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2004 Valter Casini Editore, Roma

ISBN 88-88807-90-X
Valter Casini Editore
Collezione Quattro
Indice delle monografie
Mian Xiang: la lettura del viso.
Per comprendere il carattere, il pensiero, il passato e il futuro di una persona pag 7
(di Valentina Ferraro)
Creativit e pensiero laterale: intuizione e comunicazione pag 18
(di Simona Carloppi)
Il clima organizzativo: strumenti di valutazione della cultura dimpresa pag 36
(di Simona Carloppi)
Comunicare il mondo al femminile pag 58
(di Silvana Sarcinella)
Indice delle interviste
Henning Hai Lee Yang Ph D, Esperto in Astrologia cinese, lettura del viso e della mano, Feng Shui e I Ching
Lantica arte del Mian Xiang della lettura del viso pag 76
Cino Ricci Skipper, imprenditore, giornalista, consulente
Realizzare i sogni attraverso la creativit pag 78
Enzo Spaltro Presidente TTG Associazione per le teorie e le tecniche di gruppo, Bologna
Il concetto di clima organizzativo: storia e applicazioni possibili pag 81
Roselina Salemi Direttrice del settimanale Anna RCS
La comunicazione al femminile pag 87
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Mian Xiang:la lettura del viso.
Per comprendere il carattere, il pensiero,
il passato ed il futuro di una persona.
Intro
Il Mian Xiang
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, o lettura del viso, unarte cinese antichissima, che insegna come osservare il volto di una
persona e trarne informazioni riguardo il suo carattere e il suo modo di essere. Il nostro viso rispecchia le
nostre emozioni, i nostri stati danimo, le nostre esperienze, e molto altro. Il Mian Xiang insegna a studia-
re attentamente ogni singola parte del volto di una persona e a interpretarla. Come in un puzzle, ogni trat-
to somatico aggiunger nuove informazioni su un individuo, fino a tracciare un quadro completo del suo
carattere. La lettura del viso si rivela cos uno strumento molto utile per conoscere meglio se stessi e gli altri.
Secondo il Mian Xiang, i cambiamenti del nostro volto sono influenzati contemporaneamente dalla mente
e dal cuore: per questo essi rispecchiano i nostri sogni, le nostre potenzialit e le nostre prospettive. La
capacit di leggere il viso pu quindi aiutarci a comprendere il nostro modo di affrontare il presente, sve-
larci segreti sul futuro, e addirittura farci capire in quale modo valutiamo il passato.
Proprio per questo motivo, larte della lettura del viso ha sempre svolto, sin dalla sua nascita che sem-
bra risalire addirittura al 403 a.C. un ruolo significativo negli eventi politici, sociali e culturali della Cina.
Molte leggende narrano che sin dallantichit ci si affidati al Mian Xiang perfino per la scelta di generali
e uomini politici. Ancora oggi, la tecnica della lettura del viso molto diffusa, tanto che molte societ cine-
si si rivolgono a degli indovini perch scelgano i propri dipendenti a seconda delle caratteristiche che tra-
spaiono dal loro volto.
Un aspetto affascinate della lettura del viso che essa pu essere applicata a tutte le razze umane, poi-
ch i modi in cui si esprimono le emozioni attraverso il volto sono universali. Conoscere e saper utilizzare
questarte, permette dunque di potersi avvicinare alle persone in modo nuovo: attraverso i loro volti infat-
ti, si potr capire meglio la personalit non soltanto di amici e parenti, ma anche di colleghi e dipendenti.
Il Mian Xiang infatti, pu rivelarsi molto utile anche in ambito lavorativo, nel quale ci si pu avvalere di que-
stantichissima arte anche per prendere decisioni e provvedimenti importanti.
Yin e Yang
Secondo la filosofia cinese, e in particolare il taoismo
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, lintero equilibrio vitale regolato da due forze
metafisiche supreme, opposte e complementari luna allaltra: lo Yin e lo Yang. La trasformazione perpe-
tua delluniverso si svolge infatti grazie alloscillazione alternante di questi due poli, che ne incarnano i prin-
cipi fondamentali:
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1
Un valido supporto allapprofondimento di questo argomento costituito dal volume di HENNING HAI LEE YANG, La lettura del viso, Vicenza,
Edizioni il Punto dIncontro, 2003.
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Il taoismo comprende linsieme delle dottrine filosofiche e religiose che ebbe origine intorno al IV secolo a.C. in Cina, in concorrenza con il
confucianesimo.
Le coppie della tabella possono essere intese anche in senso lato, per cui per padre e madre si pu inten-
dere mascolinit e femminilit; nella categoria cielo e terra si pu comprendere tempo e spazio, e cos via.
Pi in generale, si pu riconoscere nello Yin lenergia femminile, oscura e passiva; e nello Yang quella
maschile, luminosa e attiva. Lo Yin ha tra le sue propriet specifiche il freddo, limmobilit e la forza cen-
tripeta, mentre tra le caratteristiche dello Yang figurano il calore, il movimento e la forza centrifuga.
Yin e Yang vanno intesi essenzialmente come due poli opposti allinterno di un movimento di trasforma-
zione ciclica che si alterna continuamente: sono gli opposti complementari che si uniscono per for-
mare un tutto. Sebbene siano per natura differenti esiste una relazione armoniosa fra di essi. Ad esempio
se c giorno deve esserci notte e se c la notte deve esserci il giorno. Il giorno Yang e la notte Yi n
3
.
Ogni forma pu dunque essere descritta come Yin o Yang in relazione alla sua controparte.
Questa concezione si riflette anche in una regola della divinazione cinese, secondo la quale la parte sini-
stra tipica maschile, mentre quella destra appartiene alla sfera femminile. Applicando questa semplice
regola alla lettura del viso, se ne deduce che in una donna si dovr cominciare lanalisi dalla parte destra
del volto, e in un uomo da quella sinistra.
La teoria dei cinque elementi
Lintera filosofia di vita cinese si basa sul concetto dei cinque elementi: si tratta della teoria il cui nome
originale Wu-Hsing elaborata oltre duemila anni fa dalla scuola naturalista cinese (Yin-Yang Chia).
Secondo questa teoria, esistono cinque elementi fondamentali acqua, fuoco, legno, metallo e terra indi-
spensabili per capire gli eventi del mondo della natura. Questi elementi sono dinamici, e possono intera-
gire in diversi modi fra di loro; per descrivere le loro modalit di interazione sono stati sviluppati quattro
principi fondamentali: mutua creazione, reciproca vicinanza, mutua distruzione e reciproca paura.
Secondo la scuola naturalista cinese inoltre, questi cinque elementi nascono luno dallaltro: il legno crea
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YANG YIN
PADRE MADRE
CIELO TERRA
IMPETUOSIT QUIETE
GENEROSIT CRESCITA
DISTRUZIONE CONSERVAZIONE
3
JOU TSUNG HWA, Il Tao del Tai-Chi Chuan, Roma, Ubaldini Editore, 1986.
il fuoco, il fuoco la terra, la terra il metallo, il metallo lacqua e lacqua il legno. Questo ci che viene defi-
nito principio di mutua creazione. Accanto a esso, esiste per anche un principio di mutua distruzione per
cui il legno indebolisce la terra, la terra limita lacqua, lacqua estingue il fuoco e il fuoco vince il metallo.
Ognuno di questi elementi caratterizzato da particolari associazioni: ciascuno attratto inevitabilmente
dalla propria sorgente, per cui il legno si associa allacqua, lacqua al metallo, il metallo alla terra, la terra al
fuoco e il fuoco al legno. Queste associazioni possono essere paragonate alla relazione fra madre e figlio.
Un elemento diviene vicino al suo creatore nello stesso modo in cui un figlio vicino alla madre
4
.
I cinque elementi del viso
I cinque elementi, oltre a fornire spiegazioni sugli eventi naturali, vengono anche utilizzati come principi
fondamentali in molti ambiti della cultura tradizionale cinese, dallastrologia allagopuntura, fino alla psico-
logia e a diversi campi della medicina.
Naturalmente, questa antichissima teoria applicata anche alla lettura del viso.
Larte del Mian Xiang, infatti, distingue cinque gruppi principali di carattere, che rispecchiano appunto le
propriet tipiche dei cinque elementi.
A seconda delle tipologie caratteriali si possono riconoscere diversi modelli di persone:
- Metallo. Sono caratterizzate da volti quadrati, con corpi armoniosi e un portamento elegante. Sono indi-
vidui destinati al successo nella vita, traguardo che di solito raggiungono intorno alla mezza et.
- Acqua. Hanno volti rotondi con fronti piccole. Di solito hanno mani affusolate. Sono individui attenti e
riflessivi. Una maggiore intraprendenza gli garantirebbe senza dubbio pi risultati.
- Legno. Hanno volti lunghi e sono di solito alti e magri. Sono individui portati alla riflessione, soprattutto
a quella di tipo filosofico. Nonostante il loro scarso pragmatismo, riescono spesso a cavarsela nella
vita.
- Fuoco. Hanno un volto grande nella parte bassa, che tende ad assottigliarsi in cima. Solitamente hanno
mani piccole e piedi grandi. Sono individui molto intraprendenti, che hanno ben chiari i propri obiettivi.
Spesso vedono la vita come unavventura.
- Terra. Hanno volti larghi e solitamente sono di costituzione robusta. Sono energici e molto produttivi nel
lavoro. Amano la famiglia. Spesso sono destinati a una vita lunga.
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4
Ibid.
I dieci modelli di viso
Oltre a poter classificare il viso di una persona in base ai cinque elementi, anche possibile riconoscere
dieci modelli di volti che stabiliscono il carattere e la fortuna di una persona nella vita.
Si possono distinguere:
- Modello Yau (il campione che lotta). La fronte stretta e il mento ben sviluppato. Le persone Yau di soli-
to raggiungono il successo nella loro vita, anche se devono combattere per raggiungerlo. un modello
favorevole soprattutto per le donne.
- Modello Gap (lindividuo di successo). La fronte larga e il mento stretto e appuntito. Le persone Gap
sono di solito colte e simpatiche. Possono incontrare dei problemi durante la vecchiaia. un modello
che pu indicare anche una debolezza materiale o fisica. Le donne Gap di solito sono intelligenti e
potrebbero avere molti figli.
- Modello Xun (lo stratega). Sia la fronte che il mento sono abbastanza stretti: questo indica un rapporto
difficile con i propri genitori. Spesso si tratta di persone che sono state abituate a cavarsela da sole sin
da adolescenti. Se riescono a rimanere pratici e realisti, gli individui Xun possono avere una buona vec
chiaia.
- Modello Tien (il dirigente). Il volto ha una forma quadrata. Le persone Tien sono destinate a ottenere il
successo in ogni campo. Quelle con la carnagione scura godono di buona salute, mentre la pelle chiara
caratterizza persone pi cagionevoli.
- Modello Tung (il successo sociale). Il viso di forma rettangolare. Le persone Tung sono destinate a una
vita felice e prospera. Le donne appartenenti a questo modello potrebbero raggiungere la serenit in
ambito domestico e familiare.
- Modello Wang (la brava persona). Il mento sviluppato e le guance piene. Questi elementi sono sino-
nimo di salute, ma di scarsa ricchezza. Per questo motivo, bene che le persone Wang si preoccupino
di risparmiare per la propria vecchiaia.
- Modello Yuen (lottimista). Il volto rotondo. Spesso le persone Yuen si allontanano presto dalla fami-
glia dorigine. Impegnandosi nel lavoro, questi individui non avranno problemi nella vita. Inoltre, se si
dimostreranno altruisti, saranno aiutati dalla fortuna.
- Modello Mu (il gagliardo). Il viso di forma rettangolare come nel modello Tung, ma con il mento meno
sviluppato. Le persone Mu sono di solito longeve, ma potrebbero avere problemi durante la vecchiaia.
Per questo motivo, importante che si circondino di amici che potranno aiutarli quando ne avranno bisogno.
- Modello Yung (lincompreso). Il mento sviluppato e prominente. Le persone Yung sono spesso orgo-
gliose e ribelli. Mettendo da parte lorgoglio, potranno essere assistite dalla fortuna.
- Modello Feng (il tipo da crisi di mezza et). La fronte larga e il mento prominente, mentre la parte cen-
trale del volto pi piccola. Le persone Feng sono spesso lunatiche ed egocentriche. Di solito sono
destinati alla solitudine, a meno che non si impegnino per cambiare il loro aspetto fisico.
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Le zone che indicano le et
Il Mian Xiang individua diverse zone nel volto di una persona, che permettono di tracciare una mappa idea-
le. Le varie aree fanno riferimento, oltre che agli aspetti caratteriali di un individuo, alla loro et. Esistono
quattro zone fondamentali nel viso che corrispondono a et specifiche:
- Prima zona. costituita dagli orecchi. Corrisponde allinfanzia (dalla nascita fino a quattordici anni).
Secondo i principi dello Yin e Yang, negli uomini, lorecchio sinistro rivela gli accadimenti della fascia
compresa fra uno e sette anni, mentre quello destro si riferisce al periodo fra gli otto e i quattordici. Per
le donne vale il principio opposto.
- Seconda zona. Comprende la fronte e la parte superiore del volto. Corrisponde alla giovent (dai quin-
dici ai trentacinque anni). Da queste aree si pu comprendere se una persona stata sostenuta dai geni-
tori e ha avuto una buona educazione.
- Terza zona. Comprende la parte centrale del viso, che va dalle sopracciglia fino al naso. Corrisponde agli
anni tra i trentacinque e i cinquantacinque. Le persone che hanno questa parte del volto particolarmen
- te sviluppata e vistosa (sopracciglia folte, guance piene, naso prominente, etc.) vivranno questi anni in
modo positivo.
- Quarta zona. Comprende la parte del volto che va dal naso fino al mento. Corrisponde agli anni che
vanno dai cinquantacinque fino alla morte. In questa zona, una bocca ampia e sorridente o con un mento
sviluppato, indicano che si godr di una serena vecchiaia.
Le zone che indicano il carattere
Larte del Mian Xiang applica al volto anche unaltra suddivisione: esistono infatti cinque parti del viso,
dette Cinque Montagne, che indicano le peculiarit caratteriali degli individui. Queste aree sono classifica-
te nel seguente modo:
- Montagna del Nord (Heng Shan). Corrisponde alla fronte, che rivela il grado di intelligenza. Se questa
parte molto sviluppata, la persona in questione capace e ambiziosa. La presenza di ferite o cicatrici
in questa zona, indica per che si sar costretti a vivere lontani dal proprio Paese.
- Montagna del Sud (Hang Shan). Corrisponde al mento, che indica i traguardi che si riuscir a raggiun-
gere. Se questa zona arrotondata, la persona in questione raggiunger il successo, e probabilmente
anche la ricchezza, attraverso il proprio lavoro. Se invece questa parte appuntita, ci significa che lul-
tima parte della sua vita sar caratterizzata da ristrettezze economiche.
- Montagna Centrale (Sung Shan). Corrisponde al naso, e rivela il benessere economico e la capacit di
una persona di essere leader. Un naso dritto e pronunciato, sinonimo di buona salute e fortuna. Questa
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una delle parti del viso pi importanti: non a caso molte persone, sia in Oriente che in Occidente, si
sottopongono a operazioni di chirurgia estetica per migliorare il proprio naso.
- Montagna dellEst (Hua Shan) e Montagna dellOvest (Tai Shan). La prima corrisponde alla guancia sini-
stra, e la seconda a quella destra, entrambe indicano potere. Quando le guance sono sviluppate, la per-
sona in questione risoluta e possiede una forte volont, che gli permette di conseguire i propri obiet-
tivi. inoltre un individuo che sa gestire i rapporti con gli altri e mostra qualit da leader.
Le parti del viso e i loro significati
Come si gi visto, nella teoria della lettura del viso cinese ogni parte del volto ha una sua importanza e
un suo particolare significato. Tra le aree pi interessanti, si pu ricordare senza dubbio la fronte, che
rispecchia il carattere di una persona e viene considerata come la parte maschile quindi Yang del viso.
Come facile immaginare, i segni del tempo visibili in questa parte del volto, quali le rughe, sono sinoni-
mo di esperienza: ma mentre quelle dritte e ininterrotte rivelano esperienze positive, quelle spezzate o
curve si riferiscono a situazioni poco felici e sfortunate.
Un altro indicatore molto importante degli stati danimo di una persona sono le sopracciglia. piuttosto
evidente come esse rivelino le nostre emozioni, accompagnando le nostre espressioni di felicit, tristez-
za, stupore, etc. Nellarte del Mian Xiang, negli uomini il sopracciglio sinistro viene chiamato Barone, e
quello destro il Consigliere. Per le donne invece, i nomi si invertono. Il Barone rappresenta lautorit, men-
tre il Consigliere la saggezza. Una persona con le sopracciglia proporzionate e armoniose, sar dunque
equilibrata e sapr dosare autorit e saggezza nelle sue scelte. Strettamente legati alle sopracciglia, sono
gli occhi, da sempre considerati come la parte pi eloquente e affascinante di una persona. Nellarte della
lettura del viso, non importante soltanto la forma degli occhi, ma anche la direzione in cui si dirige il pro-
prio sguardo. Sembra infatti che una persona che indirizza il proprio sguardo al di sopra della testa del suo
interlocutore, sia di solito arrogante e presuntuosa, mentre evitare di guardare negli occhi chi ci sta di fron-
te, rivela ambiguit e scarsa chiarezza riguardo ci che si vuole ottenere. Al contrario, guardare dritto negli
occhi chi ci sta davanti, rivela una personalit coraggiosa e brillante. Molto importante nel Mian Xiang
anche la forma degli occhi: quando questi sono grandi infatti, rispecchiano un carattere estroverso e crea-
tivo, mentre se sono piccoli rappresentano la tendenza a essere prudenti e molto scrupolosi in ci che si fa.
Nella parte centrale del viso, il naso rappresenta uno degli elementi pi importanti. In esso si rispecchia
infatti il lato pi umano di una persona, e nella lettura del viso associato alla salute e al benessere eco-
nomico. Un naso gradevole e proporzionato quindi sinonimo di ricchezza e fortuna.
Anche la bocca ricopre un ruolo rilevante nellarte del Mian Xiang. Essa assolve infatti a due funzioni di
importanza vitale per luomo: mangiare e comunicare.
Per questo motivo, essa considerata un notevole indicatore dello stato di salute di una persona e della
sua capacit di rapportarsi agli altri. La salute si rispecchia nel colore delle labbra, che dovrebbe essere
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roseo (se si fa eccezione per alcune popolazioni dellAfrica e dellAustralia). Il carattere e il modo di rela-
zionarsi con gli altri indicato invece dalla forma delle labbra. Quando esse sono sottili, infatti, sono sino-
nimo di un forte tradizionalismo e di grande determinazione: si tratta di solito di persone molto razionali e
poco inclini a dimostrare i propri sentimenti. Al contrario, delle labbra spesse rappresentano lealt, natu-
ralezza e forte passionalit.
Il Mian Xiang riconosce in una bocca ampia un ottimo requisito per un uomo. Essa rivela infatti la possibi-
lit per quella persona di fare carriera e realizzarsi nel lavoro, tanto da ricoprire cariche anche molto impor-
tanti. Per una donna invece, una bocca di questo genere sempre stata associata a qualit negative, quali
leccessiva schiettezza o loquacit. Questa considerazione, tuttavia, rispecchia il forte tradizionalismo di
unarte che, come il Mian Xiang, risale a tempi antichissimi, in cui le donne non avevano alcun ruolo nella
societ cinese, se non quello di sostenere e accudire i propri uomini. Attualmente, si pu quindi afferma-
re senza esitazioni che un modello di bocca ampia sia ideale anche per le donne.
Anche i denti sono considerati una parte importante nellarte della lettura del viso, tanto da essere defini-
ti come le colonne della bocca. Quando sono dritti, lunghi e bianchi, essi, oltre a essere sinonimo di un
buono stato sociale, rivelano che si vivr a lungo. Particolarmente importanti sono i due incisivi superiori,
che rappresentano i genitori: per gli uomini il sinistro rappresenta il padre e il destro la madre, mentre nelle
donne vale il contrario.
Il linguaggio del corpo
Lantica arte del Mian Xiang ci insegna dunque come scoprire aspetti caratteriali e modi di essere di una
persona attraverso lanalisi del suo volto. Tuttavia, non soltanto il viso a fornire informazioni importanti
riguardo gli individui. Come gli psicologi occidentali sostengono ormai da tempo, anche i linguaggi non ver-
bali possono farci capire molte cose su una persona e sul suo modo di pensare. Naturalmente, questa con-
vinzione condivisa anche dagli indovini cinesi, che da sempre hanno affiancato alla lettura del viso anche
unattenta analisi del linguaggio del corpo. Da questa osservazione sono state tratte alcune fondamentali
conclusioni, che potremmo schematizzare in questo modo:
- Quando si strofina il pollice di una mano sul dito indice dellaltra, si sta cercando di dare rilievo a un argo-
mento che si sente di conoscere a fondo.
- Quando si muovono i pugni mentre si parla, si sta tentando di rafforzare il proprio punto di vista.
- Quando, durante una conversazione, si piegano le dita verso linterno, si sta provando ad attribuirsi una
parvenza di autorit.
- Quando si indica con lindice qualcunaltro, questo indica astio e aggressivit verso quella persona.
- Quando si rimane seduti con le braccia conserte, si sta cercando dimostrare disaccordo riguardo qual-
cosa.
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- Quando si alzano le sopracciglia o ci si protende in avanti, si sta dimostrando interesse verso una per-
sona o ci che sta dicendo.
- Le persone che camminano come fossero in punta dei piedi, sono riservate e spesso pessimiste.
- Le persone che si toccano spesso gli orecchi, sono in genere litigiose.
- Le persone che si toccano spesso il naso non sono soddisfatte sessualmente e sono spesso egoiste e
caparbie.
- Le persone che camminano con i piedi aperti verso lesterno, sono sicure e ottimiste.
Conclusioni
Il Mian Xiang, come si visto, unarte basata su una precisa metodologia, volta ad analizzare in modo
minuzioso e accurato il viso di una persona. Sebbene questarte possa apparire nuova ed eccentrica a noi
occidentali, essa sempre stata oggetto di grande attenzione nella cultura orientale, tanto che spesso
stata utilizzata anche in ambito politico: sembra che lo stesso Chiang Kai Shek (1887-1975) usasse la tec-
nica di lettura del volto per scegliere i suoi generali durante le manovre militari.
Nella cultura occidentale invece, soltanto negli ultimi anni si cominciato a conoscere e a prendere in con-
siderazione le potenzialit nascoste dietro questarte cos particolare. Linteresse sempre crescente rivol-
to alla comunicazione infatti, ha portato a una forte rivalutazione del linguaggio, inteso non pi soltanto
nella sua espressione verbale, ma anche nel suo manifestarsi attraverso il volto e il corpo. In questo
senso, appare piuttosto chiaro come il metodo analizzato fin qui possa rivelarsi un ottimo alleato per miglio-
rare non soltanto i propri rapporti personali, ma anche quelli professionali. Conoscere a fondo questarte
infatti, permette di utilizzare le capacit acquisite in ogni occasione e con ogni persona. evidente come,
soprattutto in ambito lavorativo, sia una grande agevolazione riuscire a inquadrare sin dallinizio la per-
sona che ci si trova davanti: sapere con chi abbiamo a che fare, ci permette infatti di relazionarci a lui nel
modo pi efficace e di conquistarci pi facilmente il suo appoggio.
Larte del Mian Xiang si rivela cos uno strumento importante da usare in azienda: infatti da una parte, ci
aiuter a conoscere pi a fondo i nostri dipendenti e le loro potenzialit, dallaltra, ci render pi sicuri ed
efficaci nel negoziare gli accordi e nel prendere decisioni strategiche per lazienda.
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Creativit e pensiero laterale: intuizione e comunicazione
La creativit: un cocktail di razionalit e irrazionalit
Esistono molteplici definizioni di creativit e un numero ancora maggiore di teorie che cercano di spiegar-
la e analizzarla.
Secondo alcune scuole si tratta di una dote innata, secondo altre invece un'abilit appresa.
In ogni caso, quasi tutti gli autori odierni concordano sulla possibilit di affinare e sviluppare questa capa-
cit, lungo tutto l'arco della vita umana. E questa affermazione, da sola, dimostra che gli studiosi sono
giunti a considerarla un processo controllabile. Almeno in parte.
Gi negli studi "storici" di psicologia del Problem solving realizzati da Koffka, Wertheimer, Kohler e dagli altri
psicologi della scuola gestaltista, l'insight, l'illuminazione creativa, era sempre preceduta da una prima fase
di analisi razionale della situazione che aveva legami certi, anche se non chiari, con il momento di soluzione.
Gli stessi processi risolutivi poi, per quanto oscuri, immediati e individuali, presentavano una serie di carat-
teri comuni definibili come: "modo nuovo di vedere il contesto", "ridefinizione cognitiva", "ristrutturazione
delle condizioni e delle regole di azione", etc
Quando poi si parla di creativit, in ambito aziendale non si pu dimenticare che si tratta sempre di un'a-
zione diretta a uno scopo e che deve incontrare un certo grado di "consenso sociale".
Secondo molti teorici, in realt, anche la stessa creativit artistica non pu prescindere dall'essere condi-
visibile perch ci che distingue l'artista da un individuo asociale o addirittura delirante il fatto di vedere
riconosciuto il proprio status e il valore della propria opera da un pubblico, dalle lite intellettuali, da com-
mittenti e clienti e dalla comunit in cui vive.
Nel campo imprenditoriale per, senza dubbio questa necessit di accettazione ancora pi stringente:
una buona idea quella che vende, che si sa imporre sui mercati e sa farsi comprare (e quindi "sposare")
dal maggior numero possibile di persone.
Una buona idea quindi, deve essere comunicabile. E questo ci riporta ancora una volta a un mix di razio-
nale e irrazionale: perch una comunicazione, per essere realmente efficace, deve includere una serie di
argomentazioni valide sul piano logico, ma anche un messaggio emotivo forte.
La veicolazione pubblica comunque l'ultimo step di un processo creativo, se non addirittura una fase suc-
cessiva al processo creativo vero e proprio, ma comunicazione e condivisione devono cominciare molto
prima.
Sono fondamentali in tutte le fasi di soluzione, lo sono al momento della definizione del problema da risol-
vere e ancora prima.
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Creativit e conoscenza preesistente
La creativit una risposta imprevedibile ad un problema posto razionalmente. (Marco Vecchia)
C' un'altra dimensione importante della creativit aziendale da considerare: per quanto l'intuizione sia
considerata un processo individuale per eccellenza, l'ideazione in azienda sempre un processo collettivo
e lo in una duplice accezione.
In primo luogo nelle imprese attuali ogni processo decisionale un lavoro di gruppo che coinvolge pro-
fessionalit e figure diverse. In secondo luogo deve sempre confrontarsi con sapere, procedure e decisioni
pregresse, insomma con la conoscenza e la cultura aziendale.
In tutti e due i casi assolutamente fondamentale disporre di un sistema di comunicazione efficace che
renda disponibile a tutti i partecipanti tutta l'informazione utile in modo rapido ed efficiente, per evitare
sprechi, perdite di tempo e inutili e antieconomiche duplicazioni.
A volte un'idea geniale pu addirittura essere la semplice ricombinazione di dati e informazioni acquisite
da tempo.
Il processo di "messa in comune" per complicato dalla dimensione implicita della conoscenza dei diver-
si soggetti coinvolti.
Secondo Michael Polanyi possiamo conoscere pi di quanto possiamo esprimere, cio le persone sanno
pi di ci che pensano di sapere. Quindi, la vera conoscenza in buona parte conoscenza tacita.
L'idea stata sviluppata da due autori giapponesi, Ikujiro Nonaka e Hirotaka Takeuchi
1
nella "teoria della
conoscenza organizzativa". La conoscenza che produce innovazione, si genera nella continua interazione
e conversione fra conoscenza tacita e conoscenza esplicita attraverso quattro fasi:
- Socializzazione (conversione di conoscenza tacita in altra conoscenza tacita)
un processo nel quale sono condivise abilit tecniche, esperienze e modelli mentali. L'apprendimento si
realizza con il meccanismo che caratterizza l'addestramento dell'artigiano o il training on the job: osserva-
zione, imitazione, pratica. Affinch il trasferimento di conoscenza si realizzi necessario che si instauri un
clima di fiducia che favorisce lo scambio di esperienze ma anche di emozioni, sentimenti, modelli mentali.
- Esplicitazione (conversione di conoscenza tacita in conoscenza esplicita)
Qui siamo sul piano del linguaggio, che raramente in grado di rappresentare un concetto con chiarezza
e oggettivit fin dalla sua prima apparizione: entrano allora in gioco metafore, analogie, modelli. la fase
pi importante e delicata nella creazione di nuova conoscenza, quella pi preziosa, quella che crea nuovi
concetti che si trasformeranno in nuovi prodotti o assetti organizzativi.
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1
IKUJIRO NONAKA e HIROTAKA TAKEUCHI, The knowledge-creating company - Creare le dinamiche dellinnovazione, Milano, Angelo Guerini e
Associati, 1997.
- Combinazione (conversione di conoscenza esplicita in altra conoscenza esplicita)
La conoscenza esistente viene sistematizzata in un quadro pi ampio, portando potenzialmente alla gene-
razione di nuovo sapere. Lo scambio fra individui avviene tramite supporto fisico (testi, documenti), infor-
matico (database), mezzi di comunicazione e incontri.
- Interiorizzazione (conversione di conoscenza esplicita in conoscenza tacita)
A questo stadio le esperienze maturate attraverso le fasi di conversione della conoscenza descritte in pre-
cedenza diventano beni dell'individuo e assumono la forma tacita di know-how e modelli mentali.
L'interiorizzazione innescata dall'apprendimento attraverso l'esperienza diretta e/o indiretta, ed facilita-
ta quando la conoscenza esplicita verbalizzata o riportata su supporto fisico/informatico. Rappresenta lo
stadio dell'arricchimento individuale, la "contabilizzazione" della conoscenza nell'intimo sotto forma di cre-
scita del capitale umano.
La creazione di conoscenza organizzativa un processo continuo e dinamico: ogni evoluzione del proces-
so rappresenta il raggiungimento di un livello ulteriore di creazione di nuova conoscenza e d'interiorizza-
zione di know-how e modelli mentali che vanno ad accrescere il capitale umano dell'organizzazione.
Tutto questo pu sembrare molto semplice, ma nulla accade per caso: le condizioni organizzative che ren-
dono possibile generare innovazione hanno legami indissolubili con la vision e la cultura aziendale, il com-
mitment del top management, l'abitudine a lavorare autonomamente e in gruppi interfunzionali, le reti e i
canali di comunicazione e l'utilizzo di sistemi integrati di gestione del personale.
Pratiche e metodologie
"Creativity is 1% inspiration e 99% perspiration". (Thomas Alva Edison)
Per tutti i motivi esaminati nei paragrafi precedenti, dai primi anni Quaranta, periodo di inizio delle ricerche
sulla creativit, sono state sviluppate diverse metodologie che hanno uno scopo comune: abbandonare i
metodi di pensiero consolidati e rigidi per creare libert di espressione e far nascere idee insolite e "visio-
ni originali", partendo anche dalla ridefinizione del problema dato.
Si cerca cio di dare spazio a logiche e ragionamenti di tipo "divergente" accanto al sentiero logico "con-
vergente" dell'one best way.
Il modo pi semplice e immediato per ottenere questo risultato consiste nell'esercitare il proprio umori-
smo, provare a imitare i comici che, partendo da opinioni consolidate e frasi comuni, le cambiano in modo
inatteso producendo spiazzamento delle attese e quindi ilarit. Questa pratica pu rivelarsi fonte di idee
produttive in tutti i contesti professionali e aziendali, ma non sempre viene giudicata consona o autorizzata.
Comunque sono ormai piuttosto diffuse e accettate numerose tecniche formalizzate per integrare "fasi
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divergenti", immaginative e a-logiche nei processi ideativi di gruppo.
Tutte presentano una serie di caratteri comuni tra loro e differenti da quelle dei processi puramente razio-
nali, che si possono schematicamente riassumere cos:
Di seguito riportiamo un elenco delle metodologie attualmente pi conosciute e diffuse in ambito
aziendale.
1. Brainstorming
Primo e pi famoso tentativo di sistematizzazione della creativit di gruppo, fu ideato da Alex Osborn e la
sua prima formulazione si trova nel libro Applied Imagination, del 1935. Brainstorming significa letteral-
mente "tempesta di cervelli": una tecnica molto usata, in particolare nelle agenzie di pubblicit, e defini-
sce una riunione delle migliori menti disponibili in una determinata organizzazione con lo scopo di far
nascere idee brillanti praticamente dal nulla.
Chi partecipa invitato a verbalizzare tutto ci che gli passa per la mente, senza alcuna censura preventi-
va e senza inibizioni, su un problema precedentemente formulato.
Le critiche sono bandite. Ogni idea, anche quella che pu sembrare pi stupida e banale pu essere fonte
di ispirazione. In questa fase contano innanzitutto la stravaganza e la quantit.
Tutto quello che viene detto in una seduta di brainstorming viene segnato scrupolosamente. Una seduta
di solito non dura pi di una mezz'ora. Poi si riepiloga tutto e ci si distrae dal problema per una giornata.
Spesso il cervello riesce a elaborare le idee migliori in background dopo la seduta.
22
Metodologie Tradizionali di Problem Solving Metodologie Creative di Problem Solving
1. Presentazione del problema 1. Il problema come appare
2. Ricerca delle soluzioni 2. Prima analisi delle soluzioni possibili
3. Discussione sull'applicabilit delle soluzioni proposte 3. Ridefinizione del problema
4. Messa in atto e verifica della resa 4. Ricerca delle soluzioni esistenti
5. Ricerca delle soluzioni alternative (fase di divergenza con il
divieto di critica delle idee)
6. Approfondimento della fase di divergenza
7. Fase di convergenza
8. Applicazione della soluzione prescelta e controllo dei risul-
tati
La struttura del gioco-riunione semplice: tutti i partecipanti sono invitati a esporre le proprie trovate e opi-
nioni sull'argomento di discussione; tutti hanno la massima libert di espressione perch l'assunto di base
che basti superare le inibizioni per sprigionare grandi idee.
Nessuno autorizzato a commentare negativamente gli interventi altrui per evitare di limitare o bloccare
il flusso di pensiero. Il gioco sicuramente divertente, l'atmosfera anti-inibitoria che vi si respira, insolita
e piacevole: piedi sul tavolo, parole in libert e visi sorridenti.
2. Sinettica
Questo metodo stato messo a punto nel 1961 dall'omonima societ statunitense. Consiste nello spin-
gere l'immaginazione all'estremo limite. Le fasi da seguire sono:
Definizione del problema Analisi Globale
Fase creativa (generare almeno 20-30 idee)
Selezione delle idee (scrematura qualitativa)
Fase di definizione (delineare 6-7 idee specifiche)
Perfezionamento delle idee (ulteriore elaborazione)
Soluzioni possibili
Si parte esaminando la prima formulazione del dilemma, se ne discute e si arriva a una riformulazione del
problema in base agli esiti della discussione.
Poi si cercano analogie con la natura, i simboli, la fantasia, per rivedere ancora la questione sotto aspetti
diversi (p. es. se il tuo prodotto fosse un frutto, come sarebbe?).
Si riportano quindi le idee emerse al quesito iniziale e, infine, si chiede di formulare soluzioni pratiche alla
luce delle considerazioni fatte.
Sinettica significa "ricondurre le idee a unitariet" o "unione di elementi diversi".
Il termine ne evidenzia chiaramente lo scopo: mettere dapprima in risalto le differenze di pensiero e di
approccio mentale (senza opporvi un'immediata censura) e poi portare gli spunti fantasiosi verso il perfe-
zionamento, in modo da garantire la fattibilit.
Come le altre tecniche elencate trova nel lavoro di gruppo il suo contesto ideale, ma per il suo corretto fun-
zionamento sono essenziali una pluralit di ruoli formalizzati.
23
Di particolare rilievo quella del problem owner (propietario del problema) e quindi diretto interessato, cui
spetta il compito, a seconda delle fasi, di dare l'impulso a procedere e verificare continuamente il rap-
porto fra idee e problema.
Esiste poi la figura del facilitator (facilitatore) che, come dice il termine, deve controllare l'andamento del-
l'intera sessione creativa, rimuovendo eventuali ostacoli alla produzione di idee e bloccando sul nascere i
conflitti personali.
Al gruppo invece riservato un apporto corale: costituisce la somma delle risorse mentali e creative che
forniranno contributi e supporti per arrivare a soluzioni possibili e attuabili. La forza del gruppo, del resto,
sta anche nella possibilit di integrare competenze e conoscenze specifiche dei singoli membri.
Un momento di particolare importanza e delicatezza quello della selezione delle idee. proprio in que-
sta fase che la potenzialit creativa della sinettica raggiunge i massimi livelli: la tendenza a rimanere nel
seminato pu essere messa sotto controllo, cercando di privilegiare la scelta di idee nuove e originali e i
percorsi su strade meno battute.
Per questo sinetics si basa su "metafore immaginifiche".
Si utilizzano quattro tipi di analogie: diretta, simbolica, fantastica e personale.
L'analogia diretta costituita dal mettere in relazione il problema con un campo di fenomeni conosciuti,
quale il mondo vegetale, animale, minerale, elettronico, meccanico, etc. Per esempio, si dice che Quesnay
descrisse il primo circuito economico, in analogia al sistema circolatorio del sangue.
L'analogia simbolica indica invece che il problema viene confrontato con il mondo delle immagini, dei sim-
boli, dei miti, delle leggende, delle favole. Ad esempio, che cosa vi fa venire in mente una vite? Un ser-
pente che si attorciglia attorno ad un albero, uno scoiattolo che entra nella sua tana, etc...
Con l'analogia fantastica si "sogna a occhi aperti". Serve a calarsi nel problema cercando di far identificare
le persone con la simbologia in questione, facendo loro descrivere azioni, percezioni e sensazioni.
Infine l'analogia personale porta a un'identificazione strettamente intimistica e individuale con il problema.
Si chiede ai partecipanti: se tu fossi un elemento del problema quale vorresti essere?. Questa imme-
desimazione permette, allentando i freni psicologici, di vivere oggetti e immagini in prima persona attra-
verso tutti e cinque i sensi. Si tratta di un modo di pensare piuttosto difficile da utilizzare, che richiede una
certa pratica nel superare eventuali blocchi a esprimersi col proprio corpo oltre che verbalmente. Molte
persone hanno difficolt a "pensarsi", ad esempio, nel ruolo di un serpente che si attorciglia attorno a qual-
cosa perch queste azioni di dinamica mentale sembrano loro vere follie.
Al termine di questo esercizio di fantasia, si porta in connessione forzata tutto quanto i presenti hanno
detto e si cerca di formulare una serie di soluzioni pratiche e attuabili, partendo proprio dagli spunti pi
insoliti e innovativi tra quelli che sono emersi.
24
3. P.A.P.S.A.
Un'idea non altro che una nuova combinazione di vecchi elementi. (Pareto)
Il metodo P.A.P.S.A. stato sviluppato da Hubert Jaoui
2
, famoso "consulente di innovazione", come stru-
mento per accrescere il potenziale creativo e pu essere utilizzato sia da team di lavoro che da singoli indi-
vidui.
suddiviso in cinque fasi denominate: Percezione, Analisi, Produzione, Selezione e Azione che, sintetica-
mente, possono essere descritte cos:
- Percezione:
cogliere il problema sotto tutti i suoi aspetti.
- Analisi:
destrutturare il problema. Identificare le zone critiche e gli assi di ricerca.
- Produzione:
immaginare idee magiche, meravigliose e impossibili. Tradurle in soluzioni creative, originali, efficaci e fat-
tibili.
- Selezione:
esaminare le soluzioni con un atteggiamento positivo e aperto. Valutarle e gerarchizzarle con rigore "scien-
tifico".
- Applicazione:
identificare le trappole e gli ostacoli che sono disseminati sulla strada del cambiamento. Elaborare una stra-
tegia di successo, progressiva e metodica e passare all'azione vera e propria nel pi breve tempo possi-
bile.
4. "Pensiero Laterale" e "Sei Cappelli per Pensare"
Infine, non possibile dimenticare uno dei formatori ed esperti di organizzazione aziendale che negli ulti-
mi anni ha goduto di maggior successo nel campo della creativit: Edward de Bono
3
, medico e psicologo,
25
2
Di HUBERT JAOUI, La Creativit: istruzioni per luso, Milano, Franco Angeli, 2000; Creativit per tutti. Tecniche e metodi da impiegare nel quoti-
diano, Milano,Franco Angeli, 1998. Cfr. anche HUBERT JAOUI e FRANOIS MARIE PONS La Comunicazione pratica al servizio delle imprese, Milano,
Franco Angeli, 2000.
3
Di EDWARD DE BONO, ricordiamo: Il pensiero laterale, Milano, BUR, 1996; Sei Cappelli per Pensare, Milano, Rizzoli, 1996; Creativit e pensiero
laterale, Milano, Rizzoli, 1998, Essere Creativi, Il Sole 24 Ore, Milano 1998, Il meccanismo della mente, Milano, BUR, 2002, Sei scarpe per ogni
occasione, Milano, Baldini & Castoldi.
che ha addirittura brevettato l'espressione Lateral Thinking.
Il concetto fondamentale delle teorie e dei metodi insegnati da de Bono la distinzione fra il pensiero "ver-
ticale" e quello, appunto, "laterale".
Il pensiero sistematico, ossia il pensiero "verticale" basato sul massimo di probabilit, ha il fondamentale
difetto di non cercare nuove interpretazioni della realt e, quindi, di non propiziare l'invenzione, ma solo l'e-
laborazione successiva di un'invenzione gi esistente.
Il pensiero che, invece, pu portare alla creazione il pensiero "laterale", ovvero quello che tiene conto
della molteplicit dei punti di vista da cui si pu considerare uno stesso problema, piuttosto che risolverlo
esclusivamente in chiave razionale. Mentre il pensiero verticale guidato dalla logica, il pensiero laterale
"si serve anche" della logica (a volte procedendo a ritroso da una conclusione finale intuita).
Quando ci troviamo di fronte a un problema da risolvere, abbiamo tendenzialmente due alternative: affron-
tarlo frontalmente per rimuovere l'ostacolo diretto, oppure aggirare l'ostacolo.
Facile da dire, un po' meno da fare!
Siamo abituati da sempre a utilizzare la soluzione diretta: se c', forse la via pi breve, ma non sempre
c' o la migliore.
Aggirare l'ostacolo non significa rimandare o evitare il problema. Significa compiere un'azione che appa-
rentemente non ha nulla a che vedere con la soluzione del problema, ma che ha come risultato quello di
spostare o annullare il problema stesso.
Per individuare soluzioni trasversali attraverso il pensiero laterale, occorre anzitutto allargare la prospetti-
va: guardare a fianco appunto. In questo modo si pu vedere il problema da un'angolatura diversa e si
aumentano le possibilit di azione.
Il pensiero laterale procede da una serie di fatti, non da supposizioni. Il pensiero laterale di fatto non fa
presupposti, anzi i presupposti iniziali limitano le possibilit di soluzione.
Per de Bono il pensiero laterale una tecnica che pu essere appresa e sviluppata, da soli o in gruppo,
soprattutto agendo su quattro fattori critici che ne costituiscono i prerequisiti essenziali:
- 1. Riconoscere le idee dominanti che polarizzano la percezione di un problema: identificare quei concetti
che per eccesso di attrazione rischiano di divenire una barriera per innovare e produrre idee nuove.
- 2. Cercare maniere differenti di guardare le cose: creare nuovi percorsi mentali per effettuare indagini
sulla realt.
- 3. Allentare il controllo rigido del pensiero lineare: divenire consapevoli della rigidit del pensiero logico-
razionale per rompere i legami che tale modalit ci impone.
- 4. Usare ogni chance per incoraggiare altre idee: prestare la massima attenzione a tutti gli episodi acci-
dentali e fortuiti dai quali possibile ottenere spunti per eventuali soluzioni innovative ed originali.
In sintesi, necessario consentire alla nostra attenzione cosciente di muoversi in tutte le direzioni possi-
bili, "fluttuando intorno" ai concetti e abbandonando gli usuali percorsi diretti che potrebbero impedire l'e-
26
mergere di soluzioni creative.
Le modalit predilette da questa metodologia sono quelle casuali-intuitive, utili per creare ulteriori asso-
ciazioni di idee: si va dall'estrazione e creazione random di alternative all'uso di Creative Hit-List, dalla cri-
tica destrutturante sulle modalit d'azione diffuse e consuete all'associazione causale con parole, oggetti
o immagini che non hanno alcun legame con il problema sotto esame, dallo studio di modalit insolite di
percezione (attraverso il ragionamento paradossale, il movimento e l'uso di modalit sensoriali inconsue-
te), all'esplicitazione degli spunti pi vaghi e indefiniti.
Un altro metodo sviluppato da de Bono, e adottato da diverse aziende statunitensi e giapponesi per supe-
rare l'abitudine a catalogare le informazioni in strutture mentali gi predisposte quello dei "Sei Cappelli
per Pensare".
Si tratta di una sorta di "gioco dei ruoli" da adottare nelle riunioni creative.
Ogni partecipante ha a sua disposizione in senso metaforico o, talvolta, anche concreto sei cappelli da
indossare che corrispondono a diverse modalit di pensiero e comunicazione.
Cappello bianco
Il bianco evoca la neutralit, le informazioni prive di giudizio, i dati.
Quando in una riunione si chiede ai presenti di indossare il cappello bianco, si chiede loro di mettere da
parte le argomentazioni e le opinioni per concentrarsi sulle informazioni. un modo per raccogliere tutti i
dati disponibili e chiarire quali informazioni mancano.
Cappello rosso
Il rosso il colore dei sentimenti e delle emozioni che sono generalmente escluse dalle riunioni, ma ricom-
paiono velatamente, mascherate da opinioni logiche. Il cappello rosso d loro pieno diritto di cittadinanza.
A volte in una riunione le intuizioni possono produrre ottimi risultati, anche se non sono supportate da argo-
mentazioni logiche.
Cappello nero
Il nero richiama la toga, il giudizio critico. il colore della cautela.
In una riunione, indossare il cappello nero molto utile per evitare gli sbagli, per impedire che idee errate
prendano piede. Va anche detto che il cappello nero molto usato, forse troppo, e rischia di troncare sul
nascere anche buone idee.
Cappello giallo
il colore del sole, dell'ottimismo, della visione positiva delle cose. Indossare il cappello giallo significa tro-
vare aspetti vantaggiosi anche in idee apparentemente poco brillanti.
pi facile indossare il cappello nero che quello giallo, ma il giallo spesso produce frutti pi vantaggiosi.
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Cappello verde
Il verde simboleggia le speranze, le possibili alternative, le nuove idee.
Il cappello verde uno stimolo per trovare nuove strade, per cercare spiegazioni diverse rispetto a quelle
pi comuni.
Cappello blu
Blu come il cielo, come qualcuno che osserva la situazione dall'alto e la coordina.
Chi indossa il cappello blu tira le fila della discussione, presiede la riunione e organizza il modo di pensare
degli altri.
Il metodo utile perch d spazio a diversi modi di pensare, dichiarando apertamente qual il tipo di ragio-
namento che si sta utilizzando.
L'Occidente cresciuto utilizzando la tradizione dialettica, in cui la discussione si sviluppa attraverso il con-
fronto di opinioni contraddittorie in una logica vincitore-perdente. Per questo, spesso i partecipanti al dibat-
tito si arroccano sulle proprie posizioni senza modificare il proprio punto di vista, impedendo cos un reale
progresso.
Con il metodo dei sei cappelli, invece, gli interlocutori possono e devono giocare pi ruoli e indossare
di volta in volta il cappello pi funzionale.
Non c' in questo caso alcuna contrapposizione intellettuale, ma un modo di procedere congiunto, che
mira a uno stesso risultato.
Il metodo serve, inoltre, a evitare che persone troppo egocentriche antepongano il proprio io e il proprio
prestigio al bene comune; a consentire una diversa visuale anche a individui caratterizzati da una negati-
vit persistente e a dare spazio all'espressione del pensiero creativo da parte di tutti.
In sintesi, serve a ottenere da ogni partecipante contributi di vario tipo: creativi, cauti, riassuntivi, proposi-
tivi, appassionati e innovativi.
Il passaggio da un cappello all'altro pu essere sia sistematico che occasionale, gestito centralmente
oppure lasciato alla libera scelta dei partecipanti. L'importante che nessuno escluda uno o pi colori dai
suoi interventi.
Per abituarsi al metodo dei sei cappelli e apprezzarne i pregi, consigliabile utilizzarlo come un gioco.
Servir a prendere confidenza con il procedimento e a organizzarlo in sintonia con le proprie esigenze.
In ogni caso, de Bono non identifica il pensiero laterale con la creativit tout court.
Lo ritiene invece un aspetto particolare della creativit a cui pu sovrapporsi per gradi diversi. Quest'ultima
considerazione ci spinge a esaminare un altro aspetto della creativit che non coincide con i metodi di solu-
zione dei problemi, di convergenza-divergenza o di lateralizzazione strettamente intesa, ma trae la sua linfa
dall'immaginazione e dall'elaborazione inconscia.
28
Gestione di incertezza, caso e merito
l'intuizione creativa, pi di ogni altra cosa, che fa sentire a ciascuno di noi che la vita vale la pena di
essere vissuta. (D. W. Winnicott)
Per quanto le metodologie citate nelle pagine precedenti possano facilitare il processo creativo, nessuna
offre garanzie certe di successo.
La scintilla creativa che porta all'invenzione vincente qualcosa di misterioso, imponderabile e incontrol-
labile.
Gli ambienti della ricerca, le agenzie di pubblicit e le storie di imprenditori di successo pullulano di aned-
doti su grandi idee nate in automobile, sotto la doccia, in sala mensa, per strada e dopo una notte di sonno:
insomma, in momenti in cui l'attenzione cosciente era dedicata a tutt'altro.
Il punto proprio questo: le risorse e i processi mentali coinvolti nel momento cruciale sono assoluta-
mente profondi e inconsci. Fanno parte di quell'immensa parte della nostra mente di cui sappiamo anco-
ra ben poco e che non possiamo governare.
E questo li rende assolutamente imprevedibili, frutto del caso, e comporta incertezza e ansia.
C' poi un'ulteriore dimensione che genera ansia e incertezza: in tutti i processi di Problem solving (crea-
tivi o no) si d ampio spazio all'analisi dell'informazione disponibile e questa procedura considerata
essenziale per giungere a una decisione valida ed efficace.
Ma l'informazione disponibile pu essere inesatta, non sufficientemente rilevante e, in ogni caso, non
praticamente mai completa.
Si tratta di un dato di fatto ben noto: qualunque scelta imprenditoriale creazione di nuovi prodotti, o linee
di produzione, definizione di strategie di marketing, campagne pubblicitarie, politiche promozionali o di
posizionamento sul mercato, scelte di organizzazione aziendale e gestione del personale, etc coinvol-
ge un gran numero di dimensioni complesse, che interagiscono e si influenzano in modi ancora pi com-
plessi e possono essere soggette a variazioni inattese dovute a eventi improvvisi e circostanze contin-
genti.
Bisogna ragionare in termini ipotetici e condizionali (se allora) e i concetti utilizzati sono sfumati, vaghi e
imprecisi.
L'indeterminatezza di queste premesse rende impossibile l'applicazione di qualunque algoritmo o metodo
statistico-matematico. Siamo nel campo della cosiddetta Logica fuzzy.
Una delle capacit pi sorprendenti del cervello umano, tutt'ora non riproducibile dall'intelligenza artificia-
le, quella di riassumere informazioni. Un riassunto per sua natura un'approssimazione, e il cervello
umano trae vantaggio da questa tolleranza all'imprecisione attraverso la codificazione delle informazioni
pi rilevanti rispetto a una determinata necessit.
La caratteristica di ci che fuzzy la polivalenza. Il suo opposto la bivalenza comporta solo due valo-
ri, due modi di rispondere a qualsiasi domanda: vero o falso, tutto o niente, c' o non c', etc... La logica
29
classica, aristotelica, basata sui principi di "non contraddizione" e del "terzo escluso", dicotomica, a due
valori. una rappresentazione forzata, schematizzata, sintetica, delle cose, che pu essere riferita solo a
pochi concetti come sposato/scapolo, maschio/femmina, etc...
I concetti fuzzy che includono la maggior parte delle caratteristiche della realt in cui viviamo corri-
spondono invece a classi di oggetti che non hanno confini ben precisi e prevedono gradi di appartenenza
diversi come bello, giovane, amico, vicino, etc
In genere i concetti fuzzy sono pi complessi di quelli che non lo sono.
Fuzzy tutto l'infinito spettro di opzioni in luogo delle due alternative antitetiche: tutti i possibili toni di gri-
gio tra il bianco e il nero. La natura delle cose fuzzy. Il nostro modo di ragionare fuzzy. La bellezza
fuzzy: dipende da chi la osserva e misura.
Il processo decisionale si basa quindi su aggregazione, approssimazione e inferenze.
Le regole non sono leggi universali ma euristiche, derivate dall'esperienza umana.
Il sistema, nella maggior parte dei casi, riesce a produrre buone soluzioni, ma non pu definire la soluzio-
ne ottima. Anzi, non pu nemmeno sapere se essa esiste davvero.
Incertezza, indeterminazione e caso hanno un ruolo di primo piano in ogni ambito della vita, ma una loro
eccessiva rilevanza in campo professionale porta a due ordini di complicazioni.
In primo luogo, la paura di un insuccesso lavorativo e l'imprevedibilit dell'esito delle proprie scelte crea-
no ansia, desiderio di trovare sistemi razionali e "scientifici" per non sbagliare e resistenza ad abbandona-
re sistemi ben collaudati che hanno avuto successo in passato.
In secondo luogo, sorge il problema dell'attribuzione di merito.
Se la creativit "questione di fortuna", i riconoscimenti basati su questa dote rischiano di essere vissuti
come "non equi" e scatenare competitivit accesa e forte ostilit.
Per evitare tutto ci, necessario diffondere una mentalit di gioco a "somma non zero", cio che non veda
la vittoria di una sola parte a scapito degli altri partecipanti (ad esempio prevedendo premi e gratifiche di
gruppo e non individuali); creare un clima di accettazione delle diversit; incoraggiare lo spirito di corpo e,
contemporaneamente, la libert individuale; esorcizzare la paura di sbagliare sostenendo doti come spiri-
to di iniziativa, desiderio di assumersi responsabilit e attribuire valore agli "errori costruttivi". E, ancora una
volta, risulta fondamentale una buona, efficace e libera comunicazione.
Conclusioni
In sintesi, quindi, prima di scegliere una tecnica per avere idee necessario fare s che in un'organizza-
zione e negli individui che la compongono siano presenti tutta una serie di precondizioni essenziali per far
fiorire la creativit: libert, tolleranza, partecipazione, comunanza di scopi e condivisione di metodi e sapere.
Ovvero, servono una cultura aziendale aperta al cambiamento, e soggetti "intelligenti" non solo nel senso
cognitivo, classico, ma anche sul piano emotivo.
30
Il termine "intelligenza emotiva", formulato per la prima volta nel 1990 da John D. Mayer e Peter Salovey
4
e sviluppato da Daniel Goleman
5
nei libri Intelligenza emotiva e Lavorare con Intelligenza Emotiva, si rife-
risce alla capacit di riconoscere i nostri sentimenti e quelli degli altri, di motivare noi stessi, e di gestire
positivamente le nostre emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali.
Si tratta di abilit complementari, ma differenti dal tipo di intelligenza misurata dal Q.I.: una miscela equi-
librata di motivazione, empatia, logica e autocontrollo, che consente di sviluppare una grande capacit di
adattamento e sfruttare i lati positivi di ogni situazione.
L' intelligenza emotiva si divide in competenza personale (che determina il modo in cui controlliamo noi
stessi) e competenza sociale (che determina il modo in cui gestiamo le relazioni con gli altri).
Le dimensioni che compongono la competenza personale sono:
Consapevolezza di s (conoscenza dei propri stati interiori, preferenze, risorse e intuizioni)
- Consapevolezza emotiva: riconoscimento delle proprie emozioni e dei loro effetti.
- Autovalutazione accurata: conoscenza dei propri punti di forza e dei propri limiti.
- Fiducia in se stessi: sicurezza nel proprio valore e nelle proprie capacit.
Padronanza di s (capacit di dominare i propri stati interiori, i propri impulsi e le proprie risorse)
- Autocontrollo: dominio delle emozioni e degli impulsi distruttivi.
- Fidatezza: mantenimento di standard di onest e integrit.
- Coscienziosit: assunzione delle responsabilit per quanto attiene alla propria prestazione.
- Adattabilit: flessibilit nel gestire il cambiamento.
- Innovazione: capacit di sentirsi a proprio agio e di avere un atteggiamento aperto di fronte a idee,
approcci e informazioni nuovi.
Motivazione (tendenze emotive che guidano o facilitano il raggiungimento di obiettivi)
- Spinta alla realizzazione: impulso a migliorare o a soddisfare uno standard di eccellenza.
- Impegno: adeguamento agli obiettivi del gruppo o dell'organizzazione.
- Iniziativa: prontezza nel cogliere le occasioni.
- Ottimismo: costanza nel perseguire gli obiettivi nonostante ostacoli e insuccessi.
31
4
JOHN D. MAYER e PETER SALOVEY, Emotional intelligence in Imagination, Cognition and Personality, 9, 1990 pp. 185 211; e What is emotion-
al intelligence? in P. Salovey & D. Sluyter (Eds.), Emotional development and emotional intelligence: Implications for educators, New York, Basic
Books, 1997.
5
DANIEL GOLEMAN Intelligenza emotiva, Milano, Rizzoli, 1997, e Lavorare con Intelligenza Emotiva, Rizzoli, Milano 1999.
Le dimensioni che compongono la competenza sociale sono:
Empatia (consapevolezza dei sentimenti, delle esigenze e degli interessi altrui)
- Comprensione degli altri: percezione dei sentimenti e delle prospettive altrui; interesse attivo per le
preoccupazioni degli altri.
- Assistenza: anticipazione, riconoscimento e soddisfazione delle esigenze del cliente.
- Promozione dello sviluppo altrui: percezione delle esigenze di sviluppo degli altri e capacit di mettere
in risalto e potenziare le loro abilit.
- Sfruttamento della diversit: saper coltivare le opportunit offerte da persone di diverso tipo.
- Consapevolezza politica: saper leggere e interpretare le correnti emotive e i rapporti di potere in un gruppo.
Abilit sociali (capacit di indurre risposte desiderabili negli altri)
- Influenza: impiego di tattiche di persuasione efficienti.
- Comunicazione: invio di messaggi chiari e convincenti.
- Leadership: capacit di ispirare e guidare gruppi e persone
- Catalisi del cambiamento: capacit di iniziare o dirigere il cambiamento.
- Gestione del conflitto: capacit di negoziare e risolvere situazioni di disaccordo.
- Costruzione di legami: capacit di favorire e alimentare relazioni utili.
- Collaborazione e cooperazione: capacit di lavorare con altri verso obiettivi comuni.
- Lavoro in team: capacit di creare una sinergia di gruppo nel perseguire obiettivi comuni.
32
Il clima organizzativo:
strumenti di valutazione della cultura dimpresa
Perch parlare di climi organizzativi
Il concetto di clima organizzativo, entrato nella letteratura della psicologia sociale negli anni 60, ha visto
una progressiva espansione delle sue applicazioni ai pi diversi tipi di organizzazione.
Sfortunatamente, a tale ampiezza duso non corrisponde unadeguata chiarezza n una definizione univo-
ca delle sue componenti concettuali e operative. Pi che di un costrutto teorico vero e proprio si pu
meglio parlare di una nozione che ha costituito la base di molti tentativi di studiare le organizzazioni trat-
tandole non semplicemente come realt strutturali.
La nozione di clima richiede uno schema teorico che comprende elementi come organizzazione, struttura,
rapporti di coppia, rapporti con i propri gruppi di riferimento, e con molti altri gruppi che si differenziano per
dimensioni caratteristiche e funzioni. Per comprenderla meglio dobbiamo in primo luogo considerare il con-
cetto di organizzazione.
Lorganizzazione stata studiata e analizzata in diversi modi, sia come fatto obiettivo che soggettivo, quin-
di sia dal punto di vista strutturale che psicosociale. Nellapproccio strutturale le organizzazioni sono state
viste come un insieme di tecnologie, organici, mezzi finanziari, strutture, forza lavoro, redditivit, etc
Lefficienza organizzativa, cio il raggiungimento degli scopi dellorganizzazione, in questa ottica, risulta da una
particolare combinazione di questi fattori, quella che permette di ottimizzare il rapporto tra input e output.
In questo modello i leader sono soggetti esclusivamente alle coercizioni imposte dalla capacit, dalla velo-
cit, dalla durata e dai costi di questi semplici meccanismi.
Lapproccio psico-sociale si concentra invece su uno studio articolato a livello individuale-soggettivo.
Lorganizzazione viene concepita come un insieme di percezioni, regolazioni a coppie, rapporti tra singoli
e gruppi e tra gruppi diversi; come un insieme di individui che operano e cooperano per il raggiungimento
di un determinato fine. Quindi come un fatto psicologico, cio soggettivo, come un modo di vivere in una
dimensione collettiva.
I precursori teorici
La tipicit dellapproccio psico-sociale consiste nel considerare almeno tre livelli di analisi del comporta-
mento: quella individuale, quella sociale o plurale nel piccolo gruppo, e quella collettiva o organizzativa.
Diagnosticare psicologicamente le organizzazioni significa, in effetti, trattarle come insieme di sentimenti,
atteggiamenti, percezioni, come confluire di fatti interni agli individui, fatti diametrali, cio agenti per moti-
vazioni soggettive psicologiche anche se dislocate ai tre livelli della coppia o interpersonale, del piccolo
gruppo o sociale e del collettivo o organizzativo.
Diversi autori si sono mossi in questa direzione; tra questi E. H. Schein
1
ha affrontato il problema dellor-
35
1
E. H. SCHEIN, La psicologia industriale nella societ moderna, Milano, Martello, 1970.
ganizzazione partendo dallesame di alcune idee proposte dai sociologi, i quali davano una definizione ope-
rativa del concetto di organizzazione come coordinamento razionale delle attivit di un certo numero di
persone al fine del raggiungimento di uno scopo o obiettivo comune ed esplicito, mediante la divisione del
lavoro e delle funzioni e mediante una gerarchia di autorit e responsabilit.
Secondo Schein una definizione di questo tipo non tiene conto dellelemento umano in quanto considera
oggetto del coordinamento le attivit e non le persone.
Per superare questa parzialit si devono affrontare in chiave psicologica tre problemi fondamentali che si
incontrano quando si parla di organizzazioni: il reclutamento, lautorit e lintegrazione.
Per quanto riguarda il reclutamento, Schein nota una serie di difficolt dovute al fatto che ogni soggetto
ha alcuni bisogni individuali differenti da quelli dellorganizzazione e, quando questi non vengono soddi-
sfatti, sviluppa insicurezza, ostilit e alienazione.
Per questo, diventa necessario elaborare politiche e strategie che permettano una integrazione tra bisogni
dei singoli ed esigenze dellorganizzazione, come ad esempio le tecniche di psicologia industriale del per-
sonale, secondo cui luomo una variabile da selezionare in funzione di mansioni considerate costanti, e
la tecnologia psicologica che invece sposta laccento sulla progettazione dellambiente di lavoro, conside-
rando luomo una costante e la mansione una variabile (ergonomia, job design, etc.).
Alla base del concetto di autorit, invece, vi il cosiddetto contratto psicologico, il quale implica che lin-
dividuo si aspetta un certo numero di cose dallorganizzazione e viceversa, cose che non sono scritte nel-
laccordo formale, ma costituiscono fattori potenti nel determinare il comportamento. Il contratto psicolo-
gico incorpora quindi, dal punto di vista dellorganizzazione, il concetto di autorit, in quanto la decisione di
entrare a far parte di unorganizzazione implica limpegno ad accettarne il sistema di autorit.
La distinzione fra autorit e potere data dal fatto che questultimo prevede la possibilit di obbligare qual-
cuno a fare qualcosa contro la sua volont, servendosi di premi o punizioni, mentre la prima prevede che
il subordinato sia pronto a obbedire perch consente, cio concede alla persona che possiede lautorit,
il diritto di comandarlo.
Perch tale consenso abbia significato in un gruppo o in unorganizzazione, necessario che sia fondato
sulla convinzione concorde della legittimit dellautorit.
Infine, un aspetto essenziale dellorganizzazione la divisione del lavoro, che risulta da una precisa defini-
zione dei mezzi con cui un dato fine deve essere raggiunto.
Ciascuno dei mezzi diviene lobiettivo dei gruppi di individui a cui stato assegnato, e questa organizza-
zione di secondo ordine genera a sua volta propri mezzi per raggiungere i propri obiettivi e li rende obiet-
tivi di unorganizzazione di terzo ordine.
Quindi lorganizzazione totale pu essere considerata come un sistema o una catena di fini e mezzi in cui
i mezzi di una parte a un certo livello dellorganizzazione, diventano i fini di una parte al livello immediata-
mente inferiore.
Da ci deriva che una questione fondamentale costituita dallintegrazione fra le varie parti necessaria a
garantire unattivit generale ed efficiente.
36
Questo problema apparentemente potrebbe sembrare tecnico ma in realt, afferma Schein, psicologico.
Un individuo, che svolge soltanto alcune limitate attivit, porta con s molti atteggiamenti, affetti e perce-
zioni che non possono essere previsti dallorganizzazione e non hanno un posto preciso nel suo piano
generale.
Lavorando con gli altri, lindividuo instaura rapporti, accordi informali e forme di coordinamento che vanno
oltre quelli specificati dallorganizzazione; regole che spesso nascono proprio per far fronte a ci che i rego-
lamenti formali non hanno previsto.
Cos, attraverso sentimenti, atteggiamenti e norme informali verso lunit di appartenenza, lindividuo si va
a identificare con essa; comincia a legare la propria autostima alla sua attivit, e si estranea dalle altre unit
e dallinsieme dellorganizzazione.
Per ottenere una maggiore integrazione non occorre perci soltanto una progettazione pi razionale del-
lorganizzazione formale, ma anche procedimenti psicologici che migliorino comunicazione e compensa-
zione reciproca fra i vari sottogruppi.
Da questi tre punti, Schein fa derivare una definizione sistemica dellorganizzazione che si sviluppa intor-
no a cinque principi:
1. Lorganizzazione deve essere concepita come un sistema aperto, cio in costante interazione con lam-
biente da cui riceve materie prime, persone, energie e informazioni e in cui esporta prodotti e servizi crea-
ti a partire da ci che ha ricevuto.
2. L organizzazione deve essere concepita come un sistema dotato di una molteplicit di scopi e funzio-
ni, che comportano numerose interazioni fra di loro e con lambiente.
3. L organizzazione consiste in molti sottosistemi in stato di interazione dinamica fra di loro.
4. Lorganizzazione esiste in un ambiente dinamico, che consiste di altri sistemi, alcuni pi grandi e altri
pi piccoli dellorganizzazione, e pone esigenze e limitazioni di vario tipo e di varie forme.
5. I molteplici rapporti esistenti tra lorganizzazione e lambiente rendono difficile una chiara individuazione
dei confini di una data organizzazione.
In ultima analisi, probabilmente lidea migliore che si pu dare dellorganizzazione quella di un insieme di
processi stabiliti di importazione, conversione ed esportazione, anzich di caratteristiche come dimensio-
ne, forma, funzione o struttura.
Altri autori riprendono la teoria sistemica di Schein per definire lorganizzazione. Tra questi W. French e C.
Bell
2
, partendo da quanto sostenuto da Fagen, secondo cui il sistema un insieme di oggetti e di rela-
zioni tra gli oggetti e tra i loro attributi, definiscono le organizzazioni come sistemi operativi dotati di una
serie di correnti di input e output e di uno o pi meccanismi di feedback per lautoregolazione.
il meccanismo di feedback che costituisce laspetto pi importante di questa concettualizzazione, in
37
2
W.L. FRENCH, C.H. BELL, Lo sviluppo organizzativo, Milano, Isedi, 1976.
quanto consente il collegamento tra lorganizzazione e lambiente e tra lorganizzazione e le sue parti.
French e Bell ritengono utile vedere le sub-unit delle organizzazioni, per esempio i dipartimenti e le divi-
sioni, come sottosistemi, ma trovano altrettanto utile anche pensare le organizzazioni come composte da
un certo numero di variabili significative e interagenti, che separano e accomunano tutte le sub-unit.
Queste variabili hanno a che fare con obiettivi, compiti, tecnologie, organizzazioni umane e sociali, strut-
tura e relazioni. Si possono quindi visualizzare le organizzazioni come composte da un sottosistema di
obiettivi, un sottosistema di compiti, un sottosistema di tecnologia, un sottosistema umano e sociale, un
sottosistema strutturale e un sottosistema di rapporti con lesterno.
Infine va ricordato Tannenbaum
3
, che analizza i rapporti intercorrenti tra uomo e organizzazione, parlando
di senso di identificazione e di fedelt, conflitti, tensioni e sforzi a sostegno o in opposizione alle mete for-
malmente definite dallorganizzazione.
Tannenbaum parte da unanalisi sulla funzionalit e, analizzando i modelli dellorganizzazione come un
sistema estremamente razionale e impersonale, nota come questi ignorino quasi totalmente la psicologia
dei singoli membri dellorganizzazione. In altre parole, la loro presenza si d per scontata: si vuole che essi
si inseriscano e non intralcino il disegno generale.
Per questa ragione Tannenbaum, riprendendo gli studi di Hawthorne che documentarono scientificamen-
te limportante aspetto umano dellorganizzazione, tratta argomenti quali atteggiamenti, morale e senso di
soddisfazione che i membri dellorganizzazione derivano dal proprio lavoro.
Tannenbaum recupera lelemento umano come entit in grado di produrre effetti in ambito dellorganizza-
tivo; analizza cio il ruolo stesso dellindividuo nellorganizzazione.
Alcune definizioni di clima organizzativo
Le definizioni operative e concettuali, le misure tecniche e i risultati che concernono il clima organizzativo,
sono spesso diverse e contraddittorie.
L. R. James e A. P. Jones
4
hanno preso in considerazione diverse teorie sui climi e le hanno raggruppate
in tre principali approcci:
1. Approccio che utilizza misure organizzative multiple, in cui il clima organizzativo visto esclusivamente
come una gamma di attributi organizzativi misurabili secondo pi criteri di tipo oggettivo (dimensione, tipo
di struttura, stile di leadership etc.).
2. Approccio che utilizza misure organizzative percettive, che vede il clima organizzativo come una gamma
di variabili percettive riferite, tuttavia, esclusivamente agli aspetti organizzativi.
38
3
A.S. TANNENBAUM, Psicologia Sociale dellorganizzazione del lavoro, Milano, Franco Angeli, 1969.
4
L.R. JAMES, A.P. JONES, Organizational Climate: a Review of Theory and Research Psychological Bullettin, n. 81, 1974, pp. 1096-1112.
3. Approccio che utilizza misure percettive individuali, che considera il clima organizzativo come un attri-
buto percettivo dei suoi singoli membri.
1. Approccio delle misure organizzative multiple
Rappresentativa di questo approccio la definizione di clima organizzativo come un insieme di caratteri-
stiche che descrive unorganizzazione e che: a) la distingue da altre organizzazioni, b) relativamente dure-
vole nel tempo, c) influenza il comportamento degli individui nellorganizzazione (Forehand e Gilmer)
5
.
Secondo Forehand e Gilmer leffetto del clima organizzativo sul comportamento umano pu essere visto
in termini di definizione di stimoli presenti individualmente nei membri, di costrizioni poste alla libert di
scelta individuale e di processo di ricompensa o di punizione.
Le variabili organizzative incluse in questo concetto sono: dimensione, struttura, complessit dei sistemi,
stili di leadership e direzione del fine.
Ma una definizione focalizzata su una serie di caratteristiche organizzative vede il clima come sinonimo di
situazione organizzativa e offre soltanto una visione parziale.
2. Approccio delle misure organizzative percettive
Campbell
6
identifica quattro categorie generali di situazioni organizzative:
1. Propriet strutturali.
2. Caratteristiche ambientali.
3. Clima organizzativo.
4. Caratteristiche formali delle funzioni (ruoli, compiti).
Il clima organizzativo definito come una gamma di attributi specifici di una data organizzazione che pos-
sono essere causati dal modo con cui lorganizzazione si occupa dei suoi membri e dellambiente.
Per gli individui membri di unorganizzazione, il clima la percezione di una serie di attitudini e aspettative,
che descrive lorganizzazione in termini di caratteristiche statiche, conseguenze ambientali e risultati con-
tingenti.
Per quanto le percezioni individuali dellorganizzazione che, inoltre, governano lambiente siano consi-
39
5
G.A. FOREHAND, B.H. GILMER, Environmental Variation in Studies of Organizational Behaviourr, Psychological Bullettin, n. 62, 1964, pp. 361-382.
6
J.P. CAMPBELL, M.D. DUNNETTE, E.E. LAWLER, Managerial Behaviour, Performance and Effectiveness, New York, Mc Graw Hill, 1970; cfr. anche
P. DE VITO PISCICELLI, La diagnosi organizzativa, Milano, Franco Angeli, 1994.
derate gli elementi critici del clima, il clima stesso visto come una variabile situazionale o un effetto pre-
cipuo dellorganizzazione.
Campbell identifica le seguenti dimensioni di clima organizzativo:
1. Autonomia individuale basata su responsabilit individuale, indipendenza degli agenti, orientamento
delle mansioni e possibilit di esercitare la propria iniziativa.
2. Struttura basata sulle posizioni, cio sui fattori strutturali, sulla struttura direttiva e in particolare sul
modo in cui i superiori stabiliscono e comunicano gli obiettivi del lavoro e il metodo per raggiungerli.
3. Capacit di ricompensa basata su ricompense, soddisfazione generale e predisposizione dellorganizza-
zione a garantire maggiori promozioni e profitti.
4. Grado di considerazione, cordialit e tolleranza basata su fattori di appoggio direttivo, rispetto dei subor-
dinati, cordialit etc.
In questottica, il clima visto come un processo psicologico determinato dalla situazione in cui le variabili
organizzative di clima sono considerate fattori causali o fattori che influenzano prestazioni e attitudini.
Anche Pritchard e Karasich
7
, parlano di clima come una qualit relativamente durevole dellambiente
interno di unorganizzazione che la distingue dalle altre. Il clima dunque: a) risulta dallambiente e dalle poli-
tiche dei membri dellorganizzazione e specialmente dalla direzione, b) viene percepito dai membri del-
lorganizzazione, c) serve da base per capire la situazione, d) opera come fonte di pressione nella direzio-
ne delle attivit.
In sintesi, unanalisi critica dellapproccio che utilizza misure organizzative percettive evidenzia che:
1. Se il clima organizzativo usato per misurare un attributo organizzativo, occorre prendere in considera-
zione laccuratezza della percezione e il consenso o accordo tra i percettori.
2. Gli autori citati vedono il clima organizzativo percettivo come un processo psicologico interveniente tra
i processi organizzativi e le variabili dipendenti e operante a livelli di spiegazioni diverse a seconda che con-
sideri i processi organizzativi come specializzazione dei compiti e ammontare delle comunicazioni, o
che consideri le componenti situazionali, quali la struttura organizzativa e le caratteristiche dei ruoli.
Lapproccio che utilizza misure organizzative percettive sembra dunque inconsistente e contraddittorio. Da
una parte, propone di misurare attributi organizzativi che variano attraverso i livelli di spiegazione, mentre
dallaltra prende in considerazione un processo psicologico che opera a un livello di spiegazione separato
dalle caratteristiche organizzative oggettive e dai processi organizzativi.
Questo sembra confondere le propriet degli stimoli con le propriet delle risposte: gli attributi organizza-
40
7
R.D. PRITCHARD, B.W. KARASICH, The effects of Organizational Climate on Managerial Job Performance and Job Satisfaction, Organizational
Behaviour and Human Performance n. 9, 1973, pp. 126-146.
tivi rappresentano condizioni di stimolo, mentre il clima organizzativo misurato percettivamente rappre-
senta una gamma di risposte sulle caratteristiche e sui processi.
3. Approccio delle misure percettive individuali
Schneider
8
e i suoi collaboratori illustrano il clima organizzativo come un insieme di descrizioni molari psi-
cologicamente significative che le persone accettano come caratteristiche delle pratiche e procedure di un
sistema.
Il clima visto come un attributo individuale, cio frutto di una percezione individuale, ma la somma di que-
ste percezioni riflette uninterazione tra le caratteristiche individuali e quelle organizzative. Perci il clima
ulteriormente concettualizzato come una variabile interveniente perch causato da esperienze e, a sua
volta, dal comportamento. Non visto n come variabile indipendente, n come criterio finale. Le variabi-
li intervenienti sono attributi individuali che servono da ponte tra la situazione e il comportamento.
Lanalisi di Payne e Pugh
9
parte dallaffermazione che esistono diversi tipi di struttura organizzativa che
variano a seconda del contesto in cui sono inseriti; naturalmente ciascuna struttura avr un proprio clima
diverso da quello delle altre.
Il clima corrisponde alla descrizione di caratteristici processi di comportamento in un sistema sociale, in un
particolare periodo di tempo. Questi processi riflettono valori, atteggiamenti e convinzioni dei membri che
diventano cos parte del contesto.
Facendo unanalogia con il clima geografico, possiamo considerare il contesto organizzativo e le variabili
strutturali come la configurazione geografica di unarea, mentre tipo di controllo, sistemi premianti, svi-
luppo, rischio, cordialit, tolleranza, etc, sono in qualche modo simili a caratteristiche geografico-meteoro-
logiche quali temperatura e piovosit.
La personalit, i bisogni, le capacit, le soddisfazioni e le mete di una persona influenzano le sue perce-
zioni e influenzano cos, indirettamente, la misura di clima. Daltro canto, il clima, influenza le caratteristi-
che e le esperienze individuali.
Inoltre le caratteristiche di un individuo sono anche in parte determinate dal suo ambiente, il quale, a sua
volta, influenzato dalla struttura dellorganizzazione.
Infine i contesti organizzativo e individuale, si collocano in un pi ampio contesto economico e culturale.
41
8
Di B. SCHNEIDER, si vedano I climi organizzativi, Psicologia e Lavoro X, 47 1978; ID., An Interactionist Perspective on Organizational
Effectiveness, Research report n. 81-1, Dep. Psychology, Michigan State University, may 1981; ID. , Work Climate, an Interactionist
Perspective, Michigan State University, 1980.
9
R.L. PAYNE, D.S. Pugh Organizational Structure and Climate, in Handbook of Industrial and Organizational Psychology (edited by M.D.
Dunnette), Chicago, Randy Mc Nally, 1976; cfr. anche
R.L. PAYN, Organizational Climate, Prakseologia, 39, 1971.
Payne, prendendo come valide le quattro dimensioni di clima organizzativo individuate da Campbell che
come abbiamo visto sono: autonomia individuale, struttura basata sulle posizioni, capacit di ricompensa,
grado di considerazione, cordialit e tolleranza giunge alla seguente definizione: il clima un concetto
molare riflettente il contenuto e la forza dei valori, delle norme, degli atteggiamenti, dei comportamenti e
delle sensazioni prevalenti dei membri di un sistema sociale che possono operativamente essere misura-
ti attraverso le percezioni dei membri stessi o attraverso losservazione e altri strumenti oggettivi.
Lo schema si sviluppa in quattro punti principali:
- Relazione tra misure soggettive di clima e di struttura.
- Relazione fra misure oggettive di struttura e misure soggettive di clima.
- Relazione fra misure oggettive di struttura e di clima.
- Relazione fra clima organizzativo e caratteristiche individuali dei membri.
Schneider invece, parte dalla distinzione concettuale tra struttura, clima e soddisfazione.
La struttura si riferisce a caratteristiche e processi delle organizzazioni senza rapporto con la componente
umana del sistema quali dimensione, prodotto, processo di produzione, struttura gerarchica e numero dei
suoi livelli.
Le caratteristiche strutturali possono determinare alcuni dei comportamenti che si verificano in una orga-
nizzazione, ma non necessario esaminare il comportamento umano per descriverle.
Il clima organizzativo pu essere concettualizzato come una somma di percezioni della gente, unimpres-
sione globale di che cosa unorganizzazione.
La natura globale dei climi organizzativi tuttavia, non suggerisce in alcun modo che il concetto sia uni-
dimensionale.
Molti tipi diversi di eventi, procedure e pratiche organizzative possono contribuire a questa percezione.
Cos ogni individuo capisce e concettualizza la propria organizzazione in diversi modi che dipendono dal
contesto e dalle informazioni di cui dispone.
Il clima organizzativo composto da un certo numero di dimensioni che devono essere accertate con rife-
rimento a un certo numero di condizioni in rapporto tra loro.
Inoltre le percezioni di clima organizzativo sono descrittive di condizioni che esistono nellambiente di lavo-
ro, quindi non devono essere valutative o affettive.
La soddisfazione del lavoro infine, la valutazione personale delle condizioni esistenti sul lavoro compara-
ta allo stato interno delle persone, ai loro bisogni, aspettative e valori.
Schneider considera tre punti di ricerca e teorizzazione:
1. Livello di astrazione (micro-percezioni contrapposte a macro-percezioni).
2. Livello di affettivit (percezioni descrittive contrapposte a percezioni valutative).
42
3. Livello di analisi (individui contrapposti a organizzazioni come unit di analisi).
Si giunge cos ai seguenti principi:
1. Il clima si riferisce a percezioni molari che le persone hanno del loro ambiente di lavoro.
2. Queste percezioni molari hanno ununit psicologica in quanto sono basate su eventi esistenti o dedot-
ti, su pratiche e procedure proprie della vita quotidiana di un sistema.
3. Le persone non hanno scelta nello sviluppare queste percezioni molari psicologicamente significative in
quanto esse sono necessarie come schema di riferimento per giudicare ladeguatezza del comportamen-
to.
4. Ogni organizzazione lavorativa crea un certo numero di tipi diversi di clima.
5. Le percezioni di clima possono far s che le persone si comportino in modo simile o diverso.
6. Le persone in un ambiente di lavoro tendono a scambiarsi le proprie percezioni, anche se la maggior
parte delle pratiche e procedure organizzative tendono a bloccare questo scambio.
7. In passato le misure di clima non sono state sufficientemente descrittive delle pratiche e delle proce-
dure organizzative, n abbastanza frequentemente analizzate a livello organizzativo. Ci suggerisce che,
alla radice delle percezioni di clima, ci siano i processi e non le strutture.
8. La maggior parte delle ricerche hanno centrato la loro attenzione sullo sviluppo di misure descrittive di
pratiche e procedure organizzative, senza studiare le loro congruenze sui climi. Quindi necessaria una
pi attuale classificazione dei climi per i diversi usi possibili del concetto e si richiede una precisa concet-
tualizzazione e valutazione di come le pratiche e procedure diventino percezioni di clima.
9. La conoscenza dei climi organizzativi la base per la spiegazione dei comportamenti organizzativi per-
ch, in definitiva, un clima non altro che il modo con cui una pluralit di individui d un significato prima
diverso e poi comune al proprio mondo organizzativo.
I climi nei quali le persone agiscono si creano in relazione a politica retributiva, stile di supervisione, obso-
lescenza, turnover, leadership e a ogni altro punto di interesse possibile.
Le persone, cos come configurano se stesse secondo molte dimensioni (marito o moglie, padre o madre,
membro della chiesa o del Country Club e cos via), configurano anche il proprio ambiente di lavoro secon-
do un certo numero di dimensioni diverse.
La questione dellimportanza della dimensione, comunque, diventa pertinente nel contesto di un partico-
lare criterio. E un esame della letteratura rivela che molti ricercatori hanno valutato il clima specifico che
interessava loro, piuttosto che tentare di sviluppare misure onnicomprensive.
43
Il check-up organizzativo
E. Spaltro
10
e collaboratori, in unottica di intervento, definiscono la diagnosi dei climi mediante check-up
come una strategia finalizzata al cambiamento dellorganizzazione stessa.
Tre problemi fondamentali in ogni strategia del cambiamento sono:
1. Linterpretazione organizzativa: determina pesantemente il successivo sviluppo della situazione.
2. II potere e il cambiamento organizzativo: comporta un cambiamento di struttura di potere e questo porta
a un aumento della conflittualit.
3. Collettivo e futuro: il sentimento del futuro, cio la speranza, sta alla base della progettualit e, quindi,
di ogni strategia di cambiamento.
Il principio che collega i tre punti sopra enunciati, il concepire le organizzazioni come fatto soggettivo,
cio come atmosfera soggettiva, come clima.
A ci si aggiunge la necessit di considerare il comportamento come rapporto dellindividuo con una plu-
ralit di altri individui considerati collettivamente.
Si avranno quindi tre livelli di analisi del comportamento (individuale, sociale e collettivo), e tre livelli di tem-
poralit (passato, presente e futuro).
Sorgono a questo punto dei problemi riguardanti la metodologia: in pratica come misurare le variabili delle
organizzazioni per poter fare, in seguito, dei confronti.
La misura, trattandosi di variabili umane, quasi sempre una misura per graduatoria, le variabili misurate,
infatti, devono essere valutate per paragone con altre realt e non in assoluto.
Inoltre necessario raccogliere percezioni complessive a tre livelli: interpersonale, sociale e collettivo.
Da tutta questa serie di considerazioni preliminari Spaltro arrivato a considerare il clima organizzativo in
modo essenzialmente operativo, tenendo conto di diverse dimensioni delle organizzazioni e delle concre-
te possibilit della loro misura: il clima organizzativo cos comprende sia le percezioni relative alla struttu-
ra sia le percezioni dei rapporti, delle relazioni e delle attivit che si instaurano allinterno di questa.
Le variabili da considerare possono essere infinite, tuttavia non tutte risultano misurabili e queste sono le
pi importanti da analizzare:
1. Importanza dei problemi, cio il modo in cui gli intervistati vivono e riferiscono i problemi della loro orga-
nizzazione.
2. Speranza di modifica delle condizioni organizzative attuali
44
10
Di E. SPALTRO si vedano, Il check-up organizzativo, Milano, Isedi, 1977; ID., Il clima lavorativo. Manuale di meteorologia organizzativa, Milano,
Franco Angeli, 2004; ID., Benessere Buon Lavoro. Risultati della ricerca effettuata da Intermedia Formazione nellambito del PIR Regione
Toscana, Milano, Franco Angeli, 2002; E. SPALTRO, M. BRUSCAGLIONI, La psicologia organizzativa, Milano, Franco Angeli, 1991 (3 ed.).
3. Livello di credibilit e fiducia che i protagonisti della collettivit organizzativa ispirano agli intervistati.
4. Stili di gestione, ovvero il modo in cui gli intervistati ritengono che il comando sia esercitato.
5. Potere percepito, desiderato e grado di soddisfazione che ne deriva.
6. Livello di socializzazione.
7. Livello di sicurezza che si esprime nel modo in cui lorganizzazione interagisce con soggetti terzi.
1. Importanza dei problemi
Molto spesso le organizzazioni presentano disfunzioni che creano problemi percepiti in maniera diversa dai
vari componenti in funzione del loro carattere, della sensibilit, del tipo di formazione e cos via.
Queste diversit dipendono dallinflusso di numerose altre variabili quali: partecipazione, socializzazione,
comunicazioni, decisioni e controllo.
2. Speranza
Una volta esaminato come le persone vivono e avvertono limportanza dei problemi esistenti nella loro
organizzazione, significativo andare a verificare anche quanta speranza hanno di risolverli.
Il concetto di attivit implica infatti energie e iniziative proprie della persona, tanto che non attivo colui
che, pur essendo efficiente, ha continuamente bisogno di stimoli e incitamenti esterni.
3. Credibilit
A un primo esame si pu definire la credibilit come la capacit di qualcuno o qualcosa di farsi credere,
esattamente come termine opposto allassai pi usato incredibile significa il rifiuto di credere in qualco-
sa.
Il concetto di credibilit appare come bidimensionale composto da abilit percepita e affidabilit percepita.
4. Stili di gestione
Si distinguono quattro principali stili di gestione:
a) Autoritario-autocratico
In questo tipo di sistema, le comunicazioni hanno un andamento gerarchico; vi pochissima interazione e
45
sempre caratterizzata da paura e diffidenza.
Il flusso di informazioni parte dal vertice ed sempre diretto verso il basso. C una forte tendenza allim-
precisione e si sente la necessit di un sistema supplementare di comunicazioni verso lalto, cio di un
sistema spionistico.
Le decisioni vengono prese al vertice, raramente trovano unesatta rispondenza nei problemi dei livelli pi
bassi, e lutilizzo di particolari risorse e tecniche professionali avviene solo agli alti livelli.
b) Autoritario-paternalistico
simile al precedente con una pi lieve apertura verso i livelli medi. Il conflitto spesso presente e, occa-
sionalmente, le forze si potenziano vicendevolmente. La responsabilit solitamente avvertita dal perso-
nale direttivo, poco dai livelli inferiori, il cui atteggiamento verso i superiori servile, mentre la competi-
zione per lo status si traduce in ostilit verso i colleghi.
Interazione e comunicazione sono scarse e per lo pi il flusso delle informazioni verso il basso.
C una necessit media di integrare il sistema di comunicazione verso lalto con un sistema di delazione
o con altri accorgimenti analoghi.
Le decisioni vengono prese a pi livelli: al vertice le decisioni politiche, a livelli inferiori quelle routinarie che
richiedono conoscenze secondarie e parziali.
c) Partecipativo-consultivo
Latteggiamento verso lorganizzazione e i suoi obiettivi spesso favorevole. A quasi tutti i livelli si sente
la responsabilit per il raggiungimento degli obiettivi, quindi gli atteggiamenti verso gli altri membri del-
lorganizzazione sono di natura collaborativa.
La soddisfazione moderatamente alta sia verso i superiori che verso i propri successi.
La quantit dinterazione e di comunicazione abbastanza alta e il flusso delle informazioni va sia verso il
basso che verso lalto. Le comunicazioni verso il basso sono spesso accettate dai subordinati, ma posso-
no essere apertamente discusse. Il flusso verso lalto moderato come lo anche il senso di responsa-
bilit dei subordinati.
Le decisioni di ordine generale vengono prese al vertice, mentre le pi specifiche si decidono ai livelli infe-
riori e vengono utilizzate in buona parte le cognizioni tecniche e professionali ai livelli alti, medi e bassi.
d) Partecipativo di gruppo
Gli atteggiamenti nei confronti dellorganizzazione sono generalmente favorevoli e collaborativi in tutti i set-
46
tori, con una certa confidenza e fiducia. Il personale si sente responsabile a tutti i livelli.
La soddisfazione relativamente alta, sia per quanto riguarda lappartenenza, che verso i superiori e i pro-
pri successi.
Interazione e comunicazione sono molto diffuse, sia tra singoli individui che tra gruppi.
Si ha flusso di informazioni in tutte le direzioni. Quelle provenienti dallalto sono generalmente accettate
dai subordinati e, in caso contrario, vengono apertamente e francamente discusse. Sono praticamente
nulle le forze che inducono distorsioni.
I processi decisori coinvolgono tutta lorganizzazione. Generalmente i responsabili delle decisioni sono
molto bene informati sui problemi che riguardano i livelli pi bassi e viene utilizzata la massima parte delle
cognizioni disponibili a ogni livello.
5. Sentimento di potere
Secondo Friedrich esistono due tipi di potere: il potere formale, identificato con il dominio, che pu
essere percepito come pi o meno legittimo e quindi dotato di maggiore o minore autorit, e il potere infor-
male, non istituzionalizzato, pi instabile, che d luogo a rapporti di influenza.
Il controllo invece una particolare modalit di esercizio del potere formale, propria di chi ha istituzional-
mente la possibilit di impedire o modificare un certo corso di azione.
Il concetto di controllo introduce la nozione di potere potenziale e la sua distinzione dal potere effetti-
vamente esercitato.
Inoltre:
a) Il potere sostanzialmente un fatto relazionale; anche se alcuni rapporti di potere presentano caratteri-
stiche pi o meno stabili e ripetitive
b) I soggetti operanti in un sistema prevedono anticipatamente il potere degli altri attori, anche in man-
canza di un suo concreto esercizio (la c.d. regola delle reazioni previste).
Questo porta un nuovo significato alla distinzione fra potere coercitivo e potere consensuale: tende a tra-
sformare in potere consensuale anche molti casi di potere coercitivo e permette, inoltre, di superare la
distinzione tra potere effettivo e potenziale.
Appare poi particolarmente importante il rapporto tra abilit professionali e potere. Sebbene sia necessa-
rio dimostrare di valere per essere accettati e godere di uno status, ci pu provocare motivo di risenti-
mento. Cos gli individui con qualit superiori spesso le sottovalutano ed esprimono accordi conciliatori per
diminuire il risentimento dei soggetti obbligati a occupare posizioni subordinate.
La coesione del gruppo dipende quindi da condizioni piuttosto incompatibili e laccettazione sociale e lat-
47
trazione personale sono fonti basilari di appoggio per i giudizi, le opinioni e le valutazioni degli individui.
6. Socializzazione
Il termine socializzazione nella sua accezione moderna di uso recente e appare contemporaneamen-
te in sociologia, antropologia e psicologia andando, in pratica, a sostituire il termine tradizionale di educa-
zione, inadatto a coprire le nuove aree di ricerca. La socializzazione il processo mediante il quale un indi-
viduo diviene membro partecipante di una societ di esseri umani adulti. Il comportamento delluomo si
sviluppa e si struttura specialmente attraverso i contatti sociali con le altre persone.
La socializzazione si distingue in primaria e secondaria.
Primaria quella che lindividuo intraprende nellinfanzia, attraverso cui diventa un membro della societ.
Socializzazione secondaria , invece, ogni processo successivo che introduce un individuo, gi socializza-
to, in nuovi settori del mondo oggettivo della sua societ. La socializzazione in una nuova organizzazione
corrisponde, oltre che alla definizione di una nuova relazione fra s e oggetti significativi del campo, anche
al riconoscimento per il s di nuovi attributi in precedenza non posseduti. In altre parole, si definisce uni-
dentit professionale che non sostituisce, ma si pone in rapporto con lidentit globale del soggetto.
Il processo ha una dimensione formale e una informale. Lapprendimento del proprio ruolo nellorganizza-
zione avviene attraverso una fase istituzionale con un soggetto che ha ufficialmente il compito di guidare
il nuovo arrivato nelladeguamento allorganizzazione. Daltro canto, il neo-assunto si trova spesso di fron-
te a compiti onerosi e difficili con la concreta possibilit di non conseguire risultati positivi e si appoggia
quindi al sapere e alla solidariet dei propri colleghi, ai trucchi del mestiere e allo spirito di corpo.
Linterazione fra novizio e compagni e fra novizio e agente di socializzazione non accade in un vuoto
sociale, ma in un ambiente istituzionalmente strutturato, in grado di influenzare queste relazioni.
Ovviamente non tutte le persone, anche se vivono nello stesso ambiente, raggiungono un uguale grado
di socializzazione. Tuttavia impossibile non subire un processo di socializzazione mediante scontri, ripen-
samenti e mediazioni con le norme sociali presenti nel gruppo, anche per individui che scelgono di anda-
re contro le leggi stabilite.
7. Sicurezza
Il livello di sicurezza esistente nellorganizzazione il modo con cui la stessa interagisce con lambiente.
Se il sistema chiuso, sulla difensiva, latteggiamento sar negativo, mentre sar positivo in collettivit
aperte e capaci di accettare e non sentirsi minacciate da interventi esterni.
Per completare il quadro, vanno poi considerate alcune variabili trasversali che contribuiscono alla defi-
nizione di pi di una delle dimensioni precedentemente citate:
48
- Partecipazione
- Motivazione
- Controllo
- Comunicazione
- Decisioni
a) La partecipazione
Nelluso comune il termine si riferisce principalmente a forme di carattere istituzionale, ma ne esiste anche
una dimensione psicologica, in cui assumono rilievo i problemi di adattamento al lavoro, i rapporti gerar-
chici interpersonali e gli aspetti della leadership in funzione della soddisfazione nel lavoro.
Molti esperimenti e ricerche hanno indicato che la soddisfazione dipende dallappagamento delle esigen-
ze psicologiche del lavoratore almeno tanto quanto da quello delle sue esigenze materiali.
In caso contrario, la principale reazione uno stato di frustrazione che si esplica in atteggiamenti negativi
come aggressione, regressione, apatia, riduzione della produzione, etc.
b) La motivazione
Il concetto di motivazione include tutti gli stati e processi dellindividuo che spiegano lorientamento del
pensiero e dellazione verso fini e scopi.
Le categorie motivazionali principali nella nostra cultura appaiono essere:
Drives organici: (con basi fisiologiche definibili e mete omeostatiche):
- Fame
- Sete
- Fuga dal dolore
- Riposo/stanchezza
- Tensioni emotive
- Liberazione di energia
Motivazioni definite socialmente:
- desiderio di sicurezza, fuga da pericoli e minacce, paure e ansiet
49
- Desiderio di approvazione, riconoscimento e ammirazione sociale
- Desiderio di potere, supremazia, motivazione a farsi valere
- Desiderio di libert personale, indipendenza e autoespressione
- Desiderio di affetto, di amicizia e amore, di relazioni personali
- Desiderio di aiutare e proteggere gli altri
- Desiderio di efficienza, completezza e rendimento ottimale
- Desiderio di distruggere quanto interferisce con altri desideri
- Desiderio di auto-stima, conservazione del sentimento del proprio valore.
c) Il controllo
Per controllo intendiamo qualsiasi processo mediante il quale una persona o un gruppo di persone deter-
mina ci che unaltra persona o un altro gruppo di persone dovr fare. Fondamentalmente si tratta di ope-
rare un mutamento prestabilito nel comportamento altrui.
Lorganizzazione deve fare sforzi deliberati per premiare coloro che si conformano alle norme e agli ordini
e punire coloro che non lo fanno.
I mezzi di controllo usati da unorganizzazione possono essere classificati in tre categorie:
1. Fisici (potere coercitivo)
2. materiali (remunerazione)
3. Simbolici (potere normativo)
Mezzi diversi hanno conseguenze diverse e generano negli individui maggiore o minore fiducia e lealt.
Inoltre il tipo di controllo correlato al livello gerarchico: a livelli pi elevati corrispondono mezzi che cau-
sano meno alienazione.
Il concetto di controllo strettamente legato a quelli di selezione, socializzazione e partecipazione.
d) La comunicazione
Il sistema delle comunicazioni organizzative permette a unorganizzazione di sopravvivere e modificare la
sua struttura e il suo operato.
Le comunicazioni si possono dividere in verticali e orizzontali, intraorganizzative e con lambiente esterno,
formali e informali.
Verticali sono le comunicazioni che si svolgono tra soggetti posti a diversi livelli della scala gerarchica e
possono operare sia dallalto verso il basso, sia dal basso verso lalto. Orizzontali sono quelle che si svol-
50
gono tra soggetti posti allo stesso livello gerarchico o di prestigio.
Si dicono comunicazioni formali quelle previste e volute dallorganizzazione, informali quelle che si verifi-
cano pur non essendo previste e volute.
In pratica, tanto pi frequenti sono le informazioni che circolano allinterno di unorganizzazione e maggio-
ri le informazioni che si riescono a percepire dallambiente esterno, tanto pi probabile che il livello di
efficienza salga.
Da un lato, le informazioni interne sono indispensabili per il coordinamento fra le varie attivit individuali;
dallaltro quelle sul mondo esterno sono di estrema importanza per prendere decisioni razionali.
Le barriere che possono impedire una efficace comunicazione consistono in:
1. Difficolt di linguaggio
2. Esigenze di auto-difesa
3. Schemi di riferimento diversi
4. Distanza geografica
5. Barriere di status
6. Distanza organizzativa
e) Le decisioni
Secondo Simon tutta la gamma di comportamenti allinterno di ogni organizzazione pu essere riassunta
col termine decisioni.
Ogni decisione organizzativa non viene presa in un vuoto, ma deve tenere conto di una miriade di altre
decisioni prese a livelli pi elevati, allo stesso livello e a livelli pi bassi.
Diversi tipi di decisioni tendono a corrispondere ai diversi livelli organizzativi.
Ai livelli pi alti le decisioni sono in genere basate su premesse di valore, mentre ai livelli pi bassi su pre-
messe di fatto. Ci che basato su elementi di valore a un livello superiore, diviene elemento di fatto per
il livello successivo.
Inoltre i livelli superiori decidono il fine dellorganizzazione, e ai livelli immediatamente pi bassi questo fine
si trasforma in un mezzo mediante il quale si tenta di raggiungere il fine prestabilito.
Infine, possibile distinguere tra: ripetute nel tempo e prevedibili, e insolite e imprevedibili. Le prime ten-
deranno ad addensarsi ai livelli pi elevati, le seconde a quelli pi bassi.
51
Conclusioni
Il clima organizzativo si inserisce nellambito della tematica della qualit della vita nelle organizzazioni, inte-
sa come produzione di ricchezza (e non di valore), benessere soggettivo e relazionale, diffusione di una
logica partecipativa e implementazione di sentimenti di speranza e fiducia.
Questo soprattutto in un periodo in cui nuove tecnologie e mercati globali stanno trasformando le attivit
lavorative, e le nuove dimensioni del cambiamento richiedono un forte impegno comune verso scopi con-
divisi.
Secondo F. Avallone
11
, i problemi di produzione sono divenuti di secondaria importanza; il potere appare
sempre pi connesso alla propriet dei mezzi di ideazione; la possibilit di ricorrere alle medesime tecno-
logie privilegia linvenzione o il progetto; le spinte esterne (internazionalizzazione dei mercati, differenzia-
zione e sofisticazione dei clienti e degli utenti, etc.) inducono allintraprendenza innovativa. Ma la creativit
di cui necessitano oggi le organizzazioni mal si lega ad ambienti in cui per decenni hanno trionfato forma-
lismo e osservanza della norma e, soprattutto, non riguarda singoli operatori ma si riferisce alla dimensio-
ne, al fare collettivo di unimpresa.
Da qui laccresciuta rilevanza di dimensioni informali e ruoli gestionali, da quando le organizzazioni hanno
constatato limpossibilit di normare ogni episodio della vita lavorativa e hanno riconosciuto lopportunit
di vitalizzare la routine operativa con un lavoro di ricomposizione, integrazione e finalizzazione verso gli
obiettivi.
52
11
F. AVALLONE, Evoluzione e prospettive della formazione nei contesti organizzativi, ISFOL. Franco Angeli, 1994.
Comunicare il mondo al femminile
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia, quand ella altrui saluta,
ch ogne lingua deven tremando muta,
e gli occhi no l ardiscon di guardare.
Ella si va, sentendosi laudare,
benignamente e dumilt vestuta;
e par che sia una cosa venuta
dal cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi s piacente a chi la mira,
che d per li occhi una dolcezza al core,
che ntender nolla pu chi nolla prova.
E par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien damore,
che va dicendo a l anima: Sospira.
(Dante Alighieri)
Ha senso parlare di comunicazione al femminile? La gentilezza di cui parla Dante ormai solo un ricordo,
o fa parte di un bagaglio di strumenti comunicativi tipici delle donne?
Come si caratterizza la comunicazione delle donne nei vari ambiti della vita, nel lavoro, in societ, nel com-
plesso mondo dei media? Quali sono gli strumenti che possiedono ununicit tutta femminile?
Quanto influiscono le differenze di genere nei modi di relazionarsi e quanti stereotipi condizionano ancora
limmagine delle donne?
Soprattutto, ha senso farsi tutte queste domande nel 2004?
Noi pensiamo di s, e non solo noi.
Comunicazione di genere: un argomento ancora attuale
Un articolo inedito del 1945 di Alberto Savinio apparso recentemente sulla prima pagina di un inserto di
cultura di un quotidiano nazionale
1
grida, con il titolo a caratteri cubitali (che sconsigliamo di usare nelle
vostre e-mail, donne o uomini che siate ) E ORA LARGO ALLE DONNE.
Savinio analizza la societ del suo tempo e guarda alla Roma del dopoguerra.
Osserva gli uomini e si chiede possiamo dire che il maschio in progresso?.
Risponde dopo poche righe: Il maschio non in progresso ma la donna s.
55
1
Alberto Savinio, E ora largo alle donne, Il Sole 24 Ore, Domenica, n. 52, 2004.
Riflette su come le donne scoprivano a quel tempo il senso pratico e il senso morale del lavoro, e per que-
sto viaggiavano verso una nuova crescita, un progresso appunto. Ci che conferisce alla donna la legge-
rezza, la qualit pi suprema e pi difficile da acquistare secondo Savinio la libert dal peso del
passato, la donna ha la testa sgombra. Lautore mette in evidenza una prospettiva (allora) futura nella
quale le donne sarebbero state destinate a occupare con successo i posti di potere e di controllo, proprio
grazie a questa mancanza di incrostazioni, di strutture e sovrastrutture nel modo di rapportarsi al mondo
delle donne rispetto agli uomini, i quali, invece, abituati a occupare da secoli postazioni di potere, sono in
qualche modo pi condizionati e costretti allinterno di schemi precostituiti. Questa maggiore libert, inte-
sa come mancanza di condizionamenti, sarebbe stata un ottimo presupposto per ricominciare in qualche
modo seguendo una nuova prospettiva. Si tratta di una interpretazione che pu essere condivisibile o
meno, ma che certo pone una questione, quella della partecipazione delle donne alla vita sociale e politi-
ca, che ancora attuale, e che non esclude una certa tipicit delle donne nellambito delle relazioni, e quin-
di delle forme di comunicazione di cui si tiene conto anche a livello politico. Vedremo pi avanti alcuni tra
i documenti pi significativi che la comunit europea ha redatto a proposito.
Le donne, almeno nel mondo occidentale, si sono ormai da tempo avvicinate molto al mondo maschile,
cominciando a lavorare negli stessi ambiti degli uomini e assumendo modalit comunicative esteriori,
come labbigliamento, che una volta erano tipiche solo degli uomini. Se si riflette bene, luso dei pantalo-
ni da parte delle donne non poi cos lontano e si associa a una fase in cui le donne si affacciavano, anche
prepotentemente nel mondo del lavoro degli uomini.
Parlare di comunicazione di genere non vuol dire mettere in evidenza le differenze tra i sessi e scadere in
un discorso che potrebbe sembrare anacronistico in un mondo in cui si parla sempre pi di parit.
La parit dei sessi una questione politica importantissima, mentre lo studio sulla comunicazione di
genere un argomento che mette in evidenza come le differenze o meglio caratteristiche di gene-
re rappresentino un interessante universo di cui necessario tener conto.
Questo breve scritto vuole essere solo un punto di partenza per riflettere su alcuni tratti distintivi della
comunicazione delle donne, anche a partire da una riflessione su modelli e stereotipi culturali abbastanza
diffusi e su alcune azioni che a livello sociale vengono svolte, almeno a livello teorico, affinch questi ste-
reotipi vengano superati.
Una analisi dettagliata sulla comunicazione delle donne dovrebbe prevedere anche una analisi delle diffe-
renze culturali esistenti, molto importante, di cui non ci occuperemo in questa sede, riservandoci di affron-
tare il discorso pi avanti.
56
Donne con le gonne
Labbigliamento unarte volubile.
La sua forza sta proprio nel cambiamento [...].
I cosmetici, poi, definiscono un tipo di donna
(e qualche volta anche di uomo) e, in alcuni casi,
si pu dire che ne segnino il destino.
Domenico Rea, Lultimo fantasma della moda
Solo pochi anni fa il cantautore/filosofo italiano Roberto Vecchioni gridava in una sua canzone, che molti di
noi ricorderanno, voglio una donna con la gonna ma non quella che fa carriera, quella col pisello e la
bandiera nera non la signorina Rambo veloce come il lampo, tenera come un muro non quella
che fa il Leasing, la Capitana Nemo, quella che va al Briefing perch lei del ramo, e viene via
dal Meeting stronza (sic) come un uomo, sola come un uomo.
Da queste brevi e anche divertenti strofe si evince unimmagine di una donna molto diversa dal famoso
angelo del focolare a cui gli uomini erano abituati. Forse Vecchioni aveva in mente le donne della sua
famiglia, ormai lontane due generazioni, rigorosamente con la gonna, non in carriera, quelle che si trova-
no ancora in molte case italiane, specialmente al sud. E si trova invece a doversi confrontare, come ormai
tutti gli uomini, con un modello estremamente diverso, opposto a quello di Dante, di quella donna, appun-
to che si mostra s piacente a chi la mira, che d per li occhi una dolcezza al core... , una donna che espri-
me, invece, in modo verbale e non verbale, attraverso comportamenti, atteggiamenti, abbigliamenti carat-
teristiche nuove, per certi versi maschili, o tratte dalluniverso maschile, a cui, ovviamente gli uomini non
sono abituati.
Quali sono le modalit, verbali e non verbali, di comportamento che le donne usano per mostrarsi donne
in carriera piuttosto che esseri in grado di far sospirare, o entrambe, a fasi alterne, a seconda della situa-
zione?
Partiamo dalle modalit non verbali. Innanzitutto una donna ha un corpo che naturalmente differente da
quello delluomo e questo corpo, fin dallantichit dispone di caratteristiche di morbidezza, sensualit, dol-
cezza, leggerezza, seduzione, che sono tipiche delle donne, e che possono essere messe in evidenza
oppure nascoste, enfatizzate da un abbigliamento molto femminile oppure occultate da un abbigliamento
di tipo maschile. La scelta dipende proprio da quello che si vuole comunicare, consciamente o inconscia-
mente. Dipende da quanto si vuole mettere in campo larma della seduzione, non intesa semplicemente
dal punto di vista sessuale, ma nel senso pi ampio di attrazione. Una donna che vuole sedurre, vuole
attrarre a s una persona, o semplicemente dare unimmagine di s che esalti la parte femminile, sa, o
dovrebbe sapere, che dispone di un bagaglio di strumenti capaci di esprimere quanto desidera.
57
58
E il punto proprio questo: cosa voglio comunicare?.
A questa risposta si pu rispondere in modo neutro, o si pu pensare a una comunicazione al femminile,
che usa, appunto, gli strumenti femminili per esprimere un messaggio, un modo di essere, una maschera.
Tutto questo universo coinvolge una gestualit e, quindi, una comunicazione non verbale, fatta di gesti, di
occhiate, di movenze, che sono solo femminili.
Comunicare il genere per evolversi nelle relazioni
Gli uomini marcati da un segno fatale erano i soli
a poter incontrare le sirene, in quanto essi appartenevano
pi al Fato marcatore che alla propria vita.
Cera qualcosa di nascosto a cui ci si avvicinava
solo con pericolo di morte e la morte nasceva
da un amore speciale per questo qualcosa di nascosto,
a cui si aspirava solo se si era segnati:
un navigante, un poeta, un suicida
Maria Corti, Il canto delle sirene
Il primo passo, quindi per entrare nelluniverso della comunicazione di genere, riconoscere le caratteri-
stiche di genere che ci contraddistinguono.
Ognuno di noi, uomo o donna che sia, possiede una parte femminile e una maschile, tanto vero che
facile intercettare nel nostro mondo donne molto maschili o uomini molto femminili. La questione da ana-
lizzare sia dal punto di vista sociologico che psicologico richiederebbe un trattato.
Riflettere su questa considerazione di base, per, ci aiuta a comprendere come il riconoscimento della pro-
pria identit di genere sia un punto di partenza per poter esprimere consapevolmente in atteggiamenti,
modi e parole la propria personalit.
Riconoscersi in un genere un modo per saldare meglio la propria identit ed uno strumento che per-
mette di confrontarsi dallaltro da s.
Le occasioni di confronto sono sempre occasioni di crescita.
Comunicare la propria identit assolutamente importante per potersi relazionare agli altri. Solo sapendo
esattamente chi si (anche se la parola esattamente un po utopica) si pu provare a percepire dove
sta laltro, la sua identit, e porre in questo modo le basi per un confronto chiaro.
Cos come accade nel mondo animale, il sesso una caratteristica ben definita dal punto di vista biologi-
co, mentre lappartenenza di genere comprende tutta una serie di ruoli sociali e familiari che vengono
costruiti socialmente. E il ruolo che ciascuno di noi esprime dato dalla complessit dei mondi della comu-
nicazione. La comunicazione di genere quindi, rappresenta un elemento che influenza i rapporti di ogni
tipo, si potrebbe dire, una risorsa comunicativa strategica.
Per creare dei canali di comunicazione necessario sempre capire a cosa laltro risulta sensibile, cosa lal-
tro rifiuta.
Torniamo a Vecchioni, o a un uomo spaventato/infastidito dalla donna Rambo.
Una donna attenta sapr che per aprire una comunicazione efficace con un uomo di questo tipo dovr met-
tere in campo la dolcezza, la gentilezza rappresentandole con tutti gli strumenti a disposizione.
Come sempre, saper comunicare bene, include anche il rischio di strumentalizzare la relazione, portando
laltro verso quello che vogliamo che faccia per noi.
In questo senso le donne, nei miti greci e romani e poi nella tradizione cattolica, sono state associate al
male, alle sirene o alle streghe, che con prodigi e sortilegi ingannavano luomo. Alla stregua di questa esa-
gerazione si pu pensare che unabile comunicatrice sia capace di irretire verbo sempre riferito guar-
da caso alle donne e a convincere luomo con le armi della seduzione a fare ci che vuole.
Ma questo, se ci pensiamo bene, non una prerogativa solo delle donne, ma anche di molti uomini. La
peculiarit sta nel tipo di strumenti usati.
Una donna che vuole esprimere delicatezza, dolcezza, user un abbigliamento che esprime queste qualit.
La scarpa col tacco unottima alleata, esprime leggerezza, cautela. Con il tacco non si pu correre, lan-
datura pi elegante e soprattutto pi lieve. Una donna con la scarpa da uomo esprimer certamente qua-
lit diverse, pi maschili.
Cos come gli abiti. Una donna con un tailleur dal taglio completamente maschile, magari non ingentilito
da accessori prettamente femminili sar molto diversa da una donna con una gonna e un golfino morbi-
do, che mette in evidenza la morbidezza della figura.
Immaginate la bella Paolina Bonaparte di Canova e poi pensate di vestirla. La figura scolpita nel marmo
mette in evidenza leleganza e la dolcezza delle forme.
Chi le metterebbe dei pantaloni e una giacca maschile? E in effetti la statua, anche se solo in parte,
coperta da un drappo morbido che mette in risalto la figura e la sua leggerezza, che certo non evocano
caratteristiche maschili.
Tornando alla scarpa, non hanno inventato scarpe coi tacchi a spillo n ballerine per gli uomini. Razzismo
della moda? No. Messaggi come quelli che si possono esprimere con questo tipo di accessori, molto sem-
plicemente, non sono propri delluniverso maschile.
Comunicare la propria peculiarit attraverso una comunicazione di genere, quindi, rappresenta un ele-
mento che non pu dirsi secondario, proprio perch mette in relazione mondi e modalit che contribui-
scono alla crescita personale.
Dal punto di vista psicologico lessere diverso, e il modo in cui questa differenza viene concretamente rap-
presentata, attraverso comunicazioni e metacomunicazioni, mette in gioco molti aspetti legati alla iden-
tificazione con i genitori. Le bambine, di solito, scimmiottano la madre, e per farlo usano proprio i mezzi
pi visibili, i trucchi e le scarpe con i tacchi per esempio. E se pensiamo anche alla gestualit delle bam-
59
bine, che vogliono fare le grandi gli atteggiamenti che ne risultano sono sempre basati su una accen-
tuazione dei modi e delle movenze femminili. Sar abbastanza difficile vedere un bambino maschio cam-
minare ondeggiando o muoversi con grazia atteggiandosi a donna adulta. Come spesso accade nelle-
sagerazione, infatti, che vengono fuori le caratteristiche distintive di un essere. E lo scimmiottamento che
i bambini fanno dei loro genitori unesagerazione per certi versi pi pura, non mediata dagli stereotipi
culturali. Questi, ad esempio, sono ben evidenziati nel travestimento carnevalesco, dove la donna pi rap-
presentata nel mascheramento non certo la mamma di famiglia, casta e con la gonna lunga, ma la pro-
stituta, dove le caratteristiche di genere come il seno, il sedere, le gambe, le labbra grandi, possono ben
essere messe in evidenza attraverso un abbigliamento per cos dire essenziale, certamente dalluso di
scarpe con i tacchi, e da accessori che gli uomini non indosserebbero mai.
Il travestimento che gli uomini fanno indossando maschere tutte femminili e viceversa ci limitiamo a par-
lare del travestimento carnevalesco, che altrimenti il discorso diventerebbe infinito un indicatore di
come vi sia un interesse per un sesso nei confronti dellaltro, e che questo dato anche dal desiderio di
esprimere la parte femminile o maschile che ciascuno possiede ma che non esprime nella vita normale.
Scambiarsi i ruoli vuol dire un po provare a comprendere molto di pi non solo un universo differente, ma
soprattutto un universo che ci appartiene profondamente, e per questo il confronto tra sessi attraverso la
rappresentazione del genere assolutamente indispensabile per una comunicazione costruttiva e orienta-
ta al progresso della persona.
Le donne e la pubblicit: un vecchio tracciato maschilista
La figura della donna in pubblicit, il modo in cui viene rappresentata nella comunicazione commerciale,
risente ancora molto di un retaggio che si potrebbe definire ai limiti del maschilismo. In moltissimi mes-
saggi pubblicitari, infatti, la comunicazione della donna sembra orientata a catturare lattenzione degli uomi-
ni, attraverso un attraente aspetto fisico, attraverso delle modalit comunicative che fanno leva sulla sedu-
zione tipicamente femminile, e attraverso messaggi che hanno chiari richiami alla sfera sessuale. Le donne
in pubblicit, a seconda del prodotto che si vuole vendere, vengono rappresentate attraverso gli stereoti-
pi della magrezza, del seno prosperoso, quasi a voler proporre un accoppiamento a oggetti particolar-
mente cari agli acquirenti.
Il consumo, che un atto socialmente visibile, rappresenta una vera e propria forma di comunicazione,
attraverso cui vengono anche dichiarate le caratteristiche di genere.
Anche in questo caso, trattandosi di genere, sempre sulla scia dei retaggi culturali, anche le considera-
zioni sul modo di consumare, e quindi di comunicare delle donne, sono oggetto di facile trasformazione
in stereotipi, non sempre veritieri.
Labbigliamento, come abbiamo gi accennato, un tratto distintivo che comunica chiaramente lappar-
tenenza a un genere piuttosto che a un altro, e comunica anche il ruolo che la persona occupa in societ.
60
Questo strumento viene a volte abusato in pubblicit. In questo ambito la comunicazione non lascia dubbi
e la pubblicit lo sa.
La moda si presta volutamente a seconda dei periodi storici a interpretare i ruoli, ora degli uomini, ora delle
donne offrendo gli strumenti per assegnare una precisa connotazione di carattere e un messaggio molto
chiaro. Sono gi alcuni decenni che la moda maschile e quella femminile possono essere scambiate senza
traumi. Le donne portano abitualmente i pantaloni degli uomini, ma il significato di questo fatto si discosta
ormai da quello originario, quando le prime femministe indossavano i pantaloni per dichiarare la loro ugua-
glianza agli uomini. Ora questa necessit cos forte non esiste pi, almeno in occidente, e spesso sono gli
uomini ad appropriarsi di particolari che sembravano caratteristici dellabbigliamento femminile.
Gli abiti femminili, o gli accessori che sono tipicamente femminili, sembrano interpretare qualit come la
morbidezza, la grazia, leleganza, la gentilezza, che possono oggi essere indossati anche dagli uomini.
Contro il duro uomo di un tempo, pater familias o magari soldato, dallabbigliamento essenziale e spigolo-
so, gli uomini (maschi) di oggi possono permettersi qualche fronzolo e abiti pi morbidi (pensiamo alla
recente moda del pareo), senza sconvolgere. In questo gli uomini non fanno altro che esprimere meglio la
loro parte femminile.
Questo aspetto comunicativo espresso dallabbigliamento pu essere anche connesso con la tendenza
degli uomini, che si va ormai attenuando col tempo (anche se, come vedremo in seguito ancora pre-
sente) a nascondere la parte emotiva, quasi fosse un simbolo di debolezza. Questa necessit, molto com-
prensibile in passato, si sta superando, e modalit di abbigliamento tratte dallarmadio femminile sono
molto pi naturalmente accettate di un tempo. Quando il consumo rappresentato dallabbigliamento,
quindi, la questione sembra quasi non lasciare equivoci, se non quelli voluti.
Quando il consumo orientato su altri aspetti, o considerato nella sua essenza, ecco che prendono vita gli
stereotipi che evidenziano, spesso erroneamente, gli aspetti di genere.
Il pi comune quello associato allattitudine spendacciona delle donne. Questo in realt pu essere
fatto risalire storicamente al tempo in cui le donne non lavoravano e quindi spendevano i soldi dei mariti,
che per esempio in Italia gi secondo il codice civile del 1865 avevano lobbligo del mantenimento delle
mogli, non solo per quanto riguardava i beni di prima necessit, ma anche per gli acquisti secondari che la
famiglia poteva permettersi
2
. Questa nota storica solo per sottolineare come il ruolo sociale della donna
abbia influito su un certo modo di rappresentarla anche nella pubblicit, dove, proprio perch luso che si
fa della comunicazione strumentale, quando non manipolante, le caratteristiche di genere, anche quelle
legate agli stereotipi, sono bene evidenziate.
61
2
Tale diritto confermato dal Codice civile del 1942 fu abolito nel 1970 quando la Corte costituzionale lo dichiar illegittimo e nel 1975 la riforma
del diritto di famiglia stabil luguaglianza tra i coniugi.
Un linguaggio femminile o al femminile?
Si pu parlare di un linguaggio al femminile?
Forse, soprattutto nelle societ moderne non si pu parlare di una differenza nelluso del linguaggio, che
appare come lo strumento comunicativo pi neutro, nel senso che uomini e donne attingono, mediamen-
te lo stesso dizionario di base, anche se le donne fanno riferimento a un immaginario che ha origine da un
universo di madri e di donne che tipicamente femminile. Lo si vede specialmente nelluso di certe paro-
le che fanno riferimento alle patologie psicologiche. Le donne si definiscono isteriche, mentre pi diffi-
cile che un uomo dia la stessa definizione per dire che nervoso.
Cos come un uomo nervoso non uno che ha le mestruazioni, anche se ironicamente si pu anche
dire, ma meno frequente. E si potrebbero fare molti esempi.
La questione si fa complicata quando si considera il linguaggio in riferimento al sesso femminile. Molte
parole infatti, come quelle che indicano i mestieri, vengono spesso espresse al maschile, e rimandano a
unimmagine che, quasi naturalmente associata alluomo e non alla donna.
Leggete le parole che seguono e poi immaginate quello che rappresentano: avvocato, medico, assessore,
dentista. Siate voi uomini o donne dubito che qualcuno abbia immaginato un medico con la gonna e i capel-
li lunghi.
Si tratta di stereotipi che sono radicati nella nostra cultura e di difficile sradicamento, anche perch ogni
tentativo di trasformare il termine al femminile, comunque rappresenta un rafforzamento della differenza
di genere piuttosto che un avvicinamento alla versione neutra del soggetto.
Se si vuole generalizzare non si user avvocatessa, dottoressa, ingegnera, parole che inevitabil-
mente non rappresentano le due categorie, quelle degli uomini e delle donne, ma danno una connotazio-
ne di genere assai precisa.
Il suffisso essa tende quasi a diventare una forma degenere secondo alcune donne, che preferiscono
farsi chiamare con il sostantivo nella forma maschile, quasi che questo ne attribuisca un maggior valore e
una maggior forza, semantica e di significato. E qui il discorso diventa davvero controverso e arriva a deli-
neare questioni di femminismo/maschilismo annose e irrisolte.
La Chiesa cattolica, che potremmo dire, a ragione, essere una delle pi grandi strutture maschiliste anco-
ra esistenti nella civilt occidentale, sottolineava molto bene la differenza tra i Gesuiti, e la loro costola
silente, fatta di pochissime anime, destinate a cucinare e a occuparsi dei loro dotti superiori, le povere
Gesuitesse, da non confondere con i Gesuiti, i detentori della cultura, i soli a cui spettava il compito di dedi-
carsi allo studio.
In questa differenza semantica chiaro e lampante come il suffisso essa costituisse una forma di
declassamento e forse di emarginazione gerarchica della donna.
Le parole che esprimono generalizzazioni di concetti dovrebbero, in teoria, avere un carattere neutro, per
il fatto che includono soggetti di genere femminile e maschile al tempo stesso. Pensiamo alla parola
uomini, che ha il duplice significato di maschi e di genere umano. La frase gli uomini sono esse-
62
ri intelligenti per esempio, non esclude che anche le donne lo siano, mentre pi difficile che si dica le
persone sono esseri intelligenti, ed escluso che si possa dire le donne sono esseri intelligenti.
Il linguaggio rappresenta uno dei prototipi mentali o culturali che rimandano la nostra mente a esempi tipo
che sono ormai radicati nelluso comune e che difficilmente possono essere modificati. Anzi ogni volta che
si cerca di connotare al femminile una parola che normalmente usata al maschile si rischia di rimarcare
la differenza esistente proprio perch si introduce un termine che, non essendo di uso comune, viene
notato per il fatto di fare riferimento a qualcosa che esce dalla normalit.
Le emozioni: una comunicazione pi al femminile
Tra gli stereotipi radicati nella cultura maschilista vi quello che associa le donne a esseri troppo emotivi e
quindi incapaci di gestire bene le situazioni difficili, siano esse di famiglia o di lavoro. Si tratta proprio di uno
stereotipo soprattutto perch le emozioni sono viste in senso negativo, in un era in cui finalmente si sta
cominciando a riconoscere il valore che esse hanno anche allinterno dei luoghi di lavoro, dove lapporto di
intelligenza emotiva fornito dalle donne di vitale importanza. Ma questo stereotipo ancora in piedi.
Il pubblico collegio di Stato di supporto alla Corte Suprema degli Stati Uniti ancora nel 1996 ammetteva
solo uomini. Le ragioni di questa scelta, quando la Corte discusse della possibilit di ammettere le donne
nel collegio erano relative alla maggiore emotivit delle donne, intesa come una caratteristica negativa. Nei
rapporti alla Corte si leggevano argomenti del tipo: Le donne, paragonate agli uomini, sono molto pi
emozionali, meno aggressive, soffrono molto pi della paura del fallimento e non sono capaci di gestire le
situazioni di stress, oppure le donne non sono capaci della ferocit richiesta dal programma di lavoro.
Grazie allincremento degli studi sulle emozioni, e grazie al fatto che viene riconosciuto sempre maggior
valore allintelligenza emozionale, molto pi facile non cadere in semplificazioni. Spesso le emozioni ven-
gono confuse con i sentimenti e lessere emozionali non viene interpretato come una caratteristica del-
lintelligenza dellindividuo, ma come una attitudine a esprimere uno stato interno, un sentimento.
Mentre le questioni poste inizialmente in relazione agli studi di genere delle emozioni erano legate a
domande come: qual il sesso pi emozionale? che in qualche modo sono in linea con gli stereotipi esi-
stenti, pi recenti studi ha posto la questione in relazione al ruolo che le emozioni operano nella vita delle
persone e rispetto alle questioni di genere lasse del discorso si piuttosto spostato su quali sono le con-
dizioni complesse allinterno delle quali si generano gli stereotipi che determinano un determinato codice
di genere nel comportamento.
Il quoziente emotivo a favore delle donne, anche se le differenze non sono drammatiche.
Una societ di studiosi americani
3
hanno testato oltre 20.000 persone con un test che valuta il quoziente
63
3
Si tratta della societ californiana TalentSmart che ha studiato varie possibilit di applicazione dei test di Intelligenza Emotiva a partire dal
modello di Goleman.
emotivo EQ che si ispira ai modelli di Daniel Goleman.
Da questo test risultato sul campione mondiale che le donne hanno ottenuto un punteggio superiore
rispetto agli uomini.
4
Rispetto allatteggiamento verso le emozioni, invece, gli uomini e le donne sono molto pi simili nella loro
considerazione delle emozioni di quanto si pensi. Tra le poche differenze esistenti riscontrabile una certa
attitudine degli uomini a non introdurre discorsi sulle emozioni nelle relazioni sociali.
Quando il contesto richiede che si affrontino tematiche che coinvolgono le emozioni, come parlare della
famiglia o degli amici, allora le differenze tra uomini e donne si attenuano.
Certamente le donne hanno una maggiore attitudine rispetto agli uomini a rappresentare verbalmente le
emozioni e a introdurle nei loro discorsi come una modalit relazionale attraverso la quale le emozioni
diventano una parte della relazione.
Forse bisogna solo provare a trasformare in positivo il vecchio stereotipo secondo il quale la donna pi
emotiva e quindi meno adatta a certi contesti, soprattutto politici o di potere.
Anzi si pu capovolgere il concetto a partire dalla considerazione che le donne, probabilmente, sono addi-
rittura pi adatte degli uomini ad affrontare certi contesti problematici, poich pi dotate di loro di intelli-
genza emotiva.
Differenze di genere nellespressione delle emozioni sono specificamente culturali. Per esempio le donne
occidentali confrontate con quelle di culture non occidentali, sembra esprimano di pi le emozioni rispet-
to agli uomini. Le donne americane e delloccidente europeo mostrano molte pi reazioni di tipo non ver-
bale alle emozioni di quanto non facciano gli uomini. Mentre gli uomini americani di origine asiatica espri-
mono molto pi la vergogna di quanto non facciano le donne. Certamente gli aspetti culturali enfatizzano
i modi di esprimere le emozioni da parte degli uomini e delle donne. Ogni cultura infatti ha dei suoi speci-
fici standard per valutare lespressione delle emozioni delle donne e degli uomini. Esistono inoltre molte
aree della vita dove il giudizio sociale legato alla sincerit e veridicit delle emozioni pu avere un impatto
incredibile e sarebbe molto interessante approfondire le dinamiche attraverso cui questi giudizi si forma-
no e conducono a stati psicologici differenti tra uomini e donne.
64
4
Mentre la differenza dellEQ non sensibile per le diverse parti del mondo, n per funzioni lavorative (solo gli ingegneri e i disoccupati hanno
un punteggio significativamente pi basso delle altre categorie), mentre grandissime differenze per titolo di lavoro. In particolare il quoziente emo-
tivo (EQ) sale se si passa dai collaboratori individuali, ai supervisori, ai capo area, al management intermedio e si distacca completamente quan-
do si arriva ai Direttori generali, ai Senior e ai Capi dazienda.
Mainstraming, una parola europea per le donne
Parlare di comunicazione di genere nel 2004 anacronistico? Non lo crediamo, anche se molti documen-
ti della comunit europea fanno riferimento al rispetto dellidentit di genere, e al modo in cui essa viene
espressa. Il IV programma dazione, in rapporto con il programma dazione comunitaria a medio termine
(Dublino, 7 ottobre 1996) aveva posto laccento sul gender mainstraming. Per capire di cosa si tratta,
pu essere utile rifarsi alla sua definizione, in cui il concetto viene cos spiegato: Lintegrazione della pro-
spettiva di genere e dellobiettivo della parit delle opportunit nella definizione e nellattuazione di tutte
politiche rilevanti a livello comunitario, nazionale e regionale. Il V programma dazione, inoltre, aveva un
titolo piuttosto emblematico: Verso una strategia comunitaria per la parit tra donne e uomini (2004-2005),
per la partecipazione delle donne nei processi decisionali, per il superamento degli stereotipi di genere
attraverso le rappresentazioni sociali e medianiche. Ecco che si affaccia il problema del superamento degli
stereotipi legati ai problemi di genere.
In Italia il Ministero delle pari opportunit nasce solo nel 1996, mentre era gi esistente dal 1984 la
Commissione nazionale per le pari opportunit presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Nella
Comunicazione della commissione al consiglio, al Parlamento Europeo, al comitato economico e sociale e
al comitato delle regioni. Verso una strategia quadro comunitaria per la parit tra donne e uomini (2001-
2005), si legge: La presente comunicazione illustra la strategia che la Commissione intenderebbe attua-
re nei prossimi cinque anni a favore della parit tra i sessi. Il suo scopo definire un quadro dazione in cui
tutte le attivit comunitarie possano contribuire ad eliminare le disuguaglianze e a promuovere la parit tra
donne e uomini [] Limpegno dellUE nei confronti della parit sessuale risale al 1957, essendo sancito
dal trattato costitutivo. Lordinamento giuridico comunitario garantisce luguaglianza degli uomini e delle
donne davanti alla legge. Documenti di questo tipo testimoniano in modo evidente che ancora oggi
necessaria una particolare attenzione, anche a livello normativo, volta al rispetto dellidentit di genere.
La promozione della parit tra i sessi costituisce anche unimportante componente nelle relazioni esterne
dellUnione europea e nelle politiche di cooperazione allo sviluppo; in particolare, la promozione e tutela
dei diritti delle donne sono parte integrante delle politiche che lUE conduce nei paesi terzi a favore dei
diritti umani. Inoltre, la normativa in materia di parit di trattamento rientra nel corpus normativo che i paesi
candidati alladesione sono tenuti a rispettare.
Negli Stati membri sono stati compiuti notevoli passi avanti per quanto riguarda la situazione delle donne,
ma nella vita quotidiana la parit tra i sessi viene ancora pregiudicata dalla mancanza di una reale ugua-
glianza di diritti e dal persistere di discriminazioni sessuali, essendo le donne ancora scarsamente rappre-
sentate e spesso anche oggetto di violenza. Per poter conseguire la parit tra i sessi necessario, secon-
do il documento, un cambiamento strutturale, che sia in primo luogo operato a livello culturale. Tra gli
obiettivi delle azioni promosse per il raggiungimento della parit tra i sessi, (Promuovere La Parit nella Vita
economica, Promuovere la partecipazione e rappresentanza in condizioni di Parit, Promuovere la Parit di
accesso e il Pieno Godimento dei Diritti Sociali da Parte di Uomini e Donne, Promuovere La Parit Nella
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Vita Civile) uno dei pi significativi in questo senso, analizzato dal programma, si intitola: Promuovere le-
voluzione dei ruoli e il superamento degli stereotipi. Lorigine teorica del contratto sociale pu leggersi
anche come contratto sessuale, ossia come un tacito patto politico di convivenza tra uomini e donne
dove le donne originariamente non erano neppure previste, dato il loro inserimento tardivo nello scenario
politico.
Nel 1997 veniva pubblicato in Italia il volume della studiosa Carole Pateman (3)
5
in cui era descritto il patto
implicito stipulato tra uomini sul corpo delle donne, patto che le ha private della sovranit su loro stesse,
confinandole nella sfera della riproduzione biologica e sociale, definendo e limitando i contenuti della ses-
sualit femminile.
Ecco che si va delineando una differenza fra spazio pubblico e spazio privato, il primo associato alluniver-
so maschile e laltro tradizionalmente associato a quello femminile: divisione che non certo stata supe-
rata con la globalizzazione.
Per quanto riguarda il lavoro, specialmente quando si pensa a una fascia pi povera, esso continua a carat-
terizzarsi anche dal punto di vista del genere.
Alcuni studiosi si sono interrogati sulla neutralit del concetto, del resto assai recente, di globalizzazio-
ne. Nei processi di globalizzazione il genere non rappresenta un aspetto secondario. Si pensi ai lavori di
manodopera svolti nei paesi pi poveri, dove permane unagricoltura di base: questi sono ancora affidati
prevalentemente alle donne; e cos la manodopera migrante costituita per la maggior parte da donne,
e questo in vari settori, dal lavoro domestico allagricoltura, al lavoro a domicilio.
Ricorre di nuovo, quindi, la questione di uno spazio pubblico e di uno spazio privato: ed proprio nel pub-
blico che la donna si espone, ed esprime la propria personalit, che fatta di caratteristiche di genere
molto importanti.
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5
Carole Pateman, Il contratto sessuale. Roma, Editori Riuniti, 1997.
Le interviste di DIGILogica
Lantica arte del Mian Xiang della lettura del viso
Intervista al Dr. Henning Hai Lee Yang Ph D, Esperto in Astrologia cinese, lettura del viso e della ma-
no, Feng Shui e I Ching
How can we use the ancient art of face reading into our life: in normal life and in work life?
The Chinese Face Reading is an old form of statistical tool for reading a face. Every feature in the face
represents a certain meaning. By analysing each feature, you will come to a very amazing result telling
about the person you are facing to, whether he is a nice or a bad person.
In our society we use to communicate over all with non-direct tools as e-mails, sms, telephone. Some-
one could consider like anachronistic to speak about face reading, into a world where people dont look
to each other. What do you think about it?
I think this is not true, because everyone of us is very keen to see the opposite person you are talking
to. Though we only communicate with each other more or less over e-mails, telephone conversations
and letters, the best way to make a deal is always to see each other face to face.
I would not make a big business transaction without having the other party.
Everyone can use the Mian Xiang? Or is it dedicate to special people, like leaders, psychologists?
Everyone can use Mian Xiang, since I was a child I have learned to analyse the faces of people around
me. Especially those of my parents, because how they were in their mood at that specific moment
meant a lot to me. And if I know how they feel and how they really are, I can handle them much easier.
Many great Chinese leaders were Mian Xiang experts, they knew how to choose people to support and
work with them. By analysing the face, the psychologist will be able to tell a lot about a persons back-
ground, his past, the present and the future. It is just fascinating indeed.
Which link exist between this ancient Chinese art and psychology?
Of course there has always be a link between Mian Xiang and the western theory of psychology. Every
single behaviour can be read in your face. In the west you are always saying that the Eyes of a person
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is the window of the soul. I think it is quite true, because by analysing the eyes in the Chinese way, you
will come to many conclusions that are just the same as your theories in the west.
Nowadays more and more western psychologists are using palmistry and face reading to make certain
diagnosis.
I have just written my doctoral degree in psychology, a theme called Psychological disorders. I have
based a lot research on even peoples western astrological signs and Chinese animal signs. By putting
them together, when a person is born, let us say born in the year of the Ox, 1961 and the month of
Cancer. This person is beautiful (Lady Diana) but she will develop a lot of psychological disorders in cer-
tain periods of her life.
Mr. Gunther Sachs had done a similar research, but based just on western astrological signs.
If you should choose only one part of the body of the men and one for the women, to reproduce them
digitally to communicate through the computer, which parts will you choose?
I think we will have to choose several parts of the face in different situations.
Eyes to see the beauty, intelligence and honesty in a person.
Nose to see the economic understanding of a person, whether he/she can make money, not the least
the sexual drive of a man. The mans nose tells a lot about the shape and size of his penis and testicles.
Mouth to see how a person enjoys his/her life, if he/she speaks the truth, and of course it tells the
shape and the size of the womans sexual part.
Do you think that this Chinese art will be easily used into the West? In which fields?
I cant see any problem linking this kind of face analysis together with the understanding of traditional
western psychology. I think they will influence each other in a very beneficiary way. Marco Polo was in
China many hundred years ago, and in one way or another, this kind of link and influence had been
there all the time, even brought into China and brought back by him to Italy.
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Realizzare i sogni attraverso la creativit
Intervista a Cino Ricci, lo Skipper che ha portato la vela italiana per la prima volta in Coppa America.
Imprenditore, giornalista, consulente
Che ruolo ha la creativit nella vita e nel lavoro?
Ha un ruolo importantissimo. La creativit quella qualit che ha spinto lumanit a fare delle cose inven-
tandole per risolvere alcune problematiche o per migliorarsi.
Se non ci fosse stata la creativit probabilmente cammineremmo ancora a quattro zampe e non saremmo
riusciti a prendere la banana che penzolava dal ramo, o per fare un riferimento al mio campo, nessuno
avrebbe mai pensato di prendere un tronco, montarci a cavallo e andare dallaltra parte della riva.
La creativit insita nellintelligenza delluomo.
Si pu apprendere?
Penso che si possa apprendere. Ho anche incontrato molta gente che non ce lha proprio, che assolu-
tamente spenta. Nasciamo tutti uguali e dopo cambiamo a seconda delle esperienze che viviamo durante
linfanzia, con i primi imprinting, con quello che apprendiamo quando siamo ancora nelle braccia della
mamma. Probabilmente l che si sviluppa la fantasia, che cominciamo a farla lavorare, quando sognamo
a occhi aperti.
Per me la creativit anche sinonimo di fantasia. Alcuni hanno fantasia mentre altri non ce lhanno, altri
semplicemente non sono capaci di esprimerla.
Si pu insegnare?
Non ho il coraggio di dire che si possa insegnare, ma spronare probabilmente s.
Se uno legge a un bambino un racconto e si ferma ogni tanto a descrivere la scena del racconto, ecco che
probabilmente fa in modo di eccitare la sua fantasia.
Con i bambini parlare di fantasia pi facile.Con gli adulti forse i film fanno molto.
Con la televisione probabilmente no, perch troppo rapida, e uno non ha il tempo di pensare oltre.
Al cinema, grazie a questo schermo grande che ci proietta fisicamente dentro la storia, ci mescoliamo a
quello che succede e questo un modo per spronare la nostra creativit, perch c qualcuno che ci
costringe dentro una determinata situazione.
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Come opera la creativit allinterno di un team? Come si pu trasmettere?
Io ho sempre cercato di spronare la creativit nei singoli facendo in modo che rimanessero sempre parte
del team. Per esempio ho lasciato a ognuno la libert di decidere come far diventare migliore il loro posto
di lavoro con la loro creativit.
Certo su una barca pi facile che stando seduti su una scrivania in banca
Lobiettivo era quello di farli migliorare, di averli dentro il team con una personalit diversa da quella del-
lasino che gira e schiaccia le olive solo perch lo deve fare.
Volevo spingerli a sentirsi parte del team, e a essere responsabili.
La creativit proprio ci che fa in modo che un individuo si senta qualcuno dentro il team e che parteci-
pi alla lotta per arrivare al goal.
Forse in questo senso la creativit pu essere insegnata, quando si lascia la libert di agire dicendo que-
sto quello che devi fare, fallo al meglio, inventando tutto quello che serve per farlo al meglio. Quando
invece si dice questo quello che ti serve per fare meglio e basta la persona non andr oltre quel limi-
te, anche per paura.
A volte la creativit viene ostacolata. Perch?
In certi casi non la si pu esprimere perch a volte pu diventare negativa nei confronti di chi ci sta attor-
no. Un motto dellesercito era defilti e coperti, cio fatti vedere il meno possibile, non inventare nien-
te, fai solo quello che devi fare in modo da non farti vedere e non sarai colpito da nessuno. Colpito per-
ch hai fatto una cosa che non avresti dovuto fare o perch ti mostri pi intelligente degli altri.
In molti casi la creativit viene smorzata. Questo accade quando il potere piramidale, proprio come quan-
do ai papaveri che crescevano pi alti veniva tagliata la testa.
Cercare maniere differenti di guardare le cose, questo uno dei fattori critici di quello che viene defi-
nito il pensiero laterale. Cosa pensa di questa affermazione?
Pu farci un esempio riferito alla sua esperienza?
Chi riesce ad arrivare a un obiettivo il pi delle volte rompe degli schemi per poter mettere la testa fuori
dal gruppo, perch per arrivare allobiettivo non fa quello che fanno gli altri ma qualcosa di completamen-
te diverso.
Descrivere cosa ha fatto e perch lha fatto per me non facile.
Quando si esce dagli schemi segno che c qualcosa che ci spinge a farlo.
Io sono sempre andato con il vento, anche nella vita. Se il vento tira da una parte io vado dalla sua stessa
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parte pronto a cambiare.
Moltissimi mi hanno accusato di cambiare idea, ma cambiare idea vuol dire valutare momento per momen-
to qual la via migliore per raggiungere lobiettivo. Non si pu essere statici, perch di momento in
momento la situazione cambia e bisogna adeguarsi alle situazioni. Non serve rimanere fissi su un proget-
to definito.
Uscire dagli schemi non vuol dire agire senza una logica, senza un motivo.
Bisogna avere la capacit di capire quando il momento di cambiare.
La creativit quindi non irrazionale?
No. razionale, viene da impulsi che sono generati da situazioni.
La creativit la fantasia applicata a qualche cosa. Creiamo perch fantasticamente abbiamo pensato che
cera qualcosa da creare.
Giotto, Michelangelo, nella loro fantasia, nel loro pensiero, avevano gi quella determinata immagine, quel-
la statua, e dopo lhanno creata.
La creativit la figlia della fantasia. Prima si immagina e poi si crea qualcosa.
C sempre un qualcosa, un impulso, una situazione che stimola la fantasia.
Un bellissimo viso o un fisico ha colpito la fantasia di Michelangelo e lui gli ha dato la forma.
Mentre analizziamo una situazione riceviamo una spinta dalla nostra fantasia su come risolverla, e, quindi,
la mettiamo in atto. Limpulso, quindi, ce lo d la fantasia in base a quello che consideriamo.
Qual il rapporto tra i sogni e la creativit?
La mia fantasia il sogno.
Il mio sogno era di arrivare a fare la Coppa America, e questa per me era una vetta quasi irraggiungibile e
sono riuscito a farlo attraverso delle circostanze che mi hanno fatto procedere verso la realizzazione del
sogno. La creativit viene dopo il sogno.
Perch il sogno ti d la spinta, la fantasia crea quello che il sogno ti ha spinto a immaginare, e dopo la crea-
tivit ti fa superare certe situazioni adeguandoti sempre a ogni momento. Perch la creativit vive di
momento in momento.
Se uno creativo lo fino allobiettivo e sviluppa sempre le situazioni con la creativit.
Il sogno figlio dellintelligenza.
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Il concetto di clima organizzativo: storia e applicazioni possibili
Intervista a Enzo Spaltro Presidente TTG Associazione per le teorie e le tecniche di gruppo, Bologna
Il concetto di clima organizzativo appare complesso e multidimensionale. Quali sono, in sintesi, le sue
radici e i suoi tratti costitutivi principali?
Un discorso sui climi un discorso che viene da lontano, sia perch strettamente connesso con la
condizione di piccolo gruppo, sia perch approda inevitabilmente al problema del potere. Questo dop-
pio problema porta a delle conseguenze che prima di parlare di clima devono essere messe in conto co-
me parte del problema. Una prima conseguenza sta nel fatto che di solito le aziende preferiscono par-
lare di sondaggi di opinione in cui i soggetti sono interpellati individualmente invece che di climi in cui i
soggetti sono interpellati in piccoli gruppi. Molte grandi aziende multinazionali fanno surveys intervi-
stando i singoli dipendenti e poi le chiamano rilevazioni di clima. Anche nella letteratura scientifica il pi
delle volte i climi sono rilevati con interviste individuali. Questo permette di evitare la condizione di pic-
colo gruppo da sempre considerata pericolosa per le strutture di potere. Non va dimenticato che nel
vecchio codice penale italiano la riunione di pi di due persone in luogo pubblico costituiva il reato di
adunanza sediziosa. Questa stretta connessione del clima col piccolo gruppo viene rafforzata dalla
constatazione che il piccolo gruppo origine e teatro del potere considerando il potere come la ca-
pacit di produrre o impedire cambiamenti! (Rollo May). Va comunque ricordato come il clima rappre-
senti una condizione psicologica esistente in una organizzazione, sinonimo di soggetto collettivo o del-
laltra faccia della struttura e si origina come percezione dellorganizzazione, nei piccoli gruppi di la-
voro (Spaltro). Un sentimento quindi che sorge dai piccoli gruppi di lavoro e che viene riferito al gran-
de gruppo che comunemente si chiama organizzazione o istituzione (Schneider). Le sue costituenti so-
no i contenuti, i processi e i contesti che danno origine alla cultura lavorativa o aziendale (Pettigrew).
comunque da ricordare che ogni rilevazione di clima tende a cambiare la struttura e la qualit del pote-
re esistente in una certa organizzazione. Per questo molte sono state le resistenze allintroduzione di
questa metodologia dalle prime esperienze fatte negli anni Settanta in Italia presso la Barilla di Parma e
le Cooperative dellEmilia Romagna.
Qual oggi, alla luce dellevoluzione della psicologia del lavoro, lutilit del concetto di clima organiz-
zativo?
Il clima lavorativo strettamente connesso col benessere o qualit della vita di lavoro. Deriva da una
metafora, quella climatica, che permette di prevedere il clima atmosferico in senso fisico. Le previsioni
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atmosferiche fisiche vengono metaforicamente trasformate in previsioni atmosferiche psichiche. Lo
scopo essenzialmente quello di prevedere come andranno le cose in modo da sapersi regolare. Se
piover ci prenderemo lombrello. Se nevicher ci copriremo di pi, se ci sar sole andremo a cercare
lombra e se lumidit sar elevata ci rinchiuderemo in ambienti asciutti. Lo stesso ragionamento si pu
fare per latmosfera psichica. Anche l se c unatmosfera autoritaria cercheremo di non prendere ini-
ziative, se ci sono situazioni di fiducia penseremo a come imparare nuove tecnologie, se ci sono condi-
zioni stressanti ci rinchiuderemo in ambienti limitati e considerati pi sicuri. Le variabili che consentono
di prevedere il clima fisico sono pochissime: la pressione atmosferica, la temperatura, lumidit e lillu-
minazione. Le variabili che consentono di prevedere il clima psichico sono anchesse molto poche: il
sentimento di potere, che corrisponde alla pressione atmosferica, la credibilit che corrisponde alla
temperatura, lo stress che corrisponde allumidit e lilluminazione che corrisponde alla creativit. Que-
ste variabili rischiano di essere contemplative e poco utili se non sono integrate da comportamenti di
protezione nei confronti delle condizioni climatiche. Per cui se sappiamo come proteggerci da un clima
a scarso sentimento di potere, se sappiamo come svilupparci in un clima ad alto livello di fiducia e via
dicendo possiamo fare previsioni climatiche ottenendo validi strumenti di gestione organizzativa. Cos
per esempio non si pu iniziare un programma di formazione con un clima autoritario o a bassa fiducia.
Non si possono mantenere fisse le condizioni di unorganizzazione con un clima ad alta creativit e non
si possono fare progetti di sviluppo a lungo termine in clima di forte stress che permette solo program-
mi a breve termine. Come misurare le variabili atmosferiche psichiche stato recentemente argomen-
to interessante di studio e ricerca. Sia dei climi che delle culture dimpresa Pettigrew ha scritto che so-
no due costrutti in cerca di un ruolo. In effetti questo psicologo scriveva queste cose nel 1990 e oggi
molti passi avanti sono stati fatti nella ricerca di un ruolo, tanto da potere affermare che oramai nelle im-
prese moderne la rilevazione per lo meno annuale del clima diventato uno strumento di notevole uti-
lit. Si apre qui un grave problema: se cio la rilevazione di clima sia una semplice previsione senza al-
cuna possibilit di modificare il clima stesso. In realt la metafora con il clima atmosferico permette di
constatare questo, ma consente di dire che anche la semplice previsione realizza unutilit della misura
di clima che ci fa fronteggiare situazioni conosciute invece che sconosciute. Evidentemente poi, proprio
perch il clima fondamentale nei momenti di trasformazione organizzativa, la misura di clima e la co-
noscenza che gli interessati ne hanno nelle riunioni di riciclaggio, nonch lo stesso fatto che le rile-
vazioni avvengono in piccolo gruppo, permettono di affermare che molta strada stata fatta per otte-
nere non solo le previsioni, ma anche le progettazioni e le realizzazioni di climi organizzativi e lavorativi
ottimali.
Quanto cambiato (se cambiato) il concetto negli ultimi dieci anni?
Ci sono state profonde modifiche e applicazioni negli ultimi dieci anni caratterizzati dallo sviluppo della
societ benestante. Soprattutto si venuta affermando lidea che il clima un costrutto mentale da pic-
colo gruppo, cos come lidea che la cultura dimpresa un costrutto mentale da grande gruppo collet-
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tivo, organizzativo o istituzionale. Oggi non si misurano pi i climi organizzativi con questionari fatti da
individui o soggetti individuali. Oggi il soggetto gruppale domina la scena dei climi seguendo lidea per
cui il piccolo gruppo origine e teatro del potere e quindi il luogo mentale dove si crea il clima e lo si
vive in modo comune. Molte aziende hanno sviluppato metodologie locali basate sulla discussione di
gruppi di lavoro. Molti fattori hanno concorso a questo sviluppo localistico. Il primo il bisogno di par-
tecipazione e di sovranit dei lavoratori ai diversi livelli gerarchici, fatto, questo, che consiglia la misura
del clima e linvenzione di misure taylor made, fatte in casa. Laltro fattore stato il movimento per
la qualit che ha creato circoli, cio piccoli gruppi fondamentali per la creazione di climi e di culture ot-
timali alla qualit della vita e del benessere lavorativo. Inoltre la sottolineatura, anche se spesso sfuma-
ta, dei problemi della sicurezza nel lavoro ha consentito la centratura sui gruppi cosiddetti omogenei
per ottenere climi e condizioni psico-fisiche di autogestione nelle diverse nevralgiche situazioni di cui si
compone il lavoro organizzato. Infine il passaggio, graduale ma inarrestabile del clima sociale da condi-
zioni di allentato malessere a condizioni di aumentato benessere (condizioni che si esprimono in realt
con una pendolarit spiccata!), porta a un aumento di importanza della soggettivit rispetto alloggetti-
vit, alla diminuzione della paura e del malessere (sempre usati dal potere per assoggettare i pi deboli)
e allaumento della speranza e del benessere (sempre richiesti dai deboli nei riguardi del potere vigen-
te). Limmateriale e il soggettivo circolano sempre di pi nel mondo del lavoro e sempre di pi la paro-
la, se non la stessa idea-ideologia di clima, vengono usate nei problemi di gestione delle risorse, mate-
riali e immateriali delle imprese moderne.
Quanto e come pu influire il clima organizzativo nella progettazione e nella riuscita di un intervento for-
mativo in azienda?
Si pu dire che oggi un cambiamento organizzativo non pu avvenire senza una rilevazione di clima la-
vorativo. come se si volesse uscire con la pioggia e senza ombrello. Se c pioggia meglio stare al
coperto. Se c stress e scarsa credibilit meglio non fare nessun programma di formazione. Oramai
i programmi di formazione sono tutti trattati dagli alunni come indottrinamento, modi per far soldi, uti-
lizzo di fondi pubblici o europei altrimenti inutilizzabili. La motivazione allapprendimento ha lasciato da
tempo il suo ruolo centrale nella formazione lavorativa. Molti giudizi positivi sono di convenienza, e lo si
vede proprio mediante una sempre pi evidente trascuratezza del clima e della sua misura. Oggi pos-
siamo dire che un programma di formazione che non includa la rilevazione del clima in cui e per cui la
formazione si svolge, pu essere considerato fortemente compromesso nei suoi obiettivi, almeno quel-
li dichiarati (essendo quelli reali il pi delle volte non dichiarabili!).
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Lei, in passato, ha definito il clima come un concetto operativo funzionale al cambiamento organizzati-
vo. Come vivono oggi le imprese il concetto di cambiamento in un momento sospeso tra rivoluzione
post-industriale e recessione?
Sempre, quando vi cambiamento, vi anche paura e resistenza. Come diceva Slater quello che stia-
mo vivendo non la fine del mondo, ma la fine di unera, quella dellautoritarismo. Noi stiamo vivendo
questa fine dellautoritarismo in modo sfumato, ma con grandi fatti che si stanno srotolando di fron-
te a noi. La fine del lavoro dipendente, la fine del denaro come moneta, la fine della concezione norma-
tiva, etica e minacciante e linizio della concezione progettuale, estetica e promettente, lallargamento
della forbice tra aspettative e realizzazioni, labbondanza delle promesse e la delusione sul loro mante-
nimento, e tante altre modifiche lente ma sostanziali, del nostro modo di vivere, denunciano questa tra-
sformazione. Tutto questo rende urgente il poter disporre di strumenti per la costruzione di una meteo-
rologia organizzativa da usare quotidianamente. E questo proprio nei momenti di dubbio in cui una rile-
vazione di clima permette di usare una specie di pilota automatico per superare i vuoti daria o i tun-
nel e i momenti di stasi. Perch luscita dai momenti di stasi viene agevolata proprio dalla rilevazione del
clima, intesa sia come misura di unatmosfera psichica esistente e reale, che come domanda sul da far-
si e sul futuro, cio sulla possibile dimensione estetica di un lavoro. Il passaggio a una dimensione este-
tica del lavoro viene reso necessario quando, constatando al presente un clima non completamente gra-
devole, se ne desidera uno migliore in futuro.
La psicologia del lavoro ha recuperato la dimensione individuale in azienda. Cosa vuol dire parlare di di-
mensione individuale del comportamento collettivo nellepoca della globalizzazione?
La psicologia del lavoro ha recuperato la dimensione soggettiva, pi che quella individuale. Infatti biso-
gna fare una distinzione tra individuale e soggettivo. Individuale un concetto quantitativo: uno met
di due. Invece soggettivo un concetto qualitativo che non consente somme, sottrazioni, divisioni o ge-
stione di variabili con statistiche parametriche. Il soggetto il regno della qualit, dimensione non ma-
teriale, che richiede una metodologia non parametrica, non quantitativa, per potere emettere diagnosi e
prognosi circa problemi di diverso tipo. Ci sono problemi a prevalente contenuto oggettivo in cui si trat-
tano dimensioni strutturali, normative, premi e punizioni, e ci sono problemi a prevalente contenuto
soggettivo, spesso non basati su contenuti, ma su processi, cio non su fatti ma su stati danimo, sul
modo in cui avvengono le cose e non sulle cose in se stesse. Sembrerebbe quindi che le caratteristiche
soggettive della dimensione psicologica male si concilino con il dilagare della mentalit globale, cio
planetaria. In realt paradossalmente un maggior globalismo porta per reazione dialettica a una mag-
giore soggettivit. Il diritto di tutti a essere soggetti, ad avere sentimenti ed emozioni, a essere parte in-
sostituibile della estrema variet di soggetti che compongono il nostro pianeta, determina un parados-
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sale collegamento tra globalizzazione e soggettivit, tra globalizzazione e localismo, tra globalizzazione
e climi o culture organizzative (che sono di necessit locali). Se c qualcosa, esiste anche il suo con-
trario, e ambedue costruiscono la realt che noi viviamo. Quello che c e il suo opposto,ovvero quello
che non c. Globalizzazione richiama clima, perch non fatto oggettivo, ma soggettivo, non condi-
zione o contenuto oggettivabile, ma invece sentimento e stato danimo, variabili da soggetto a sog-
getto, da gruppo a gruppo, da collettivit a collettivit, da globalismo a localismo, totale e parziale, ap-
partenenza di gruppo e globalit della leadership.
Cosa pu portare oggi la psicologia del lavoro a una realt come quella italiana costituita per il 90% (se-
condo studi del gennaio 2004) da microimprese?
Le microimprese sono sempre dei piccoli gruppi di lavoro. Sono i luoghi ideali per la misura di clima.
Occorre che siano rispettate alcune dimensioni minime (15/20) per evitare di dover fallire per assentei-
smo dei partecipanti. Ma lidea che un clima si possa misurare solo nelle grandi o medie imprese fal-
sa. La misura di clima si riferisce a percezioni di soggetti attivi in un piccolo gruppo (12-15 persone). Il
piccolo gruppo fa da lente attraverso la quale i soggetti vedono il loro ambiente di lavoro. Lo fanno so-
prattutto da un punto di vista psicologico e quindi distorcendo la realt. Daltronde un clima anche di-
storsione della realt fisica, fatto che fa considerare positivamente il freddo da neve se si tratta di scia-
re e fa considerare negativamente il vento primaverile se si tratta di lavorare chiusi in ufficio. La psico-
logia del lavoro con le sue tecnologie capaci di descrivere e misurare le realt soggettive, pu dare un
grande contributo alle trasformazioni del lavoro e alle conseguenze spesso dolorose che esse provoca-
no. Pu cosi occuparsi non solo di climi, ma anche di lavoro di gruppo, di stati danimo capaci di attiva-
re o paralizzare le organizzazioni, di stabilire nuove regole del gioco lavorativo in senso soggettivo,
cio organizzativo per la realizzazione degli obiettivi di unimpresa. Il fattore psichico diventato cos
importante nellepoca dellimmaterialit, da non poter essere pi affidato agli psicologi. Come avviene
anche in altre professioni (leconomia troppo importante per essere affidata agli economisti, la medi-
cina troppo importante per essere affidata ai medici, la guerra troppo importante per essere affidata ai
generali, ecc.), la dimensione psichica del lavoro troppo importante per essere affidata agli psicologi.
Cos la stragrande maggioranza del lavoro della psicologia del lavoro, comprese le descrizioni, le misu-
re e i cambiamenti climatici, sono realizzati da non psicologi, da un miscuglio di pseudo specialisti che
solo la scarsa solidariet professionale degli psicologi permette di tollerare. Per le applicazioni della
psicologia del lavoro sono in continua ascesa. Basti pensare ai climi e alle culture lavorative, alluso dei
piccoli gruppi nella formazione, alle metodologie di valutazione del rendimento professionale, alle rile-
vazioni e progettazioni di motivazione e cittadinanza di impresa, per rendersi conto di come, nonostan-
te le immense difficolt, il soggetto e le pratiche che lo studiano si stanno diffondendo nel mondo del
lavoro. Questo mondo, che cos rapidamente mutante, fa pensare a catastrofiche sparizioni o annul-
lamenti. In realt sta passando da climi di malessere e di scarsit a climi di benessere e abbondanza. Le
trasformazioni in corso consentono di dire che da climi etici si sta passando a climi estetici, dal buon la-
voro al bel lavoro, dalla progettazione e implementazione di strutture, alla realizzazione di climi lavorati-
vi orientati al benessere di tutti. Infatti, sempre di pi oggi lorientamento del lavoro e dellimpresa fu-
tura sembra tendente verso la decriminalizzazione del benessere e laccettazione della priorit del be-
nessere soggettivo, nelle quotidiane prassi lavorative e nella ricerca di una sempre migliore qualit del-
la vita di lavoro. La buona impresa, climi permettendo, si sta cos trasformando nella bella impresa.
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La comunicazione al femminile
Intervista a Roselina Salemi Direttrice del settimanale Anna RCS
Comunicazione e informazione al femminile: punti di forza e punti di debolezza.
un tema molto complesso. Se parliamo di informazione al femminile siamo molto indietro. Da un lato
linformazione per le donne considerata un ghetto, dallaltro linformazione nel suo complesso
ha un approccio e uno stile prevalentemente maschile.
Se parliamo poi di spazio e di come sono rappresentate le donne nel mondo dellinformazione, abbia-
mo tutti gli stereotipi possibili.
Nessuno parla dei cappotti di cammello degli inviati, tutti discutono sulle pashmine delle inviate di guer-
ra. Il ministro per le pari opportunit non crede nelle pari opportunit.
Il parlamento non riesce a fare approvare una legge che semplicemente chiede ai partiti di mettere in li-
sta una quota di donne. Se poi parliamo di come le donne si muovono nel mondo dellinformazione, ci
sono bravissime professioniste ancora non abbastanza ferrate nel gioco a scacchi delle lottizzazioni, op-
pure ingenuamente convinte che le capacit professionali siano la chiave per ottenere buoni risultati.
Le donne hanno grande entusiasmo (pi degli uomini) e non ancora sufficiente cinismo, hanno buone
competenze (spesso pi degli uomini) ma non hanno elaborato gli strumenti necessari a farle valere.
Impareranno, naturalmente.
Gli strumenti comunicativi tipici delle donne. Come usarli al meglio nella vita di tutti i giorni e sul lavoro?
Non si pu rispondere a una domanda come questa senza semplificare. In genere possiamo dire che le
donne sono mediatrici, piuttosto che massimaliste, flessibili piuttosto che rigide, pi intuitive e meno
logiche, pi creative e tortuose che razionali e dirette. Nella vita di tutti i giorni importante mediare,
accontentarsi dei risultati, guardare linsieme piuttosto che il singolo, articolare, per far quadrare un bi-
lancio complessivo del quale il lavoro soltanto una parte.
Sul lavoro utile la flessibilit, la capacit di adattarsi a situazioni in evoluzione. Un buon intuito, segui-
to da una certa intelligenza nel valutare gli aspetti psicologici utile a gestire il lavoro degli altri e a in-
serirsi senza contrasti in una dinamica di gruppo.
Le donne riescono di solito a ridurre i conflitti e a prendere in considerazione linfluenza della vita privata
sui comportamenti.
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Emotivit contro razionalit. Chi vince?
Un tempo, sicuramente vinceva la razionalit, perch era il solo schema riconosciuto. Oggi si comincia-
no a scoprire gli aspetti emotivi del pensiero creativo e una forte corrente di pensiero sta
rivalutando il mondo dei sentimenti. Ci che era una debolezza, sta diventando un punto di forza. I crea-
tive manager superano un test tutto basato su reazioni a livelli emozionali.
Naturalmente la componente sentimentale/creativa ha le sue controindicazioni. Sarebbe gi un bel ri-
sultato se si uscisse dagli schemi interpretativi classici del maschile(uomo/razionalit/deduzione/forza)
e del femminile (donna /emotivit/intuito/debolezza) integrandoli come risorse. Le donne sono sicura-
mente pi capaci di gestire i sentimenti e di trarne energia. Gli uomini sono pi capaci di percorsi brevi
verso lobiettivo.
Una squadra che usi al meglio le due potenzialit sarebbe invincibile.
La strumentalizzazione del corpo delle donne da parte dei media: ragioni e soluzioni possibili.
Su questo tema stato scritto di tutto, da Marcuse a Morin, ai testi classici del femminismo.
Luso del corpo/merce fa parte di uno schema di piacere/potere gi ben indagato dal filosofo Michel
Foucault. Per quanto possa essere considerata spiacevole lerotizzazione della merce attraverso il cor-
po femminile, il fenomeno stato abbondantemente digerito.
La donna oggetto serve a vendere prodotti agli uomini e a proporre alle donne schemi di identificazione.
Assistiamo oggi a un processo analogo per gli uomini, oggetto di desiderio da parte delle donne o del
mondo gay.
Foucault ha scritto che il desiderio crea loggetto del desiderio e Baudrillard sostiene che abbiamo bi-
sogno di simulacri e menzogne per fare le cose pi banali.
Non c una soluzione sociale alla strumentalizzazione del corpo. Le proibizioni, come si sa, non funzio-
nano. Soltanto un consumo evoluto, che vada oltre i simulacri, pu fare a meno dellesca del desiderio.
Il sesto senso delle donne: solo una leggenda?
No, il sesto senso non una leggenda metropolitana. soltanto un modo come un altro per definire
quella che secondo Goleman lintelligenza emotiva, cio un complesso di reazioni e valutazioni
dominate da un approccio pi emotivo che logico. Gli ultimi studi sul cervello hanno dimostrato che
lintelligenza emotiva flessibile, ricca di sfumature, prende in esame componenti che lo schema ra-
zionale considera marginale e porta pi facilmente a soluzioni di tipo creativo.
Questo tipo di intelligenza senzaltro pi femminile che maschile.
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Donne al potere: quale futuro?
Quello delle donne al potere un vecchio discorso, anche un po rituale. Le donne hanno ottenuto im-
portanti autonomie soltanto da pochi anni e la scalata verso il potere, ammesso che sia un obiettivo in-
teressante, ha bisogno di tempo. Anche se i livelli alti sono ancora un po difficili da raggiungere, nei li-
velli medi ci sono tantissime donne. La loro avanzata nellordine delle cose. Come ha scritto Francis
Fukuyama, i grandi cambiamenti del secolo scorso sono stati provocati dalle donne, dal loro nuovo ruo-
lo in famiglia e nella societ. Quelli del secolo appena iniziato avranno come costante il percorso delle
donne verso una definizione pi precisa della loro identit. Questo non implica necessariamente una
corsa ai posti chiave, anzi. Di fronte alla libert di scegliere il meglio per s. Molte donne, forse, evite-
ranno di immolarsi sullaltare della carriera per vivere meglio. Il vero potere non la poltrona di top ma-
nager, ma la possibilit di decidere liberamente che cosa fare della propria vita per essere pi felici.
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finito di stampare nel marzo 2004
Stampato per Valter Casini Editore da Type srl - Frosinone
progetto grafico
Valter Casini Editore
Periodico mensile Aut. del Tribunale di Roma n. 705 del 30/12/02
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Coordinamento redazionale Silvana Sarcinella
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