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ATENEO PONTIFICIO REGINA APOSTOLORUM

FACOLT DI FILOSOFIA
ANTOLOGIA DI TESTI DEL
MAGISTERO DELLA CHIESA
SULLO STUDIO DELLA FILOSOFIA
E SUL RAPPORTO TRA SCIENZA,
FILOSOFIA E TEOLOGIA
A cura di P. Rafael Pascual, L.C.
Roma, 2008
Copyright 2008 by Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Via degli Aldobrandeschi, 190
00163 Roma
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I.
LO STUDIO DELLA FILOSOFIA.
SENSO, IMPORTANZA FEDE E RAGIONE.
IL RUOLO DI SAN TOMMASO.
A) Costituzione dogmatica Dei Filius (Roma, 24 aprile 1870)
Capitolo IV - Della Fede e della Ragione
Lininterrotto pensiero della Chiesa cattolica sostenne e sostiene che esiste
un duplice ordine di cognizioni, distinto non solo quanto al principio, ma
anche riguardo alloggetto; quanto al principio, perch in uno conosciamo
con la ragione naturale, nellaltro con la fede divina; quanto alloggetto per-
ch, oltre le cose a cui la ragione naturale potrebbe arrivare, ci viene propo-
sto di credere misteri nascosti in Dio: misteri che non possono essere cono-
sciuti senza la rivelazione divina. Per questo lApostolo, il quale asserisce che
Dio conosciuto dalle genti attraverso le cose che sono state create, trattan-
do poi della grazia e della verit che ci sono venute da Ges Cristo (Gv
1,17), afferma: Noi parliamo di una sapienza di Dio, misteriosa, che na-
scosta: di una sapienza che Dio ha ordinato prima dei secoli per la nostra
gloria, e che nessuno dei principi di questa terra ha conosciuto. A noi stata
rivelata da Dio per mezzo del Suo Spirito: quello Spirito infatti scruta ogni
cosa, anche le cose profonde di Dio (1Cor 2,7-9). Lo stesso Figlio Unigeni-
to ringrazia il Padre di aver tenuto nascoste queste cose ai sapienti e di averle
rivelate ai pargoli (Mt 11,25).
Per la verit, la ragione, quando illuminata dalla fede e cerca diligentemen-
te, piamente e con amore, ottiene, con laiuto di Dio, una certa compren-
sione dei misteri, gi preziosa per s, sia per lanalogia con le cose che gi
conosce naturalmente, sia per la connessione degli stessi misteri fra di loro
relativamente al fine ultimo delluomo. Essa, per, non mai in grado di
comprendere tali misteri allo stesso modo delle verit che costituiscono log-
getto naturale delle proprie capacit conoscitive. Infatti, i misteri di Dio tra-
scendono per loro natura in modo cos elevato lintelletto creato, che anche
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se insegnati dalla Rivelazione e accolti con fede, restano tuttavia coperti dal
velo della stessa fede e quasi avvolti nelloscurit finch in questa vita morta-
le noi pellegriniamo lontani dal Signore: giacch noi camminiamo per fede e
non per conoscenza (2Cor 5,7).
Ma sebbene la fede sia superiore alla ragione, pure non vi pu essere nessun
vero dissenso fra la fede e la ragione, poich il Dio che rivela i misteri della
fede e la infonde in noi lo stesso che ha infuso il lume della ragione nella-
nimo umano; Dio non pu quindi negare se stesso, n la verit contraddire
la verit. La vana apparenza di queste contraddizioni nasce soprattutto o per-
ch i dogmi della fede non sono stati compresi ed esposti secondo la mente
della Chiesa, o perch false opinioni sono state considerate verit dettate dal-
la ragione. Stabiliamo pertanto che ogni asserzione contraria alla verit della
fede illuminata totalmente falsa. La Chiesa, poi, che insieme con lufficio
apostolico dinsegnare ha ricevuto pure il mandato di custodire il deposito
della fede, ha da Dio anche il diritto e il dovere di proscrivere la falsa scien-
za, affinch nessuno sia ingannato da una filosofia vana e fallace (Col 2,8).
Conseguentemente non solo vietato a tutti i fedeli cristiani di difendere
come legittime conclusioni della scienza tali opinioni che sono contrarie alla
dottrina della fede, specialmente quando sono state riprovate dalla Chiesa,
ma gli stessi cristiani sono assolutamente tenuti a considerarle come errori
che hanno ingannevole parvenza di verit.
La fede e la ragione non solo non possono essere mai in contrasto fra loro,
ma anzi si aiutano vicendevolmente in modo che la retta ragione dimostri i
fondamenti della fede e, illuminata da questa, coltivi la scienza delle cose di-
vine, e la fede, dal canto suo, renda la ragione libera da errori, arricchendola
di numerose cognizioni. Pertanto, non affatto vero che la Chiesa si op-
ponga alla cultura delle arti e delle discipline umane; anzi, le coltiva e le fa-
vorisce in molti modi. Essa non ignora n disprezza i vantaggi che da esse
provengono alla vita umana; anzi dichiara che esse, dato che derivano da
Dio, Signore delle scienze, conducono luomo a Dio, con laiuto della Sua
grazia, qualora siano debitamente coltivate. La Chiesa non vieta certamente
che le diverse discipline si valgano dei propri principi e del proprio metodo,
ciascuna nel proprio ambito, ma mentre riconosce questa giusta libert, vigi-
la attentamente che esse non accolgano nel proprio interno errori contrari
alla divina dottrina, oppure che, travalicando i propri confini, non occupino
n sconvolgano le materie appartenenti alla fede.
La dottrina della fede che Dio rivel non proposta alle menti umane come
una invenzione filosofica da perfezionare, ma stata consegnata alla Sposa di
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Cristo come divino deposito perch la custodisca fedelmente e la insegni
con magistero infallibile. Quindi deve essere approvato in perpetuo quel si-
gnificato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, n mai si
deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una
pi completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progredisca-
no, lungo il corso delle et e dei secoli, lintelligenza e la sapienza, sia dei se-
coli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltan-
to, cio nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima af-
fermazione.
B) Leone XIII, enciclica Aeterni Patris (1879), n. 12.
12. Per la verit, sopra tutti i Dottori Scolastici, emerge come duce e mae-
stro San Tommaso dAquino, il quale, come avverte il cardinale Gaetano,
perch tenne in somma venerazione gli antichi sacri dottori, per questo
ebbe in sorte, in certo qual modo, lintelligenza di tutti. Le loro dottrine,
come membra dello stesso corpo sparse qua e l, raccolse Tommaso e ne
compose un tutto; le dispose con ordine meraviglioso, e le accrebbe con
grandi aggiunte, cos da meritare di essere stimato singolare presidio ed ono-
re della Chiesa Cattolica. Egli, dingegno docile ed acuto, di memoria facile
e tenace, di vita integerrima, amante unicamente della verit, ricchissimo
della divina e della umana scienza a guisa di sole riscald il mondo con il ca-
lore delle sue virt, e lo riemp dello splendore della sua dottrina. Non esiste
settore della filosofia che egli non abbia acutamente e solidamente trattato,
perch egli disput delle leggi della dialettica, di Dio e delle sostanze incor-
poree, delluomo e delle altre cose sensibili, degli atti umani e dei loro prin-
cipi, in modo che in lui non rimane da desiderare n una copiosa messe di
questioni, n un conveniente ordinamento di parti, n un metodo eccellente
di procedere, n una fermezza di principi o una forza di argomenti, n una
limpidezza o propriet del dire, n facilit di spiegare qualunque pi astrusa
materia.
A questo si aggiunge ancora che langelico Dottore specul le conclusioni
filosofiche nelle intime ragioni delle cose e nei principi universalissimi, che
nel loro seno racchiudono i semi di verit pressoch infinite, e che a tempo
opportuno sarebbero poi stati fatti germogliare con abbondantissimo frutto
dai successivi maestri. Avendo adoperato tale modo di filosofare anche nel
confutare gli errori, egli ottenne cos di avere debellato da solo tutti gli erro-
ri dei tempi passati e di avere fornito potentissime armi per mettere in rotta
coloro che con perpetuo avvicendarsi sarebbero sorti dopo di lui. Inoltre
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egli distinse accuratamente, come si conviene, la ragione dalla fede; ma
stringendo luna e laltra in amichevole consorzio, di ambedue conserv in-
teri i diritti, e intatta la dignit, in modo che la ragione, portata al sommo
della sua grandezza sulle ali di San Tommaso, quasi dispera di salire pi alto;
e la fede difficilmente pu ripromettersi dalla ragione aiuti maggiori e pi
potenti di quelli che ormai ha ottenuto grazie a San Tommaso.
Per queste ragioni, specialmente nelle passate et, uomini dottissimi e cele-
bratissimi per dottrina teologica e filosofica, ricercati con somma cura glim-
mortali volumi di Tommaso, si diedero tutti allangelica sapienza di lui, non
tanto per averne ornamento e cultura, quanto per esserne sostanzialmente
nutriti. cosa nota che quasi tutti i fondatori e i legislatori degli Ordini reli-
giosi hanno ingiunto ai loro seguaci di studiare le dottrine di San Tommaso,
e di attenersi ad esse con la maggiore fedelt, provvedendo che a nessuno sia
lecito impunemente dipartirsi anche di poco dalle orme di tanto Dottore.
C) Pio XII, enciclica Humani Generis (1950), nn. 23-26.
23. Ma questo cmpito potr essere assolto convenientemente e con sicu-
rezza, se la ragione sar debitamente coltivata: se cio essa verr nutrita di
quella sana filosofia che come un patrimonio ereditato dalle precedenti et
cristiane e che possiede una pi alta autorit, perch lo stesso Magistero della
Chiesa ha messo al confronto con la verit rivelata i suoi princip e le sue
principali asserzioni, messe in luce e fissate lentamente attraverso i tempi da
uomini di grande ingegno. Questa stessa filosofia, confermata e comune-
mente ammessa dalla Chiesa, difende il genuino valore della cognizione
umana, gli incrollabili princip della metafisica cio di ragion sufficiente, di
causalit e di finalit ed infine sostiene che si pu raggiungere la verit certa
ed immutabile.
24. In questa filosofia vi sono certamente parecchie cose che non riguardano
la fede e i costumi, n direttamente n indirettamente, e che perci la Chie-
sa lascia alla libera discussione dei competenti in materia; ma non vi la me-
desima libert riguardo a parecchie altre, specialmente riguardo ai princip ed
alle principali asserzioni di cui gi parlammo. Anche in tali questioni essen-
ziali si pu dare alla filosofia una veste pi conveniente e pi ricca; si pu
rafforzare la stessa filosofia con espressioni pi efficaci, spogliarla di certi
mezzi scolastici meno adatti, arricchirla anche - per con prudenza - di certi
elementi che sono frutto del progressivo lavoro della mente umana; per
non si deve mai sovvertirla o contaminarla con falsi princip, n stimarla solo
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come un grande monumento, s, ma archeologico. La verit in ogni sua ma-
nifestazione filosofica non pu essere soggetta a quotidiani mutamenti spe-
cialmente trattandosi dei princip per s noti della ragione umana o di quelle
asserzioni che poggiano tanto sulla sapienza dei secoli che sul consenso e sul
fondamento anche della Rivelazione divina. Qualsiasi verit la mente umana
con sincera ricerca ha potuto scoprire, non pu essere in contrasto con la
verit gi acquisita; perch Dio, Somma Verit, ha creato e regge lintelletto
umano non affinch alle verit rettamente acquisite ogni giorno esso ne
contrapponga altre nuove; ma affinch,, rimossi gli errori che eventualmente
vi si fossero insinuati, aggiunga verit a verit nel medesimo ordine e con la
medesima organicit con cui vediamo costituita la natura stessa delle cose da
cui la verit si attinge. Per tale ragione il cristiano, sia egli filosofo o teologo,
non abbraccia con precipitazione e leggerezza tutte le novit che ogni gior-
no vengono escogitate, ma le deve esaminare con la massima diligenza e le
deve porre su una giusta bilancia per non perdere la verit gi conquistata o
corromperla, certamente con pericolo e danno della fede stessa.
25. Se si considera bene quanto sopra stato esposto, facilmente
apparir chiaro il motivo per cui la Chiesa esige che i futuri sacer-
doti siano istruiti nelle scienze filosofiche secondo il metodo, la
dottrina e i principi del Dottor Angelico (Corp. Jur. Can., can.
1366, 2), giacch, come ben sappiamo dallesperienza di parecchi
secoli, il metodo dellAquinate si distingue per singolare superiorit
tanto nellammaestrare gli animi che nella ricerca della verit; la
sua dottrina poi in armonia con la Rivelazione divina ed molto
efficace per mettere al sicuro i fondamenti della fede come pure
per cogliere con utilit e sicurezza i frutti di un sano progresso (A.
A. S. vol. XXXVIII, 1946, p. 387).
26. Perci quanto mai da deplorarsi che oggi la filosofia confermata ed
ammessa dalla Chiesa sia oggetto di disprezzo da parte di certuni, talch essi
con imprudenza la dichiarano antiquata per la forma e razionalistica per il
processo di pensiero. Vanno dicendo che questa nostra filosofia difende er-
roneamente lopinione che si possa dare una metafisica vera in modo assolu-
to; mentre al contrario essi sostengono che le verit, specialmente quelle tra-
scendenti, non possono venire espresse pi convenientemente che per mez-
zo di dottrine disparate che si completano tra loro, bench siano in certo
modo luna allaltra opposte. Perci la filosofia scolastica con la sua lucida
esposizione e soluzione delle questioni, con la sua accurata determinazione
dei concetti e le sue chiare distinzioni, pu essere utile - essi concedono -
come preparazione allo studio della teologia scolastica, molto bene adattata
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alla mentalit degli uomini medievali; ma non pu darci - aggiungono - un
metodo ed un indirizzo filosofico che risponda alle necessit della nostra cul-
tura moderna. Oppongono, inoltre, che la filosofia perenne non che la fi-
losofia delle essenze immutabili, mentre la mentalit moderna deve interes-
sarsi della esistenza dei singoli individui e della vita sempre in divenire.
Per, mentre disprezzano questa filosofia, esaltano le altre, sia antiche che
recenti, sia di popoli orientali che di quelli occidentali, in modo che sembra-
no voler insinuare che tutte le filosofie o opinioni, con laggiunta - se neces-
sario - di qualche correzione o di qualche complemento, si possono conci-
liare con il dogma cattolico. Ma nessun cattolico pu mettere in dubbio
quanto tutto ci sia falso, specialmente quando si tratti di sistemi come lim-
manentismo, lidealismo, il materialismo, sia storico che dialettico, o anche
come lesistenzialismo, quando esso professa lateismo o quando nega il valo-
re del ragionamento nel campo della Metafisica.
D) Concilio Vaticano II, Decreto Optatam Totius, sulla formazione
sacerdotale (1965). Gli studi filosofici
15. Le discipline filosofiche si insegnino in maniera che gli alunni siano anzi-
tutto guidati allacquisto di una solida e armonica conoscenza delluomo, del
mondo e di Dio, basandosi sul patrimonio filosofico perennemente valido,
tenuto conto anche delle correnti filosofiche moderne, specialmente di quel-
le che esercitano maggiore influsso nella loro propria nazione, come pure
del progresso delle scienze moderne in modo che, provvisti di una adeguata
conoscenza della mentalit moderna, essi possano opportunamente prepararsi
al dialogo con gli uomini del loro tempo.
Linsegnamento della storia della filosofia si svolga in modo che gli alunni,
mentre apprendono i principi fondamentali dei vari sistemi, siano in grado
di ritenere ci che vi di vero, di scoprire le radici degli errori e di confu-
tarli.
Il modo stesso di insegnare svegli negli alunni il desiderio di cercare rigoro-
samente la verit, di penetrarla e di dimostrarla, insieme allonesto riconosci-
mento dei limiti della umana conoscenza. Si presti molta attenzione ai rap-
porti tra la filosofia e i veri problemi della vita, nonch alle questioni che as-
sillano la mente degli alunni; gli alunni stessi siano aiutati a cogliere il nesso
tra gli argomenti filosofici e i misteri della salvezza che vengono studiati in
teologia alla luce superiore della fede.
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E) Sacra Congregazione per lEducazione Cattolica, Ratio funda-
mentalis institutionis sacerdotalis (1970); cfr. Enchiridion Vaticanum,
vol.3.
70. Gli studi di filosofia e delle scienze affini, che - in qualsiasi modo siano
ordinate le discipline durante gli anni della formazione (cf. n. 60) - devono
corrispondere a un intero biennio, hanno come scopo di perfezionare la for-
mazione umana dei giovani, stimolando in loro il senso dellintelligenza cri-
tica e procurando una pi profonda conoscenza della cultura antica e mo-
derna di cui la famiglia umana si venuta arricchendo lungo il corso dei se-
coli. Tali studi siano condotti in modo tale da aiutare lalunno a penetrare e
a vivere pi profondamente la propria fede, e, nello stesso tempo, a prepa-
rarlo agli studi teologici, a disporlo ad esercitare convenientemente il mini-
stero apostolico, cosicch possa essere stabilito un dialogo con gli uomini del
nostro tempo nelle forme pi adeguate.
71. Particolare importanza sia attribuita alla filosofia sistematica. e a tutte le
sue parti, che porta ad acquistare una solida e coerente conoscenza delluo-
mo, del mondo e di Dio. Questa formazione filosofica deve basarsi sul patri-
monio filosofico perennemente valido, di cui sono testimoni i pi grandi fi-
losofi cristiani, i quali hanno trasmesso i primi principi filosofici dotati di pe-
renne valore, in quanto hanno fondamento nella stessa natura. Poste queste
salde premesse, si deve tener conto delle ricerche filosofiche della nostra et
in evoluzione, soprattutto di quelle che esercitano un maggiore influsso nel
proprio paese, e inoltre del progresso delle scienze moderne, di modo che
gli alunni, giustamente coscienti dei caratteri dellepoca moderna, siano ade-
guatamente preparati al dialogo con gli uomini.
72. Con pari diligenza deve essere insegnata la storia della filosofia, affinch
siano chiari sia la genesi che lo sviluppo dei pi importanti problemi, e gli
alunni, tra le diverse soluzioni proposte nel corso dei secoli, siano capaci di
discernere gli elementi veri e di scoprire e respingere quelli falsi.
73. Si insegnino anche le scienze affini, quali sono le scienze naturali e la
matematica, quanto ai problemi connessi con la filosofia, tenuto conto tutta-
via delle debite proporzioni, in modo che offrano un utile complemento alle
discipline principali e sia evitata una erudizione enciclopedica e superficiale.
74. Nellesposizione di tutte le discipline si deve tener conto sia dellimpor-
tanza intrinseca dei singoli problemi, sia dellinteresse che possono avere al
presente per gli alunni e per la situazione specifica del paese.
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75. Nel Regolamento di formazione sacerdotale (o nellappendice) si riporti
il prospetto di tutte le discipline che riguardano il corso filosofico, indicando
brevemente il programma delle singole discipline, il numero degli anni o di
semestri e lorario settimanale delle lezioni. Se poi, per varie circostanze
(come, ad es., pu accadere in paesi grandi e molto estesi, dove vige una di-
versit di sistemi), questo non si pu attuare se non a prezzo di grandi diffi-
colt o non pu essere assolutamente attuato, si indichino almeno alcuni
modelli di programmi che possono offrire degli indirizzi sicuri ad utilit di
tutti.
F) Sacra Congregazione per leducazione cattolica - Roma,
20/01/1972. Linsegnamento della filosofia nei seminari (cf. Enchi-
ridion Vaticanum, vol.4)
II. La necessit della filosofia per i futuri sacerdoti
1. Pur tenendo conto di quanto stato detto sopra, siamo tuttavia convinti
che tutte le tendenze ad abbandonare la filosofia o a sminuirne limportanza
possono essere superate e pertanto non devono scoraggiarci. Anche se gli
ostacoli che oggi si oppongono allinsegnamento filosofico sono numerosi e
difficili, non si vede come la filosofia possa essere sottovalutata o, addirittura,
soppressa nella formazione ad un vero ed autentico umanesimo e, in parti-
colare, in vista della missione sacerdotale. Infatti, il voler cedere a tali tenta-
zioni significherebbe ignorare tutto ci che vi di maggiormente genuino e
profondo nel pensiero contemporaneo. Non v alcun dubbio che i proble-
mi filosofici pi fondamentali si trovino oggi pi che mai al centro delle
preoccupazioni degli uomini contemporanei, e ci fino al punto di invadere
tutti i campi della cultura: la letteratura (romanzi, saggi, poesia...), il teatro, il
cinema, la radiotelevisione e persino la canzone. Vi si trovano costantemente
evocati i temi eterni del pensiero umano: il senso della vita e della morte; il
senso del bene e del male; il fondamento dei valori; la dignit e i diritti della
persona umana; il confronto tra le culture e il loro patrimonio spirituale; lo
scandalo della sofferenza, dellingiustizia, delloppressione, della violenza; la
natura e le leggi dellamore; lordine e il disordine nella natura; i problemi
riguardanti leducazione, lautorit, la libert; il senso della storia e del pro-
gresso; il mistero dellaldil; ed infine, sullo sfondo di tutti questi problemi:
Dio, la sua esistenza, il suo carattere personale e la sua provvidenza.
2. evidente che nessuno di questi problemi pu trovare unadeguata solu-
zione al livello delle scienze positive, naturali o umane, perch i loro metodi
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specifici non offrono alcuna possibilit di affrontarli in modo soddisfacente.
Tali questioni appartengono alla sfera specifica della filosofia, la quale, tra-
scendendo gli aspetti meramente esteriori e parziali dei fenomeni, si rivolge
alla realt intera, cercando di comprenderla e di spiegarla alla luce delle cause
ultime. Cos la filosofia, pur avendo bisogno dellapporto delle scienze speri-
mentali, si presenta come una scienza distinta dalle altre, autonoma e di mas-
sima importanza per luomo, il quale interessato non solo a registrare, a
descrivere e ad ordinare i vari fenomeni, ma anche, e soprattutto, a com-
prenderne il vero valore e il senso ultimo. chiaro che ogni altra conoscen-
za della realt non porta le cose a questo supremo livello dellintelligenza,
prerogativa caratteristica dello spirito umano. Finch non viene data la rispo-
sta a questi interrogativi fondamentali, tutta la cultura rimane al di sotto delle
capacit speculative del nostro intelletto. Si pu pertanto dire che la filosofia
ha un valore culturale insostituibile: essa costituisce lanima dellautentica
cultura, in quanto pone le questioni circa il senso delle cose e dellesistenza
umana in modo veramente adeguato alle aspirazioni pi intime delluomo.
3. Ma, in molti casi, non nemmeno possibile un ricorso esclusivo alla luce
della rivelazione. Un tale atteggiamento di spirito risulterebbe radicalmente
insufficiente per i seguenti motivi:
a) Ladesione perfetta delluomo alla rivelazione divina non pu essere con-
cepita come un atto di fede cieca, un atteggiamento fideistico privo di moti-
vi razionali. Latto di fede presuppone per sua natura le ragioni di credere,
i motivi di credibilit, i quali sono in gran parte di natura filosofica: la co-
noscenza di Dio, il concetto di creazione, la provvidenza, il discernimento
della vera religione rivelata, la conoscenza delluomo come persona libera e
responsabile.
Si pu dire che ogni parola del nuovo testamento presuppone formalmente
queste nozioni filosofiche fondamentali. Il sacerdote ha pertanto bisogno
della filosofia per assicurare alla sua fede personale le basi razionali di valore
scientifico che siano a livello della sua cultura intellettuale.
b) Il programma della fides quaerens intellectum non ha perso nulla della
sua attualit: la verit rivelata richiede sempre la riflessione da parte del cre-
dente; essa linvita al lavoro di analisi, di approfondimento e di sintesi, che si
chiama la teologia speculativa. Evidentemente qui non si tratta di ripetere
lerrore commesso nei secoli passati, quando la speculazione teologica stata
coltivata in modo spesso esagerato ed unilaterale, fino a sopraffare gli studi
biblici e patristici. A tale riguardo necessario restituire il primato allo stu-
dio delle fonti della rivelazione come anche a quello della trasmissione del
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messaggio evangelico attraverso i secoli; primato che indiscutibile e che
non deve essere mai sminuito. altrettanto da condannare limpiego abusi-
vo della filosofia nel campo che essenzialmente quello della scienza rivela-
ta. Ma oggi, ristabilito il giusto equilibrio e compiuti progressi enormi nelle
scienze bibliche ed in tutti i settori della teologia positiva, possibile e ne-
cessario completare e perfezionare un tale lavoro storico con la riflessione ra-
zionale sui dati rivelati. Disponendo ormai di dati molti pi sicuri e pi ric-
chi che un tempo, il teologo speculativo deve sottomettere ad una critica in-
telligente i concetti e le categorie mentali nei quali si esprime la rivelazione.
In questo delicato lavoro egli dovr non soltanto fare tesoro delle scoperte
compiute dalle scienze naturali e, soprattutto, umane (psicologia, antropolo-
gia, sociologia, linguistica, pedagogia, ecc.), ma dovr ricorrere anche e, in
modo particolare, allaiuto della sana filosofia, perch essa possa dare il suo
contributo di riflessione sui presupposti e sulle conclusioni delle conoscenze
fornite dalle discipline positive. Dal momento che gli stessi metodi delle
scienze positive (esegesi, storia, ecc.) partono spesso da vari preliminari, che
comportano implicite scelte filosofiche, una sana filosofia potr notevolmen-
te contribuire, tra laltro, anche al chiarimento e alla valutazione critica di
tali scelte (oggi particolarmente necessaria per es. per il metodo esegetico di
Bultmann) senza per arrogarsi una funzione critica assoluta nei confronti
dei dati rivelati.
Questo influsso reciproco delle due scienze, radicato profondamente gi nel-
la stessa loro natura, viene accentuato dalla nuova situazione venutasi a crea-
re in questi ultimi anni nella teologia, la quale - cercando di aprirsi a nuove
dimensioni (storica, antropologica - esistenziale - personalistica), di sviluppa-
re vari nuovi aspetti (psicologico, sociale-politico, ortoprassi, ecc.), come
anche di approfondire i suoi metodi (il problema ermeneutico) - comporta
una nuova problematica che tocca talvolta gli stessi presupposti della cono-
scenza teologica (per es. la possibilit delle definizioni dogmatiche di valore
permanente) e che richiede pertanto un nuovo chiarimento ed approfondi-
mento dei concetti, quali, per es., la verit, la capacit ed i limiti della cono-
scenza umana, il progresso, levoluzione, la natura umana e la persona uma-
na, la legge naturale, limputabilit delle azioni morali, ecc.
c) La filosofia , infine, un terreno insostituibile dincontro e di dialogo tra i
credenti e i non credenti. A tale riguardo essa ha un valore pastorale molto
evidente. pertanto assolutamente inammissibile che un sacerdote cattolico,
chiamato ad esercitare il suo ministero in seno alla societ pluralista, nella
quale fondamentali problemi filosofici vengono dibattuti attraverso tutti i
mezzi di comunicazione sociale ed a tutti i livelli culturali, sia incapace di un
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intelligente scambio di punti di vista con i non cristiani sulle questioni fon-
damentali che riguardano da vicino sia la sua fede personale sia i problemi
pi scottanti del mondo.
d) C, inoltre, da rilevare che tutti gli orientamenti pastorali, le scelte peda-
gogiche e le stesse norme giuridiche, le riforme sociali e molte decisioni po-
litiche comportano presupposti e conseguenze di ordine filosofico che han-
no bisogno di essere chiarite e criticamente valutate. Non v alcun dubbio
che unautentica filosofia possa notevolmente contribuire alla umanizzazione
del mondo e della sua cultura, fornendo una giusta gerarchia di valori tanto
necessaria per unazione fruttuosa.
G) Paolo VI, Lettera apostolica Lumen Ecclesiae (1974); cfr. Enchiri-
dion Vaticanum, vol. 5, nn. 721ss.)
15. Per riassumere in breve, qui, le ragioni a cui abbiamo accennato, ricor-
deremo, anzitutto, il realismo gnoseologico e ontologico che la prima ca-
ratteristica fondamentale della filosofia di s. Tommaso. Possiamo anche defi-
nirlo un realismo critico, che, legato com alla percezione sensoriale e
quindi alla oggettivit delle cose, d il senso positivo e solido dellessere.
Esso cos permette una ulteriore elaborazione mentale che, pur universaliz-
zando i dati conosciuti, non se ne allontana per lasciarsi travolgere nel vorti-
ce dialettico del pensiero soggettivo, e per finire quasi fatalmente in un
agnosticismo pi o meno radicale. Primo in intellectu cadit ens dice lan-
gelico in un suo testo famoso. Su questo principio fondamentale poggia la
gnoseologia di s. Tommaso, la cui genialit consiste nellequilibrata valuta-
zione della esperienza sensoriale e dei dati autentici della coscienza nel pro-
cesso della conoscenza, che, sottoposto a riflessione critica, diventa il punto
di partenza di una sana ontologia e, per riflesso, di tutta la costruzione teolo-
gica. Si perci potuto definire il pensiero di s. Tommaso come la filosofia
dellessere, considerato, beninteso, sia nel suo valore universale, sia nelle sue
condizioni esistenziali; e parimenti noto che da questa filosofia egli sale alla
teologia dellEssere divino, quale sussiste in se stesso e quale si rivela sia nella
sua Parola sia negli eventi della economia della salvezza e specialmente nel
mistero dellincarnazione.
In lode di questo realismo dellessere e del pensiero il nostro predecessore
Pio XI, in una allocuzione ai giovani universitari, pot pronunciare quelle
significative parole: nella tomistica, per cos dire, un certo vangelo natu-
rale, un fondamento incomparabilmente solido per tutte le costruzioni
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scientifiche, perch la caratteristica del tomismo quella di essere anzitutto
oggettivo: le sue non sono costruzioni o elevazioni dello spirito semplice-
mente astratte, ma sono le costruzioni dello spirito che seguono linvito rea-
le delle cose ... Non verr mai meno il valore della dottrina tomistica, per-
ch bisognerebbe che venisse meno il valore delle cose.
16. A rendere possibili tale filosofia e teologia senza dubbio il riconosci-
mento della capacit conoscitiva dellintelletto umano fondamentalmente
sano e dotato di un certo gusto dellessere, col quale tende a prendere con-
tatto in ogni grande o piccola scoperta della realt esistenziale, per assimilar-
ne tutto il contenuto e salire alla considerazione delle ragioni e cause supre-
me, che ne danno la definitiva spiegazione. San Tommaso, invero, come fi-
losofo e teologo cristiano, scopre in ogni essere la partecipazione dellEssere
assoluto che crea, sostiene e dinamizza dallalto tutta la realt creata, tutta la
vita, ogni pensiero, ogni atto di fede.
Partendo, appunto da una tale prospettiva, laquinate, mentre esalta al massi-
mo la dignit della ragione umana, offre uno strumento validissimo alla ri-
flessione teologica e, nello stesso tempo, consente di sviluppare e approfon-
dire sempre pi molti temi dottrinali, sui quali egli ha avuto intuizioni fol-
goranti. Cos quelli che riguardano i valori trascendentali e lanalogia delles-
sere, la struttura dellessere limitato composto di essenza e di esistenza, il rap-
porto tra gli esseri creati e lEssere divino, la dignit della causalit nelle crea-
ture in dipendenza dinamica dalla causalit divina, la reale consistenza della-
zione degli esseri finiti sul piano ontologico, ma con riflessi in tutti i campi
della filosofia, della teologia, della morale, dellascetica, lorganicit e il fina-
lismo dellordine universale. E per salire, poi, alla sfera della verit divina, la
concezione di Dio come Essere sussistente di cui la rivelazione fa conoscere
la misteriosa vita ad intra, la deduzione degli attributi divini, la difesa della
trascendenza divina contro ogni forma di panteismo, la dottrina della crea-
zione e della provvidenza con cui s. Tommaso, superando le immagini e le
penombre del linguaggio antropomorfico, compie, con lequilibrio e lo spi-
rito di fede che gli sono propri, unopera che oggi si vorrebbe forse dire di
demitizzazione, ma che baster definire come una penetrazione razionale,
guidata, sorretta e spinta dalla fede, del contenuto essenziale della rivelazione
cristiana.
Su questa via e per queste ragioni san Tommaso, come giunge alla esaltazio-
ne della ragione, cos presta insieme un efficacissimo servizio alla fede, come
gi proclamava il nostro predecessore Leone XIII con quella memorabile
sentenza secondo la quale il dottore angelico distinguendo nettamente,
14
come conviene, la ragione dalla fede, ed associandole daltra parte armonica-
mente tra loro, salvaguard i diritti delluna e dellaltra e ne tutel la rispetti-
va dignit, in maniera tale che la ragione, elevata dalle ali del suo genio alle
pi alte possibilit umane, ormai non pu quasi innalzarsi pi in alto; e la
fede non possa quasi aspettarsi dalla ragione pi numerosi e pi validi aiuti di
quanti ne abbia raggiunti per opera di Tommaso .
17. Altro motivo della validit permanente del pensiero di s. Tommaso an-
cora offerto dal fatto che egli proprio per luniversalit e trascendenza delle
ragioni supreme poste al centro della sua filosofia (lessere) e della sua teolo-
gia (lEssere divino) non ha preteso di costituire un sistema di pensiero chiu-
so in se stesso, ma al contrario ha elaborato una dottrina suscettibile di un
continuo arricchimento e progresso. Ci che egli stesso ha compiuto acco-
gliendo gli apporti delle filosofie antiche e medioevali e quelli assai rari della
scienza antica, sempre ripetibile, per rapporto ad ogni dato veramente vali-
do espresso sia dalla filosofia sia dalla scienza anche pi avanzata, come com-
prova lesperienza dei molti che proprio nella dottrina di s. Tommaso hanno
trovato i migliori punti dinnesto di molti risultati particolari della riflessione
filosofica e scientifica in un contesto di valore universale.
18. A questo proposito vogliamo ripetere che la chiesa, mentre non esita ad
ammettere taluni limiti della dottrina di s. Tommaso, specialmente dove
questa pi legata alle concezioni cosmologiche e biologiche medievali, av-
verte pure che non tutte le teorie filosofiche e scientifiche possono ugual-
mente pretendere di trovar posto nellambito della visione cristiana del mon-
do o addirittura di essere considerate pienamente cristiane. In realt, nem-
meno gli antichi filosofi, tra i quali Aristotele, il suo preferito, sono stati pro-
mossi in questo senso o accolti integralmente e acriticamente da s. Tomma-
so. Egli ha seguito nei loro confronti dei criteri che sono validi anche per
giudicare laccettabilit cristiana del pensiero filosofico e scientifico moder-
no.
Mentre, infatti, Aristotele e altri filosofi erano e sono accettabili - salvo le
necessarie correzioni particolari - per luniversalit dei loro principi, il loro
rispetto della realt oggettiva e il loro riconoscimento di un Dio distinto dal
mondo, non altrettanto si pu dire di ogni filosofia o concezione scientifica,
i cui principi fondamentali siano inconciliabili con la fede religiosa, vuoi per
il monismo su cui si basano, vuoi per la loro chiusura alla trascendenza, o il
loro soggettivismo o agnosticismo.
Purtroppo non pochi sistemi moderni si trovano in questa posizione di irri-
ducibilit radicale alla fede cristiana e alla teologia. Tuttavia, anche in questi
15
casi, s. Tommaso ci insegna come si possano cogliere da questi sistemi, o de-
gli apporti particolari, utili alla integrazione e allo sviluppo incessante del
pensiero tradizionale, o almeno degli stimoli alla riflessione su punti prima
ignorati o insufficientemente sviluppati.
19. Il metodo seguito da s. Tommaso in questo lavoro di confronto e di as-
similazione esemplare anche per gli studiosi del nostro tempo. Si sa infatti
che egli apriva con tutti i pensatori del passato e del suo tempo - cristiani e
non cristiani - una specie di dialogo dellintelligenza. Egli ne studiava le sen-
tenze, le opinioni, i dubbi, le obiezioni, e cercava di capirne lintima radice
ideologica, e non di rado il condizionamento socio-culturale. Poi ne espo-
neva il pensiero, specialmente nelle Quaestiones e nelle Summae. Non
si trattava solo di un elenco di difficolt da risolvere e di obiezioni da confu-
tare, ma di una impostazione dialettica del procedimento, che lo spingeva
alla ricerca e alla elaborazione di tesi sicure sui punti che erano oggetto di ri-
flessione e di discussione. A volte il confronto era serenamente e nobilmente
polemico, come quando si trattava di difendere una verit impugnata: con-
tra errores, contra gentes, contra impugnantes ecc.; ma, in ogni caso,
egli apriva un dialogo, che avveniva nella piena e generosa disponibilit del-
lo spirito a riconoscere e ad accogliere la verit da chiunque fosse detta, e
che anzi spingeva s. Tommaso, in non pochi casi, a dare una interpretazione
benigna di sentenze, che nel dibattito risultavano erronee. Per questa via san
Tommaso pervenne ad una sintesi grandiosa ed armonica del pensiero, di
valore veramente universale, per la quale egli maestro anche nel nostro
tempo.
20. Vogliamo infine segnalare un ultimo pregio, che conferisce non poco
alla validit perenne della dottrina di s. Tommaso: ed la qualit del lin-
guaggio limpido, sobrio, essenziale, che egli riusc a forgiarsi nellesercizio
dellinsegnamento, nella discussione e nella composizione delle sue opere.
Basti ripetere, a questo proposito, ci che si legge nellantica liturgia dome-
nicana della festa dellaquinate: Uno stile conciso, unesposizione piacevole,
un pensiero profondo, limpido, robusto. Non questa lultima ragione
dellutilit di volgersi a s. Tommaso in un tempo come il nostro, nel quale si
usa spesso un linguaggio o troppo complicato e contorto, o troppo rozzo, o
addirittura ambiguo, perch vi si possano riconoscere lo splendore del pen-
siero e un tramite tra gli spiriti chiamati allo scambio e alla comunione nella
verit.
16
H) Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Sapientia Christiana
(1979)
La Facolt di Filosofia
Art. 79. 1. La Facolt ecclesiastica di Filosofia ha lo scopo di investigare
metodicamente i problemi filosofici e, basandosi sul patrimonio fi-
losofico perennemente valido (cfr. Optatam Totius, 15: AAS 58 [1966]
722), di ricercare la loro soluzione alla luce naturale della ragione, e
di dimostrate, inoltre, la loro coerenza con visione cristiana del
mondo, delluomo e di Dio, mettendo in giusta evidenza le rela-
zioni della filosofia con la teologia.
2, Essa poi si propone di istruire gli studenti, in modo da renderli idonei
allinsegnamento ed a svolgere altre congrue attivit intellettuali,
nonch a promuovere la cultura cristiana ed a stabilire un fruttuoso
dialogo con gli uomini del loro tempo.
Art. 80. Nellinsegnamento della filosofia si devono osservare le nor-
me che la riguardano, e che sono contenute nei documenti del
Concilio Vaticano II (cfr. praesertim Optatam Totius: AAS 58 [1966]
713 ss; Gravissimum Educationis: AAS 58 [1966] 728 ss), nonch nei pi
recenti documenti della Santa Sede (cfr. praesertim Pauli VI Lumen
Ecclesiae, de S. Thoma Aquinate, 20 nov. 1974: AAS 66 [1974] 673 ss.;
Sacrae Congr. Pro Institutione Catholica Litteras de institutione philosophi-
ca [20 ian. 1972]), in quanto si riferiscono anche agli studi accademici.
Art. 81. Il curricolo degli studi della Facolt di Filosofia comprende:
a) il primo ciclo, istituzionale, durante il quale per un biennio o quattro se-
mestri, si fa unorganica esposizione delle varie parti della filosofia,
che trattano del mondo, delluomo e di Dio, come pure della sto-
ria della filosofia, unitamente allintroduzione al metodo della ri-
cerca scientifica;
b) il secondo ciclo, o di iniziata specializzazione, durante il quale, per un
biennio o quattro semestri, mediante speciali discipline e seminari, si imposta
una pi profonda riflessione filosofica in qualche settore della filosofia;
c) il terzo ciclo, nel quale, per un congruo periodo di tempo, si promuove la
maturit filosofica, specialmente attraverso lelaborazione della dissertazione
dottorale.
17
I) Giovanni Paolo II, 17 Novembre 1979, Al Pontificio Ateneo
Angelicum - Roma. La filosofia di san Tommaso in spirito di
apertura e universalismo
La filosofia di san Tommaso merita attento studio ed accettazione convinta
da parte della giovent dei nostri tempi, a motivo del suo spirito di apertura
e di universalismo, caratteristiche che difficile trovare in molte correnti del
pensiero contemporaneo. Si tratta dellapertura allinsieme della realt in tut-
te le sue parti e dimensioni, senza riduzioni o particolarismi (senza assolutiz-
zazioni di aspetti singoli), cos come richiesto dallintelligenza in nome
della verit obiettiva e integrale, concernente la realt. Apertura, questa, che
anche una significativa nota distintiva della fede cristiana, della quale la cat-
tolicit contrassegno specifico. Questa apertura ha il suo fondamento e la
sua sorgente nel fatto che la filosofia di san Tommaso filosofia dellessere,
cio dellactus essendi, il cui valore trascendentale la via pi diretta per
assurgere alla conoscenza dellEssere sussistente e Atto puro, che Dio. Per
tale motivo, questa filosofia potrebbe essere addirittura chiamata filosofia
della proclamazione dellessere, il canto in onore dellesistente.
Da questa proclamazione dellessere la filosofia di san Tommaso deriva la sua
capacit di accogliere e di affermare tutto ci che appare davanti allintel-
letto umano (il dato di esperienza, nel senso pi largo) come esistente deter-
minato in tutta la ricchezza inesauribile del suo contenuto; essa deriva, in
particolare, la capacit di accogliere e di affermare quellessere, che in
grado di conoscere se stesso, di meravigliarsi in s e soprattutto di decidere
di s, e di forgiare la propria irripetibile storia... A questo essere, alla sua
dignit pensa san Tommaso quando parla delluomo come di qualcuno che
perfectissimum in tota natura (S. Tommaso, Somma Teologica, I, 4.
29, a. 3), una persona, per la quale egli postula unattenzione specifica ed
eccezionale. E detto cos lessenziale circa la dignit dellessere umano, anche
se rimane ancora molto da indagare in questo campo, con laiuto delle rifles-
sioni stesse offerte dalle correnti filosofiche contemporanee.
Da questa affermazione dellessere la filosofia di san Tommaso attinge anche
la sua autogiustificazione metodologica, come di disciplina irriducibile a
qualsiasi altra scienza, ed anzi tale da trascenderle tutte ponendosi nei loro
confronti come autonoma e insieme come di esse completiva in senso so-
stanziale.
Ancora, da questa affermazione dellessere la filosofia di san Tommaso deriva
la possibilit ed insieme lesigenza di oltrepassare tutto ci che ci offerto
direttamente dalla conoscenza in quanto esistente (il dato di esperienza) per
18
raggiungere lipsum Esse subsistens ed insieme lAmore creatore, nel quale
trova la sua spiegazione ultima (e perci necessaria) il fatto che potius est
esse quam non esse e, in particolare, il fatto che esistiamo noi... Ipsum
enim esse - sentenzia lAngelico - est communissimus effectus, primus et in-
timior omnibus aliis effectibus; et ideo soli Deo competit secundum virtu-
tem propriam talis effectus (S. Tommaso, Quaestiones disputatae: De Po-
tentia, q. 3, a. 7 c).
San Tommaso avvi la filosofia sulle tracce di tale intuizione, indicando
contemporaneamente che solo su questa via lintelletto si sente a proprio
agio (come a casa propria) e che perci a questa via lintelletto non pu as-
solutamente rinunciare, se non vuole rinunciare a se stesso.
Ponendo come oggetto proprio della metafisica la realt sub ratione entis,
san Tommaso indic nellanalogia trascendentale dellessere il criterio meto-
dologico per formulare le proposizioni circa lintera realt, ivi compreso
lAssoluto. difficile sopravvalutare limportanza metodologica di questa
scoperta per lindagine filosofica, come, del resto, anche per la conoscenza
umana in generale.
superfluo sottolineare quanto debba a questa filosofia la stessa teologia,
non essendo essa nullaltro che fides quaerens intellectum o intellectus fi-
dei. Neppure la teologia, quindi, potr rinunciare alla filosofia di san Tom-
maso.
7. Si dovr forse temere che ladozione della filosofia di san Tommaso abbia
a compromettere la giusta pluralit delle culture e il progresso del pensiero
umano? Un simile timore sarebbe manifestamente vano, perch la filosofia
perenne, in forza del principio metodologico menzionato, secondo cui tut-
ta la ricchezza di contenuto della realt ha la sua sorgente nellactus
essendi, ha, per cos dire, in anticipo il diritto a tutto ci che vero in rap-
porto alla realt. Reciprocamente, ogni comprensione della realt - che ef-
fettivamente rispecchi questa realt - ha pieno diritto di cittadinanza nella
filosofia dellessere, indipendentemente da chi ha il merito di aver consen-
tito tale avanzamento nella comprensione ed indipendentemente dalla scuola
filosofica alla quale egli appartiene. Le altre correnti filosofiche, pertanto, se
le si guardi da questo punto di vista, possono, anzi debbono essere conside-
rate come alleate naturali della filosofia di san Tommaso, e come partners
degni di attenzione e di rispetto nel dialogo che si svolge al cospetto della
realt e in nome di una verit non monca su di essa. Ecco perch lindica-
zione di san Tommaso ai discepoli nellEpistula de modo studendi: Ne
19
respicias a quo sed quod dicitur, deriva tanto intimamente dallo spirito della
sua filosofia.
8. Ma v unaltra ragione che assicura la perenne validit della filosofia di
san Tommaso: la preoccupazione dominante della ricerca della verit.
Studium philosophiae - scrive lAquinate commentando il suo filosofo pre-
ferito, Aristotele - non est ad hoc quod sciatur quid homines senserint, sed
qualiter se habeat veritas (S. Tommaso, De caelo et mundo, I, lect. 22,
ed. R. Spiazzi, n. 228).
Ecco perch la filosofia di san Tommaso eccelle per il suo realismo, la sua
obiettivit: la filosofia de ltre et non du paratre. La conquista della ve-
rit naturale, che ha la sua sorgente suprema in Dio Creatore, come la verit
divina lha in Dio Rivelatore, ha reso la filosofia dellAngelico sommamente
idonea ad essere lancilla fidei, senza svilire se stessa e senza restringere i
suoi campi dindagine, ma, al contrario, acquistando sviluppi impensabili
dalla sola ragione umana. Perci il Sommo Pontefice Pio XI, di s.m., pub-
blicando lenciclica Studiorum Ducem, in occasione del VI Centenario
della Canonizzazione di san Tommaso, non esit di affermare: In Thoma
honorando maius quiddam quam Thomae ipsius existimatio vertitur, id et
Ecclesiae docentis auctoritas (Pio XI, Studiorum Ducem: AAS 15 [1923]
324).
J) Giovanni Paolo II, esortazione apostolica post-sinodale Pastores
dabo vobis (1992)
52. Un momento essenziale della formazione intellettuale lo studio della
filosofia, che conduce a una pi profonda comprensione e interpretazione
della persona, della sua libert, delle sue relazioni con il mondo e con Dio.
Essa si rivela di grande urgenza, non solo per il legame che esiste tra gli ar-
gomenti filosofici e i misteri della salvezza studiati in teologia alla luce supe-
riore della fede, ma anche di fronte a una situazione culturale quanto mai
diffusa che esalta il soggettivismo come criterio e misura della verit: solo
una sana filosofia pu aiutare i candidati al sacerdozio a sviluppare una co-
scienza riflessa del rapporto costitutivo che esiste tra lo spirito umano e la
verit, quella verit che si rivela a noi pienamente in Ges Cristo. N da
sottovalutare limportanza della filosofia per garantire quella certezza di ve-
rit che, sola, pu stare alla base della donazione personale totale a Ges e
alla chiesa. Non difficile capire come alcune questioni molto concrete,
quali lidentit del sacerdote e il suo impegno apostolico e missionario, sono
20
profondamente legate alla questione, tuttaltro che astratta, della verit: se
non si certi della verit, come possibile mettere in gioco lintera propria
vita e avere la forza per interpellare sul serio la vita degli altri?
La filosofia aiuta non poco il candidato ad arricchire la sua formazione intel-
lettuale del culto della verit, cio di una specie di venerazione amorosa
della verit, la quale conduce a riconoscere che la verit stessa non creata e
misurata dalluomo ma alluomo data in dono dalla verit suprema, Dio;
che, sia pure con limiti e a volte con difficolt, la ragione umana pu rag-
giungere la verit oggettiva e universale, anche quella riguardante Dio e il
senso radicale dellesistenza; che la fede stessa non pu prescindere dalla ra-
gione e dalla fatica di pensare i suoi contenuti, come testimoniava la gran-
de mente di Agostino: Ho desiderato vedere con lintelletto ci che ho cre-
duto, e ho molto disputato e faticato.
Per una pi profonda comprensione delluomo e dei fenomeni e delle linee
evolutive della societ, in ordine allesercizio il pi possibile incarnato del
ministero pastorale, di non poca utilit possono essere le cosiddette scienze
delluomo, come la sociologia, la psicologia, la pedagogia, la scienza delle-
conomia e della politica, la scienza della comunicazione sociale. Sia pure
nellambito ben preciso delle scienze positive o descrittive, queste aiutano il
futuro sacerdote a prolungare la contemporaneit vissuta da Cristo. Cri-
sto, diceva Paolo VI, si fatto contemporaneo ad alcuni uomini e ha parlato
nel loro linguaggio. La fedelt a lui chiede che questa contemporaneit con-
tinui.
K) Giovanni Paolo II, enciclica Fides et Ratio (1998)
La novit perenne del pensiero di san Tommaso dAquino
43. Un posto tutto particolare in questo lungo cammino spetta a san Tom-
maso, non solo per il contenuto della sua dottrina, ma anche per il rapporto
dialogico che egli seppe instaurare con il pensiero arabo ed ebreo del suo
tempo. In unepoca in cui i pensatori cristiani riscoprivano i tesori della filo-
sofia antica, e pi direttamente aristotelica, egli ebbe il grande merito di por-
re in primo piano larmonia che intercorre tra la ragione e la fede. La luce
della ragione e quella della fede provengono entrambe da Dio, egli argo-
mentava; perci non possono contraddirsi tra loro.
Pi radicalmente, Tommaso riconosce che la natura, oggetto proprio della
filosofia, pu contribuire alla comprensione della rivelazione divina. La fede,
21
dunque, non teme la ragione, ma la ricerca e in essa confida. Come la grazia
suppone la natura e la porta a compimento, cos la fede suppone e perfezio-
na la ragione. Questultima, illuminata dalla fede, viene liberata dalle fragilit
e dai limiti derivanti dalla disobbedienza del peccato e trova la forza necessa-
ria per elevarsi alla conoscenza del mistero di Dio Uno e Trino. Pur sottoli-
neando con forza il carattere soprannaturale della fede, il Dottore Angelico
non ha dimenticato il valore della sua ragionevolezza; ha saputo, anzi, scen-
dere in profondit e precisare il senso di tale ragionevolezza. La fede, infatti,
in qualche modo esercizio del pensiero; la ragione delluomo non si an-
nulla n si avvilisce dando lassenso ai contenuti di fede; questi sono in ogni
caso raggiunti con scelta libera e consapevole.
per questo motivo che, giustamente, san Tommaso sempre stato propo-
sto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare
teologia. Mi piace ricordare, in questo contesto, quanto ha scritto il mio
Predecessore, il Servo di Dio Paolo VI, in occasione del settimo centenario
della morte del Dottore Angelico: Senza dubbio, Tommaso possedette al
massimo grado il coraggio della verit, la libert di spirito nellaffrontare i
nuovi problemi, lonest intellettuale di chi non ammette la contaminazione
del cristianesimo con la filosofia profana, ma nemmeno il rifiuto aprioristico
di questa. Perci, egli pass alla storia del pensiero cristiano come un pionie-
re sul nuovo cammino della filosofia e della cultura universale. Il punto cen-
trale e quasi il nocciolo della soluzione che egli diede al problema del nuovo
confronto tra la ragione e la fede con la genialit del suo intuito profetico,
stato quello della conciliazione tra la secolarit del mondo e la radicalit del
Vangelo, sfuggendo cos alla innaturale tendenza negatrice del mondo e dei
suoi valori, senza peraltro venire meno alle supreme e inflessibili esigenze
dellordine soprannaturale.
44. Tra le grandi intuizioni di san Tommaso vi anche quella relativa al
ruolo che lo Spirito Santo svolge nel far maturare in sapienza la scienza
umana. Fin dalle prime pagine della sua Summa Theologiae lAquinate volle
mostrare il primato di quella sapienza che dono dello Spirito Santo ed in-
troduce alla conoscenza delle realt divine. La sua teologia permette di com-
prendere la peculiarit della sapienza nel suo stretto legame con la fede e la
conoscenza divina. Essa conosce per connaturalit, presuppone la fede e arri-
va a formulare il suo retto giudizio a partire dalla verit della fede stessa: La
sapienza elencata tra i doni dello Spirito Santo distinta da quella che po-
sta tra le virt intellettuali. Infatti questultima si acquista con lo studio:
quella invece viene dallalto, come si esprime san Giacomo. Cos pure
22
distinta dalla fede. Poich la fede accetta la verit divina cos com, invece
proprio del dono di sapienza giudicare secondo la verit divina.
La priorit riconosciuta a questa sapienza, tuttavia, non fa dimenticare al
Dottore Angelico la presenza di altre due complementari forme di sapienza:
quella filosofica, che si fonda sulla capacit che lintelletto ha, entro i limiti
che gli sono connaturali, di indagare la realt; e quella teologica, che si fonda
sulla Rivelazione ed esamina i contenuti della fede, raggiungendo il mistero
stesso di Dio.
Intimamente convinto che omne verum a quocumque dicatur a Spiritu
Sancto est, san Tommaso am in maniera disinteressata la verit. Egli la cer-
c dovunque essa si potesse manifestare, evidenziando al massimo la sua uni-
versalit. In lui, il Magistero della Chiesa ha visto ed apprezzato la passione
per la verit; il suo pensiero, proprio perch si mantenne sempre nelloriz-
zonte della verit universale, oggettiva e trascendente, raggiunse vette che
lintelligenza umana non avrebbe mai potuto pensare. Con ragione, quindi,
egli pu essere definito apostolo della verit. Proprio perch alla verit mi-
rava senza riserve, nel suo realismo egli seppe riconoscerne loggettivit. La
sua veramente la filosofia dellessere e non del semplice apparire.
(...)
Linteresse della Chiesa per la filosofia
57. Il Magistero, comunque, non si limitato solo a rilevare gli errori e le
deviazioni delle dottrine filosofiche. Con altrettanta attenzione ha voluto ri-
badire i principi fondamentali per un genuino rinnovamento del pensiero fi-
losofico, indicando anche concreti percorsi da seguire. In questo senso, il
Papa Leone XIII con la sua Lettera enciclica terni Patris comp un passo di
autentica portata storica per la vita della Chiesa. Quel testo stato, fino ad
oggi, lunico documento pontificio di quel livello dedicato interamente alla
filosofia. Il grande Pontefice riprese e svilupp linsegnamento del Concilio
Vaticano I sul rapporto tra fede e ragione, mostrando come il pensare filoso-
fico sia un contributo fondamentale per la fede e la scienza teologica. A pi
di un secolo di distanza, molte indicazioni contenute in quel testo non han-
no perduto nulla del loro interesse dal punto di vista sia pratico che pedago-
gico; primo fra tutti, quello relativo allincomparabile valore della filosofia di
san Tommaso. La riproposizione del pensiero del Dottore Angelico appariva
a Papa Leone XIII come la strada migliore per ricuperare un uso della filoso-
fia conforme alle esigenze della fede. San Tommaso, egli scriveva, nel mo-
mento stesso in cui, come conviene, distingue perfettamente la fede dalla ra-
23
gione, le unisce ambedue con legami di amicizia reciproca: conserva ad
ognuna i propri diritti e ne salvaguarda la dignit.
58. Si sa quante felici conseguenze abbia avuto quellinvito pontificio. Gli
studi sul pensiero di san Tommaso e di altri autori scolastici ricevettero nuo-
vo slancio. Fu dato vigoroso impulso agli studi storici, con la conseguente
riscoperta delle ricchezze del pensiero medievale, fino a quel momento lar-
gamente sconosciute, e si costituirono nuove scuole tomistiche. Con lappli-
cazione della metodologia storica, la conoscenza dellopera di san Tommaso
fece grandi progressi e numerosi furono gli studiosi che con coraggio intro-
dussero la tradizione tomista nelle discussioni sui problemi filosofici e teolo-
gici di quel momento. I teologi cattolici pi influenti di questo secolo, alla
cui riflessione e ricerca molto deve il Concilio Vaticano II, sono figli di tale
rinnovamento della filosofia tomista. La Chiesa ha potuto cos disporre, nel
corso del XX secolo, di una vigorosa schiera di pensatori formati alla scuola
dellAngelico Dottore.
(...)
61. Se in diverse circostanze stato necessario intervenire su questo tema,
ribadendo anche il valore delle intuizioni del Dottore Angelico e insistendo
per lacquisizione del suo pensiero, ci dipeso dal fatto che le direttive del
Magistero non sono state sempre osservate con la desiderabile disponibilit.
In molte scuole cattoliche, negli anni che seguirono il Concilio Vaticano II,
si potuto osservare, in materia, un certo decadimento dovuto ad una mi-
nore stima, non solo della filosofia scolastica, ma pi in generale dello stesso
studio della filosofia. Con meraviglia e dispiacere devo costatare che non
pochi teologi condividono questo disinteresse per lo studio della filosofia.
Diverse sono le ragioni che stanno alla base di questa disaffezione. In primo
luogo, da registrare la sfiducia nella ragione che gran parte della filosofia
contemporanea manifesta, abbandonando largamente la ricerca metafisica
sulle domande ultime delluomo, per concentrare la propria attenzione su
problemi particolari e regionali, talvolta anche puramente formali. Si deve
aggiungere, inoltre, il fraintendimento che si creato soprattutto in rapporto
alle scienze umane. Il Concilio Vaticano II ha pi volte ribadito il valore
positivo della ricerca scientifica in ordine a una conoscenza pi profonda del
mistero delluomo. Linvito fatto ai teologi perch conoscano queste scienze
e, alloccorrenza, le applichino correttamente nella loro indagine non deve,
tuttavia, essere interpretato come unimplicita autorizzazione ad emarginare
la filosofia o a sostituirla nella formazione pastorale e nella praeparatio fidei.
Non si pu dimenticare, infine, il ritrovato interesse per linculturazione
24
della fede. In modo particolare la vita delle giovani Chiese ha permesso di
scoprire, accanto ad elevate forme di pensiero, la presenza di molteplici
espressioni di saggezza popolare. Ci costituisce un reale patrimonio di cul-
tura e di tradizioni. Lo studio, tuttavia, delle usanze tradizionali deve andare
di pari passo con la ricerca filosofica. Sar questa a permettere di far emerge-
re i tratti positivi della saggezza popolare, creando il necessario collegamento
con lannuncio del Vangelo.
62. Desidero ribadire con vigore che lo studio della filosofia riveste
un carattere fondamentale e ineliminabile nella struttura degli studi
teologici e nella formazione dei candidati al sacerdozio. Non un
caso che il curriculum di studi teologici sia preceduto da un perio-
do di tempo nel quale previsto uno speciale impegno nello studio
della filosofia. Questa scelta, confermata dal Concilio Lateranense
V, affonda le sue radici nellesperienza maturata durante il Medio
Evo, quando stata posta in evidenza limportanza di una costrut-
tiva armonia tra il sapere filosofico e quello teologico. Questo ordi-
namento degli studi ha influenzato, facilitato e promosso, anche se in manie-
ra indiretta, una buona parte dello sviluppo della filosofia moderna. Un
esempio significativo dato dallinflusso esercitato dalle Disputationes meta-
physicae di Francesco Surez, le quali trovavano spazio perfino nelle univer-
sit luterane tedesche. Il venire meno di questa metodologia, invece, fu cau-
sa di gravi carenze sia nella formazione sacerdotale che nella ricerca teologi-
ca. Si consideri, ad esempio, la disattenzione nei confronti del pensiero e
della cultura moderna, che ha portato alla chiusura ad ogni forma di dialogo
o alla indiscriminata accoglienza di ogni filosofia.
Confido vivamente che queste difficolt siano superate da unintelligente
formazione filosofica e teologica, che non deve mai venire meno nella
Chiesa.
(...)
Differenti stati della filosofia
75. Come risulta dalla storia dei rapporti tra fede e filosofia, sopra breve-
mente accennata, si possono distinguere diversi stati della filosofia rispetto
alla fede cristiana. Un primo quello della filosofia totalmente indipendente
dalla Rivelazione evangelica: lo stato della filosofia quale si storicamente
concretizzata nelle epoche che hanno preceduto la nascita del Redentore e,
dopo di essa, nelle regioni non ancora raggiunte dal Vangelo. In questa si-
tuazione, la filosofia manifesta la legittima aspirazione ad essere unimpresa
25
autonoma, che procede cio secondo le leggi sue proprie, avvalendosi delle
sole forze della ragione. Pur nella consapevolezza dei gravi limiti dovuti alla
congenita debolezza dellumana ragione, questa aspirazione va sostenuta e
rafforzata. Limpegno filosofico, infatti, quale ricerca della verit nellambito
naturale, rimane almeno implicitamente aperto al soprannaturale.
Di pi: anche quando lo stesso discorso teologico ad avvalersi di concetti e
argomenti filosofici, lesigenza di corretta autonomia del pensiero va rispet-
tata. Largomentazione sviluppata secondo rigorosi criteri razionali, infatti,
garanzia del raggiungimento di risultati universalmente validi. Si verifica an-
che qui il principio secondo cui la grazia non distrugge, ma perfeziona la na-
tura: lassenso di fede, che impegna lintelletto e la volont, non distrugge
ma perfeziona il libero arbitrio di ogni credente che accoglie in s il dato ri-
velato.
Da questa corretta istanza si allontana in modo netto la teoria della cosiddet-
ta filosofia separata, perseguita da parecchi filosofi moderni. Pi che laffer-
mazione della giusta autonomia del filosofare, essa costituisce la rivendica-
zione di una autosufficienza del pensiero che si rivela chiaramente illegitti-
ma: rifiutare gli apporti di verit derivanti dalla rivelazione divina significa
infatti precludersi laccesso a una pi profonda conoscenza della verit, a
danno della stessa filosofia.
76. Un secondo stato della filosofia quello che molti designano con le-
spressione filosofia cristiana. La denominazione di per s legittima, ma non
deve essere equivocata: non si intende con essa alludere ad una filosofia uffi-
ciale della Chiesa, giacch la fede non come tale una filosofia. Con questo
appellativo si vuole piuttosto indicare un filosofare cristiano, una speculazio-
ne filosofica concepita in unione vitale con la fede. Non ci si riferisce quindi
semplicemente ad una filosofia elaborata da filosofi cristiani, i quali nella loro
ricerca non hanno voluto contraddire la fede. Parlando di filosofia cristiana si
intendono abbracciare tutti quegli importanti sviluppi del pensiero filosofico
che non si sarebbero realizzati senza lapporto, diretto o indiretto, della fede
cristiana.
Due sono, pertanto, gli aspetti della filosofia cristiana: uno soggettivo, che
consiste nella purificazione della ragione da parte della fede. Come virt
teologale, essa libera la ragione dalla presunzione, tipica tentazione a cui i fi-
losofi sono facilmente soggetti. Gi san Paolo e i Padri della Chiesa e, pi
vicino a noi, filosofi come Pascal e Kierkegaard lhanno stigmatizzata. Con
lumilt, il filosofo acquista anche il coraggio di affrontare alcune questioni
che difficilmente potrebbe risolvere senza prendere in considerazione i dati
26
ricevuti dalla Rivelazione. Si pensi, ad esempio, ai problemi del male e della
sofferenza, allidentit personale di Dio e alla domanda sul senso della vita o,
pi direttamente, alla domanda metafisica radicale: Perch vi qualcosa?.
Vi poi laspetto oggettivo, riguardante i contenuti: la Rivelazione propone
chiaramente alcune verit che, pur non essendo naturalmente inaccessibili
alla ragione, forse non sarebbero mai state da essa scoperte, se fosse stata ab-
bandonata a s stessa. In questo orizzonte si situano questioni come il con-
cetto di un Dio personale, libero e creatore, che tanto rilievo ha avuto per
lo sviluppo del pensiero filosofico e, in particolare, per la filosofia dellessere.
A questambito appartiene pure la realt del peccato, cos comessa appare
alla luce della fede, la quale aiuta a impostare filosoficamente in modo ade-
guato il problema del male. Anche la concezione della persona come essere
spirituale una peculiare originalit della fede: lannuncio cristiano della di-
gnit, delluguaglianza e della libert degli uomini ha certamente influito sul-
la riflessione filosofica che i moderni hanno condotto. Pi vicino a noi, si
pu menzionare la scoperta dellimportanza che ha anche per la filosofia le-
vento storico, centro della Rivelazione cristiana. Non a caso, esso diventa-
to perno di una filosofia della storia, che si presenta come un nuovo capitolo
della ricerca umana della verit.
Tra gli elementi oggettivi della filosofia cristiana rientra anche la necessit di
esplorare la razionalit di alcune verit espresse dalla Sacra Scrittura, come la
possibilit di una vocazione soprannaturale delluomo ed anche lo stesso
peccato originale. Sono compiti che provocano la ragione a riconoscere che
vi del vero e del razionale ben oltre gli stretti confini entro i quali essa sa-
rebbe portata a rinchiudersi. Queste tematiche allargano di fatto lambito del
razionale.
Speculando su questi contenuti, i filosofi non sono diventati teologi, in
quanto non hanno cercato di comprendere e di illustrare le verit della fede
a partire dalla Rivelazione. Hanno continuato a lavorare sul loro proprio
terreno e con la propria metodologia puramente razionale, ma allargando la
loro indagine a nuovi ambiti del vero. Si pu dire che, senza questo influsso
stimolante della parola di Dio, buona parte della filosofia moderna e con-
temporanea non esisterebbe. Il dato conserva tutta la sua rilevanza, pur di
fronte alla deludente costatazione dellabbandono dellortodossia cristiana da
parte di non pochi pensatori di questi ultimi secoli.
77. Un altro stato significativo della filosofia si ha quando la stessa teologia
a chiamare in causa la filosofia. In realt, la teologia ha sempre avuto e conti-
nua ad avere bisogno dellapporto filosofico. Essendo opera della ragione
27
critica alla luce della fede, il lavoro teologico presuppone ed esige in tutto il
suo indagare una ragione concettualmente e argomentativamente educata e
formata. La teologia, inoltre, ha bisogno della filosofia come interlocutrice
per verificare lintelligibilit e la verit universale dei suoi asserti. Non a caso
furono filosofie non cristiane ad essere assunte dai Padri della Chiesa e dai
teologi medievali a tale funzione esplicativa. Questo fatto storico indica il
valore dellautonomia che la filosofia conserva anche in questo suo terzo sta-
to, ma insieme mostra le trasformazioni necessarie e profonde che essa deve
subire.
E proprio nel senso di un apporto indispensabile e nobile che la filosofia fu
chiamata fin dallet patristica ancilla theologiae. Il titolo non fu applicato per
indicare una servile sottomissione o un ruolo puramente funzionale della fi-
losofia nei confronti della teologia. Fu utilizzato piuttosto nel senso in cui
Aristotele parlava delle scienze esperienziali quali ancelle della filosofia
prima. Lespressione, oggi difficilmente utilizzabile in forza dei principi di
autonomia a cui si fatto cenno, servita nel corso della storia per indicare
la necessit del rapporto tra le due scienze e limpossibilit di una loro sepa-
razione.
Se il teologo si rifiutasse di avvalersi della filosofia, rischierebbe di far filoso-
fia a sua insaputa e di rinchiudersi in strutture di pensiero poco adatte allin-
telligenza della fede. Il filosofo, da parte sua, se escludesse ogni contatto con
la teologia, si sentirebbe in dovere di impadronirsi per conto proprio dei
contenuti della fede cristiana, come avvenuto con alcuni filosofi moderni.
In un caso come nellaltro, si profilerebbe il pericolo della distruzione dei
principi basilari di autonomia che ogni scienza giustamente vuole garantiti.
Lo stato della filosofia qui considerato, per le implicanze che comporta nel-
lintelligenza della Rivelazione, si colloca insieme alla teologia pi diretta-
mente sotto lautorit del Magistero e del suo discernimento, come ho pre-
cedentemente esposto. Dalle verit di fede, infatti, derivano determinate esi-
genze che la filosofia deve rispettare nel momento in cui entra in rapporto
con la teologia.
78. Alla luce di queste riflessioni, ben si comprende perch il Magistero ab-
bia ripetutamente lodato i meriti del pensiero di san Tommaso e lo abbia
posto come guida e modello degli studi teologici. Ci che interessava non
era prendere posizione su questioni propriamente filosofiche, n imporre la-
desione a tesi particolari. Lintento del Magistero era, e continua ad essere,
quello di mostrare come san Tommaso sia un autentico modello per quanti
ricercano la verit. Nella sua riflessione, infatti, lesigenza della ragione e la
28
forza della fede hanno trovato la sintesi pi alta che il pensiero abbia mai
raggiunto, in quanto egli ha saputo difendere la radicale novit portata dalla
Rivelazione senza mai umiliare il cammino proprio della ragione.
(...)
106. Il mio appello, inoltre, va ai filosofi e a quanti insegnano la filosofia,
perch abbiano il coraggio di ricuperare, sulla scia di una tradizione filosofica
perennemente valida, le dimensioni di autentica saggezza e di verit, anche
metafisica, del pensiero filosofico. Si lascino interpellare dalle esigenze che
scaturiscono dalla parola di Dio ed abbiano la forza di condurre il loro di-
scorso razionale ed argomentativo in risposta a tale interpellanza. Siano sem-
pre protesi verso la verit e attenti al bene che il vero contiene. Potranno in
questo modo formulare quelletica genuina di cui lumanit ha urgente biso-
gno, particolarmente in questi anni. La Chiesa segue con attenzione e sim-
patia le loro ricerche; siano pertanto sicuri del rispetto che essa conserva per
la giusta autonomia della loro scienza. Vorrei incoraggiare, in particolare, i
credenti che operano nel campo della filosofia, perch illuminino i diversi
ambiti dellattivit umana con lesercizio di una ragione che si fa pi sicura e
acuta per il sostegno che riceve dalla fede.
29
II.
RAPPORTO SCIENZA, FILOSOFIA E TEOLOGIA
QUESTIONI EPISTEMOLOGICHE
A) Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes,
sulla Chiesa nel mondo attuale (1965)
36. (La legittima autonomia delle realt terrene). Molti nostri contempora-
nei, per, sembrano temere che, se si fanno troppo stretti i legami tra attivit
umana e religione, venga impedita lautonomia degli uomini, delle societ,
delle scienze.
Se per autonomia delle realt terrene intendiamo che le cose create e le stes-
se societ hanno leggi e valori propri, che luomo gradatamente deve scopri-
re, usare e ordinare, allora si tratta di unesigenza legittima, che non solo
postulata dagli uomini del nostro tempo, ma anche conforme al volere del
Creatore. Infatti dalla stessa loro condizione di creature che le cose tutte
ricevono la loro propria consistenza, verit, bont, le loro leggi proprie e il
loro ordine; e tutto ci luomo tenuto a rispettare, riconoscendo le esigen-
ze di metodo proprie di ogni singola scienza o arte. Perci la ricerca metodi-
ca di ogni disciplina, se procede in maniera veramente scientifica e secondo
le norme morali non sar mai in reale contrasto con la fede, perch le realt
profane e le realt della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si
sforza con umilt e con perseveranza di scandagliare i segreti della realt, an-
che senza che egli se ne avverta viene come condotto dalla mano di Dio, il
quale, mantenendo in esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono. A
questo punto, ci sia concesso di deplorare certi atteggiamenti mentali, che
talvolta non mancano nemmeno tra i cristiani, derivati dal non avere suffi-
cientemente percepito la legittima autonomia della scienza, e che, suscitando
contese e controversie, trascinarono molti spiriti a tal punto da ritenere che
scienza e fede si oppongano tra loro.
Se invece con lespressione autonomia delle realt temporali si intende che
le cose create non dipendono da Dio, che luomo pu adoperarle senza rife-
30
rirle al Creatore, allora tutti quelli che credono in Dio avvertono quanto fal-
se siano tali opinioni. La creatura, infatti, senza il Creatore svanisce. Del re-
sto tutti coloro che credono, a qualunque religione appartengano, hanno
sempre inteso la voce e la manifestazione di lui nel linguaggio delle creature.
Anzi, loblio di Dio priva di luce la creatura stessa.
57. (Fede e cultura). I cristiani, in cammino verso la citt celeste, devono ri-
cercare e gustare le cose di lass; questo tuttavia non diminuisce, ma anzi
aumenta limportanza del loro dovere di collaborare con tutti gli uomini per
la costruzione di un mondo pi umano. E in verit il mistero della fede cri-
stiana offre loro eccellenti stimoli e aiuti per assolvere con maggiore impe-
gno questo compito e specialmente per scoprire il pieno significato di que-
stopera, mediante la quale la cultura umana acquisti il suo posto privilegiato
nella vocazione integrale delluomo.
Luomo infatti, quando coltiva la terra col lavoro delle sue braccia o con la-
iuto della tecnica, affinch essa produca frutto e diventi una dimora degna
delluniversale famiglia umana, e quando partecipa consapevolmente alla vita
dei gruppi sociali, attua il disegno di Dio, manifestato allinizio dei tempi, di
assoggettare la terra e di perfezionare la creazione, e coltiva se stesso; nello
stesso tempo mette in pratica il grande comandamento di Cristo di prodigar-
si al servizio dei fratelli.
Luomo inoltre, applicandosi allo studio delle varie discipline quali la filoso-
fia, la storia, la matematica, le scienze naturali, e occupandosi di arte, pu
contribuire moltissimo ad elevare la famiglia umana a pi alti concetti del
vero, del bene e del bello e ad un giudizio di universale valore: in tal modo
questa sar pi vivamente illuminata da quella mirabile Sapienza, che dalle-
ternit era con Dio, disponendo con lui ogni cosa, ricreandosi nellorbe ter-
restre e trovando le sue delizie nello stare con i figli degli uomini.
Per ci stesso lo spirito umano, pi libero dalla schiavit delle cose, pu in-
nalzarsi pi speditamente al culto e alla contemplazione del Creatore. Anzi
sotto limpulso della grazia, si dispone a riconoscere il Verbo di Dio, che
prima di farsi carne per salvare e ricapitolare in se stesso tutte le cose, gi era
nel mondo come *luce vera che illumina ogni uomo+ (Gv 1,9).
Certo, lodierno progresso delle scienze e della tecnica, che in forza del loro
metodo non possono penetrare nelle intime ragioni delle cose, pu favorire
un certo fenomenismo e agnosticismo, quando il metodo di investigazione
di cui fanno uso queste scienze, viene innalzato a torto a norma suprema di
ricerca della verit totale. Anzi, vi il pericolo che luomo, troppo fidandosi
31
delle odierne scoperte, pensi di bastare a se stesso e pi non cerchi cose pi
alte.
Questi fatti deplorevoli per non scaturiscono necessariamente dalla cultura
odierna, n devono indurci nella tentazione di non riconoscere i suoi valori
positivi. Fra questi si annoverano: lo studio delle scienze e la rigorosa fedelt
al vero nellindagine scientifica, la necessit di collaborare con gli altri nei
gruppi tecnici specializzati, il senso della solidariet internazionale, la co-
scienza sempre pi viva della responsabilit degli esperti nellaiutare e anzi
proteggere gli uomini, la volont di rendere pi felici le condizioni di vita
per tutti, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della re-
sponsabilit personale o per la povert culturale. Tutto questo pu in qual-
che modo essere una preparazione a ricevere lannunzio del Vangelo; prepa-
razione che pu essere informata dalla divina carit di colui che venuto a
salvare il mondo.
B) Giovanni Paolo II, 10 Novembre 1979. Commemorazione di
Albert Einstein - Citt del Vaticano (Roma). Armonia fra le verit
della scienza e le verit della fede
2. La ricerca della verit il compito della scienza fondamentale. Il
ricercatore che si muove su questo primo versante della scienza sente tutto il
fascino delle parole di santAgostino: Intellectum valde ama (S. Agostino,
Epist. 120, 3, 13: PL 33, 459), ama molto lintelligenza e la funzione che
le propria di conoscere la verit. La scienza pura un bene, degno di
essere molto amato, perch conoscenza e quindi perfezione del-
luomo nella sua intelligenza: essa deve essere onorata per se stessa,
ancor prima delle sue applicazioni tecniche, come parte integrante
della cultura.
(...)
5. La collaborazione di religione e scienza torna a vantaggio dellu-
na e dellaltra, senza violare in nessun modo le rispettive autono-
mie. Come la religione richiede la libert religiosa, cos la scienza rivendica
legittimamente la libert della ricerca. Il Concilio ecumenico Vaticano II,
dopo aver riaffermato col Concilio Vaticano I la giusta libert delle arti e
delle discipline umane, operanti nellambito dei propri principi e
del proprio metodo, riconosce solennemente la legittima autono-
mia della cultura e specialmente delle scienze (Gaudium et Spes,
59). Nelloccasione di questa solenne commemorazione di Einstein desidero
32
riconfermare le affermazioni conciliari sullautonomia della scienza nella
sua funzione di ricerca della verit scritta nel creato dal dito di
Dio. Piena dammirazione per il genio del grande scienziato, in cui si rivela
limpronta dello Spirito creatore, la Chiesa, senza interferire in alcun
modo, e con un giudizio che non le compete, sulla dottrina con-
cernente i massimi sistemi delluniverso, la propone per alla ri-
flessione di teologi, per scoprire larmonia esistente tra la verit
scientifica e la verit rivelata.
6. Signor Presidente! Lei nel suo discorso ha detto giustamente che Galileo e
Einstein hanno caratterizzato unepoca. La grandezza di Galileo a tutti
nota, come quella di Einstein; ma a differenza di questi, che oggi onoriamo
di fronte al Collegio cardinalizio nel nostro palazzo apostolico, il primo
ebbe molto a soffrire - non possiamo nasconderlo - da parte di uo-
mini e organismi di Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha riconosciuto
e deplorato certi indebiti interventi: Ci sia concesso di deplorare -
scritto al n. 36 della costituzione conciliare Gaudium et Spes - certi atteg-
giamenti mentali, che talvolta non mancarono nemmeno tra i cristiani, deri-
vati dal non avere sufficientemente percepito la legittima autonomia della
scienza, e che, suscitando contese e controversie, trascinarono molti spiriti a
tal punto da ritenere che scienza e fede si oppongano tra loro. Il riferimento
a Galileo reso esplicito dalla nota aggiunta, che cita il volume Vita e opere
di Galileo Galilei, di Monsignor Paschini, edito dalla Pontificia Accademia
delle Scienze.
A ulteriore sviluppo di quella presa di posizione del Concilio, io auspico che
teologi, scienziati e storici, animati da uno spirito di sincera collaborazione,
approfondiscano lesame del caso Galileo e, nel leale riconoscimento dei
torti, da qualunque parte provengano, rimuovano le diffidenze che
quel caso tuttora frappone, nella mente di molti, alla fruttuosa
concordia tra scienza e fede, tra Chiesa e mondo. A questo compito
che potr onorare la verit della fede e della scienza, e di schiudere la porta a
future collaborazioni, io assicuro tutto il mio appoggio.
(...)
8. Galileo ha enunciato delle importanti norme di carattere episte-
mologico indispensabili per accordare la Sacra Scrittura con la
scienza. Nella Lettera alla Granduchessa Madre di Toscana, Cristina di Lo-
rena, Galileo riafferma la verit della Scrittura: Non poter mai la Sacra
Scrittura mentire, tutta volta che sia penetrato il suo vero sentimento, il qual
non credo che si possa negare essere molte volte recondito e molto diverso
33
da quello che suona il puro significato delle parole (Edition Nationale des
oeuvres de Galile, vol. V, p. 315). Galileo introduce il principio di una
interpretazione dei libri sacri, al di l anche del senso letterale, ma
conforme allintento e al tipo di esposizione propri di ognuno di
essi. necessario, come egli afferma, che i saggi espositori ne produchino i
veri sensi.
C) Giovanni Paolo II, 15 novembre 1980. Incontro con gli scien-
ziati e gli studenti nella cattedrale di Colonia
2. Lincontro odierno deve essere inteso come un segno della disponibilit al
dialogo tra la scienza e la Chiesa. La stessa ricorrenza odierna, come pure il
luogo in cui ci troviamo, conferiscono a questo incontro unimportanza par-
ticolare. Settecento anni or sono, come oggi, moriva in un convento dei
domenicani, non distante da questo duomo (alla cui fondazione egli stesso
era stato presente), Alberto il tedesco, come i contemporanei lo chiama-
rono, e al quale, unico tra i dotti, i posteri diedero il soprannome di Ma-
gno.
Alberto esercit nel suo tempo una molteplice attivit come religioso e pre-
dicatore, come superiore religioso, come Vescovo e mediatore di pace nella
propria citt di Colonia. Ma si conquist grandezza di fronte alla storia del
mondo come ricercatore e scienziato che seppe padroneggiare egregiamente
il sapere del suo tempo, riorganizzandolo in una nuova poderosa sintesi vita-
le. Gi i suoi contemporanei riconobbero in lui lauctor, liniziatore e il
promotore della scienza. I posteri lo definirono il doctor universalis. La
Chiesa si richiama a lui - essa che lo enumera tra i suoi santi - come uno dei
suoi dottori, e sotto tale titolo lo onora nella liturgia.
Il nostro ricordo di Alberto Magno non deve per essere solo un atto di do-
vuta piet. Pi importante riattualizzare il senso essenziale della sua opera,
cui dobbiamo riconoscere unimportanza fondamentale e perenne. Gettiamo
brevemente uno sguardo alla situazione storico-culturale dellepoca di Al-
berto. Essa contrassegnata dalla riscoperta crescente della letteratura aristo-
telica e della scienza araba. Loccidente cristiano fino ad allora aveva tenuto
desta e sviluppata scientificamente la tradizione dellantichit cristiana. Ora
essa si incontra in una visione complessiva del mondo non cristiana, fondata
unicamente su una razionalit profana. Molti pensatori cristiani, dei quali al-
cuni rinomati, videro in tale fatto soprattutto un pericolo. Ritennero di do-
ver difendere contro di esso lidentit storica della tradizione cristiana. Dal-
34
tro lato, vi furono persone e gruppi radicali che, giudicando insolubile il
conflitto tra razionalit scientifica e verit di fede, fecero le loro scelte a fa-
vore di questa scientificit.
Tra questi due estremi Alberto percorre la via di mezzo: viene riconosciuta
listanza di verit di una scienza razionalmente fondata; anzi, essa viene ac-
cettata nei contenuti, completata, corretta e sviluppata nella sua intrinseca
esigenza di razionalit. E proprio in questo modo viene resa patrimonio del
mondo cristiano. Questi a sua volta vede enormemente arricchita la propria
comprensione del mondo, senza per ci rinnegare alcun elemento essenziale
della propria tradizione e soprattutto nessuno dei fondamenti della propria
fede. Infatti, tra una ragione, che in conformit con la propria natura che le
proviene da Dio ordinata alla verit ed abilitata alla conoscenza del vero,
e una fede, che si rif alla stessa sorgente divina di ogni verit, non pu in-
sorgere alcun conflitto di fondo. La fede conferma anzi i diritti propri della
ragione naturale. Essa li presuppone. Infatti la sua accettazione presuppone
quella libert che propria solo di un essere razionale. Con ci appare per
anche che fede e scienza appartengono a due ordini diversi di conoscenza,
che non sono sovrapponibili. In questo si rivela inoltre che la ragione non
pu tutto da sola; essa finita. Essa deve concretizzarsi in una molteplicit di
conoscenze parziali, si esplica in una pluralit di scienze singole. Essa pu
cogliere lunit, che lega il mondo e la verit alla loro origine solo allinterno
di modi parziali di conoscenza. Anche la filosofia e la teologia sono, in
quanto scienze, tentativi limitati che possono cogliere lunit complessa della
verit unicamente nella diversit, vale a dire allinterno di un intreccio di co-
noscenze aperte e complementari.
Lo ripetiamo: Alberto riconosce larticolarsi della scienza razionale in un
complesso di ordine di conoscenze diverse, ove essa trova conferma della sua
natura peculiare ed insieme si scopre orientata verso le mete proprie della
fede. In questo modo Alberto ha concretizzato lo statuto di una intellettuali-
t cristiana, i cui principi fondamentali sono da ritenersi ancor oggi validi.
N noi sminuiamo limportanza di tale apporto, quando affermiamo: lopera
di Alberto da un punto di vista contenutistico legata al proprio tempo ed
appartiene pertanto alla storia. La sintesi da lui maturata riveste infatti un
carattere esemplare, per cui facciamo bene a richiamarne alla memoria i
principi fondamentali, ogni qual volta vogliamo affrontare gli interrogativi
odierni posti dalla scienza, dalla fede e dalla Chiesa.
3. Molti individuano il nocciolo di questi interrogativi nel rapporto tra la
Chiesa e le moderne scienze naturali, ed essi sentono ancora il peso di quei
35
famosi conflitti, sorti per linterferenza di istanze religiose nel processo di
sviluppo della conoscenza scientifica. La Chiesa si ricorda di ci con ramma-
rico, poich oggi ci rendiamo conto degli errori e delle deficienze di questi
modi di procedere. Possiamo oggi affermare che essi sono stati superati: gra-
zie alla forza di persuasione della scienza, grazie soprattutto al lavoro di una
teologia scientifica, che approfondendo la comprensione della fede lha libe-
rata dai condizionamenti del tempo. Il magistero ecclesiastico, fin dal Conci-
lio Vaticano I, ed ultimamente in forma esplicita nel Vaticano II (cf. Gau-
dium et Spes, 36), ha pi volte richiamato alla memoria quei principi, che gi
si possono rintracciare nellopera di Alberto Magno. Egli ha esplicitamente
affermato la distinzione degli ordini di conoscenza tra la fede e la ragione, ha
riconosciuto lautonomia e lindipendenza delle scienze e ha preso posizione
a favore della libert della ricerca. Noi non temiamo, anzi escludiamo, che
una scienza, la quale si fondi su motivi razionali e proceda con seriet meto-
dologica, giunga a conoscenze che entrino in conflitto con la verit di fede.
Questo pu accadere soltanto quando la distinzione degli ordini di cono-
scenza viene trascurata oppure negata.
Questo esame, che dovrebbe essere effettuato dagli scienziati, potrebbe aiu-
tare a superare il peso storico del rapporto tra Chiesa e scienza e favorire un
dialogo da pari a pari, cosa che gi spesso si verifica nella pratica. Non si trat-
ta daltronde soltanto di un superamento del passato, bens di nuovi proble-
mi, che derivano dal ruolo delle scienze nellodierna cultura universale.
La conoscenza scientifica ha condotto ad una radicale trasformazione della
tecnica umana. Per conseguenza le condizioni della vita umana su questa
terra sono mutate in modo enorme ed anche ampiamente migliorate. Il pro-
gresso della conoscenza scientifica divenuto il motore di un generale pro-
gresso culturale. La trasformazione del mondo a livello tecnico apparsa a
molti come il senso e lo scopo della scienza. Nel frattempo accaduto che il
progredire della civilt non sempre segna il miglioramento delle condizioni
di vita. Vi sono conseguenze involontarie ed impreviste, che possono diven-
tare pericolose e nocive. Io richiamo soltanto il problema ecologico, sorto in
seguito al progredire dellindustrializzazione tecnico-scientifica. Nascono
cos seri dubbi sulla capacit del progresso, nel suo insieme, di servire luo-
mo. Tali dubbi si ripercuotono sulla scienza, intesa in senso tecnico. Il suo
senso, il suo obiettivo, il suo significato umano vengono messi in dubbio.
Un peso particolare acquista questo interrogativo di fronte allimpiego del
pensiero scientifico in rapporto alluomo. Le cosiddette scienze umane han-
no fornito sicuramente importanti e progredienti conoscenze nei confronti
36
dellattivit e del comportamento umano. Esse corrono per il pericolo in
una cultura determinata dalla tecnica, di essere utilizzate per manipolare
luomo, per scopi di dominazione economica e politica.
Se la scienza intesa essenzialmente come un fatto tecnico, allora la si pu
concepire come ricerca di quei processi che conducono ad un successo di
tipo tecnico. Come conoscenza ha valore quindi ci che conduce al suc-
cesso. Il mondo, a livello di dato scientifico, diviene un semplice complesso
di fenomeni manipolabili, loggetto della scienza una connessione funziona-
le, che viene analizzata soltanto in riferimento alla sua funzionalit. Una tale
scienza pu concepirsi soltanto come pura funzione. Il concetto di verit di-
venta quindi superfluo, anzi talvolta viene esplicitamente rifiutato. La stessa
ragione appare, in definitiva, come semplice funzione o come strumento di
un essere che trova il senso della sua esistenza fuori della conoscenza e della
scienza, nel migliore dei casi nella vita soltanto.
La nostra cultura, in tutti i suoi settori, impregnata di una scienza, che pro-
cede in modo largamente funzionalistico. Ci vale anche per il settore dei
valori e delle norme, degli orientamenti spirituali in genere. Proprio qui la
scienza si scontra con i propri limiti. Si parla di una crisi di legittimazione
della scienza, anzi di una crisi di orientamento dellintera nostra cultura
scientifica. Quale ne lessenza? La scienza da sola non in grado di dare
una risposta completa al problema dei significati, da cui posta in crisi. Le
affermazioni scientifiche sono sempre particolari. Esse si giustificano soltanto
in considerazione di un determinato punto di partenza, si situano in un pro-
cesso di sviluppo ed in esso sono correggibili e superabili. Ma soprattutto:
come potrebbe costituire il risultato di un punto di partenza scientifico un
qualcosa che prima ancora giustifica questo punto di partenza e che dunque
deve essere gi da esso presupposto?
La scienza da sola non in grado di rispondere al problema dei significati,
anzi non pu nemmeno situarlo nellambito del suo punto di partenza. E
daltronde questo problema dei significati non sopporta che la risposta venga
rinviata allinfinito. Se una diffusa fiducia nella scienza resta delusa, allora lo
stato danimo si muta facilmente in astio contro la scienza. In questo spazio
rimasto vuoto irrompono improvvisamente le ideologie. Esse si danno tal-
volta laria di scientificit, in realt attingono la loro forza di persuasione
dallo stringente bisogno di risposta al problema dei significati e allinteresse
di cambiamento sociale o politico. La scienza puramente funzionale, desti-
tuita di valore e di verit pu essere completamente asservita da queste ideo-
logie. Infine si riscontrano ancora nuove manifestazioni di superstizione, di
37
settarismo e le cosiddette nuove religioni la cui comparsa in stretta con-
nessione con la crisi di orientamento della cultura.
Queste false strade possono essere individuate ed evitate dalla fede. Ma la
crisi comune riguarda anche lo scienziato credente. Egli chiamato a chie-
dersi con quale spirito, con quale orientamento coltiva la sua scienza. Deve
assumersi il compito, immediatamente o mediatamente, di esaminare, in for-
ma costantemente rinnovata, il procedimento e lobiettivo della scienza sotto
laspetto del problema dei significati. Noi siamo corresponsabili di questa
cultura e siamo stimolati a cooperare al superamento della crisi.
4. In questa situazione la Chiesa non consiglia prudenza e ritegno, bens co-
raggio e decisione.
Non esiste motivo per non prendere posizione a favore della verit o di
averne timore. La verit e tutto ci che vero rappresenta un grande bene a
cui dobbiamo rivolgerci con amore e gioia. Anche la scienza una strada
verso il vero; poich in essa si sviluppa il dono di Dio nella ragione, che se-
condo la sua natura destinata non allerrore, ma alla verit della conoscen-
za.
Questo pu valere anche per la scienza orientata in senso tecnico-funziona-
le. riduttivo intendere la conoscenza soltanto come metodo per il succes-
so, mentre al contrario legittimo giudicare come prova della conoscenza
lesito che da essa consegue. Non possiamo guardare al mondo tecnico, ope-
ra delluomo, come ad un regno completamente estraniato dalla verit. Cos
pure questo mondo tuttaltro che privo di senso: vero invece che esso ha
migliorato in modo decisivo le condizioni di vita; e le difficolt, derivate da
effetti deteriori nello sviluppo della civilt tecnica, non giustificano la di-
menticanza dei beni che questo stesso progresso ha apportato.
Non esiste alcun motivo per concepire la cultura tecnico-scientifica in op-
posizione con il mondo della creazione di Dio. chiaro senza alcun dubbio
che la conoscenza tecnica pu essere adoperata per il bene come anche per il
male. Chi indaga sugli effetti dei veleni, potr utilizzare questa conoscenza
per guarire come anche per uccidere. Ma non ci possono essere dubbi ri-
guardo alla direzione verso cui guardare per distinguere il bene dal male.
La scienza tecnica, diretta alla trasformazione del mondo, si giustifica in base
al servizio che reca alluomo e allumanit.
Non si pu dire che il progresso abbia oltrepassato i propri limiti fin quando
molti uomini, anzi interi popoli vivranno ancora in condizioni di oppressio-
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ne e di conculcamento della dignit umana, condizioni che con laiuto della
conoscenza tecnico-scientifica potrebbero essere migliorate. Davanti a noi si
profilano ancora compiti enormi, cui non possiamo sottrarci. Il loro adempi-
mento rappresenta un servizio fraterno per il nostro prossimo, cui dobbiamo
questo impegno, cos come al bisognoso dovuta lopera della carit, che
viene in soccorso della sua necessit.
Noi prestiamo al nostro prossimo un servizio fraterno, perch riconosciamo
in lui quella dignit, propria di un essere morale; parliamo di dignit perso-
nale. La fede ci insegna che la prerogativa fondamentale delluomo consiste
nellessere immagine di Dio. La tradizione cristiana aggiunge che luomo ha
valore per se stesso, e non mezzo per qualche altro fine. Perci la dignit
personale delluomo rappresenta listanza, su cui va giudicato ogni impiego
culturale della conoscenza tecnico-scientifica. Il che acquista una particolare
importanza, in un tempo in cui luomo diviene sempre pi materia di ricer-
ca ed oggetto di tecniche umane. Non si tratta ancora in s di un modo di
procedere illecito, perch luomo anche natura. Evidentemente sorgono
qui pericoli e problemi, che a motivo degli effetti planetari della civilt tec-
nica pongono gi oggi la maggior parte dei popoli di fronte a compiti total-
mente nuovi. Questi pericoli e problemi sono da lungo tempo oggetto di
discussione a livello internazionale. Ci dimostra lalto grado di consapevo-
lezza e di responsabilit della scienza odierna, che si fa carico di questi fon-
damentali problemi e si preoccupa di risolverli attraverso mezzi scientifici.
Le scienze umane e sociali, ma anche le scienze delle culture, non ultime la
filosofia e la teologia, hanno in molteplici modi stimolato la riflessione del-
luomo moderno su se stesso e sulla sua esistenza in un mondo dominato
dalla scienza e dalla tecnica. Lo spirito della scienza moderna, che incentiva
lo sviluppo delle scienze odierne, si pure prefisso come scopo lanalisi
scientifica delluomo e del suo mondo vitale, a livello sociale e culturale.
Inoltre stata messa in luce una quasi incalcolabile ricchezza di conoscenze,
che si ripercuotono ad un tempo sulla vita pubblica e privata. Il sistema so-
ciale degli odierni stati, lorganizzazione sanitaria ed educativa, i processi
economici e le attivit culturali sono tutte realt in diverso modo segnate
dallinflusso di queste scienze. Ma indispensabile che la scienza non renda
schiavo luomo. Anche nella cultura della tecnica luomo, conforme alla sua
dignit, deve rimanere libero; anzi, il senso di questa cultura deve tendere a
garantire alluomo una sempre maggiore libert.
Non soltanto la fede che offre la percezione della dignit personale del-
luomo e della sua importanza decisiva. Anche la ragione naturale la pu in-
39
tuire, in quanto essa sa distinguere il vero dal falso, il buono dal cattivo e sa
pure riconoscere la libert come condizione fondamentale dellesistenza
umana. un segno incoraggiante, che si va estendendo a livello internazio-
nale. Il concetto dei diritti delluomo non significa nientaltro, e ad esso non
possono sfuggire nemmeno coloro che, con le loro azioni, di fatto, vi si op-
pongono.
Aumentano pure le voci di coloro che non vogliono accontentarsi del limite
immanente delle scienze e che pongono interrogativi riguardo ad una verit
totale, ove la vita umana trovi il suo esaudimento. come se il sapere e la
ricerca scientifica si protendessero verso linfinito, e proprio per questo si ri-
piegassero di nuovo inappagate verso le proprie origini: lantico problema
del legame tra scienza e fede non appare superato in seguito allo sviluppo
delle scienze moderne, al contrario esso manifesta in un mondo sempre pi
impregnato di scienza la sua piena vitale importanza.
5. Abbiamo finora parlato prevalentemente della scienza che sta a servizio
della cultura e conseguentemente delluomo. Sarebbe tuttavia troppo poco
limitarsi a questo aspetto. Proprio di fronte alla crisi dobbiamo ricordarci che
la scienza non solo servizio per altri fini. La conoscenza della verit ha sen-
so per se stessa. Essa attuazione di carattere umano e personale, un bene
umano di primordine. La pura teoria essa stessa una modalit della
prassi umana, e il credente in attesa di una prassi suprema, che lo uni-
sca per sempre a Dio: quella prassi che visione, e quindi anche teoria.
Abbiamo parlato di crisi di legittimazione della scienza. Certo, la scienza
ha un suo senso e una sua giustificazione quando la si riconosce capace di
conoscere la verit e quando la verit riconosciuta come un bene umano.
Allora si giustifica anche lesigenza della libert della scienza; in che modo
infatti potrebbe realizzarsi un bene umano, se non mediante la libert? La
scienza deve essere libera anche nel senso che la sua attuazione non venga
determinata da fini immediati, da bisogni sociali o da interessi economici.
Questo non significa per che per principio debba essere separata dalla
prassi. Soltanto che, per poter influire efficacemente sulla prassi, essa deve
ricevere la sua prima determinazione dalla verit, e quindi essere libera per la
verit.
Una scienza libera asservita unicamente alla verit non si lascia ridurre al
modello del funzionalismo o ad altro del genere, che limiti lambito cono-
scitivo della razionalit scientifica. La scienza deve essere aperta, anzi anche
multiforme, senza che perci si debba temere la perdita di un orientamento
unitario. Questo dato dal trinomio della ragione personale, della libert e
40
della verit, in cui la molteplicit delle attuazioni concrete viene fondata e
confermata.
Non esito affatto a collocare anche la scienza della fede nellorizzonte di una
razionalit cos intesa. La Chiesa auspica una ricerca teologica autonoma,
che non si identifica col magistero ecclesiastico, ma che si sa impegnata di
fronte ad esso nel comune servizio alla verit della fede e al Popolo di Dio.
Non da escludere che nascano tensioni e anche conflitti. Ma questo non
mai da escludere anche per quanto concerne il rapporto tra Chiesa e scienza.
Il motivo va ricercato nella finitezza della nostra ragione, limitata nella sua
estensione e pertanto esposta allerrore. Nondimeno possiamo sempre spera-
re in una soluzione di riconciliazione, se ci basiamo appunto sulla capacit di
questa stessa ragione di raggiungere la verit.
In unepoca passata, certi precursori della scienza moderna hanno combattu-
to contro la Chiesa inalberando i vessilli della ragione, della libert e del pro-
gresso. Oggi, di fronte alla crisi del significato della scienza, alle molteplici
minacce che insidiano la sua libert, e alla problematicit del progresso, i
fronti di lotta si sono invertiti. Oggi la Chiesa che prende le difese:
- della ragione e della scienza, riconoscendole la capacit di raggiungere la
verit, il che appunto la legittima quale attuazione dellumano;
- della libert della scienza, per cui questa possiede la sua dignit di un bene
umano e personale;
- del progresso a servizio di una umanit, che ne abbisogna per la sicurezza
della sua vita e della sua dignit.
Attuando questo compito, la Chiesa e tutti i cristiani si trovano immersi nel
dibattito di questo nostro tempo. Una soluzione adeguata delle pressanti
questioni sul senso dellesistenza umana, sulle norme dellagire, e sulle pro-
spettive di una speranza a lungo termine, possibile unicamente nel rinno-
vato collegamento tra il pensiero scientifico e la forza di fede delluomo che
cerca la verit. La ricerca di un nuovo umanesimo sul quale possa fondarsi
lavvenire del terzo millennio, potr avere successo solo a condizione che la
conoscenza scientifica entri nuovamente in rapporto vivo con la verit rive-
lata alluomo come dono di Dio. La ragione delluomo uno strumento
grandioso per la conoscenza e la strutturazione del mondo. Essa necessita
tuttavia, per mettere in opera lintera ricchezza delle possibilit umane, di
aprirsi alla parola della verit eterna, che in Cristo divenuta uomo.
41
Allinizio ho detto che il nostro incontro di oggi doveva essere un segno
della disponibilit al dialogo tra scienza e Chiesa. Da queste riflessioni non
forse emerso chiaramente quanto urgente sia questo dialogo? Ambedue le
parti lo devono proseguire con realismo, ascoltandosi a vicenda, e con perse-
veranza. Abbiamo bisogno luna dellaltra.
In questo duomo sono conservate e venerate le ossa dei magi, i quali agli al-
bori della nuova epoca, apertasi con lincarnazione di Dio, si misero in cam-
mino per rendere omaggio al vero Signore del mondo. Questi domini nei
quali si compendi il sapere del loro tempo, diventano quindi il modello di
ogni uomo che cerca la verit. La scienza, che la ragione conquista, trova il
suo compimento nelladorazione della verit divina. Luomo, che si incam-
mina verso questa verit, non soffre alcuna perdita della sua libert: al con-
trario, nella dedizione fiduciosa allo Spirito che ci stato promesso mediante
lopera redentrice di Ges Cristo, condotto alla libert totale e a una pie-
nezza di esistenza autenticamente umana.
Agli uomini di scienza, agli studenti universitari e a tutti voi, oggi qui con-
venuti, rivolgo un pressante invito e vi prego di avere sempre davanti agli
occhi, nelle vostre aspirazioni verso la conoscenza scientifica, il fine ultimo
del vostro lavoro e dellintera vostra vita. A questo scopo vi raccomando
particolarmente la virt della fortezza, la quale difende la scienza in un mon-
do segnato dal dubbio, dal vuoto di verit e dal bisogno di significati, e della
umilt, mediante la quale noi riconosciamo la finitezza della ragione dinanzi
alla verit che la trascende. Sono queste le virt di Alberto Magno.
D) Giovanni Paolo II, 3 Ottobre 1981. Alla Pontificia Accademia
delle Scienze - Citt del Vaticano (Roma). La saggezza delluma-
nit accompagni sempre la ricerca scientifica
La cosmogonia e la cosmologia hanno sempre suscitato un grande interesse
presso i popoli e nelle religioni. La Bibbia stessa ci parla dellorigine
delluniverso e della sua struttura, non per darci un trattato scienti-
fico, ma per precisare i giusti rapporti delluomo con Dio e con
luniverso. La Sacra Scrittura vuole semplicemente affermare che il mondo
stato creato da Dio, e per insegnare questa verit essa si esprime con i ter-
mini della cosmologia in uso ai tempi di colui che scrive. Il libro sacro vuole
inoltre far sapere agli uomini che il mondo non stato creato come seggio
degli dei, come insegnano altre cosmogonie e cosmologie, ma che esso
stato creato a servizio delluomo e per la gloria di Dio. Il resto dellinse-
42
gnamento sullorigine e la struttura delluniverso estraneo alle in-
tenzioni della Bibbia: questa non vuole insegnare come stato fat-
to il cielo, ma come si va al cielo.
Tutte le ipotesi scientifiche sullorigine del mondo, come quella di un ato-
mo primitivo dal quale deriverebbe linsieme delluniverso fisico, lascia aper-
to il problema concernente linizio delluniverso. La scienza da sola non
pu risolvere una simile questione: occorre sapere che luomo si
eleva al di sopra della fisica e dellastrofisica e questo si chiama
metafisica; occorre soprattutto riconoscere ci che ha origine dalla
rivelazione di Dio. Trenta anni fa, il 22 novembre 1951, il mio predeces-
sore Papa Pio XII, parlando del problema dellorigine delluniverso durante
la settimana di studi sul problema dei micro-sismi organizzata dalla Pontificia
Accademia delle Scienze, si espresse cos: Invano si attenderebbe una rispo-
sta dalle scienze naturali, che al contrario dichiarano lealmente di trovarsi
davanti ad un enigma insolubile. ugualmente certo che lo spirito umano
portato alla meditazione filosofica penetra pi profondamente il problema.
Non si pu negare che uno spirito illuminato ed arricchito dalle conoscenze
scientifiche moderne e che considera con serenit questo problema, con-
dotto ad abbattere il cerchio di una materia totalmente autonoma ed indi-
pendente - perch o increata o creatasi da sola - e a risalire fino ad uno Spi-
rito creatore. Con lo stesso sguardo limpido e critico con cui esamina e giu-
dica i fatti, egli vi intravede e riconosce lopera della Onnipotenza creatrice,
la cui virt, suscitata dal potente fiat pronunciato miliardi di anni fa dallo
Spirito creatore, si dilatata nelluniverso, chiamando allesistenza, in un ge-
sto di amore generoso, la materia traboccante denergia.
E) Giovanni Paolo II, 9 Maggio 1983. Ad un gruppo di scienziati -
Citt del Vaticano (Roma). Nessun limite sia posto alla nostra co-
mune ricerca del sapere
3. La Chiesa, anchessa, impara con lesperienza e la meditazione e com-
prende meglio ora il senso che bisogna dare alla libert di ricerca, come di-
cevo al rappresentanti delle universit spagnole, il 3 novembre 1982: La
Chiesa appoggia la libert della ricerca, uno degli attributi pi nobili delluo-
mo. Tramite la ricerca luomo giunge alla Verit: uno dei nomi pi belli che
Dio ha dato a se stesso. Perch la Chiesa convinta che non pu esserci
contraddizione reale tra scienza e fede, dal momento che tutta la realt pro-
cede in ultima istanza da Dio creatore. Cos stato affermato dal Concilio
Vaticano II (cfr. Gaudium et Spes, 36). Io stesso lho ricordato in varie oc-
43
casioni a uomini e donne di scienza. certo che scienza e fede costituiscono
due diversi ordini della conoscenza, autonomi nei loro processi, per infine
convergenti nella scoperta della realt integrale che trae origine da Dio (cfr.
Discorso nella Cattedrale di Colonia, 15 novembre 1980).
(...)
8. cos dallinterno, sicuramente, che la Chiesa si interessa ai vostri lavori.
Perch niente di ci che pu approfondire la nostra conoscenza delluomo,
della natura, delluniverso, ci pu lasciare indifferenti. Ogni progresso scien-
tifico, perseguito con rettitudine, onora lumanit ed un tributo al Creato-
re di tutte le cose. Le vostre ricerche costituiscono la continuazione dellam-
mirabile rivelazione che Dio ci ha offerto nella sua opera creatrice. La Chie-
sa non si volge innanzitutto verso le vostre scoperte per fondarvi facili argo-
menti apologetici per confortare i credenti. Essa cerca piuttosto, grazie a voi,
di ampliare lorizzonte della sua contemplazione e della sua ammirazione per
la trasparenza del Dio infinitamente potente che risplende nella sua creazio-
ne.
F) Giovanni Paolo II, Venerd 26 Aprile 1985. Al simposio Fede
ed evoluzione - Citt del Vaticano (Roma). Retta fede nella
creazione, retto insegnamento dellevoluzione
Per quanto riguarda laspetto puramente naturalistico della questione, gi il
mio indimenticato predecessore papa Pio XII richiamava lattenzione del
1950, nella sua enciclica Humani Generis, sul fatto che il dibattito sul
modello esplicativo di evoluzione non viene ostacolato dalla fede
se questa discussione rimane nel contesto del metodo naturalistico
e delle sue possibilit. Egli sottolinea il limite della portata di que-
sto metodo quando afferma che il magistero della Chiesa non vieta che in
conformit dellattuale stato delle scienze e della teologia, sia oggetto di ri-
cerche e di discussioni, da parte dei competenti in tutti e due i campi, la
dottrina dellevoluzionismo, in quanto cio essa fa ricerche sullorigine del
corpo umano, che proverrebbe da materia organica preesistente (la fede cat-
tolica ci obbliga a ritenere che le anime sono state create immediatamente da
Dio). Per questo deve essere fatto in tale modo che le ragioni delle due
opinioni, cio di quella favorevole e di quella contraria allevoluzionismo,
siano ponderate e giudicate con la necessaria seriet, moderazione e misura
(cfr. DS 3896). In base a queste considerazioni del mio predecessore,
non creano ostacoli una fede rettamente compresa nella creazione
44
o un insegnamento rettamente inteso dellevoluzione: levoluzione
infatti presuppone la creazione; la creazione si pone nella luce dellevoluzio-
ne come un avvenimento che si estende nel tempo - come una creatio
continua - in cui Dio diventa visibile agli occhi del credente come Creato-
re del cielo e della terra.
(...)
evidente che questo problema grave e urgente non pu essere ri-
solto senza filosofia. Spetta proprio alla filosofia sottoporre a un
esame critico la maniera in cui i risultati e le ipotesi vengono ac-
quisiti, differenziare da estrapolazioni ideologiche il rapporto tra
teorie e affermazioni singole, la collocazione delle affermazioni na-
turalistiche e la loro portata, in particolare il contenuto proprio
delle asserzioni naturalistiche.
G) Giovanni Paolo II, 1 Giugno 1988. Lettera al direttore della
Specola vaticana - Citt del Vaticano (Roma). La nostra conoscen-
za di Dio e della natura: fisica, filosofia e teologia
Tocchiamo ora un punto molto importante e delicato che richiede di esse-
re precisato con cura. Non si dice che la teologia debba assimilare indiscri-
minatamente ogni nuova teoria filosofica o scientifica. Tuttavia, dal momen-
to in cui questi risultati diventano patrimonio della cultura intellettuale del
tempo, i teologi devono comprenderli e metterne alla prova il valore colle-
splicitare alcune virtualit della fede cristiana che non sono state ancora
espresse. Per esempio, lilemorfismo della filosofia naturale di Aristotele, fu
adottato dai teologi medievali perch li aiutava ad esplorare la natura dei sa-
cramenti e lunione ipostatica. Questo non significava che la Chiesa ritenesse
vera o falsa lintuizione di Aristotele, trattandosi di materia fuori del suo in-
teresse. Significava solo che questa era una delle ricche intuizioni offerte dal-
la cultura greca, che essa aveva bisogno di essere capita, presa sul serio e
messa alla prova per la sua capacit di gettar luce in vari campi della teologia.
I teologi in rapporto alla scienza di oggi, alla filosofia e ad altri campi del co-
noscere, possono ben chiedersi se, anche essi, cos come fecero questi mae-
stri medievali, hanno saputo compiere un simile, cos difficile processo.
Come le antiche cosmologie del vicino Oriente poterono essere purificate e
assimilate nei primi capitoli del Genesi, non potrebbe la cosmologia con-
temporanea avere qualcosa da offrire alle nostre riflessioni sulla creazione?
Pu una prospettiva evoluzionistica contribuire a far luce sulla teologia an-
45
tropologica, sul significato della persona umana come imago Dei, sul pro-
blema della cristologia - e anche sullo sviluppo della dottrina stessa? Quali
sono, se ve ne sono, le implicazioni escatologiche della cosmologia contem-
poranea, specialmente alla luce dellimmenso futuro del nostro universo?
Pu il metodo teologico avvantaggiarsi facendo proprie le intuizioni della
metodologia scientifica e della filosofia della scienza?
Si potrebbero fare molte altre domande di questo tipo. Ma per continuare a
proporne si richiederebbe quella specie di intenso dialogo con la scienza
contemporanea che, generalmente parlando, mancato nei teologi impe-
gnati nella ricerca e nellinsegnamento. Ci comporterebbe che almeno al-
cuni teologi fossero sufficientemente competenti nelle scienze per poter fare
un uso genuino e creativo delle risorse offerte loro dalle teorie meglio affer-
mate. Una tale conoscenza li difenderebbe dalla tentazione di fare, a scopo
apologetico, un uso poco critico ed affrettato delle nuove teorie cosmologi-
che come quella del Big Bang. Cos pure li tratterrebbe dal non prendere
affatto in considerazione il contributo che tali teorie possono dare allappro-
fondimento della conoscenza nei campi tradizionali della ricerca teologica.
(...)
Il problema urgente. Gli sviluppi odierni della scienza provocano
la teologia molto pi profondamente di quanto fece nel XIII secolo
lintroduzione di Aristotele nellEuropa occidentale. Inoltre questi
sviluppi offrono alla teologia una risorsa potenziale importante.
Proprio come la filosofia aristotelica, per il tramite di eminenti
studiosi come san Tommaso dAquino, riusc finalmente a dar for-
ma ad alcune delle pi profonde espressioni della dottrina teologi-
ca, perch non potremmo sperare che le scienze di oggi, unita-
mente a tutte le forme del sapere umano, possano corroborare e
dar forma a quelle parti della teologia riguardanti i rapporti tra na-
tura, umanit e Dio?
H) Catechismo della Chiesa Cattolica (1992)
159 Fede e scienza. Anche se la fede sopra la ragione, non vi potr mai
essere vera divergenza tra fede e ragione: poich lo stesso Dio che rivela i
misteri e comunica la fede, ha anche deposto nello spirito umano il lume
della ragione, questo Dio non potrebbe negare se stesso, n il vero contrad-
dire il vero (Vat. I: DS 3017). Perci la ricerca metodica di ogni disciplina,
se procede in maniera veramente scientifica e secondo le norme morali, non
46
sar mai in reale contrasto con la fede, perch le realt profane e le realt
della fede hanno origine dal medesimo Dio. Anzi, chi si sforza con umilt e
perseveranza di scandagliare i segreti della realt, anche senza che egli se ne
avveda, viene come condotto dalla mano di Dio, il quale, mantenendo in
esistenza tutte le cose, fa che siano quello che sono (GS 36, 2).
341 La bellezza delluniverso. Lordine e larmonia del mondo creato ri-
sultano dalla diversit degli esseri e dalle relazioni esistenti tra loro. Luomo
le scopre progressivamente come leggi della natura. Esse sono oggetto del-
lammirazione degli scienziati. La bellezza della creazione riflette la bellezza
infinita del Creatore. Deve ispirare il rispetto e la sottomissione dellintelli-
genza e della volont delluomo.
1147 Dio parla alluomo attraverso la creazione visibile. Luniverso
materiale si presenta allintelligenza delluomo perch vi legga le tracce del
suo Creatore (cf. Sap 13, 1; Rm 1, 19-20; Atti 14, 17). La luce e la notte, il
vento e il fuoco, lacqua e la terra, lalbero e i frutti parlano di Dio, simbo-
leggiano ad un tempo la sua grandezza e la sua vicinanza.
2500 (...) Ancor prima di rivelarsi alluomo mediante parole di verit, Dio si
rivela a lui per mezzo del linguaggio universale della Creazione, opera della
sua Parola, della sua Sapienza: lordine e larmonia del cosmo che sia il bam-
bino sia lo scienziato sanno scoprire, la grandezza e la bellezza delle creature
fanno conoscere, per analogia, lAutore (cf. Sap 13,5), perch li ha creati lo
stesso Autore della bellezza (Sap 13,3).
I) Giovanni Paolo II, 31 Ottobre 1992. Sessione plenaria della Pon-
tificia Accademia delle Scienze - Citt del Vaticano. Appartiene
ormai al passato il doloroso malinteso sulla presunta opposizione
costitutiva tra scienza e fede
Nello sforzo di descrizione rigorosa e di formalizzazione dei dati dellespe-
rienza, luomo di scienza condotto a ricorrere a dei concetti metascientifici
il cui uso come esigito dalla logica del suo procedimento. Conviene preci-
sare con esattezza la natura di tali concetti, per evitare di procedere a delle
estrapolazioni indebite che leghino le scoperte strettamente scientifiche ad
una visione del mondo o a delle affermazioni ideologiche o filosofiche che
non ne sono affatto dei corollari. Si coglie qui limportanza della filoso-
fia che considera i fenomeni come anche la loro interpretazione.
47
necessario un lavoro di ulteriore interpretazione: questo preci-
samente loggetto della filosofia, che ricerca del senso globale dei
dati dellesperienza, e dunque ugualmente dei fenomeni raccolti ed
analizzati dalle scienze.
Ci si meraviglier forse che al termine di una settimana di studi dellAccade-
mia sul tema dellemergere della complessit nelle diverse scienze, io ritorni
sul caso Galileo. Non questo caso archiviato da tempo e gli errori com-
messi non sono stati riconosciuti?
Certo, questo vero. Tuttavia, i problemi soggiacenti a quel caso toc-
cano la natura della scienza come quella del messaggio della fede.
Non dunque da escludere che ci si trovi un giorno davanti ad
una situazione analoga, che richieder agli uni e agli altri una co-
scienza consapevole del campo e dei limiti delle rispettive compe-
tenze.
Una doppia questione sta al cuore del dibattito di cui Galileo fu il centro.
La prima di ordine epistemologico e concerne lermeneutica biblica. A
tal proposito, sono da rilevare due punti. Anzitutto, come la maggior parte
dei suoi avversari, Galileo non fa distinzione tra quello che lap-
proccio scientifico ai fenomeni naturali e la riflessione sulla natura,
di ordine filosofico, che esso generalmente richiama. per questo
che egli rifiut il suggerimento che gli era stato dato di presentare
come unipotesi il sistema di Copernico, fin tanto che esso non
fosse confermato da prove irrefutabili. Era quella, peraltro, unesi-
genza del metodo sperimentale di cui egli fu il geniale iniziatore.
Inoltre, la rappresentazione geocentrica del mondo era comunemente accet-
tata nella cultura del tempo come pienamente concorde con linsegnamento
della Bibbia, nella quale alcune espressioni, prese alla lettera, sembravano co-
stituire delle affermazioni di geocentrismo. Il problema che si posero
dunque i teologi dellepoca era quello della compatibilit dellelio-
centrismo e della Scrittura.
Cos la scienza nuova, con i suoi metodi e la libert di ricerca che
essi suppongono, obbligava i teologi ad interrogarsi sui loro criteri
di interpretazione della Scrittura. La maggior parte non seppe far-
lo.
Paradossalmente, Galileo, sincero credente, si mostr su questo punto pi
perspicace dei suoi avversari teologi. Se bene la Scrittura non pu errare,
48
scrive a Benedetto Castelli, potrebbe nondimeno talvolta errare alcuno de
suoi interpreti ed espositori, in vari modi (Lettera del 21 dicembre 1613, in
Edizione nazionale delle Opere di Galileo Galilei, dir. A. Favaro, riedizione
del 1968, vol. V, p. 282). Si conosce anche la sua lettera a Cristina di Lorena
(1615) che come un piccolo trattato di ermeneutica biblica (ivi, pp. 307-
348).
6. Possiamo gi qui formulare una prima conclusione. Lirruzione di una
nuova maniera di affrontare lo studio dei fenomeni naturali impo-
ne una chiarificazione dellinsieme delle discipline del sapere. Essa
le obbliga a delimitare meglio il loro campo proprio, il loro angolo
di approccio, i loro metodi, cos come lesatta portata delle loro
conclusioni. In altri termini, questa novit obbliga ciascuna delle
discipline a prendere una coscienza pi rigorosa della propria natu-
ra.
Il capovolgimento provocato dal sistema di Copernico ha cos richiesto uno
sforzo di riflessione epistemologica sulle scienze bibliche, sforzo che doveva
portare pi tardi frutti abbondanti nei lavori esegetici moderni e che ha tro-
vato nella Costituzione conciliare Dei Verbum una consacrazione ed un
nuovo impulso.
La crisi che ho appena evocato non il solo fattore ad aver avuto delle ri-
percussioni sullinterpretazione della Bibbia. Noi tocchiamo qui il secondo
aspetto del problema, laspetto pastorale.
In virt della missione che le propria, la Chiesa ha il dovere di essere at-
tenta alle incidenze pastorali della sua parola. Sia chiaro, anzitutto, che que-
sta parola deve corrispondere alla verit. Ma si tratta di sapere come
prendere in considerazione un dato scientifico nuovo quando esso
sembra contraddire delle verit di fede. Il giudizio pastorale che richie-
deva la teoria copernicana era difficile da esprimere nella misura in cui il
geocentrismo sembrava far parte dellinsegnamento stesso della Scrittura. Sa-
rebbe stato necessario contemporaneamente vincere delle abitudini di pen-
siero ed inventare una pedagogia capace di illuminare il popolo di Dio. Di-
ciamo, in maniera generale, che il pastore deve mostrarsi pronto ad
unautentica audacia, evitando il duplice scoglio dellatteggiamento
incerto e del giudizio affrettato, potendo luno e laltro fare molto
male.
(...)
49
Bisogna ripetere qui ci che ho detto sopra. un dovere per i teologi
tenersi regolarmente informati sulle acquisizioni scientifiche per
esaminare, alloccorrenza, se il caso o meno di tenerne conto
nella loro riflessione o di operare delle revisioni nel loro insegna-
mento.
9. Se la cultura contemporanea segnata da una tendenza allo
scientismo, lorizzonte culturale dellepoca di Galileo era unitario e recava
limpronta di una formazione filosofica particolare. Questo carattere unitario
della cultura, che in s positivo ed auspicabile ancor oggi, fu una delle cau-
se della condanna di Galileo. La maggioranza dei teologi non percepi-
va la distinzione formale tra la Sacra Scrittura e la sua interpreta-
zione, il che li condusse a trasporre indebitamente nel campo della
dottrina della fede una questione di fatto appartenente alla ricerca
scientifica.
In realt, come ha ricordato il Cardinal Poupard, Roberto Bellarmino, che
aveva percepito la vera posta in gioco del dibattito, riteneva da parte sua
che, davanti ad eventuali prove scientifiche dellorbita della terra
intorno al sole, si dovesse andar con molta considerazione in
esplicare le Scritture che paiono contrarie alla mobilt della terra
e pi tosto dire che non lintendiamo, che dire che sia falso quello
che si dimostra (Lettera al Padre A. Foscarini, 12 aprile 1615, cfr. op.
cit., vol. XII, p. 172). Prima di lui, la stessa saggezza e lo stesso rispetto della
Parola divina avevano gi guidato santAgostino a scrivere: Se ad una ra-
gione evidentissima e sicura si cercasse di contrapporre lautorit
delle Sacre Scritture, chi fa questo non comprende e oppone alla
verit non il senso genuino delle Scritture, che non riuscito a pe-
netrare, ma il proprio pensiero, vale a dire non ci che ha trovato
nelle Scritture, ma ci che ha trovato in se stesso, come se fosse in
esse (Epistula 143, n. 7; PL 33, col 588). Un secolo fa, il Papa Leone XIII
faceva eco a questo pensiero nella sua enciclica Providentissimus Deus:
Poich il vero non pu in alcun modo contraddire il vero, si pu
esser certi che un errore si insinuato o nellinterpretazione delle
parole sacre, o in un altro luogo della discussione (Leonis XIII Pont.
Max. Acta, vol. XIII, 1894, p. 361).
Il Cardinal Poupard ci ha ugualmente ricordato come la sentenza del 1633
non fosse irreformabile e come il dibattito, che non aveva cessato di evolve-
re, sia stato chiuso nel 1820 con limprimatur concesso allopera del canoni-
co Settele (cfr. Pontificia Academia Scientiarum, Copernico, Galilei e la
50
Chiesa. Fine della controversia (1820). Gli atti del SantUfficio, a cura di W.
Brandmuller e E. J. Greipl, Firenze, Olschki, 1992).
A partire dal secolo dei Lumi fino ai nostri giorni, il caso Galileo ha costitui-
to una sorta di mito, nel quale limmagine degli avvenimenti che ci si era
costruita era abbastanza lontana dalla realt. In tale prospettiva, il caso Gali-
leo era il simbolo del preteso rifiuto, da parte della Chiesa, del progresso
scientifico, oppure delloscurantismo dommatico opposto alla libera ricerca
della verit. Questo mito ha giocato un ruolo culturale considerevole; esso
ha contribuito ad ancorare parecchi uomini di scienza in buona fede allidea
che ci fosse incompatibilit tra lo spirito della scienza e la sua etica di ricerca,
da un lato, e la fede cristiana, dallaltro. Una tragica reciproca incomprensio-
ne stata interpretata come il riflesso di una opposizione costitutiva tra
scienza e fede. Le chiarificazioni apportate dai recenti studi storici ci permet-
tono di affermare che tale doloroso malinteso appartiene ormai al passato.
Dal caso Galileo si pu trarre un insegnamento che resta dattualit
in rapporto ad analoghe situazioni che si presentano oggi e posso-
no presentarsi in futuro.
(...)
Un altro insegnamento che si trae il fatto che le diverse discipline
del sapere richiedono una diversit di metodi.
Galileo, che ha praticamente inventato il metodo sperimentale, aveva com-
preso, grazie alla sua intuizione di fisico geniale e appoggiandosi a diversi ar-
gomenti, perch mai soltanto il sole potesse avere funzione di centro del
mondo, cos come allora era conosciuto, cio come sistema planetario.
Lerrore dei teologi del tempo, nel sostenere la centralit della ter-
ra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del
mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale
della S. Scrittura. Ma doveroso ricordare la celebre sentenza attribuita a
Baronio: Spiritui Sancto mentem fuisse nos docere quomodo ad coelum
eatur, non quomodo coelum gradiatur. In realt, la Scrittura non si oc-
cupa dei dettagli del mondo fisico, la cui conoscenza affidata al-
lesperienza e ai ragionamenti umani. Esistono due campi del sape-
re, quello che ha la sua fonte nella Rivelazione e quello che la ra-
gione pu scoprire con le sole sue forze. A questultimo apparten-
gono le scienze sperimentali e la filosofia. La distinzione tra i due
campi del sapere non deve essere intesa come una opposizione. I
due settori non sono del tutto estranei luno allaltro, ma hanno
51
punti di incontro. Le metodologie proprie di ciascuno permettono
di mettere in evidenza aspetti diversi della realt.
(...)
Quel che importa, in una teoria scientifica o filosofica, innanzitutto che
essa sia vera o, almeno, seriamente e solidamente fondata. E il fine della vo-
stra Accademia precisamente quello di discernere e far conoscere, allo stato
attuale della scienza e nel campo che le proprio, ci che pu essere consi-
derato come verit acquisita o almeno dotata di una tale probabilit che sa-
rebbe imprudente e irragionevole respingerla. In questo modo potranno es-
sere evitati inutili conflitti.
J) Giovanni Paolo II, 22 Ottobre 1996. Ai Membri della Pontificia
Accademia delle Scienze riuniti in Assemblea Plenaria. La verit
non pu contraddire la verit
4. Tenuto conto dello stato delle ricerche scientifiche a quellepoca e anche
delle esigenze proprie della teologia, lEnciclica Humani generis conside-
rava la dottrina dellevoluzionismo unipotesi seria, degna di una
ricerca e di una riflessione approfondite al pari dellipotesi opposta.
Pio XII aggiungeva due condizioni di ordine metodologico: che
non si adottasse questa opinione come se si trattasse di una dottri-
na certa e dimostrata e come se ci si potesse astrarre completa-
mente dalla Rivelazione riguardo alle questioni da essa sollevate.
Enunciava anche la condizione necessaria affinch questa opinione fosse
compatibile con la fede cristiana, punto sul quale ritorner. Oggi, circa mez-
zo secolo dopo la pubblicazione dellEnciclica, nuove conoscenze conduco-
no a non considerare pi la teoria dellevoluzione una mera ipotesi.
E degno di nota il fatto che questa teoria si sia progressivamente imposta al-
lattenzione dei ricercatori, a seguito di una serie di scoperte fatte nelle di-
verse discipline del sapere. La convergenza non ricercata n provocata, dei
risultati dei lavori condotti indipendentemente gli uni dagli altri, costituisce
di per s un argomento significativo a favore di questa teoria.
Qual limportanza di una simile teoria? Affrontare questa que-
stione, significa entrare nel campo dellepistemologia. Una teoria
unelaborazione metascientifica, distinta dai risultati dellosserva-
zione, ma ad essi affine. Grazie ad essa, un insieme di dati e di fat-
ti indipendenti fra loro possono essere collegati e interpretati in
una spiegazione unitiva. La teoria dimostra la sua validit nella mi-
52
sura in cui suscettibile di verifica; costantemente valutata a li-
vello dei fatti; laddove non viene pi dimostrata dai fatti, manifesta
i suoi limiti e la sua inadeguatezza. Deve allora essere ripensata.
Inoltre, lelaborazione di una teoria come quella dellevoluzione,
pur obbedendo allesigenza di omogeneit rispetto ai dati dellos-
servazione, prende in prestito alcune nozioni dalla filosofia della
natura. A dire il vero, pi che della teoria dellevoluzione, conviene parlare
delle teorie dellevoluzione. Questa plurit deriva da un lato dalla diversit
delle spiegazione che sono state proposte sul meccanismo dellevo-
luzione e dallaltro dalle diverse filosofie alle quali si fa riferimento.
Esistono pertanto letture materialiste e riduttive e letture spirituali-
stiche. Il giudizio qui di competenza propria della filosofia e, ancora oltre,
della teologia.
K) Giovanni Paolo II, enciclica Fides et Ratio (1998)
88. Un altro pericolo da considerare lo scientismo. Questa concezione fi-
losofica si rifiuta di ammettere come valide forme di conoscenza diverse da
quelle che sono proprie delle scienze positive, relegando nei confini della
mera immaginazione sia la conoscenza religiosa e teologica, sia il sapere eti-
co ed estetico. Nel passato, la stessa idea si esprimeva nel positivismo e nel
neopositivismo, che ritenevano prive di senso le affermazioni di carattere
metafisico. La critica epistemologica ha screditato questa posizione, ed ecco
che essa rinasce sotto le nuove vesti dello scientismo. In questa prospettiva, i
valori sono relegati a semplici prodotti dellemotivit e la nozione di essere
accantonata per fare spazio alla pura e semplice fattualit. La scienza, quindi,
si prepara a dominare tutti gli aspetti dellesistenza umana attraverso il pro-
gresso tecnologico. Gli innegabili successi della ricerca scientifica e della tec-
nologia contemporanea hanno contribuito a diffondere la mentalit scienti-
sta, che sembra non avere pi confini, visto come penetrata nelle diverse
culture e quali cambiamenti radicali vi ha apportato.
Si deve costatare, purtroppo, che quanto attiene alla domanda circa il senso
della vita viene dallo scientismo considerato come appartenente al dominio
dellirrazionale o dellimmaginario. Non meno deludente lapproccio di
questa corrente di pensiero agli altri grandi problemi della filosofia, che,
quando non vengono ignorati, sono affrontati con analisi poggianti su analo-
gie superficiali, prive di fondamento razionale. Ci porta allimpoverimento
della riflessione umana, alla quale vengono sottratti quei problemi di fondo
53
che lanimal rationale, fin dagli inizi della sua esistenza sulla terra, costante-
mente si posto. Accantonata, in questa prospettiva, la critica proveniente
dalla valutazione etica, la mentalit scientista riuscita a fare accettare da
molti lidea secondo cui ci che tecnicamente fattibile diventa per ci stes-
so anche moralmente ammissibile.
(...)
106. (...) Non posso non rivolgere, infine, una parola anche agli scienziati,
che con le loro ricerche ci forniscono una crescente conoscenza delluniver-
so nel suo insieme e della variet incredibilmente ricca delle sue componen-
ti, animate ed inanimate, con le loro complesse strutture atomiche e mole-
colari. Il cammino da essi compiuto ha raggiunto, specialmente in questo se-
colo, traguardi che continuano a stupirci. Nellesprimere la mia ammirazio-
ne ed il mio incoraggiamento a questi valorosi pionieri della ricerca scientifi-
ca, ai quali lumanit tanto deve del suo presente sviluppo, sento il dovere di
esortarli a proseguire nei loro sforzi restando sempre in quellorizzonte sa-
pienziale, in cui alle acquisizioni scientifiche e tecnologiche saffiancano i
valori filosofici ed etici, che sono manifestazione caratteristica ed imprescin-
dibile della persona umana. Lo scienziato ben consapevole che la ricerca
della verit, anche quando riguarda una realt limitata del mondo o delluo-
mo, non termina mai; rinvia sempre verso qualcosa che al di sopra dellim-
mediato oggetto degli studi, verso gli interrogativi che aprono laccesso al
Mistero.
L) Benedetto XVI (1998). Testi vari sul rapporto scienza fede
1. Omelia nella Santa Messa per linizio del suo pontificato, dome-
nica 24 aprile 2005
Non siamo il prodotto casuale e senza senso dellevoluzione. Ciascuno di
noi il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi voluto, ciascuno
amato, ciascuno necessario.
2. Udienza generale, mercoled 9 novembre 2005
Cos, san Basilio Magno in una delle pagine iniziali della sua prima omelia
sullEsamerone, in cui commenta il racconto della creazione secondo il capi-
tolo primo della Genesi, si sofferma a considerare lazione sapiente di Dio, ed
approda a riconoscere nella bont divina il centro propulsore della creazione.
54
Ecco alcune espressioni tratte dalla lunga riflessione del santo Vescovo di
Cesarea di Cappadocia:
In principio Dio cre il cielo e la terra. La mia parola si arrende sopraffat-
ta dallo stupore di questo pensiero (1,2,1: Sulla Genesi [Omelie sullEsamero-
ne], Milano 1990, pp. 9.11). Infatti, anche se alcuni, tratti in inganno dalla-
teismo che portavano dentro di s, immaginarono luniverso privo di guida
e di ordine, come in bala del caso, lo scrittore sacro invece ci ha subito ri-
schiarato la mente col nome di Dio allinizio del racconto, dicendo: In
principio Dio cre. E quale bellezza in questo ordine! (1,2,4: ibidem, p.
11). Se dunque il mondo ha un principio ed stato creato, cerca chi gli ha
dato inizio e chi ne il Creatore... Mos ti ha prevenuto col suo insegna-
mento imprimendo nelle nostre anime quale sigillo e filatterio il santissimo
nome di Dio, quando dice: In principio Dio cre. La natura beata, la
bont esente da invidia, colui che oggetto damore da parte di tutti gli es-
seri ragionevoli, la bellezza pi dogni altra desiderabile, il principio degli es-
seri, la sorgente della vita, la luce intellettiva, la sapienza inaccessibile, Egli
insomma, in principio cre il cielo e la terra (1,2,6-7: ibidem, p. 13).
[Parlando a braccio, ha poi aggiunto:]
Trovo che le parole di questo Padre del IV secolo [san Basilio Magno] siano
di una attualit sorprendente quando dice tratti in inganno dallateismo che
portavano dentro di s, immaginarono luniverso privo di guida e di ordine,
come in bala del caso. Quanti sono questi alcuni oggi? Essi, tratti in in-
ganno dallateismo, ritengono e cercano di dimostrare che scientifico pen-
sare che tutto sia privo di guida e di ordine, come in bala del caso. Il Signo-
re con la Sacra Scrittura risveglia la ragione che dorme e ci dice: allinizio
la Parola creatrice. Allinizio la Parola creatrice questa Parola che ha creato
tutto, che ha creato questo progetto intelligente, che il cosmo anche
amore.
3. Incontro con i giovani in p.zza san Pietro, gioved 6 aprile 2006
Il grande Galileo ha detto che Dio ha scritto il libro della natura nella forma
del linguaggio matematico. Lui era convinto che Dio ci ha donato due libri:
quello della Sacra Scrittura e quello della natura. E il linguaggio della natura
questa era la sua convinzione la matematica, quindi essa un linguag-
gio di Dio, del Creatore. Riflettiamo ora su cos la matematica: di per s
un sistema astratto, uninvenzione dello spirito umano, che come tale nella
sua purezza non esiste. sempre realizzato approssimativamente, ma - come
tale - un sistema intellettuale, una grande, geniale invenzione dello spiri-
55
to umano. La cosa sorprendente che questa invenzione della nostra mente
umana veramente la chiave per comprendere la natura, che la natura
realmente strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, in-
ventata dal nostro spirito, realmente lo strumento per poter lavorare con la
natura, per metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tec-
nica.
Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dellintelletto
umano e la struttura delluniverso coincidano: la matematica inventata da
noi ci d realmente accesso alla natura delluniverso e lo rende utilizzabile
per noi. Quindi la struttura intellettuale del soggetto umano e la struttura
oggettiva della realt coincidono: la ragione soggettiva e la ragione oggetti-
vata nella natura sono identiche. Penso che questa coincidenza tra quanto
noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta la natura, siano un
enigma ed una sfida grandi, perch vediamo che, alla fine, una ragione
che le collega ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire questaltra,
se non vi fosse unidentica ragione a monte di ambedue.
In questo senso mi sembra proprio che la matematica - nella quale come tale
Dio non pu apparire - ci mostri la struttura intelligente delluniverso.
Adesso ci sono anche teorie del caos, ma sono limitate, perch se il caos
avesse il sopravvento, tutta la tecnica diventerebbe impossibile. Solo perch
la nostra matematica affidabile, la tecnica affidabile. La nostra scienza, che
rende finalmente possibile lavorare con le energie della natura, suppone la
struttura affidabile, intelligente della materia. E cos vediamo che c una ra-
zionalit soggettiva e una razionalit oggettivata nella materia, che coincido-
no. Naturalmente adesso nessuno pu provare - come si prova nellesperi-
mento, nelle leggi tecniche che ambedue siano realmente originate in
ununica intelligenza, ma mi sembra che questa unit dellintelligenza, dietro
le due intelligenze, appaia realmente nel nostro mondo. E quanto pi noi
possiamo strumentalizzare il mondo con la nostra intelligenza, tanto pi
appare il disegno della Creazione.
Alla fine, per arrivare alla questione definitiva, direi: Dio o c o non c. Ci
sono solo due opzioni. O si riconosce la priorit della ragione, della Ragione
creatrice che sta allinizio di tutto ed il principio di tutto - la priorit della
ragione anche priorit della libert o si sostiene la priorit dellirraziona-
le, per cui tutto quanto funziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe
solo occasionale, marginale, un prodotto irrazionale - la ragione sarebbe un
prodotto della irrazionalit. Non si pu ultimamente provare luno o lal-
tro progetto, ma la grande opzione del Cristianesimo lopzione per la ra-
56
zionalit e per la priorit della ragione. Questa mi sembra unottima opzio-
ne, che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una grande Intelligenza, alla
quale possiamo affidarci.
Ma il vero problema contro la fede oggi mi sembra essere il male nel mon-
do: ci si chiede come esso sia compatibile con questa razionalit del Creato-
re. E qui abbiamo bisogno realmente del Dio che si fatto carne e che ci
mostra come Egli non sia solo una ragione matematica, ma che questa ragio-
ne originaria anche Amore. Se guardiamo alle grandi opzioni, lopzione
cristiana anche oggi quella pi razionale e quella pi umana. Per questo
possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo che sia
basata su questa priorit della ragione, su questa fiducia che la Ragione crea-
trice amore, e che questo amore Dio.
4. Omelia per la Santa Messa nella spianata dellIslinger Feld di Re-
gensburg, marted 12 settembre 2006
Noi crediamo in Dio. Questa la nostra decisione di fondo. Ma possibile
ancora oggi? una cosa ragionevole? Fin dallIlluminismo, almeno una parte
della scienza simpegna con solerzia a cercare una spiegazione del mondo, in
cui Dio diventi superfluo [...] Ma ogni qualvolta poteva sembrare che ci si
fosse riusciti, sempre di nuovo appariva evidente: i conti non tornano! I
conti sulluomo, senza Dio non tornano, e i conti sul mondo, su tutto il va-
sto universo, senza di lui non tornano. In fin dei conti resta lalternativa: che
cosa esiste allorigine? La ragione creatrice, lo Spirito che opera tutto e susci-
ta lo sviluppo, o lirrazionalit che, prima di ogni ragione, stranamente pro-
duce un cosmo ordinato in modo matematico e anche luomo, la sua ragio-
ne. Questa, per sarebbe allora soltanto un risultato casuale dellevoluzione e
quindi, in fondo, anche una cosa irragionevole.
Noi cristiani diciamo: Credo in Dio Padre, Creatore del cielo e della terra
credo nello Spirito Creatore. Noi crediamo che allorigine c il Verbo
eterno, la Ragione e non lIrrazionalit. Con questa fede non abbiamo biso-
gno di nasconderci, non dobbiamo temere di trovarci con essa in un vicolo
cieco. Siamo lieti di poter conoscere Dio! E cerchiamo di dimostrare anche
agli altri la ragionevolezza della fede, come san Pietro ci esorta a fare nella
sua Prima Lettera (cfr 3,15)!
Noi crediamo in Dio. Lo affermano le parti principali del Credo e lo sottoli-
nea soprattutto la sua prima parte. Ma ora segue subito la seconda domanda:
in quale Dio? Ebbene, crediamo appunto in quel Dio che Spirito Creato-
re, Ragione creativa, da cui proviene tutto e da cui proveniamo anche noi.
57
5. Discorso al 4 Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, gioved
19 ottobre 2006
La matematica come tale una creazione della nostra intelligenza: la corri-
spondenza tra le sue strutture e le strutture reali delluniverso che il pre-
supposto di tutti i moderni sviluppi scientifici e tecnologici, gi espressa-
mente formulato da Galileo Galilei con la celebre affermazione che il libro
della natura scritto in linguaggio matematico suscita la nostra ammirazio-
ne e pone una grande domanda. Implica infatti che luniverso stesso sia
strutturato in maniera intelligente, in modo che esista una corrispondenza
profonda tra la nostra ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura.
Diventa allora inevitabile chiedersi se non debba esservi ununica intelligen-
za originaria, che sia la comune fonte delluna e dellaltra. Cos proprio la ri-
flessione sullo sviluppo delle scienze ci riporta verso il Logos creatore. Viene
capovolta la tendenza a dare il primato allirrazionale, al caso e alla necessit,
a ricondurre ad esso anche la nostra intelligenza e la nostra libert. Su queste
basi diventa anche di nuovo possibile allargare gli spazi della nostra razionali-
t, riaprirla alle grandi questioni del vero e del bene, coniugare tra loro la
teologia, la filosofia e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e
della loro reciproca autonomia, ma anche nella consapevolezza dellintrinse-
ca unit che le tiene insieme.
6. Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia
delle Scienze, marted 7 novembre 2006
Come hanno evidenziato alcune delle relazioni presentate negli ultimi gior-
ni, il metodo scientifico stesso, nel suo raccogliere dati, nellelaborarli e nel-
lutilizzarli nelle sue proiezioni, ha dei limiti insiti che necessariamente re-
stringono la prevedibilit scientifica a contesti ed approcci specifici. La scien-
za, pertanto, non pu pretendere di fornire una rappresentazione completa,
deterministica, del nostro futuro e dello sviluppo di ogni fenomeno da essa
studiato. La filosofia e la teologia potrebbero dare un importante contributo
a questa questione fondamentalmente epistemologica, per esempio aiutando
le scienze empiriche a riconoscere la differenza tra lincapacit matematica di
prevedere determinati eventi e la validit del principio di causalit, o tra lin-
determinismo o la contingenza (casualit) scientifici e la causalit a livello fi-
losofico o, pi radicalmente, tra levoluzione come origine ultima di una
successione nello spazio e nel tempo e la creazione come prima origine del-
lessere partecipato nellEssere essenziale.
58
Al contempo, vi un livello pi alto che necessariamente trascende le previ-
sioni scientifiche, ossia il mondo umano della libert e della storia. Mentre il
cosmo fisico pu avere un proprio sviluppo spaziale-temporale, solo luma-
nit, in senso stretto, ha una storia, la storia della sua libert. La libert, come
la ragione, una parte preziosa dellimmagine di Dio dentro di noi e non
pu essere ridotta a unanalisi deterministica. La sua trascendenza rispetto al
mondo materiale deve essere riconosciuta e rispettata, poich un segno
della nostra dignit umana. Negare questa trascendenza in nome di una sup-
posta capacit assoluta del metodo scientifico di prevedere e condizionare il
mondo umano comporterebbe la perdita di ci che umano nelluomo e,
non riconoscendo la sua unicit e la sua trascendenza, potrebbe aprire peri-
colosamente la porta al suo sfruttamento.
7. Incontro con il Clero di Belluno-Feltre e Treviso, 24 luglio 2007
Vedo attualmente in Germania, ma anche negli Stati Uniti, un dibattito ab-
bastanza accanito tra il cosiddetto creazionismo e levoluzionismo, presentati
come fossero alternative che si escludono: chi crede nel Creatore non po-
trebbe pensare allevoluzione e chi invece afferma levoluzione dovrebbe
escludere Dio. Questa contrapposizione unassurdit, perch da una parte
ci sono tante prove scientifiche in favore di unevoluzione che appare come
una realt che dobbiamo vedere e che arricchisce la nostra conoscenza della
vita e dellessere come tale. Ma la dottrina dellevoluzione non risponde a
tutti i quesiti e non risponde soprattutto al grande quesito filosofico: da dove
viene tutto? e come il tutto prende un cammino che arriva finalmente al-
luomo? Mi sembra molto importante, questo volevo dire anche a Ratisbona
nella mia lezione, che la ragione si apra di pi, che veda s questi dati, ma
che veda anche che non sono sufficienti per spiegare tutta la realt. Non
sufficiente, la nostra ragione pi ampia e pu vedere anche che la ragione
nostra non in fondo qualcosa di irrazionale, un prodotto della irrazionalit,
ma che la ragione precede tutto, la ragione creatrice, e che noi siamo real-
mente il riflesso della ragione creatrice. Siamo pensati e voluti e, quindi, c
una idea che mi precede, un senso che mi precede e che devo scoprire, se-
guire e che d finalmente significato alla mia vita.
Mi sembra questo il primo punto: scoprire che realmente il mio essere ra-
gionevole, pensato, ha un senso e la mia grande missione scoprire questo
senso, viverlo e dare cos un nuovo elemento alla grande armonia cosmica
pensata dal Creatore. Se cos, allora anche gli elementi di difficolt diven-
tano momenti di maturit, di processo e di progresso del mio stesso essere,
che ha senso dal suo concepimento fino allultimo momento di vita. Possia-
59
mo conoscere questa realt del senso precedente a tutti noi, possiamo anche
riscoprire il senso della sofferenza e del dolore; certamente c un dolore che
dobbiamo evitare e che dobbiamo allontanare dal mondo: tanti dolori inutili
provocati dalle dittature, dai sistemi sbagliati, dallodio e dalla violenza. Ma
c anche nel dolore un senso profondo e solo se possiamo dare senso al do-
lore e alla sofferenza pu maturare la nostra vita.
8. Incontro con il Clero della diocesi di Bolzano-Bressanone, 6
agosto 2008
Lei ha dunque toccato il Tema Creazione e Redenzione ed io penso che
questo legame inscindibile debba ricevere nuovo rilievo. Negli ultimi de-
cenni, la dottrina della Creazione era quasi scomparsa in teologia, era quasi
impercettibile. Ora ci accorgiamo dei danni che ne derivano. Il Redentore
il Creatore e se noi non annunciamo Dio in questa sua totale grandezza di
Creatore e di Redentore togliamo valore anche alla Redenzione. Infatti,
se Dio non ha nulla da dire nella Creazione, se viene relegato semplicemen-
te in un ambito della storia, come pu realmente comprendere tutta la no-
stra vita? Come potr portare veramente la salvezza per luomo nella sua in-
terezza e per il mondo nella sua totalit? Ecco perch per me, il rinnova-
mento della dottrina della Creazione ed una nuova comprensione dellin-
scindibilit di Creazione e Redenzione riveste una grandissima importanza.
Dobbiamo riconoscere nuovamente: Lui il creator Spiritus, la Ragione che
in principio e dalla quale tutto nasce e di cui la nostra ragione non che una
scintilla. Ed Lui, il Creatore stesso, che pure entrato nella storia e pu
entrare nella storia ed operare in essa proprio perch Egli il Dio dellinsie-
me e non solo di una parte. Se riconosceremo questo, ne conseguir ovvia-
mente che la Redenzione, lessere cristiani, semplicemente la fede cristiana
significano sempre e comunque anche responsabilit nei riguardi della Crea-
zione. Venti-trenta anni fa si accusavano i cristiani non so se questa accusa
sia ancora sostenuta di essere i veri responsabili della distruzione della
Creazione, perch la parola contenuta nella Genesi Soggiogate la terra
avrebbe portato a quella arroganza nei riguardi del creato di cui noi oggi
sperimentiamo le conseguenze. Penso che dobbiamo nuovamente imparare
a capire questa accusa in tutta la sua falsit: fino a quando la terra stata con-
siderata creazione di Dio, il compito di soggiogarla non mai stato inteso
come un ordine di renderla schiava, ma piuttosto come compito di essere
custodi della creazione e di svilupparne i doni; di collaborare noi stessi in
modo attivo allopera di Dio, allevoluzione che Egli ha posto nel mondo,
cos che i doni della creazione siano valorizzati e non calpestati e distrutti.
60
Se osserviamo quello che nato intorno ai monasteri, come in quei luoghi
siano nati e continuino a nascere piccoli paradisi, oasi della creazione, si ren-
de evidente che tutto ci non sono soltanto parole, ma dove la Parola del
Creatore stata compresa nella maniera corretta, dove c stata vita con il
Creatore redentore, l ci si impegnati a salvare la creazione e non a distrug-
gerla. In questo contesto rientra anche il capitolo 8 della Lettera ai Romani,
dove si dice che la creazione soffre e geme per la sottomissione in cui si tro-
va e che attende la rivelazione dei figli di Dio: si sentir liberata quando ver-
ranno delle creature, degli uomini che sono figli di Dio e che la tratteranno
a partire da Dio. Io credo che sia proprio questo che noi oggi possiamo con-
statare come realt: il creato geme lo percepiamo, quasi lo sentiamo e at-
tende persone umane che lo guardino a partire da Dio. Il consumo brutale
della creazione inizia dove non c Dio, dove la materia ormai soltanto
materiale per noi, dove noi stessi siamo le ultime istanze, dove linsieme
semplicemente propriet nostra e lo consumiamo solo per noi stessi. E lo
spreco della creazione inizia dove non riconosciamo pi alcuna istanza sopra
di noi, ma vediamo soltanto noi stessi; inizia dove non esiste pi alcuna di-
mensione della vita al di l della morte, dove in questa vita dobbiamo acca-
parrarci il tutto e possedere la vita nella massima intensit possibile, dove
dobbiamo possedere tutto ci che possibile possedere.
Io credo, quindi, che istanze vere ed efficienti contro lo spreco e la distru-
zione del creato possono essere realizzate e sviluppate, comprese e vissute
soltanto l, dove la creazione considerata a partire da Dio; dove la vita
considerata a partire da Dio e ha dimensioni maggiori nella responsabilit
davanti a Dio e un giorno ci sar donata da Dio in pienezza e mai tolta:
donando la vita, noi la riceviamo.
Cos, credo, dobbiamo tentare con tutti i mezzi che abbiamo di presentare
la fede in pubblico, specialmente l dove riguardo ad essa c gi sensibilit.
E penso che la sensazione che il mondo forse ci stia scivolando via perch
siamo noi stessi a cacciarlo via e il sentirci oppressi dai problemi della crea-
zione, proprio questo ci dia loccasione adatta in cui la nostra fede pu par-
lare pubblicamente e pu farsi valere come istanza propositiva. Infatti, non si
tratta soltanto di trovare tecniche che prevengano i danni, anche se impor-
tante trovare energie alternative ed altro. Ma tutto questo non sar sufficien-
te se noi stessi non troveremo un nuovo stile di vita, una disciplina fatta an-
che di rinunce, una disciplina del riconoscimento degli altri, ai quali il creato
appartiene tanto quanto a noi che pi facilmente possiamo disporne; una di-
sciplina della responsabilit nei riguardi del futuro degli altri e del nostro
stesso futuro, perch responsabilit davanti a Colui che nostro Giudice e
61
in quanto Giudice Redentore, ma appunto veramente anche nostro Giu-
dice.
Penso quindi che sia necessario mettere in ogni caso insieme le due dimen-
sioni Creazione e Redenzione, vita terrena e vita eterna, responsabilit nei
riguardi del creato e responsabilit nei riguardi degli altri e del futuro , e
che sia nostro compito intervenire cos in maniera chiara e decisa nellopi-
nione pubblica. Per essere ascoltati dobbiamo contemporaneamente dimo-
strare con il nostro stesso esempio, con il nostro proprio stile di vita, che
stiamo parlando di un messaggio in cui noi stessi crediamo e secondo il qua-
le possibile vivere. E vogliamo chiedere al Signore che aiuti noi tutti a vi-
vere la fede, la responsabilit della fede in maniera tale che il nostro stile di
vita diventi testimonianza e poi a parlare in maniera tale che le nostre parole
portino in modo credibile la fede come orientamento in questo nostro tem-
po.
9. Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale promosso
dalla Pontificia Universit Lateranense nel X anniversario dellEnci-
clica Fides et ratio, 16 ottobre 2008
A dieci anni di distanza, uno sguardo attento allEnciclica Fides et ratio per-
mette di coglierne con ammirazione la perdurante attualit: si rivela in essa la
lungimirante profondit dellindimenticabile mio Predecessore. LEnciclica,
in effetti, si caratterizza per la sua grande apertura nei confronti della
ragione, soprattutto in un periodo in cui ne viene teorizzata la debolezza.
Giovanni Paolo II sottolinea invece limportanza di coniugare fede e ra-
gione nella loro reciproca relazione, pur nel rispetto della sfera di
autonomia propria di ciascuna. Con questo magistero, la Chiesa si fat-
ta interprete di unesigenza emergente nellattuale contesto culturale. Ha vo-
luto difendere la forza della ragione e la sua capacit di raggiungere
la verit, presentando ancora una volta la fede come una peculiare forma di
conoscenza, grazie alla quale ci si apre alla verit della Rivelazione (cfr Fides
et ratio, 13). Si legge nellEnciclica che bisogna avere fiducia nelle capa-
cit della ragione umana e non prefiggersi mete troppo modeste:
la fede che provoca la ragione a uscire da ogni isolamento e a rischiare
volentieri per tutto ci che bello, buono e vero. La fede si fa cos avvocato
convinto e convincente della ragione (n. 56). Lo scorrere del tempo, del
resto, manifesta quali traguardi la ragione, mossa dalla passione per la verit,
abbia saputo raggiungere. Chi potrebbe negare il contributo che i grandi si-
stemi filosofici hanno recato allo sviluppo dellautoconsapevolezza delluo-
mo e al progresso delle varie culture? Queste, peraltro, diventano feconde
62
quando si aprono alla verit, permettendo a quanti ne partecipano di rag-
giungere obiettivi che rendono sempre pi umano il vivere sociale. La ricer-
ca della verit d i suoi frutti soprattutto quanto sostenuta dallamore per la
verit. Ha scritto Agostino: Ci che si possiede con la mente si ha cono-
scendolo, ma nessun bene conosciuto perfettamente se non si ama perfet-
tamente (De diversis quaestionibus 35,2).
Non possiamo nasconderci, tuttavia, che si verificato uno slittamento da
un pensiero prevalentemente speculativo a uno maggiormente sperimentale.
La ricerca si volta soprattutto allosservazione della natura nel tentativo di
scoprirne i segreti. Il desiderio di conoscere la natura si poi trasformato
nella volont di riprodurla. Questo cambiamento non stato indolore: le-
volversi dei concetti ha intaccato il rapporto tra la fides e la ratio con la con-
seguenza di portare luna e laltra a seguire strade diverse. La conquista
scientifica e tecnologica, con cui la fides sempre pi provocata a con-
frontarsi, ha modificato lantico concetto di ratio; in qualche modo, ha
emarginato la ragione che ricercava la verit ultima delle cose per
fare spazio ad una ragione paga di scoprire la verit contingente
delle leggi della natura. La ricerca scientifica ha certamente il suo
valore positivo. La scoperta e lincremento delle scienze matematiche, fisi-
che, chimiche e di quelle applicate sono frutto della ragione ed esprimono
lintelligenza con la quale luomo riesce a penetrare nelle profondit del
creato. La fede, da parte sua, non teme il progresso della scienza e
gli sviluppi a cui conducono le sue conquiste quando queste sono
finalizzate alluomo, al suo benessere e al progresso di tutta luma-
nit. Come ricordava lignoto autore della Lettera a Diogneto: Non lalbero
della scienza uccide, ma la disobbedienza. Non si ha vita senza scienza, n
scienza sicura senza vita vera (XII, 2.4).
Avviene, tuttavia, che non sempre gli scienziati indirizzino le loro ri-
cerche verso questi scopi. Il facile guadagno o, peggio ancora, larroganza
di sostituirsi al Creatore svolgono, a volte, un ruolo determinante. E questa
una forma di hybris della ragione, che pu assumere caratteristiche pericolose
per la stessa umanit. La scienza, daltronde, non in grado di elabora-
re principi etici; essa pu solo accoglierli in s e riconoscerli come neces-
sari per debellare le sue eventuali patologie. La filosofia e la teologia di-
ventano, in questo contesto, degli aiuti indispensabili con cui oc-
corre confrontarsi per evitare che la scienza proceda da sola in un
sentiero tortuoso, colmo di imprevisti e non privo di rischi. Ci non si-
gnifica affatto limitare la ricerca scientifica o impedire alla tecnica di produr-
re strumenti di sviluppo; consiste, piuttosto, nel mantenere vigile il senso
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di responsabilit che la ragione e la fede possiedono nei confronti
della scienza, perch permanga nel solco del suo servizio alluomo.
La lezione di santAgostino sempre carica di significato anche nellattuale
contesto: A che cosa perviene - si domanda il santo Vescovo di Ippona -
chi sa ben usare la ragione, se non alla verit? Non la verit che perviene a
se stessa con il ragionamento, ma essa che cercano quanti usano la ragio-
ne... Confessa di non essere tu ci che la verit, poich essa non cerca se
stessa; tu invece sei giunto ad essa non gi passando da un luogo allaltro, ma
cercandola con la disposizione della mente (De vera religione, 39,72). Come
dire: da qualsiasi parte avvenga la ricerca della verit, questa permane come
dato che viene offerto e che pu essere riconosciuto gi presente nella natu-
ra. Lintelligibilit della creazione, infatti, non frutto dello sforzo
dello scienziato, ma condizione a lui offerta per consentirgli di
scoprire la verit in essa presente. Il ragionamento non crea queste ve-
rit - continua nella sua riflessione santAgostino - ma le scopre. Esse perci
sussistono in s prima ancora che siano scoperte e una volta scoperte ci rin-
novano (Ibid., 39,73). La ragione, insomma, deve compiere in pieno il suo
percorso, forte della sua autonomia e della sua ricca tradizione di pensiero.
La ragione, peraltro, sente e scopre che, oltre a ci che ha gi raggiunto
e conquistato, esiste una verit che non potr mai scoprire partendo
da se stessa, ma solo ricevere come dono gratuito. La verit della
Rivelazione non si sovrappone a quella raggiunta dalla ragione; pu-
rifica piuttosto la ragione e la innalza, permettendole cos di dilata-
re i propri spazi per inserirsi in un campo di ricerca insondabile
come il mistero stesso. La verit rivelata, nella pienezza dei tempi
(Gal 4,4), ha assunto il volto di una persona, Ges di Nazareth, che
porta la risposta ultima e definitiva alla domanda di senso di ogni
uomo. La verit di Cristo, in quanto tocca ogni persona in cerca di gioia,
di felicit e di senso, supera di gran lunga ogni altra verit che la ra-
gione pu trovare. E intorno al mistero, pertanto, che la fides e la ratio
trovano la possibilit reale di un percorso comune.
In questi giorni, si sta svolgendo il Sinodo dei Vescovi sul tema La
Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Come non ve-
dere la provvidenziale coincidenza di questo momento con il vostro
Congresso. La passione per la verit ci spinge a rientrare in noi
stessi per cogliere nelluomo interiore il senso profondo della
nostra vita. Una vera filosofia dovr condurre per mano ogni perso-
na e farle scoprire quanto fondamentale sia per la sua stessa dignit co-
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noscere la verit della Rivelazione. Davanti a questa esigenza di senso
che non d tregua fino a quando non sfocia in Ges Cristo, la Parola
di Dio rivela il suo carattere di risposta definitiva. Una Parola di rive-
lazione che diventa vita e che chiede di essere accolta come sorgente
inesauribile di verit
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Indice
I. LO STUDIO DELLA FILOSOFIA. SENSO, IMPORTANZA
FEDE E RAGIONE. IL RUOLO DI SAN TOMMASO.....................................3
A) Costituzione dogmatica Dei Filius (Roma, 24 aprile 1870)..........................3
B) Leone XIII, enciclica Aeterni Patris (1879), n. 12.........................................5
C) Pio XII, enciclica Humani Generis (1950), nn. 23-26...................................6
D) Concilio Vaticano II, Decreto Optatam Totius, sulla formazione
sacerdotale (1965). Gli studi filosofici...............................................................8
E) Sacra Congregazione per lEducazione Cattolica, Ratio fundamentalis
institutionis sacerdotalis (1970); cfr. Enchiridion Vaticanum, vol.3...........................9
F) Sacra Congregazione per leducazione cattolica - Roma, 20/01/1972.
Linsegnamento della filosofia nei seminari (cf. Enchiridion Vaticanum, vol.4). . .10
G) Paolo VI, Lettera apostolica Lumen Ecclesiae (1974); cfr. Enchiridion
Vaticanum, vol. 5, nn. 721ss.)..........................................................................13
H) Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Sapientia Christiana (1979)......17
I) Giovanni Paolo II, 17 Novembre 1979, Al Pontificio Ateneo Angelicum
Roma. La filosofia di san Tommaso in spirito di apertura e universalismo ......18
J) Giovanni Paolo II, esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis
(1992)............................................................................................................20
K) Giovanni Paolo II, enciclica Fides et Ratio (1998).......................................21
II. RAPPORTO SCIENZA, FILOSOFIA E TEOLOGIA
QUESTIONI EPISTEMOLOGICHE.................................................................30
A) Concilio Vaticano II, Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, sulla Chiesa
nel mondo attuale (1965)...............................................................................30
B) Giovanni Paolo II, 10 Novembre 1979. Commemorazione di Albert Ein-
stein - Citt del Vaticano (Roma). Armonia fra le verit della scienza e
le verit della fede..........................................................................................32
C) Giovanni Paolo II, 15 novembre 1980. Incontro con gli scienziati e
gli studenti nella cattedrale di Colonia ...........................................................34
D) Giovanni Paolo II, 3 Ottobre 1981. Alla Pontificia Accademia delle
Scienze - Citt del Vaticano (Roma). La saggezza dellumanit accompagni
sempre la ricerca scientifica..........................................................................42
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E) Giovanni Paolo II, 9 Maggio 1983. Ad un gruppo di scienziati -
Citt del Vaticano (Roma). Nessun limite sia posto alla nostra comune
ricerca del sapere............................................................................................43
F) Giovanni Paolo II, Venerd 26 Aprile 1985. Al simposio Fede ed
evoluzione - Citt del Vaticano (Roma). Retta fede nella creazione,
retto insegnamento dellevoluzione..............................................................44
G) Giovanni Paolo II, 1 Giugno 1988. Lettera al direttore della Specola
vaticana - Citt del Vaticano (Roma). La nostra conoscenza di Dio e della
natura: fisica, filosofia e teologia.....................................................................45
H) Catechismo della Chiesa Cattolica (1992).................................................46
I) Giovanni Paolo II, 31 Ottobre 1992. Sessione plenaria della Pontificia
Accademia delle Scienze - Citt del Vaticano. Appartiene ormai al passato il
doloroso malinteso sulla presunta opposizione costitutiva tra scienza e fede.....47
J) Giovanni Paolo II, 22 Ottobre 1996. Ai Membri della Pontificia
Accademia delle Scienze riuniti in Assemblea Plenaria. La verit non
pu contraddire la verit ...............................................................................52
K) Giovanni Paolo II, enciclica Fides et Ratio (1998).......................................53
L) Benedetto XVI (1998). Testi vari sul rapporto scienza-fede........................54
1. Omelia nella Santa Messa per linizio del suo pontificato,
domenica 24 aprile 2005.............................................................................54
2. Udienza generale, mercoled 9 novembre 2005.......................................54
3. Incontro con i giovani in piazza san Pietro, gioved 6 aprile 2006............55
4. Omelia per la Santa Messa nella spianata dellIslinger Feld di
Regensburg, marted 12 settembre 2006......................................................57
5. Discorso al 4 Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona,
gioved 19 ottobre 2006..............................................................................58
6. Discorso ai partecipanti alla Plenaria della Pontificia Accademia
delle Scienze, marted 7 novembre 2006......................................................58
7. Incontro con il Clero di Belluno-Feltre e Treviso, 24 luglio 2007...........59
8. Incontro con il Clero della diocesi di Bolzano-Bressanone,
6 agosto 2008..............................................................................................60
9. Discorso ai partecipanti al Congresso Internazionale promosso
dalla Pontificia Universit Lateranense nel X anniversario
dellEnciclica Fides et ratio, 16 ottobre 2008..................................................62
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