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Nella natura di Dio trasformarsi possiamo

Bartolomeo Arnigio e la via delle passioni


*



Uno degli aspetti interessanti che contraddistinguono lattivit letteraria di Bartolomeo Arnigio
1
, e
che giustifica il riferimento ad essa allinterno di questo volume, il modo in cui il tema delle passioni
viene ad incrociare alcune delle pi delicate riflessioni teologiche e spirituali proprie della seconda met
del nostro Cinquecento. Oltrepassando i confini dellambito politico e morale entro il quale
solitamente compreso, ma senza escluderlo dallordine delle considerazioni religiose svolte, come
vedremo, intorno ad argomenti di scottante attualit nel panorama della cultura italiana post-tridentina,
il motivo degli affetti dellanimo costituisce lo sfondo sul quale lautore delinea la propria posizione
ideologica in seno ad un clima contrassegnato dalla mesticanza di correnti, tensioni e indirizzi di
pensiero che, se ebbero pi nitida definizione al di l delle Alpi, donde originarono, si tradussero per lo
pi in Italia in un vasto movimento dopinione dottrinalmente polifono, dogmaticamente flessibile e
confessionalmente piuttosto inarticolato
2
.
Di una tale sinuosit, a volte carsica, per quelle che possono essere delle strategie attenuative delle
reali intenzioni dellautore
3
, o pi semplicemente per un genere di argomentazione che attinge, non
senza coerenza, ad una molteplicit di suggestioni di carattere confessionale pur sempre aperte al rischio
di un pericoloso dissenso nei confronti dellortodossia vigente, d prova lopera del medico e letterato
bresciano, degna di nota proprio in quanto singolare dimostrazione della maniera in cui linflusso di una
certa eterodossia pot esercitarsi nel nostro contesto peninsulare in rapporto ad un accreditato retaggio

*
con piacere che sento lobbligo di esprimere alcuni ringraziamenti. Anzitutto ad Elisabetta Selmi, che mi ha permesso
di percorrere una pista dindagini da lei inizialmente tracciata; sono poi grato ad Ennio Sandal, alla competenza del quale mi
sono rivolto, e allamico, ancor prima che collega, Emiliano Fiori, dei cui suggerimenti spero di essermi correttamente
servito. A nessuno di loro, naturalmente, andranno attribuite le eventuali imprecisioni riscontrabili in ci che segue. Per
quanto riguarda, invece, i testi e parte della bibliografia, vorrei esprimere la mia riconoscenza a Maddalena Piotti e a
Santuzza Mille della Biblioteca Queriniana di Brescia, al personale dellArchivio di Stato di Venezia e ad Annalisa Battini
della Biblioteca Estense Universitaria di Modena, tutti molto disponibili nellassecondare le mie esigenze di studio.
1
Nato a Brescia nel 1523 da una famiglia di modeste condizioni, Bartolomeo Arnigio, celebre filosofo e degno dogni
vera laude, come di lui scrisse il Contile (LUCA CONTILE, Ragionamento sopra le propriet delle imprese, Pavia s.c., 1574, c. 24v),
dopo essersi laureato a Padova in medicina, intraprese da principio la professione medica, esercitata in patria fino a quando
fu costretto a fuggirne per laccusa di aver provocato la morte di numerosi pazienti e per il rischio di essere
conseguentemente lapidato dai suoi concittadini (GIAMMARIA MAZZUCHELLI, Gli scrittori dItalia, vol. I, parte II, Brescia,
Bossini, 1753, p. 1109). Il ritorno al luogo natio si dovette alla nomina, proposta da Ascanio Martinengo, abate
commendatario della Badia Leonense, di lettore di filosofia presso lateneo bresciano. I suoi esordi letterari, cos come gran
parte della sua produzione, si collocano allombra dellattivit intellettuale promossa dallAccademia degli Occulti, nella quale
egli ricopri, col nome di Solingo, un ruolo di rilievo, tanto che a lui spett il compito di redigere lillustrazione dellimpresa
sotto la quale si raccolse lopera collettiva dei suoi affiliati (un Sileno con lo zufolo accompagnato dal motto Intus non extra), e
di presentare la raccolta complessiva delle Rime degli stessi, tra le quali compaiono anche suoi componimenti. Autore di
opere di carattere morale e spirituale, come I sette salmi della penitenza del gran profeta David spiegati in canzoni (Brescia, 1568),
degne di nota perch lapplicazione del metro della canzone al genere del salmo, dopo le prove in terza rima di Girolamo
Benivieni (1505), Luigi Alamanni (1525) e Bernardo Tasso (1560), era stata sperimentata per la prima volta soltanto alcuni
anni prima da Antonio Minturno (1561), sembra che lArnigio abbia trascorso gli ultimi anni a Venezia, morendo, tuttavia, a
Brescia, di peste, nel 1577. Cfr. MICHELE MAYLENDER, Storia delle accademie dItalia, vol. IV, Bologna, Cappelli, 1929, pp. 87-
91; SIMONA CARANDO, Arnigio, Bartolomeo, in DBI, vol. 4, 1962; UBERTO MOTTA, Antonio Querenghi (1546-1633). Un letterato
padovano nella Roma del tardo Rinascimento, Milano, Vita e Pensiero, 1997, ad indicem; ELISABETTA SELMI, Bartolomeo Arnigio, in
Mille anni di letteratura bresciana, a cura di Pietro Gibellini, Luigi Amedeo Biglione da Viarigi, vol. I, Dalle origini al Settecento,
Brescia, Associazione degli Amici di Lino Poisa onlus, 2004, pp. 185-194.
2
SILVANA SEIDEL MENCHI, Erasmo in Italia 1520-1580, Torino, Bollati Boringhieri, 2001
2
, p. 18. Per la proporzione del
fenomeno concernente i molteplici fermenti di ortodossia presenti nella penisola fin dalla met degli anni 20 si tenuto in
considerazione LUIGI FIRPO, Riforma protestante ed eresie nellItalia del Cinquecento, Roma, Laterza, 2011
9
, di cui si veda, in
particolare, il capitolo sesto: Da Erasmo al Beneficio di Christo, pp. 89-100.
3
E. SELMI, Bartolomeo Arnigio, cit., p. 191.
umanistico che ha nel Ficino, nel Pico e nel Savonarola, ma pure nel di lui contemporaneo Patrizi
4
,
alcuni dei suoi pi importanti riferimenti culturali.
Bench il tema delle passioni non sia loggetto specifico delle trattazioni dellautore, esso, tuttavia, si
configura come un perno inevitabile del suo discorrere, dal momento che le osservazioni religiose
sviluppate intorno alla fede e alla corretta pratica interiore del cristiano poggiano sul retroterra della sua
vita morale, e, pertanto, sintrecciano con una riflessione sulla natura del volere che risulta condizionata
dallimprinting teologico di matrice agostiniana
5
; quello per cui le passioni risultano essere, da una parte,
lunico perfettibile modo in cui si estrinseca la volont umana dopo la corruzione indotta dal peccato
adamitico, e dunque la sua forma di conoscenza, ancorch torbida, in relazione al proprio agire e in
direzione escatologica
6
, dallaltra, e conseguentemente, un necessario ed efficace strumento di
salvezza
7
se posto a servizio della giustizia e reso conforme alla retta ragione,
8
ma soprattutto se
coadiuvato dallauxilium della grazia che previene al libero arbitrio. Uneco di ci si avverte, ad esempio,
nel passo seguente, in cui andr notato, tra laltro, il riferimento a quelle virt heroiche delle quali fece
menzione san Tommaso descrivendole come la straordinaria (supereminens) perfezione della parte
ragionevole dellanima che pertiene ad dona Spiritus Sancti
9
:

Lhuomo, per Proteo da poeti figurato, dogni forma capevole, macchia la sua natura co vitii humani. Da
quella traligna in peggiore, ferina vita vicendo. Per le vert, che humane sono, va pi che pu perfettionando
la sua natura, et per lheroiche savvicina a Dio in modo che, passando le humane forze, meno che Iddio et
pi che huomo diventa, frenando egli le fere et vehementissime passioni. Il che lhuomo communemente et
secondo lordinarie sue forze fare non pu. Cotal eccesso di natura di rado si truova, et non senza pecoliar
privilegio divino. Onde molti alle communi et ordinarie vert sappigliano, et pochi lheroiche, che sovrastano
allaltre in eminente eccesso, conseguono, per che ricercano un animo eccelso et tranquillissimo
10
.

Uno dei problemi annessi allinterpretazione degli scritti dellArnigio, tuttavia, quello relativo
allarduo sincretismo di cui d prova lautore nelle sue argomentazioni. Assai difficile, infatti, sciogliere
il nodo delle influenze che possono avere agito negli anni della sua formazione. Ad un primo livello
danalisi, sembrerebbe che il sostrato concettuale sul quale egli fonda le basi del suo pensiero sia
costituito da una trama di riferimenti che derivano in parte dalla filosofia greco-antica e in parte
dallantropologia cristiana di matrice patristica. Se da questultima egli recupera di certo la componente

4
Rispetto al severo impianto platonico che regolamenta lutopica citt del Patrizi, sarebbe interessante sviluppare, magari
in unaltra sede, ed entro una pi ampia prospettiva dindagine, un opportuno confronto con la relativa visione ideale
dellArnigio, il quale, contrariamente a quella dellumanista croato, che escludeva di fatto contadini e mercanti dalla vita
politica, assegna a costoro un ruolo determinante nella fioritura dello stato, propendendo per un allargamento dei diritti civili
a quegli strati della popolazione estromessi dal primo: Meglio si reggerebbe [lo stato], alcuni de gli antichi diceano, quando
non sol i nobili, ma etiandio gli agricoltori et i mercatanti (luso de quali molto alla communanza de gli huomini
necessario) havessero talvolta luogo ne publici uffici (BARTOLOMEO ARNIGIO, Le dieci veglie [] de gli ammendati costumi
dellhumana vita, Brescia, Francesco e Pietro Maria fratelli de Marchetti, 1577, p. 197).
5
Dora in avanti ogni riferimento ad Agostino, cos come limpiego del suo aggettivo, assai problematico nellambito dei
dibattiti storiografici intorno allinfluenza dellIpponense nel corso dei secoli (ambito entro il quale non potrei muovermi)
saranno sempre assunti ex parte subiecti, ossia nella prospettiva dellinterpretazione individuale che sembra darne lArnigio
sulla base di una pi che certa lettura, comera duso nella formazione di un letterato cinquecentesco, del suo pensiero.
6
Cfr. AUGUST. De civ. Dei, XIV, 10; De grat. et lib. arbitr., 2, 4. Intorno a questo tema si rinvia a CARLA CASAGRANDE,
Agostino dIppona. Presenza e pensiero. La scoperta dellinteriorit, in Agostino, i medievali e il buon uso delle passioni, a cura di Alfredo
Marini, Milano, Franco Angeli, 2004, pp. 65-75; C. CASAGRANDE., Per una storia delle passioni in Occidente. Il Medioevo cristiano
(De civ. Dei, IX, 4-5; XIV, 5-9), Pennsula. Revista de Estudos Ibricos, 3, 2006, pp. 11-18. Si veda anche GUSTAVE BARDY,
Apatheia, in Dictionnaire de Spiritualit, Asctique et Mystique, I, Paris, Beauchesne, 1937, pp. 727-746.
7
C. CASAGRANDE, Per una storia delle passioni in Occidente, cit., p. 13.
8
Cfr. AUGUST., De civ. Dei, IX, 5; XIV, 9, 3.
9
Cfr. THOM. DE AQ., Sum., I
a
-II
ae
, q. 68, a. 1; II
a
-II
ae
, q. 159, a. 2.
10
B. ARNIGIO, Le dieci veglie, cit., Ai lettori. Le citazioni dalle stampe antiche verranno trascritte sulla base di criteri
conservativi, ad eccezione di alcuni ritocchi volti a sciogliere le note tironiane, a commutare la semivocale j con i, e ad
aggiornare lievemente la punteggiatura e luso delle maiuscole.
soteriologica connessa con i temi del peccato, della grazia e delle potenzialit trascendentali dellessere
umano, dallaltra riprende tanto la tassonomia stoica dei quattro affetti cardinali (dolore, paura,
desiderio e piacere
11
), quanto la distinzione platonica delle tre anime secondo un dualismo aperto,
tuttavia, a quegli aspetti mistico-estetici che regolano il rapporto delluomo, nella sua armonica totalit,
con la dimensione ultramondana delle idee; aspetti che saranno a suo modo ripresi da Aristotele, cui il
Nostro non diversamente attinge, allorch la speculazione dello Stagirita si rivolge ad accentuare
limmagine di unorganizzazione complementare di anima e corpo per la quale il corpo definito
potenza ricettiva dellattualit dellanima, intesa, questultima, come radice prima delle pi dispiegate
attivit degli individui
12
, e dunque della loro condotta morale: una sottolineatura che permetter
allArnigio, sulla scorta di un peripatetismo rivalutato alla lezione dei Padri, di considerare alcune delle
principali passioni delluomo non solo come neutrali rispetto alla qualit delle proprie azioni
13

(eliminando, pertanto, il concetto stoico di passione in quanto malattia, infermit, morbus
14
), ma come
via da seguire per il proprio perfezionamento interiore. Non inutile, sotto questo profilo, riprendere
per esteso lo stralcio che segue:

Due potenze (dice Platon nel Timeo) habbiamo nellanima nostra per se stesse et di sua natura irragionevoli, le
quali insieme col corpo se ne moiono, et amendue sono di luoghi distinte et inferiori alla mente, parte divina
et immortale dellanima nostra: luna detta animosa od irascibile, che i latini la dicano, laltra appetitiva. Quella
tien il suo nido nel cuore, et questa nel fegato formatore del sangue. La mente poi nel cervello, come in
altissimo poggio su da divina providenza locata. Queste tutte congiunte nellanimale sostanza dellhuomo
sortiscono varie et diverse passioni insieme co sensi, delle quali le prencipali sono il piacere, il dolore, la
speranza et la paura. Ora questa irascibile et animosa facolt, come collocata nel cuore, trasposta in mezo
della mente et ragione, fiore dellanima, et dellappetitiva abiettissima et vilissima, che per diametro le repugna,
il che fece leterno Maestro perch questa irascibile secondo limpero della ragione la deprimesse et
abbattesse, che s come l cacciator adopra l cane per vincer la fera, cos la ragione adopra questanimosit per
soggiogare quellaltra infima facolt ch a noi comune con le bestie. Luso dunque di questa irascibile, di
questanimosa, che quando la ragione giudica alcuna cosa esser fatta oltre l dovutordine et senzalcuna
equit, allora ella tantosto si svegli, et come feroce essecutrice dellessaminato commando suo si mova ad
ischifarla et fuggirla, et parimente raffreni et ributti lappetitiva quandardisce di farle assalto et di
guerreggiarla. Quindi le virt morali surgono quando n luna n laltra di queste senitive facolt eccede i
confini d i loro uffici. Et chiaramente veggiamo cotali virt nascere parte dal giudicio della ragione, parte
dallattione et essecutione dellaffetto
15
.

Al di l del chiaro riferimento alla psicologia platonica e alla teoria umorale dascendenza ippocratica
presente nelle prime righe del passo, degno di nota il ruolo di mediazione affidato alla mente (fiore
dellanima, secondo una metafora che viene dalla filosofia tardo-antica: si pensi agli Oracoli caldaici e a
Proclo
16
, che lautore pu aver conosciuto nella traduzione dello Scadianese
17
, e per il quale essa il
mezzo per cogliere ununit che al di sopra dellintelligibile
18
) nel percorso morale che luomo deve
compiere per sottrarsi a quello stato di ferinit al quale si ridurrebbe, come gi asseriva Tommaso
dAquino, se non scegliesse di agire secondo virt
19
. Interessante, sotto questo profilo, la funzione che

11
Cfr. DIOGENE LAERZIO, Vita e dottrine dei pi celebri filosofi a cura di Giovanni Reale, con la collaborazione di Giuseppe
Girgenti e Ilaria Ramelli, Milano, Bompiani, 2006
2
, libro VII 111-114.
12
Cfr. CARLO MAZZANTINI, Anima, in Enciclopedia filosofica, Milano, Bompiani, vol. I, 2006, pp. 453-466: 454-455.
13
Cfr. ARIST., Eth., II, 5, 1150b31.
14
Cfr. CIC., Tusc., III, 4.
15
B. ARNIGIO, Lettura letta sopra l sonetto Liete, pensose, accompagnate e sole, ove si fa breve discorso intorno allinvidia, allira et alla
gelosia, Brescia, appresso Francesco e Pietro Maria Marchetti, 1565, n.n.
16
Cfr. Oracoli Caldaici, a cura di Angelo Tonelli, Milano, Rizzoli, 2008, ad es. fr. 1; PROC., Theol. Plat., I, 3.
17
TITO GIOVANNI SCANDIANESE, La sfera di Proclo nuovamente tradotta dal greco, Venezia, Gabriel Giolito de Ferrari e
fratelli, 1556.
18
GIOVANNI REALE, Il Proclo di W. Beierwaltes: il maggior contributo alla comprensione del Neoplatonismo venuto dalla Germania,
introduzione a WERNER BEIERWALTES, Proclo. I fondamenti della sua metafisica [1965], Milano, Vita e Pensiero, 1988, pp. 11-29:
27-28.
19
Cfr. THOM. DE AQ., Sum., I
a
-II
ae
, q. 10, a. 3.

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