gentopoli per il Tg5, daalcuni giorni sulle tracce di alcuni milioni di euro targati Gio- vanni Consorte-Ivano Sacchetti che giaccio- noinunafiduciariamilanese. Ci tornatoie- ri, Pamparana. Ma gi la scorsa settimana avevaespressoil suopuntodi vista. L11gen- naio, nelledizione delle 20 del Tg5, pone la seguente questione: nella storia di Tangen- topoli premette la partita pi grossa fu quelladellamaxi tangenteEnimont, 169 mi- liardi di liredellepoca. LallorapmFrance- scoGrecoscopr prestodoveeranoquei sol- di. Eranoserviti afinanziareillecitamenteil sistema politico: i partiti di governo, ma an- che qualche riconoscimento per gli al- tri, compresoil famosomiliardopor- tatoaBottegheOscuredaCarloSa- ma, amministratore delegato di Montedison, e da Sergio Cusani, consulente finanziario di Raul Gardini. Sono passati tredici anni spiegavaPamparana e di nuovo Greco mette le mani suunacospicuaprov- vista di danaro, circa 50 milioni di euro. Il finan- ziere Emilio Gnutti li avrebbeversati suuncon- to in una banca di Monte- carlocomepagamentodi una consulenzaaGiovanni ConsorteeIvanoSac- chetti, che lo avrebbero aiutato a rinegozia- re nel 2001 i titoli OlivettiTelecom venduti alcuni mesi prima dalla Hopa di Gnutti a MarcoTronchetti Proveracherilevail colos- so telefonico dal gruppo dei capitani corag- giosi guidati da Roberto Colaninno e da Gnutti. Questi soldi vengonosuccessivamen- teportati inItalia, graziealloscudofiscale, e l rimangono. ANatalescorso, duranteunin- terrogatorio, lunico a cui stato sottoposto, Consorte spiega a Greco dove sono i soldi e perchsonol; eprometteal magistratoche gli porterulterioredocumentazioneper di- mostrare lorigine del versamento. La setti- mana scorsa Pamparana si chiedeva anche perchi magistrati nontoccanoil depositoe soprattuttoperchper cinqueanni Consorte eSacchetti nonutilizzanoil denarocheCon- sortehadenunciatocomeproprio. Un solo interrogatorio Ieri Pamparana, ancoranelledizionedel- le 20 del Tg5, tornato sulla questione, con una interpretazione: Per ben 5 anni dice nel servizio quellaprovvistarimaneintoc- cata. ConsorteeSacchetti hannocertamente guadagnato dagli interessi maturati. Fatti duecalcoli, al 4 per centodi interesse, i due hanno portato a casa un paio di milioni di eurolannolordi. Mail denarocreadenaroe quellaprovvistainizialedi 48 milioni di eu- roservitaadaltro. Essapotrebbeinfatti es- sere stata usata come fondo di garanzia. E infatti possibile, e nel mondo degli affari usuale, ottenere una linea di credito estero suesteroinunabancadi unparadisofisca- le, per esempioleIsoleCayman, dandocome garanzia il fondo italiano per lappunto vin- colatoacinqueanni. E unsistemausatoper eludere (non evadere) il fisco e per nascon- deregli attori veri chequellalineadi credi- to possono utilizzare. Ed anche su questo chestannolavorandogli investigatori. Dun- quelatesi di Pamparanachei soldi siano stati tenuti fermi in Italia per garantire mo- vimenti finanziari innescati allestero. E complessivamenteunastoriasorprendente dicePamparanaal Foglio sorprendeil co- stodellaconsulenza, unaparcellapialtadi quellachesi vociferaAbnAmroavrebbever- satoaGuidoRossi. Sorprendechei soldi non sianostati toccati, sorprendechenonci sia- nointeressi. Lideacheiomi sonofattoche questi soldi lamagistraturanonli abbiatoc- cati nella speranza di fare il gioco del gatto col topo, perch non crede che siano nella disponibilitdei dueexcooperatori. Del re- stocuriosochei magistrati milanesi abbia- nointerrogatoConsorteunavoltasola, emai Sacchetti: comeseGrecoavessegiinmano gli altri tasselli di questo puzzle. Infine c una curiosit aritmetica: questi soldi sono stati divisi in parti uguali tra Consorte e i Sacchetti (adesso spunta anche un altro de- stinatariodel denaro, MarcoSacchetti, figlio di Ivano), maintanti anni noneraemersoil ruolo di Sacchetti nella storia della rinego- ziazionedelleazioni cheGnutti avevacedu- toaTronchetti. Sulla Stampa di ieri comparso un arti- colosecondocui lassonellamanicadi Con- sortesarebbedimostrarechequel denaro rimastofermol. No dicePamparana sa- rebbe un finto asso nella manica. A mio av- viso sarebbe il gioco alla Primo Greganti: i soldi sonomiei. Mentreil fattocheil denaro sia rimasto l o la prova paradossale del- lincapacitdi Consortedi far fruttaremeglio il suo denaro, cosa cui non credo visto che Consorte un bravo finanziere, oppure semplicementelaprovadel fattochequella una provvista finalizzata ad altri scopi. Quali scopi? Credo che questa complicata vicenda nasconda un sistema di finanzia- mentoallapoliticaconaltri mezzi. Ecredolo sospettinoanchei magistrati milanesi. IL FOGLIO ANNO XI NUMERO 14 DIRETTORE GIULIANO FERRARA MARTED 17 GENNAIO 2006 - 1 quotidiano Uomini che vanno forteelibri chevan- no altrettanto forte. Sedopoil fazzoletto a tre punte, i punti- ni neri sotto le suo- le e il cachemirino viola annodato so- pra la giacca, lere- de marchigiano di lord Brummel ha com- pletato la moda delluomo che sa vestire in- dossando uno scolapasta sopra la testa, an- che la Rcs-libri, primaria casa editrice in cui abbondaunospiritotralironicoeil ma- sochista, ha trovato lo slogan giusto per il li- bro giusto. Edito per la Bur , 90 mila copie gi vendute, stato infatti presentato ieri seraaRomaInciucio, lultimosuccessodi Peter Gomez e Marco Travaglio con prefa- zionedi GiorgioBocca. Oltreagli autori, mo- derati da Oliviero Beha e tenuti allegri da CorradoGuzzanti, sonointervenuti al teatro Ambra Jovinelli Furio Colombo, Massimo Fini, Paolo Flores DArcais, Curzio Maltese e Antonio Padellaro. Devessere stato dopo attenta valutazione dellindole e delle atti- tudini dei personaggi test nominati che la Rcs, unaltra volta in bilico tra ironia e ma- sochismo, ha deciso di mettere bene in evi- denza sulla manchette che pubblicizza il li- bro: E un successo inarrestabile. Ri-finanziamento illecito? Strano deposito, che non frutta interessi e forse garantisce off shore Secondo Andrea Pamparana i magistrati sospettano che quelle di Sacchetti e Consorte non siano consulenze La trappola del pm Greco Redazione e Amministrazione: L.go Corsia Dei Servi 3 - 20122 Milano. Tel 02/771295.1 Poste Italiane Sped. in Abbonamento Postale - DL 353/2003 Conv. L.46/2004 Art. 1, c. 1, DBC MILANO Nucleare, armi, antiamericanismo, risorse. Lasse Iran-Venezuela si salda contro sanzioni e pressioni I vicini arabi di Teheran sono terrorizzati, dice Rubin. Il pericolo della corsa allatomica Roma. LIran al centro di tutto. Ieri a Londra c stato il vertice tra Stati Uniti, Russia, Cina e troika anglo-franco-tedesca, per dibattere lipotesi del deferimento del dossier nucleare su Teheran al Consiglio di sicurezza, che, secondo indiscrezioni londi- nesi, sarebbe gi decisa. Lo stesso argomen- to stato trattato negli incontri tra il presi- dente russo, Vladimir Putin, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel, e tra il plenipoten- ziarioagli Esteri del- lUnione europea, Javier Solana, eil se- gretario generale dellOnu, Kofi An- nan. Il ministero de- gli Esteri iraniano ha rilasciato dichia- razioni suadenti sul- la cooperazione con i tre grandi dellUe. Le sanzioni sottoli- nea Teheran non favorirebberonessu- no e le ripercussioni sul prezzo del petro- lio sarebbero gravi. LIran, secondo pro- duttore Opec, guida gi la campagna per ri- durre la produzione, e alla riunione del car- tello il suo ministro del Petrolio, Kazem Va- ziri Hameneh, chieder il taglio di un milio- ne di barili al giorno. Su questa e altre questioni strategiche lI- ran conta su un alleato che ha gi promesso appoggio illimitato e incondizionato, lal- trettanto veemente presidente del Venezue- la, Hugo Chvez, con il quale Teheran con- divide anche lantisemitismo, ribadito negli ultimi giorni dal presidente Mahmoud Ah- madinejad, con la sua conferenza di sfida sullOlocausto. Quattro visite in sei anni, 50 accordi negli ultimi due, e joint venture per 850 milioni di dollari non bastano a spiega- re le ragioni dellalleanza. Quello tra il Ve- nezuela e lIran un patto contro, in op- posizione agli Stati Uniti: La gloriosa na- zioneiraniana hadettoChvez nel corsodi un viaggio in Iran li affronta a testa alta e ha tutta la nostra ammirazione. Come noi, voi volete liberarvi dallimperialismo. Li- dentit di vedute stata rilanciata da Ah- madinejad al telefono nei primi giorni di gennaio: complimenti e ringraziamenti, e la proposta di un fronte comune contro lar- roganza delle grandi potenze. Nonerail primocontattodirettotrai due. Dopo lelezione Chvez era stato tra i primi acongratularsi eavevainviatoaTeheran, in segno di gradimento, una delegazione molto nutrita. Ma il feeling era scoccato ancora prima, pi di un anno fa, nel corso di unim- portantemissionediplomaticaaTeheran. In un parco della capitale, lallora sindaco Ah- madinejad aveva inaugurato una statua di Simon Bolivar nel parco Goft-e-gou. Erano seguitecommosserievocazioni delledueri- voluzione sorelle. Chavez, colpito dal cri- stallino idealismo antiamericano del sinda- co, di ritorno a Caracas aveva ricambiato con una statua del poeta e filosofo persiano Omar Khayyam. Una civilt come questa cos palesemente superiore disse allora a quella dellinfido regime americano. Ma linimicizia contro Washington spiega solo parzialmente la crescente consonanza di in- tenti tra Teheran e Caracas. Chvez e Ah- madinejad sono entrambi nazionalisti, po- pulisti e terzomondisti, luno inneggia a Si- mon Bolivar, e laltro al Mahdi (limam na- scosto di cui i fedeli attendono il ritorno). Sono pi i punti in comune che le differen- ze. Tanto che il marxista Chvez non ha esitato a tributare lodi sperticate a un di- scorsodellayatollahKhamenei, definitoun maestro di virt civica e morale. Entrambi sono dominati per formazione dal sospetto verso loccidente e le democrazie di merca- to, sono autarchici e vogliono che lo stato in- tervenga sulleconomia, ma al contempo so- no entrambi revisionisti, non disdegnano lucrose alleanze e tollerano il privato. Al centro di questa retorica gemella ci sono i poveri, i diseredati e i puri di Ahmadinejad. Entrambi hanno promesso di risollevarne i destini attraverso la pi preziosa risorsa na- zionale: Il petrolio della nazione. Le provocazioni allestero La politica uno strumento per portare avanti una visione del mondo. Come lIran anche il Venezuela aspira al ruolo di poten- zaregionaleinAmericaLatina dalleAnde ai Caraibi e se T eheran si muove come agente provocatore dallAfghanistan allI- raq, Caracas arma le Farc in Colombia. Per raggiungere lo status di potenza subconti- nentale, Chvez ha stanziato 30 miliardi di dollari dadestinareallacquistodi armi con- venzionali (come per lIran il fornitore la Russia) eallacostruzionedi unarsenalenu- cleare. Sullaambizioni atomichedi Teheran Chvez sempre stato garantista. LIran ha ogni diritto a sviluppare il suo programma di energia atomica, ha detto, sancendo il no venezuelanoal deferimentodel dossier iraniano sul tavolo del Consiglio di sicurez- za lo scorso settembre. Lalleanza si rinsal- da, che si tratti di proclamare lodio antise- mita o di moltiplicare misteriose fabbriche di trattori ecementifici conungranviaevai di personale scientifico, armi e intelligence. LIran e il Venezuela, questi due fratelli ha ribadito Chvez saranno uniti sempre contro qualsiasi forma di aggressione. Romano Prodi vorrebbe fare la lista uni- taria anche al Senato. Peccato che i Ds ab- biano molte difficolt per le candidature gi adesso, figuriamoci nel caso di un cam- biamento di programma. T anto per dirne una la Quercia alle prese con una que- stione di non facile soluzione: come far fuo- ri una parte dei parlamentari attuali. E sta- to stabilito il limite delle due legislature, ma si anche detto che vi saranno delle de- roghe per alcuni. E questa notizia aveva fat- to sperare i tanti deputati e senatori che ve- dono minacciato il loro seggio. Ma non co- s: ai vertici dei Ds stato stabilito che le deroghe saranno in tutto venticinque. I molti che vi avevano fatto affidamento, quindi, dovranno ricredersi. Torna in auge lindiscrezione secondo cui Massimo DAlema possa optare per il Se- nato. Il suo nome infatti tira consensi per i Ds che solo in questo ramo del Parlamento possono misurare la loro forza e la distan- za che li separa elettoralmente dalla Mar- gherita di Francesco Rutelli. Ancora a proposito di candidature: la que- stione talmente complessa che Piero Fas- sino ha persino delle difficolt a riuscire a imporre i suoi uomini. E accaduto nelle Marche. Il segretario avrebbe voluto far presentare in quella regione Fabrizio Mor- ri. Ma i Ds marchigiani lo hanno respinto facendo notare, tra laltro, che catapultare nella loro regione un piemontese non ave- va senso alcuno. Difficolt nelle candidature anche per la Puglia. In quella regione impone e dispone il braccio destro di Massimo DAlema, Ni- cola Latorre, il quale ha gi fatto fuori un personaggio come Peppino Caldarola che pure molto stimato nel partito e nel cen- trosinistra e che con il presidente dei Ds in ottimi rapporti. Ma a quanto pare non sarlunicavittimadellascuredi Latorre(a cui DAlemahadatocartabiancainPuglia). Il correntone in affanno, soffre della concorrenza dellarea Salvi. Il vice presi- dente del Senato, infatti, sta rastrellando in tutta Italia pezzi di partito che appartengo- no sia alla maggioranza sia alla minoranza. Inoltre Salvi ha in questi giorni una visibi- lit molto superiore a quella dei leader del Correntone. Pare che la cosa non dispiac- cia affatto a DAlema, il quale preferisce lopposizione del vice presidente del Sena- to a quella di Fabio Mussi e Marco Fuma- galli. Il presidente dei Ds, infatti, ritiene che Salvi sia pi gestibile. Non vero, come parso a molti, che Pie- ro Fassino nella vicenda Unipol sia rima- sto attaccato a DAlema come il francobol- lo alla lettera. Il segretario non ha fatto niente di plateale, e del resto la souplesse era di rigore, non essendo pensabile met- tere il presidente in minoranza o anche so- lo in grave imbarazzo. Ma Fassino co- munque riuscito ad attirare DAlema nella rete di un ordine del giorno unitario che conteneva lautocritica sulla vicenda Uni- pol. Il segretario aveva pensato di staccar- si anche in un altro modo, stando alle voci che circolano alla sede del partito di via Nazionale. Durante i lavori della Direzio- ne, secondo queste indiscrezioni, Fassino, tramite i suoi uomini, avrebbe discreta- mente sondato alcuni personaggi eccellen- ti dei Ds (come Bruno T rentin, per esem- pio) che non volevano parlare: sarebbe sta- ta gradita una manifestazione di pubblica solidariet e di stima nei confronti di Fas- sino. Questa moral suasion, per dir cos, nasceva dal vezzo, coltivato da un certo nu- mero di esponenti della nomenclatura di sinistra (da Cacciari a Foa a qualche dies- sino) di accentuare la solidariet a Fassi- no, trascurando un po DAlema. Ma non era aria, in quella riunione di controffen- siva e contromobilitazione. Prodi, candidature o Unipol? Tripla angoscia per i Ds Fassiniani e dalemiani alla conta. Correntone oscurato dallarea Salvi Lista delle mie brame PASSEGGIATE ROMANE QUINTA COLONNA Se scrittore vuoi diventare laggettivo devi saltare (vedi Stendhal, Simenon, Gide) T olga gli aggettivi e tutto andr bene dis- se Colette al giovane Georges Simenon, che le aveva sottoposto un racconto da pub- blicare su Le Matin. Lui prese il consiglio sul serio. Esegu, e al secondo tentativo lex ballerina di music hall approv il risultato. Anni dopo, lo scrittore che produsse centi- naia di splendidi romanzi con un migliaio di parole, scelte nel francese pi semplice, ricevette da Andr Gide il complimento: Un genio, uno capace di scrivere senza ag- gettivi. I mediocri, invece, gli aggettivi li adorano. Di pi: pensano che lessenza del- la Letteratura con liniziale maiuscola sia un aggettivo che segue (o pi vezzosamente precede) un sostantivo. Come se raccontare una storia dicendo il tale ha fatto o detto la tal cosa, poi successo questo, poi suc- cesso questaltro fosse un esercizio per po- veri di spirito. Lo Scrittore conpretese di maiuscola spa- ra aggettivi a raffica. Ogni azione, an- che la pi ovvia, e ogni reazio- ne, anche la pi banale, vie- ne inutilmente dettagliata. Per non parlare di arredi e vestiti, descritti con il pun- tiglio e loriginalit dei poli- ziotti addetti alla stesura dei verbali. Anche quando si po- trebbero tranquillamente evi- tare, uno il minimo, due so- no la regola, il terzo arriva a urtare i nervi gi provati. Quando in un romanzo italia- no capita di leggere Il luned mattina andai in procura, se- guitodaunbel puntoedaunmagnificoaca- po, viene voglia di gridare al miracolo. Fi- nalmentequalcunochehaunastoriadarac- contare. Gli aggettivi sono scelti tra i pi ovvi, o tra i pi incongrui. Nel primo caso lo scrittore italiano ambisce al realismo (che ormai pro- spera in libreria quasi solo sotto forma di giallismo), nel secondo caso ambisce al ba- rocchismo. Per capirci: o tocca leggere di schiume della birra bianche e dense, o tocca leggere che il marciapiede ostenta una rugosa indifferenza (si ringraziano Antonio Scurati e Melania Mazzucco per aver fornito il materiale). Di rado molto di rado capita di scorrere una pagina senza aver voglia di una matita, per fare quel che Colette ordin a Simenon. O di invocare un bravo editor che avrebbe dovuto levar di mezzo gli intoppi. Con sollievo delle patrie lettere e dei lettori tutti. O almeno di quelli convinti che scrivere sia una gran fatica, e leggere un gran divertimento, quindi immu- ni a ogni tentazione di passare sullaltro fronte. Come diceva Cline: Io me ne sto di sotto nella sala macchine, sporco e sudato. Ma i passeggeri, sul ponte, devono godersi la crociera. Lo fanno da viaggiatori che hanno pagato il biglietto di prima classe, quindi pretendono coccole a ogni riga. Leccezione Nabokov Gli aggettivi si portano dietro lannosa questione delle descrizioni, che gi affligge- vaStendhal. Nei Ricordi di egotismo, spie- ga che a trattenerlo dallo scrivere romanzi la fatica delle descrizioni. E insinua che Walter Scott avesse un segretario pagato ap- posta per abbozzare al posto suo i paesaggi. Stendhal, cheunsottopostononloaveva, nel Rosso e il nero (i colori stanno per leser- cito e la chiesa) fa il minimo sindacale. La cittadina di Verrires ha case bianche con i tetti rossi, castagni, unfiume sotto i bastioni. Si capisce che gi stufo, e non vede lora di dedicarsi a Julien Sorel e a Madame de R- nal (latramagli erastatasuggeritadallacro- naca nera: un giovane povero, avviato agli studi dal curato e diventato precettore non- ch amante della padrona, tenta di uccider- la in chiesa con un colpo di pistola). Si capi- sce che lo diverte molto di pi piazzare uno strategico punto (seguito da un altrettanto strategico a capo) in luogo di un convegno amoroso. Seguito da due righe capolavoro: Qualche ora dopo, quando Julien usc dal- la camera di Madame de Rnal, si sarebbe potutodire, instiledaromanzo, chenonave- va pi nulla da desiderare. Neanche un ag- gettivo. Ma sappiamo tutto quel che dobbia- mo sapere, e anche qualcosa di pi. Gide trovava le descrizioni noiose, giudizio con- diviso da chi le salta e passa direttamente al dialogochesegue. Loabbiamofattotutti, chi pi chi meno, e la differenza sta solo tra chi lo confessa e chi dice bugie. V ale natural- mente per gli scrittori che hanno occhi e orecchie standard. I fuoriclasse come Na- bokov scrivono cos: Si ferm un furgone per traslochi molto lungo e molto giallo, ag- giogato a un altrettanto giallo trattore affet- to da ipertrofia delle ruote posteriori, e con le forme impudicamente esposte. Saltatelo voi, se ne avete il coraggio. (34. continua) CORREZIONI LURLO DI AHMADINECHVEZ Roma. Tutti i vicini dellIran sono terro- rizzati dice al Foglio Michael Rubin, ana- lista dellAmerican enterprise institute, che ha a lungo soggiornato a Teheran e hanno ottime ragioni per esserlo, anche pi dei paesi occidentali. Sanno che il regime non vuole la bomba soltanto per mantenere lo status quo power, il potere di conservare inalterato lo stato delle cose. Temono piut- tosto che il loro programma di armamento abbia a che fare con una futura e vittoriosa espansione del loro potere e della loro area dinfluenza. Il dito dei mullah sul bottone rosso di un arsenale nucleare preoccupa gli stati arabi molto pi di quanto in ragione del consueto gioco delle parti non lascino per il momento trapelare. Soprattutto per- ch lIran atomico non troverebbe sulla sua strada nessun contendente ad arginare il suo potere. Ci sarebbe soltanto lo stato di Israele, che per non vicino alla politica estera dei paesi arabi. Il modello non sa- rebbe quello, da guerra fredda, del confron- to tra India e Pakistan, entrambe potenze nucleari rivali e con le mani legate. Ieri lArabiaSauditaharottoil silenzio. Il ministro degli Esteri, il principe Saud al Faisal, ha messo in guardia lIran dal porta- re avanti il programma di armamento, per- ch il risultato sarebbe un disastro nella regione. Non c ragione per dotarsi di ar- mi simili ha detto perch se fossero uti- lizzatecontroIsraeleucciderebberoanchei palestinesi. Esemancasseroil bersaglio, po- trebbero colpire lArabia Saudita o la Gior- dania. Quando insegnavo alluniversit di Teheran prosegueMichael Rubin eroim- pressionato da come gli iraniani conside- rassero i paesi vicini, per usare un termine che una volta si utilizzava per gli stati satel- lite dellUnione Sovietica, near abroad, co- sa loro. Esteri, ma di loro pertinenza. Per gli iraniani, accesi nazionalisti, Baghdad in Iraq e Herat in Afghanistan sono citt del- lex impero persiano; hanno pure velleit sulla vicina regione del Daghestan, e questo spiega la diffidenza dei russi nei confronti degli iraniani. Per esseresicuri, comunque, ieri Mosca ha ricominciato il suo infinito balletto diplomatico con Teheran. Le parole di Riad, la scelta del Cairo Qatar ed Emirati arabi uniti temono le conseguenze immediate del programma nu- cleare, possibili e disastrosi fall out in caso di incidenti o lIran su una faglia sismi- ca di terremoti. Il regime, secondo lingle- se Charles Melville, curatore della Cam- bridgeHistory of Iran, sta- tobenattentoacostruiregli impianti distanti dalle zone pi a rischio. Ma se qualco- sa va storto, o in caso di at- tacco preventivo per stroz- zare nella culla il program- ma di armamento, i venti radioattivi non lascerebbe- ro scampo. A preoccupare, tuttavia, sono le conseguen- ze riflesse della possibile futura bomba iraniana. Aprirebbe, per ammissione del principe Faisal, una corsa agli armamenti atomici nellaregionemedioorientale. No, anchese lIran proseguisse sul suo percorso lArabia nonloseguirebbe. Maci sarebbelostessola minaccia di una gara verso latomica. Per oraintestacil soloPakistan, chehagiot- tenuto la bomba con i finanziamenti sauditi e un tacito patto di aiuto. Ma subito dopo se- gue lEgitto. Nonostante sia tra i firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare, il Cairo, proprio per controbilanciare i pro- getti iraniani, starebbe portando avanti il suo programma. LAiea, lagenzia di control- lo sul nucleare che fa capo allegiziano Mohammed ElBaradei, avrebbe gi control- lato le prove che nei loro impianti si tenta il temuto arricchimento delluranio. Ma senza dare troppo risalto alla cosa. La Giornata * * * In Italia Nel mondo ANCORA SCONTRO SUL CASO UNIPOL. I DS MINACCIANO QUERELE contro Ber- lusconi che insiste nelle accuse allUnione: noi, dice la Quercia in una nota, non abbia- mo nulla a che fare coi 50 milioni di Con- sorte, chiunque sostenga il contrario ne ri- sponder di fronte alla legge. Fassino a Porta a Porta: Consorte dica che fine han- no fatto i soldi, ma Berlusconi pensi ai suoi processi. Come si permette di mettere in dubbio la mia onorabilit?. Il premier, dal canto suo, ieri ha preso di mira Prodi, reo di aver incontrato anche lui Bernheim nei giorni caldi dellopa su Bnl. Per Ber- lusconi una singolare coincidenza che, in estate, tutti i dirigenti dellUnione ab- biano visto il presidente di Generali. Il vi- cepremier Fini: In tempi non sospetti ho incontrato anche io Bernheim. Il leader di Confindustria Montezemolo su Unipol: Tutti, a cominciare da noi im- prenditori, abbassino i toni del confronto. * * * Ds e Margherita dicono no a Prodi, che aveva chiesto unaccelerazione verso il par- tito democratico. Per Fassino costruire un nuovo partito un processo politico che non si improvvisa. A porta a porta il se- gretario Ds: Prodi non il Dio in terra. * * * La 194 applicata in modo insufficiente sul- la prevenzione e laiuto alle donne incinte. Lo dice un documento del Comitato di bioe- tica. Volont (Udc): Applicare e, nel caso, migliorare la legge un dovere civile. * * * Dio amore, dice Benedetto XVI nella sua prima enciclica papale, interamente dedicata allamore cristiano e alla carit. Il rabbino di Roma Riccardo Di Segni ha invitato Papa Benedetto XVI in Sinagoga. * * * Presa in Olanda la latitante anarchica Ann Scrocco: deve scontare due condanne a trentanni per sequestro e terrorismo. * * * Il governatore Mario Draghi s insediato ieri nel suo ufficio in Banca dItalia. Inflazione fermaadicembre rispettoano- vembre, al 2 per cento nel 2005 (dati Istat). * * * Borsa di Milano. Mibtel: 27.615 (+0,93%). Leuro (1,2116) perde 0,0022 sul dollaro. DOPPIO ATTENTATO SUICIDA IN AF- GHANISTAN, ALMENO 26 I MOR TI, una quarantina i feriti. Il primo a Kandahar, do- ve in mattinata un kamikaze s fatto esplo- dere davanti a un veicolo dellesercito af- ghano uccidendo tre soldati e due civili. Qualche ora dopo, a Spin Boldak, un terro- rista in motocicletta ha attivato il suo ordi- gno dopo essersi schiantato contro una pic- cola folla che celebrava la festa islamica del sacrificio: oltre 20 le vittime. * * * Il governo iraniano mette al bando la Cnn e i suoi giornalisti da tutto il territorio na- zionale. Motivo: la tv americana ha attri- buito al presidente Ahmadinejad la frase luso di armi nucleari un diritto dellI- ran anzich la corretta luso di energia e tecnologia nucleare un diritto dellIran. Per la Cnn solo un errore di traduzione, ma per Teheran lo sbaglio intenzionale. * * * Merkel in visita a Mosca. Dialogo aperto, ha detto la neocancelliera tedesca, che, parlando con Putin, ha anche trattato temi delicati, come la Cecenia e la legge con- tro le ong appena approvata dal Cremlino. * * * Ehud Olmert guider Kadima alle elezio- ni. Lhanno deciso ieri i deputati del parti- to. Soddisfatto il presidente dellAnp Abu Mazen: Con Olmert si pu lavorare. Articolo nellinserto IV * * * Elicottero americano abbattuto dai terro- risti iracheni con un razzo non lontano da Baghdad. Sempre ieri unautobomba ha uc- ciso almeno 6 persone e ne ha ferite una ventina a nord-est della capitale. Il processo a Saddam sar presieduto per ora da Sayeed al Hamashi, il vice del presidente dimissionario Rizgar Amin. * * * Un governo dei migliori e delle migliori perch quattro anni sono brevi e non c tempo da perdere. Questo lannuncio del- la socialista Michelle Bachelet allindoma- ni della sua elezione a presidente del Cile. Articolo a pagina tre * * * Ali Agca non idoneo al servizio militare, quindi libero a tutti gli effetti. Lha deciso ieri una commissione medica turca. La Giornata realizzata incollaborazione conDire Questo numero stato chiuso inredazione alle 20,15 HUGO CHVEZ AHMADINEJAD OGGI NEL FOGLIO QUOTIDIANO IL PARTITO DEMOCRATICO DS E MARGHERITA dicono a Romano Prodi che una forza politica come quella chelui proponenonsi improvvisa. Infatti c chi ci lavora dal 2003, basta rileggere un ben invecchiato articolo di Michele Salvati del 10 apriledi quellannopubbli- catosuquestogiornale (pagina2) S crive Giuliano Ferrara sul Foglio di ieri: I co- siddetti valori, Pera se li gioca a Lucca insieme alle faccende di una bretella autostradale. Qui, dav- vero, chi saparli: o, per- lomeno, dia al Corriere della Sera le trascrizioni delle telefonate tra il presidente del Senato e il direttore del Fo- glio. Poco ci importa che si tratti, o meno, di fatti penalmente rilevanti: anzi, a essere sinceri, ci che ci interessa maggiormente sono proprio quelli penalmente irrilevan- ti (pettegolezzi, in particolare). Ma, in ogni caso, vogliamo sapere: insomma, che c sta- to di cos torbido tra quei due per giustifica- retantemazzate? Perchil collegamentotra valori e bretelle suggestivo (crudel- mente e, perfino, unpo mascalzonescamen- te suggestivo): e, dunque, vale la pena ap- profondirlo. Enon, certo, per le implicazio- ni giudiziarie, semai venefossero(chi spia non figlio di Maria/ non figlio di Ges/ quando muore va laggi: e cos Silvio Ber- lusconi, oltre che la presidenza della Re- pubblica, si giocato anche il Paradiso. Che non proprio da buttar via). Ci che ci pre- me, insomma, non accertare leventuale collegamento illecito tra valori e bretelle (che come dire: tra morale e calzascarpe), ma il perch la categoria di valore venga brandita con tanta aggressivit contro Mar- cello Pera. Il discorso importante e c un punto, nel ragionamento di Ferrara, che condivido interamente. Ovvero la preoccu- pazione che la ridondanza ideologica accu- mulatasi sul tema rischi di soffocarli, quei valori, togliendo loro carne e sangue e ren- dendoli povera cosa. (Che nonha n la ruvi- damaterialitdellaCOSAnlessenzialein- digenza della POVERTA). E, di conseguen- za, quei valori si riducano a mero valore di scambio: occasione di identit esile e fin esangue; tematica da convegnistica termale; opportunit di aggregazione correntizia e di amministrazione delle risorse (i valoristi come che so? i pontieri nella Dc). Ma queste interpretazioni (o sub-politicistica o teologico-teleologica) nonsonolesolepossi- bili. Nelle scienze sociali che so godere di uno statuto epistemologico inferiore a quel- lo della filosofia, l, nei sushi bar e agli happy hour il valore qualcosa di molto diverso. Cos (grossolanamente) traducibile: il valore la posizione/postazione da cui muovo per incontrare laltro e misurarmi anche polemicamente (polemos) e bellico- samente (bellum) con la sua posizione/po- stazione. Quanto pi sono convinto della bont del mio valore tanto pi sono consa- pevole che solo nella discussione conlaltro potr conoscerlo davvero (il mio valore). Questo, credo, devessere il nostro abitus mentale: il resto, diciamolo, sono bretelle. 2. Ancora Ferrara sul Foglio di ieri: Le donne democratiche sono alloffensiva per difendere una legge che nessuno attacca, una miliardata di aborti in trentanni sono passati in cavalleria. Rileggete con atten- zione, vi prego, quella frase: una legge che nessuno attacca una miliardata di aborti in trentanni. Come non vedere che si tratta di un feroce e truffaldino ossimoro concettuale? Una legge che nessuno in- tende attaccare, ma che viene collegata suaviter a una miliardata di aborti. Pi attacco di cos. E perch truffaldino? Ma perch si giustappone una normativa ita- liana, che una manifestazione di donne, in Italia, ha inteso difendere, e una quantit enorme di aborti che, immagino (dal mo- mento che nellarticolo non specificato), riguarda lintera popolazione mondiale. (La cifra ottenuta, ritengo, moltiplicando la stima di oltre cinquanta milioni di aborti allanno, fornita dallOrganizzazione mon- diale della sanit, per numero di anni). Una cosa certa: questa logica trucibalda (una miliardata: ma chi sei? Amadeus?) non porta da nessuna parte, se non alla nevrosi comparativa (Gad Lerner), che ossessivamente misura le nostre vittime e le loro. Di conseguenza, la mia mossa successiva dovrebbe essere secondo la lo- gica ferrariana, condotta alle sue estreme conseguenze chiedere (e non cos: piutto- sto, con cipiglio torvo): ma sapete quante sono le vittime di aborto clandestino nel mondo? Se si tiene conto che nella sola Ar- gentina, ogni anno, 10 mila donne muoiono sotto i ferri e 300 mila devono ricorrere a un ricovero urgente; e se ancora si consi- dera che il maggior numero di aborti clan- destini, e di morti conseguenti, si verifica in Africa, le cifre di questa ecatombe non ri- sultano troppo lontane da quelle dellaltra. Non solo: correlando la percentuale di don- ne morte di aborto alluniverso degli abor- ti complessivamente effettuati, si potrebbe ricavare una stima attendibile del numero di donne che la legalizzazione dellaborto ha sottratto alla morte. Ma, a questo punto, il confronto tra valori e tra posizioni/posta- zioni avrebbe gi assunto un cupo anda- mento necrofilo. C a chi piace. Luigi Manconi ANNO XI NUMERO 14 - PAG 2 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2005 L esoluzioni al problemasonosolotre: (a) Margherita cresce rapidamente a spese dei Ds econquistalegemoniasullacoalizio- ne; (b) i separati in casa si dividono, i rifor- misti radicali confluisconoinunsoggettopo- liticocheraccoglie[] anchegranpartedel- le forze di sinistra disperse tra partitini e movimenti, e i riformisti moderati conflui- sconocon Margheritainunnuovopartitodi centrosinistra (o sinistra moderata); (c) i Ds nel loroinsiemeconfluisconoconMargheri- tanel partitodi cui abbiamodettoediremo meglioinseguito. Per orachiamiamoloPar- titodemocratico. Il virgolettatopotrebbees- sere la premessa al pezzo con cui ieri, sul CorrieredellaSera, MicheleSalvati invitava il centrosinistraprodianoacentrarelocca- sionedanonperdere. Invecequesteparo- le, sempre di Salvati, apparivano sul Foglio del 10 aprile2003, sottoil titoloAppelloper il Partitodemocratico. AlloralUlivoeraal secondoannodopposizione, RomanoProdi amministrava da Bruxelles la Commissione europea, lasinistrafacevai conti con unSer- gio Cofferati inlibera uscita dalla Cgil e ca- pace si raccontava di assecondare la ri- chiesta nannimorettiana di un nuovo radi- calriformismo. Pareva la risposta alla nota nenia girotondina: Con questi leader non vinceremomai. Per Salvati erail segnaledi UN BEN I NV ECCHI A T O AR T I COL O DI MI CHEL E S AL VA T I un auspicabile rimescolamento, da sinistra, nella sinistra: Una minaccia alla coesione internadei Ds. Perchil problema, vistoda unsincerodemocrat, eranoesonoi diessini. I Ds sonolepicentrodellacrisi. Il Pci sta- tounpartitoconunagrandeforzaorganizza- tiva, con una identit spiccata e con una se- paratezzaquasi comunitariarispettoal resto della societ civile e politica, la famosa di- versit di cui parlavaBerlinguer [] Perch diciamochei Ds sonolepicentrodellacrisi, delle difficolt maggiori dellUlivo? Perch lunioneapparentedei separati incasaosta- colalaformazionedellunicosoggettopoliti- cochepotrebbe, inalleanzaconaltri, contri- buireinmododeterminanteallasconfittadel centrodestra. E statonotatotantevoltechela debolezzastrutturaledellacoalizionedi cen- trosinistra dipende dallassenza di un forte partito di sinistra moderata che competa ad armi pari conForza Italia nella caccia alle- lettoremediano. Sembraunappendicealla richiestadi unanuovaBolognina contenu- ta nel recente editoriale di Angelo Pane- biancosul Corriere, einvecesempreil Sal- vati del 2003. Il cui tratto pi sapido forse questo: Laprospettivadel Partitodemocra- tico esaltante: la riunione di tutte le cor- renti riformistichemoderatedellastoriaita- lianadi cui tantosi parlatoapropositodel- lUlivo. Gli elettori apprezzanolasemplicit, la rapida comprensibilit. V errebbe final- menteaformarsi unpartitodi sinistramode- rata, conunnomeimmediato, sempliceefor- temente evocativo (basta con la botanica) nel quale la componente di lontana origine comunistanonsarebbedominante. Nonsar facile per Berlusconi tacciare di comunista unpartitochehaper segretarioProdi edove siedonoindirezioneRutelli accantoaFassi- no, aBoselli, aCastagnetti, aParisi (eVeltro- ni? Erastatounodei primi aparlaredi Par- titodemocratico, si decida). Seguivaelenco di altri democratici per vocazione: Lapo Pi- stelli, Claudia Mancina, Franco Monaco, Ni- cola Rossi, Umberto Ranieri, Enrico Letta, Pierluigi Bersani, Sergio Chiamparino, Ric- cardoIlly eviaseguendo. Mancavaqualcu- no. Salvati: Perchnonabbiamomenziona- to Franco Marini o Massimo DAlema? [] Perch sono segnati da un ruolo dominante inscommessepoliticherecenti chepuntava- nosuesiti radicalmentediversi daquelloche stiamo auspicando. Marini perch pensava, come molti popolari, a unruolo del suo par- UNA MUS A T ROPPO MAL T RA T T A T A Uno sterminato popolo di nuovi poeti preme alle porte delloblio D opo essermi aggirato per un paio dore, perplesso e incredulo, sempre pi svo- gliato e frustrato, in mezzo a poesie italiane doggi delle quali nonsi vede la ragione, e a introduzioni criticheimpeccabili eimpegna- techepromettonoqualcosachenei testi non c, non so pi che fare. E possibile parlare criticamente, usandoil linguaggiodellacriti- caletteraria, vogliodire, conil suocaricodi cognizioni storiche e tecniche, occupandosi di nuovi poeti? Me lo chiedo da tre decenni. Maogni voltacomesefosselaprima. Negli ultimi dueotreanni devoessermi unpo di- stratto(meneaccorgoora) perchapprendo chesononatenuovescuole, nuovetendenze, di tono perlopidepresso-sadico. Ci sono in giroeinpienaattivitalmenoventi otrenta poeti di cui ignoravoperfinoil nome. Provoa leggerli, a informarmi. Ma noto dopo un po chelacosapidifficileproprioquesta. Di- releggereuneufemismo, perchnonsi rie- sce a leggere. E dire informarsi, anche. Non si riesceacapireconchecosaeconchi si ha achefare. Aquestopuntosentoil bisognodi chiederepubblicamentescusaaValerioMa- grelli, chemi sempresembratolaperfezio- ne della mediocrit. Ma certo, se cos per- fetto, devepur esserequalcosadi picheme- diocre. Lasuafurbiziadi letteratocos emi- nente che deve per forza contenere una pe- pitadintelligenzaprofessionale. Vedodel re- stochemolti critici loconsideranounautore epocale. Lo riconosco e mi scuso con lui: a parte i quattro o cinque poeti veri, che sono fuori concorso, Magrelli il leader indiscus- soeconil suoautisticoaplombsvettasutut- ti gli altri. I quali scrivonopoesienellequali nonsi capisceperchquellaparolastal, non si capisceperchdopoquellafrasecquel- laltra, nonsi capisceperchsi vaacapo(vec- chioproblema), nonsi capisceperchil testo finisce a quel punto, non prima, non dopo. Possibile che con tante scuole di scrittura creativanessunosiariuscitoinquesti ultimi dieci anni ainsegnarequalcosadi utile? I poeti sono impossibili: quando final- mente mi trovo fra le mani il libro di Ales- sandro Carrera che porta questo titolo (pre- fazionedi FilippoLaPorta, Filoedizioni, 180 pagine, 10euro) mi sembradi aver trovatola- nalgesico, leccitante, il sedativo, o meglio il disintossicante giusto per chi abbia passato anche solo unora a cercare una poesia buo- nainantologieealmanacchi appenaarriva- ti. Il librodi Carrerapossiedeunaimportan- tequalitletteraria: lintelligenzaveramente moltopoeticadi far vederecheoggi, comeie- ri, lapoesialafannoi poeti echequindi fini- sceinevitabilmenteper somigliarealoro. Ma se mi azzardassi a far sapere ad Alessandro Carrera, conquestoarticolo, cheil suolibro geniale, rischierei unaquerela. Carrerain- fatti allinizio del quarto capitolo, intitolato Siamo tutti grandissimi poeti, ci ricorda unacosa: Robert Musil osservcheladeca- denza della modernit era iniziata il giorno incui nella cronaca sportiva di unquotidia- no viennese si pot leggere che un certo ca- vallo, granvincitoredi corseera, geniale. Oggi per, dato che siamo pi spregiudi- cati, picorretti epiintelligentementeani- malisti di Musil, posso dire che Carrera con questo libro ci ha finalmente dato ci che aspettavamo(aspettavo) datempo: unottimo antidotocontroquel particolarequozientedi stupiditchesembradover accompagnarela decisionedi scriverepoesieechealimentala produttivitdei poeti attuali. Hodettoattua- li. MaCarreraci ricordaunaltracosaimpor- tante: Orazio, Francisco De Quevedo, Pietro Giordani, OsipMandelstameMontalesi era- nogiespressi inpropositoconanalogopes- simismo. Oraziolamentavachei poeti fosse- roinnumerevoli. QuevedoscrivevacheDio aveva mandato unepidemia di poeti inSpa- gnaper punirci dei nostri peccati; duesecoli dopo Pietro Giordani si lamentava con Leo- pardi cheormai chiunquesapesseleggeree scrivere si riteneva in grado di impugnare cartaepennaegettar giversi aprofusione; OsipMandelstamconstatava conscoramen- tolesistenzadi unostraccionissimoesercito di poeti che aveva invaso la Mosca postrivo- luzionaria. MontalescrissecheseGugliel- moGiannini, invecedi fondareil movimento dellUomoQualunque, avessefondatoil par- tito del Poeta Qualunque, conobbligo impo- sto allo Stato di stampare a proprie spese i versi di ogni cittadino, avrebbe mandato al- meno uncentinaio di deputati inParlamen- to. E gimolto. MaCarreraaggiunge: Dopo larivoluzionesandinistainNicaragua, per te- stimonianzadi chi cera, mentreil paeseave- va un disperato bisogno di ingegneri, capi- mastri eidraulici, ogni voltachesi annuncia- vaunaletturapubblicacentinaiadi aspiran- ti poeti si mettevano in fila dal mattino, de- terminatissimi aleggereleloroinvettivecon- trolos gringos, mentreintornononcerauna stradachenonfossepienadi buche. Queste parolesonoscrittenel primocapitolodel li- bro, cheportauntitolodefinitivoper chiari- resubitodi checosasi tratta. Unpopolodi poeti preme alle porte delloblio. Carrera comunque, per essere ancora pi chiaro (il suo uno dei libri pi insopportabilmente chiari per i poeti di oggi), dicesubitolessen- ziale: Nella seconda met dellOttocento, quando Lautramont lanci la profezia che ungiornolapoesiasarebbestatafattadatut- ti forse non si aspettava che il tempo gli avrebbe dato ragione al di l delle sue pi pazzeaspettative. Ecertamentenonsi aspet- tavache, comeeffettocollaterale, unapoesia fatta da tutti avrebbe ridotto la poesia stes- saallinsignificanza. Perchsetutti, inunca- baret dadaistadi dimensioni planetarie, scri- vono, pubblicano, recitano e urlano i propri versi, per unaleggedi conversionedi cui nes- suno vuole assumersi la paternit, proprio quei versi hanno una forte probabilit di ri- sultareirrilevanti. Anchiopensoquesto. Ma penso(forseCarrerasardaccordo) ancheil contrario. Sullamassadi testi senzacapon coda n ragioni di esistenza, si possono solo scrivere puntuali piccoli saggi in punta di penna, chepuntualmentemancanologgetto di cui dovrebberoparlareequindi parlanodi unpurofantasmamentale. Esistonotuttavia, inquestanebbiadi parolecheavvolgeil pia- neta e intasa Internet, delle poesie vere e proprie, cheliberanolamentedi chi lelegge per qualcheminutoechequindi fannoveni- revogliadi essererilette. Madicendoquesto mi accorgo di essere stato ottimista. Perch se individuare e riconoscere queste poesie fosseovvioefacile, il fenomenodellapoesia scritta da tutti non si darebbe. Come po- trebbe scrivere quelle non-poesie chiunque abbia letto anche solo una decina di vere poesie e abbia percepito perch lo sono? A questapercezioneparechenonsappianopi arrivarenonsologli aspiranti poeti, manep- purei critici inservizio. Il primoservizioche i critici in servizio dovrebbero rendere oggi agli altri easestessi direquali poesieesi- stono e quali nonesistono, anche senza par- lare degli autori che ne sono responsabili. Facendo questo, potrebbe capitare loro di nonsembraregentili. Ma, comeosservaCar- rera, essere carini con tutti i poeti e con i poeti qualunque, mandaallosbaragliomolte brave persone. Le rende ridicole. Macch, neppurequestovero. Comesi puessereri- dicoli senessunoride? E il cattivopubblico, oil nessunpubblico, cherendelapoesiacat- tivaonulla. Alfonso Berardinelli DI T E AI POL I T I CI CHE NON E UN I NS UL T O Avanspettacolo? Magari! Appassionata difesa di un genere vituperato P er favore, lasciate perdere lavanspet- tacolo che era una cosa seria. Per di pi non si faceva nelle procure, tranne i casi relativamentefrequenti incui i comici do- vevano difendersi dalla censura. Lasciate perdere lavanspettacolo, perch faceva ri- deresul serioeperch sul serio facevari- dereraccontandocosevereeconcretedella vita quotidiana degli spettatori. Lasciate perderelavanspettacoloperchchi loface- vavivevadi paneeveleno(soprattuttovele- no) ecomeunicaricchezzaavevalapplauso del pubblico; quandoarrivava. Perchpoi assai pidi consueto invecedellapplauso arrivavanoi fischi, lepernacchie, lebattute cattivescanditedallaplatea. Ma mai possibile che quando c da in- sultare qualcuno, si ricorre sempre al luogo comunedellavanspettacolo? E il destinoci- nico e baro che si accanisce contro ungene- re di teatro popolarissimo a suo tempo ma ignoratodallastoriaufficialeescreditatonel- la memoria comune a colpi di pregiudizio. Credete, per caso, che sia facile far ridere genteincattivitadallamiseriaedallarabbia sociale? Credete che sia comodo avere a di- sposizionepoverescene, squisiti giochi di pa- role e spicci richiami al sesso e al desiderio per contrastare lo strapotere di un cinema tuttosogni, favoleederoismo? Provateci voi. Provateoggi mettiamo aconvincerelagen- te a seguirvi intv senza talpe da smaschera- re, senzaconfessionali, senzaquiz, senzapo- liziotti laureati ad Harvard e senza carabi- niereavvenenti. Lavanspettacoloavevacon- trolaretoricadei condottieri dellAnticaRo- ma, le fantasie erotiche di cappa e spada, i paesaggi esoticiecombattevai suoi nemici asuondi battutesopraffine, allusioni pesan- ti ecosceemulsionatedallacelluliteche, per di pi, proprio non riuscivano a inseguire i tempi musicali. E robadadileggiare, questa? Einbaseaqualeconcentratodi ignoranzasi pu definire il piccolo bagaglio di genialit dellavanspettacolo come effetti speciali? Piuttosto: quali piproficuerisorsehannoa disposizioneoggi coloroi quali vengonoac- cusati di fare avanspettacolo? E dove met- tiamoil fattochearileggerei copioni della- vanspettacolo (ce ne sono, ce ne sono: qual- che migliaio sepolti nellarchivio della Cen- surafascista) sembradi consultarecronache di vitavissutacos vereevivaci comenessun manualepurenderci? Si potrdirelostes- so, framezzosecolo, apropositodelledichia- razioni di colorocheoggi vengonodefiniti im- propriamenteguitti davanspettacolo?Anche sulla parola guitto, poi, ci sarebbe da ridire. Chi lha detto che un insulto? Dalla met del Cinquecentoallametdel Novecentofa- re il guitto era un mestiere importante e neanchetroppofacile: consistevanellintrat- teneregli altri; per lopialtri chenonerano moltodisponibili allintrattenimento. Perch questalasostanza: lavanspettacoloerami- seroemalvolutodai poteri, dovevasopravvi- vere fra mille difficolt e fra mille difficolt crescere, attrarreattenzioni, mettereinsieme pranzi eceneasuondi biglietti venduti, di fi- schi evitati edi risatestrappate. Ladignitdi chi lopraticava(negli anni TrentaeQuaran- tadellaltrosecolo, quandonacqueesoprav- visse) fuori discussione. Eranotrucchi one- sti, i loro: boccacce, mossette, cappellini ridi- coli, magari duepomelli rossi troppoappari- scenti sulle guance. Poi parole sussurrate o urlate, asecondadel livellodi attenzionege- nerale; esempre pensateunpo conil pe- soincombentedel filmchecominciavaafru- sciarenel rulloeconlimpresariodellasala che saffacciava dalla quinta a far segno di stringere, di tagliare, perch secondo lui la gente voleva il film. Che relazione ha, tutto questo, congli attori benpasciuti cheoggi re- citanopoliticaareti unificate?Epoi lasciate perdereunavoltaper tuttei fratelli DeRege eil loroVieni avanti, cretino!.GiorgioeCic- cioDeRegedi Donatodi SanRaffaele, ram- polli dorodi unadellefamiglienobili piin vista del Regno dItalia, rinunciarono a una carrieradorataindiplomaziaper il teatropo- vero. Inventaronounodei tormentoni pilon- gevi dellastoriaitalianaedimostraronoche ancheuncretinopuaverecolpi di genioper risolveresituazioni difficili. Conquestasem- pliceintuizioneguadagnaronosoldi apalate mafinironolavitainpovert. Figuratevi: Cic- cio il comico partecip pure alla Resi- stenza, a Milano, eppure nessunmanuale di storialocommemora. Morironosoli edisere- dati; non si sa nemmeno dove siano sepolti. Se proprio non volete ricordarli per le divi- nitchefurono, almenolasciateli inpace. Nicola Fano E finita. E finita cos , senzalare- plica della domenica mattina, senzapermettereaunapoverina che avesse osato trascorrere un finesettimanafuori di recupera- re la penultima puntata, finita con la Mar- cuzzi vestita da marescialla al posto della fi- glia della Durso che si trasforma da adole- scentebisbeticaindonninaresponsabile, fi- nitasenzachequi si sappiacomeavvennela trasformazione(masi notacheormai laMar- cuzzi rimpiazzalaDUrsoinogni snododi pa- linsesto). E finita con una rumena incinta spuntatadal nullachediceHopauradi non essere la madre che mio figlio vuole e la DUrso (che privata della permanente si scoperta saggissima) che risponde: Lui non sacomedevessereunamadre, lui sacheha scelto te e che nonvede lora di conoscerti. E finita con la prima moglie di Ricky T o- gnazzi cheprimafail diavoloaquattroper ri- prendersi il maritoelamattinadopoinciucia inbarcaavelaconunaltro, egli diceGrazie per avermi aspettato e quello con laria di uno che sa di star dicendo cose brillanti ri- sponde Non devi ringraziarmi. Ho letto unintervistaaungrandeallenatore. Gli han- no chiesto Lei intelligente?. No, sono te- nace. Elei invecedi buttarsi amareprose- gue: Iosonostatacos male, eti hofattodel male, e lui a quel punto sceglie la formula monologhi paralleli: Quellannolallenatore havintoil campionato, al chelei si risveglia dal comadialoghisticoegarrulagli fa: Allo- ra dobbiamo festeggiare. E finita con la fi- gliadellaDUrsoche, rassegnatasi aunavita da povera, si mette persino a suonare le ta- stiere nel gruppo del paesello, i Lake s Boys andSisters, epassi labarcaavela, mail fatto cheil grupposuoni MaIl CieloE SemprePi Blucostituiscegraveviolazionedellapar con- dicioprimaancoracheessaentri invigore. E finita con la DUrso che, licenziata da una- genzia immobiliare, decide di rilevarla per creare lagenzia Ricomincio da me, perch nontutti hannolafortunadi trovareunami- cacomete(laSandrelli, notadellAcritica) o dei figli comei miei ounamorecomeFabio (Tognazzi, ndA) o di ritrovare un padre (per- ch allultima puntata risorto pure pap DUrso, ndA), ma non chiarissimo lei e la sua agenzia cosa facciano, per questi sfortu- nati che non son degni di una fiction: gli ap- partamenti li dannoviagratis? Maquesti so- nodettagli, contasolocheRicomincioDaMe finita, elinvernoancoralunghissimo. Questa rubrica a questo punto aveva dei programmi benprecisi, mahafattolerroredi lasciarelatv accesa. Nonsarpenalmenteri- levante, maquestarubricaprontaagiurare cheieri, intornoallequattro, adAmici venis- sebruciatasul rogodellemaldicenze(di rac- comandata, le davano, niente di meno) una povera fanciulla colpevole solo di aver fatto unaduragavettanel mondodellospettacolo. Ho lavorato ammetteva la poverina con Apicella per Berlusconi. E la vogliono cac- ciaredaAmici, per questo? Mentrequellose nestainogni programma, daBiscardi aogni AnnaLaRosacheci sia, acantareSalvami/ salvati/ salvami/ salviamoci? Il checi conduceaJovanotti. VistosuMtvin unprogrammamediamenteinutile, doverac- contava gli stessi aneddoti di sempre (per quellodi Cecchettochegli diceFai unacan- zone che si chiami Ciao Mamma cos il pub- blico ha gi gli striscioni pronti fa sempre moltoridere) ecantavatroppopocoMi Fido Di Te (una volta sola, uffa) e faceva trarre la solitamorale: volevafareil cantautore, maha sbagliato nome darte. Ma il fatto che a un certo punto, a leggere le parole di Chiss se stai dormendo, comparsotal Scamarcio, che mi diconoesserefamosissimosexsymbol per teenager eiodicomamai nessunochemi av- visi delle cose importanti, ma se c uno con una cos strepitosa aria da figlio di buona donna, ingiro, maallorateenager anchio. Un paese serio quello in cui un grande giornale, in occasione del Grande Fratello, apre un blog dove quattro prestigiosi edito- rialisti dicanolalorosui concorrenti e, persi- no, invitino il pubblico a non votare per la cacciatadei piantipatici, vistochefacendo- lo regaleranno 16 pence a un ente benefico scelto da quello che trovano cos odioso da volerlo cacciare. Il Times, per Celebrity Big Brother, lha fatto. Qui gioved comincia il GF6. Chi vuol essereungrandegiornale? titononschieratoorganicamenteconlasini- stra, perch non voleva legarsi le mani. E DAlemaperchpensava, congranpartedel suopartito, aunruoloegemonicodei Ds, sul- la base dellerronea analogia tra lItalia e i paesi normali, dovelalternanzaavvienetra un partito conservatore e un partito social- democratico. E per questi motivi profondi eradicati nel passato cheentrambi furono piuttosto tiepidi nei confronti dellUlivo co- meentitdistintadai partiti dellacoalizione, edi Prodi comeleader politicodi questaen- tit. Sicuramenteessi hannomodificatoil lo- ro giudizio, ma il ruolo che hanno avuto nel recente passato rende difficile immaginarli comeprotagonisti dellascommessachestia- mo proponendo. E le stesse considerazioni cheabbiamosvoltoper DAlemapossonoes- serefatteper GiulianoAmato. Qualcunogiu- dicquestobeninvecchiatoarticolocomeun ballon dessai. Altri avrebbero poi creduto, nel 2004, cheil nuovopattounionistatraDA- lemaeProdi nascesseproprioper tampona- relaprospettivademocrat raffiguratadaSal- vati. I menosmemorati oggi nonsi stupiscono chelingegner CarloDeBenedetti continui a raccomandareallasinistralargoai giovani. E che Fassino e DAlema (e in fondo anche Marini) obiettino a Prodi che un Partito de- mocraticononsi puimprovvisarecos. Il Partito democratico non si improvvisa Ci lavorano dal 2003 IL FOGLIO quotidiano ORGANO DELLA CONVENZIONE PER LA GIUSTIZIA DIRETTORE RESPONSABILE: GIULIANO FERRARA VICEDIRETTORE ESECUTIVO: UBALDO CASOTTO VICEDIRETTORE: DANIELE BELLASIO REDAZIONE: ANNALENA BENINI, MAURIZIO CRIPPA, STEFANO DI MICHELE, MARCO FERRANTE, ALESSANDRO GIULI, PAOLA PEDUZZI, MARIANNA RIZZINI, CHRISTIAN ROCCA, GUIA SONCINI, NICOLETTA TILIACOS, VINCINO. GIUSEPPE SOTTILE (RESPONSABILE DELLINSERTO DEL SABATO) EDITORE: IL FOGLIO QUOTIDIANO SOC. COOPERATIVA LARGO CORSIA DEI SERVI 3 - 20122 MILANO TEL. 02.771295.1 - FAX 02.781378 PRESIDENTE: GIUSEPPE SPINELLI CONSIGLIERE DELEGATO: DENIS VERDINI CONSIGLIERE: LUCA COLASANTO DIRETTORE GENERALE: MICHELE BURACCHIO REDAZIONE ROMA: LUNGOTEVERE RAFFAELLO SANZIO 8/C 00153 ROMA - TEL. 06.589090.1 - FAX 06.58335499 REGISTRAZIONE TRIBUNALE DI MILANO N. 611 DEL 7/12/1995 TIPOGRAFIE TELESTAMPA CENTRO ITALIA SRL - LOC. COLLE MARCANGELI - ORICOLA (AQ) STEMEDITORIALE SPA - VIA BRESCIA, 22 - CERNUSCO SUL NAVIGLIO (MI) S.T.S. SPA V STRADA 35 - PIANO DARCI (CT) CENTRO STAMPA LUNIONE SARDA - VIA OMODEO - ELMAS (CA) DISTRIBUZIONE SO.DI.P. SPA VIA BETTOLA 18 20092 CINISELLO BALSAMO TEL. 02.660301 PUBBLICIT: P.R.S. STAMPA SRL VIA B. QUARANTA 29 MILANO, TEL 02.5737171 ABBONAMENTI E ARRETRATI: STAFF SRL 02.45.70.24.15 VERSAMENTI SU CCP N.43000207 INTESTATI A: STAFF SRL/GESTIONE IL FOGLIO UNA COPIA EURO 1,00 ARRETRATI EURO 2,00 + SPED. POST. ISSN 1128 - 6164 www.ilfoglio.it e-mail: letter e@ilfoglio.it Ossimori Un suggestivo accostamento tra valori e bretelle, e una logica trucibalda sullaborto Oggi non mi va di star dietro alle novit, sia concesso un saltuario letargo. Mi sollaz- zoagiocareconITunes ecoi bei solitari che permettedi realizzare. Il giocoinquestione lo chiamerei Rama Lama Ding Dong . Con- siste nellordinare larchivio per nome del- la canzone, sceglierne una di cui avete di- verseversioni, ascoltarleunainfilaallaltra e delirare in libert. La prima canzone che giudico degna Dont Think Twice, Its Al- right di Bob Dylan. Beh, canzone sfiziosa e memorabile, di eterna classicit, ma con la prerogativa, raramente condivisa dalla mi- gliore produzione dylaniana, di sopportare esecuzioni chenonsianolasua. Dont Think Twice no: col suo andamento serrato, con la sua narrazione esposta e con lelevato tasso di mel che contiene, accetta letture diver- se. Dunque qui un Bob dei suoi ventanni, quando era il tipo pi svelto e sexy del V il- lage, le canta chiare a quella gattamorta della sua ragazza, una che non gli lascia aria. Questo il canto della liquidazione: Se fino adesso non lhai capito / quando il gallo allalba canter / guarda fuori dalla fi- nestra e io me ne sar andato. Parte la po- lemica caratteriale: Non sono abituato a guardare la tua luce / io sto dal lato buio della strada. L ammissione delle colpe: Pensavo ci fosse qualcosa che tu avresti fatto o detto per provare a farmi cambiare idea e restare / noi non abbiamo mai parla- togranchcomunque/ nonripensarci, tut- to a posto. Lamarezza: E inutile che gridi il mio nome / non ti sento pi / un tempo amavo una donna / roba da bambino mi dis- sero / le ho dato il mio cuore ma lei voleva la mia anima. Infine lo sberleffo: Non vo- glio dire che mi hai trattato male / avresti potuto fare meglio, ma non importa / pi che altro mhai fatto perdere tempo e per- cigoodbyes toogoodaword, babe/ SoIll just say fare thee well. Come lasciare una ragazza Via con le versioni. La prima quella acustica, cantata da Mike Ness, icona del punk Usa quando cantava coi Social Di- stortion. Linterpretazione insufficiente, scomposta e nervosa, con tutto quello strumming di chitarra e la voce che sar- rabbia troppo. Passiamo alla seconda, con Joan Baez in compagnia delle Indigo Girls. Lesecuzione di qualit, il gioco delle tre belle voci (quanto stato cretino per anni snobbare la Baez) virtuosistico, toccante. Peccato solo che manchi lessenziale umo- rismo sardonico, il passa e vai dylaniano, sostituito da un tono acre, recriminatorio. Terza versione: Peter, Paul & Mary, trio che annacqu il folk anni 60, rendendolo pro- dotto televisivo. Non a caso, la loro versio- ne pi cronachistica, la storia del distac- co la raccontano come se non centrassero, loro cos perbene che non lascerebbero mai il compagno di tutta la vita. Giudizio: ipocrita. Versione 4: entra Nick Drake, trat- to dalla cassetta casalinga di quandera un ragazzino di belle speranze. Che Nick fosse luomo pi sensibile dInghilterra labbia- mo accertato a suo tempo, e perci siamo doppiamente felici scoprendolo qui con un sorriso allangolo della bocca. Lui, profes- sionista della voglia di ammazzarsi senza fare rumore, della canzone di Dylan coglie lo spirito vagabondo, lirrequietezza che ha la meglio sui contorti meccanismi della re- ciprocit. La canta sbrigativa, la suona in accelerazione e la sua voce divina fa il re- sto. Peccatochelaqualitdellincisionesia schifosa. Ora parte una chitarra elettrica e arriva la versione 5: Waylon Jennings, che rif il pezzo del nipotino in saltellante tono country. Waylon un uomo vero, uno che sa come lasciare una donna. Lo fa con una punta di sciovinismo da quellimpenitente puttaniere che devessere, ma con armo- nia, allorch ci ficca dentro un irresistibi- le coro a bocca chiusa. Morale: se una ra- gazza s innamorata di lui, dal primo giorno che saspetta che lui le canti questa canzone. Conclusivo ascolto, numero 6: ar- riva Bobby D. e si resta sconcertati a senti- re come avesse questimpareggiabile ca- pacit di prendere le questioni di petto. Nessuno vola alla sua altezza, la chitarra si sente a malapena, declama con tutta la na- salit possibile versi che sono stilettate, e poi si distrae immergendosi nellarmonica. Suona in punta di sedia, elegante, non troppo lavato, vicinissimo e lontano come sempre. Dal tono, non nasconde che quel- la storia damore andata a male gli abbia fruttato questa cantilena precisa che i col- leghi gli invidieranno per quanto leviga- ta. E cominceranno a farne reinterpreta- zioni, ossessionati da non farsi mettere troppo in ombra dal ragazzino che pare sa- perne una pi del diavolo. Stefano Pistolini Stato della musica Il Rama Lama Ding Dong, gioco che permette di conoscere sei diversi Bob Dylan Che Giorgio Bocca la smetta di offendere, Na- poli siamonoi vadaadir- loai suoi famigliari. Quelli cheil sabatoe ladomenicavannoinmacchinasul lungo- mare, quelli che portano il Rolex e quelli chescippanoi Rolex, quelli cheascoltano Gigi DAlessio, quelli che comprano cd e dvdfalsi allaDuchesca, quelli chemanda- noi faxperchRosaRussoJervolinosi ri- candidi, quelli cheservonoil caffnei bic- chierini di plastica al bar della stazione e quelli che se lo bevono: Napoli sono loro, Napoli loro, selatengano. PREGHIERA di Camillo Langone CORTESIE PER GLI OSPITI La par condicio gi in vigore, ma solo per lex corista di Apicella LA DEFICIENTE ANNO XI NUMERO 14 - PAG 3 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2006 Il D-Day a Bankitalia/1. Che cosa resta del fazismo: parlano Della Vedova, Messori, Piluso, Nesi e Toniolo Il D-Day a Bankitalia/2. Tutti pazzi per Mario, ma i dipendenti promettono lo stesso trattamento riservato a Fazio: battaglia In Cile vince la socialista Michelle, in Finlandia la presidente va per un soffio al ballottaggio. Le quote rosa non centrano Roma. In molti sbirciano dietro il portone di Palazzo Ko- ch, mentre Mario Draghi prende il posto di Antonio Fazio, scegliendo simbolicamente lufficio che fu di Carlo Azeglio Ciampi, il primo a introdurre gli enzimi della concorren- za nel mondo del credito. Tutti sono sicuri che gli elementi di discontinuit, fra Draghi e Fazio, risulteranno, alla pro- va dei fatti, molto marcati, con il prevalere di un orienta- mento gradualmente favorevole alla concorrenza, dopo una stagione di tipo neo-protezionista. Anche se nessuno nega che, negli ultimi tredici anni, il comparto bancario sia mi- gliorato, in termini di efficienza e di solidit, pi di qua- lunque altro settore delleconomia italiana. A differenza di Fazio afferma Benedetto Della Vedo- va, economista e presidente dei Riformatori liberali Dra- ghi ha una naturale propensione a confrontarsi con il mer- cato. Pesano gli studi americani al Mit di Boston, gli anni come direttore esecutivo della Banca Mondiale e lespe- rienza da direttore generale del Tesoro che diede il via al- le privatizzazioni, insieme al network di relazioni interna- zionali che lha condotto alla vicepresidenza per lEuropa di Goldman Sachs. Inoltre, agisce in un contesto diverso ri- spetto al suo predecessore. Il governatore, nel linguaggio faziano organo apicale, non pi un dominus che, nel rispetto delle regole, gode legittimamente di una amplissima discrezionalit. Il man- dato a termine (sei anni rinnovabili). E stato introdotto il principio di collegialit nelle decisioni del Direttorio. I poteri di vigilanza sulla concorrenza bancaria sono passa- ti allAntitrust. Tutti questi elementi riflette Gianni To- niolo, docente di Storia economica a T or Vergata a Roma e alla Duke University concorreranno a una Banca dIta- lia pi neutrale sia nei confronti dei progetti di fusione e aggregazione che nasceranno dal basso, sia verso le ini- ziative che arriveranno dallestero. E difficile pensare che si favorir questo o quel player. Il cambio di rotta nella delicata questione della contendibilit probabile che sia impresso con passo felpato: Scommetto su uno stile pru- dentemente innovativo, dice Toniolo. Non c, per, soltanto il nodo della contendibilit. Nel passaggio fra lassolutismo faziano e la monarchia costitu- zionale (a tempo) draghiana, esiste anche la delicata que- stionedel rapportoconlaBancaCentraleEuropea. Fazio rammentaMarcelloMessori, docentedi Economiadei mer- cati monetari efinanziari aTor VergataaRoma, consigliere per le privatizzazioni del governo di Massimo DAlema mantenneunapoliticamonetariamoltorigidache, insieme al controllo dei conti pubblici, consent lingresso al nostro paese nelleuro. Tuttavia, non fu mai un euroentusiasta. Persa la prerogativa del batter moneta, si assistette al raf- freddamentodei rapporti conFrancoforte. Lostilitdi Fa- zio verso la Bce commenta Nerio Nesi, membro del grup- poparlamentaredelloSdi epresidentedellaBnl dal 1978 al 1989 fu concomitante allarroccamento nella difesa delli- talianit del sistema. Il rischio, con Draghi, semmai lop- posto: unaminoreattenzioneper linteressenazionale, daun uomochestatoai vertici dellafinanzainternazionale. Il problema della relazione con la Bce non dappoco. Rafforzarelufficiostudi di ViaNazionale sostieneGian- domenico Piluso, docente di Storia economica a Siena e a MilanoinBocconi lamossagiustaper tornareacontare nei processi decisionali che determinano la politica mone- taria europea. Le scelte di fondo della Banca dItalia, il mercatodei diritti proprietari ei rapporti conlaBcenonso- no gli unici dossier su cui Draghi potr o meno esercitare unadiscontinuitrispettoaFazio. Canchedellaltro. Nel segmento retail dice Piluso i costi complessivi dei conti corrente sono ben maggiori della media Ue. In nome della stabilitdel sistemabancario, Fazioaccettchequesti rica- vi spropositati esottratti allaconcorrenzacompensasseroal- treinefficienzedegli istituti di credito. Vedremoseil nuovo corsodellaBancadItalia, insiemeallAntitrust, si muover controi comportamenti collusivi. Pi zapaterista che zapatista. Nel ballottaggio cileno di do- menicaper lapresidenzadellaRepubblicanonhavintoEvo Morales e neppure Hugo Chvez. Probabilmente neanche Nstor Kirchner. Insomma, a Santiago non si annunciano ri- voluzioni bolivariane, n politiche cocaleras e nemmeno le nuances populiste del presidente argentino. La vincitrice, Michelle Bachelet, portatrice di un socialismo di impron- ta pi moderata. Secondo i pi fra gli analisti, quindi, il nuo- vo governo sar allinsegna della continuit economica: so- luzioni di sinistra, certo, ma non allarmate dalla globalizza- zione, n un granch collidenti con le dottrine neoliberiste. Pi probabile, invece, un restyling di quel celebre sistema di previdenza privatistico confezionato al tempo del dittato- re Pinochet e ancora ammirato da molti economisti. Dal- tronde, annunciava sostanziosi ritocchi al meccanismo pen- sionistico anche lavversario della signora Bachelet, Seba- stin Piera, che oltre a essere collocato a destra anche fratello di quel Jos che, da ministro del Lavoro, fu artefice di tale sistema privato. Se in Cile altre sorprese si aggiunge- ranno alla sorpresissima di una donna alla Moneda saranno forsepisul ctzapaterianochesuquelloeconomico. Don- na in un ambiente maschilista, madre di tre figli da due uo- mini diversi (uno dei quali non era neanche suo marito) in un paese che permette il divorzio dal 2004, agnostica in un Cile assai cattolico, Bachelet qualcosa a met tra un ar- chetipo e unavanguardista dei cambiamenti sociali e di co- stumecheinCilesonosempremenosottotraccia. Si trattadi vedere se tali cambiamenti saranno normati con leggi la madrilena. A ogni modo, movenze pi caute: un provvedi- mento, per esempio, che legalizzi laborto non sembra esse- re nellagenda di Bachelet, che ha per gi fatto una pro- messadal lessicofilologicamentezapaterista: Unnuovosti- ledi governo, unostileciudadano, prossimoallagente, par- tecipativo. Anche se stata criticata per alcune incertezze durantelacampagnaelettorale, arduoprofetizzarecheBa- chelet inciampi in proprie fragilit di carattere. La sua bio- grafia dice il contrario: padre ucciso dagli uomini di Pino- chet e, in aggiunta, prigione, tortura, esilio vissuti in prima persona. Poi una solida vittoria elettorale. Presidentessa ossimorica. Suppergiil 46 per centodei vo- ti al primo turno e una quasi sicura vittoria al ballottaggio del 29 gennaio. Ciononostante, un mezzo disastro elettorale per Tarja Kaarina Halonen, presidente socialdemocratico uscente (e probabilmente rientrante) della Finlandia. Una carica parzialmente svuotata di poteri qualche anno fa a fa- vore di governo e Parlamento, ma con un ruolo ancora rile- vantenel settoreAffari esteri. Haloneneraaccreditatadi un indice di gradimento che accarezzava un incredibile cento per cento. Non un gran successo, quindi, essere costretta al secondoturno. Primapresidentessadel suopaese, Halonen, contamoltosullelettoratofemminile, orbatodueanni fadel- la premier Anneli Jtteenmki, impigliatasi in un surreale Iraqgate scandinavo che le cost le dimissioni dopo due me- si. Ruvida e irritabile secondo alcuni, grande mamma del paesesecondoaltri, Halonengodedi ampiesimpatieinFin- landia. Qualcunorimastodeluso, per, dal suomodestoim- pegno governativo a favore degli omosessuali, pur essendo stata (lei etero) al vertice dellassociazione finlandese per i diritti gay-lesbici: lasuasollecitudineper i diritti sociali non si tradotta in articoli del codice civile. La presidentessa divenuta molto pi nota allestero della media dei suoi con- terranei chenonfaccianoi piloti di auto. NonsoltantoinIta- lia, a seguito della querelle con Silvio Berlusconi, reo a suo dire di una battuta odorosa di gallismo, ma anche negli Sta- ti Uniti. Mentore di Halonen Conan OBrien, conduttore tv, che si accorto della propria somiglianza con la presiden- tessa. Somiglianzachehacondottoaunosketchincui lui pe- sca in compagnia di due finnici attraverso un foro nel ghiac- cio. Ogni volta che nominato un antagonista di Halonen dalla buca salta fuori un pesce suicida. Commento di O- Brien: Un pesce sa riconoscere un cattivo leader. Previsioni di prudente discontinuit: concorrenza e neutralit Draghi atteso al varco del nuovo contratto e dei privilegi tab Bachelet e Halonen, signore di potere, primati e trasgressioni Roma. La soddisfazione per la fine della gestione di Antonio Fazio unanime, ma i sindacati della Banca dItalia promettono battaglia anche al nuovo governatore. E lungo, infatti, il cahier de dolances che le organizzazioni dei dipendenti di via Nazio- nale stanno mettendo a punto per presen- tarlo a Mario Draghi, che ieri si ufficial- mente insediato al vertice di Palazzo Koch. Al primo posto c la firma del contratto di lavoro, scaduto da quattro anni e non an- cora rinnovato. Dice Luigi Leone, segreta- rio della Falbi, il sindacato col maggior nu- mero di iscritti in Bankitalia: Innanzitutto ci aspettiamo dal nuovo governatore che ci incontri immediatamente per definire un corretto percorso che consenta di ridare fi- ducia a tutti i colleghi. Se cos non dovesse essere, non avremmo dubbi o perplessit sulla ripresa del conflitto. Una delle ri- chieste che giunger al nuovo numero uno di via Nazionale. Si legge sulla rivista inter- na del Sindirettivo-Cida guidato da Omero Papi: Guardiamoci intorno, in Banca: le stesse persone che ventanni fa spingevano per fare carriera, per innovare, oggi sono abbarbicate alle loro posizioni di comando e sostengono con forza e apparente convin- zione lesigenza di un innalzamento del li- mite della pensione di vecchiaia. Un no al conservatorismo, almeno anagrafico, che va di pari passo con altri no, come quello a eventuali esuberi, rispetto a una pianta or- ganica di 8 mila dipendenti. Spiega al Fo- glio un funzionario che non iscritto ad al- cuna organizzazione: Quando i sindacati si oppongono a tagli del personale, ci si di- mentica di ricordare che negli ultimi otto anni anni il personale della Banca dItalia diminuito del 16 per cento, perch le per- sone andate in pensione non sono state so- stituite. E comunque altre Banche centrali, come quella francese o tedesca, hanno po- co meno del doppio dei dipendenti della nostra. Un tema che sembra un tab a via Nazionale anche quello delle retribuzio- ni. Lo slogan che di fatto accomuna tutti : nessuno tocchi le prerogative. Ma quelle che a Palazzo Koch si definiscono tali, negli altri settori statali sonochiamati privilegi, buste paga alla mano. E significativo un esempio: con il passaggio delle competenze sullaconcorrenzabancariadallIstitutocen- trale allAutorit garante del mercato pre- sieduta da Antonio Catrical, si attendeva che gli uomini di Bankitalia che svolgono questo compito chiedessero di essere tra- sferiti allAntitrust (passaggio previsto dal- la legge sul risparmio). Ma al momento nes- suno da Bankitalia ha chiesto il trasferi- mento: E chi glielo fa fare, subirebbero una riduzione di stipendio di circa il 30 per cento, si mormora in via Nazionale. della Banca centrale la fine delle proro- ghe in servizio per gli alti funzionari che vanno in pensione. Proroghe stabilite da Fazio, che le ha difese anche ricorrendo contro decisioni sfavorevoli del T ar. Per questo, anche da parte dei sindacati confe- derali, arriva lauspicio al ritiro immedia- to dei ricorsi. Una questione non solo di contesa giudiziaria, come sottolinea al Fo- glio Angelo Maranesi, a capo degli autono- mi della Fabi: E urgente una riforma del- le carriere. Basti pensare che negli ultimi anni listituto ha gestito la neonata moneta unica, il changeover, i sistemi di pagamen- to Target 1 e 2, che regolano le compensa- zioni internazionali e per i quali occorrono turni e orari pesanti e differenziati a se- conda delle nazioni coinvolte. E, tuttavia, la struttura gerarchico-funzionale rimasta quella di 20 anni fa. E ora di cambiare. Gli attriti, comunque, covanonei corridoi A Parigi tutti rivendicano il cambiamento, il leader dellUmp li irride. Gli chiracchiani ostacolano le idee di riforme istituzionali La rottura sono io. Sarkozy lancia il suo modello (americano) Parigi. Nicolas Sarkozy non ha pi biso- gno di parlare della rottura, il tema cen- trale della sua campagna in vista delle ele- zioni presidenziali 2007. Io la incarno la rottura, ha spiegato il presidente dellUmp al Monde, che gli chiedeva stupito perch, durante la cerimonia di auguri alla stampa di gioved scorso, non avesse pronunciato una sola volta la parola divenuta un pro- gramma. Ormai tutti la rivendicano, si divertito a constatare Sarko: se i suoi avver- sari nelladestrapreferisconousarequalche eufemismo il primo ministro, Dominique de Villepin, vuole un cambiamento , a si- nistra tutto una rottura. I socialisti chie- dono di rompere con il passato, lo chirac- chismo, il governo Villepin, la destra, liper- liberalismo, il mercato, la mondializzazione uno dei tanti candidati allEliseo, Jack Lang, ha lanciato lo slogan socialismo di rottura mentre la sinistra radicale, alter- sere profondamente cambiate: Sarko vuole una Francia presidenzialista allamericana, conunpresidente-leader: soltantolui de- ve esercitare le responsabilit del potere e nessun altro, il potere deve essere nelle mani di chi stato eletto e non di chi stato nominato e, quindi, il primo ministro si li- miter a coordinare invece di dirigere il governo. Tantoper far capiremeglioqual il modello a cui si ispira, Sarko propone che il presidente spieghi direttamente la sua politica ai parlamentari lannuale discor- so Stato dellUnione e che i mandati siano limitati a due. Insomma, addioconsuetudinegollistache considera intoccabili le istituzioni della QuintaRepubblica, ancheseinrealtSarko propone una riforma senza cambiarne il numero. Per i turiferari del regime e del- lattuale presidente, lamericanismo istitu- zionale ovviamente un sacrilegio. Queste mondialista e trotzkista annuncia la rottura con il capitalismo. Come quella reclamata da Franois Mitterrandal congresso sociali- sta di Epinay del 1971: Pacifica o violenta, la rivoluzione innanzitutto rottura: pu es- sere membro del Partito socialista chi ac- cetta la rottura con lordine stabilito e con il capitalismo, disse allora il futuro presi- dente, a cui va riconosciuta la paternit del sostantivo. Ma, arrivatoallEliseo, Mitterrandcambi idea sul capitalismo, mentre, trentacinque anni dopo Epinay , Sarko incarna ancora lantitesi di quella rottura. Pi che mai la Francia ha bisogno di comprendere che il vasto mondo si muove, cambia, innova, in- venta, ha dichiarato la scorsa settimana, delineando il suo ampio programma presi- denziale. Ineconomia, il paesenonpupi restare immobile o accontentarsi di mezze riforme. Ed anche le istituzioni devono es- dichiarazioni sono totalmente indigeste per un gollista, ha sentenziato Jean-Pierre Grand, molto vicino a V illepin. Il regime presidenziale appannaggio del continente americano. Non la buona direzione, ha dichiarato il ministro della Ricerca, Franois Goulard, altro uomo del primo mi- nistro. Ma il presidente dellUmp non ri- nuncia alla sua candidatura di rottura an- che istituzionale alle presidenziali. Dome- nica ha annunciato che, se vincer il con- gresso di designazione del candidato del- lUmpnel gennaio2007, lascerlincaricodi ministro dellInterno per dedicarsi comple- tamente alla campagna elettorale. Per ora, per, si definisce solo un candidato possi- bile, che tuttavia non ha trovato nessun elemento personale che potrebbe incitarlo a rinunciare. Anzi, riconquistati lamore e il consiglio della preziosa Cecilia, la mia de- terminazione fa sapere Sarko totale. EDITORIALI Sta tornando la Germania I nostri sacri principi sono due: nella storia umana la diversit morale non esiste, una bestemmia antropologica contro ogni credo e ogni buonsenso, e non vale alcuna separazione tra affari e politica. Esistono reati, conflitti di inte- resse pi o meno coperti e pi o meno diffusi, ma nessuno di per s santifica- to dalla propria storia, ideologia o pro- gramma politico; laffarismo becero una degenerazione della politica, ma un politico che non si occupi di economia e di business, cio di affari, un politico che non faccia il tifo e non agisca a buon pro del suo blocco di interessi e contro quel- lo dellavversario un Ircocervo, un ani- male della fantasia mitica. Politica e scambio sono sinonimi. Detto questo, sic- come il mondo politico italiano si regge da molti anni sulla negazione moralisti- ca, insincera, truffaldina, di queste ve- rit, opportuno che i moralisti, coloro che si considerano perbene, rispondano dei loro atti, rendano conto come e pi di chiunque altro del loro modo di essere. Che senso aveva se non questo la nostra lunga campagna su Antonio Di Pietro e sulle sue cadute di stile? Veniamo dunque ai 50 milioni circa di euri di cui si parla e straparla in questi giorni, dopo il sasso nello stagno che lan- ciammo alla fine dellanno scorso. Luffi- cio stampa dei Ds comunica che con quei soldi, erogati dal finanziere Emilio Gnut- ti a Giovanni Consorte e a Ivano Sacchet- ti in parti esattamente eguali, estero su estero, e poi rientrati in Italia a quanto pare con lo scudo fiscale, e a disposizio- ne di qualcuno, forse perfino intonsi, il partito centra niente. Prendiamo per buona questa risposta. Consorte e Sac- chetti si sono arricchiti personalmente, con metodi sui quali la magistratura sta indagando, alle spalle di un DAlema che si dichiara ferito nella sua fiducia e di un partito che ufficialmente li ha subito scaricati dal ruolo, che evidentemente ri- coprivano, di banchieri di riferimento. (Ugo Sposetti, il tesoriere che conferma invece a Consorte la sua amicizia, ha il magico dono di umanit che fu anche di Celentano quando disse scherzando a Tony Renis, sul palco di Sanremo: An- chio ho amici criminali). Alla risposta dei Ds, che riprendiamo per buona, se- gue per una domanda alla quale gli ami- ci del maggior partito di opposizione sa- ranno cos gentili di rispondere: credi- bile che il capo di Unipol e il suo vice val- gano come consulenti cento miliardi cir- ca di vecchie lire divise perfettamente a met tra il numero uno e il numero due, e che questa montagna di soldi venga lo- ro accreditata con quelle modalit riser- vatissime dalluomo chiave di un sistema finanziario nel quale, da Telecom allopa Unipol su Bnl, il gruppo dirigente dei Ds, in particolare lex presidente del Consi- glio, ha rivestito un ruolo cos chiaro, in- cidente, pubblico e pubblicamente testi- moniato? Pu essere che dettagli tuttora sconosciuti rendano credibile questa ver- sione, ma allora interesse politico del- lonorevole DAlema fare di tutto perch siano resi noti. Dove sta la ferita e per- ch sanguina? Se Consorte e Sacchetti non sono compagni G., come ha detto DAlema in risposta cortese a unaltra no- stra domanda, perch i Ds non fanno un piccolo sforzo per dimostrarlo? F ra le dieci monete del mondo che nel 2005 hanno registrato il maggio- re accumulo di riserve cinque sono del- lAmerica Latina: Brasile, Messico, Cile, Uruguay, Colombia. La Banca centrale brasiliana nel 2005 ha acquisito 21 mi- liardi di dollari, dopo averne incassati 5 nel 2004. Un risultato sorprendente, se si considera che nel 2002 delle dieci mone- te del mondo che si erano comportate peggio sette erano di stati latino-ameri- cani. E fra questi vi era il real brasiliano, che nellottobre di quellanno attravers una grave crisi, travolto da quella del pe- so argentino, mentre linflazione tornava verso le due cifre. Il cambio della mone- ta brasiliana, ai primi di gennaio di que- stanno, risulta accresciuto del 74 per cento, rispetto al minimo del 2002. Nel 2005 il real ha guadagnato il 14 per cento sul dollaro. E ora il flusso dei capitali in cerca di impiego finanziario si inverti- to: anzich uscire dal Brasile vi affluisce. La ragione del rapido cambiamento di trend, che riguarda gran parte dei paesi latino-americani, sta nella crescita del loro commercio estero, che ha luogo no- nostante la rivalutazione delle loro mo- nete. E che dipende dalla fame di mate- rie prime dellAsia. Nel 2005 le esportazioni brasiliane so- no aumentate, in dollari, del 23 per cento, per met per il miglioramento dei prezzi in dollari e per met a causa della cresci- ta reale delle vendite, in particolare di minerali di ferro e di semi di soia. LAme- rica Latina, grande esportatrice di mate- rie prime, ha molto sofferto dei protezio- nismi dellEuropa e degli Stati Uniti. Ma ora ha trovato nellAsia un grande merca- to, bisognoso di derrate alimentari, di mi- nerali, di pelli grezze, di semilavorati. La rivalutazione del cambio delle mo- nete, dovuta alla necessit di combatte- re linflazione (che in Brasile ancora al di sopra del 6 per cento, in Argentina per il rincaro dei prodotti petroliferi oltre il 10, ma in Messico al 3 per cento), ha portato a un alto tasso della Banca cen- trale: in Brasile, il 18 per cento. E ci fre- na lindustrializzazione. Ma non il setto- re delle materie prime. Cos lAmerica Latina lega sempre pi i suoi destini al- lAsia, con un ruolo simile a quello che ha avuto, un tempo, coi paesi capitalisti occidentali. L e visite della cancelliera tedesca nel- le capitali americana e russa sono state loccasione per dare avvio a un ri- posizionamento della Germania sullo scacchiere internazionale. La politica estera del cancelliere precedente, Gerhard Schrder, aveva assunto pro- gressivamente il carattere di un antago- nismo nei confronti dellAmerica, so- stanziato da rapporti che molti conside- rarono subalterni con la Francia e la Russia. Angela Merkel, a Washington, ha delimitato la presa di distanze dallAm- ministrazione americana alla questione umanitaria del trattamento dei prigio- nieri reclusi nella base di Guantanamo, ma ha voluto rendere chiara la sua in- tenzione di inaugurare un nuovo capi- tolo dei rapporti con Washington. Se ne avuta limmediata riprova nel- lenergia con cui stata posta a Vladi- mir Putin lesigenza di agire con deci- sione per evitare latomica iraniana, in piena sintonia con le recenti dichiara- zioni di Condoleezza Rice. La Germania torna a esercitare la funzione, che fu di Helmut Kohl, di costruttore di equilibri internazionali. Sar, con ogni probabi- lit, un ruolo meno appariscente di quello che si era espresso con lantago- nismo nei confronti dellAmerica, ma che consentir ad Angela Merkel di da- re un contributo al recupero dellunit delloccidente come condizione per unazione internazionale meno caratte- rizzata da fronteggiamenti polemici. An- che in Europa il volto della Germania sembra destinato a cambiare. Il nuovo governo si reso conto della reazione provocata dallassunzione da parte del- lex cancelliere della presidenza di una societ energetica russo-tedesca nei paesi della mitteleuropa. Invece della supponenza con cui nel recente passato erano stati trattati i rapporti con Polo- nia, Cechia e Ungheria, oggi c una comprensione per le loro preoccupazio- ni, che non riguardano soltanto le risor- se energetiche. Si tratta, ovviamente, so- lo dei primi passi, ma la direzione sem- bra chiaramente orientata a sostituire la collaborazione allantagonismo. LAsia Latina Anchio ho amici criminali Cos lAmerica del sud trova un mercato affamato e fa provvista di valuta La storia dei 50 milioni di euri pi complicata di quanto non sembri Costruire equilibri e non ostentare antagonismi. E la diplomazia di Merkel OGGI Nord: neve, nuvoloni scuri dal Piemonte al Trentino Alto Adige. Cen- tro: poco nuvoloso lungo la costiera adriatica. Sul versante tirrenico possi- bili piogge. Variabilenel Lazio. Sud: mi- glioramenti inSiciliaeinSardegna. So- leinPuglia. NientepioggiainCalabria. DOMANI Nord: la giornata comincia conuncieloparticolarmentecupo. Nel pomeriggionebbiainpianura, soleggia- to in Veneto. Centro: neve in Umbria, pioggenel LazioeinToscana. Possibili temporali. Sud: soleinSardegna. Poche nuvole, ma variabili, in Sicilia. Pioggia inCampania, velatoinPuglia. U na Fiat Tipo amaranto 16 valvole. Da- niele Barill ne ha appena comprata una da affiancare allAudi, allAlfa 75, al fuoristrada. E il 13 febbraio 1992 a Nova Milanese, provincia lombarda. Daniele viene da una famiglia con molti problemi e pochi soldi. Ma proprio lui, che qualche anno prima si impigliato in una storia di droga che gli costata un soggiorno in pri- gione, ora ha risollevato le sorti della fa- miglia. Si scoperto un talento da im- prenditore e i quattrini cominciano ad af- fluire. Quel giorno scorre un po noioso. Non la serata, complice proprio quella Ti- po, lultimogiocattolo. Alle8.30Barillvie- ne ammanettato a Nova e condotto in ca- serma a Milano. Come cadeau, riceve una bella quota di botte. Poi, il colpo finale, quello che gli procura un livido che far male per sempre: laccusa. Narcotraffico. 50 chili di cocaina. Flagranza di reato. Barill forse non sa chi sia Kafka, ma conosce per esperienza diretta cosa signi- fichi situazione kafkiana. Lui ha quel precedente penale, ma di quei 50 chili proprio non sa niente. Ma non serve a nul- la. Barill verr condannato a 18 anni, poi ridotti a 15 ma confermati fino in Cassa- zione. Le carte del processo hanno per- corso un pellegrinaggio lungo tutti i tribu- nali della Penisola, ma i legali di Daniele non sono riusciti a dimostrarne linnocen- za. Neppure Giuliano Spazzali che non certo un pivello del Foro. Troppe coinci- denze hanno confuso i giudici. Quel che pi grave, si attribuita unautorevolezza oracolare alle deposizio- ni dei Ros di Genova che, inseguendo una Uno e una T ipo, hanno compiuto la bril- lante cattura dei narcos. Ma anche larre- sto di Barill, che non centrava nulla. Al- cuni di quei Ros verranno poi fermati con laccusa di aver sexed up le inchieste. Il loro crollo di credibilit, unito allinteres- samento di alcuni magistrati hanno reso possibile la revisione del processo. La pe- na di Barill verr cancellata il 17 luglio 2000 dopo pi di sette anni in prigione. La Tipo amaranto seguita dai carabinieri non era la sua, che si era casualmente sostitui- ta allaltra in un buco del pedinamento. I testimoni che si erano affannati a fornire alibi aBarillnoneranodei mitomani. Un errore terribile che lo Stato ha cercato di cicatrizzare con un risarcimento un po tir- chio ma comunque da record. Un errore che imbarazza tutti coloro che si occupano di giustizia, al di l delle trincee politiche. Cos il ministro Castelli firma la prefazio- neeAntonioDi Pietrolapostfazionedel li- bro di Stefano Zurlo. Ricostruzione appas- sionataacui si ispiratolomonimofilmtv. LIBRI Stefano Zurlo LUOMO SBAGLIATO. IL CASO BARILL 126 pp. Rai-Eri, euro 14 ANNO XI NUMERO 14 - PAG 4 IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2006 Pignolerie Dieci piccoli indiani fanno lo sgambetto a Morandini I tg sovrastimano la Bachelet C on una qualche sorpresa per il lettore pi avvertito e rivelando una scarsa conoscenza degli antefatti, parlando del- la non malvagia pellicola da noi nota co- me Dieci piccoli indiani (realizzata ne- gli Stati Uniti nel 1945 dal regista france- se Ren Clair), il pur ottimo e imperdibi- le Il Morandini il celebre dizionario dei film che viene riproposto ogni anno aggiornato scrive: In uno dei due titoli originali, gli indiani del titolo italiano (e francese) sono niggers (T en little nig- gers) come si vede dalle statuette che rompono a ogni omicidio. Ora, per la storia (almeno, quella della letteratura cosiddetta gialla prima an- cora che di quella cinematografica), cos accade semplicemente per il fatto che il ti- tolo dato originalmente, nel 1939, al mo- mento della pubblicazione in Inghilterra, da Agatha Christie al romanzo dal quale il film fu ricavato era proprio Ten little nig- gers dal nome di una filastrocca alle- poca assai nota nella patria della scrittri- ce e che solo dopo, quando si dovette proporre la storia agli americani, risul- tando lespressione niggers dispregiati- va, si pens di modificare il travagliato ti- tolo prima (senza grande successo) in E poi non rimase nessuno (And then there were none) e, infine, appunto in Dieci piccoli indiani (Ten little indians). Resta- no in tal modo, incongruenti per chi non conosca gli antefatti e per il Morandini stesso, le citate statuette di neri e non di indiani e il nome dellisola nella quale so- no reclusi i protagonisti: Negger Island. Lelezione a presidente del Cile di Mi- chelle Bachelet ha portato numerosi tele- giornali e gr in programmazione la sera del 15 gennaio e il mattino del successivo 16 ad affermare tout court che la neo capo di stato sia la prima donna dellintera America Latina arrivata a ricoprire un co- s alto incarico. Ora, per la storia, altre si- gnore hanno preceduto per tale via Ba- chelet (ricordiamo almeno Isabella di Bra- ganza, imperatrice reggente del Brasile nel 1888, e Isabelita Pern, succeduta in Argentina al marito Juan Domingo dopo la sua dipartita nel 1974). Della Bachelet si pu solo dire correttamente che senza dubbio la prima donna eletta capo dello stato in Cile. Mauro della Porta Raffo Scenari Come arginare il dumping dei paesi emergenti esportando welfare e rivalutando le monete I n alcuni think tank di attualit porsi la questione se i paesi ricchi in via di im- poverimento per crisi competitiva dovuta ai costi di sistema elevati debbano gestire la concorrenza con i paesi emergenti to- gliendo garanzie o cercando di mantenerle. In realt la prima alternativa non esiste. Lo scenario pi probabile indica che o salta la globalizzazione, e sarebbe un disastro per altra via, oppure si alzano i costi dei com- petitori in dumping. Al di sopra di questo problema c quello della tenuta della Teoria del commercio internazionale, la teoria economica meno smentita negli ulti- mi due secoli. Il suo enunciato principale prevede che allestendersi del mercato, do- ve sono inclusi sistemi a costi differenziali, alla fine del gioco tutti saranno pi ricchi. Ma da un decennio si osserva che il tempo tra uscita e ritorno della ricchezza nei si- stemi sviluppati sta aumentando. E questo genera un intervallo entro cui avviene una deindustrializzazione strutturale. Questo avviene perch non funziona a pieno regi- me il fenomeno previsto: perdo la fabbrica di biciclette perch in Cina le fanno a costi imbattibili, ma il cinese ha pi soldi per comprare tecnogadget che solo io posso fabbricare e tutti e due siamo contenti. Le cose non stanno andando cos: il cinese fa anche il gadget in dumping; i sistemi ricchi non riescono a sostituire in tempo utile i settori cedenti con settori nuovi. Per questo pare improbabile che il mercato globale si riequilibri senza interventi. Tale scenario di rilievo perch la giustificazione scienti- fica ed etica della globalizzazione dipende dalla previsione che lapertura dei mercati produca un beneficio complessivo e non se- lettivo. In realt i paesi poveri stanno di- ventando ricchi, e qui funziona, ma for- mando societ spaccate tra poveri e ricchi, e gli ex ricchi, noi, stanno diventando un po pi poveri. Due difetti da riparare con una sola ricetta possibile: alzare i costi di sistema attraverso la creazione di welfare generato da una democrazia dove i poveri votano, e rivalutare le monete per mode- rarne leccesso di competitivit. Il punto la capacit degli occidentali di definire unagenda graduale di rialzo dei costi si- stemici dei paesi emergenti, di imporla, e di dotarsi di una forza strategica per gesti- re le conseguenze. In tale prospettiva que- sta rubrica raccomanda ai ricercatori in materia, per intanto, di studiare gli stan- dard di costo bilanciati. E di produrre im- magini pi realistiche della globalizzazio- ne perch troppi sprovveduti ancora pen- sano o che questa non vada governata o che danneggi i poveri oppure che sia bilancia- bile con un po di innovazione in pi nei paesi decompetitivi. No, bilanciabile solo con un capitalismo post-efficiente. Carlo Pelanda Quasi impossibile a Londra trovare un posto nel nuovo ristorante cinese super lusso di David Tang. Si chiama Chi- na Tang e si trova nel basemant del Dorchester. Alta Societ Al direttore - Per Ahmadinejad, latomica un diritto e un desiderio. Roba da pacsi. Maurizio Crippa Al direttore - Gad Lerner ha spiegato al Cor- riere che milioni di elettori cercano un riferi- mento a quel progetto unitario e post ideologi- co di Partito democratico che ha in Prodi un punto di riferimento. Ricordo il momento esatto in cui Lerner pass la sottile linea rossa che divide il giornalista dallagit prop. Fu quando, commentando la morte del Papa, fe- ce un paragone tra la dignit sofferente con cui Giovanni Paolo II aveva portato la sua vecchiaia e la volgare rimozione superomisti- ca del presidente del Consiglio, fatta di lifting e trapianti. Vale a dire, tra il dignitoso crepa- re del pontefice e il volgare ostinarsi a restare in vita di Berlusconi. Paolo Luti, Milano Agit prop domo sua. Al direttore - I signori abortisti, ammesso in- fine il dilemma etico, e che la scelta non ri- guarda solo un miserabile grumo di cellule, si traggono infine dallimpaccio della immediata conseguenza logica, riconoscendo la tragedia, e lumana impossibilit di evitarla, a volte. Ma non da meno sono pure quelli per la vita, che al cospetto di cellule che ormai pi per nessu- no sono solo dei grumi, alzano pacificatori le loro braccia al cielo, si ritraggono sulla sedia, e senza indugio inaspettatamente concedono: Qui mica nessuno vuole equipararlo a un omicidio. Saluti Giovanni Gabbriellini, Pisa Pensare che dicevano: non si spezza una storia, non sinterrompe unemozione. Al direttore - A lei sempre molto sensibile ai nessi e connessi dellEroe sottopongo quanto dichiarato dal nostro al Corsera del 14 gen- naio 2005 a proposito di fraintendimenti le- gati a intercettazioni. Dunque dice lEroe: unintercettazione fuori contesto che mi hapro- curato un sacco di guai: ho dovuto dimettermi da ministro per via del famoso quei due mi hanno sbancato. Pareva chiss quale rivela- zione. E invece chi la diceva, Pacini, stava leg- gendo al suo avvocato il titolo di prima pagina dun quotidiano. A controllare lintera sbobi- natura, alla fine, lavvocato chiedeva: Ma tu hai dato dei soldi? e lui: Non sono mica mat- to. Capito quanto conta il contesto?. Si trat- ta della trecentocinquantesima interpretazio- ne di quella conversazione intercettata tra Pa- cini e il suo legale fornita dallEroe che per fa- rebbe bene a tranquillizzarsi. Lipotizzata cor- ruzione in atti giudiziari datata 1993 ormai prescritta, essendo passati pi di 10 anni. Gra- zie alla vituperata legge. Cirielli o ex Cirielli, che dir si voglia. Frank Cimini, Milano Al direttore - La Banca di Lodi concede fidi, rivela la Repubblica. Fazzo che scoop! Roberto Alatri, Roma Non affatto un fido, sono i quattrini che anticipano il finanziamento pubblico. Lo fanno anche i giornali perbene, fi- guriamoci noi criminali. Gad da giornalista ad agit prop? Ma no, agit prop domo sua Al direttore - Mi attacco a un editoriale del Foglio di qualche tempo fa. Si rilevava che il problema non stava tanto in quello che Fassino diceva nella telefonata inter- cettata, ma in quello che non aveva mai detto in pubblico: la politica fatta dei le- gami svelati dalla telefonata intercettata. Vorrei fare una considerazione su quella che mi sembra una tendenza dominante nella cultura politica italiana, anche se questo comporter un certo schematismo che serve per farmi capire. Dalla questione di bancopoli sembra uscire rafforzato un atteggiamento sempre pi diffuso: i valori debbono essere sepa- rati dagli interessi e dalle appartenenze. Anzi, gli interessi neppure debbono esi- stere; la loro sussistenza giustificata solo se sono a favore degli altri, non di s. I va- lori, secondo lopinione corrente, sembra debbano essere disinteressati, purificati dalla contaminazione dei desideri perso- nali, pure idee, che stanno in un mondo lo- ro, distaccato da quello degli uomini. In effetti, apprendiamo dai giornali che: al presidente del partito pi popolare piacciono le barche suo malgrado; se il se- gretario dello stesso partito ha fatto il tifo per la Unipol, si pente; il premier non ha mai coltivato i suoi interessi in politica; il nuovo capo della Banca dItalia il mi- gliore perch nella sua alta funzione non appare attaccato a nulla. Non parliamo poi dei soldi, i quali si manifestano sotto una luce assai ambigua; sono s un valore, ma pericolosissimo. Per trattarli, bisogna es- sere dotati di una superiore verginit, al- trimenti meglio starne lontano e, se pos- sibile, non conoscerli. Le coop non posso- no trattare i soldi perch evidentemente legate a un interesse collettivo, di parte, che ora negano. I grandi finanzieri e indu- striali, invece, possono operare sui soldi, perch loro di interessi di parte non ne hanno; hanno cura per leconomia e il pro- gresso, che sono notoriamente interesse di tutti: anche gli operai piangevano quando morto Agnelli. Eccetera. Secondo il pensiero comune i valori so- no di tutti, non appartengono cio a nessu- no. Non si sta insieme a qualcuno perch porta un valore, perch senza di lui il va- lore sarebbe incomprensibile, ma perch daccordo con noi, perch il valore nuo- vo che, eventualmente ci comunica, era gi nostro di diritto. Se lamico il compa- gno di strada sbaglia, viene abbandonato. Non si era insieme a lui, ma ai suoi valori che, una volta traditi, rendono la sua pre- senza inutile e dannosa. Come lontana la figura di Giovanni Paolo II, che chiedeva perdono a tutti, non per gli sbagli di oggi o di ieri, ma per gli sbagli dei cristiani in 2000 anni. Il discorso che fece Craxi in Par- lamento su tangentopoli nemmeno sfiora la sensibilit di molti politici di oggi. Loro si definiscono persone perbene; sono at- taccati alle idee, mica agli interessi o alle persone. Infatti, la nostra una societ delle idee. Dire ideologica sarebbe troppo perch bi- sognerebbe attribuire alle idee una forza di verit, che nessuno ha il coraggio di af- fermare. Si sta insieme, si fa societ, per le idee, quelle cangianti ma riconosciute, ap- provate da tutti e che nessuno pu osare di smentire. Si fa societ non per il sangue e la pelle degli uomini, ma per qualcosa di impalpabile e astratto, che si impone come minimo comune denominatore costitutivo dellunica religione civile possibile: quella che non scomoda il comodo della maggio- ranza. In questo senso, la nostra proprio una societ moralistica, ovvero una societ in cui la morale conformazione al costu- me prevalente, o meglio, alle idee preva- lenti (poich poi, magari, i costumi vanno dove vogliono). Come lontano il cristianesimo, il cui Dio, il valore sommo, si fatto uomo e si attaccato agli uomini. Una volta un ragaz- zo disse a don Giussani: Io sto insieme al- la mia morosa per Cristo. E lui di riman- do: E a lei cosa gliene frega?. Non si pu amare un valore senza amare chi lo porta. Non si pu amare la vita senza amare gli uomini. Non si pu sostenere o difendere lideale, senza sostenere e difendere la compagnia in cui vissuto, cos come , con i suoi pregi e anche i suoi errori. Non si tratta di sentirsi colpevoli di sbagli di no- stri amici, ma consapevoli s. Bisogna esse- re responsabili, ovvero dare risposte che non aboliscano lerrore e chi lo commette, ma che correggano, ovvero reggano insie- me il nuovo cammino da intraprendere. Invece, la tentazione, che ormai una caratteristica socialmente condivisa, di cancellare il peso degli errori, esorcizzare la fragilit umana, elevandola a diritto quando appare imbattibile (dallaborto ai condoni fiscali); nascondendola, come la polvere sotto il tappeto, quando inaccet- tabile alle idee che per lo pi si professa- no. Perch, appunto, sono le idee quelle che valgono, che indicano al mondo come dovrebbe essere, a prescindere da quello che . Che ogni tanto arrivi qualche tsuna- mi, che le cose in fondo vadano come sono sempre andate, senza tenere gran conto delle nostre opinioni, secondario. Siamo insieme per le idee, solo per quelle! Ma in fondo sappiamo che non cos, che una societ solo di idee una societ di pazzi. E una societ che non tiene con- to della realt: in positivo, degli interessi e degli affetti; in negativo, delle connivenze e delle complicit, che agitano la vita degli uomini. Da dove ricaviamo questa convin- zione contro tutto quello che viene esplici- tamente detto? Dal buon senso, dalla espe- rienza elementare di tutti giorni. Il proble- ma per che cos, stante il suono tanto falso dei discorsi pubblici, siamo inclini a prestare pi attenzione alle intercettazio- ni telefoniche, che rivelano le uniche so- ciet vere, di interessi e appartenenze, quelle segrete. Cos non va, non va proprio. E troppo e troppo giustificato lo spazio per gli inquisitori, agenti segreti, detective e si- mili. La realt non pu essere lasciata al di l del buco di una serratura; deve essere portata al di qua, in campo aperto. E pro- prio vero che Se ci fosse uneducazione, il popolo starebbe meglio. Diamocela. Giancarlo Cesana Ci scrive un leader cattolico che conosce bene la morale e la storia Sono ancora incazza- to, settantadue ore dopo. S, mi sono in- cazzato mica male alla mattina di sabato scorso quando ho preso in mano la Re- pubblica e sono arrivato alla pagina 8. Dovera un titolo che alludeva maliziosa- mente al giornale su cui sto scrivendo, al fatto che beneficiasse di un fido concesso dalla fatidica banca di cui era un tempo sovrano Gianpiero Fiorani. E a rafforzare quel titolo era anche riprodotta la testata di questo giornale. Soldi morbosi quelli che mi paga questo giornale? mi sono chiesto. Soldi che avevano qualcosa di am- biguo i 2.500 euro (lordi) che ho ricevuto qualche giorno fa a pagamento dei 22 o forse pi Uffa scritti a dicembre? Sono an- dato subito a leggere larticolo. Ma no, era spiegato palese palese che in quel fido non c niente di niente che non sia pi che lecito. Nientaltro che un fido conces- so da una banca a unazienda, quale lo avrebbe potuto concedere la Bnl di cui si fosse eventualmente accaparrata lUnipol cara ai nostri amici diessini. Un fido, nientaltro che questo. E dunque nulla ma proprio nulla di morboso in quei 2.500 eu- ro lordi che mi sono guadagnato a dicem- bre con un bel po di lavoro. Solo che di quella insinuazione maliziosa e un po cialtrona contenuta nel titolo del quoti- diano romano sono ancora incazzato. UFFA! di Giampiero Mughini N on una rivincita. No. Non cambia la storia, non inverte la situazione: lo United sar sempre pi forte e il City do- vr rincorrere. Per fantastico, mezza Manchester gode, laltra si nasconde dal- la vergogna. Avesse vinto lo United non sarebbe successo: troppo abituati i Red Devils a vincere e troppo abituati a perde- re gli avversari, per rendersi conto che il derby non una partita come le altre. E questo il bello di essere secondi: battere il parente nobile e spocchioso vale quan- to vincere un campionato. Per un anno si tira avanti. E cos il Manchester City il suo 2006 lha gi messo a posto: 3-1 al Man- chester United, 3-1 ai nemici di sempre. Questo derby uno di quelli veri: la riva- lit si porta dentro dalla nascita, il tifo per una o laltra squadra dipende dal ce- to sociale, dal quartiere e dal lavoro. A Manchester quelli del City sono sem- pre stati indietro. Nella vita e nel pallo- ne. Secondi, appunto. Che in citt signifi- ca anche ultimi. Questo non ha influito negativamente sul loro orgoglio. Anzi. Quando lArsenal arriv nel loro stadio e ne fece quattro in venticinque minuti, dalle gradinate si alz un solo coro: Bo- ring, boring Arsenal. Altro giro, sempre contro lArsenal, sempre in casa. Perde- vano 5-0, segnarono l1-5 e via un altro co- ro contro i tifosi avversari: Non cantere- te pi. A quelli del City non gliene im- porta molto delle sconfitte. Importa di giocare in Premier League perch c lo United, cos due volte lanno c il derby. La concorrenza con i concittadini una specie di ossessione. Comincia dal colore della magliette. Per il City lo sky blue, lazzurro del cielo, spesso ridicoliz- zato da quelli dello United perch a Man- chester il cielo non si vede mai e se si ve- de grigio. La seconda maglia rossone- ra, come oltraggio ai nemici che gli stessi colori li usano come prima divisa. Essere del City, poi, significa essere diversi. Si- gnifica appartenere a una minoranza, a un gruppo di persone rassegnate alla sconfitta, ma sempre travolte dalla spe- ranza in una vittoria. Non una qualsiasi, ma quella contro lo United. Il 3-1 di saba- to una ricompensa, la realizzazione di quella speranza. Non cambia nulla, ve- ro: lo United resta secondo in classifica, mentre il City ottavo. La stagione an- data cos. Le prossime chiss: il club ha investito molte sterline, gli affari vanno alla grande. Il City nel gruppetto delle quindici squadre con il miglior bilancio del pianeta. Si spera tanto nel Comune I soldi. Quelli che mancano allAtletico Madrid. Questa laltra faccia del calcio madrileno e anche un altro modo di esse- re secondi. Perch il Manchester City pu sperare, lAtletico no. V ede il Real Ma- drid spendere 25 milioni di euro per in- gaggiare Antonio Cassano e nel frattempo costretto ad andare a scavare sotto ter- ra in cerca di qualche spicciolo. La casse del club sono vuote. Alla fine del 2005, la dirigenza ha presentato ai suoi azionisti i risultati economici della passata stagione, riportando una perdita finale pari a 20 milioni e 400 mila euro. Anche vendendo la gran parte dei giocatori non sarebbe ri- pianabile in fretta. Allora lidea: vendere il 15 per cento della divisione immobilia- re. Praticamente significa vendere il 15 per cento della sua propriet edilizia, ov- vero lo stadio nel quale gioca, il Vicente Calderon. Nel bilancio dellAtletico, il Vi- cente lunica voce attiva. Il club lha sempre ceduto per i concerti estivi e per tutte le manifestazioni che il Comune non sa dove tenere. Eppure proprio il Munici- pio pu essere lostacolo allunica via che la squadra ha per salvarsi. Il misterioso acquirente della porzione di stadio in vendita ha fatto aggiungere una clausola nel contratto: la compravendita si realiz- za soltanto se lAtletico ottiene la riquali- ficazione del terreno sul quale sorge il Calderon per poter trasformare una sua parte in ristoranti, locali da intratteni- mento, cinema o appartamenti. Il proble- ma che il Comune, per il momento, ha negato la riqualificazione del suolo. E scoppiato lo psicodramma, lennesimo ca- pitolo di una rivalit esasperata. Perch il Real ha avuto dittatori, re, primi ministri e amministratori locali dalla sua parte e allora oggi i tifosi del- lAtletico e la dirigenza accusano il Co- mune di essere di nuovo filo-merengue: Florentino Perez fece la stessa richiesta quattro anni fa per lex Ciudad deportiva della Casa Blanca e ottenne il cambio di destinazione duso. La vendita di quel terreno ha creato il Real dei Galacticos. La squadra che lAtletico sogna di diven- tare un giorno. (bdc) Eriksson, il ct che degli scandali si fa beffe del Foro di Roma, oltre che una signora sposata. Da quel vecchio gentiluomo, che sempre stato e che la passione non pu cancellare cos in fretta, Sven Goran chie- de un appuntamento al marito e gli comu- nica, senza inutili perifrasi, di essersi per- dutamente innamorato di sua moglie. Nel 2001 Eriksson lascia la Lazio e assume la carica di commissario tecnico della nazio- nale inglese. Da quel punto in poi le sue carriere si sdoppiano in due. Prosegue con alterne fortune quella del trainer miliona- rio (in euro netti), senza cuore. Esplode quella del gaudente, dellamante irresisti- bile e insieme maldestro. Non si vive di so- lo pallone e neppure di sola Nancy. Fatto che, quando Sven approda a Londra per assolvere al nuovo incarico, lavvocatessa DellOlio non abbandona il suo Foro natu- rale e per amore fa solo la pendolare. La separazione forzata non deprime, ma anzi eccita il novello Albione, che non resiste alla grazia, evidentemente non solo media- tica, della biondissima presentatrice del- la Bbc Ulrika Johnsson. A quel punto Nancy non ci pensa due volte, abbandona i clienti al loro destino, lascia vacante il Foro di Roma di una bellezza niente affat- to discreta e si trasferisce a casa del fedi- grafo in Inghilterra. Inizia allora una tele- novela tendenzialmente infinita, che man- da ai pazzi anche i pi pettegoli tabloid dOltremanica. Pi di mille articoli allan- no raccontano agli avidi lettori la vita tur- bolenta della strana coppia, lui svedese ex di ghiaccio, lei mediterranea e focosa, sen- za abiure. Nancy DellOlio diventa Nostra Signora del Football e litaliana pi cono- sciuta dInghilterra. Lei non si tira indie- tro, ma anzi esageratamente rilancia: Dal primo giorno che siamo arrivati ho sostitui- to qualcosa che allInghilterra manca, con evidente allusione alla principessa Diana. Il gossip racconta di unaltra tempesta coniugale, seguita a una nuova avventura in cui Sven gioca in casa, perch lei Fa- ria Alam, segretaria della Football Asso- ciation, che vende a carissimo prezzo la sceneggiatura della storia. Sar per Faria, sar perch tutto prima o poi si stempera, ma unintervista rilasciata da Nancy al News of the World sembra ricomporre li- dentikit dellEriksson prima DellOlio: Mi tratta come se fossi un giocatore della sua nazionale, freddamente e senza passione. Gli ho chiesto quattro volte di sposarmi, ma non c verso. La Nancy, delusa da una vitaconiugalesemprepiprossimaaunri- tiro calcistico, avrebbe seriamente preso in considerazione la proposta di Channel 4, che la vorrebbe fra i protagonisti del rea- lity Celebrity Big Brothers. Ma fan incalliti di Sven non abbiate pau- ra, Sven non tornato a essere solo un al- lenatore senza cuore, secondo il clich di unaccusa ribadita di recente da Ian Wri- ght, il Del Piero dellArsenal, in virt del record di segnature con la maglia dei Gun- ners. Perch, riapparizioni di Faria a par- te, Sven continua a godersi la vita, senza paura n di quelli che i benpensanti chia- mano scandali n della beffa, che secondo qualcuno lo avrebbe ridotto nei panni di Pinocchio nel paese dei campanelli. A con- frontarloconil nostroScherzi aparte, un vero capolavoro. Su commissione del soli- to News of the World, tal Mazher Mahmood ha offerto a Eriksson, fingendosi uno sceic- co, la direzione di unaccademia del calcio nel Dubai. L incarico sarebbe diventato operativo solo nel 2008, allo scadere del contratto del tecnico con la nazionale in- glese. Una settimana fa Sven Goran parte con il suo avvocato (maschio) per Dubai, dove in uno dei ristoranti dellhotel a 7 stelle Burj Al Arab, quello dedicato alle specialit di pesce, incontra il vero croni- sta, che non gli sembra un falso sceicco. Aragoste, granseole e tanto champagne. Qualcuno che assomiglia a Sven si lascia andare: Perch non acquistate lAston Villa, il presidente vecchio e malato, ba- stano 37 milioni di euro. E se ne date a me 7,5 milioni netti lanno, lascio la nazionale prima della scadenza del contratto, subito dopo la fine dei Mondiali. Possiamo volare alto. Ci penso io a convincere Beckham e Owen a trasferirsi al V illa. Sven Goran Eriksson, come cantava in coro la Curva Nord, che vuoi che sia, per te che sei so- pravvissuto a quel Roma-Lecce 2 a 3. E, se Torbsy cos distante da Dubai, tu che co- sa centri e, soprattutto, che male c. Antonello Sette Q ui si racconta della distanza che sepa- ra Dubai da Torsby, piccola cittadina svedese, angustiata da un freddo e da un anonimato siderali, fino a quando non ne rovesci il destino uno dei suoi figli glacia- li, una volta divenuto adulto. Si chiama e si canta in coro Sven Goran Eriksson. Comin- cia ovviamente in patria la sua fulgida car- riera, portando con due promozioni conse- cutive il Degerfors in prima divisione. An- tefatto obbligato della gloria. Sven trasci- na, si fa per dire, se si guarda allaplomb, prima il Goteborg allo scudetto svedese e alla Coppa Uefa, poi il Benfica a due titoli consecutivi di campione portoghese. Nell84 si trasferisceaRomaedueanni do- po fallisce lo scudetto, per una partita che rimarr un incubo a vita per i tifosi della magica e un ricordo sublime per chi gi al- lepoca non aveva la Roma nel cuore. Dopo una lunga e felice rincorsa, la Roma, rag- giunta la Juventus, ha il titolo in tasca, ma accade limpossibile. E il 20 aprile 1986. AllOlimpico si gioca Roma-Lecce, con i pugliesi ultimi in classifica e poco pi di dieci punti allattivo. Roma in vantaggio, poi il pallone gonfia la rete, ogni qualvolta un giocatore del Lecce si avventura in un tiro in porta. Uno a tre, poi due a tre, epilo- go di una tragedia cittadina. Unoverdose di lacrime, che non coinvolge lillustre cit- tadino di Torsby. Sven Goran, reso merito al Lecce e alla Juve, dichiara, come dopo ogni sconfitta, che bisogna reagire. La Ro- ma non reag e perse anche lultima di campionato e le ormai disperate speranze di scudetto. Nacque allora la leggenda ita- liana del perdente di successo, che avreb- be avvolto limperturbabile fino al 2000, per niente scossa da un altro scudetto vin- to con il Benfica e la Coppa Italia conqui- stata con la Sampdoria nel 94. Nel 97 Eriksson torna a Roma, ma sulla sponda opposta. E questa volta il perdente lette- ralmente bagnato dal successo, non solo per quella nuvola celeste che alle porte dellestate trasforma il Curi di Perugia in una piscina benedicente il secondo scudet- to laziale, ma perch luomo venuto dal freddo inforca finalmente la porta della passione bollente. Lei si chiama Nancy DellOlio ed una dei pi avvenenti legali ANNO XI NUMERO 14 - PAG I IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2006 La citt dei secondi Il Manchester (City) si gode il suo scudetto vinto nel derby, il Madrid (Atletico) vende un po di stadio Z emanlandia non c pi. Le sue tre punte che si incrociavano. Partendo da centrocampo, scambiandosi di posizione, accelerando, arrivando con pochi tocchi dentro la porta. Velocit, frenesia, tantissi- mi gol. Presi, ma soprattutto fatti. Con uninnovazione tattica cos forte da creare difficolt di interpretazione e di risposte aerobiche a tutti gli altri 19 giocatori in campo, compresi i propri difensori e i pro- pri centrocampisti. Nessuno riusciva a star loro dietro. E pur di star loro dietro fi- nivano per inseguirli, gli attaccanti. Infon- dendo nello spirito e nelle gambe della (propria) squadra una fortissima e incon- trollabile propulsione a passare pi tem- po in avanti piuttosto che indietro. Un 4-3- 3 che pi che una tattica era diventato un paradigma buono da applicare in qualsia- si contesto anche extracalcistico. Zemanlandia non esiste pi. Ma qualcu- no, forse lo stesso Casillo (presidente di quel Foggiaorariavvistatoconsospettaas- siduit allo stadio Zaccheria), vorrebbe provare a far rivivere il sogno. E insieme a lui Peppino Pavone, ideatore e seleziona- tore dei calciatori e dello staff tecnico di dodici anni fa, ritornato a Foggia con lin- tenzione di dare, dal basso, una forte iden- tit zemaniana alla squadra. Chiamando, nonacaso, per il settoregiovaniledellaso- ciet pugliese proprio uno di quei terzini del Foggia di Zeman, Maurizio Codispoti. Quella Zemanlandia non c pi. Ma gli insegnamenti del tecnico boemo sono ar- rivati fino al 2006. Qualcuno sta provando a farli rivivere. Altri non hanno mai smes- so. Signori, Rambaudi e Baiano. Filosofia, calcio, tattica, allenamenti, gol, esaspera- zioni. La rosa di quel Foggia che dodici anni fa aveva sfiorato anche la zona Uefa non ha smesso di essere devota al proprio maestro. Maurizio Codispoti, terzino, ora al Foggia. Molto offensivo, tre punte. Un 4- 3-3, ci mancherebbe. T rentaquattro pre- senze e tre gol nel 1991/1992 al Foggia, se- guite da altre due stagioni in serie A con lAtalanta, una in C con la Spal e poi, ulti- ma sua stagione, sei presenze in B con il Cesena. Ha smesso a trentuno anni. Con una longevit calcistica molto diversa da quella di Francesco Mancini (38 anni, por- tiere attualmente a Teramo), o di Onofrio Barone, uno dei nomi meno pomposamen- te ritratti e acclamati di quel centrocampo foggiano (di cui era regista) cos oggettiva- mente torturato dalle scappatelle di una squadra intera in avanti che, dopo gli straordinari sforzi patiti in quegli anni, ora non ne vuole sapere di smettere. Baro- ne, quarantadue anni, in quattro anni di Foggia non ne ha persa quasi nessuna di partita. E allora, tanto vale continuare. Peggio di cos, avr pensato, non mi faran- no correre. La sua parabola discendente stata impietosamente evidenziata dal pro- gressivo arricchimento di lettere dellalfa- beto nella descrizione della categoria di appartenenza. Dalla serie A del Bari nel 1995, si ritrovato passando per la B, la C e la D a giocare oggi in Eccellenza nella non meglio identificata Puteolana. Dove Barone gioca e allena. Andando contro a una provocazione zemaniana (Io alleno, ma non posso scendere in campo e gioca- re). Anche se nella sua prima partita da player manager (a dicembre) ha incassato (forse non a caso) una sconfitta (da allena- tore) e unespulsione da giocatore. La filosofia e la tattica AllenatoreancheMauroPicasso, centro- campista anche lui, nei giovanissimi pro- vinciali dellaSampdoria. Giocaancora, ma insecondacategoriaal SantErminioMon- tebagnolo, SalvatoreMatrecano. Noncerto come Dan Petrescu, Igor Shalimov e Igor Kolyvanov. Che insieme hanno corso e se- gnatoproprionellastagione1991/92aFog- gia. Recependo ed elaborando in maniera cos forte la dottrina zemaniana (anche se Shalimovhaconclusolasuacarrieraal Na- poli con una squalifica per doping di due anni, laprimainItaliaper nandrolone) da essere diventati tutti allenatori. Shalimov in Russia nellUralan, Petrescu al W isla Cracovia, inPolonia, conil qualestadomi- nando il campionato di serie A polacco. Igor Kolyvanov con la nazionale russa un- der 17concui arrivatoallefasi finali de- gli Europei. I perdenti spesso insegnano pi dei vincenti. Vinceva, Zeman. Anche, esoprattutto, quandoperdeva. Segnava, su- biva. Mainsegnava. Il calcio, lafilosofia, la tattica. Zemanlandia non c pi, di fatto. Maesiste, nellepersone. Qualcunoprovaa farlarivivere. Coni nomi, lepersone, i gol. Ma lui, con il Foggia, vinceva anche quan- do perdeva. Per questo Zemanlandia era (per fortuna) unaltracosa. (2. fine) Claudio Cerasa Zemanlandia Correvano tutti. Ora c chi allena, chi gioca, chi allena giocando. I perdenti a volte insegnano di pi UN FOGLIN SPORTIVO Lest teso di Scala, lEgitto impulsivo di Tardelli, il Mali franco di Matt ta in Champions League con il Bruges ar- riva il licenziamento. Credo che Akhme- tov se ne sia pentito. Ci sentiamo spesso e se volesse riprendermi tornerei immedia- tamente. Nel 2003 Scala rimane a respira- re i rigidi climi dellest, approdando allo Spartak Mosca. Un periodo di grande ten- sione politica. Per soli quaranta minuti scampo a un attentato terroristico alla me- tropolitana. Ottiene lacquisto del difen- sore Nemanja Vidic (recentemente strap- pato dal Manchester United alla Fiorenti- na) e cerca vanamente di persuadere Da- miano Tommasi (gli chiesi di venire a fa- re il capitano, una settimana prima del suo gravissimo infortunio) a seguirlo nellav- ventura. Incassato il rifiuto del centrocam- pista della Roma, disegna la squadra su Igor Titov, il Totti locale, ma allinizio del- la stagione la stella russa viene squalifica- ta per doping. Il cambio al vertice societa- rio, con larrivo della Lukoil, lo riporta in Italia. Attualmente Nevio Scala, dopo aver declinato una panchina scozzese, valuta le offerte che arrivano da tutto il mondo, Emirati arabi in particolare. Dopo le esaltanti vittorie con lUnder 21 italiana e le cocenti delusioni su panchine di club (Inter e Bari), Marco Tardelli cerca il riscatto in Africa. Nel 2004 fa la spola con il Cairo per otto mesi. In Egitto ci so- no due autorit, il presidente della federa- zione e il consigliere finanziatore. A deci- dere il mio ingaggio questultimo. Une- sperienza conclusasi anticipatamente per questioni politiche. Nonostante fosse pre- visto dal contratto, si scatenano innumere- voli polemiche sui dodici giorni al mese che Tardelli trascorre in Italia. Durante la sua gestione lEgitto ottiene discreti risul- tati, battendo anche il Camerun. Le parti- te in casa registrano il tutto esaurito con centotrentamila spettatori. Niente da fare invece per la qualificazione al Mondiale, il girone troppo duro. In Egitto ci sono grandi potenzialit, per emergere devono per cambiare mentalit. Sono impulsivi, se dopo dieci minuti un giocatore non fa- ceva una buona azione, mi chiedevano di sostituirlo. Purtroppo manca una seria programmazione. Il mio interlocutore cam- biava in continuazione, in sei mesi si sono avvicendati tre ministri dello sport. Romano Matt in estate si occupa dei di- soccupati del calcio italiano. Ai giocatori senza squadra regala aneddoti sulle sue esperienze allestero. Nel 1990, per un ac- cordo tra Paolo Mantovani e Nirwan Barie, presidente della federcalcio indonesiana, alleno una selezione dei migliori giovani del paese asiatico trasferitasi in Liguria, a Sestri Levante. Eccezionalmente ci conce- dono di partecipare al campionato italia- no Primavera fuori classifica. I talenti in erba per non interrompere gli studi, han- no al seguito dei docenti indonesiani. Nel 92 il passaggio di Matt alla nazionale maggiore e il trasloco a Savannah. Sem- pre in viaggio per le diecimila isole del paese a osservare partite, dallarcipelago delle Molucche alla Nuova Guinea. Instau- ro un rapporto di stima con i tifosi, che ap- prezzano uno straniero non supponente che impara in breve tempo la loro lingua e studia le tradizioni locali. Otteniamo an- che buoni risultati come le semifinali ai Campionati dAsia battendo India e Male- sia. Sono gli anni del regime di Suharto (una dittatura blanda) e nel paese non c traccia di integralismo islamico. Pri- ma della partita preghiamo insieme, ognu- no secondo la propria fede. Per motivi fa- miliari il tecnico italiano lascia lIndone- sia nel 96. Dopo una sconfitta per 3-0 dal- lo Zimbabwe mi chiedono di tornare, ma dopo la morte di mia moglie, devo occu- parmi di mio figlio. Per lo stesso motivo Matt rifiuta la panchina della nazionale giapponese ed entra nei ranghi della Ju- ventus come osservatore. I bagagli li pre- para quattro anni pi tardi, nel 2000: desti- nazione: Mali. Partiamo forte. Vinciamo il torneo Citt di Parigi e battiamo anche le Balck Stars, la squadra formata dai gioca- tori africani del campionato francese. A Bamako accorrono in ottantacinquemila per i match casalinghi e lentusiasmo au- menta dopo le vittorie su Marocco e Suda- frica. Litaliano che vince per non piace ai francesi, che esercitano grande influenza sulle scelte del paese africano. Sulla sca- letta dellaereo che mi riporta in Italia, con le lacrime agli occhi un generale mi confi- da: mi vergogno, ma siamo poveri e dob- biamo sottostare alla scelta di Parigi. In aeroporto lo salutano con gli onori milita- ri. (1. continua) Filippo Nassetti Roma. In principio fu Peppino Meazza. Nel lontano 1947 lex bomber della Nazio- nale campione del mondo nel 34 e nel 38 fu lapripista degli allenatori desportazio- ne. Lasci lItalia delle macerie della Se- conda guerra mondiale per traslocare in Turchia alla guida del Besiktas. Travalica- re i confini nazionali oggi non uneccezio- ne. Ai casi celebri di Fabio Capello nella Liga spagnola, di Giovanni Trapattoni nel- la Bundesliga tedesca o di Gianluca Vialli nella Premier League inglese, si aggiungo- no quelli dei tecnici che hanno deciso di esplorare football sconosciuti, figli di un dio minore, dove i riflettori dei media ri- mangono spenti. Proprio sulla panchina di Meazza si ac- comoda, dal maggio 2000 al marzo 2001, Nevio Scala. Il Galatasaray e il Fenerba- che sono in calo e il Besiktas la forza emergente, disputiamo una buona stagio- ne portando a casa la Coppa Ataturk e un posto per la Champions League. Rispetto allItalia incontro per molte differenze, giocatori svogliati e poco inclini ai sacrifi- ci. E poi allenarli nel periodo del Rama- dan impossibile. Lanno successivo lex allenatore del Parma si trasferisce in Ucraina, allo Shakhtar Donetsk di Rinat Akhmetov, uno dei pi facoltosi e discussi industriali del paese. Il presidente mi mette subito a disposizione il suo stermi- nato parco macchine extralusso. Ringrazio per la generosa offerta, ma rifiuto, a me serve una jeep per andare a caccia. Acqui- sto una Lada Niva usata e, scegliendo un automobile che in passato rappresent lorgoglio nazionale, conquisto subito la simpatia dei tifosi. Dopo lo splendido de- butto, culminato con il primo scudetto nel- la storia del club, Scala progetta di fermar- si a lungo in Ucraina e studia il cirillico. Ma anche nel calcio ucraino la riconoscen- za merce rara. Dopo una pesante sconfit- Ricettario per cucinare il branzino alla Rummenigge e vincere segreti della cucina russa. Oppure come quellAnonimo che ha ricostruito la biogra- fia di tal Hanna R., fantomatica cuoca al servizio di una cellula spartachista legata al circolo Bahaus di Gropius, con tanto di ricettario in appendice. Cambiando com- pletamente scenario, uscita a fine 2005 la nuova, originale risposta ai detrattori del- larte culinaria made in Germany. E visto il successo, con quasi 20 mila copie vendute in meno di due mesi, forse, stavolta, il ri- scatto vicino. Si tratta del Bayern Mun- chen Kochbuch (edizioni Zabert Sand- mann) il libro di cucina ufficiale del pi ti- tolato club della Bundesliga, che anche lunico team ad aver vinto tutte e tre le principali coppe europee (Campioni, Uefa e Coppe), pi due Intercontinentali. Con neanche 20 euro i fan della grande squadra bavarese possono dunque portarsi a casa un vero ricettario con i consigli gastronomi- ci dei propri beniamini. Coordinati, nelloc- casione, dal noto chef, anzi Meisterkoch, tedesco Alfons Schuhbeck, classe 1949, che si fatto conoscere nei pi prestigiosi risto- ranti dEuropa, da Salisburgo a Londra, passando per Parigi. E che ora compare sorridente in copertina circondato dai campioni pi rappresentativi del Bayern, Michael Ballack, Roy Makaay, Claudio Pi- zarro e Bastian Schweinsteiger, tra ortaggi, verdure, e cesti di frutta. Ernhrung zum Erfolg, nutrizione e successo, il motto del volume, che raccoglie pi di cento ricette, con tanto di tabelle con consigli dietetici, divise in sette capitoli. Si comincia con co- lazione e merende, per passare poi ad an- tipasti, insalate e insalatine. Nella terza e quarta parte la fanno da padrone zuppe e minestre, pasta, riso e pizza, mentre nella quinta il pesce e i frutti di mare. E qui ini- ziano i camei prestigiosi. Imperdibile, ad esempio, il branzino alla Karl Heinz Rum- menigge. Gi, anche il Kalle nerazzurro, due volte Pallone doro e inarrivabile ban- diera del Bayern, di cui oggi direttore ge- nerale, oltre che capitano onorario in per- petuum, ha voluto dare il suo contributo al- la causa, dimostrando di essersi definitiva- mente lasciato alle spalle la schiavit da pane e formaggino, che viaggi parallela ai suoi gol interisti durante lesperienza ita- liana nei primi anni 80, e anche i luoghi co- muni su pizza, spaghetti e mafia esternati contro Luciano Moggi nelle scorse settima- ne. Passando poi al capitolo sesto, quello dedicato alla carne e al pollame, a spicca- re , udite udite, il filetto alla Franz Beckenbauer, visto che nemmeno lirrag- giungibile Kayser, attuale presidente del Bayern, ha voluto sottrarsi allonere e allo- nore di firmare la propria ricetta. Una ci- liegina sulla torta, prima di passare al set- timo e ultimo capitolo, dedicato, appunto a dolci e dessert. Guten Appetit. Luigi Barnaba Frigoli B irra, wurstel, crauti, kartoffeln, pizza al- la Bismark (quella con sopra luovo al- locchio di bue). Checch ne dica la star hollywoodiana Julienne Moore, che si dice da sempre grande estima- trice della cucina teutoni- ca, la Germania non cer- to terra nota per squisiti manicaretti o deliziose prelibatezze. Niente a che vedere, diciamolo, con le prodezze ai fornelli dei cugini francesi o italiani. A riscattare siffatta, cattiva fama, per, ogni tanto qualcuno ci prova. Magari con- dendo, il caso di dirlo, il proprio tentati- vo con suggestioni che poco hanno a che fa- re con la cucina in senso stretto. Ed sem- pre chi non taspetti. Come lex superspia della Stasi Ddr, Markus Wolf, che nel 2000, il Muro di Berlino caduto da 11 anni, deci- se di dare alle stampe il curioso volume I Lallenatore dellInghilterra, Sven Goran Eriksson, il 2 settembre 2005 (foto Eddie Keogh/Reuters) NON C AFFARE DI CUORE E NO CHE TENGA: UN SOPRAVVISSUTO A ROMA-LECCE 2 A 3 (CAMPIONATO PERSO) SOPPORTA TUTTO STORIE DI ALLENATORI CHE PROVANO A ESPORTARE IL CALCIO ITALIANO TRA ONORI, ONERI E POLITICA. IL PRIMO FU MEAZZA Roma-Milan 1-0. Ovvero dove si dimostra che aveva ragione Spalletti quando reclamava dai suoi supponenti ragazzi un atteggia- mento da squadra provinciale. T attica- mente: zero attaccanti o quasi, un batta- glione di opliti a centrocampo per am- mazzare ginocchia e fantasia dellavver- sario. AllAscoli di Ilario Castagner il gioco riusc sia in casa sia in trasferta nella stagione 86-87 (0-1 e 1-0). E non aveva Totti. Juventus campione dinverno con 52 punti. Dove si dimostra che, se gli europei provengono da Venere e gli americani da Marte, gli ju- ventini questanno sono discesi in terra da Giove: padreterni del pallone, dotati di una regolarit pari soltanto ai sentimenti dinvidia suscitati in noialtri antipatizzan- ti e complottisti senza pi pretesti. Per non dessero troppi meriti ad Alex Del Pie- ro: in una squadra simile oggi potrebbe giocare e far gol perfino Batistuta. ULTIMO STADIO di Alessandro Giuli IL MISTER VIAGGIATORE - 1 LA FOGGIA DEI CAMPIONI - 2 ANNO XI NUMERO 14 - PAG II IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2006 LE GUERRE CULTURALI CHE RE Roma. Quando acquist la sua villetta nel New Hampshire, Mark Steyn and da un poliziotto a chiedergli che cosa avrebbe dovuto fare nel caso in cui dei ladri gli fos- sero entrati in casa. Beh, puoi chiamarmi a casa. Ma meglio se lo affronti, tu sei l, io no. Benvenuto in un altro pianeta. Mark Steyn considerato lerede di Mordechai Richler. Entrambi ebrei, entrambi scorret- tissimi. Richler aveva il biliardo, Steyn ha il musical, di cui considerato un sofisti- cato recensore. Turki al-Faisal, ambascia- tore saudita negli Stati Uniti, ha detto che larroganza di Steyn non conosce limiti. Steyn arrogante, grasso, estroso, icastico, geniale. Per lex commissario europeo Ch- ris Patten, meraviglioso trovare un ca- nadese guerrafondaio. Mark si divide fra Londra, Woodsville (New Hampshire) e il Qubec. Dice divertito che sta cercando in Iraq una casa per le vacanze. Lo abbiamo intervistato sui temi caldi del momento, a cominciare dalla scelta di Samuel Alito, i liberal e laborto. Chefaseattraversail suodisprezzoper il Canada? Non odio il Canada, sebbene ne sia ogni volta accusato. Non capisco per perch non siano i primi 470 anni del Cana- da, ma gli ultimi trenta, a fare di me un ca- nadese che odia se stesso. Il Canada che onoro ha combattuto in due guerre mon- diali ed era maggiormente onorato di Fran- cia e Cina nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il suo accartocciamento mi sta affliggendo. Il New Hampshire gli piaciuto subito, a cominciare dal suo slo- gan, Vivi libero o muori. La libert qualcosa di molto pi fondamentale della sicurezza o delle elezioni. La libert di un popolonondefinitadal suodirittodi eser- citare il voto ogni cinque anni, ma da come spende il tempo che loro concesso. Cosa ama di pi un esiliato canadese dellespe- rimento americano sulla felicit? La sua garanzia della ricerca della felicit, non la felicit stessa. Non pu dartela lo stato, co- me si crede in Europa, esci di casa e vai a cercartela. ConfidoanchenellAustralia. La prima causa del declino occidentale pro- priolostatoonnipotente, picorrottoecor- rosivodi unregimeoppressivocomequello sovietico. Quando lo stato usurpa per ragio- ni apparentemente benigne le responsabi- litdellavitaadulta, abbattegli impulsi tra- dizionali della societ. A quel punto pen- siamo sia nostro diritto disporre di unilli- mitatalibertdi scelta, quandosi trattadel- la tv via cavo o di siti porno, ma poi appal- tiamo allo stato le scelte pi serie. E il mo- do migliore per essere sicuri che adulti cit- tadini del modernostatosocialdemocratico vivano come ragazzini pieni di rughe. Nel 2004 ha seguito la campagna di John Kerry. E difficile avere a disposizione una figura pi comica di Kerry, uno snob pi fiacco di tutte le duchesse di Casa Windsor. Lassur- dit di un uomo che viveva la sua vita con i soldi della moglie regina del ketchup, sen- za essere in grado di mangiare il cibo ame- ricano su cui spruzzi il ketchup. Bisognava vederlo con un hot dog in campagna eletto- rale. Era pi estraneo al panino di re Gior- gioVI, acui Eleanor Roosevelt neserv uno nel 1939. Questo era luomo che diceva di capire la classe operaia, a cui era vicino so- lo quando le dava qualche spicciolo allae- roporto o davanti a un ristorante. Potreb- be votare per i democratici? La scorsa set- timana ci sono state le elezioni in una citt del New Hampshire e il candidato repub- blicano era cos inaccettabile che avrei vo- tato per il democratico. V isto lopportuni- smodi Michael Howardedei Tory sullIraq, lannoscorsoavrei votatoper i laburisti. Ma mai per un pacifista. Sharon e la moglie delleurobanchiere Samuel Alito ha superato con coraggio lesamedellacommissioneGiustiziadel Se- nato, dove i democratici sembravano parla- re solo la lingua del Massachusetts. Il pro- blema del liberalismo americano che le sue tre branche pi dinamiche i miliona- ri del Senato, i media e i libertini di Hol- lywood sono disconnesse dalla realt del- lavitaamericana. I liberal hannoavutosuc- cesso nellinventare un linguaggio evasivo per far avanzare la loro agenda, aborto diventato scelta. L hanno accusata di omofobia. Perch ho detto che una mino- ranza che nemmeno esisteva fino a un se- colo fa ha lavorato per annientare unistitu- zionesocialeuniversaledi migliaiadi anni, il matrimonio. Trentanni fa, durante i gior- ni della liberazione omosessuale, ci venne chiestocheli lasciassimovivere. Eabbiamo lasciato vivere. Ma in occidente, la tolle- ranza diventata intollerante, la diversit feroce conformismo. Le chiese esisteranno sempre per opporsi alla cultura dominan- te. Milioni di americani sentono che la Corte suprema negli ultimi trentanni ha fatto della libert religiosa un principio di esclusione. La scelta di Alito pu invertire la tendenza. Nella guerra alla religione i secolaristi hanno vinto decine di battaglie i dieci comandamenti sono stati tirati gi e alcune canzoni natalizie giudicate offensi- ve ma hanno perso la guerra: nei decenni successivi alla messa al bando della pre- ghiera dalle scuole pubbliche, la religiosit americana diventata pi fiera, evangelica e conservatrice. E davvero difficile capire perchnonsi possaesseredemocratici ere- ligiosi. Tempofaeroinfiladietroaunamac- china che aveva scritto invece di essere un cristiano rinato alla fede, quando cresce- rai?. La clausola di separazione fra stato e chiesa chiarissima: i Padri Fondatori non volevanocheil presidenteWashingtonfosse anchecapodellaChiesaamericana, nel mo- do in cui la regina lo era di quella inglese. In Europa anzich la separazione fra stato e chiesa hai lo stato come chiesa, che ovvia- mentenontolleralapostasia. LaChiesaepi- scopale, comequellainglese, stamorendo, e adottare esotiche mascot gay lo render so- lopievidente. Lechiesepiliberal sonole pi vuote. La religione che cresce di pi nel Nord America e in Europa lislam. E le so- le chiese cristiane che mostrano di aumen- tare sono le evangeliche, i bigotti, come li ha chiamati Richard Holloway, lex primate episcopaliano di Scozia. Gli islamisti arabi disprezzano lAmerica per la lap-dance e le linee telefoniche gay; i secolaristi europei perch born-again sullaborto. Entrambi sono nel giusto. Il libero mercato ha fatto prosperare Hustler e la religione. Da quan- do la chiesa episcopale diventata post-cri- stiana ed degenerata in un gruppo di du- bitatori e mezze calzette, gli americani sono andati altrove. QuandolachiesadInghilter- raattraversaundeclinosimile, gli inglesi la- sciano per sempre la religione. Chesterton diceva che quando luomo cessa di credere in Dio, non crede in niente, crede a tutto. La testa di Rumsfeld e quella di Nick Berg Perchdetestail welfarestate? Perch una minaccia alla mia vita. I principali ter- roristi islamici i ragazzi dell11 settembre, il bombarolo delle scarpe e quelli della me- tr di Londra sono passati dai sistemi so- ciali continentali. Il governo ha finanziato i loro studi del jihad. E solo un esempio del perch il welfare incoraggia le nostre peg- giori inclinazioni. Cosa ha significato lo sgozzamento di van Gogh per lEuropa? La morte di Theo una strategia niente male per i musulmani. Se uccidi centinaia di per- sonesui treni ogli aerei, persinogli euro-ap- peasers senza spina dorsale capiscono che qualcosa non va e che devono agire. Ma se neuccidi uno, nonmetti ataceresoloil mor- to, ma anche tutti gli altri, come successo in Olanda. Li costringi al silenzio e a vivere sotto scorta. La gente allora pensa che me- glioabbassarelatestaefareunavitapitie- pida. InOlandalagentecredecheil proprio paese non sia pi salvabile. Chi difender lEuropa dalla guerra civile che seguir al- limmigrazione-invasione delle culture non occidentali? LEuropa? Difendersestessa? Dovlavolont?. Perchgli europei nonsi svegliano? Perchlaloroidentitmoderna stata costruita sullevoluzione sociale di uno stato perfetto. Avendo solo da poco ri- fiutatoleformetradizionali di nazionalismo, gli europei nonconcepisconochelaloroEu- topia sia molto pi instabile dei vecchi sta- ti-nazione. Ha a che fare con il multicultu- ralismo? S, perch un fenomeno unicul- turale. In Arabia Saudita, dove i segnali au- tostradali istruiscono gli infedeli ad uscire alla prossima fermata, la Mecca, e dove il si- to web del governo dice no agli ebrei, nes- suno si preoccupa di essere culturalmente insensibile. Nella mente bacata del pro- gressista non ci sono nemici, ma solo amici le cui richieste non sono state ancora esau- dite. Lideologia della sinistra occidentale non il socialismo o il comunismo, ma il po- ter dimostrare la propria virt e sofistica- tezza stando sempre, ogni volta, dalla parte dellaltro. I radioamatori di Hollywood i senatori Kennedy, Levin, Leahy , Harkin hanno chiesto la testa di Rumsfeld nel mo- mento in cui i nemici dellAmerica avevano gi preso quella di Nick Berg. Cosa intende la sinistra quando parla di dialogo con lislam? Significa questo: con- gratularsi con se stessi della propria supe- riorit morale mentre ti arrendi a coloro che vogliono distruggerti. Ti girano davvero le palle vedere a Londra, Parigi e nelle al- tre citt europee musulmani assieme a don- ne europee col capo coperto. Ci sar un si- gnificativo numero di convertiti prima del- lislamizzazione dellEuropa. In Italia non muore mai il mito delle due Americhe. Non sanno che un liberal di uno stato co- me il Vermont certamente pi vicino al Mississipi che non al Belgio? Le lite libe- ral pensano gli stati blu come membri ono- rari dellUnione europea. T orniamo ad Alito. Come si comportato sullaborto? Contro lassolutismo abortista. I democra- tici sono ormai il partito delle vecchie don- ne. Ah, ok, donne mature. Alle elezioni del damentalisti, i fanatici di GesCristo, i born again dellAmerica sono i razionalisti. E li- per-razionalismo dellEuropa secolare che vive in una fede cieca. La sua dipartita dal Canada ha a che fare con la Francia? Amo la Francia, preferirei sempre stare in Plaza-Athenee che in un al- bergo di Washington. Amo le donne france- si, il cibo francese e i film francesi, esclusi gli ultimi trentanni. Sfortunatamentecun prezzo, lappeasement, larroganza e la stu- pidit. Ho trascorso met della mia vita in una provincia che parlava francese, il Que- bec. E sar molto triste il giorno in cui la cultura francese si sar estinta nel cuore dellEuropa. Ma ho paura che abbiamo pas- sato il punto di non ritorno. La Francia ha un ministro degli Esteri che crede nella co- spirazione dellinternazionale ebraica e uno scrittore best seller che dice che lae- reo che si schiantato sul Pentagono non mai esistito. I principali stati europei a rischio isla- mizzazione sono gli stessi da cui nel 1943 partirono pi ebrei verso i campi della mor- te. Gli ebrei sono canarini in una miniera di carbone. E in questo senso lantisemiti- smo il primo indicatore di altre disfunzio- ni. Lironia del vecchio continente che og- gi sono loro gli ebrei. Hanno bisogno di ve- dere in Israele laggressore. E questo il mo- tivo per cui quella signora di ampie vedute sposata alleurobanchiere ha paragonato Ariel SharonaHitler eil Likudai nazisti. E un modo per chiudere ai punti, certo, noi abbiamoavutoHitler, tuhai Sharon; noi Au- schwitz, voi Jenin. Che cos diventata lU- nione europea? E sempre stata una solu- zionedegli anni Settantaper problemi degli anni Quaranta. I cittadini del Vermont sono molto diversi dai texani, ma sono pur sem- pre americani. I greci invece non hanno niente in comune con gli scozzesi. Lidentit europea serve solo a burocratizzare ogni aspetto della vita umana. In Europa un uo- mo come Rocco Buttiglione risultato inac- cettabile, in America forse lo avrebbero eletto presidente. Mentre il Dio cristiano viene deriso, i secolaristi europei sono pi delicati quando trattano con Allah. Perch era importante andare in Iraq? Perch gli americani non avevano finito il lavoro. Lasciare Saddam Hussein al potere significava lanciare al mondo il segnale che lAmerica non aveva preso seriamente in considerazione l11 settembre. E fare dellI- raq la base per la destabilizzazione dellin- tero medio oriente. La pace sulla bocca dei pacifisti comeloffertadi GeorgeGalloway a Saddam Hussein, una scatola delle mi- gliori caramelle inglesi. Giulio Meotti 2002 perserotutti i candidati appoggiati dal- la National Organization of W omen. Per- ch? Perch le donne americane non vo- gliono sentir parlare dei diritti delle don- ne. Quando le femministe parlano di dirit- ti riproduttivi delle donne, intendono il di- rittodelladonnaanonriprodursi. Bene. Ma lo stato non ha interesse nel promuoverli. Il feticismo abortista e il nostro tasso di cre- scita sono i sintomi della perdita della con- fidenza delloccidente, come le dimostra- zioni saddamite nel weekend e le conferen- ze stampa di Schrder. LEuropa, eliminan- do le gravidanze indesiderate, sta elimi- nando se stessa. Cosa far Bush sulle limi- tazioni ai fondi pubblici nella ricerca sul- lembrione? Terr duro, perch lunico in- teresse dei democratici non il potenziale medico delle staminali. Ma la possibilit di trasformare in legge lidea che il feto solo una palla di materia. Alito ha parlato an- che di Terri Schiavo Fu disgustoso il mo- do in cui una corte di giustizia decise lese- cuzione pubblica di una donna. Schiavo non era pi suo marito, aveva fatto dei figli con unaltra donna. Bene. Quando un uomo fa sesso con unaltra donna quelluomo do- vrebbe perdere sulla precedente compagna il diritto legale nel metterla a morte. Do- vrebbe dire questo la legge. Qual oggi la vera questione femmini- le? Per alcuni ancora il sacro diritto co- stituzionale di avvalersi dellaborto a nasci- taparziale. Per altri laguerraal terrore. C una cosa che distingue i valori occidentali dal fascismo islamico ed il trattamento delle donne. Immagina se non puoi andare a scuola o lasciare casa da sola. Immagina se lo stato decide quali abiti devi indossare. Immagina che tu non possa sentire il sole sulla tua faccia. Dico che votare per le per- sone che liberano le donne dalla teocrazia fascistalaquestionefemminile. InunEu- ropapostcristiana doveledonnefertili che un po di tempo fa avrebbero avuto tre bam- bini a 24 anni oggi ne hanno uno su misura a 39, dove i programmi del welfare dipendo- no dalla crescita della popolazione, dove le principali risorse dellimmigrazione pro- vengono da una cultura che disprezza il se- colarismo come miope narcisismo la sme- moratezza sociale non un fenomeno che passa. In questa situazione, i cristiani fon- Mark Steyn ci spiega perch i liberal hanno perso ogni legame con la realt e lAmerica N el coro di elogi a Greenspan per la sua guida della Fed, ecco che si leva dal- lautorevole Economist una nota fuori tono, per mettere in guardia contro i pericoli di uneredit cos ricca di successi da poter schiacciare col suo peso il successore, e con lui leconomia americana. E il successore, Bernanke, un minuto professore di Prin- ceton, che ha studiato a lungo la politica mo- netaria e i mercati, ma da accademico non ha tutte le doti che hanno fatto di Greenspan il Maestro, ovunque riconosciuto, della poli- tica monetaria in azione, e non sui libri. Quali le trappole in questa eredit? Essen- zialmente aver alimentato con una politica di bassi tassi dinteresse una bolla specula- tiva nei valori immobiliari, che ha consenti- to alle famiglie di spendere pi dei loro red- diti e alleconomia di continuare a crescere, al costo per di un enorme deficit nella bi- lancia corrente con lestero e uno strascico pericoloso. Infatti, si teme che, una volta sta- bilizzati i prezzi degli immobili, la bolla la- sci il posto a una caduta della spesa delle fa- miglie e della crescita, ponendo alla Fed di- lemmi molto difficili per uscirne. La critica si riduce, in breve, allinterrogativo se la po- litica monetaria americana e dei maggiori paesi debba farsi carico di contrastare solo linflazione che tocca i beni e i servizi in via di produzione o, pur in assenza di questa, anche quellinflazione che coinvolge i beni accumulati. LEconomist sostiene che la Fed dovrebbe intervenire danticipo per preve- nire lemergere di queste bolle speculative, cosa che Greenspan non ha fatto. Una criti- ca che ha una sua attrattiva intellettuale, ma che appare ingenerosa e non molto solida, perch controvertibile. Ingenerosa, visto che con la sua politica Greenspan ha contribui- to (non da solo) ad assicurare allAmerica stabilit dei prezzi e crescita sostenuta per 18 anni e mezzo (non una breve espansione), con due sole recessioni, per giunta molto te- nui e durate meno di 8 mesi. Ingenerosa, perchegli hasaputocapireinanticipoqua- li fattori, come lo shock benefico della nuo- va economia e della globalizzazione dei mercati, avrebbero esercitato un effetto fre- nante sui prezzi, risparmiando il freno mo- netario. E perch trascura pure il ruolo po- sitivo della sua politica su altri fronti, ad esempio nella conduzione di fatto delleco- nomia mondiale, per evitare che si avvitasse in una stagnazione, sotto le spinte recessive provenienti da Europa e Giappone. Per non parlare del suo ruolo notevole nella riforma del sistema bancario. Maguardandoallaconsistenzadellaccusa di non aver agito in via preventiva contro le bolle, diversi sono gli argomenti che induco- noadubitaredi unasimilestrategia. Il primo che la politica monetaria non una scien- za, ma si avvicina a unarte, che si fonda sui dati e sulle analisi, ma poggia anche su mol- ta incertezza. Non facile capire quando si in presenza di una bolla immobiliare o azio- naria, se non quando gi molto grande. E anche dopo questo momento, non compito della politica monetaria (n solo di essa) sgonfiarla, n avrebbe gli strumenti pi ido- nei per farlo, perchpotrebbeinnescarerea- zioni incontrollabili sui mercati e una vera recessione economica. Inoltre, in un mondo con piena libert di movimenti di capitale, una restrizione monetaria negli Usa potreb- be essere compensata in buona misura dal- labbondante liquidit e dai risparmi gene- rati inaltreareedel mondo, comeavvieneda anni col carry trade, cio indebitarsi ad esempio in Giappone, dove i tassi dinteresse sono insignificanti, per investire in Usa dove i rendimenti sono consistenti. Sul piano dei fatti, va detto che la politica di Greenspandivenutaaccomodantequan- do il bilancio pubblico andava verso, o era in surplus (i periodi di Clinton e il primo mandato di Bush jr .), mentre ha invertito corso in concomitanza con un orientamento del bilancio verso deficit consistenti, per portarsi in un anno allattuale situazione di tassi di interessi su livelli non accomodanti. In questo iter leconomia cresciuta dallul- tima recessione a pi del 3 per cento in me- dia annua e gli investimenti a pi del 4 , mo- strando che le contropartite dei deficit con lestero non sono solo i consumi, ma lam- pliamento del potenziale produttivo del pae- se per gli anni futuri. I pericoli attuali na- scono invece da una politica di bilancio inappropriata, in quanto non induce ad ac- crescere il tasso di risparmio delleconomia e contribuisce ai disavanzi. In queste condi- zioni non facile condurre leconomia verso il triplice obiettivo di facilitare lo sgonfia- mento della bolla immobiliare, mantenere una crescita oltre il 3 per cento annuo e ri- durre il disavanzo corrente con lestero. La politica monetaria non pu fare tutto ci, co- me non ha potuto farlo nellultima recessio- ne dopo la bolla azionaria, nonostante lE- conomist leattribuiscail meritodi averesal- vaguardato la crescita. N Bernanke ha le- sperienza e la credibilit per affrontare da solo questa sfida. N ne avrebbe voglia, in quanto sostiene che una politica monetaria con un obiettivo dinflazione non debba ri- spondere a simili bolle, se non nella misura in cui esse influiscono sulla formazione dei prezzi al consumo. Occorre piuttosto una manovra pi ampia: il riequilibrio del bi- lancio federale, una crescita pi sostenuta delle economie europea e giapponese e, molto importante, un deprezzamento reale del dollaro in rapporto ai paesi in surplus. Per contrastare le bolle si richiedono inve- ce interventi differenti, diversificati e poco dannosi per la crescita. Essi toccano sia le politiche strutturali di tassazione e spesa pubblica allo scopo di sollecitare le famiglie a risparmiare, sia le misure di disciplina dei mercati, ad esempio sulle operazioni di Bor- sa e sulle vendite immobiliari a credito. Ma verso tutte queste misure vi pur- troppo una forte resistenza. Salvatore Zecchini Quel chelEconomist nonhacapitodi Greenspan P rendiamo la copertina e i due articoli dellultimo Economist dedicati alleco- nomia americana. E evidente che per lEco- nomist leconomiaamericanagalleggiainun bicchiere mezzo vuoto. E ci a dispetto della pi lunga crescita non inflazionistica nella storia di quel paese. Ma lEconomist non solo molto pessimista e vede scuro il futuro degli Stati Uniti Danger time for America. E anche molto ostile, perch at- tribuisce la responsabilit di ci ad Alan Greenspan e al modo nel quale ha condotto la politica monetaria. Il presidente uscente della Fed non deve essere giudicato per i ri- sultati raggiunti nei 18 anni del suo manda- to durante i quali la volatilit dellecono- mia americana si ridotta in modo rilevan- te (due sole recessioni, le pi brevi della sto- ria) perch al (malcapitato) successore, Ben Bernanke, trasmette un lascito pesante: il disavanzo senza precedenti nel conto cor- rente della bilancia dei pagamenti, il tasso di risparmio negativo, la bolla del mercato edilizio. LEconomist ce lha soprattutto con i prezzi degli assets (azioni, caseeccetera), di cui Greenspan avrebbe tollerato leccessivo rialzo, mantenendo troppo bassi e troppo a lungo i tassi dinteresse. Ci che d fastidio allEconomist insommail permissivismodi Greenspan nei confronti delle bolle specu- lative, tanto quella passata del mercato azio- nario quanto quella attuale del mercato im- mobiliare, che hanno minato la stabilit del sistema finanziario, il totem del settimanale che si stampa nella capitale finanziaria dEuropa. E quali altri modi ha oggi un bri- tannico per dare lezioni di economia a un americano? Si chiama inferiority complex, e lhanno inventato gli inglesi per prendersi gioco del mondo quando erano loro a gover- narlo. Ora lEconomist rinfaccia a Green- span persino la sua innegabile fortuna. Le bolle sono una tipica manifestazione di animal spirits (come li chiamava il molto inglese John Maynard Keynes), ossia di com- portamenti imprevedibili. Su di esse la poli- tica monetaria, che non onnipotente giac- ch la conoscenza del funzionamento delle- conomia rimane incompleta, impotente. E allora come avrebbe potuto prevenire que- ste bolle un banchiere centrale, pi o meno dotato? In effetti, un mezzo ci sarebbe stato: spingere sempre pi in alto i tassi dinteres- se e tenerli lass il pi a lungo possibile. Os- sia provocare una lunga recessione o una stagnazione prolungata. Un prezzo alto. E si deve condannare Greenspan se, per quanto dipeso da lui, ha evitato di pagarlo? Sfog- giando labituale cinismo che da inconfon- dibile marchio stilistico si ormai trasfor- mato in una posa manieristica, lEconomist insinua che lo abbia fatto per cedevolezza alle pressioni politiche e non per salde con- vinzioni teoretiche (che Greenspan non ha essendo un pragmatico). E si deve condan- nare Greenspan se, pur non essendo stato capace di prevenire le bolle, ha dato lim- pressione di riuscire a ridurre le conse- Quel cheGreenspan ha Le femministe parlano di diritti delle donne, intendono il diritto della donna a non riprodursi. Aborto diventa scelta I veri razionalisti sono i fanatici born again di Ges. Anzich la separazione fra stato e chiesa, lEuropa ha lo stato come chiesa Ha scelto di vivere in New Hampshire anche perch gli piaciuto subito il suo slogan: Vivi libero o muori ANNO XI NUMERO 14 - PAG III IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2006 ENDONO RIGHT UNA NAZIONE N ella sua dichiarazione dapertura di fronte al Judiciary Committee, il giudi- ce Samuel Alito ha raccontato ai senatori chi e da dove viene. Innanzitutto, Hamil- ton Township, New Jersey , dove nato e cresciuto. Era una comunit vivace e accogliente, priva di qualsiasi presunzione e molto pra- tica e terra terra. Quasi tutti gli adulti del quartiere non si erano laureati al college. Io ho fatto le scuole pubbliche. Nel tempo li- bero, giocavo a baseball o facevo altri sport con i miei amici. Ho bellissimi e intensi ri- cordi di quei giorni, e del buon senso e del- la cortesia dei miei amici e dei miei vicini. Poi Alito ha descritto Princeton, situato ad almeno dodici miglia da dove abitavo. Fu per me un periodo di grande entusia- smo intellettuale. Il college e la scuola di legge mi aprirono nuovi mondi di idee. An- cora ricordi positivi. Poi, per, ecco una no- ta negativa: Ma eravamo alla fine degli an- ni Sessanta e allinizio degli anni Settanta, un periodo di grande agitazione nei college e nelle universit. Ho visto alcune persone molto intelligenti e molto privilegiate com- portarsi in modo irresponsabile. E non ho potuto fare a meno di riconoscere un netto contrasto tra alcune delle cose peggiori che vedevo al campus e la dignit e lonest del- le persone della mia comunit. Lortodossia di Princeton Alle orecchie di alcuni senatori, queste parole devono avere suonato come una no- ta discordante e stonata. Per loro, universit come Princeton sono luoghi nei quali sin- segna ai giovani a condannare il razzismo, il sessismo e a tutti gli altri peccati che domi- nano incontrollati in posti come Hamilton Township. Ma Alito, uomo di estrema finez- za intellettuale e profonda cultura, vede il contrasto in un altro modo. Dopo avere visto con i propri occhi alcuni radicali chiudere un college e buttare bombe in ununiversit, si convinse che il liberalismo di sinistra che circolava nei campus era un attacco contro le pi alte istituzioni della civilt. E non credeva che i radicali dei campus avessero una pi elevata posizione morale rispetto alle persone della middle-class con la qua- le era cresciuto. La fine degli anni Sessanta e gli inizi de- gli anni Settanta sono stati un periodo di conflitto culturale, nel quale si combattu- ta una battaglia tra ci che vorrei definire le persone carine e le persone ligie al dove- re. Mentre gli eleganti intellettuali di Manhattan si affollavano nellappartamen- to di Leonard Bernstein per celebrare le Black Panthers, la gente comune dei quar- tieri periferici e dei sobborghi Hamilton Township andavano a lavorare, allevavano le proprie famiglie e insegnavano ai figli a obbedire a lla legge costituita e a impe- gnarsi a fondo per realizzare le proprie aspirazioni. Negli anni Sessanta questa genia di in- tellettuali ha occupato i centri di comando culturale della nostra societ: le universit, i media, lUpper East Side di Manhattan e Westside Los Angeles. Ma, come dimostra lo stesso successo raggiunto da Samuel Alito, non hanno ancora conquistato tutte le men- ti e i cuori degli americani. Sono stato recentemente sia a Hamilton Township sia a Princeton. Il contrasto tra le case da un milione di dollari e i negozi alla moda di Princeton e i modesti semplici quartieri e centri commerciali di Hamilton Township era stupefacente. Lo sono altret- tanto anche le statistiche sui voti elettorali. Nel 2004 il 74 per cento di Princeton ha vo- tato per il democratico John F . Kerry. Ad Hamilton Township il 49,3 per cento ha vo- tato per il repubblicano George W. Bush e il 49,8 per cento per Kerry. Oggi le universit sono diventate le no- stre istituzioni pi intellettualmente corrot- te. I loro amministratori devono mentire e negare di usare le quote razziali per le am- missioni, cosa che fanno invece con regola- rit. Devono giurare fedelt alla diversit, quando invece i loro campus sono una del- le parti pi politicamente irrigidite della nostra societ, nei quali domina un codice linguistico che condanna il dissenso e tal- volta sopprime con violenza qualsiasi opi- nione conservatrice. Ad Hamilton Township si pu andare a bussare a una porta dopo laltra e trovare persone che si sentono li- bere di esprimere ogni genere di opinione politica. A Princeton, si trovano ben poche persone che si sentono libere di dissentire dallortodossia dellequivalenza Bush-Hi- tler. E interessante che il senatore Edward Kennedy abbia cercato di accusare Alito di razzismo e sessismo perch un tempo aveva fatto parte di un gruppo di studenti critici nei confronti di Princeton. A quanto pare, nella testa di Kennedy, dissentire dallorto- dossia del campus un segno indiscutibile di bigottismo. Prima degli anni Sessanta A mio giudizio, il giudice Alito uno dei migliori esempi di ci che le universit americane rappresentavano prima degli an- ni Sessanta: eccellenza intellettuale, libera ricerca, rispetto nei confronti del dissenso, impegno patriottico. S, a Princeton e in al- tre grandi universit si possono ancora tro- vare queste cose, per esempio nellinsegna- mento dei professori di Princeton Sean Wi- lentz e Robert George. Ma, per riprendere le parole di William F. Buckley, ritengo che, per avere buoni consigli, faremmo meglio a pescare tra i primi cento nomi sullelenco telefonico di Hamilton Township piuttosto che tra il corpo insegnante di Princeton. E davvero confortante che anche il giudice Alito la pensi nello stesso modo. Michael Barone Creators distribuito da RealClearPolitics (traduzione di Aldo Piccato) Yankee carini contro yankee ligi al dovere O sserviamo la storia della vita di Samuel Alito. E perfetta. Alito proviene da una comunit etnica bianca che ha sempre dato grande valore alla famiglia, alla tradizione, al patriottismo e al Partito democratico. Quando entrato a Princeton, un outsider inununiversitdellIvy Leaguenellaquale vi erano pochissimi cattolici, la rivoluzione culturale era in pieno svolgimento e i per- sonaggi pi estremisti degli anni Sessanta facevano ancora il bello e il cattivo tempo (persone molto privilegiate che si compor- tavano in modo irresponsabile, come lui dice con gentilezza). Alito non si riconobbe nei loro valori. Come ha scritto David Brooks sul New York Times: I liberal ave- vano adesivi elettorali con la scritta metti indiscussionelautorit; alleminoranzeet- niche era stato insegnato fin dalla scuola di rispettare lautorit. Alito voleva imparare, i ricchi liberal volevano colpire duro. Alito voleva partecipare ai Rotc (corsi di recluta- mento dellesercito americano, ndt), i libe- ral di Princeton la bandirono dal campus. Le porte del divario culturale erano ormai spalancateeAlitoeraprontoper lasciareil Partito democratico. Anzi, il Partito demo- cratico stava per abbandonare Alito e altri milioni di Reagan s Democrats. Lanno in cui Alito si laure la rivoluzione di McGo- vern trasform il Partito democratico. Convinto che la vecchia coalizione del New Deal fosse ormai in punto di morte, il partito prese la fatale decisione di schie- rarsi con gli antitradizionalisti, abbando- nando i white ethnics, i sindacati, i southerners, i cattolici e, come si poi di- mostrato, unenormenumerodi elettori spo- sati e protestanti. Per sostituire la coalizio- ne di Roosevelt, il Partito democratico si ri- volse ai giovani, ai movimenti pacifisti, a una certa lite intellettuale, alle femmini- ste e ai neri. La profonda spaccatura cultu- rale che si creata entrata nelle audizio- ni di Alito, ancoraintuttalasuapotenzado- po oltre trentanni. Ted Kennedy ha raccol- to la consueta posizione post anni Sessanta dopposizione alla severa imposizione del rispettodellalegge, accusandoil governodi metodi da Gestapo nellattuazione dei programmi di controterrorismo (). C sta- taancheunacertaretoricarazziale. Finda- gli anni Sessanta, i whiteethnics sonosta- ti accusati dalle lite democratiche di esse- re crudeli e razzisti. Questaccusa si con- cretizzata nella diceria secondo cui Alito avrebbe inventato la storia che suo padre aveva combattuto il razzismo. La storia era vera, la diceria falsa. Anche Kennedy ha battutoil tastodel razzismo, sostenendo(fal- samente) che Alito non aveva mai firmato una sentenza a favore di afroamericani. Ne ha firmate sette. I pezzi grossi hanno sempre torto Lastrategiadel Partitodemocratico, sela si pudefiniretale, si ridottaallosforzodi presentare Alito come un bigotto, un bu- giardo e un ideologo. La stampa ha posto le basi per laccusa dideologismo. Stuart Tay- lor, un peso massimo del National Journal, adicembrehascrittochelasistematicadi- storsione dei fatti, consapevole o inconsa- pevole, hainnescatounacampagnadapar- te dei gruppi e dei senatori liberal per rap- presentare Alito come un ideologo, quando invece unanalisi della sua carriera profes- sionale mostra che non legato a nessuna agendaideologicasenonaquelladellamo- derazione nellesercizio del potere giudi- ziario. Ogni tanto i senatori democratici si sono trattenuti dalla loro dedizione costan- tealladenigrazione. Ci si alloraaffidati ai giudici di altri paesi. I democratici sono sembrati sorpresi dal fattocheAlitosi op- posto allidea di allineare le decisioni delle Corti statunitensi a quelle raggiunte nelle Corti straniere. Le lite statunitensi si irri- tano per la vecchia regola che i giudici fe- derali debbano riferirsi alla Costituzione e non alle lite di Inghilterra, Francia o Ca- nada. I Democratici hanno anche detto che i giudici dovrebbero prendere le proprie decisioni tenendo conto della posizione so- ciale del querelante: il comune cittadino ha sempre ragione, i pezzi grossi, soprat- tutto se sono a capo di corporation, hanno sempre torto e sono malvagi. Come ha detto John Roberts durante le audizioni, quando laCostituzionedragioneal comunecitta- dino, mi schiero dalla sua parte; quando invece d ragione al pezzo grosso, mi schiero con il pezzo grosso. Per i democra- tici questa unideologia rivoluzionaria. John Leo Creators distribuito da RealClearPolitics (traduzione di Aldo Piccato) guenze negative del loro scoppio, dando un sbocco non traumatico alla esuberanza ir- razionale degli investitori? Naturalmente il protratto periodo di pro- sperit che ha vissuto leconomia americana non dovuto solo ai bassi tassi dinteresse (negativi in termini reali per un lungo pe- riodo e ancora oggi ai minimi storici), cio alla politica monetaria di cui Greenspan stato il responsabile. Altri fattori interni ed esterni alleconomia americana hanno gio- cato e su di essi la politica monetaria non ha avuto alcun effetto. Ma i bassi tassi di inte- resse non sono responsabili unicamente di aver spinto la domanda interna, permetten- do alle famiglie americane di indebitarsi e di alimentare la spesa per consumi. Ed ve- ro, come scrive lEconomist, che questo stato uno dei canali (non il solo) attraverso il quale si generato lenorme sbilancio dei conti correnti, a sua volta finanziato dal ri- sparmio del resto del mondo, e che prima o poi dovr essere riassorbito. La straordina- ria capacit delleconomia americana di ri- spondere meglio di qualsiasi altra alle oscil- lazione cicliche, dipende soprattutto da fat- tori strutturali sui quali la politica moneta- ria non incide direttamente e che rendono il capitalismo Usa il pi dinamico del mondo. Ma ci che sfugge allEconomist un fatto molto importante: i bassi tassi dinteresse hanno tenuto bassi non solo i risparmi degli americani, ma anche i markup delle impre- se dellindustria e dei servizi. I mercati mo- derni sono certamente sempre pi globaliz- zati. Ma sono anche dei customer markets nei quali le imprese tendono a stabilire con i loro clienti relazioni di lungo periodo, in cui la strategia di prezzo rimane un fattore importante. I clienti sono un asset come i beni capitali o le attivit fruttifere. Le im- prese investono in questo asset praticando prezzi bassi per attirare i consumatori e tra- sformarli in clienti. Il prezzo (ombra) di que- sto asset speciale il tasso dinteresse (il tas- so al quale si sconta il futuro), e tanto pi i tassi sono alti tanto minore la convenienza a fare concessioni di prezzo. Al contrario, quando i tassi dinteresse rimangono bassi non si creano soltanto opportunit di credi- to per famiglie e imprese (e il valore di case e azioni cresce), ma anche lincentivo a te- nere bassi i markup e quindi i prezzi. Anche quando la domanda aumenta (o ci si aspetta che aumenti). Ed quello che probabilmen- te accaduto in America. Anche per merito di Greenspan, che non un mago sebbene il suo viso evochi quello di Harry Potter da grande ma deve aver capito delle cose che allEconomist sono sfuggite. E difficile fare previsioni accurate. Ma an- chequandononcolgononel segno, il chenon capita di rado, le previsioni ci danno indica- zioni utili su chi le formula. Sono la chiave migliore per capire come vivano il loro tem- po presente (Kundera). E il caso delle pre- visioni dellEconomist sulleconomia Usa. Ernesto Felli acapito e lEconomist no W e told ya. Ve lavevamo detto. A pen- sarci bene potrebbe essere questo lo slogan di partenza della prossima campa- gnaelettoralerepubblicana, nel tentativodi mettereunafaccianuova(JohnMcCain, Ru- dolph Giuliani, George Allen) al posto della dinastiaBush. Velavevamodettocheil me- dio oriente era un problema da sistemare come un carciofo, foglia dopo foglia, perch finch non si tolgono tutte quelle cattive, il risultatocompromesso. Lesplicitadiscesa in campo del presidente Bush contro lIran in occasione dellincontro con la Merkel in- dica lescalation di politica internazionale cui i politici repubblicani dovranno alli- nearsi, seintendonoguardarealleprossime elezioni da sotto lombrello dellAmmini- strazione Bush. E la linea ribadisce che il principio iniziale era giusto, che la questio- ne delle armi di distruzione di massa sta- taunagaffepericolosasoltantoper comeri- schiava di minare il processo, che la polve- riera in buona parte ancora l, e che sol- tanto la pacificazione dellintero sistema geopolitico attraverso unininterrotta pres- sione e tutti gli interventi necessari, per- metter al mondo di guardare ottimistica- menteal XXI secoloinoltrato. Velavevamo detto: noi siamoi promulgatori dellalineae quelli che se ne occupano praticamente da almeno cinque anni, da quando George W. sulle macerie del World Trade Center un conunalineaduepunti noncoincidenti, di- chiarando ufficialmente guerra al Terrore. Noi ve lavevamo detto, perci lasciateci la- vorare perch tenere a bada lIran di Ah- madinejad sar una questione complessa. Ma fidatevi di noi perch abbiamo lespe- rienza e le tecniche affinate per riuscirci. Perch ormai sappiamo che non sono que- stioni chesi risolvonoinduesettimane. Per- ch per fortuna siamo gi l e questa la di- mostrazione che conviene restarci. Ve la- vevamo detto che era opportuno stare dalla parte della vostra nazione e di quelle che saranno pure ansie di sicurezza, ma che so- lo un alienato o un nichilista pu rifiutare. Che c dallaltra parte? La solidariet per gli insorgenti musulmani? Sicuri di capirne le ragioni? Fateci continuare a lavorare su quanto gi esposto, perch la nostra pro- messa elettorale adesso pu andare ben ol- tre. Ormai siamo talmente esperti e radica- ti nellaWar OnTerror, chelimpegnodi una nuova amministrazione repubblicana pu essere un altro: quello di affiancare alla missioneper lademocratizzazionedel mon- do un ritorno dattenzione per la cosa inter- na, per le questioni domestiche, per il quo- tidiano del cittadino americano. Fidando nelle strutture dispiegate sullo scacchiere internazionale, siamo pronti a chiedere al nostro candidato di tornare a fare il Buon Americanodi unavolta, quelloprimadi tut- to attento a salvaguardare il privilegio des- sere cittadini del Grande Paese. L Econo- mia ha bisogno di strategie serie, Salute, Educazione, Immigrazionesononodi dastu- diare con attenzione per produrre le scelte giuste. Ma soltanto noi possiamo farlo, per- chabbiamoil knowhowper smetteredoc- cuparci soltanto di medio oriente. Inutile dirvi che scegliendo un candidato demo- craticoil discorsoverrebbeacadere. Perci fate attenzione: ve lavevamo detto. Vi ave- vamo avvisato che una parte del mondo malata e che lunico medico con la medici- na giusta siamo noi. Lasciateci continuare. Il tutto pronunciato con uno stile pi di- messo che in passato, frutto di questo hu- mility theme che gli advisor di Bush gli avrebbero consigliato per recuperare. Comincia cos a delinearsi la rincorsa lungapocomenodi treanni destinataapor- tare alla Casa Bianca forse (ma davvero sol- tanto forse) John McCain, o forse un repub- blicano meno atipico, pi rassicurante, di continuit, uno che, senza smorfie, conti- nuer a dire Ve lavevamo detto. Il nuovo surriscaldamento dello scenario medio- rientale paradossalmente arriva al momen- to giusto, insieme alle incertezze provocate dalla defaillance di Sharon e forse mentre latteggiamento di sfiducia dellAmerica nei confronti della guerra in Iraq ha superato il momento pi basso, il fondo della curva, e grazie allincessante pressione di editoriali- sti etalkshowradiotelevisivi, unacrescente quantitdi americani si vaconvincendo, che per quanto ci fosse da discutere era giu- sto andare a sistemare le cose, e che ora che il lavoroabuonpunto, conlAfghanistanin controllo e un Iraq che sbanda ma avanza, sarebbefolliachiuderebottegacomeinvoca la sinistra democratica. Che il compito du- ro, la missione penitenziale, ma che i nostri figli ne godranno i frutti e i posteri capiran- no che andava fatto. E che la filosofia-Bush non pu essere lasciata l a inaridirsi, le va datacontinuit, perchaltrimenti il castello di carte va gi. Certo, ci sono i problemi in- terni, c la preoccupazione che da troppo tempo a Washington ci si occupi solo di Iraq e non di Nebraska o, per dirne unaltra, di New Orleans. Che in questi casi le cose ven- gano fatte quasi distrattamente. E che gli americani debbano preoccuparsi di essere sottostimati, dimenticati da chi dovrebbe prima di tutto pensare a loro. Questo ormai i repubblicani sembrano averlo capito e perci non ci si dovr stupire nellassistere a una campagna elettorale pi sintonizzata sulle vecchie cose, sullold country, sulla right nation, di quanto sia accaduto in tutto il post-11 settembre. Un ritorno a casa, men- tre altrove c qualcuno che continua a fare il lavoro che va fatto. Una sistemata allo steccato. Anche per questo non c da giura- re che un personaggio strabordante ma in- stabilecomeMcCainsialuomogiustoper la prossima corsa repubblicana. Meglio forse qualcosa di pi solido e vicino alle radici. Un partito con il dna della minoranza Dallaltra parte della barricata il proble- ma diverso. Se i repubblicani devono insi- stere sul gi fatto, sul non cambiar percorso e in un certo senso restare se stessi maga- ri facendola pagare esemplarmente cara agli Abramoff che ne mettono a repentaglio il cammino i democratici devono comin- ciare la grande deriva, quella per ora guar- data con scetticismo dai grandi opinionisti, cinici al puntodadefinirli unpartitocol dna della minoranza (David Brooks, NY Times), incapaci di coinvolgereil grandecentro(Mi- chael Woolridge, Economist) e comunque a corto di idee nuove, sullorlo di una crisi di nervi provocata da un avversario roccioso, motivato e semplicemente pi in armonico con le cose che dice. I problemi dei demo- cratici sono enormi e non di rapida soluzio- ne (il che, a meno di un suicidio repubblica- no a base di scandali e porcherie, fa pre- supporre unampia tenuta nelle imminenti elezioni di mezzo termine). I problemi sono il dove e il perch. Per dove sintende la necessit impellente di ritrovare il feeling col grandeelettoratomiddleclass chefatica a decifrare il messaggio liberal e le sue con- tinuecontraddizioni (giustodifendereleli- bert individuali, ma sbagliato intercetta- re un probabile terrorista?). I democratici, in sostanza, continuano a barcamenarsi, a proporre distinguo, a essere inseguiti da sensi di colpa, perch lunica linea che rie- sconoaesprimerequelladi sembraredu- ri, puri e idealisti che raramente un at- teggiamento sincero, e altrettanto raramen- te in politica, alla lunga, paga. In assenza di una piattaforma autonoma, i democratici vi- vono della difesa delle vecchie glorie (la- borto, per ci che incarna degli anni 60), del trend di ostilit antigovernativa e degli at- teggiamenti di circostanza (la crociata anti- Hollywoodoil riportiamoacasai nostri ra- gazzi). Equi entrainballoil fattore-Hillary, lago della bilancia per le speranze demo- cratiche. Non si sa ancora se sar vincente, ma almeno lex first lady si dimostra in pos- sesso duna tattica, quella che manca ai suoi nervosi compagni di partito. Hillary ha fatto coincidere la decisione di guardare seria- mente alla Casa Bianca con il dove e il per- ch di cui sopra. Il dove che Hillary cerca in primaistanzalelettorato(elexelettorato) democratico demotivato, sfiduciato, recen- temente passato sotto le insegne avverse. Hillary vuole intercettare lAmerica stanca del lungo matrimonio con casa Bush, senza per suonare arrogante e destabilizzante, ovvero offrendosi lei per prima di andare verso lelettorato, piuttosto che chiamarlo a s. Ecco la Hillary falco sullIraq e solidale con la sofferenza della nazione al riguardo, ecco lHillary addolorata sullaborto, eccola a braccetto col potente Joe Lieberman sulla moralizzazione della societ dello spettaco- lo. LHillary che pensa di avere dei trascorsi femministi e un passato da progressista am- piamentesolidi danonalienarlelesimpatie della sinistra del partito, mentre va a caccia di voti nella destra democratica e allestisce la campagna post-primarie nel grande cen- tro indistinto, quello convinto che la deci- sione di votare per un presidente sia prima di tutto una questione personale, prima che politica. Hillary, di fatto, lunica col pedi- gree per giocare questa partita con ragione- voli chance. Certo lAmerica sa che con lei torna il vecchio carrozzone, che prevede il rientro di Bill alla Casa Bianca, i sermoni stucchevoli di Lieberman, laria di palpabi- le ipocrisia elitaria e moralisteggiante che i NewDemocrats nonsi scollanodi dosso. Ma lei un piano ce lha. Altrove, per ora, ci sono solocandidaturedi volenterosi sorridenti in coda per il patibolo delle primarie. E pur vero che il carisma di Hillary attira altret- tanto violente antipatie e che il fronte dei suoi oppositori di partito gi ribolle sulla Rete. Ma lei nel frattempo diventata gran- de amica di Rupert Murdoch che adesso, di colpo, paredispostissimoadaccompagnarla almeno fino in fondo alle primarie, e questo conta pi della stizza dei blog politici. I suoi contendenti, insomma, cominciano a ronza- re, sembrano aver laria di volersi organiz- zare, manessunoriesceacapiredovestiano andando, con quali mezzi e a quale scopo. Hillary ha la sua proposta di far riassapora- re un po di happy days in questi tempi dif- ficili. I repubblicani per orasonoconvinti di fermarlaconlachiarezzadel loromessaggio di workinprogress. Almenoper ora, paio- no due visioni alte, ancora combattute tra il contrapporsi e il sovrapporsi. Laddove c il pericolo che finirebbe per trionfare un vec- chio gioco americano: il populismo. Stefano Pistolini Ai Democratici si sono ristrette le idee, resta soltanto il vecchio carrozzone dei Clinton Le dicerie su Alito e le ossessioni culturali post sessantottine A ppena prima di Natale, con il mio ami- co Amedeo Zottola si era pensato di andare in Corsica con le rispettive trib e attraversare il deserto degli Agreates. Ed eccolo qui il deserto. Poi capitano anche imprevisti. Tipo, che aguzzo la vista per tro- vare parcheggio sotto lospedale e dimenti- co una precedenza. E cos mi portano via il musetto della Nissan Micra. Faccio mac- china indietro, scendo, e mentre Gi strilla e gli cola gi il sangue sul petto, mi conse- gno subito prigioniero. Perdoni, ero di- stratto, ecco, scrivo, mi assumoper interola responsabilit dellincidente. Non ci sono feriti vero? Vero! faGituttovispo(tran- quilli, non successo niente, ha solo battu- to il naso). Laltro fa, scusi, anchio ero so- prapensiero, non lho vista proprio, sono stato da mia madre, in coma. Abbiamo risolto il caso in tre minuti, tre. Ho messo insieme questo, il primo mese di ospedale con Lucilla, la gente al mattino in coda per il ticket, quelli che vanno e vengono sulla nave del dolore, con i loro fardelli nellani- ma, i loro pensieri nel cuore, i loro sac- chetti di aranceebiscottini, lelorofacceda agnelli spaventati, il loro sangue buono o cattivo. Homessoinunimmaginarioalbum di famiglia gli amici di Lucilla, tutte le sere l fuori, in corsia, anche se non possono ve- derla, tutte le sere l, da una mese, come decine di amiche di Annalena, da un mese a cucinare, stirare, comprare il pane, por- tare i piccolini in piscina o al catechismo, decine di ragazzini che sono l a darsi il turno, e che vanno su in corsia anche solo per versarle coralmente un ciaooo! nel walkie talkie. Ho messo insieme Lucilla che da qualche giorno non riesce ad arti- colare che huum? Grr! Ehmm?! (tran- quilli, ha voluto vedere il Tg e sembra che provasse pi pena per il povero Fassino che per s), non parla, non beve, non man- gia, e sbava o vomita da mattina a sera (tranquilli, sono solo gli effetti collaterali del primo ciclo di chemioterapia, mica la depressione infinita di essere gente perbe- ne). Homessoinsiemetuttequestecosequi con il filmato di Quattrocchi che muore co- memuore, lavedovaColettadel soldatoita- liano a Nassiriyah, le parole di Giussani al Tg2, Se ci fosse uneducazione del popolo tutti starebbero meglio, i canti popolari yiddish e copti, gregoriani e dellArmata Rossa che solo Giussani si fatto scrupolo testardo di farci ascoltare e imparare e tra- mandare ai nostri figli. Alla fine ho pensa- to a quella leucemia del pensiero che, co- me dice Benedetto XVI, lanticultura della morte oggi ampiamente dominante che fa stare tutti peggio. Ho ripensato a una pagina di Repubbli- ca del 6 gennaio, dove per qualche riga il midollo di Umberto Galimberti sembrava non produrre solo cellule immature, in- complete di pensiero. E invece niente, la tradizione giudaico-cristiana, per avere educato lumanit occidentale alla ricerca di senso, ha inflitto a questa umanit una terribile sofferenza che lirreperibilit di un senso nellet della tecnica. Il senso come la fame che si avverte non quando si sazi, ma quando manca il cibo. E lespe- rienzadel negativoapromuoverelaricerca di senso, la malattia, il dolore, non la feli- cit, sul cui sensonessunosi mai postodo- mande. Notare lidentificazione di feli- cit con saziet, ma a parte questo: gi, ci voleva messia Galimberti per rivelarci che non mica lui il somaro, somara la storia dellumanit; ci voleva un servo mi- nore di un dio minore, la tecnica, per di- re la somma cretineria (giacch semmai lesatto contrario) che la domanda di senso spinta da sofferenza e dolore, quando il contenuto stesso della ragione strutturato inperch?. Ci volevaunrivenditoredi op- piacei per le Pierine del D di Repubblica per sbianchettare quellessere dotato di senso che si chiama uomo, giudaico-cristia- no o non giudaico-cristiano che sia, altri- menti vegetale, come pare sia quel rabar- baro di psico-filosofo dei nostri stivali. E poi, te lha rivelato mago Merlino che quel- li che hanno le pance piene non si pongono domande? Evabene, mi sondetto, abbiamo capito che la solfa dei festeggiamenti dei 30 anni di Rep. chenoncaltrochecaos, ev- viva la rinuncia alla verit, evviva la Reli- gione della Tecnica (a patto che comandia- mo noi, e noi comandiamo anche grazie a quelli cheinsegnanocomesi vivefelici vi- vendo alla cazzo di cane, gi, dice Galim- berti, il senso della vita che altro se non toccare, toccarsi?). Daccordo, lalinguave- la, per al tempo stesso rivela. Se c une- ducazione la lingua pu dire qualsiasi be- stemmia, manonpunonriflettere, pur nel- lasuanegazioneestrema, unaontologia, una vibrazioneestetica; nonpunoncontenere lanostalgiadel reale, eperciunrinvio, per quanto debole e irriflesso sia, a un ricordo di Dio. Seinveceleducazionenonc, lalin- guafiniscecomefiniscenei discorsi dapre- ti, sianoessi vescovi ofilosofi di Rep, finisce aillustraregli idoli di unastagione, finisce, direbbeDante, tralepenenelequali sono puniti coloro che commisero baratteria, a faredel cul trombetta. Luigi Amicone Roma. Benedetto XVI tornato a con- dannare con forza lantisemitismo e a riaf- fermare il proprio dolore e la propria preoccupazione per le sue rinnovate mani- festazioni che si registrano alla nostra epo- ca. Lo ha fatto ieri nel suo discorso letto in occasionedelludienzaconcessaaRiccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma. Lincontro si svolto in un clima cordia- le e positivo, ha detto il leader spirituale della comunit ebraica, e ha avuto una im- prontaprevalentementereligiosa. Acomin- ciare dal discorso di Papa Ratzinger, il qua- le ha ricordato che il popolo di Israele stato liberato varie volte dalle mani dei ne- mici, e nei secoli dellantisemitismo, nei momenti drammatici della Shoah, la mano dellOnnipotente lo ha sorretto e guidato. Di questaamorevoleattenzionedivina ha aggiunto pu rendere testimonianza an- che la vostra comunit ebraica, presente nella citt di Roma da oltre duemila anni. Dopoquestoriconoscimentohadetto: Avoi vicina la Chiesa cattolica e vi amica. S, noi vi amiamoenonpossiamononamarvi, a causa dei Padri: per essi voi siete a noi ca- rissimi e prediletti fratelli. Dopo il Concilio andata crescendo questa stima e recipro- ca fiducia. Si sono sviluppati contatti sem- pre pi fraterni e cordiali, intensificatisi lungo il pontificato del mio predecessore Giovanni Paolo II. Da notare come il Papa abbia evitato di usare la locuzione fratelli maggiori, suscettibile di interpretazioni malevole. Il pontefice ha quindi ricordato come in Cristo la Chiesa cattolica parteci- padellavostrastessaereditdei Padri, per servirelOnnipotentesottounostessogiogo, innestati sullunico tronco santo del popolo di Dio. A questo punto si inserita la ri- flessione del Papa sullattualit dellantise- mitismo. Ci rende noi cristiani consape- voli che, insieme con voi, abbiamo la re- sponsabilit di cooperare al bene di tutti i popoli, nella giustizia e nella pace, nella ve- rit e nella libert, nella santit e nellamo- re. Allalucedi questacomunemissionenon possiamo non denunciare e combattere con decisione lodio e le incomprensioni, le in- giustizie e le violenze che continuano a se- minare preoccupazioni nellanimo degli uo- mini e delle donne di buona volont. In tale contesto, come non essere addolorati e preoccupati per le rinnovate manifestazioni di antisemitismo che talora si registrano?. Parole analoghe Papa Ratzinger le aveva pronunciate lo scorso agosto durante la Giornata mondiale della giovent, quando, incontrandonellaSinagogadi Coloniasi era rammaricatodi comeoggi purtroppoemer- gono nuovamente segni di antisemitismo. Infine, dopo aver manifestato stima e cor- diale amicizia nei confronti del Rabbino ca- Antisionismo / 3 - A Oslo una ministra boicotta le arance dIsraele teggere i propri territori, anche con la forza, da eventuali azioni eversive palestinesi. Ma non tutti la pensano alla stessa maniera, an- zi. A smorzare sul nascere i toni adoperati dalla componente socialista del Partito del- la sinistra socialista il ministro degli Este- ri, Jonas Gahr Stoere, che, intervenendo al- la NRK Radio, si trovato a dover spiegare la politica ufficiale del paese. E cio che la Norvegia non ha nessuna intenzione di bloccare lo scambio di merci o lacquisto di prodotti made in Israel, ma che si sem- pre adoperata per la soluzione del conflitto fra i due popoli, ha ribadito nelle comuni- cazioni ufficiali conlambasciata israeliana. La presa di posizione di Halvorsen, per, non isolata poich fa eco alle recenti deli- bere del Parlamento regionale del Soer - Trondelag, che ha intrapreso gi nel dicem- bre scorso la linea del boicottaggio nei con- fronti delle merci esportate da Israele. Se- condo i suoi componenti sarebbero conti- nue le violazioni di alcuni diritti umani nei confronti dei palestinesi, come la costruzio- ne del muro che impedisce loro di avere li- beroaccessoai territori degli israeliani. Du- ralareazionevenutadallaAnti-Defamation League (Adl): Questa decisione non favori- sce il processo di pace fra israeliani e pale- stinesi, ma anzi lo acuisce. Per questo mo- tivo Abraham Foxman, presidente dellAdl, ha chiesto formalmente al governo norvege- se di condannare la decisione del Parla- mento regionale: Bisogna contribuire al processo di pace ha spiegato in una lette- ra allambasciatore norvegese, Knut Volle- baek e tener conto del programma di riti- ro graduale nei territori palestinesi avviato da Israele. Questo provvedimento pu solo generare odio e gettare confusione fra due popoli che hanno sempre cooperato. Lentit della proposta dei socialisti ha dunquemessoinimbarazzolinterogoverno che si visto piovere addosso anche le rea- zioni degli Stati Uniti. Secondo numerosi quotidiani, allambasciata norvegese a Wa- shingtonlareazionearrivatadai livelli pi alti del dipartimento di stato: Nel caso le proposte della Halvorsen rappresentassero ufficialmente la politica estera della nuova alleanza rosso-verde del Labour, della sini- stra socialista e dei partiti di centro si leg- ge nelle note riservate il clima tra gli Stati Uniti e la Norvegia si farebbe molto pi aspro. Secondo unnoto analista norvegese, Sverre Lodgaard, il boicottaggio promosso dal partito della Halvorsen ora limiter la libert di criticare Israele qualora fosse ne- cessario: Il governo ha spazi molto pi li- mitati per i negoziati, ha dichiarato. Lopi- nione pubblica divisa e non ha compreso il motivo di tale campagna. Ma come fa no- tare la gran parte della stampa le decisioni del piccoloParlamentoeleposizioni dei so- cialisti sono vicine a quelle di alcuni gover- ni contro Israele, come la Siria, lIran o la Libia. Questa sottolineatura ha suscitato non poche riflessioni tra chi comincia a chiedersi se il boicottaggio sia un provvedi- mento degno di un paese democratico come la Norvegia, che vanta una lunga tradizione democratica e diplomatica. po, il Papahasollecitatounacollaborazione tra Chiesa cattolica e Comunit ebraica per intraprendere, a Roma e nel mondo, con- crete iniziative di solidariet, di tzedek (giu- stizia) e di tzedekah (carit), e per tra- smettere la fiaccola del Decalogo e della speranza alle giovani generazioni. Nel suodiscorsoDi Segni, chealludienza era accompagnato dal presidente della Co- munit romana Leone Paserman, ha ricor- dato la storica visita di Giovanni Paolo II al- laSinagogadi Roma, uneventounicoma nulla impedisce che sia ripetuto dal nuovo Papa, che sempre il benvenuto. Alla fine della visita Di Segni ha riferito che il Papa ha accolto cordialmente linvito a visitare la Sinagoga. Levento del 1986 stato di assolu- ta unicit. Bisogner studiare il modo per- ch la visita di Benedetto XVI non sia una copia di quella di Papa Wojtyla. Limportan- te che ci sia la disponibilit reciproca. A vevo quattordici anni quando sono an- dataal primocorteo, eppurei cortei mi annoiano, preferiscodiscutere, chiacchiera- re. Il serpentoneparte, festanteedisordina- to o aggressivo e compatto, e mi sento une- stranea. Mi chiedo: ma dove diavolo stiamo andando? Quel che adoro, invece, il con- centramento, scambio di baci, abbracci, commenti, incontri con amiche e amici; mi aggiro e perlustro, n so, alla fine, con chi star. Sonoquindi andataaMilanoallama- nifestazione indetta da Usciamo dal silen- ziosoprattuttoper gratitudineversoledon- nechelhannoorganizzata, eperchil titolo del volantino La libert femminile allo- rigine della vita mi bastava. Della politi- ca degli uomini non ho mai capito niente, soffro di una forma di cretinismo, e magari fosselunico. Conledonneinvecefacciopo- litica senza sforzo, facile come sciare, nuo- tare, danzare, qualcosa che attiene al mio corpo: politicamentesonodel tuttolesbica. Su molti contenuti della manifestazione dissentivo, questoil bello. Noncredoci sia bisognodi difenderelalegge194, noncorre rischi concreti, easuotempoavrei preferi- toladepenalizzazione. Abortirenonundi- ritto, ma un potere e un arbitrio, lo so con certezza avendo abortito e partorito. Non condividoinnullalacampagnaafavoredel- laRu486, dannosaper lasalutedelledonne ma comoda per alcuni medici, si dicono di- sposti asomministrarlaperfinotaluni obiet- tori di coscienza. Non sono anticlericale, e per dirla tutta diffido anche del laicismo. Nonhovotatoal referendumsullafeconda- zioneassistita. Checi faccio, allora, qui? In- tanto ho un appuntamento con Daniela e consuafiglia, Miriam, ottoanni il prossimo maggio. Ha un cappello rosa, occhi scintil- lanti enonconoscelefemministe, dunquesi tratta di collaborare a uniniziazione e unAggadah. Com una manifestazione, ci chiede, cos seria e attenta da metterci sog- gezione, eperchci andiamo? Raccontiamo chi eravamo, e chi siamo adesso, come sia- mouscitedallaschiavitconlenostreforze, per noi stesse e per lei, perch ancora ap- parteniamo a questa folla che si addensa, come mai questo il nostro posto e, se vuo- le, anche il suo. Le facciamo largo fra noi e fra i discorsi, gli slogan e i gruppetti, i cor- doni che si vanno formando, dribbliamo le bandiereelaguidiamooltregli striscioni di partito che ci danno fastidio. Troviamo Cri- stina e Brunella, non riusciamo a beccare Silvia, DonatellaeLaura, econtroogni logi- ca ci sonocomeminimogicentomilaper- sone non smettiamo di cercarle. Sempre tenendoMiriamsaldamenteper mano, sep- pure Daniela si ferma a comprare un cap- potto uninterventocreativoserio, nonco- nosconessunaltracapacedi andareper sal- di in simili occasioni raggiungiamo cor- rendolatestadel corteo, lostriscioneazzur- rodietroal qualemarciano, silenziosemain piena chiacchiera, quelle per amore delle quali sonovenuta, lemiecompagnedi sem- pre, amiche, sorelle, benefattrici, le donne concui hofattoil femminismoei trentanni migliori dellamiavita. LostriscioneSiamo usciteal silenzio mi irritaemi piace, come tuttoinquestogiorno. Daunparte, penso, in silenziononsiamomai state. Dallaltra, amo crederechesolocasi di estremanecessitci spingono ad agire come oggi, in questa for- mainnaturale, noi chesiamocomelacqua, a una forma precisa non vogliamo n pos- siamo adattarci mai. Per me, la goccia che ha fatto traboccare il vaso stata la com- missionedinchiestaparlamentare. Mi sono detta lohascrittoIdaDominjanni sul ma- nifesto chesi dovevafaredigacontrotan- ta malafede, e sono venuta a mettere il mio dito nella falla. Mando sms alle altre che nonci sono, achi staper partorire, achi ri- masta al giornale, a chi ha linfluenza. Scri- vo: lamanifestazioneimmensa. Avevopau- ra, eanchequalcunadi loro, chelamanife- stazione non riuscisse, o legemonia femmi- nista non fosse chiara. Diffidavo della pre- senzadegli uomini, chemai hannodettouna paroladi genereumileesincerasullaborto. Avevorepulsioneper leinsegnedi partiti e sindacati. Ma Rosetta mi ha rimproverata, col suo fare malizioso da folletto: avrei do- vuto fidarmi di pi, e davvero, della libert delle donne. Ci ho pensato tanto. Ci penso ora, sommersaper untrattodallepigiova- ni. Gridanoslogansullembrioneeper lapil- lolaRu486, borbottoversodi loro, comeuna vecchiapazza: fanciulle, voi nonsapetequel che dite. Poi le guardo alzare le mani a triangolo, e so che ci saranno altre occasio- ni, ci incontreremodi nuovoeavremomodo di discutere, una promessa. V edo sfilare tregenerazioni, lenonne, lefiglie, lenipoti. Siamo noi lalbero della vita. E improvvisa- mente, convergogna, piangoper stupidera- gioni esistenziali. Mi sembradi nonessere io, gocciadi pioggia, granellodi sabbia, spu- toimmeritevoledellaDeasuquestaterra passata invano. Sono in questo popolo di donneanchequandomi deludonoeledelu- do, olitighiamo, quandosonoindignata, giu- rochenonvogliovederlepi, nemmenodi- pinte, chetranoi finita. Nonmai vero. Si tratta temo di amoreeterno. Paola Tavella Ratzinger dice a Di Segni che la Chiesa ama gli ebrei Oslo. Se non di antisemitismo, un sospet- to di antisionismo saggira anche nel nord Europa dove sporadici focolai rimasti fino- ra nellombra stanno trovando importanti sponsor. E il casodellaNorvegia, doveil mi- nistro delle Finanze, Kristin Halvorsen, ha pubblicamente dichiarato che a partire da febbraio boicotter i prodotti israeliani in vendita nel suo paese. Si tratta soprattutto di arance, una vera e propria battaglia con la quale si vuole dimostrare solidariet al popolo palestinese. Foto con agrumi cam- peggiano sui giornali e sulle radio locali rimbalzano dubbi e domande. Ma quali arance bisogna comprare? Le cubane o le israeliane? Halvorsen ha infatti rivolto un appello ai consumatori della sua nazione, cercando di convincere il popolo delle ca- salinghe, ma non solo, attraverso il teorema dello stato oppressore. Il successo dellexport israeliano, secon- do lesponente socialista, rappresenterebbe infatti unulteriorelegittimazioneallattuale politica del paese. Quella che cerca di pro- Lapid, lamico triste di Sharon travolto al centro dal ciclone Kadima vero risultato segno della marginalizzazio- nedei dueleader edellesistenzadi dueani- menel partito. Alcuni membri hannogide- ciso di lasciare Shinui: per fondare un nuo- vo gruppo oppure per unirsi ad altre picco- le entit di centro, come il nuovo movimen- todi Uzi Dayan, Tafnit. Ci sarebberostati an- che contatti con Kadima, il neo partito di centro creato dal primo ministro Ariel Sha- ron dopo luscita dal Likud. Shinui si sfalda. La piccola formazione del miracolo (da sei seggi ottenuti al Parla- mento, nel 1999, a 15 nel 2003, dopo lentrata in scena di Lapid), per anni il terzo gruppo allaKnesset, dopoi grandi, il LikudeAvoda, destabilizzato dalle divisioni interne. Si trovato davanti a un inaspettato e poco ge- stibileavversario, Kadima. Leprevisioni per Shinui non sono ottime: una caduta da 15 seggi a meno di cinque. Partito liberale, di centro, laico, favorevolealleconcessioni ter- ritoriali alla controparte palestinese, a ne- goziati, ma anche a una forte politica di si- curezza in prevenzione del terrorismo pale- stineseeallutilizzodellecontroverseucci- sioni mirate, Shinui, rinnovamento, na- to nel 1974, fondato da un gruppo di uomini daffari liberali. Ma soltanto nel 1999, con lentrata in politica di Yossef Tommy La- pid, che fa il salto di qualit. In meno di quattro anni il partito ottiene 15 seggi alla Knesset, diventando il terzo partito del pae- se. La sua identit laica, disegnata in op- posizione a Shas, gruppo radicale religioso. E contro linfluenza del giudaismo ultraor- todosso nella politica israeliana. Il successo di Shinui stato quello di entrare nella coa- lizione di Sharon e diminuire il potere dei partiti religiosi. Lapid stato ministro della Giustizia del premier. Si dimesso nel 2004, quando Sharon decise di rinnovare i finan- ziamenti alle istituzioni ultraortodosse. Nel 2005, alla vigilia del ritiro dalla Striscia di Gaza, non lascia solo il premier e appoggia il disimpegno. Nel miracolo di Kadima, con il suoleader inunlettodospedale, mainte- staatutti i sondaggi, cunpo di Shinui edi quei 15 seggi ottenuti in poche stagioni. Lanziano leader Lapid un amico del premier Sharon. E arrivatotardi inpolitica. Per unirsi a Shinui, nel 1999, ha lasciato gli schermi dellasuatrasmissione, Popolitika e la sua scrivania al quotidiano Maariv . E noto per la sua feroce retorica contro i par- titi religiosi inIsraele. Oggi, il vecchiodi No- vi Sad, nato in quello che era il regno di Ju- goslavia, il sopravvissuto dellOlocausto, po- trebbe dare il suo addio alla politica, un po per colpa dellamico Sharon e della sua de- cisione di creare un centro capace di vince- re le elezioni. Non ci credeva, allinzio, La- pid, ai sondaggi che davano Shinui in calo. I mass media parlarono di terremoto politi- co quando Sharon annunci il nuovo nato. Cataclismastato. Alcuni membri di Shinui avrebbero voluto che il gruppo si unisse su- bitoaKadima. I dueprogetti sincontrano, fi- gli di due amici. Rolla Scolari Gerusalemme. Tommy Lapid e A vrham Poraz, leader del partito laico e di centro Shinui, hannorimandato, ieri, adataancora da decidere, una conferenza stampa a T el Aviv. Lincontro avrebbe dovuto concentrar- si sui futuri passi del gruppo, in seguito alle primarie di gioved. Era atteso lannuncio delladdioallapoliticadi Lapid, il passaggio di consegne a Poraz. Non ci sar nessuna decisione oggi, tutto rimandato, confer- mano fonti interne al partito. Lo stesso La- pid, al telefono con il Foglio, si scusato di non poter fornire informazioni: Se parlassi ai mass media internazionali prima che a quelli israeliani sarebbe alquanto strano. Dicedi nonsapereancoraseequandopren- der una decisione. Shinui entrato in crisi gioved, il giorno delle primarie. Lapid ha riottenuto il verti- ceafatica, Poraz statosconfittodaRonLe- venthal, politico critico nei confronti delle due guide sin dai tempi in cui Shinui entr nel Parlamento israeliano, tre anni fa. Il po- Antisemitismo / 2 - In Venezuela un appello contro lurlo di Chvez dal potere: il regista, Jonathan Jaku- bowicz, ebreo. Abbiamo visto con stupo- re e costernazione c scritto nel comuni- cato lapparire di alcune allusioni antise- mite nemmeno tanto nascoste nel discorso del presidente della Repubblica, cos come lo ha appena denunciato il sempre vigilan- te Centro Simon Wiesental che, dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha perse- guitato i criminali di guerra nazisti che so- no riusciti a fuggire dalla giustizia di No- rimberga; cos come denunciando le mani- festazioni di un razzismo mai del tutto scomparso. Le parole pronunciate dal pre- sidente il 24 dicembre del 2005, nel Centro di Sviluppo Endogeno La sorgente dei so- gni, contiene due vecchi clich antisemiti: quello della crocifissione di Cristo e quello dellaccumulazione della ricchezza a di- scapito, si suppone, dei gentili. Che a solo mezzo secolo dallOlocausto ci sia un go- vernante nellemisfero occidentale capace di ripetere questi luoghi comuni, che sa- rebbero ridicoli se non fossero macchiati del sangue di milioni di esseri umani di ogni et e condizione, sarebbe gi allar- mante. Per disgrazia non si tratta di una di- chiarazione isolata del presidente, come fa- cilmente si pu constatare in altre affer- mazioni del discorso ideologico del regime. E noto che, durante un certo periodo, lat- tuale presidente stato consigliato dallav- venturiero Norberto Ceresole (esperto ar- gentino di geopolitica di area peronista, ndr), che si vantava di non essere antisemi- ta n di opporsi alla politica dello stato dI- sraele, bens di essere antiebreo ossia, ne- mico di un popolo la cui vocazione tradi- trice risale alla sua fuga dallEgitto. Per la prima volta in cinquecento anni di storia, qualcuno osa fare propaganda antisemita in Venezuela. Il manifesto ha 32 firme, prima tra le qua- li quella di Carlos A. Moros Gershi, profes- sore di Medicina ed ex rettore dellUniver- sidad Central de Venezuela. Non risultano risposte ufficiali del governo venezuelano, che peraltro per bocca del vicepresidente Rangel ha detto di non condividere lidea dellattuale governo di Teheran che Israele vada distrutto. Ma, a livello non ufficiale, il veleno continua a scorrere. Il sito Apor- rea.org ha scritto: Noi chavistas disprezzia- mo gli ebrei e non riconosciamo lo stato dI- sraele cos come non riconosciamo nessuna organizzazione ebrea nazionale e interna- zionale. Non possiamo tollerare che una parte importante del racconto canonico del- la deportazione e morte degli ebrei sotto il sistema nazista sia stata trasformata in mito da quegli ebrei animali apatridi e che oggi si usi il sionismo per preservare lesistenza di unazienda coloniale dotata di una ideo- logia religiosa (monoteista e mistico-satani- ca) con lobiettivo di ottenere che lIsraele Demoniaco simpossessi della Santa Pale- stina Araba. Nel centro di Caracas sono comparsi stri- scioni rossi che recavano la scritta: No ai commando israeliani in Venezuela. La fir- ma era del Partito comunista venezuelano, parte della coalizione chavista. Caracas. Il Venezuela a rischio dantise- mitismo. Lo denuncia un comunicato degli scrittori e artisti, professori e investigatori, intellettuali venezuelani cheaccusalasem- pre pi intensa amicizia tra Chvez e il regi- me di Teheran. La prima avvisaglia la si eb- be il 29 novembre 2004, quando alle 6 e mez- za del mattino una ventina di poliziotti fece irruzione nel Club Hebraica di Caracas, ter- rorizzando i 1.500 studenti che stavano fre- quentandolelezioni dellascuolalocale. Poi ci fu, lo scorso 19 settembre, il conduttore Albert Noliache, allastazioneradiodi stato Yvke, defin i dirigenti della Confederazio- ne delle associazioni israelitiche del Vene- zuela (Caiv) banditi, criminali e assassini espiegchelatorturaoggi inIsraelemol- to peggio di quello che fu la tortura nella Germania nazista. Dopo ci furono le bordate del governo contro il film Secuestro Express, che ri- traeva la violenza politica in Venezuela e che stato definito una cospirazione di miliardari sionisti per estromettere Chvez Antisemitismo / 1 - In Russia gli attacchi sono semplici atti vandalici procura federale, Vladimir Ustinov , disse chiaramente il suo punto di vista: Lantise- mitismo come la merda, non bisogna toc- carla. Pinediscutiamo, pipuzza. Inaltre parole, spieg il senatore Ramasan Abdula- tipov, aspettiamo che sparisca da s, ma ri- cordiamoci cheladiscriminazionerazziale sta aumentando. Gli eventi hanno dato ra- gione al senatore. Un sondaggio dellanno scorso del Pew Research Center indicava la Russia come il paese pi antisemita tra quelli amaggioranzacristiana: oltreil 51 per cento degli intervistati si dichiarato con- trario agli ebrei. Gli antisemiti hanno sfidato anche il pre- sidente, Vladimir Putin. Mentre era in visi- ta ad Auschwitz, venti deputati della Duma hanno inoltrato alla Procura generale la ri- chiesta di dichiarare fuorilegge tutte le or- ganizzazioni ebraiche. A prima vista pu sembrare che la reazione alluscita antise- mita dei firmatari comunisti e nazionalisti sia stata adeguata: Putin ha detto di prova- re vergogna per tali rigurgiti. La Duma e la Chiesa ortodossa hanno condannato la let- teradei venti. LaProcuraintervenutacon un ammonimento contro il quotidiano Rus- sia ortodossa. Ma le parole non sono poi sta- te accompagnate dalle misure previste dal- la legge. Il risultato si potuto osservare qualche settimana dopo nel corso di uno scontro sul canale Ntv tra il cosmonauta Alexey Leonov e il generale Albert Maka- sciov. Questultimo, deputatocomunista, non a caso si autodefiniva generale sovietico retto come una baionetta, rivelando nella loro forma pi pura i fondamenti dellanti- semitismo russo. Gli ebrei secondo le sue elucubrazioni hanno colpa in tutto e per tutto: Manca lacqua? Ne sono responsabi- li certamentegli ebrei, hadettoil generale, nonavendoalcunaremoranel citareunpro- verbio antisemita. Hanno rubato tutto quel che fu dato alla Russia da Dio e, ovviamen- te, hanno crocifisso Cristo. In pi, avreb- bero derubato il paese attraverso la priva- tizzazione, poich erano attorno a Gorba- ciov eaEltsin: Loligarcanonunacarica, una nazionalit. Le fonti principali del- lantisemitismo, sentenzia un altro naziona- lista, Vladimir Miloserdov, sono lideologia e leconomia liberali, inculcate dallocci- dente nella nostra realt, sempre attraver- so gli ebrei. Come ha detto lanchorman So- lovjov, gli ebrei sono colpevoli anche del- lantisemitismo. Le pubblicazioni nelle edicole della Duma Dopo lultimo attacco contro gli ebrei alla sinagoga di Mosca, la Duma ha chiesto di rafforzare la legislazione contro la xenofo- bia. Non ce n bisogno, ha replicato il rab- bino capo in Russia, Berl Lasar: Bastereb- be applicare le leggi che gi esistono. Nel- la stragrande maggioranza dei casi le forze dellordine nonch la giustizia russa non riconoscono il carattere razziale degli attac- chi contro gli ebrei, ma li qualificano come atti vandalici. I poliziotti mal pagati ear- ruolati spesso tra i giovani con poca istru- zione simpatizzano con skinheads e prose- liti di numerosi gruppi ultranazionalisti che, con lo slogan La Russia per i russi, hanno confuso parte della popolazione. La Chiesa ortodossa, collaborando con i leader delle organizzazioni ebraiche, non riesce a con- trollare le proprie strutture a volte influen- zatedaultranazionalisti. Nellelibreriepres- so le parrocchie e nelle edicole della Du- ma si possonotrovarelibri erivistedi con- tenutoantisemita. E questatmosferachege- nera lodio razziale, fenomeno particolar- mente pericoloso in un paese multinaziona- le e multiconfessionale come la Russia. Il Cremlino ha cominciato a preoccupar- si. Il ministrodellInterno, RashidNurgaliev, ha incontrato Berl Lasar per discutere il da farsi. Il partito nazionalista Rodina (Patria), che ha pubblicato un filmato propagandista razzista, non stato ammesso alle elezioni nellaDumadi Mosca. I canali televisivi han- no assunto una posizione univoca di con- danna dellantisemitismo. Si vedr col tem- po se si tratta di una campagna contingente o, finalmente, di unazione a lungo termine. Felix Stanevskiy Mosca. Alexandr Kopzev, un giovane rus- so di ventanni, diventato famoso. I canali televisivi gli hanno dedicato lunghi servizi. Di quello che ha fatto l11 gennaio si par- lato non soltanto in Russia, ma anche in Israele, al Consiglio dEuropa, al diparti- mento di stato a W ashington. Kopzev un giovanotto divenuto celebre perch ha pre- soil coltelloedandatoallasinagogaconlo scopo di uccidere ebrei: ne ha feriti nove perch loro vivono meglio, ha detto al commissariato. Questo episodio d lidea di quanto e come si sia diffuso lantisemitismo negli ultimi anni in Russia. Ai tempi dellUnione Sovietica lantise- mitismo era di fatto una mal celata politica ufficiale. Laccesso degli ebrei alle istituzio- ni dello stato era praticamente vietato, an- che se, per dimostrare al mondo la purezza del suointernazionalismoproletario, il re- gime comunista esibiva qualche persona di origineebraicanellecarichepielevatedel paese. Le universit limitavano al massimo il numero degli studenti con la scritta ebreo nel celeberrimopuntocinque del passaporto. I russi con cognomi sospetti non avevano possibilit di far carriera. In Russia oggi, a livello statale, non si pratica la politica dellantisemitismo. Eppure pi che mai viva. Perch? Quando un anno fa il ConsigliodellaFederazione, il Senatorusso, discuteva questo problema, il capo della ANNO XI NUMERO 14 - PAG IV IL FOGLIO QUOTIDIANO MARTED 17 GENNAIO 2006 Padri e figli Sfasciare la macchina davanti allospedale meno deprimente di leggere Galimberti Da donna a donna Alla manifestazione di Milano, con qualche riserva ma comunque felice di esserci