1. In un mondo in via di globalizzazione, la sociologia della cultura, una branca relativamente recente che cerca di mettere a fuoco i rapporti reciproci tra la struttura sociale e i fenomeni culturali, destinata ad assumere un rilievo crescente. Nessuna societ pu sussistere, perpetuarsi e riprodursi senza una rete di significati - norme, valori, credenze, simboli espressivi - che nel loro insieme definiscono la sua cultura. Questa ovvia constatazione diventa immediatamente problematica se ci si chiede come quella rete di significati si produca e si oggettivi, come si mantenga, si distribuisca e venga recepita dalle singole persone, come essa si modifichi nel corso del tempo, ecc. Ancora pi ricca e attuale la problematica dellinterazione tra diverse culture, che, nel nostro mondo, sta configurando, per effetto della globalizzazione, una tensione drammatica tra spinte alla fusione interculturale e spinte alla frammentazione identitaria. Per affrontare questa problematica, l'autrice fa riferimento ad un modello molto semplice, che definisce "diamante culturale". Esso comporta quattro elementi: "gli oggetti culturali (simboli, credenze, valori e pratiche); i creatori culturali, comprese le organizzazioni e i sistemi che producono e distribuiscono oggetti culturali; i destinatari culturali, cio la gente che fa esperienza della cultura e degli oggetti culturali; e il mondo sociale, il contesto cio in cui la cultura viene creata ed esperita" (p. 8). Tra questi quattro elementi, distribuiti ai vertici del diamante, si danno sei legami o connessioni. La sociologia della cultura mira ad illustrare gli elementi in s e per s e a chiarire le relazioni reciproche che si danno tra essi. Preliminare allanalisi, la definizione di cultura che lautrice mutua da Clifford Geertz: "una struttura di significati trasmessi storicamente, incarnati in simboli, un sistema di concezioni ereditate espresse in forme simboliche per mezzo di cui gli uomini comunicano, perpetuano o sviluppano la loro conoscenza e i loro atteggiamenti verso la vita" (p. 24). In riferimento a questa definizione, "un oggetto culturale pu definirsi come un significato condiviso incorporato in una forma" (p. 26). La condivisione attesta che un significato in tanto si d in quanto esso riconosciuto nel suo valore conoscitivo, comunicativo, morale, ecc. - da un gruppo. La domanda ovvia che viene da porsi preliminarmente perch luomo ha bisogno del significato. La risposta pi esauriente lha fornita Geertz: "Luomo ha bisogno di fonti simboliche di illuminazione per trovare la sua strada nel mondo, perch quelle di tipo non simbolico, inserite nel suo corpo costituzionalmente, gettano una luce troppo soffusa. Negli animali inferiori i modelli di comportamento si danno insieme alla loro struttura fisica, almeno in gran parte: le fonti di informazione genetiche ordinano le loro azioni entro possibilit di variazione molto pi ristrette, sempre pi ristrette e conchiuse via via che il livello dellanimale scende. Alluomo sono date capacit innate di reazione estremamente generali che lo lasciano regolato con molta minor precisione; non diretto da modelli culturali sistemi organizzati di simboli significanti il comportamento delluomo sarebbe praticamente ingovernabile, un puro caos di azioni senza scopo e di emozioni in tumulto, la sua esperienza sarebbe praticamente informe. La cultura, la totalit accumulata di questi modelli, non un ornamento dellesistenza umana ma base principale della sua specificit una condizione essenziale per essa." (p. 38) In breve, la cultura un bastione contro il caos: "lanalisi sociologica della cultura parte dalla premessa che questultima offre orientamento, protegge dal caos e dirige il comportamento verso determinate linee di azione e lontano da altre." (p. 39) 2. Ci posto, c da chiedersi qual il rapporto tra significati culturali e realt sociale. La concezione materialista implica "che la religione, i valori, larte, le idee, le leggi e la cultura in generale sono i prodotti della realt materiale" (p. 47) I significati culturali sono dunque una sovrastruttura che si edifica e in qualche modo riflette linfrastruttura materiale, ci che gli uomini producono nel loro sforzo di trasformare il mondo per adattarlo ai propri bisogni. Nulla induce a pensare che Marx intendesse il rapporto tra infrastruttura e sovrastruttura in termini univoci. La teoria del rispecchiamento dellortodossia comunista una semplificazione e una volgarizzazione del pensiero di Marx. Non c dubbio per che questi ritenesse il pensiero, che produce significati, complementare e in qualche misura subordinato allazione, alla prassi trasformativa: in breve, al lavoro. Unaltra ipotesi quella funzionalista: "Lessenza del funzionalismo che le societ umane, per conservarsi, esprimono bisogni concreti, e le istituzioni sociali sorgono per soddisfare tali bisogni." (p. 52) In questottica "ogni livello sociale la cultura, la politica, leconomia, lordine sociale fornisce input e riceve output da ogni altro livello. Ogni livello adattato a, o riflette, ogni altro livello. Cos, la cultura riflette la societ proprio come la societ riflette la cultura." (id.) La teoria funzionalistica urta contro il fatto che "gli oggetti culturali spesso idealizzano alcuni aspetti dellesperienza sociale, o sottolineano alcuni aspetti meno positivi per fare critica sociale." (p. 55) Sia lipotesi marxista che quella funzionalista, riconoscendo che la cultura e la struttura sociale esercitano una mutua influenza una sullaltra, tendono ad accentuare un freccia causale che va in una sola direzione: la societ causa (o determina, o plasma, o influenza) la cultura. Max Weber ha intuito che la freccia deve puntare anche verso lalto. In uno dei sui saggi pi famosi (LEtica protestante e lo spirito del capitalismo) egli analizza il modo in cui un insieme di idee religiose influenz il modo in cui la gente lavorava, spendeva il suo denaro e organizzava la vita economica. Egli "non negava che la gente perseguisse i suoi interessi materiali a questo riguardo egli prese lhomo faber come punto di avvio -, ma sosteneva che le loro idee, le loro culture plasmavano precisamente le forme in cui essi perseguivano questi interessi" (p. 61): "Sono gli interessi (materiali e ideali), e non le idee, a dominare immediatamente lagire dellumo. Ma le "concezioni del mondo", create dalle idee, hanno spesso determinato come chi aziona uno scambio ferroviario i binari lungo i quali la dinamica degli interessi ha mosso tale attivit." (id). Sia lipotesi marxiana sia quella funzionalista sia quella weberiana implicano, dunque, una qualche corrispondenza tra cultura e mondo sociale. Esse per sottovalutano sia il ruolo degli esseri umani attivi che producono la cultura o che, essendone i depositari, la trasmettono, sia il ruolo di coloro che ricevono i messaggi culturali, che interpretano, accettano o rifiutano i significati culturali.
3. Chi crea gli oggetti culturali? Se si fa riferimento alla Cultura (letteratura, arte, filosofia, ecc.) innegabile il ruolo dei genii individuali, anche se la genialit stessa richiede un humus culturale per realizzarsi. Se, viceversa, ci si riconduce alla cultura nel senso pi ampio di un modello di significato storicamente trasmesso, riesce immediatamente evidente che essa rappresenta una creazione collettiva e non individuale. La concezione della cultura come prodotto sociale trae origine dal lavoro di Emile Durkheim sulla religione. Per quanto Durkheim abbia preso in considerazione solo la religione pi primitiva il totemismo -, il suo intento quello di cogliere gli elementi costitutivi della religione, trovare i fondamenti di tutte le religioni e scoprire il bisogno umano che causa la credenza e la pratica religiosa. La conclusione della ricerca conferma lassunto di fondo del pensiero durkheimiano: "la religione alla base di tutte le categorie del pensiero, e la religioni e le categorie del pensiero sono tutte rappresentazioni collettive che esprimono realt collettive." (p. 72) In particolare "la societ fa sorgere il senso del divino negli esseri umani attraverso: 1) il suo potere, il suo controllo su noi che si manifesta nella sua abilit di causare o di inibire le nostre azioni indipendentemente dallutilit individuale; 2) la sua forza positiva, per lazione rinforzante e vivificante della societ. Quando un membro della societ in armonia morale con u suoi compagni egli ha pi fiducia, pi coraggio e pi forza nellazione, proprio come il credente che pensa di sentire lo sguardo di dio diretto verso di lui. La societ produce cos, come se fosse tale, un sostegno perpetuo alla nostra natura morale. La gente pensa che questo sostegno debba essere dovuto a qualche causa esterna, a qualche forza sempre rappresentata con simboli religiosi, e risponde a questa forza con rispetto e timore." (p. 74) Durkheim ha inaugurato lapproccio alla produzione collettiva della cultura secondo il quale sono le interazioni sociali, sia a livello di piccolo gruppo che al pi ampio livello della societ, a generare cultura. Erede dellapproccio durkheimiano si pu considerare linterazionismo simbolico "interessato a come la gente costruisce attivamente le sue norme e i suoi ruoli. La prospettiva di fondo degli interazionisti che il s delluomo non una forma platonica preesistente, ma creata dallinterazione sociale." (p. 78) George H. Mead, di fatto, illustra una teoria psicosociologica della nascita del S, secondo la quale levoluzione della personalit culmina nellinteriorizzazione dellaltro generalizzato, che la societ: "E nella forma dellaltro generalizzato che il processo sociale influenza il comportamento degli individui coinvolti in esso e che lo realizzano; in altre parole, che la comunit esercita controllo sulla condotta dei suoi singoli membri." (p. 79) In E. Goffman linterazione non riguarda solo levoluzione della personalit, ma tutta lesperienza umana: il S cerca di proiettare un certo insieme di significati su coloro con cui interagisce, e a sua volta cerca di interpretare i significati costruiti dai partner nellinterazione. Egli "analizza questo processo impiegando le metafore delle performance teatrali:il s un attore che svolge un ruolo davanti a un pubblico. Se la perfomance ha successo, il s vede confermata una certa identit sia nei confronti del partner dellinterazione sia verso se stesso." (p. 81) Linterazionismo simbolico va arricchito per tenere conto di due aspetti della vita sociale. Il primo lesistenza di subculture, generate da sottogruppi i cui membri individuali sono direttamente relazionati luno allaltro: "una subcultura esiste entro un pi ampio sistema culturale e ha contatti con la cultura esterna. Entro il dominio della subcultura, comunque, funziona un potente insieme di simboli, significati e norme comportamentali spesso lopposto di quelle in vigore nella cultura pi ampia che sono vincolanti per i membri della subcultura." (p. 83) Una volta create, le culture cambiano. Vi sono periodi di cambiamento relativamente contenuti, e altri nel corso dei quali la creativit culturale esplode. Questi ultimi, il pi recente dei quali stato il68, sono i pi interessanti. Essi muovono da periodi di instabilit nel corso dei quali le vecchie regole, culturali e sociali, non sembrano pi applicabili e lideologia dominante entra in crisi. Il pericolo che si configura di conseguenza lanomia. Linnovazione culturale serve a scongiurare questa attraverso la produzione di nuovi significati. 3. Definire la cultura un prodotto collettivo solo la premessa per approfondire il problema del complesso apparato interposto tra i creatori di cultura e i consumatori, che comporta meccanismi di produzione e di distribuzione, tecniche di commercializzazione, la creazione di situazioni che mettono a contatto potenziali consumatori di cultura e oggetti culturali. Nella nostra societ, tale apparato sidentifica con lindustria culturale, "espressione che descrive linsieme di organizzazioni che producono articoli culturali di massa come dischi, libri di facile lettura e film a basso costo" (p. 102). Lindustria culturale "opera per regolare e confezionare linnovazione e dunque per trasformare la creativit in prodotti commerciabili e prevedibili" (p. 103). Il concetto di industria culturale dovuto a Hirsch, che lo considera un sistema interattivo. Tale sistema parte dai creatori i cui input, posto che superino un filtro, vengono recepiti dal sottosistema manageriale che lo trasformano in prodotto. Attraverso i media questo arriva ai consumatori, la cui fruizione retroagisce sul sistema manageriale orientandone le scelte ulteriori. Il modello di Hirsch concerne i prodotti culturali di massa tangibili, ma esso "con poche modifiche pu essere applicato alla cultura elevata, alle idee e ad ogni altro oggetto culturale" (p. 106). Esso, per esempio, pu essere applicato addirittura da una religione istituzionalizzata. Il fondatore il creatore, i teologi e la Chiesa rappresentano il sottosistema manageriale che adatta il messaggio per renderlo fruibile agli utenti, i quali lo ricevono e lo interpretano, costringendo talvolta la Chiesa a cambiare alcuni aspetti dottrinali. Il tramite tra il sottosistema manageriale e i consumatori il mercato culturale, laddove gli oggetti culturali competono per ritagliarsi fasce pi ampie di consumo. Particolare importanza, nellottica della sociologia della cultura, ha il problema dei consumatori, che rappresentano una massa stratificata: "diversi tipi di persone guardano, comprano, amano, usano, leggono e credono in diversi oggetti culturali" (p. 114). Per quanto concerne la libert dinterpretazione culturale si danno due concezioni. Secondo la prima, la teoria della cultura popolare, "la gente pu costruire qualunque significato (i ricevitori sono forti/gli oggetti culturali sono deboli)" (p. 120); "essa assume che non vi siano distinzioni, che non vi siano rappresentazioni culturali migliori o peggiori, pi ricche o pi povere, ispirate o deprimenti, elevate o pornografiche, ma che vi siano solo tipi di persone diverse che fanno esperienza di oggetti culturali attribuendo ad essi significati differenti. Il significato diventa cos in assoluto una funzione della mente del ricevente." (p. 121). Secondo laltra teoria, la teoria della cultura di massa, "la gente deve sottostare ai significati che sono intrinseci agli oggetti culturali (gli oggetti culturali sono forti/i ricevitori sono deboli)" (p. 120); "i significati culturali sono strettamente controllati e i ricevitori non hanno alcuna libert dinterpretazione" (p. 121). In questottica, lindustria culturale serve "per produrre intrattenimento di massa su una scala sino allora impensabile. Un simile intrattenimento si basa su un minimo comune denominatore di gusto, che enfatizza laspetto di spettacolo su quello morale o intellettuale, allo scopo di catturare una porzione di mercato che sia la pi ampia possibile. I prodotti della cultura di massa rendono i ricevitori apatici e intorpiditi. Questa apatia a sua volta predispone questi ricevitori passivi alla tirannia politica, mentre il loro semplice numero spinge i produttori culturali alla preparazione di materiali sempre pi violenti, sensazionali, scioccanti, capaci di far reagire un pubblico incline a stancarsi" (p. 123). Queste sono le linee di fondo della sociologia della cultura nellottica del diamante culturale. Esse, oggi, devono tenere conto di un fatto nuovo: lincidenza sulla cultura dei media elettronici, che "1) mettono in relazione persone situate in posti distanti in tempi reali; 2) permettono lespressione diretta di idee e emozioni che si erano avute in precedenza solo nella comunicazione faccia a faccia; 3) democratizzano laccesso culturale in termini spaziali e temporali; 4) democratizzano laccesso culturale fondato sullistruzione" (p. 197). Tenendo conto di questi aspetti, qualcuno ipotizza che la cultura tender a assumere una configurazione globale e integrata. Per ora, in realt, "le comunicazioni elettroniche su scala globale, con la loro infinita capacit di riproduzione e disseminazione di segni, sono il fondamento del postmodernismo. La cultura postmodernista una cultura di superficie, un gioco di immagini che rinnega la profondit, la storia o il significato. Essa stata caratterizzata con i seguenti attributi: 1) assenza di spessore, o meglio unautoconsapevole superficialit. La profondit stata sostituita da superfici multiple. Non ci sono significati nascosti, perch comunque non c nulla sotto le superfici levigate che questa cultura esibisce; 2) il rigetto delle metanarrazioni; 3) frammentazione, cio rottura delle connessioni. La cultura postmoderna accetta il frammentario, leffimero, il discontinuo" (pp.202-203). Considerando questi aspetti, si possono avanzare previsioni pessimistiche o ottimistiche sul futuro della cultura. 4. Se si considera il peso che la cultura ha nel caratterizzare una civilt, che una somma di cultura materiale e cultura spirituale, nel presiedere allorganizzazione di una determinata societ, nel regolare i rapporti interpersonali a tutti i livelli della vita sociale, nellinfluenzare le singole soggettivit, difficile non considerare lapproccio sociologico da essa di estremo interesse. Certo, una teoria sociologica della cultura soffre di tutti i limiti propri della scienza sociologica: le ipotesi abbondano, ma non c alcun terreno di verifica. La teoria del diamante culturale, inoltre, ha un limite di non poco conto. Essa trascura del tutto il ruolo dei fattori inconsci. Ho pi volte rilevato che, dopo quella freudiana dellinconscio individuale, la scoperta pi importante avvenuta nellambito delle scienze umane e sociali del 900 si pu considerare quella dellinconscio sociale o della mentalit, dovuta agli storici francesi raccolti nella scuola de Les Annales. Purtroppo, lincomunicabilit tra le scienze umane e sociali ha fatto s che questa scoperta rimasta confinata nellambito della storia, o meglio nel patrimonio metodologico di alcuni storici. La sua adozione nellambito della sociologia della cultura potrebbe risolvere molti problemi che rimangono aperti. Uno, su cui mi preme soffermare lattenzione, la malattia mentale come oggetto culturale. Il disagio psichico un fatto reale sperimentato dalle persone che lo vivono e da coloro che le circondano o con cui esse interagiscono. Cionondimeno, tale fatto non esiste che in virt del suo essere assunto, da chi lo vive, dalla societ e dalla psichiatria, come un oggetto culturale. Esso esiste insomma come frutto di molteplici interpretazioni: soggettive dalla parte del paziente, oggettive da parte della societ e della psichiatria. Le interpretazioni soggettive sono solitamente errate: per esempio un ipocondriaco interpreta dolore al fianco destro come sintomo di un tumore epatico che le analisi non rilevano. Continuando a sentire il dolore, egli insiste a pensare che nel suo corpo ci sia una formazione maligna. La societ, a partire dai familiari, preso atto dellinesistenza del tumore, interpretano il vissuto del paziente come una fissazione, vale a dire come una convinzione immaginaria ossessiva ma priva di fondamento. La psichiatria, a sua volta, fornisce uninterpretazione oggettivante: linesistenza del tumore e la preoccupazione del soggetto significano che il sistema deputato a segnalare pericoli reali per la salute squilibrato costituzionalmente. Linterpretazione psichiatrica iscrive lipocondria nellambito di un disturbo dansia pi o meno grave. Linterpretazione del paziente, che attribuisce il disturbo al soma, quella psicologica della societ e quella biologica della psichiatria, che lo riconduce ad una disfunzione del sistema dallarme sono tre oggetti culturali, lultimo dei quali pretende di essere scientifico. Che cosa difetta in tutti e tre gli oggetti culturali? Il riferimento ad una dimensione inconscia che, attraverso il sintomo, segnala una situazione di conflitto psicodinamico. Il segnale simbatte nel livello di coscienza del paziente, abituato culturalmente a ritenere che ci che viene percepito nel corpo, abbia origine nel corpo stesso; nella cultura del senso comune, secondo la quale se un sintomo corporeo non ha riscontro nelle analisi, esso non ha ragion dessere, configurandosi lossessione del paziente come una paura priva di fondamento; nella logica oggettivante della psichiatria, che riferisce il sintomo ad una disfunzione corporea che non ha sede per nel fegato ma nel cervello del paziente. Che centra linconscio sociale? Esso centra nella misura in cui tutti e tre gli oggetti culturali si originano a partire da unideologia "cartesiana", che esclude la possibilit che una situazione di conflitto psicodinamico possa tradursi in un vissuto che viene percepito immediatamente a livello somatico. Esclude cio che contenuti psichici possano esprimersi attraverso modalit che non siano psichiche. E in gioco, insomma, in tutti e tre i casi il materialismo del senso comune, un oggetto culturale che appartiene alla mentalit di una societ e di una civilt che nega i rapporti reciproci tra res cogitans e res extensa, e li interpreta come due dimensioni scisse e non comunicanti. In un diverso contesto culturale, per esempio presso una cultura primitiva, lipocondria viene ricondotta ad una qualche forma di possessione da parte degli spiriti maligni. Tale interpretazione appare rozza e irrazionale agli occhi degli occidentali. Essa per paradossalmente pi vicina alla verit: primo, perch fa capo ad un conflitto relazionale (gli spiriti essendo dotati di soggettivit); secondo, perch essa postula che linfluenza di una forza spirituale possa alterare lo stato corporeo. Questo esempio induce a pensare che sia possibile interpretare la malattia mentale come un oggetto culturale costruito da una determinata societ a partire da eventi la cui realt viene sociologicamente interpretata. In questa ottica, tutta da esplorare, la psichiatria rappresenterebbe il sottosistema manageriale deputato ad indurre, presso il pubblico, il consumo di convinzioni pregiudiziali avallate come scientifiche e, in conseguenza di questo, di psicofarmaci.