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DOMENICA 19SETTEMBRE 2010 / Numero 293

Domenica
La
di Repubblica
Sangue
le tendenze
Gaga style, lady del momento
DOMENICO DOLCE, STEFANO GABBANA e SERENA TIBALDI
lincontro
Filippo Timi, imperfezioni perfette
IRENE MARIA SCALISE
lattualit
Presidenti nel pallone e capitani ribelli
MAURIZIO CROSETTI e GIANNI MURA
in cui non si era compiuto. Come nel 1973, quando fu colpita da une-
pidemia di colera e come nel 1980, quando la citt e lintera regione
furono devastate dal terremoto. San Genna si nu chiavico, San
Genn si nu santo malamente. A quelle donne che si considerano
discendenti del santo le parenti consentito provocarlo; e mi
ricordo che appena il sangue inizi a sciogliersi, le stesse che sino a
un momento prima lavevano insultato, iniziarono a pregare e fe-
steggiare e ringraziare.
Per capire il rapporto tra San Gennaro e Napoli bisogna come la-
sciarsi andare, non farsi troppo condizionare da categorie scientifi-
che o antropologiche e auscultare il battito di questa strana magia
culturale. Il miracolo rimane il trionfo del mistero, delleccezionale.
Perci difficile circoscrivere con qualsiasi spiegazione razionale co-
sa sia il culto di San Gennaro.
(segue nelle pagine successive)
con un articolo di MARINO NIOLA
ROBERTO SAVIANO
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accia gialluta! Ma che stai arrabbiato? Nun fa
o fess San Genna, ti vott a copp a bascie. Quel
che mi aveva sconvolto la prima volta che fui
portato un 19 settembre ad assistere allo
scioglimento del sangue furono gli insulti. De-
cine e decine di donne imprecavano contro il
santo per provocarlo e spingerlo a fare il suo dovere. Mi sembravano
tutte vecchissime, ma le loro voci flebili durante la preghiera, diven-
tavano improvvisamente acute se il sangue non si scioglieva e il ve-
scovo girava e rigirava inutilmente lampolla. cos, sempre. Pi il mi-
racolo ritarda, pi la tensione nel Duomo di Napoli cresce, pi il co-
ro di lamenti e imprecazioni si fa disordinato, assordante, sboccato.
Ero un bambino e mai avrei creduto si potessero pronunciare tan-
ti insulti in una chiesa. Ma il miracolo non arrivava e tra la folla gi si
iniziavano ad elencare le sciagure che Napoli aveva subito negli anni
cultura
La guerra giusta del soldato vejk
PAOLO MAURI
spettacoli
Bossa nuova, la versione di Toquinho
GINO CASTALDO e ALFREDO DAGNESE
santo
del
il
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Le grida, gli insulti, la festa
Il racconto del miracolo
che ogni 19 settembre
scuote il ventre di Napoli
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34 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
(segue dalla copertina)
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napoletani vedono nel miracolo
quellaccadimento unico che
per si ripete da secoli, ogni an-
no, sempre uguale e sempre nel-
lo stesso giorno, a significare lec-
cezionale oltre le abitudini quo-
tidiane. E questo accadimento squarcia
con tutta la sua forza lopacit della vita.
In una citt disperata, dove spesso la vo-
lont e lindividuo vengono schiacciati
dallimpossibilit allazione, il Santo la
speranza, la sciorta, la certezza che pri-
ma o poi qualcuno interverr con una
forza superiore e qualcosa andr bene.
Sulla relazione tra il miracolo mancato e
le disgrazie esiste persino uno studio
scientifico o quasi risalente al 1924.
Il miracolo di S. Gennaro di Giovanni
Battista Alfano e Antonio Amitrano ri-
porta che negli anni in cui non si com-
piuto, Napoli sarebbe stata colpita da 22
epidemie, 11 rivoluzioni, 3 siccit, 1 in-
vasione dei turchi, 13 morti di arcive-
scovi, 3 persecuzioni religiose, 7 piogge
disastrose, 9 morti di pontefici, 11 eru-
zioni del Vesuvio, 19 terremoti, 3 care-
stie, 4 guerre. Per i non credenti, natu-
ralmente, esiste una spiegazione razio-
nale. La rivista Nature riporta i risultati
ottenuti da unquipe di ricercatori che
ha riprodotto in laboratorio la composi-
zione del sangue del santo, utilizzando
solo materie reperibili nel Trecento: gu-
sci duovo, sale da cucina e carbonato di
ferro. Lo scioglimento avviene agitando
il composto coagulato, per un fenome-
no conosciuto col nome scientifico di
tissotropia. Resta per il problema che
in genere tale composto dopo qualche
anno scade. Lunica risposta potrebbe
venire analizzando il liquido contenuto
nelle ampolle, ma la Chiesa non accon-
sente al prelievo che potrebbe arrecare
danno al liquido.
Proprio la Chiesa, per, per anni sta-
ta dubbiosa sul miracolo. Durante il
Concilio Vaticano II, decise persino di
depennare San Gennaro dal calendario.
Ma si scontr con la comunit napole-
tana pronta alle barricate se il suo santo
non avesse riavuto il posto che gli spet-
tava. Cos la Chiesa dovette tornare sui
suoi passi, degradandolo in pochi lo
sanno al rango di santo locale. Ma
questo poco cambia per i napoletani.
Norman Lewis in quel capolavoro che
Napoli 44(Adelphi) scrive: Da quattor-
dici secoli, a partire dal giorno del suo
martirio a Pozzuoli, san Gennaro limita
la sua attivit miracolosa a Napoli, e si
convinti che non alzerebbe un dito per
salvare il resto del mondo dalla distru-
zione. San Gennaro, come scriveva
Matilde Serao, un amico del cielo e
non ha quasi nulla dei santi cui la tradi-
zione cristiana ci ha abituati. San Gen-
naro colui a cui pu essere richiesto
davvero qualsiasi cosa. Che un furto va-
da a buon fine, o che la pastiera venga
buona. Gli viene chiesto di guarire o di
avere un figlio (anche se per ottenere
questo miracolo i napoletani si rivolgo-
no spesso anche a Santa Maria France-
sca), di fermare la lava, di pulire le stra-
de dalla peste e dal colera ma anche di
indovinare i numeri al lotto. Invocarlo
non una risorsa estrema cui si ricorre
solo per le questioni pi importanti,
perch San Gennaro accoglie tutto e
sente tutti. E soprattutto non giudica.
Sta a sentire e provvede. Non impone ai
suoi devoti una rigida osservanza prati-
ca. un santo capriccioso che protegge
la citt e i suoi abitanti, non in quanto
buoni cristiani o fedeli meritevoli ma in
quanto napoletani e basta. E poi ce lha
a morte col resto della regione che lo ha
tradito, lo ha ucciso. San Gennaro era
stato decapitato il 19 settembre del 305
a Pozzuoli. Il racconto narra che subito
dopo la decapitazione una devota di no-
me Eusebia raccolse il sangue del marti-
re e lo conserv in due ampolle. Le spo-
glie di San Gennaro furono rubate dai
beneventani nel 315, perch i sanniti lo
ritenevano loro concittadino essendo
stato vescovo di Benevento, e solo nel
1497 tornarono a Napoli. Il primo mira-
colo del quale si ha notizia avvenne nel
1389; nel 1631, quando le ampolle con la
reliquia furono esposte mentre era in
corso uneruzione del Vesuvio, la lava si
arrest al Ponte dei Granili senza entra-
re in citt. Norman Lewis, ufficiale bri-
tannico di stanza nel sud Italia, descrive
il comportamento degli abitanti di San
Sebastiano, piccolo comune ai piedi del
Vesuvio, che per fermare la lava utilizza-
vano leffigie del loro santo patrono. Ma
di riserva e ben nascosto sotto un len-
zuolo perch San Sebastiano non si
offendesse conservavano anche una
statua di San Gennaro, lasso nella ma-
nica che avrebbero sfoderato solo in ca-
so di pericolo estremo perch chiedere
la grazia al santo fuori le mura di Napoli
sempre un rischio, data la sua atavica
avversione per la provincia.
Uno dei racconti pi belli sul santo e
la citt lha scritto Matilde Serao nel pic-
colo capolavoro San Gennaro nella leg-
genda e nella vita(Palomar). Ricorda che
Napoli ha 50 patroni, visto che per una
citt cos grande e difficile ci vogliono
molti santi. Un patrono per ogni tipo di
disgrazie. Ma solo San Gennaro a rice-
vere tutte le richieste, tutti i ringrazia-
menti e tutti i doni. I doni che nobili, bor-
ghesi e popolani hanno portato e conti-
nuano a offrirgli hanno creato un tesoro
famoso in tutto il mondo. nel tesoro di
San Gennaro che c quello che viene
considerato un artefatto dal valore ine-
stimabile: la mitra, il copricapo vescovi-
le creato da un orafo del Settecento con
3700 rubini, smeraldi e diamanti inca-
stonati, per la cui realizzazione furono
raccolti ventimila ducati fra il popolo, il
clero, gli artigiani, i nobili e il sovrano.
Ma il pezzo pi pregiato la collana di
San Gennaro, probabilmente il gioiello
pi prezioso al mondo. Una collana con
grosse maglie in oro massiccio alla qua-
le sono appese croci tempestate di zaffi-
ri, diamanti e smeraldi donate da Carlo
di Borbone, dai principi di Sassonia, da
Maria Carolina dAustria, da Giuseppe
Bonaparte, da Vittorio Emanuele II di
Savoia. Persino il fratello di Napoleone
non poteva fare a meno di rendere
omaggio alla citt attraverso il dono al
Il mio San Gennaro
ROBERTO SAVIANO
IL CARRO. I portantini del carro con la statua di San Gennaro LOSTENSIONE. Fedeli davanti alla sacra ampolla in Duomo
I FEDELI. Lemozione di uno dei fedeli di fronte allo scioglimento del sangue LATTO. Un fedele posa la fronte sulla teca in segno di devozione
Dopo secoli, anche oggi, come ogni 19 settembre,
il patrono di Napoli chiamato a compiere il miracolo
I fedeli in Duomo lo incitano: il sangue si scioglier?
la copertina
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Repubblica Nazionale
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 35 DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
suo santo. A Napoli anche le piante che
ornano gli ingressi degli alberghi o dei
negozi di lusso devono essere incatena-
te e chiuse con lucchetti enormi per evi-
tare furti, eppure il tesoro di San Genna-
ro non mai stato toccato. Il furto del te-
soro non and a segno nemmeno in
Operazione San Gennaro divertentissi-
mo film di Dino Risi, in cui il Dud (Ni-
no Manfredi) avrebbe dovuto, in com-
butta con una banda di americani e su
indicazioni di Tot, rubare il tesoro.
Dud, chiede il permesso al santo, pri-
ma di accettare con gli americani di ru-
bare il tesoro e scorge in un raggio di so-
le che illumina la statua del santo, il suo
assenso. Durante la guerra affidarono
loro al vaticano. La citt era continua-
mente sotto bombardamento. Il 4 apri-
le 1943 una bomba aveva colpito il Duo-
mo. Finita la guerra, i napoletani chiese-
ro di riavere il tesoro. Ma era impossibi-
le trasportare un carico di preziosi dal
valore stimato allepoca in tre miliardi di
lire, attraverso strade distrutte, infesta-
te di malviventi, senza poter contare su
poliziotti o carabinieri, perch non ce ne
erano abbastanza. Si offr Giuseppe Na-
varra, piccolo camorrista ex palombaro
dal fisico massiccio, chiamato il re di
Poggioreale, che si era arricchito traffi-
cando prima a Marsiglia e poi a Napoli,
dove girava con una Alfa 2880 apparte-
nuta a Mussolini. Navarra part per Ro-
ma accompagnato solo dal novantenne
principe Stefano Colonna di Paliano, vi-
cepresidente della Deputazione di San
Gennaro. Al ritorno li blocc prima una
piena del Garigliano e poi due malin-
tenzionati. Ma Navarra riusc nellim-
presa e rifiut la ricompensa offertagli
dal cardinale: Mi basta lonore di aver
reso un servizio a San Gennaro e a voi, il
denaro datelo ai poveri.
La festa di San Gennaro quel miste-
ro dentro cui c Napoli. Una terra che si
liquefa e si ricoagula, che ha una consi-
stenza indefinibile, mai certa, solida. E
che pure gronda di vita vera, contagiosa.
Pi cade nellabisso senza regole, cru-
dele, pi sembra in grado di rinnovarsi.
San Gennaro c anche se non lo meriti.
Non devi conquistarlo. Sei amato e for-
se aiutato. Il mistero di San Gennaro
tutto qui. In questa incredibile ambi-
guit. Nella disperazione di una citt
dalla vita cos dura, cos caotica, che de-
ve rivolgersi ad un santo per immagina-
re di trovare una regola.
2010 Roberto Saviano/
Agenzia Santachiara
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LA PROCESSIONE. La statua di San Gennaro portata in processione per le strade di Napoli
IL RITO. LArcivescovo di Napoli, Crescenzio Sepe, mostra la teca con il sangue liquefatto
Lautore di Gomorra ricorda il suo stupore di bambino
E racconta: In una citt disperata questa magia lunica
speranza. Per capirla bisogna ascoltarne il battito
Ethos e pathos
codici di una modernit liquida
MARINO NIOLA
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rbs sanguinum, la citt dei sangui. Cos veni-
va chiamata Napoli nellEuropa del Seicento
grazie al suo iperbolico catalogo di ampolle
e fiale contenenti il sangue di santi e martiri di cui
San Gennaro era il modello, tanto imitato quanto
inimitabile. Erano pi di trecento le liquefazioni
prodigiose. San Giovanni Battista, Santo Stefano,
San Lorenzo, San Pantaleone, SantAndrea Avelli-
no. Per finire in bellezza con Santa Patrizia, la met
femminile del cuore di Napoli, il cui sangue si scio-
glie ancora oggi ogni settimana nella chiesa di San
Gregorio Armeno. Una autentica lista di effetti spe-
ciali. Che non si limitava al sangue. Se vero che il 14
agosto, vigilia dellAssunta, alcune gocce del latte
della Madonna conservate nella chiesa di San Luigi
dei Minimi si scioglievano prodigiosamente.
Alla base di queste credenze c un intreccio se-
colare tra cristianesimo e paganesimo, tra il simbo-
lismo della passione di Cristo e la potenza delle lin-
fe vitali presente gi nelle antiche religioni mediter-
ranee. Sta di fatto che il sangue, insieme alle lacrime,
da sempre il grande codice dellethos e del pathos
partenopei.
Sono almeno quattro secoli che i migliori spiriti
dEuropa, da Berkeley a Montesquieu a Nietszche,
si interrogano sullenigma del sangue che rivive.
Charles de Brosses defin il miracolo un graziosissi-
mo, quanto astuto, esperimento di chimica. Goethe
lo interpret come un esorcismo collettivo contro la
morte. E a tuttoggi il fenomeno resta inspiegato.
San Gennaro il vero Dio di Napoli, diceva Ales-
sandro Dumas. Con unesagerazione che coglie
per una profonda verit. Perch il santo patrono
da sempre lidolo supremo del pantheon napoleta-
no, un autentico Maradona della devozione. Ma
anche uno straordinario logo identitario, un emble-
ma civico a met fra religione e politica. Al punto che
le ampolle con il sangue miracoloso sono tuttora af-
fidate a una deputazione laica, nominata dal presi-
dente della Repubblica e guidata dal sindaco.
Proprio perch il santo rappresenta la citt inte-
ra, la vox populi ha sempre letto il miracolo come un
avvertimento soprannaturale. Da interpretare alla
stregua di un antico oracolo. Se non si scioglie cat-
tivo segno. Se si scioglie San Gennaro ha detto s. Fi-
nendo per fare del santo uno spione di Dio, come di-
cevano con un certo disprezzo gli illuministi parte-
nopei. Spione forse una parola grossa, ma certa-
mente il dio di Napoli un sismografo degli umori
collettivi. Il protagonista di un grande gioco sociale
che unisce credenti e non.
E adesso grazie allapplicazione i-sangennaro il
miracolo ciascuno se lo fa sulli-phone. Muovendo
il telefono il volume delle litanie aumenta, i cristalli
si sciolgono e compare la scritta miracle. Cos la li-
quefazione diventa liquida, proprio come la mo-
dernit.
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Repubblica Nazionale
assione e vanit, competenza e furore, denaro e tecnica, ragione e senti-
mento. E numeri. il presidente del pallone. Non pi un ricco scemo, co-
me nel lontano calcio dei nababbi, di certo non pi scemo e neanche pi tan-
to ricco. C chi si rovinato, per quella poltrona imbottita (anche di chiodi)
in tribuna centrale. E poi si capovolto un mondo. Giocatori che minaccia-
no sciopero neanche fossero tornitori o assistenti di volo, sponsor che scap-
pano (58 milioni di euro investiti per questo campionato, appena un anno
fa erano 75), tifosi che sarrabbiano (per la tessera che vorrebbe schedarli) e
che non sabbonano pi (meno venti per cento complessivo), un mercato
meno obeso (200 milioni di euro di scambi, lanno scorso erano stati 464),
un Everest di debiti (due miliardi di euro per la sola serie A), stadi decrepiti e
niente legge per diventarne padroni (il provvedimento fermo alla Camera
da due anni). Solo una risorsa sicura, finch dura, i diritti televisivi: 930 mi-
lioni di euro per questo campionato, 965 per il prossimo. E dopo?
Il presidente pu incarnarsi in svariate figure. Ci sono il magnate, il ty-
coon, il petroliere, insomma i miliardari vecchio stile. I volti noti e le facce ar-
rivate ieri. Ne abbiamo scelti due: unicona, Maurizio Zamparini, Palermo,
e una novit, Igor Campedelli, Cesena. Due modi, e due mondi.
Passa per un cannibale di allenatori, per un Hannibal Lecter dello spo-
gliatoio, perch in carriera ne ha spolpati 28, per Maurizio Zamparini
molto di pi e molto meglio. Sessantanove anni, cinque figli, 3.500 dipen-
denti, costruttore di ipermercati, presidente prima di Pordenone e Venezia,
ora del Palermo (dal 2002: 12 allenatori in 8 anni), e stava per comprarsi il Ge-
noa. Friulano di Sevegliano, 1269 anime in provincia di Udine, uffici a Ver-
giate, Varese, dove Zamparini va una volta a settimana col jet privato. Co-
manda come un faraone, lo dicono sensibile e magnetico, facile alla com-
bustione e sensitivo. Vede prima, e pi in l degli altri. Prende giocatori qua-
si sconosciuti e li rivende campioni: Toni, Cavani, Barzagli, Zaccardo, Kjaer,
Amauri. Il prossimo sar El Flaco, al secolo Javier Pastore, 21 anni. E poi il
nuovo stadio trasparente allo Zen, e lo Zampacenter, il centro commer-
ciale che sorger a Fondo Raffo, Palermo, con quel nome da Ufo Robot.
Maurizio Zamparini, chi il presidente di calcio?
Un personaggio che si trovato preso in mezzo, per gli piace da matti.
ambizioso, ama apparire. Un godimento che si paga carissimo, perch
questo mestiere costa soldi e se non stai attento ti manda sul lastrico: basta
una retrocessione. Io ho messo sul tavolo 90 milioni di euro per prendere il
Palermo e, dopo, neanche un centesimo, perch ci autofinanziamo. Il no-
stro bilancio 2009 stato definito il migliore della serie A. I grandi club han-
no i soldi, ma a volte i ricchi sono flaccidi, non possiedono arguzia e fanta-
sia. Io, modestamente, s. Mi ritengo tra i pochi che capiscono davvero di cal-
cio: come me Cellino, Pozzo, Luca Campedelli e mica tanti altri. I giocatori li
scelgo dopo averli visti in cassetta. Quando mi hanno mostrato Pastore, ho
ordinato: salite sul primo aereo, e se tornate senza di lui vi licenzio. La svol-
ta per il calcio in crisi saranno gli stadi di propriet, se il Parlamento si deci-
de a varare una legge che conviene a tutti. Non voglio poliziotti in curva e gab-
bie per tifosi, non sono rottweiler ma persone, e se i miei ultr fanno danni
ne risponder io. Il meridione la parte migliore dItalia, qui investir sem-
pre di pi. Lo sciopero dei giocatori? Devono vergognarsi dei loro stipendi,
e la colpa anche nostra: troppo potere ad atleti e procuratori. folle consi-
derarli lavoratori dipendenti, sono autonomi a tutti gli effetti. Io folcloristi-
co? Scemenze, non mi infurio mai. Vedo le cose, capisco di calcio e decido.
Igor Campedelli ha 36 anni, tre figli, ed presidente del Cesena dal 2007.
Ha appena battuto il Milan sborsando 8,3 milioni di stipendi per tutta la sua
squadra, meno della paga annuale di Ibrahimovic. Imprenditore immobi-
liare (Medio, niente di pi) ed ex calciatore, ha scelto giocatori di 17 na-
zionalit diverse (Metto il becco e so farlo, sono cresciuto a pane e pallo-
ne). Chi guadagna di pi, prende 350 mila euro lordi allanno (Jimenez),
mentre la media della serie A 900 mila. Nomi come Schelotto e Giaccheri-
ni sono gi futuro. Igor Campedelli (non parente di Luca, presidente del
Chievo miracoloso) ha inventato il calciatore a cottimo (incassi se vinci), ha
appena risistemato lo stadio Manuzzi (23.900 posti) e gli abbonati conti-
nuano a salire, come se Cesena non fosse in Italia.
Igor Campedelli, chi il presidente di calcio?
Una persona con un progetto sportivo chiaro e con un imperativo asso-
luto: far tornare i conti. un capo dazienda: qui lavorano cento persone, pi
undici in campo. Quando sento dire che il calcio un giocattolo, vado in be-
stia. Sono partito da Savignano sul Rubicone, mi occupavo del settore gio-
vanile della Savignanese. Mio fratello Nicola giocava nel Cesena, si ruppe un
piede e chiuse la carriera in tre minuti, perch il calcio sa essere crudele, ol-
tre che magnifico. Qui i giocatori hanno capito che la base dello stipendio
non devessere alta, per la cifra cresce con i risultati: il rischio dimpresa se
lo accollano anche loro. Siccome a Cesena si vive bene, c chi ha deciso di
guadagnare un po meno. Ho preso la societ mentre stava retrocedendo
nella vecchia C, e con tanta fatica labbiamo rianimata e portata fin qui. Ora
alziamo lasticella. Un presidente deve anche saper dire no, altrimenti si ro-
vina. Massimo rispetto per grandi club e fuoriclasse, per un altro modello
di calcio possibile. Gli stadi di propriet ci renderebbero meno schiavi del-
le tiv. Lo sciopero? I privilegi restano troppi. Il nostro mondo sta cambian-
do, esistono giovani procuratori preparatissimi, appena usciti dalluniver-
sit, non solo i maneggioni vecchio stile. Anche tra i presidenti c movi-
mento, e aria di cose nuove. Le mie parole chiave? Tre. Flessibilit, passione
e lavoro. Lavorare mi piace tanto.
36 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
lattualit
Autunni caldi
C il magnate, c il tycoon e c il petroliere. Ci sono i volti noti
e quelli appena arrivati. C chi lo fa per passione e chi per vanit,
chi ci mette il denaro e chi la tecnica. Ma tipologie a parte,
che cosa vuol dire far funzionare una societ calcistica?
Allombra dello sciopero minacciato dai loro ragazzi,
lo abbiamo chiesto a due patron molto diversi:
Maurizio Zamparini (Palermo) e Igor Campedelli (Cesena)
Presidente
un mestiere
nel pallone
il
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MAURIZIO CROSETTI
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HERMANN BAUER
Genoa (1898)
Il primo scudetto
RENATO DALLARA
Bologna (1934-64)
Quattro scudetti
FERRUCCIO NOVO
Il Grande Torino
(1939-1953)
Repubblica Nazionale
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 37 DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
Anche i calciatori hanno fatto il Sessantotto
GIANNI MURA
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uel 3 luglio 68 nel suo studio di via Fontana 22, a Mila-
no, il notaio Barassi fa lappello: Bulgarelli Giacomo
(Bologna), Castano Ernesto (Juventus), Corelli Gianni
(Mantova), De Sisti Giancarlo (Fiorentina), Losi Giacomo (Ro-
ma), Mazzola Alessandro (Inter), Mupo Carlo (Reggina), Rive-
ra Gianni (Milan), Sereni Giorgio (Padova), pi lex calciatore
(Lanerossi Vicenza, Bologna) Sergio Campana. Assente giusti-
ficato Eugenio Rizzolini (Parma). Sono 11, come una squadra
di calcio, ed nata lAic, il sindacato dei calciatori, subito defi-
nito Sindacato Miliardari (come in questi giorni, 42 anni dopo).
Giacomino Losi, detto Core de Roma, aveva anticipato, in
unintervista dellanno prima, problemi della categoria e iden-
tikit del presidente: Bisogna assicurare un avvenire a tutti, sia-
mo degli sbandati. I miei compagni di squadra appena accen-
no al sindacato dicono bella roba e girano le spalle. Ci vor-
rebbe uno come Campana, che sa di calcio e di leggi. Di cal-
cio, da attaccante, ha avuto per allenatore Scopigno che gli da-
va del lei e gli diceva: Domani stia sulla sinistra e faccia quello
che le pare. Ne aveva avuto un altro, Andreoli, che lo rimpro-
verava vedendolo studiare sui testi universitari. Non va bene,
cos fai soffrire la muscolatura. E quelli che stanno per ore a
giocare a carte? ribatteva Campana. Loro no, non sono inte-
ressate le stesse fasce.
In breve la situazione questa: un sindacato non lo vuole la
maggior parte dei calciatori e nemmeno lo vuole il Palazzo, che
detiene tutti i poteri grazie al vincolo. Non accetti il trasferi-
mento? Hai chiuso col calcio. Ogni calciatore solo a difende-
re i suoi interessi, i procuratori ancora non esistono. Lunica
soluzione coinvolgere i grossi nomi, che si fanno coinvolge-
re volentieri. nel ritiro della Nazionale che i capitani (quasi
tutti centrocampisti di gran talento) discutono, si parlano, but-
tano gi bozze. Lultima riunione, quasi tra carbonari, prima
di andare dal notaio a Milano, a Bologna, il 17 maggio.
Il calcio italiano messo cos: due anni dopo la fatal Corea
vince lunico Europeo della sua storia e tra due anni arriver in
finale in Messico, dopo lesaltante 4-3 alla Germania. Il 68,
chiedo a Campana, una data casuale? Forse s ma per me no.
Cerano fermenti nel nostro mondo, si cominciava a parlare di
diritti, di libert. Non molti sanno che c un precedente e ri-
sale al 1945. Lidea di Felice Borel II detto Farfallino, di Anni-
bale Frossi detto il Dottor sottile e di Bruno Camolese, che gio-
ca in A nel Vicenza, laureato in Legge (come Frossi) e ha lo stu-
dio a Bassano del Grappa, dov nato Campana. Nel 50 questo
abbozzo di sindacato si spegne lentamente, non essendo rico-
nosciuto n dai calciatori n dal Palazzo. Ma tra Camolese e
Campana si stabilir un forte rapporto di stima e amicizia, e il
sindacato nato nel 68 avr pi successo.
La prima battaglia vinta quella contro la grande nemica
della categoria, la clausola del 40%. In breve: al calciatore che
non gioca almeno 20 partite su 30 in serie A e 24 su 38 in serie B
viene automaticamente tagliato il 40% dello stipendio. Non
importano i motivi, sia infortunio o cattiva forma o insubordi-
nazione. Curiosamente, molti si fermano, anche se in perfetta
salute, a 19 partite in A e 23 in B, perch allenatori conniventi
coi presidenti fanno loro risparmiare un bel mucchio di soldi.
Nella primavera del 69, lAic ha chiesto da tempo la cancella-
zione retroattiva della clausola, la Lega ci sta ma a partire dalla
stagione successiva. I campioni si espongono in prima perso-
na. Mazzola: importante abolirla perch tutti si rendano
conto che non siamo pi a ventanni fa. Rivera: Abbiamo at-
teso sette mesi, adesso siamo stanchi. E qui esce per la prima
volta la parola sciopero, per l11 maggio, penultima giornata di
A. Il 10 maggio la Lega cede e accetta la cancellazione retroat-
tiva. E poi cadr il vincolo e ci saranno tante altre vittorie.
Oggi tutto pi difficile, i campioni ci mettono la faccia me-
no volentieri, c meno solidariet per le categorie pi basse ed
esposte e la fantasia non andata al potere nemmeno tra i ti-
tolisti: Sindacato Miliardari. Che pure una bella canzone di
Paolo Conte, ma non parla di calcio.
LE PRIME RIUNIONI
Nell aprile 1969 uno
dei primissimi consigli
direttivi dellAic,
in vista della commissione
paritetica della Lega Calcio
Da sinistra in senso orario:
il presidente Campana,
Bulgarelli, Rivera, Sereni,
De Sisti, Corelli, Sandro
Mazzola e Mupo
tanto hanno investito
gli sponsor
nel campionato in corso:
nello scorso i milioni
di euro investiti furono 75
58 milioni
la montagna di debiti
accumulati nella sola
serie A del campionato
dalle varie societ
calcistiche
2 miliardi
unica nota positiva,
i diritti tv: 930 milioni
di euro per questo
campionato, 965
previsti per il prossimo
930 milioni
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EFISIO CORRIAS
Cagliari (1968-71)
Uno scudetto
DINO VIOLA
Roma (1979-91)
Uno scudetto
GIAMPIERO BONIPERTI
Juventus (1971-90)
Nove scudetti
ANGELO MORATTI
Inter (1955-68)
Tre scudetti
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Repubblica Nazionale
E cos ci hanno ammazzato Ferdinando!. lincipit
del capolavoro antimilitarista di Jaroslav Haek, scritto
tra gli anni della finis Austriae e il primo conflitto mondiale
Affresco leggero delle miserie umane, condanna della carneficina nata
da un assurdo, satira delle ipocrisie tutte patria e imperatore. Censurato in Italia
dal fascismo, ora torna in libreria con le illustrazioni della versione originale
CULTURA
*
I
l bravo soldato vejk, limmortale creazio-
ne di Jaroslav Haek, attraversa due mo-
menti estremamente significativi del No-
vecento, la finis Austriae e la prima guerra
mondiale. Il tramonto di un impero, ormai,
secondo gli anatemi del popolino, gover-
nato da un monarca imbecille e scimmiesco, inca-
pace persino di gestire i propri bisogni corporali e
la carneficina frutto di un conflitto gigantesco e
per molti versi assurdo. vejk viene a sapere del-
lattentato di Sarajevo dalla sua governante signo-
ra Mllerov, mentre intento a massaggiarsi le gi-
nocchia. E cos ci hanno ammazzato Ferdinan-
do! un incipit indimenticabile. Anche perch
vejk ne approfitta subito per dire che lui, di Fer-
dinandi, ne conosceva due, il primo che faceva il
garzone di un droghiere e il secondo che racco-
glieva la cacca dei cani. E quando laffittacamere
chiarisce che si trattava dellarciduca, quello gras-
so e religioso, vejk comincia a disquisire su tutto:
la macchina, la pistola, gli attentati Nella vicen-
da rester impigliato anche loste Palivec, figura
centrale nella narrativa haekiana: diceva merda e
culo ogni due parole, ma qui, di fronte a un agente
di nome Bretschneider che fa di tutto per fargli am-
mettere qualcosa di compromettente, si perde per
aver detto che le mosche avevano riempito leffi-
gie dellimperatore di cacatine e dunque lui aveva
messo il ritratto in soffitta. Palivec si beccher do-
dici anni di carcere, ma la cosa non sconvolge n
lui n tutto sommato noi lettori: Haek ci abitua da
subito ad accettare a cuor leggero le tragedie del-
lumanit e dei singoli. Non bisogna forse morire
allegramente per limperatore e per la patria?
quello che dir vejk a ogni pi sospinto: nessuno
un militarista pi convinto di lui, nessuno , co-
me lui, pronto a esaltare il fatto che una carnefici-
na di soldati seppelliti alla belle meglio in un cam-
po, invaso dal fetore della decomposizione, por-
ter molti benefici ai futuri raccolti.
La faccia di vejk e i suoi occhi celesti trasudano
innocenza: nella lunga serie delle vicende che lo
vedono protagonista, spesso sullorlo della fucila-
zione o dellimpiccagione per equivoci vari, molte
volte ristretto agli arresti, sbattuto in manicomio,
sospettato dessere un simulatore o una spia rus-
sa, vejk sar sempre lieto di servire lesercito e i
suoi superiori e mai rinuncer alla formula di rito
in uso tra subalterni e ufficiali Faccio rispetto-
samente notare.
Quando noi incontriamo vejk, ormai da anni
in congedo, ma pronto a correre in caserma, ve-
niamo a sapere, lo abbiamo gi visto, che alloggia
presso una certa signora Mllerov e che per vive-
re vende cani bastardi spacciandoli per cani di raz-
za. Lo si fa bene, teorizzer a un certo punto, in-
tontendo lacquirente con un mare di chiacchie-
re. Le continue digressioni di vejk sono dunque
unarma e valgono altrettanti depistaggi renden-
do il capolavoro di Haek una storia che contiene
in realt centinaia di microstorie. Sapremo subito
che vejk allesercito risulta essere un idiota no-
torio.
Haek lavor fin dal 1911 intorno a questo per-
sonaggio a pi riprese, confezionando racconti e
finalmente, nel 21, il grande romanzo che rimase
incompiuto (quasi mille pagine). Ora Giuseppe
Dierna lo ha magnificamente tradotto per Einau-
di (I Millenni) dedicandogli anche un cospicuo
saggio introduttivo che d conto della vicenda edi-
toriale e del milieu culturale in cui lopera di Haek
(che un coetaneo e un concittadino di Kafka) si
colloca. La precedente traduzione di Renato Pog-
gioli risaliva agli anni Trenta, ma la pubblicazione
era stata ostacolata dal fascismo e avrebbe visto la
luce solo dopo la guerra, integrata poi da Bruno
Meriggi. Come il suo personaggio, Haek stava e
scriveva volentieri allosteria (tutta la guerra nei di-
scorsi tra vejk e un suo commilitone sembra es-
sere una parentesi tra due birre: per questo i due si
danno appuntamento a guerra finita Al calice,
tra le sei e le sei e mezza).
Di vena facile, Haek scriveva esattamente
quello che serviva alla puntata (Le avventureusci-
rono a fascicoli) e avrebbe potuto continuare al-
linfinito, a costo di essere persino un po ripetiti-
vo. I bersagli di Haek sono da subito chiari: la
grande impalcatura dellimpero multilingue gli
appare ormai come una costruzione retorica, le-
sercito e la guerra non sono da meno. Che senso
ha mandare al fronte un supplente di matemati-
ca nella speranza che ammazzi un altro supplen-
te di matematica, schierato con il nemico? E che
senso ha per un cappellano militare benedire le
truppe che vanno al massacro invocando la pro-
tezione di Dio, mentre in campo nemico avviene
la stessa identica cosa? Disgustato, Haek ha crea-
to cappellani militari particolarmente lontani
dalla religione e dediti anzi alla crapula pi sfre-
nata. Di uno, il Feldkurat Otto Katz, sempre ubria-
co e in bolletta, vejk diventa attendente. Un so-
lerte attendente che procura un catechismo al suo
superiore perch ripassi almeno la procedura del-
lestrema unzione. Ma Katz (che tiene sul como-
dino una copia del Decameron) perder vejk a
carte e dunque il bravo soldato passer alle di-
pendenze del tenente Luk, un militare di carrie-
ra amante del bel vivere e delle belle signore, spe-
cie se sposate. vejk sar la sua dannazione, ma
talvolta anche il suo conforto.
impossibile dire in breve quel che accade a
vejk, in perenne movimento (spesso in direzione
contraria a quella che la logica vorrebbe) per rag-
giungere il fronte. Non ci arriver. Il suo destino
la routine militare. Tra gli altri protagonisti eccel-
le un volontario con ferma annuale che, incarica-
to di scrivere la storia del battaglione, la annota al-
legramente in anticipo, descrivendo il modo in cui
38 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
La guerra giusta solo in osteria
PAOLO MAURI
IL SOLDATO
Il volto sorridente, gli occhi celesti che trasudano
innocenza: vejk sempre
lieto di servire lesercito e i suoi superiori
LA GOVERNANTE
La Mllerov la governante della casa
in cui alloggia il personaggio creato da Haek
Da lei vejk ha notizia dellattentato di Sarajevo
Repubblica Nazionale
creperanno i suoi commilitoni carichi di gloria.
C poi un soldato gigante perennemente affama-
to che ruba il cibo dappertutto e un sottotenente
incazzoso che a tutti recita la formula Lei non mi
conosce, intendendo dire che presto riveler il
suo lato cattivo facendo piangere il soldato in que-
stione.
Nella biblioteca ideale di Haek abbiamo gi no-
tato la presenza di Boccaccio. Viene citato anche
Rabelais per via della fame pantagruelica di un al-
tro Feldkurat e il don Chisciotte. Riferimenti per-
fetti: in fondo anche vejk un cavaliere avventu-
roso le cui peripezie sono quasi sempre fondate su
un equivoco (non credo che Haek conoscesse il
Bertoldo di Giulio Cesare Croce, ma per qualche
via un po della sagacia di quel villano astuto
giunta fino a vejk).
Haek, morto giovane e dimprovviso, non riu-
sc a finire il suo capolavoro ed trascurabile che
qualche altro si sia incaricato di concludere quel-
le avventure. In realt vejk infinito, come vide
Brecht che lo riesum per la Seconda guerra mon-
diale. un personaggio che vive anche al di l del
libro e persino si trova nei negozi per turisti di Pra-
ga sotto forma di burattino in divisa. Un po come
Pinocchio. Chi ha la fortuna di non averlo mai let-
to se lo gusti con calma: una compagnia piace-
volissima e allarmante, lo specchio di un mondo
grandioso e grottesco da cui, volere o no, discen-
diamo tutti noi.
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 39 DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
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IL LIBRO
Le vicende del bravo soldato vejk durante
la guerra mondiale, ovvero le tragicomiche
avventure di un antieroe catapultato
senza alcuna convinzione al fronte,
il romanzo pi celebre della letteratura ceca
Uscir per Einaudi marted 21 settembre
(Collana I Millenni, 1002 pagine, 85 euro)
Le illustrazioni sono quelle originali di Josef Lada
Un monarca imbecille
e scimmiesco, cappellani
che non sanno il catechismo,
ufficiali sempre ubriachi...
I DISEGNI
In queste pagine, le vignette originali realizzate dal pittore ceco
Josef Lada per illustrare, in modo ironico e divertente, il capolavoro
dellamico Haek. In particolare, i disegni si riferiscono al primo
capitolo delle Vicende del bravo soldato vejk
LOSTE
Figura centrale nella narrativa haekiana,
Palivec noto per essere molto sboccato
Il vizio gli coster ben dodici anni di carcere
IL POLIZIOTTO
Cliente dellosteria Al calice lagente di polizia
Bretschneider cerca di attaccare discorso
con loste per carpirgli informazioni
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Ha una parola per tutti.
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Repubblica Nazionale
In mezzo secolo ha alternato
momenti bui a grandi ritorni
Oggi viene riscoperta
grazie alla Rete. A trentanni dalla scomparsa di Vinicius de Moraes
il suo compagno di avventura Toquinho racconta la seconda vita
di un genere al di sopra delle mode: Vi assicuro, compreso il rock
SPETTACOLI
40 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
RAVELLO
I
l futuro della Bossa? Joao Gilber-
to. Antonio Pecci Filho, meglio co-
nosciuto come Toquinho, ride for-
te nella hall di uno storico palazzo a
strapiombo sulla costiera amalfitana. Leffetto car-
tolina di notte assicurato e a stemperare laria
amarcord pensa il sessantaquattrenne musicista
di San Paolo con nonni italiani e un impressionan-
te cursus honorum nella musica brasiliana con-
temporanea. Toquinho ha da poche settimane
concluso i concerti italiani di Ricordando Vini-
cius, il tour che ha celebrato il trentennale della
scomparsa del poeta modernista di Rio, morto il 9
luglio 1980, di cui stato il pi stretto collaborato-
re per lungo tempo.
Nel suo vocabolario assente la parola nostalgia.
Larte del ricordo lo porta a sorridere, a evocare
gioia: Trentanni senza Vinicius sono unassenza
per me, per il Brasile, per il mondo. In vita stato
molte persone e sembrava avere il dono dellubi-
quit. Abbiamo vissuto molto insieme. Mi manca
come amico e compagno di avventura, ma preferi-
sco pensare che sia in viaggio, magari a Parigi. Vi-
nicius era luomo che arrivava sempre, mentre gli
altri partivano. Era un poeta eclettico, in grado di
scrivere per i bambini e per i giorni di festa, raccon-
tando la gioia e la sofferenza. Diceva sempre che i
poeti amavano attraverso i muri. E lui ha cercato
lamore eterno, perfetto, la passione con tutte le
forze. Ha sposato otto donne credendo sempre
ogni volta di avere scelto quella della sua vita. Lho
visto piangere pi volte per amore, lui, lunico let-
terato in grado di scrivere poesie gi adattate me-
tricamente per la musica. Un talento unico e irri-
petibile.
Antonio Jobim, Joao Gilberto, Vinicius De Mo-
raes sono stati la santissima trinit della Bossa No-
va alla fine degli anni Cinquanta. Lunico supersti-
te di quella formidabile squadra di lavoro proprio
Gilberto, additato da Toquinho come la speranza
del domani, una provocazione come quella di
Andy Warhol quando defin i Pink Floyd il futuro
del rock. Dico questo perch non ha tempo di-
ce, sforzandosi di rimanere serio stato lui a spo-
stare i confini del vecchio samba. Vinicius, Jobim,
Baden Powell, Carlos Lyra hanno capito e lo hanno
seguito. un artista maniacale. Pu allenarsi anche
per sei mesi per eseguire una sola canzone. Vive per
raggiungere la perfezione. Io sono stato fortunato
a essere l, unico rappresentante della mia genera-
zione a essere ammesso in quella universit della
musica. Sono stato lanello di congiunzione tra il
passato e il presente.
Un anello tanto solido da aver deciso di tentare
un salto mortale, quello di incidere un album (che
vedr la luce nei prossimi mesi da noi) con il rocker
carioca Paulo Ricardo intitolato Viva Vinicius, tre-
ALFREDO DAGNESE
La ragazza di Ipanema
dimentica la saudade
LE IMMAGINI
In alto a destra,
Toquinho
con la sua chitarra
In queste pagine,
copertine di dischi
storici di bossa nova
Repubblica Nazionale
Rio de Janeiro 1960
il cuore del mondo
GINO CASTALDO
C
hi non ha fatto per una volta il gioco: quan-
do e dove avresti voluto essere una volta
nella vita? Le risposte possibili sono tante,
ovviamente, anche solo limitandosi al secolo
passato: la Parigi del 1925? La San Francisco del
1967? Uno di questi imperdibili luoghi dello spa-
zio-tempo sicuramente Rio de Janeiro, tra il
1958 e il 1960. In quei mesi un gruppo di illumi-
nati, avvolti in una bohme leggiadra e sensuale,
decisero di inventare una nuova musica, la Bossa
Nova per lappunto, che distillava gli africani
ritmi del samba in un delicato uptempo capace di
stregare chiunque lascoltasse.
La sacra trinit di questo nuovo verbo, influen-
te e dilagante come un vangelo scritto con appa-
rente understatement, era formata da tre purissi-
mi geni: Tom Jobim, il musicista, compositore,
creatore di melodie che ancora oggi producono
scintille di piacere, Joao Gilberto, linterprete
inarrivabile, maestro zen di invisibili perfezioni,
capace di scuotere le fondamenta della musica
con semplici microvariazioni di ritmo, e infine Vi-
nicius De Moraes, il grande poeta che rifiut gli
onori dellaccademia per raccontare la vita, quel-
la vera, e adattarla su queste nuove miracolose
melodie. Non cerano solo loro ovviamente, ma
le grandi folgorazioni arrivarono da loro tre, mae-
stri di vita, eretici saggi e impudenti, amici e cul-
tori dellamicizia, strambi e imprevedibili eroi di
magnifiche notti in cui ci scambiava idee, amori,
malinconie, paesaggi e storie, in una Rio de Ja-
neiro gonfia di protettivi locali in cui perdere in-
tere nottate a bere e cantare, e di strade intasate di
ritmi primitivi e lussureggianti.
A colpi di pezzi come Chega de Saudade, Garo-
ta de Ipanema, Desafinado, Samba de una nota
so, il gruppo degli illuminati lanci un amo am-
maliante al mondo il cui riverbero, si pu dire,
non mai finito. I night club di tutto il pianeta,
Dolce Vita compresa, ne fecero una semplifica-
zione per cuori teneri e appartati, in compenso il
jazz prese la pi colossale infatuazione mai avu-
ta in tutta la sua storia per qualcosa che arrivava
da fuori dallAmerica, al punto che Joao Gilberto
fu letteralmente rapito dai jazzisti di stile califor-
niano per dischi memorabili, e poi, somma di-
chiarazione di resa, alcuni pezzi, in particolare
quelli scritti dalla coppia Jobim e De Moraes, co-
me Agua de beber e Garota de Ipanema, sono en-
trati nel repertorio standard dei pi prestigiosi
vocalist, vedi Sinatra ed Ella Fitzgerald.
Ma infine cosera la Bossa Nova? A definirla ci
hanno provato in tanti. Diciamo pure una legge-
ra increspatura poetica, una sfida al senso di gra-
vit, un ritmo che sembra non ripetersi mai esat-
tamente allo stesso modo, un canto che fatto di
sussurrati e progressivi slittamenti in avanti. Ma
forse limmagine pi emozionante ce lha offerta
uno degli eredi di quella prima rivoluzionaria ge-
nerazione, ovvero Caetano Veloso, raccontando
della sua adolescenza a Santo Amaro, nella pro-
vincia di Bahia. Un giorno, ha detto, ascolt alla
radio Joao Gilberto che cantava Desafinado. Ri-
mase senza fiato. Non aveva mai sentito niente di
simile, un alieno gentile che sembrava figlio as-
soluto della tradizione brasiliana ma allo stesso
tempo nuovo, inedito, ancora non del tutto com-
prensibile tanto era moderno, ma sicuramente
superiore. Era la voce da un altro mondo che gli
diceva quello che avrebbe dovuto fare da grande:
scrivere canzoni, cantare, interpretare il mondo
con una visione di ritmi e melodie. Anni dopo,
proprio su Joao, ha scritto un verso che sembra
definitivo: Pi di tutti c Joao, e pi di Joao c so-
lo il silenzio.
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LA DOMENICA DI REPUBBLICA 41 DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
dici tracce tra cui linedita Romeo e Julieta, una bal-
lata rimasta nei cassetti per decenni e ritrovata alla
vigilia delle registrazioni. Ho dovuto sudare per
convincere i suoi eredi a darci lautorizzazione. Ab-
biamo utilizzato rock ed elettronica per dare nuo-
vi arrangiamenti a vecchi brani. So che mi crocifig-
geranno quando arriver nei negozi, ma sono sicu-
ro che Vinicius oggi amerebbe essere considerato
un pop artist. Questo disco gli piacerebbe. Non
lunico progetto in corso. Nel 2011 dovrebbe arri-
vare nei negozi anche Opera de arte, disco realizza-
to a quattro mani con lo scrittore Antonio Skrme-
ta, una collaborazione spericolata in italiano, spa-
gnolo e portoghese che in qualche modo continua
lo sposalizio tra musica e letteratura che per anni
Toquinho ha sperimentato con de Moraes. Mi
sento un irresponsabile, ma lunico modo di an-
dare avanti. C un rispetto che castra larte, men-
tre io voglio essere allegro e tranquillo. Come dice-
va il calciatore Socrates, non bisogna avere lango-
scia del gol. Altrimenti fallisci. Portare in scena O
Poetinha una sfida che puoi vincere solo appel-
landoti al senso della leggerezza.
A cinquantanni dalla sua nascita la Bossa an-
cora una cosa viva. Tra qualche giorno arriver nei
negozi Estticadi Marcos Valle, uno dei campioni
di questo genere che per loccasione unisce melo-
die, fiati, archi e sintetizzatori. Altro ritorno impor-
tante quello di Gilberto Gil con F Na Festa, ulti-
mo arrivato di una produzione di cinquantadue al-
bum con cui il padre fondatore del tropicalismo ha
conquistato sette Grammy e svariati dischi doro e
di platino. Ma per Toquinho la Bossa sta diventan-
do eterna, una febbre che in tutto il mondo e che
ha avuto landamento di una ola. Ha alternato mo-
menti bui a grandi ritorni. Oggi i giovani lhanno ri-
scoperta grazie a Internet, cos cominciata una
nuova rilettura. La Bossa inarrestabile, sta viven-
do una nuova stagione al di sopra delle mode. nel-
la chitarra di ognuno di noi, anche di chi apparen-
temente fa altro. nelle corde di Caetano Veloso e
di Chico Buarque, nelle voci di Bebel Gilberto, Ro-
sa Passos e Marisa Monte, nelle percussioni di Car-
linhos Brown, nelle note dei sambisti. Non possia-
mo pi liberarci della Bossa Nova. E il futuro? To-
quinho scuote la testa, si passa la mano tra i capel-
li ingrigiti dagli anni. Difficile parlare oggi del do-
mani. Lindustria e il mercato sono sempre pi
chiusi, la tv non trasmette musica perch non fa au-
dience, lhome recordinginflaziona la produzione.
Si fanno troppi dischi e molti sono di scarsa qualit.
Ma sono certo che pi passer il tempo pi la Bos-
sa si consolider. un sentimento perpetuo nel
tempo. un giorno di sole sulla spiaggia di Rio, un
massaggio allanima. Il rock, a confronto, invec-
chiato peggio. Woodstock e Janis Joplin hanno
unimmagine quasi antica. La ragazza di Ipanema
ha una freschezza che oggi non riconosco pi in Sa-
tisfaction. Il futuro sono il rigore e lo studio, il pro-
fessionismo maniacale. Vede? Stiamo diventando
un po tutti Joao Gilberto.
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Repubblica Nazionale
42 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
i sapori
Forti
LOktoberfest lo celebra
in questi giorni a Monaco
con le migliori birre
Ma a battezzare il panino
pi conosciuto al mondo
sembra sia stato un venditore
di salsicce di New York
Il suo consumo ovunque
in costante ascesa
e di pari passo aumenta
il rischio di trasformarsi
in tipico esempio di junk food
Perci addentatelo pure
ma attenti alla qualit
N
on condanner nessuno per aver messo del ketchup sullhot dog. Siamo
una terra di libert. nel diritto di chiunque mettere maionese, o scirop-
po di cioccolata o peli di gatto. loro diritto essere dei barbari. Il premio
Pulitzer americano Mike Royko era serissimo, mentre con un celebre mo-
nologo metteva i paletti alla preparazione del cane bollente in versione
chicagoan. I concittadini del presidente Obama, infatti, si considerano i
depositari della ricetta-madre, quella dei puristi dellhot dog: pane, wurstel e senape (mustard).
In realt, pare che a battezzare il panino pi consumato del mondo sia stato un venditore di sal-
sicce al New York Giants Stadium. Il suo slogan: Get your dachshund sausages while theyre hot,
comprate le salsicce (dove dachshund identifica il bassotto tedesco, di cui ricordano la forma)
mentre sono bollenti, si accorci rapidamente, grazie allinglese spiccio e sincopato degli ameri-
cani. Una contrazione lessicale sancita qualche tempo dopo dalla matita del vignettista Tad Dor-
gan, con il suo bassotto a mo di wurstel, stretto tra due fette di pane.
Esattamente come per lhamburger, il cui nome deriva dalle linee navali amburghesi in colle-
gamento con gli Stati Uniti su cui si mangiavano i dischi di carne arrostita, anche in questo caso il
cibo di sussistenza importato dagli
emigranti tedeschi stato rapida-
mente assunto come proprio. Una
trasformazione che ha fatto di pa-
ne & salsiccia un campione della-
limentazione, orgoglio di uninte-
ra nazione e come tale sottoposto
ai consueti tourbillon di marketing
e iperproduzione.
Cos, tra un campionato mon-
diale di mangiatori il 5 luglio scorso, lannuale Nathans Famous International Hot Dog Eating
Contest, trasmesso in diretta tv, stato vinto da Joey Chestnut con 54 hot dog in 10 minuti e i
consumi in ascesa costante e vertiginosa 150 milioni di pezzi solo durante la festa americana
dellIndipendence Day sullimpero degli hot dog non tramonta mai il sole.
Peccato che la qualit media sia tristemente bassa: pani collosi, salsicce improbabili e salse da
bruciore di stomaco avviliscono un cibo da strada goloso come pochi altri, trasformandolo in
esempio perfetto di junk food. Basta cercare in Rete per verificare attraverso i video industriali (co-
me quelli della serie How they are made) le modalit con le quali inquietanti mix di carni indi-
stinguibili, pressate, sterilizzate, aromatizzate irrorate con i famigerati smoke flavours, il fumo
chimico pi volte finito sotto accusa per sospetta cancerogenicit, diventano gli insaccati desti-
nati a farcire i lunghi panini caldi di chioschi e rosticcerie.
Se invece lOktoberfest (fino al 3 ottobre) la vostra meta, risalendo lItalia fermatevi a Rovere-
to ad ammirare lHot Dog disegnato da Roy Lichtenstein nel 1964 e ospitato al Mart, il museo di
arte contemporanea di Rovereto. Arrivati a Monaco, un bellhot dog artigianale al Viktualien-
markt, il glorioso mercato cittadino, vi riconcilier con la salsiccia bassotto. Crauti a piacere.
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Quando il wurstel
cade nel sandwich
Pane al latte
Burro e latte nellimpasto
dei filoncini morbidissimi,
spennellati di latte
in superficie
prima della cottura,
da bucare sullapposito
attrezzo o tagliati a met
per accogliere
il wurstel e le salse
Wurstel
La salsiccia di Francoforte,
simile al corpo
di un bassotto,
fatta con carni bovine
e suine macinate
finissime, emulsionate
con aromi e additivi,
cotte a vapore
e insaccate nel budello
Senape
Semi di Brassica Alba
(o juncea), macinati
e addizionati con sale,
zucchero, aceto
e spezie per la salsa-base
(mustardin inglese)
Esiste in versione
piccante o dolce
(suesser senf)
Ketchup
Cipolla, sedano
e aglio per il soffritto
in cui cuocere polpa
di pomodoro, alloro,
timo, aceto e senape
Chiodi di garofano,
zucchero e cannella
per regalarle una nota
dolce e speziata
Maionese
a base di rosso duovo
e olio (da quello di semi
allextravergine) la regina
delle salse fredde
Limone e/o aceto
per acidulare
Al posto del tuorlo
si pu usare
la lecitina di soia

LICIA GRANELLO
Hot
dog
le calorie complessive
di un hot dog
247
i visitatori dellOktoberfest
a Monaco di Baviera
6.000.000
lanno in cui il panino viene
battezzato cane bollente
1867
Repubblica Nazionale
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 43 DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
Hot Fish
Al Les Parasols di Numana, Ancona, Marco
Perissinotto prepara un wurstel a base di tonno
e spezie. Tra due fette tostate di ciabatta,
anche pomodori, lattuga e maionese al peperone
Mini
Pier Christian Zanotto del ristorante Gambrinus
di San Polo in Piave in provincia di Treviso serve
come stuzzichino una versione in miniatura,
farcita con salmone selvaggio e aneto
Tartufo
Al Serendipity 3 di New York, Joe Calderone
ha ideato una versione extra-lusso: il pretzel
viene farcitocon olio extravergine e burro al tartufo,
foie gras danatra, mostarda di Digione e cipolle
Calamari
Moreno Cedroni Madonnina del Pescatore,
Senigallia cambia il protagonista della ricetta,
infilando nel panino una salsiccina
di calamari con emulsione di totani e senape
Vegetariano
Pietro Leeman Joia, Milano ridefinisce il concetto
di wurstel con panino: al posto dellinsaccato
di carne mette gli asparagi. E poi pomodori, fagioli,
pesto genovese e maionese al lampone

Isaac Asimov
Amo gli hamburger,
gli hot dog
e tutta quella roba
ma mia moglie non vuole
Lappuntamento
Ha duecento anni la festa
di birra & gastronomia nata
per le nozze tra il principe Ludwig
e Teresa di Sassonia. LOktoberfest,
che vanta ormai cloni ed eventi affiliati
in tutto il mondo, dallAustralia
(Brisbane) agli Stati Uniti (La Crosse,
Chicago), si svolge a Monaco
di Baviera fino al 3 ottobre
In Italia, negli stessi giorni, birra
e hot dog a Genova e Rieti
NEW YORK
GRAYS PAPAYA
402 Sixth Avenue
Tel. (001) 212-2603532
CHICAGO
HUEYS HOT-DOG
1507 West Balmoral Av.
PARIGI
LA MOSAIQUE
56 rue du Roi-de-Sicile
(Marais)
LONDRA
ROAST
Borough Market
STOCCARDA
IMBISS ZUM
BRUNNENWIRT
Leonhardsplatz 25
Tel. (0049) 711-245021
BERLINO
CURRY 36
Mehringdamm 36
Tel. (0049) 30-2517368
BARCELLONA
THE DOG IS HOT
Joaquin Costa 47
Tel. (0034) 931-859517
MILANO
MARGY BURGER
Piazza Santo Stefano 2
Tel. 02-58303734
BOLOGNA
WOLF PUB
Via Massarenti 118
Tel. 051-342944
FERRARA
BIRRERIA
MAIN STREET
Viale Cavour 85
Tel. 0532-205134
PISTOIA
BAR BENIGNI
Viale Adua 285
Tel. 0573-400436
FIRENZE
TEMPLE HOT DOG
Via Palazzolo 104/r
ROMA
BIRRERIA PERONI
Via San Marcello 19
Tel. 06-6795310
TORRE DEL GRECO (NA)
BULL HOT DOG
Via A. de Gasperi 90
Tel. 081-8814904
Una grande festa per la Baviera
un rito primitivo per noi berlinesi
PETER SCHNEIDER
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L
Oktoberfest una festa pagana unica al mondo e si tiene nella cattolica Baviera del Papa, ma per quan-
to mi riguarda la sento estranea. Io bevo vino, non birra, e bevitori di vino e di birra sono due razze in-
compatibili. Tra gli amanti della birra mi sento uno straniero, un alieno. Non mi appartiene la loro ten-
denza a gridare, a darsi vigorose pacche sulle spalle, n quellaspetto cupo delleuforia pesante dovuta alla bir-
ra. Per questo io allOktoberfest non ci sono mai andato. Non mi attira. E mi stupisce che sempre pi italiani ci
vadano. Guardandoli, ho a volte il sospetto che anche la cultura televisiva la propaganda di un primitivismo
globale li spinga l (ma ubriacarsi insieme di birra non mi sembra il miglior modo di fraternizzare tra due po-
poli). Gli italiani arrivano numerosi, dal paradiso del vino al deserto della birra, vengono soprattutto in camper
e sfidano la rigorosa polizia bavarese parcheggiando in modo spregiudicato.
Eppure, lattrazione per lOktoberfest resta. E resta anche il fatto che sia un evento unico che non sfocia mai
in gravi episodi di violenza. un rito selvaggio in una terra profondamente cattolica, la Baviera in cui nacque
Ratzinger. Ed ecco un altro particolare importante: i numerosissimi stranieri che accorrono a godersi lOkto-
berfest sono convinti di assaggiare la vera Germania. Invece sono solo in Baviera, un luogo e una cultura profon-
damente diversi da Berlino, o comunque dal resto del Paese. LOktoberfest e resta un antico rito prettamen-
te bavarese, un momento di trasgressione e delirio barbarico. Poi, dopo la sbornia, vengono confessione, pen-
timento e ritorno alla normalit quotidiana. Tradizione arciconservatrice, dunque, ma anche modernit estre-
ma, perch in questa stessa terra le aziende sono efficientissime e Monaco funziona molto meglio di Berlino ed
anche pi bella e pi pulita. Certo, una modernit diversissima, inconciliabile con quella berlinese. E infat-
ti bavaresi e berlinesi non si sopportano. LOktoberfest espressione del saper vivere bavarese e una provoca-
zione eterna per il Berlino prussiano. Non a caso i bavaresi corteggiano voglie secessioniste. E dicono Its ni-
ce to be a preiss, its higher to be a bayer, bello essere un prussiano ma pi figo essere un bavarese.
Calzoni di cuoio di cervo (500 euro), terribile musica popolare, fusti di birra in legno (il sindaco di Monaco
Christian Ude deve gran parte della sua popolarit alla sua capacit di aprire il primo fusto con due colpi) sono
tutti simboli ben diversi dal mito del mutamento permanente e dalle pratiche multiculturali di Berlino fin da
quando i re prussiani sposarono lilluminismo. Ma a tutto questo va aggiunto che la Baviera dellOktoberfest
anche economia global player allavanguardia, meno povert, meno disoccupazione, pi integrazione degli
stranieri. Non a caso Monaco stata giudicata prima della classe nel mondo per qualit della vita.
E allora cerchiamo di capirli, i cari bavaresi, anche in questi giorni di sbronza collettiva. Non potremo mai
conciliarci con loro, ma apprezziamo almeno il loro modo di essere originari e autentici, antichi e moderni. Del
resto difficile paragonare la loro festa ai riti pagani e alle follie xenofobe nellItalia di Bossi o nella Germania di
Berlino, Bassa Sassonia e Brandeburgo. Gli stranieri a Monaco sono in percentuale tanti quanti a Berlino, ma
meno ghettizzati. Insomma, rispettiamolo il modello bavarese, anche se diverso dal nostro, rispettiamo lOk-
toberfest e tutto il resto. E poi se i bavaresi, in Germania, sono i primi della classe in tante cose dallindustria
allalta tecnologia alle scuole ricordiamoci che primeggiare stressa. Ed giusto che chi primeggia si rilassi
con la valvola di sfogo di questa grande ubriacatura pagana, di questa gigantesca orgia in terra cattolica.
(testo raccolto da Andrea Tarquini)
gli indirizzi
Repubblica Nazionale
44 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
le tendenze
Tormentoni
Ha sbaragliato gli ultimi Mtv Video Music Awards,
si imposta in modo fulminante come icona pop,
le griffe la adorano. Comunque la pensiate, il suo look
fatto di abbinamenti apparentemente impossibili
ha riempito le strade. Benvenuti nel regno
della Lady pi famosa del mondo
style
Gaga
B
envenuti nel mondo di Lady Gaga: prendete po-
sto, e godetevi lo spettacolo. Immaginare anche
solo un paio di anni fa cosa sarebbe diventata la
cantante italo-americana sarebbe stata pura
fantascienza: nessuno aveva previsto che que-
sto scricciolo, al secolo Stefani Germanotta, au-
trice di canzoncine dance facili facili e dal look piuttosto im-
probabile, sarebbe diventata una guru dellimmagine. E inve-
ce, tra i primi video che sembrano fatti in casa e la ribalta in-
ternazionale il salto stato paurosamente breve. Merito della
musica riempipista, e del team che la segue dietro le quinte
uno su tutti, litalo-nipponico Nicola Formichetti, il suo styli-
st. Ma soprattutto merito suo, di Stefani: nessuno, negli ultimi
anni, ha costruito un personaggio di tale impatto come que-
sta ragazza, ventiquattro anni dichiarati (e alcuni di pi so-
spettati). Lei sempre Lady Gaga: quando si aggira per Londra
con in mano una tazza da t, in aeroporto con gonna con stra-
scico di Martin Margiela e zeppe da venti centimetri e pa-
zienza se cade rovinosamente davanti ai fotografi vestita da
dominatrice sadomaso in palestra, non esce mai dal perso-
naggio. Lo persino quando si traveste da uomo, con lo pseu-
donimo di Joe Calderone, per la cover di Vogue Giappone Uo-
mo(per ledizione da donna si coperta di bistecche, mise ap-
pena riproposta agli MTV Video Awards).
Non ha paura delleccesso, del ridicolo, non si preoccupa di
essere bella in senso convenzionale; fondamentale stupire,
ed questo ad averla trasformata in pioniera della moda: co-
me potevano gli stilisti non innamorarsi di lei? La girandola di
citazioni sulle passerelle cominciata circa tre stagioni fa, con
un numero sospettosamente alto di gambe al vento, spalle
enormi, giganteschi occhiali e cascate di strass. Poi sono arri-
vati gli abiti creati appositamente per le sue esibizioni: Arma-
ni lha ricoperta di spire luminose, Alexander McQueen lha
trasformata in alieno. Tutto per lei, musa ideale fedele solo a
se stessa.
Gli echi di unonda cos intensa non potevano non arrivare
anche sulla strada, toccare la vita reale: ed ecco ancora il suo
genio. Osservando molti suoi look, si coglie la loro scomponi-
bilit, il poter essere presi a piccole dosi, scegliendo pezzi da
inserire nel proprio guardaroba senza sconvolgerlo. Una scel-
ta non casuale, che rafforza ancora di pi la sua presa sullo sti-
le contemporaneo: se nel video di Bad Romance dello scorso
anno a fare epoca sono state le scarpe Armadillo di Mc-
Queen, dai tacchi vertiginosi, altrettanto bene ci si ricorda dei
suoi primi piani con un paio di occhiali Carrera. Alejandro, ul-
timo video in ordine di tempo, un susseguirsi di coreografie
da pseudo-Kamasutra, ma a risaltare, alla fine, la sua casta
biancheria color carne. Accanto allo spettacolo puro, allini-
mitabile, Lady Gaga ha innestato la realt, rendendo eviden-
te quanto certi pezzi siano parte del suo mondo, che siano sta-
ti o meno creati pensando a lei. I plateau pi alti, le t-shirt dai
colori acidi, il pizzo dal sapore rtro, le silhouette pi definite:
tutto questo ora suo.
Lattrazione fatale
degli opposti
SERENA TIBALDI
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Repubblica Nazionale
LA DOMENICA DI REPUBBLICA 45 DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
DOMENICO DOLCE e STEFANO GABBANA
N
ellanostra storia di stilisti ci sono quattro donne di fama
mondiale che ci stanno particolarmente a cuore e che
hanno condiviso con noi il nostro successo. Sono Ma-
donna, Naomi Campbell, Monica Bellucci e Scarlett Johans-
son. Insieme a loro le celebrities che vestiamo sono tante e un
posto speciale spetta anche a Lady Gaga. Pi di due anni fa, ve-
nuta a presentare un suo show case nel nostro quartiere gene-
rale della D&G indossando subito i nostri abiti, addirittura quel-
li presi direttamente dalla collezione: erano perfetti su di lei.
Non sappiamo se fa parte del nostro carattere, ma noi con le
nostre dive storiche abbiamo un rapporto speciale, umano,
fraterno, perch a differenza di quello che la gente pensa, per
riuscire a vestire rockstar, top model e attrici non ci vuole solo
professionalit ma anche stima reciproca, feeling e (perch
no?) un pizzico di fortuna. su queste basi che un rapporto cre-
sce negli anni e si consolida. Tanto che molto spesso basta un
colpo di telefono o una semplice e-mail per capire, ad esempio,
come scegliere labito che in quel momento ha in testa Madon-
na. Il primo incontro con lei risale al 1990. Ci siamo visti a New
York in un ristorante italiano. Noi eravamo giovani e in totale fi-
brillazione allidea stare a tu per tu con quella che per noi era
realmente laMadonna. arrivata vestita da uomo con il ba-
schetto in testa. Ci siamo parlati e subito capiti e da allora c
sempre stata una sintonia perfetta. Due giorni dopo quellin-
contro abbiamo disegnato il primo dei tanti body-corsetto che
lei ha usato per il suo tour. Abbiamo il suo manichino in stu-
dio, con tutte le sue misure che negli anni non
sono cambiate, perch ha un fisico incredibile
grazie anche a una grande disciplina.
Nelle ultime campagne pubblicitarie Ma-
donna stata scelta come protagonista perch,
come diciamo spesso, lei molto Dolce e Gab-
bana e riesce sempre a interpretare
perfettamente il nostro pensiero. E
questa grande sintonia si concretizza-
ta nel progetto degli occhiali MDG, una
collaborazione assolutamente inedita tra
stilisti e celebrities: abbiamo messo insie-
me le nostre creativit per creare un proget-
to nuovo e diventare soci in affari. Inutile
negare che vestire una rock-star come Ma-
donna un privilegio che ha una eco planetaria
che diffonde il marchio Dolce & Gabbana in tut-
to il mondo.
Nella nostra famiglia unaltra figura estrema-
mente importante Monica Bellucci. Lei una devota as-
soluta del nostro nero. lunico colore che adora e il nostro
sicilian style fatto di abiti fascianti con lo scollo panora-
mico sul seno, su di lei sono un vero trionfo. Pur essendo il
volto di un altro noto brand, la nostra amicizia fa si che ci
non sia un problema. Abbiamo conosciuto Monica ventitr
anni fa e il legame tale che oggi abbiamo in collezione per-
sino un sandalo modello Bellucci. Insieme elaboriamo
mise per le sue uscite pubbliche, tenendo conto che lei ol-
tre a essere una diva anche una vera donna e madre ita-
liana, molto legata alle figlie, che cresce e allatta.
E naturalmente c Naomi. Il rapporto iniziato quan-
do lei aveva diciassette anni e cominciava a sfilare per
noi. Oggi riusciamo a confrontarci sullo stile di un abito
da realizzare nelle situazioni pi disparate. Anche
quando stiamo insieme in cucina al mattino e aspet-
tiamo che le uova bollite siano pronte. Naomi va a col-
po sicuro, vuole sempre i corpetti strutturali con gon-
ne che variano di lunghezza a seconda delle occa-
sioni e del mood del momento. E il nostro feeling
tale che a volte ci capiamo con un semplice colpo
docchio.
Poi c Scarlett. lultima arrivata ed diventa-
ta subito il volto del nostro make up e testimonial
del nostro profumo. una ragazza di una bellez-
za moderna, molto simpatica e semplice. Estremamen-
te camaleontica, sta bene con tutti i vestiti e siamo entrati im-
mediatamente in perfetta sintonia.
1. BATTESIMO
stata Lady Gaga a indossare
per la prima volta, agli MTV Awards,
i bijoux della nuova linea di Zanotti,
una cascata di luci e cristalli
che sembra fatta apposta per lei
2. RTRO
Omaggio alle forme degli anni
Cinquanta, il completo di pizzo
con reggicalze della linea Shaping
di Intimissimi va lasciato sempre
bene in vista
3. CLASSICA
Strano ma vero, la borsa preferita
da Lady Gaga la Kelly di Herms
Le sue (ne possiede diverse)
sono decorate dall'artista Terence
Koh, suo amico e collaboratore
4. BONDAGE
Aderenti come una seconda pelle
e resi ancora pi aggressivi
dai legacci sulle gambe
Ecco i jeans denim-shock pensati
da Seven For All Mankind
5. GUERRIERA
Sembrano riprendere la lavorazione
delle cotte dei guerrieri medioevali
gli stivaletti di camoscio e metallo
con tacco altissimo
di Rodolphe Menudier
7. DARK
Da dive in pectore gli occhiali grandi
e avvolgenti di Dior by Safilo Group:
fondamentali per nascondere
lo sguardo e assumere
un alone di mistero
8. ANIMALIER
In equilibrio tra bon ton
ed eccentricit i guanti di Roger Vivier
Sono in cavallino stampato
e richiamano il manto delle giraffe
versione notte
9. IN VETTA
Tacchi vertiginosi e plateau
importante: quello che serve
per dominare la scena nel vero senso
della parola e stare una spanna
sopra tutti. Di Loriblu
SHINING
Stupisce
ed esalta
le linee
del corpo
il miniabito
di Versace
di pelle
metallizzata
a specchio
PELUCHE
Elogio
delleccesso
La tuta
di peluche
di Chanel:
caldissima
Di sicuro
non passa
inosservata
CONTRASTI
Impeccabile
giacca
sartoriale
e cortissima
sottoveste
di pizzo
l'insieme
di Dolce
e Gabbana
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Intuizione e stima
cos vestiamo le star
DIVE
Lady Gaga vestita
da Dolce e Gabbana
Sotto, gli stilisti
con la loro Madonna
6. SCAMBIO
Prestiti fra star. Le sneakers
con zeppa e borchie di Ash
sono state create per Madonna,
ma sono anche perfettamente
in tendenza Lady Gaga. Un caso?
Repubblica Nazionale
lincontro

Trasversali
Capire le donne
uno sforzo inutile
Carmelo Bene
diceva sempre
che farle piangere
una cosa
irreparabile
e io sono pienamente
daccordo con lui
Ha una rara malattia agli occhi,
ma diventato uno scrittore famoso
Ha la balbuzie, ma diventato
uno degli attori pi richiesti. Mamma
infermiera, pap operaio,
da bambino sognavo
di firmare gli autografi
alle ragazze, come Elvis,
invece ero uno sfigato
Non ha paura di passare
continuamente
dal palco al set, ma della morte s:
Quando ci penso allungherei
un braccio per aggrapparmi a Dio
MILANO
C
ita i grandi filosofi ma
avrebbe voluto essere
Elvis Presley. Recita con
voce profonda ma
quando non sul set sinceppa sulle pa-
role. Ha uno sguardo intenso ma soffre
di una rara malattia agli occhi che gli im-
pedisce di vedere il centro delle cose.
Scrive libri ed diventato famoso come
mattatore. Ha paura di volare eppure
sempre in viaggio. Filippo Timi, tren-
tasei anni, nuovo mito trasversale. Spe-
cialmente per le donne. Lui, onesto,
ammette: Seduco a trecentonovanta
gradi.
Alto, spalle larghe, barba e capelli ar-
ruffati, quarantasei di piede, Timi un
uomo ingombrante. Si racconta sem-
pre divertito e, anche quando esita sul-
le sillabe, sdrammatizza. Negli ultimi
tre anni ha scelto di vivere a Milano,
citt che ama perch la trova comodis-
sima. Lungo i Navigli si muove disinvol-
to, sorriso aperto e passi lunghi. um-
bro. Ponte San Giovanni, appena fuori
Perugia. Ama la sua terra e quando tor-
na a casa sempre unemozione. So-
prattutto per mia madre che si agita co-
me una bambina appena legge un arti-
colo che mi riguarda sul Corriere del-
lUmbria. Sospetto per che lorgoglio
aumenti quando sulla stessa pagina
magari compare anche una foto della
Bellucci, compatriota di Citt di Ca-
stello. Uninfanzia semplice quella di
Timi: Da bambino facevo parte del
gruppetto degli sfigati, soffrivo anche di
ernia e i medici avevano ordinato ai
miei di non farmi piangere: mia sorella
mi odiava perch mi vedeva come un
privilegiato. Ero il classico ciccio che
non ha mai avuto il motorino. Quel tipo
di bambino che fa tenerezza agli adulti
e che i coetanei sfottono.
Mamma infermiera e pap operaio,
Filippo sognava in grande: In un tema
di quinta elementare scrissi che da
grande mi sarebbe piaciuto essere una
specie di Elvis Presley per avere tante
ragazze che mi chiedessero lautografo.
Finita la scuola, invece, mi sono messo
a studiare filosofia e al secondo esame
un professore mi ha cacciato perch
avevo deciso di applicare con lui il me-
todo di Socrate, rispondendo alle do-
mande con un altro quesito. Una pes-
sima partenza che lo fa velocemente
traslocare allistituto darte. Ero tra i
pi bravi, facevo duecentocinquanta
disegni alla settimana con gli insegnan-
ti che mi passavano i fogli di nascosto
perch consumavo carta in modo com-
pulsivo. L mi si aperto un mondo. Ho
scoperto quanto era meraviglioso stu-
diare, e ho cominciato a immaginare
una vita dartista anche se mia madre
era sempre l a ricordarmi che i soldi per
mantenermi non cerano.
Poi, come a volte succede, tutto si ri-
solve per caso: Sono andato ad accom-
pagnare un mio amico a un provino e
hanno scelto me. Un successo ina-
spettato, nonostante levidente balbu-
zie. Non capisco cosa accade quando
recito ma ogni esitazione sparisce, for-
se perch entro nelle cose con il cuore e
con gli occhi. Anzi, proprio quellinco-
gnita nella parola che mi d un punto in
pi nel rapporto con il pubblico. Gior-
gio Barberio Corsetti, il regista, si ap-
passiona a questo strano personaggio.
Lo prende nella sua compagnia teatra-
le e gli cambia la vita. Era un modo per
fuggire dal niente. E dopo un mese di
prova ho potuto interpretare Edipo il
giovane con lo stesso Corsetti, che an-
cora recitava, e un anziano Franco Citti
che interpretava il vecchio e mi parlava
in romanesco. Mi sembrava di sognare.
Lavoravo senza aver fatto nessuna
scuola. Solo energia pura.
In quegli anni viene fuori per il pro-
blema agli occhi. Una malattia degene-
rativa, la sindrome di Stargardt, che gli
complica i sogni. Ogni tanto penso a
quanto mi piacerebbe guidare, rac-
conta con un sorriso. Con il computer
mi sono abituato a usare i caratteri qua-
ranta e grazie alliPhone riesco a invia-
re anche i messaggi. Anzi, proprio
grazie ai suoi caratteri al cubo se di-
ventato anche scrittore. Scrivo in con-
tinuazione, unurgenza sotto la pelle
che forse un modo per sfogarsi. Sce-
neggiature, pensieri, testi teatrali ma
soprattutto tre libri tra cui Tuttalpi
muoio, concepito a quattro mani con
Edoardo Albinati. Un libro da cui ha
tratto e interpretato ladattamento tea-
trale La vita bestia. Cera un po din-
coscienza nel fare un passo cos impe-
gnativo, poi quando lho visto in libre-
ria mi preso un attacco di panico. An-
che la rappresentazione non stata
semplice, un monologo di due ore con
temi molto personali.
Il silenzio della mattina milanese
rotto da una telefonata. Filippo Timi si
alza dal tavolo e per non disturbare lat-
mosfera sonnacchiosa del vecchio
caff milanese, esce dal locale. La citt
risplende di quella luce speciale che
ogni tanto la illumina. Una breve pausa
e ricomincia a raccontarsi. A venti-
quattro anni, nel 99, ho debuttato nel
cinema con un film di Anna Negri.
Unesperienza indimenticabile. Da
quel momento molti registi lo scoprono
e sembrano innamorarsi di questo ra-
gazzone. Improvvisamente ovunque.
In memoria di me di Saverio Costanzo,
in Saturno controdi Ferzan Ozpetek, ne
I demoni di San Pietroburgodi Giuliano
Montaldo, in Signorina Effe di Wilma
Labate, in Come Dio comanda di Ga-
briele Salvatores. E naturalmente in
Vincere di Marco Bellocchio. Al cine-
ma ho portato molto del teatro, soprat-
tutto la forza espressiva del mio corpo,
forse perch non mi fido della parola.
Attraverso la parola spesso tradisci
quello che vuole dire il personaggio, e
proprio per costruire un ruolo credibi-
le non mi baso mai su quello che il per-
sonaggio dice.
La continua oscillazione tra set e pal-
coscenico non lo spaventa. Anzi: Il tea-
tro corpo a corpo, un modo di fare la-
more con il pubblico. Al cinema invece
basta pensare una cosa e la macchina ti
riprende, non devi avere coscienza ma
solo farti rubare. C un tempo cinema-
tografico che diverso da quello del tea-
tro ma, soprattutto, da quello della vita.
Per pochi fortunati un dono naturale
e, tra questi, sicuramente c Elio Ger-
mano. Che appena vinto la Palma do-
ro a Cannes al telefono gli ha detto:
Ah, Fil, sto vicino a Javier Bardem:
ma lo sai che siete identici!.
Con la televisione ha un rapporto sin-
copato. Generalmente se ne dimentica,
poi ogni tanto sappassiona a qualche
serie e allora diventa unossessione.
Non fa altro per giorni. che non co-
nosco il piacere della sosta. Se faccio tre
cose mi concentro meglio che se ne af-
frontassi una sola, adoro lavorare per
sottrazione. ansioso, ma in un modo
tutto suo. Non ho timori per me ma mi
pongo domande impressionanti del ti-
po: dove andremo a finire?. Nella vita
quasi sempre innamorato: Lamore lo
concepisco in modo francescano, non
ho il senso dellappartenenza ma voglio
essere amato a tutti i costi. Anche per-
ch non puoi recitare in teatro senza
che ti batta il cuore. Sino ad ora non ha
approfittato del suo successo con le
donne. Casomai il contrario. Ho trop-
po rispetto per me stesso per abbando-
narmi alle avventure. Senza contare
che la mia generazione stata inibita
dalla paura dellAids e questo mi ha pa-
recchio frenato. Il mondo femminile lo
affascina, anche se sa bene che ogni
sforzo per comprenderlo inutile.
Carmelo Bene diceva che far piangere
una donna una cosa irreparabile e io
sono pienamente daccordo con lui.
Ma per esempio non capisco cosa pas-
sa nella testa di Nina, una delle prota-
goniste del mio primo libro, che non
ama pi e continua fare lamore con il
marito. Perch le donne spesso accetta-
no una storia fatta di un rapporto ses-
suale che equivale a uno stupro?.
Del successo non ha ancora la sicu-
rezza paludata. bello e gratificante
sapere che fai un lavoro che smuove
qualcosa negli altri e che degli estranei
spendono energie per venire a vederti e
per farti i complimenti. Spero solo di
mantenere questa leggerezza che mi fa
aspettare ancora con curiosit che ac-
cadano le cose. Della malattia e della
morte cerca razionalmente di farsene
una ragione, ma listinto bestiale di
terrore puro: Se penso alla morte vor-
rei allungare un braccio e aggrapparmi
a Dio. Da un po ho anche timore di vo-
lare. Nei viaggi lunghi mi ripeto frasi
scontate tipo nulla pu accadere si-
no a quando non arriva il tuo momen-
to . Poi per mi assale il dubbio atro-
ce che il momento sia arrivato per il
mio vicino. E allora entro nel panico.
Di figli ne vorrebbe, ma non subito.
Quando torno in Umbria e vedo le fi-
glie gemelle di mia sorella le trovo me-
ravigliose, ma molto impegnative. E poi
ancora non ho un rapporto stabile. So
solo che un giorno sar padre. Lestate
scorsa ha portato ancora in tourne Il
popolo non ha il pane? Diamogli le brio-
che, di cui autore, regista (assieme a
Stefania De Santis) e interprete. Una ri-
lettura di Amleto. Gioco e ira. Struggi-
mento e provocazione. Da quando un
attore comincia a fare teatro sogna din-
terpretare Amleto, e io su quel palco-
scenico ogni sera soffro perch muoio,
uccido, amo. E la sera successiva soffro
nuovamente. Uso la risata come spec-
chio della vita e pur essendomi basato
sulle tragedie di Shakespeare e sui testi
filosofici di Agamben, rileggo tutto a
modo mio. Dopo i mesi caldi dedicati
a premi e festival, dopo aver partecipa-
to al film che Michele Placido ha pre-
sentato fuori concorso a Venezia Val-
lanzasca. Gli angeli del malee aver reci-
tato un cammeo in La solitudine dei nu-
meri primi, ora ci sono le prime riprese
del film di Cristina Comencini, Quando
la notte. Un altro inizio per Filippo Timi.

IRENE MARIA SCALISE
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S
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Filippo Timi
RIPRODUZIONE RISERVATA
46 LA DOMENICA DI REPUBBLICA DOMENICA 19SETTEMBRE 2010
Repubblica Nazionale

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