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INTRODUZIONE





Questa tesi si propone di discutere la possibilit di un collegamento tra alcuni dei punti salienti
del pensiero filosofico di Jacques Derrida e la poesia di Stephane Mallarm, partendo
dallinteresse dimostrato da Derrida stesso per la poesia mallarmeana, rintracciabile in vari luoghi
della sua produzione (i saggi Mallarm e La double sance, lintervista Aprs-coup con Maurizio
Ferraris).
Lanalisi del rapporto tra i due autori segue lapproccio derridiano alla poesia di Mallarm, di
conseguenza esclude la via del commento o dellesegesi del testo poetico per evidenziare, invece,
lo spessore filosofico della pagina di Mallarm, intesa come scrittura in senso derridiano, quale
luogo della differenza.
Questa lettura scardina lapproccio tematico di analisi dei temi fondamentali della poesia
mallarmeana, per dare rilevanza al testo, con le sue spaziature e le sue pieghe, nellindecidibilit
del suo significato, evitando, quindi, di comprimerlo e ridurlo al suo tema significante, nel
tentativo di cercare un senso totale al di l delle istanze testuali.
In questa prospettiva, che presuppone la poesia di Mallam come esempio del concetto
derridiano di scrittura, emergono nellopera mallarmeana gli elementi del pensiero filosofico di
Derrida: i concetti di scrittura, differenza, decostruzione, che in rapporto alla poesia elaborano
una particolare concezione di mimesi, senso, linguaggio poetico e critica.
La tesi si divide in tre capitoli. Il primo illustra i punti pi rilevanti del pensiero derridiano,
selezionati in relazione allargomento qui trattato, escludendo la trattazione inerente alla
psicanalisi e alla linguistica e privilegiando i testi scritti negli anni 60 e 70; pi specificamente
preso in considerazione il concetto di differenza, elaborato in relazione alla critica derridiana alla
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metafisica della presenza, considerata come una caratteristica della filosofia occidentale:
sviluppando alle estreme conseguenze il concetto heideggeriano di differenza ontologica, Derrida
oppone alla riflessione filosofica fondata sullessere, e quindi sulla presenza, il pensiero della
differenza, cio della contaminazione originaria di essere e non-essere, presenza e assenza,
negando la possibilit della purezza.
In rapporto a ci, la scrittura concepita da Derrida come luogo della differenza, che in essa si
inscrive; la scrittura, quindi, il luogo della contaminazione che decostruisce la presenza assoluta
e con essa la possibilit di un senso pieno, univoco in quanto vero, determinando limpossibilit
di un significato definito e aderente a s, in una dinamica di continuo rilancio dei significati
stessi. La scrittura, infatti, rinvia a qualcosa daltro che per non univocamente rintracciabile ed
pronta ad accettare sempre nuovi significati senza mai riconoscersi in uno soltanto; in questo
modo, essa insidia lidentit del senso, scartandosi continuamente a ogni rimando a una presenza
ultima. La dinamica scritturale, infatti, determina costitutivamente una deriva del senso, che si
disperde tramite un movimento di disseminazione, insito nella scrittura stessa, che impedisce alla
molteplicit dei significati di riassumersi in un orizzonte semantico finale. Lunica possibilit di
esistenza della differenza, dunque, nella scrittura che, con il suo funzionamento, ne espone la
dinamica e gli effetti.
Nellambito del concetto di scrittura, assume importanza il discorso riguardante la spaziatura: il
foglio bianco, gli spazi bianchi tra le parole scritte evidenziano il non detto, ci che nascosto
nella concettualit tradizionale. Questa ricerca dellimpensato del pensiero e dellinnominabile del
linguaggio si svolge attraverso un lavoro di decostruzione interno al testo, con cui si realizza un
sovvertimento della logica binaria delle opposizioni che caratterizza la metafisica della presenza,
affermando la differenza come contaminazione degli opposti che scardina questa logica. La
strategia decostruttiva procede a partire dalla ricerca nel testo filosofico e letterario degli
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indecidibili: false propriet verbali, nominali o semantiche che non si lasciano comprendere
nellopposizione filosofica binaria e la disorganizzano senza per costituire un terzo termine di
sintesi; in questo senso, lindecidibilit consiste nella fluttuazione indefinita di un nome o di un
concetto tra i suoi possibili significati, in relazione allimpossibilit di identificarsi totalmente con
uno di essi, evidenziando cos lassenza costitutiva della differenza che nega la possibilit della
piena identit a s della presenza.
Il concetto di decostruzione, dunque, si determina come la pratica con cui Derrida,
evidenziandone i punti critici, mette in discussione la concettualit metafisica.
Il capitolo prosegue largomentazione inerente al concetto di scrittura in relazione alla sua
determinazione come evento di invio e dono; la scrittura, infatti, in quanto disseminazione,
comporta un movimento di dispersione che si connota come evento inviante e destinante, quale
condizione da cui la realt si produce, attraverso la dinamica della differenza, operante nella
scrittura. Questo accadere della scrittura, come invio da cui comincia lessere, si caratterizza,
inoltre, come evento di dono, cio come movimento con cui lalterit si offre e contamina
lidentit, eccedendola; se infatti la realt prodotta dalla differenza, attraverso il movimento
inviante della scrittura, si caratterizza come contaminazione, questa dinamica di invio deve
necessariamente connotarsi come offerta dellaltro, che donandosi impedisce la pura identit a s
dellessere.
Allinterno della pratica scritturale, il concetto di dono implica lelaborazione di uno stile
disseminante e decostruttivo che distrugge listanza metafisica della verit, intesa come totale
identit a s della presenza, dimostrando che lunica verit possibile la non-verit, che si espone
nella scrittura.
Il secondo capitolo espone sinteticamente la posizione di Derrida relativa alla letteratura; in
particolare si argomenta una concezione del testo letterario che si sviluppa coerentemente con le
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istanze della nozione derridiana di scrittura, sulla base di unoperazione decostruttiva delle
definizioni elaborate dalla critica letteraria, che si alimenta della concettualit metafisica.
A questo proposito, il filosofo francese sottolinea il potere decostruttivo di alcuni testi letterari,
tra cui quello di Mallarm, in grado di mettere in discussione gli strumenti concettuali della critica
e della filosofia, mostrando la loro incapacit di comprenderli e controllarli.
Pi specificamente, Derrida prende in considerazione le nozioni di testo e di titolo, coniate dalla
critica e dimostra come il funzionamento di alcuni testi letterari eccede queste definizioni, in
relazione alla determinazione della scrittura come spazio attivo della differenza; se infatti la
differenza, che agisce nella scrittura, determina lorizzonte del reale, allora la realt si costituisce
interamente come scena di scrittura, dunque come letteratura. In relazione a ci, il concetto di
testo imposto dalla critica e dalla filosofia viene ecceduto dal testo letterario stesso, che si
identifica nellintera realt e non si lascia ridurre alla dimensione chiusa della sua definizione
metafisica.
Nellambito di queste riflessioni, il filosofo francese rivolge il suo sforzo decostruttivo al
mimetologismo, un aspetto caratteristico della concezione della letteratura prodotta dalla
metafisica. Si tratta, specificamente, di uninterpretazione del concetto di mimesi, che, da Platone
in poi, subordina la scrittura a una funzione imitativa e rappresentativa della realt; Derrida, sulla
scorta della nozione di differenza in opera nella scrittura, evidenzia limpossibilit di questa
concezione, dimostrando che tutto il reale si configura come mimesi e che, quindi, la dialettica
imitante-imitato, implicita nel mimetologismo, strutturalmente impossibile.
Da questo punto di vista, si determina un diverso rapporto tra la letteratura, intesa come copia e
dunque finzione, e il concetto di verit che organizza metafisicamente il reale, poich il costitursi
della realt stessa come mimesi e come scrittura esclude la possibilit di un modello originario e
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vero della letteratura; in relazione a ci, lurgenza filosofica della verit crolla, determinando
limpossibilit della verit, se non come effetto di mimesi, quindi come non-verit.
Il capitolo prosegue, prendendo in considerazione una determinazione luttuosa della letteratura,
tramite la quale essa si apre allintervento della critica. In quanto scrittura, infatti, il testo letterario
si emancipa dal contesto in cui si prodotto, determinando la mortedellautore, che si assenta
dal suo scritto, rimettendolo alla sua dinamica; di conseguenza, nella misura in cui esso si distacca
dal soggetto scrivente e dalla sua intenzionalit di senso, il testo letterario non conserva un
significato univoco e definitivo, ma permette una molteplicit di letture e quindi il lavoro
ermeneutico e di ricerca del senso della critica.
Tuttavia, a questo proposito, Derrida afferma limpossibilit della pretesa della critica letteraria di
determinare definitivamente il senso di un testo letterario, in relazione allincapacit dei suoi
concetti di comprendere la dinamica della loro scrittura. In questo contesto, il filosofo francese
considera alcuni filoni della critica letteraria contemporanea, decostruendone le strategie di lettura
del testo.
Il terzo e ultimo capitolo relativo alla trattazione della poesia di Mallarm, sulla scorta delle
concezioni derridiane illustrate nella prima parte della tesi, facendo particolare riferimento al
saggio La double sance in cui Derrida si occupa nel modo pi esaustivo di Mallarm.
Specificamente si considera il concetto di mimesi, nellambito della poesia mallarmeana, in
opposizione al mimesthai di derivazione platonica che interpreta lopera darte come copia imitante
di un oggetto referente imitato: la bont dellimitazione relativa alla sua adeguatezza alla natura
dellimitato, secondo una concezione della mimesi che trova il suo riferimento nella verit della
copia come verosimiglianza rispetto alla cosa copiata; in Mallarm, tramite un particolare uso
della sintassi, avviene uno spostamento di questo riferimento alla verit, tale da eluderlo nella
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dissoluzione dellopposizione imitante-imitato che libera limitazione dalla pertinenza alla verit
delloggetto imitato.
In questo senso la poesia di Mallarm unimitazione che non imita nulla, perch evade listanza
di aderenza alla cosa imitata, lo scopo infatti di dipingere, non la cosa, ma leffetto che
produce, una catena di allusioni liberamente collegate tra loro dal gioco sintattico di omonimie,
sinonimie, omofonie che liberano le parole dallunivocit della referenza.
In questo contesto acquista senso la teoria mallarmeana della sospensione, secondo la quale le
cose sono solo alluse e lindecisione di questa allusione permette alle parole di muoversi da sole,
recidendo ogni senso e ogni referente, a partire dal poeta stesso che si dilegua lasciando
liniziativa alle parole, alla loro potenza contemporaneamente costruttiva e distruttiva.
La possibilit di questa sospensione nasce dallindecidibilit del senso delle parole, ci che
Derrida, facendo esplicito riferimento a un termine ricorrente nel lessico di Mallarm, chiama
imene, nel senso di uno spazio intermedio, che separando due cose ospita in s la compresenza di
esse, confuse insieme nellindecisione del senso; in relazione a ci si colloca il discorso sulla
spaziatura allinterno del testo poetico, cos come il frequente rimando lessicale al bianco, che,
similmente allindecidibilit rappresentata dallimmagine dellimene, giocano il loro ruolo tra i due
opposti dellestrema fecondit semantica e del vuoto di significato, impedendo alla polisemia di
raccogliere il suo senso in un orizzonte e determinando la scrittura mallarmeana come
disseminazione.
In questa prospettiva, si rileva nella poesia mallarmeana una crisi e una perdita del senso, che,
associata alla sospensione del rimando alle cose e allassenza dellautore che scompare dietro al
gioco delle parole, introduce una dimensione nichilista allinterno dellopera poetica di Mallarm;
in particolare, questo aspetto nichilistico si concreta nella negazione di una giustificazione
trascendentale del reale, che viene corroso, fino ad annientarsi, dallazione della poesia, che lo
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riduce a non-essere. Tuttavia, il nichilismo mallarmeano, nei luoghi stessi in cui compare in
riferimento, per esempio, allidea di assenza, di morte o esplicitamente del nulla, viene superato
tramite la sua elaborazione poetica, impedendo la chiusura dellimmaginario poetico nella
dimensione nichilistica.
Accanto allaspetto teoretico, in Mallarm emerge anche unesperienza storica del nichilismo, nel
senso di una riflessione sul suo tempo, che prende in considerazione leconomia dei valori,
costatandone il crollo; in particolare, Mallarm registra limportanza assunta dalleconomia in tutti
i settori dellesistenza e la rapporta allestetica, constatando la caduta del valore letteratura, in
relazione alla dinamica di continua traslazione del valore, imposta dal circolo economico. Il poeta
assiste, dunque, al crollo del valore della poesia, che egli, da un lato, tenta di ripristinare come
affermazione della parola poetica e, dallaltro, distrugge nella consapevolezza della
convenzionalit e della finzione della poesia: ci che emerge da questa posizione ambivalente
che lattribuzione del valore scavalca una motivazione interna alla poesia, cos come il riferimento
allartificiosit dellarte in quanto finzione, poich il valore risiede semplicemente nel suo
conferimento; di conseguenza il valore della poesia relativo a ci che le attribuisce significato e
verit, quindi rimandato alla critica, che con il suo lavoro conferisce il valore alla letteratura.
A questo proposito, la scrittura evidenzia il suo carattere testamentario in relazione allassenza, in
un certo senso, alla morte dellautore, che rimette la decisione del senso della sua poesia alla
critica. Tuttavia, questo legato testamentario lasciato da Mallarm si rivela un inganno, poich la
sua poesia si struttura in modo tale da rendere impossibile la determinzione di un senso totale che
la comprenda; di conseguenza, essa nega la possibilit stessa del lavoro della critica, poich la sua
dinamica scritturale ne eccede irriducibilmente lorizzonte concettuale.
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PRIMO CAPITOLO

COORDINATE DERRIDIANE: ANALISI DEI CONCETTI FONDATIVI DEL
PENSIERO FILOSOFICO DI JACQUES DERRIDA


1.1. DERRIDA E LA TRADIZIONE FILOSOFICA: METAFISICA DELLA PRESENZA
E DECOSTRUZIONE

Nellelaborazione del suo pensiero Jacques Derrida rivolge una continua e profonda attenzione
alla storia della filosofia, attraverso una rilettura dei testi filosofici che si estende dal pensiero
greco a quello contemporaneo.
In diversi luoghi della sua produzione, Derrida infatti recupera e analizza il pensiero antico,
soprattutto in riferimento a Platone, a cui dedica il saggio La pharmacie de Platon, e allopera di
Aristotele, la cui trattazione compare allinterno di numerosi testi derridiani, come Ousia et gramm;
contemporaneamente, coltiva lo studio filosofia moderna, specificamente Rousseau, il cui
pensiero viene ampiamente analizzato allinterno di De la grammatologie, dove ricorre spesso anche
la citazione di Leibniz e Descartes.
Tuttavia, lopera pi incessante di rilettura si rivolge al pensiero contemporaneo. Hegel, Husserl e
Heidegger sono i filosofi con cui Derrida dialoga continuamente e che in modo pi profondo ne
hanno influenzato la filosofia sia attraverso una critica e quindi un loro superamento, che tramite
un recupero di concetti e problematiche. Non a caso, sono numerosissime le opere derridiane che
ospitano la trattazione del pensiero di questi filosofi (le raccolte di saggi Lcriture et la diffrence e

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