Rivista online di filosofia, cultura e societ/ISSN 2282-5762
www.haecceitasweb.com - ISSN 2282-5762 Ottobre 2011
Reiner Schrmann, Maestro Eckhart o la gioia errante, Laterza, Roma-Bari 2008, Pagg. 250.
Eckhart proclama un messaggio semplice, la sua dottrina non ha nulla di esoterico o di straordinario. Essa iguada i he di pi odiaio i uesisteza, e i he la aggio pate degli uoii vive. Rispode alle doade eleetai dellappedieto del estiee di vivee: he os la ia libert originaria, e come posso riappropriarmene? In che modo posso tornare a me stesso? Dove posso trovare la gioia che non sfiorisce?
Reiner Schrmann.
Il volume che presento ha avuto uno strano destino, proprio come il suo autore, Reiner Schurmann, e l'oggetto del libro, Meister Eckhart: tutti e tre sono stati dimenticati dalla vulgata filosofica pur essendo il loro valore teoretico indiscutibile. L'opera ha per oggetto, come segnalavo tra le righe, Meister Eckhart, uno dei maggiori pensatori del medioevo cristiano, oggi sconosciuto anche a molti dipartimenti di filosofia medievale, in quanto relegato nel magma indefinito della realt mistica del tardo medioevo. Come afferma la presentazione della Laterza, che pubblica questo volume, Maestro Eckhart (1260 circa - 1327 circa) una figura di solido pensatore, cresciuto presso la scuola dei conventi dell'ordine di San Domenico, rinnovati dalle riflessioni di Alberto Magno. Il contesto storico- culturale fornisce ad Eckhart le sollecitazioni necessarie per un pensiero autonomo che tanta importanza ha nello sviluppo della teologia negativa, quella secondo la quale di Dio non si pu parlare che per negazioni, affermando ci che non . In questo lavoro, che appartiene alla preistoria della produzione di Schurmann, essendo del 1971, Eckhart viene interpretato come un metafisico eretico che pone, alliteo di u iteogazioe sullessee, il piato del fae sul die. Gli studi sul Meister tedesco, iniziati presso la facolt di teologia di Le Salchoir, aopageao hua pe tutta lesisteza e saao lo sfondo delle pi tarde opere su Heidegge e le egeoie ifate. Il primato del fare uno degli argomenti centrali della riflessione eckhartiana: il distao dellaia dalla ealt odaa (labegescheidenheit). Secondo tale ermeneutica il logos pu ifatti asee el fodo dellaia, luogo dellioto/peseza o il fodo di Dio, solo dopo aver raggiunto, attraverso un percorso di ascesi, il distacco dalla realt terrena. Il tema chiarisce la
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vicinanza di certe intuizioni eckhartiane con tante riflessioni di pensatori buddhisti (pensiamo alle riletture della scuola di Kyoto). Il tema del distacco, e il peoso esisteziale he lo peette, fa da liea guida allitea pima pate di la gioia eate. Lessee viene colto non in quanto presenza-spaziale ma come evento, sciolto cos da ogni metafisica di tipo sostanziale. Il volume strutturato in un ampio e analitico commento che Schurmann fa di sette sermoni tratti dalla produzione in volgare di Eckhart. La scelta effettuata ha una precisa valenza filologico- ermeneutica, infatti, le opere in volgare, secondo diversi interpreti, rappresenterebbero la posizione pi intima del pensatore, quella esposta durante le prediche pastorali, al di fuori delle rigidit istituzionali che invece innerverebbero i sermoni latini. La domanda cui Schurmann, lungo tutto il testo, attraverso Eckhart, pone : oe pu laia conoscere Dio? La risposta sta nel ricongiungimento teoretico/esperienziale tra la Divinit e il s el fodo dellaia, uestultio, pe hua-Eckhart, il luogo della compresenza di Dio e del logos spogliato dalle sovrastrutture fantasmatiche sedietatesi duate lespeieza ita- mondana. La necessit di un percorso di ascesi ben evidenziato nel primo sermone commentato da Schurmann, Intravit Iesus. Qui la figua della vegie hiaaete iada allo stato dellaia libera da ogni attaccamento alle immagini empiriche sedimentatesi nella mente, pronta, quindi, ad aogliee Dio el fodo di s. Questaia saee stata vegie el suo pe-esistere e attraverso un processo di ascesi a quello stato, dovrebbe ri-tendere verso la condizione perduta al fine di iotae Dio. Bisoga peisae he la atua di uesto distao o deve potae laia a rifiutare la realt ma le dovrebbe introdurre verso nuove modalit esperenziali improntate al distacco. Dalle analisi di Schurmann si deduce la superficiale banalizzazione che ha spinto la frettolosa etichettatura di questa modalit dellioto ta laia e Dio entro il magma indefinito della mistica. Eckhart, a ben vedere appare, grazie a Schurmann, un pensatore solido in possesso di fotie e stuttuate posizioi teoretiche. Questo tipo di mistica, che Vannini ha definito in maniera petiete speulativa, e distate da uella di Teesa dAvila che riconosce aggioe ipotaza allaspetto estatio. Nella lettura eckhartiana avviene un percorso ovegete ta laia he si fa vegie e Dio he geea il Figlio entro il soggetto spogliato; popio el ispettivo geeae, il Figlio e laia vegie, avviee lioto. Il distacco, come accennato, poe laia i u diveso appoto o gli enti; un rapporto non finalistico, privo di alcun telos. Paradossalmente il fine non avere fini nel cercare Dio, dismettere laito problematizzante di ogni perch. Le implicazioni per il pensiero teologico sono evidenti: Dio non deve essere cercato, diremmo con Bohoeffe, uale tappauhi pe le eessit esisteziali dellidividuo ma in quanto Dio, appunto, fine a se stesso. Il tema verr ripreso nelle successive opere di Schurmann, quando, trattando Heidegger, egli rimarcher la necessit di imparare a vivere senza perch, abbandonando ogni ricerca di inutili fondamenti. Eckhart o osidea lIaazioe uale eveto otologiaete uio alliteo della stoia della salvezza, infatti, tale oeto si ealizzeee i ogi aia al teie del pecorso che conduce al distacco. Le riflessioni non possono non portare alla mente quelle di Karl Rahner secondo cui Ges lUoo realizzato, quello che meglio rappresenta la pienezza atopologia he peette lioto o Dio. In questo discorso la gioia errante quella che contraddistingue il singolo che, spogliato di ogni insano legame con le cose del mondo, compie la sua peregrinazione verso Dio. E' proprio questo evento ad essere continuamente posto al centro delle riflessioni dell'Eckhart "heideggeriano" di
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Schurmann, nel tentativo di mostrare il sentiero verso un pensiero libero dai legacci dei fondamenti tutto proteso verso un libero e gioioso divenire.
Reiner Schrmann, Maestro Eckhart o la gioia errante, Laterza, Roma-Bari 2008, Pagg. 250.