sentenza di divorzio fa cessare il vincolo di
affinit che era derivato dal matrimonio dal suo passaggio in giudicato e lex coniuge non
avrebbe legittimazione ad opporsi alla cessazione nei confronti dei parenti dellaltro coniuge
sino al momento in cui la sentenza non sia stata assoggettata alle evocate prescrizioni di
pubblicit nei registri di stato civili.





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Bibliografia

Manuale di diritto privato Francesco Gazzoni (esi-2008)
Rivista dellAiaf-lezioni di Diritto di Famiglia
Trattato di Diritto di Famiglia G.Bonilini (Utet 2008)
Enciclopedia del Diritto (Giuffr)

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