Sei sulla pagina 1di 79

Elementi di analisi macroeconomica

delle relazioni industriali.


Crescita economica, produttivit del
lavoro e modello contrattuale
Leonello Tronti
(Presidenza del Consiglio dei Ministri - Scuola
superiore della pubblica amministrazione)
Universit di Roma Tre, A.a. 2013-2014
2
Argomenti
La questione: crescita lenta e decrescita, produttivit
bloccata, impoverimento relativo e poi assoluto
Gli effetti sul mercato del lavoro
Cos la crescita economica?
Il quadro teorico di riferimento: il modello di crescita
della produttivit di Sylos Labini
Distribuzione funzionale del reddito e regola di Bowley
Il modello contrattuale italiano: lo scambio politico
masochistico
Effetti della rottura della regola doro dei salari
Consumi, investimenti e cooperazione per la crescita
Controprova: la redistribuzione dai salari ai profitti
Fuori dal tunnel: una proposta in tre passi.





3

La questione:
crescita lenta e poi decrescita,
produttivit bloccata,
impoverimento prima relativo
e poi assoluto
Crisi finanziaria e crisi
delleconomia reale
Ben prima dellinsorgere della crisi finanziaria
internazionale (2008), leconomia reale del
nostro Paese entrata in un sentiero di
declino relativo di lungo termine.
Nel periodo 1995-2007 (prima della crisi), la crescita
media annua del Pil stata:
in Italia pari all1,4%,
mentre quella dellEurozona era del 2,2%.
In altri termini, gi prima della crisi lItalia ha
perduto in media, nei confronti dellEurozona
(di cui parte rilevante) 0,8 punti lanno, per
13 anni.
4
5
Pil pro capite in parit di poteri dacquisto in
rapporto alla media europea Anni 1995 e
2006 (numeri indice in base media Ue15=100)
28
37
40
44
68
62 62
64
79
106
103
100
110
109
94
106
98
109
112
114
108
130
89
136
118
32
48
56
59
65
70
78
79
91
92
99
100
102 102
105
108
109 109
113
114
117
118
130
139
159
20,0
40,0
60,0
80,0
100,0
120,0
140,0
160,0
B
u
l
g
a
r
i
a
P
o
l
o
n
i
a
S
l
o
v
a
c
c
h
i
a
U
n
g
h
e
r
i
a
P
o
r
t
o
g
a
l
l
o
R
e
p
.

C
e
c
a
S
l
o
v
e
n
i
a
G
r
e
c
i
a
S
p
a
g
n
a
I
t
a
l
i
a
F
r
a
n
c
i
a
U
E
1
5
G
i
a
p
p
o
n
e
G
e
r
m
a
n
i
a
F
i
n
l
a
n
d
i
a
S
v
e
z
i
a
R
e
g
n
o

U
n
i
t
o
B
e
l
g
i
o
D
a
n
i
m
a
r
c
a
A
u
s
t
r
i
a
P
a
e
s
i

b
a
s
s
i
S
v
i
z
z
e
r
a
I
r
l
a
n
d
a
S
t
a
t
i

U
n
i
t
i
N
o
r
v
e
g
i
a
1995 2006
Fonte: Eurostat
6
Pil pro capite in rapporto alla media europea
Differenze 2007-1995 (pil pro capite in ppa;
differenze tra numeri indice media Ue15=100)
Fonte: Eurostat
Nel biennio 2008-2009 (crisi finanziaria) la caduta
stata -3,4 per cento lanno, quella dellEurozona -2,2
(-1,4 p.c. lanno);

Nel biennio 2010-2011 (lieve ripresa) la crescita
stata dell1,1 per cento, quella dellEurozona dell1,7
(-0,6 p.c. lanno);

Nel 2012-2013 (recessione) la caduta media stata
-2,15 per cento, quella dellEurozona -0,55 (-1,6 p.c.
lanno).
Negli anni della crisi le cose
sono peggiorate
Pil reale (a prezzi costanti) (1995-2013)
Fonte: Eurostat
Dal declino relativo al declino
assoluto
In tutto, tra il 1995 e il 2013, lItalia ha segnato una
perdita di 20,1 punti percentuali di Pil rispetto alla
media dellEurozona (lEurozona cresciuta del
30,1%, lItalia del 10%).

La crisi finanziaria non ha fatto che far emergere in
modo ancor pi evidente il declino delleconomia
italiana,
Che stato colpevolmente tenuto per anni sotto silenzio,
e che dal 2008 da relativo diventato assoluto.


Quali sono gli effetti della crisi
sul mercato del lavoro?
10
11
Il ridimensionamento occupazionale non ha
consentito una ripresa della produttivit che, invece,
continua a contrarsi (numeri indice, I/2008=100)
11
Fonte: Istat, Conti nazionali e Forze di lavoro
12
Occupazione e disoccupazione
12
Fonte: Istat, Forze di lavoro
Da picco a cavo:
- Occupati 1,151 mila
- Disoccupati +1,760 mila
13
Fonte: Istat, Forze di lavoro
Disoccupati, inattivi e inoccupati
(persone in et 15-64; numeri indice, I-2007=100)


Cos la crescita economica?
14
15
La pi semplice rappresentazione
formale (scomposizione) della crescita
economica
La scomposizione, che altro non che
unidentit e non propone relazioni di
comportamento, indica che la crescita del
prodotto pari alla somma:
della crescita dellinput di lavoro
E dellaumento della produttivit del lavoro
(oltre a un termine di interazione tra i due, di entit
trascurabile nel breve periodo).
NB: il puntino soprascritto indica tassi di variazione %.

t t


N N Y + + =
16
Crescita del prodotto lordo e contributi della
produttivit e delloccupazione nei paesi europei.
1995-2008 (su ogni colonna il valore % del contributo della
produttivit alla crescita del pil)
0.0
1.0
2.0
3.0
4.0
5.0
6.0
7.0
ITA GER DK CH FRA POR BEL EU15 AUS UK NL SVE NOR SPA FIN GRE ISL IRL
T
a
s
s
o

d
i

c
r
e
s
c
i
t
a

m
e
d
i
o

a
n
n
u
o

d
e
l

p
i
l
Contributo occupazione
Contributo produttivit
11,0
65,3
55,5
60,6
52,2
54,0
51,5
46,3
59,4
62,9 43,8 72,4
42,7
7,3
54,6
73,3
59,0
39,9
Fonte: Eurostat
17
Pil per ora lavorata (produttivit oraria del lavoro) in
rapporto alla media europea Differenze tra 2007 e
1995 (Differenze tra numeri indice in base media
Ue15=100)
Fonte: Eurostat
18

Perch cresce la produttivit?
Un quadro teorico di riferimento
radicato nelleconomia classica:
la funzione di produttivit
di Paolo Sylos Labini

19
Il modello di Sylos Labini
(19842005)
(con m<n,t)
Verifiche econometriche del
modello realizzate da PSL
20
Fonte: Corsi e Guarini, 2007, p. 21.
21
1. Leffetto Smith
Adam Smith: Laumento delle capacit produttive del
lavoro
dipende dalla divisione del lavoro,
che a sua volta dipende dallestensione del mercato.
Lintuizione di Adam Smith precorre di secoli le analisi sul
ruolo della domanda nella determinazione della
crescita;
Lestensione del mercato interno, ad esempio, dipende
anzitutto dalla dinamica dei salari e quindi da quella degli
investimenti, della spesa pubblica e delle esportazioni
nette.
Dunque , in questottica, la crescita del pil o quella dei
mercati esteri a determinare la dinamica della produttivit,
e non viceversa.
22
Leffetto Smith e le
invenzioni
Per Paolo Sylos Labini (2004), nella valutazione
del funzionamento dell effetto Smith nei
confronti del progresso tecnico necessario
distinguere
Le Grandi invenzioni (degli scienziati)
dalle piccole invenzioni (di lavoratori e
imprenditori).

Sono le piccole invenzioni ad essere endogene
e pi facilmente attivate dall effetto Smith,
e quindi in generale pi importanti ai fini della
crescita economica.
La legge di Verdoorn (a)
Leffetto Smith combina il ruolo della domanda con quello del
progresso tecnico in termini di divisione e specializzazione del
lavoro.
Le analisi successive sullinfluenza della crescita sulla
produttivit si sono soffermate anche sui rendimenti di scala
crescenti, legati alla dimensione delle imprese e alle economie
di scala, in termini sia fisici (la c.d. cube rule di Thirlwall), sia
organizzativi.
La legge di Verdoorn (dalleconomista olandese Petrus
Johannes Verdoorn), evidenzia, per lappunto, che
unaccelerazione della produzione aumenta la produttivit a
causa di rendimenti crescenti .
Nel lungo periodo una variazione del volume della produzione, diciamo di
circa il 10 per cento, tende ad essere associata con un aumento medio della
produttivit del lavoro del 4,5 per cento (Verdoorn, 1949, p . 59).
23
La legge di Verdoorn (b)
La legge di Verdoorn
si differenzia dall "ipotesi usuale... che la crescita della
produttivit sia principalmente spiegata dal progresso delle
conoscenze in campo scientifico e tecnologico" (Kaldor, 1966, p .
290), come tipicamente ipotizzato nei modelli di crescita
neoclassici (ad esempio, il modello di Solow),
Ed invece solitamente associata con i modelli di causazione
cumulativa della crescita, in cui la domanda piuttosto che
l'offerta a determinare il ritmo dellaccumulazione.

Un coefficiente di Verdoorn vicino a 0,5 si trova anche
nelle successive stime della legge.
Nicholas Kaldor (1966, p. 289) riporta un coefficiente pari a 0,484,
E Sylos Labini, come abbiamo visto, riporta nelle sue stime
delleffetto Smith su diversi paesi, periodi e settori, coefficienti
con un valore medio di 0,43 (in Italia il coefficiente medio pi
alto: 0,55).
24
Kaldor e Thirlwall: il ruolo
della domanda estera
Nicholas Kaldor (1966) e Anthony Thirlwall (1979) hanno
sviluppato modelli di crescita export-led basati sulla legge di
Verdoorn:
Per un dato paese un'espansione del settore delle esportazioni pu causare
una specializzazione nella produzione di prodotti destinati all'esportazione.
La specializzazione aumenta il livello di produttivit e il livello delle
competenze nel settore esportatore (divisione e specializzazione del lavoro).
Ci pu quindi portare ad una riallocazione di risorse dal settore non
esportatore, meno efficiente, al settore esportatore, pi produttivo;
La riallocazione conduce a prezzi pi bassi per i beni esportati e a una
maggiore competitivit delle esportazioni.
Laumento di produttivit pu quindi portare allespansione dellexport e alla
crescita della produzione.

A volte la legge di Verdoorn viene chiamata legge o effetto di
Kaldor-Verdoorn.
25
26
2. Leffetto Ricardo
Per Ricardo la produttivit cresce come effetto di un risparmio
diretto del coefficiente di lavoro a parit di produzione,
Il risparmio diventa necessario quando si verifica un aumento del
costo relativo del lavoro,
Ossia un aumento del costo del lavoro rispetto al prezzo delle macchine.
La sostituzione pu provocare nel breve periodo, in presenza di
una domanda stagnante o rigida rispetto al prezzo, la c.d.
disoccupazione tecnologica.
Punti di contatto con Marx: Le macchine corrono l dove c lo
sciopero.

Nelle stime di Paolo Sylos Labini, il coefficiente del costo
relativo del lavoro, con un ritardo medio tra 2 e 3 anni, pari a
0,43.
Per lItalia il coefficiente medio di 0,41.
3. Il costo assoluto del
lavoro
Il movimento del costo assoluto del lavoro dato dalla
differenza tra la variazione del clup e quella dei prezzi
del prodotto.
Il costo del lavoro per unit di prodotto in termini nominali (clup;
unit labour cost, ulc, in inglese) dato dal rapporto tra il costo
del lavoro per unit di lavoro e la produttivit del lavoro (clup=cl/).
Si noti che il clup un rapporto tra una grandezza nominale (il
costo del lavoro per unit di lavoro) e una grandezza reale (la
produttivit del lavoro).
Il clup comunemente considerato uno dei principali indicatori di
competitivit del sistema economico cos come dellimpresa.

Il costo assoluto del lavoro misura pertanto landamento
del costo del lavoro non in termini nominali, ma in
relazione ai prezzi di beni e servizi.



27
Effetti del rapporto tra variazione
del clup e inflazione
Se il clup cresce meno dellinflazione, il costo assoluto
del lavoro si riduce e le imprese aumentano i loro
margini di guadagno,

Se, invece, il clup cresce pi dellinflazione, il costo
assoluto del lavoro aumenta,
E gli imprenditori tentano di salvaguardare i propri guadagni
riducendo loccupazione o riorganizzando la produzione per
rendere i lavoratori pi produttivi.
In genere leffetto dellaumento del costo assoluto del lavoro sulla
dinamica della produttivit piuttosto rapido (qualche trimestre-
un anno)

Nelle stime di Paolo Sylos Labini, il coefficiente del costo
assoluto del lavoro, con un ritardo di 1 anno, pari a 0,18.
Per lItalia il coefficiente medio di 0,15.


28
29
Costo assoluto del lavoro e
quota del lavoro corretta
Possiamo infatti notare che la quota del lavoro nel reddito corretta per gli indipendenti (
c
L
S ) pu
essere definita nel modo seguente (Tronti, 2006):
1
) (

=

+
= p ulc
p Y
w N
p Y
w N N
S
i d c
L
,
dove N
d
loccupazione dipendente, N
i
quella indipendente, w il tasso di salario, Y il prodotto, p
i prezzi, N loccupazione totale e ulc il costo del lavoro per unit di prodotto. Lequazione mostra
che la quota del lavoro corretta pu essere espressa anche come rapporto tra questultimo
indicatore e i prezzi. Quindi, riscrivendo lequazione in termini di variazioni abbiamo:
c a l
p
c l u
p c l u S
c
L


~ + = ,
da cui, con lassunzione di trascurabilit del termine di interazione, otteniamo che la variazione
della quota del lavoro corretta identica alla variazione del costo assoluto del lavoro (labour
absolute cost o lac). Possiamo quindi ricavare la condizione di stabilit:
0 0 ~ = ~ ~ c a l p c l u S
c
L


.
La legge di Bowley implica che la variazione del costo del lavoro per unit di prodotto sia pari a
quella dei prezzi, ovvero che il costo assoluto del lavoro rimanga costante.
4. Gli investimenti pregressi
Si tratta degli investimenti realizzati negli anni precedenti (t=2
anni);
gli investimenti correnti, infatti, sono troppo recenti per causare
effetti produttivi di rilevo, e pertanto svolgono un ruolo economico
soltanto dal lato della domanda, in termini di ampliamento del
mercato dei beni capitali (effetto Smith).
Mentre soltanto gli investimenti realizzati in precedenza
influenzano sia la capacit produttiva, sia la crescita della
produttivit nel periodo corrente.
In generale, infatti, i nuovi beni capitali impiegano 2 anni a
integrarsi nei processi produttivi al punto da accrescerne la
produttivit.

Nelle stime di Paolo Sylos Labini, il coefficiente degli investimenti
pregressi, con un ritardo di 2 anni, pari a 0,08.
Per lItalia il coefficiente medio di 0,06.

30
Il modello di Sylos Labini in
un grafico
31
Fonte: calcoli su dati Istat
32


La distribuzione funzionale
del reddito:
La regola di Bowley
33
La regola di Bowley - 1
A seguito degli studi sui redditi in Gran Bretagna (Bowley e
Stamp, 1927), associata al nome di Arthur Bowley lipotesi
della costanza nel tempo della quota del lavoro nel reddito,
principio divenuto in seguito noto come legge o regola di
Bowley.

La distribuzione funzionale del reddito (tra quota del lavoro e
quota del capitale) viene ad occupa un ruolo preminente nella
teoria economica con il contributo degli economisti post-
keynesiani, che la considerano come dipendente dal tasso di
crescita del prodotto.
Nel breve periodo, un incremento del tasso di crescita delleconomia non viene
compensato dalla dinamica salariale e comporta quindi uno spostamento della
distribuzione a favore dei redditi da capitale. La contrattazione sindacale tende
a riportare la distribuzione allequilibrio precedente.
Gli economisti post-keynesiani forniscono cos uninterpretazione delle
variazioni di breve periodo della distribuzione funzionale dei redditi, che si
accompagna per con la previsione di una costanza delle quote di reddito nel
lungo periodo (legge di Bowley).
34
La regola di Bowley - 2
Date le diverse propensioni al risparmio di lavoratori e
imprenditori, la manovra della distribuzione funzionale del reddito
potrebbe consentire di portare i risparmi ad eguagliare gli
investimenti necessari per conseguire:
a) il pieno impiego
b) o il tasso di crescita del prodotto desiderato.

Di qui limportanza fondamentale della politica dei redditi per la
crescita e loccupazione.

Per Kaldor (1957) la stabilit nel tempo della distribuzione
funzionale del reddito conseguenza della costanza del saggio di
profitto e della coincidenza del tasso di crescita del rapporto
capitale-lavoro con quello della produttivit del lavoro.
Queste condizioni, prescrittivamente, consentono un sentiero di
balanced growth delleconomia.
Il modello di crescita
bilanciata di Kaldor (1957)
Se il tasso di crescita del rapporto capitale-lavoro
coincide con quello della produttivit del lavoro:

=
Y
L


il rapporto capitale-prodotto costante nel tempo.

E, se il saggio di profitto anchesso costante,
allora anche la quota del capitale nel reddito
costante e, per converso, costante anche la quota
del lavoro.

= .
35
Incentivo alla cooperazione
e stimolo ai consumi
Oltre ad essere uno dei pilastri della
crescita bilanciata la Kaldor, la legge
di Bowley:
preserva lincentivo chiave alla
cooperazione tra i partner sociali
finalizzata al miglioramento della
produttivit e alla crescita,
e consente il massimo aumento dei
consumi raggiungibile senza esercitare
pressioni inflazionistiche sul saggio di
profitto.
36
37
La regola di Bowley - 3
Al di l del suo valore euristico, la regola di Bowley pu
essere assunta come regola aurea della politica dei
redditi, perch:
in parit di altre condizioni, assicura la massima crescita dei
salari (e della domanda interna) compatibile con lassenza di
pressioni sul saggio di profitto e, quindi, sui prezzi.

Questa condizione comporta come corollario che le
retribuzioni reali crescano nellesatta misura della
crescita della produttivit del lavoro (regola doro
della politica salariale),
Ci non tanto per unimplicita identificazione dei lavoratori
come unici autori della crescita della produttivit, ma per gli
effetti delle retribuzioni sui consumi e sulla crescita.

38
Salario, produttivit e regola di
Bowley
Sia w il salario di fatto, N
D
loccupazione dipendente, Q il
reddito reale totale e p i prezzi; la quota del lavoro, o quota
del lavoro dipendente nel reddito (S
L
), pu essere definita
nel modo seguente:


da cui, moltiplicando e dividendo per loccupazione totale
N
T
, e sostituendo la produttivit del lavoro t al reddito per
occupato, abbiamo:


dove n
D
indica lincidenza delloccupazione dipendente sul
totale. Da questa equazione si ricava agevolmente la nota
condizione di crescita salariale che assicura linvarianza
della quota del lavoro:

1 1
= p Q N w S
D L
,

1 1
= p n w S
D L
t ,

D L
n p w S

+ ~ ~ t 0 .
39
Legge di Bowley e regola
doro dei salari
La slide precedente dimostra che la
legge di Bowley si verifica soltanto se:
la crescita del salario reale eguaglia la
variazione della produttivit del lavoro
(regola doro),
al netto della variazione dellincidenza
delloccupazione dipendente sul totale
(che nel breve periodo pu essere
considerata pari a zero).
Questa condizione vale tanto a livello macro,
per lintera economia, quanto a livello micro,
per la singola impresa.
40
Condizioni della regola di
Bowley
Quanto precede dimostra che la
regola di Bowley si verifica soltanto
se:
la crescita del salario reale eguaglia
la variazione della produttivit del
lavoro,
al netto della variazione
dellincidenza delloccupazione
dipendente sul totale (che solo nel
breve periodo pu essere considerata
pari a zero).
41


Il modello contrattuale
del Protocollo di luglio 1993
Lo scambio politico masochistico

42
Il Protocollo di luglio 1993
Il meccanismo di negoziazione dei salari previsto dal
Protocollo di Luglio 1993 prevede:
Due livelli negoziali, specializzati e non sovrapposti:
1. Importi tabellari (minimi) previsti dai CCNL e legati
allinflazione programmata;
2. Salario di risultato a livello aziendale o territoriale,
legato a produttivit, profittabilit e qualit a livello
locale.
Una forma di politica salariale danticipo (tasso di
inflazione programmata e recupero degli
scostamenti);
altri contenuti di ammodernamento del lavoro e delle
imprese (seconda parte).
Manca qualunque riferimento alla stabilit delle quote
distributive.
43
Il modello contrattuale in
formule
Introduciamo una semplice formalizzazione del modello
contrattuale italiano.
Sia il tasso di variazione percentuale del salario medio,

1
il tasso di variazione percentuale del salario di primo
livello (definito dai CCNL) e
2
il tasso di variazione
percentuale del salario di secondo livello (definito dalla
contrattazione aziendale o territoriale).
Il tasso di variazione del salario complessivo sar pari a:
Dove lincidenza del primo livello contrattuale sul salario
complessivo e (1- ) lincidenza del secondo livello.
Ma la contrattazione di secondo
livello non mai decollata
Secondo lindagine Invind della Banca dItalia (DAmuri e
Giorgiantonio, 2013), la contrattazione decentrata copre oggi
allincirca il 21% delle imprese al di sopra dei 20 addetti nel settore
privato delleconomia.
Queste imprese rappresentano oltre il 70% degli addetti nel settore
dellindustria in senso stretto e quasi il 60% nel comparto dei servizi non
finanziari (sempre delle imprese sopra i 20 addetti).
Restano quindi privi di contrattazione decentrata:
circa il 30% degli addetti dellindustria e pi del 40% degli addetti dei
servizi nelle imprese sopra i 20 addetti (che occupano il 42% dei
dipendenti delleconomia),
e quasi tutti i dipendenti delle imprese sotto i 20 addetti (il 58% dei
dipendenti delleconomia).
La contrattazione decentrata, dunque, copre soltanto il 25-
30% dei lavoratori dipendenti e lascia scoperto almeno il 70-75%,
che non ha strumenti per aumentare il proprio potere dacquisto.
44
Modello contrattuale, contrattazione
decentrata e regola di Bowley
Ipotizzando che
1
= ,
ovvero che il salario di primo livello si muova esattamente con
linflazione,
Possiamo illustrare il rapporto tra modello contrattuale italiano
e regola di Bowley calcolando il tasso di crescita del salario di
secondo livello che soddisfa linvarianza della distribuzione
funzionale del reddito:


Nellinsieme delleconomia italiana, sulla base della differenza
in valore assoluto tra retribuzioni complessive e retribuzioni di
primo livello, si pu calcolare che il fattore * ha un valore
medio molto elevato, vicino a 6,5 un valore che conferma la
scarsa diffusione della contrattazione di secondo livello.
45
46
Modello contrattuale e regola di
Bowley - 2
Pertanto, il Protocollo di luglio 93 affida la
possibilit di rispettare la regola di Bowley a
due condizioni:
1. che la contrattazione decentrata (aziendale o
territoriale) sia diffusa a tutte le imprese, e quindi sia
disponibile per tutti i dipendenti una voce retributiva
flessibile, aggiuntiva rispetto alle voci stabilite dal
contratto nazionale di categoria;
2. che il salario di secondo livello cresca in misura tale
da eguagliare la dinamica della retribuzione di fatto
reale (comprensiva di primo e secondo livello
retributivo) alla variazione della produttivit del
lavoro.
47
Efficacia della contrattazione
decentrata e regola di Bowley
Le due condizioni sono in generale poco
probabili,
in particolare nel sistema produttivo
italiano, che caratterizzato da un gran
numero di imprese piccole e
piccolissime, dove la contrattazione
collettiva incontra notevoli difficolt a
svilupparsi.
Il modello contrattuale,
dunque, tutela i profitti
I contratti nazionali di categoria non remunerano gli
aumenti di produttivit ma si limitano a prevenire la
perdita di potere dacquisto del salario fondamentale.
Gli incrementi di produttivit vengono invece
remunerati quando derivano da specifici accordi siglati
in sede decentrata, aziendale o (assai pi di rado)
territoriale, e solo se si registrano i risultati attesi.
Questi vincoli creano di fatto una clausola di
salvaguardia dei profitti che nel tempo si dimostrata
insostenibile tanto quanto lo era, per i salari e
ventanni prima, la scala mobile con il punto unico di
contingenza.
48
Da un eccesso allaltro
Il modello negoziale italiano pone il costo del mancato
aumento di produttivit, in termini di corrispondente
stagnazione del salario reale, in capo ai lavoratori e non
alle imprese.
Queste infatti, in assenza di pressione salariale, possono
preservare i margini di profitto senza dover ricorrere a
impegnativi recuperi di produttivit.
Gli imprenditori non affrontano costose riorganizzazioni
alla leggera, non sfidano il futuro con massicci
investimenti a meno che non abbiano forti motivi per
farlo tra i quali quello salariale (ivi incluso il ruolo del
salario come elemento centrale della domanda di
consumi) uno dei pi rilevanti.
49
50
Perch lItalia si data un modello
contrattuale favorevole alle imprese e
non ai lavoratori?
Nel 1993 lItalia si trovava nella doppia
condizione:
Di dover fronteggiare la pi grave crisi occupazionale
del dopoguerra
E di dover accomodare lultima grande svalutazione
della lira (settembre 1992) in vista dellentrata nel
Club delleuro al primo turno.

In realt laccordo prevedeva la sua revisione
dopo 5 anni. Questa venne tentata dalla
Commissione Giugni (1997), le cui
raccomandazioni di estensione della
contrattazione territoriale (a livello regionale,
provinciale, di distretto) rimasero per senza
esito.


Effetti macroeconomici
della rottura
della regola doro
della politica salariale
51
La rottura della regola
doro
La mancata diffusione della contrattazione di secondo
livello che ancora esclude pi del 70 per cento dei
dipendenti delle imprese ha causato per la larga
maggioranza delle aziende il mancato rispetto della
cosiddetta regola doro dei salari, che richiede che i
salari reali crescano nella stessa misura della produttivit
del lavoro.
Ma la violazione sistematica e prolungata della regola
doro della politica salariale comporta pesanti effetti sui
consumi e sulla crescita.
52
53
Effetto macroeconomico combinato
atteso dei due livelli negoziali
Casi possibili Contrattazione
nazionale
(primo livello)
Produttivit
del lavoro
Contrattazione
decentrata
(secondo livello)
Quota del
lavoro nel
reddito
Caso 1:
Normale
Mantiene il potere
dacquisto delle
retribuzioni di base
Cresce Non disponibile a tutti i
dipendenti e/o non in grado
di eguagliare la crescita
delle retribuzioni reali con
quella della produttivit
Si riduce
Caso 2:
Non molto
probabile
Mantiene il potere
dacquisto delle
retribuzioni di base
Cresce Disponibile a tutti i
dipendenti e/o di importo
tale da eguagliare la
crescita delle retribuzioni
reali con quella della
produttivit
Rimane
stabile
Caso 3:
Improbabile
Mantiene il potere
dacquisto delle
retribuzioni di base
Si ferma o si
riduce
Si ferma o distribuisce ai
salari aumenti maggiori
della crescita della
produttivit
Cresce

54
Criticit del funzionamento del modello
contrattuale del Protocollo 93
In condizioni di normale funzionamento
delleconomia,
la produttivit del lavoro cresce;
e il modello tende ad aumentare la quota dei
profitti (ovvero a comprimere la quota del
lavoro) automaticamente, senza alcuna
contropartita in termini di investimenti,
occupazione, formazione, riorganizzazione ecc.

Paradossalmente, questa tendenza implicita si
pu arrestare o riequilibrare solo con una caduta
della produttivit del lavoro.
Un rapporto inverso e anticiclico
tra produttivit e quota del lavoro
Nel modello contrattuale italiano, il
combinato disposto:
della rigidit verso il basso in termini reali
del salario fondamentale definito dai
contratti nazionali (primo livello)
e della mancata diffusione della
contrattazione integrativa (secondo livello)
ha stabilito un rapporto inverso e
anticiclico tra crescita della produttivit
e quota del lavoro nel reddito.
55
Il meccanismo perverso del
modello contrattuale
Se la produttivit cresce (come dovrebbe
accadere sempre), la scarsa diffusione della
contrattazione integrativa fa s che i
guadagni di produttivit vadano ad
aumentare la quota del capitale nel reddito.
Se, viceversa la produttivit si riduce (come
non dovrebbe accadere mai), la rigidit
verso il basso del salario reale
fondamentale torna a far crescere la quota
del lavoro.
56
Il legame inverso tra produttivit del
lavoro e quota del lavoro nel reddito
(numeri indice, 1992=100) - 1
57
Fonte: Elaborazione su dati Istat, Conti nazionali

Il legame inverso tra produttivit del
lavoro e quota del lavoro nel reddito
(numeri indice, I/2006=100) - 2
58
Fonte: Elaborazione su dati Istat, Conti nazionali trimestrali


Effetti del modello contrattuale
su consumi, investimenti, crescita,
cooperazione
per la produttivit e la crescita
59
Produttivit e quota del
lavoro
Dagli anni 80 al 2008, come ricorda lOrganizzazione
Internazionale del Lavoro, con la crescita della produttivit, la
quota del lavoro nel reddito caduta in Italia di 10 punti.
Con la crisi, in corrispondenza con la perdita di produttivit,
per gli effetti descritti la quota ne ha riguadagnati 4.

Ma la dinamica dei salari, come abbiamo appreso dal modello
di Sylos Labini, influenza la produttivit, e quindi la crescita:
attraverso leffetto Smith (i consumi),
il prezzo relativo del lavoro (effetto Ricardo)
e il costo assoluto del lavoro (quota del lavoro).
E influenza anche, assieme alla crescita della domanda, la
propensione allinvestimento.

La compressione della quota del lavoro ostacola la
crescita.
60
61
Relazione tra livello della quota del lavoro
dipendente nellanno t e crescita media del
pil nel triennio t_t+2
1971
1972
1973
1974
1975
1977
1979
1982
1983
1987
1988
1984
1989
1990
1991
1992
1996
1976 1978
1985
1980
1993
1994
1995
2006
1999
2000
2001
2002
2003
2004
1998
2005
1997
1981
1986
0
1
2
3
4
5
6
42.0 44.0 46.0 48.0 50.0 52.0 54.0 56.0
Quota del lavoro dipendente
T
a
s
s
o

d
i

c
r
e
s
c
i
t
a

d
e
l

p
i
l

n
e
l

t
r
i
e
n
n
i
o

s
u
c
c
e
s
s
i
v
o
vPIL
t,t+2
= - 10,387 +0,2599QL
t
R
2
corr. =0,4327
Relazione tra quota del lavoro dipendente nel reddito e crescita media del pil nel triennio t-t+2
Fonte: Istat, Conti nazionali
62
La quota del lavoro influenza la crescita non
solo attraverso i consumi, ma anche
attraverso la propensione allinvestimento
50,0
60,0
70,0
80,0
90,0
100,0
110,0
120,0
1971 1975 1979 1983 1987 1991 1995 1999 2003
74,00
76,00
78,00
80,00
82,00
84,00
86,00
Investimenti f.l./profitti lordi
Quota del lavoro (scala di destra)
c + + =
L
S Ifl ln 4527 , 4 124 , 15 ln
7205 , 0
2
= R
Fonte: Istat, Conti nazionali
63
Legge di Bowley e cooperazione
per la crescita - 1
Il Protocollo 93 ha quindi creato un meccanismo che
viola la legge di Bowley, alterando automaticamente la
stabilit delle quote distributive,
e istituisce un sistema di incentivi evidentemente
sfavorevole alla crescita economica:
Gli imprenditori trovano un equilibrio tra lincentivo ad
occupare lavoro a basso costo (e bassa produttivit) e
quello ad accrescere la produttivit per spostare
automaticamente a loro favore la distribuzione del reddito;
I lavoratori sono esposti allazzardo morale di poter
riequilibrare la distribuzione del reddito solo frenando la
produttivit.
64
Regola di Bowley e cooperazione
per la crescita - 2
In altre parole, il sistema istituzionale di regolazione
delle retribuzioni abbatte i consumi, la propensione
allinvestimento e lincentivo per i partner sociali a
cooperare per la crescita.
E il sistema economico viene sospinto dalle convenienze
dei partner sociali a imboccare un sentiero di
stagnazione economica.

per questo che lo scambio politico alla base del
modello contrattuale italiano non pu che definirsi, con le
parole di Tarantelli, uno scambio masochistico: un
gioco in cui alla fine perdono tutti.


Controprova:
lentit della redistribuzione
dai salari ai profitti

65
La redistribuzione del
reddito dai salari ai profitti
Non difficile calcolare lentit della redistribuzione
di risorse dai salari ai profitti operata da questo
perverso meccanismo istituzionale.
In prima approssimazione, senza tener conto degli
effetti della distribuzione del reddito sulla crescita, il
computo pu essere condotto in modo
controfattuale
ovvero valutando la differenza tra il valore storico del
monte profitti e quello che si sarebbe verificato se i salari
reali fossero cresciuti nella stessa misura dei pur modesti
aumenti della produttivit, e dunque lasciando inalterata la
quota del lavoro nel reddito.
66
Un contributo ingente
Il contributo offerto dalla quota del lavoro ai
profitti stato davvero ingente:
a prezzi 2005, oltre 50 miliardi di euro gi due anni
dopo la sigla del protocollo,
fino a pi di 75 miliardi lanno nel triennio 2000-2002
e attorno ai 68 miliardi lanno tra il 2003 e il 2007.
Soltanto con la crisi (tra il 2009 e il 2012), in
dipendenza dalla della tenuta dei salari
contrattuali reali a fronte della caduta della
produttivit del lavoro, il contributo si ridotto
a valori pi modesti, tra i 30 e i 40 miliardi
lanno.
67
Contributo della quota del lavoro alla quota dei
profitti, a prezzi costanti del 2005 (differenza tra il valore
storico della quota profitti e quello che sarebbe risultato dallapplica-
zione della quota del lavoro del 1992, in termini di valori annuali e di
valori cumulati)
68
Fonte: Elaborazione su dati Istat, Conti nazionali
Il valore complessivo
Il valore cumulato di questi trasferimenti
impliciti operati automaticamente dal modello
contrattuale dal 1993 al 2012 ammonta a ben
1.069 miliardi di euro:
circa 53 miliardi di euro lanno a prezzi
costanti del 2005!
Ovvero circa 3.200 euro per dipendente lanno;
E circa 64 mila per dipendente in termini cumulati dal
1993 al 2012.
69
E lItalia non cresce
Si tratta di una cifra indubbiamente
ragguardevole, a mio avviso sufficiente a
spiegare:
non solo il freno dei consumi e laumento
dellindebitamento delle famiglie,
ma anche (e forse soprattutto) i ritardi di
innovazione, i mancati investimenti, la sopravvivenza
di imprese marginali i cui prodotti o servizi
continuano a gravare sui bilanci delle famiglie e delle
imprese competitive,
lincapacit del segmento sano dellapparato
produttivo di crescere sino a trainare fuori dal tunnel
lintero Paese.

70
Per crescere necessario che il potere
dacquisto dei salari aumenti
Il raffronto tra lentit delle risorse trasferite e i
risultati delleconomia smentisce lipotesi di neutralit
della distribuzione del reddito ai fini della crescita.
Il meccanismo perverso che ha garantito i profitti al di
l dei meriti di mercato nel lungo periodo ha minato,
per la cospicua parte del sistema produttivo esclusa
dalla contrattazione decentrata e dalla concorrenza
internazionale, lincentivo a investire per migliorare la
qualit dei processi produttivi e dei prodotti.
Il disincentivo ha influito tanto sulle scelte
imprenditoriali, garantite sul lato dei profitti, quanto
su quelle dei lavoratori, non remunerati in caso di
performance produttive migliori.

71
La depressione salariale
italiana in termini comparati
72
Fonte: Eurostat
Dopo laccordo del 1993
La revisione del modello contrattuale varata il 22
gennaio del 2009 (Accordo separato).
Lart. 8 della legge 148 del 2011.
Laccordo Linee programmatiche per la crescita
della produttivit e della competitivit in Italia
del 22 novembre del 2012 (anchesso
separato).
I primi passi di un patto dei produttori:
Laccordo Interconfederale del 28 giugno 2011,
Il protocollo dintesa del 31 maggio 2013,
Il testo unico sulla rappresentanza del 10 gennaio
2014.

73


Uscire dal tunnel.
Una proposta in tre passi
74
Il dialogo tra economisti
Il 4 giugno 2013 si sono riuniti a Roma, alla Facolt di Economia
della Sapienza, alcuni economisti che negli anni recenti hanno
studiato il male oscuro del declino della crescita della produttivit
in rapporto con la contrattazione collettiva.
Tra loro Giuseppe Ciccarone, Nicola Acocella, Riccardo Leoni,
Marcello Messori, Paolo Pini, Anna Maria Simonazzi, Paolo
Piacentini, Antonella Palumbo, Antonella Stirati, Davide Antonioli,
Giovanni Di Bartolomeo, Pasquale Tridico, chi scrive e numerosi
altri.
Obiettivo dellincontro, organizzato dalla Facolt e da Economia &
lavoro, la rivista della Fondazione Giacomo Brodolini, era
confrontare risultati e indicazioni di policy per formulare una
proposta di uscita dal tunnel, da far giungere ai partner sociali e al
governo.
Le proposte di uscita dal tunnel provenienti dal Dialogo si possono
riassumere in tre punti fondamentali.
75
1. Riorganizzare i luoghi di
lavoro
Contrattazione di linee guida di
riorganizzazione dei luoghi di lavoro (nuove
tecnologie, organizzazione flessibile, rapporti di
lavoro ad alta performance) per agevolare, dal
lato dellofferta, luscita dalla crisi delle imprese
in condizioni pi difficili,
possibilmente nel quadro di una strategia di
politica industriale e di politica economica
promossa dal Governo e dallUnione Europea
che insista sulle indispensabili riforme strutturali sul
lato del capitale e dello Stato e non pi sul lato del
lavoro;
76
2. Programmare produttivit
e salari reali
Contrattazione di:
valori obiettivo di aumento della produttivit
(produttivit programmata), finalizzati a
ridurre il divario di produttivit tra lItalia e i
maggiori paesi partner nelleuro,
e crescita salariale reale in linea con essi,
indipendentemente dai risultati effettivi,
Per creare un forte stimolo dal lato della
domanda e responsabilizzare le imprese alla
riorganizzazione in accordo con le Linee guida di
cui al punto 1.
77
3. Contrattare la quota del
lavoro nel valore aggiunto
Contrattazione esplicita di un valore obiettivo
della quota del lavoro nel valore aggiunto
(quota del lavoro programmata), a livello sia di
impresa che di comparto, in relazione alla
politica salariale di cui al punto 2,
anche attraverso lestensione della contrattazione
decentrata,
da ottenersi con lo sviluppo della contrattazione
territoriale (v. la relazione della Commissione Giugni di
revisione del Protocollo del 93 e il Piano del Lavoro
2013 della Cgil), in modo da contemperare la
necessaria ripresa del livello dei consumi con quella
degli investimenti.
78
Partner sociali e governo
Sotto i duri colpi della crisi, i partner sociali
stanno muovendo assieme, e in modo finalmente
unitario, passi importanti per il rinnovamento del
sistema di relazioni industriali
e, sperabilmente, anche dellapparato produttivo e
del modello di sviluppo.
Spetta alle forze di governo:
abbandonare gli strascichi di un ventennio perdente,
accompagnare gli sforzi dei partner sociali
e riprendere il ruolo di guida del progresso del Paese,
senza il quale luscita dal tunnel rimarr un miraggio
irraggiungibile.

79

Potrebbero piacerti anche