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MELTEMI
Francesco Ronzon
ANTROPOLOGIA
DELLARTE
Dalla pittura italiana
del Quattrocento
allarte etnica
contemporanea
Indice
p. 7 Introduzione
8 Che cos larte?
12 Cenni storici di antropologia dellarte
16 Quadro e struttura del lavoro
21 Capitolo primo
Forme
22 1.1. Preistorie
29 1.2. Etnoestetica
39 1.3. Il vuoto e il pieno
53 Capitolo secondo
Mondi dellarte
55 2.1. Istituzioni
62 2.2. Lezioni di malizia
71 2.3. Vecchie e nuove decorazioni
83 Capitolo terzo
Usi, pratiche e significati
85 3.1. lite fotografiche
94 3.2. Sguardi rinascimentali
103 3.3. Guerre, politiche e monumenti
113 Capitolo quarto
Ibridi, mercati e circolazioni
115 4.1. Idee e cose
121 4.2. Linvenzione dellarte tribale
129 4.3. Il suono della globalizzazione
141 Conclusioni
147 Bibliografia
Introduzione
- Piove?
- No, ci stanno sputando addosso!
(A. Warhol, The Philosophy of Andy
Warhol)
La cosa l. In bella vista. Ha delle belle forme arrotondate.
realizzata con numerosi tipi di materiali. Alcuni sono opa-
chi, altri sono accesi e brillanti. Certe persone la osservano
con timore e attenzione. Altre vi gettano solo uno sguardo
breve e distratto. Altre ancora ne parlano e ne discutono tra
loro in toni animati. Cos? Che significato ha? Qual la sua
funzione? A quanto ammonta il suo prezzo?
Questo libro vuole offrire unintroduzione generale allantro-
pologia dellarte. Nel suo insieme, lantropologia culturale na-
sce intorno alla seconda met dellOttocento dallinteresse
europeo e statunitense per i vari popoli extra-europei, in se-
guito il suo ambito di indagine si allarga sino ad avere come
proprio referente la vita sociale degli esseri umani tout court,
ovvero, il loro agire come individui radicati in uno specifico
insieme di usi, norme, valori e costumi locali.
Dato lintento del lavoro, importante avvertire sin da subito
il lettore che in quanto segue non verr esposta dunque alcu-
na teoria volta a individuare la vera arte in quanto tale (il
bello, il gusto, il genio o il valore assoluto e a-temporale).
Libri del genere hanno fatto irrevocabilmente il loro tempo, e
non perch il tempo, nel frattempo, passato. Spesso lo ave-
vano gi fatto allora, ancora freschi di stampa, per via di due
supposizioni alquanto avventate. Primo: che esistesse in con-
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creto un qualcosa come larte in quanto essenza propria e
specifica. Secondo: che la storia, la critica o la filosofia fosse-
ro abilitate e legittimate a definirla in modo chiaro e non
controverso nella sua specificit e a-temporalit.
Ci che verr presentato nel corso del volume sar piuttosto
un insieme di casi, nozioni e questioni utili a indagare la vita
sociale e le logiche culturali alla base di certi artefatti e
performance culturali. Questo taglio interpretativo legato al
fatto che lantropologia una scienza sociale. La nozione di
arte impiegata allinterno della disciplina non pu essere dun-
que altro che una categoria analitica basata sulla ricerca empi-
rica (e non sulla speculazione a tavolino). In questo senso, chi
scrive concorda pienamente con Alfred Gell che un alto grado
di agnosticismo inevitabile e necessario per ogni valida ri-
cerca etnografica intorno alla questione (Gell 1992, p. 12). Al
fine di elaborare unindagine attendibile e documentabile vi-
tale, cio, non presumere in base a un modello a-priori quali
siano i tratti salienti di ci che un certo gruppo sociale eti-
chetta come arte e stabilire di volta in volta le tecniche, le isti-
tuzioni, i canoni estetici e le specifiche modalit di risposta
dei fruitori ponendoli allinterno dei locali contesti di riferi-
mento. I criteri usati per includere le opere dellingegno uma-
no (occidentale o non-occidentale) sotto la rubrica arte non
saranno dunque da considerare indicativi di unessenza artisti-
ca profonda e universale posseduta in comune da certe opere
ma, pi banalmente, costituiranno un rimando agli usi, alle
pratiche e ai costumi dei vari gruppi sociali che nel corso della
storia hanno impiegato questa etichetta in vario modo, per di-
versi tipi di opere e con differenti scopi e obiettivi.
Che cos larte?
Larte in senso stretto non esiste. Ci che si intende oggi con
questa etichetta un insieme locale di pratiche culturali che
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inizia ad articolarsi nella forma che noi conosciamo intorno al
Settecento in Europa col progressivo affermarsi dei musei,
delle Accademie e dei dibattiti sviluppati dagli esponenti pi
colti delle classi agiate dellepoca.
Letimologia della parola si limita a rimandare alla sfera delle
abilit, del saper fare e delle pratiche esperte in generale
(Williams 1983, p. 41). In epoca medievale le opere dellinge-
gno e della creativit umana erano infatti ancora considerate
cose utili e non mezzi di espressione individuale. I loro
creatori lavoravano con gesti, parole e materiali allo scopo di
offrire diletto o di riflettere lordine divino inerente alle cose
mondane (Eco 1995, p. 97). Solo con il Rinascimento inizia
lentamente a farsi strada quella divisione tra cose utili e cose
espressive che porter allidea che vi siano opere speciali
prodotte da persone eccezionali la cui ispirazione di ordine
superiore porrebbe le loro opere al di fuori degli usuali cano-
ni tradizionali. Ci porter sia a una sempre pi marcata se-
parazione tra ideatore e realizzatore dellopera, sia a rimpiaz-
zare lenfasi sulle abilit con una sulla sensibilit introducen-
do cos uninedita dicotomia tra sfera dellarte (ispirata) e
dellartigianato (abile) (Kempers 1992).
In particolare, con lavvento dellepoca moderna e della nuova
borghesia commerciale avr luogo una forte secolarizzazione
della sfera artistica: le opere indicate come arte opereranno
anche come veri e propri simboli delle ricchezze acquisite (in
particolar modo la pittura di ritratti) in relazione al collezioni-
smo di antichit e alla committenza di nuove opere (Hooper-
Greenhill 1992, p. 23-132). Inoltre, una volta introdotta lidea
che le opere indicate come arte rimandano a unideale ge-
rarchia di forme estetiche, emergono anche vari tipi di autorit
e di istituzioni che utilizzeranno il loro potere sociale ed eco-
nomico per fissare i canoni delle opere da considerare come
tali: critici, esperti, intellettuali, amministratori pubblici. A par-
tire dal Settecento questo esotico insieme di usi e costumi
culturali andr incontro infatti a due ulteriori mutamenti.
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La nascita del sistema delle Accademie dArte in Francia nel
XVIII secolo offrir il primo modello di riferimento. Queste han-
no origine dal tentativo congiunto di vari artisti di migliorare la
propria posizione ponendosi sotto il patrocinio monarchico in
un momento storico che vedeva questa istituzione puntare al-
lassolutismo e alla centralizzazione (White, White 1965). Il si-
stema delle Accademie fiorir poi lungo tutto lOttocento man-
tenendo un vero e proprio monopolio sulle carriere e sulla pro-
duzione artistica per quanto concerne sia le tecniche che le
composizioni (pittura storica, ispirata a motivi classici, ritratti
ed eventi di nobili e monarchi) (Boime 1971).
Il secondo modello di riferimento emerger proprio in opposi-
zione al precedente (Zoelberg 1990, pp. 59 sgg.). Col tempo
un sempre pi ampio numero di artisti rigettati dalle
Accademie per la loro insofferenza verso i canoni estetici uffi-
ciali trover un sistema di supporto alternativo alleandosi con
una nuova classe di critici, patron e mercanti indipendenti
(ad esempio, Courbet, scuola di Barbizon, impressionisti, Van
Gogh, Gauguin, Czanne). Il ricorso al libero mercato delle
gallerie private e alla nuova borghesia industriale culminer
nelle logiche artistiche di rottura delle avanguardie storiche
del primo Novecento (lo shock del nuovo) e, in modo ancora
pi visibile, dellarte contemporanea USA post anni Quaranta
con il loro ambiguo equilibrio tra critica della societ dei con-
sumi e dipendenza economico-culturale da essa (Crane 1987).
Ancora oggi, pur con le varie mutazioni a cui andata incon-
tro larga parte dei suoi componenti, questo campo socio-cul-
turale si caratterizza dunque per lintreccio di tre fattori prin-
cipali: a) unideologia del genio individuale, b) lesistenza di
una classe di opere ritenute autonome, fini a se stesse, da
contemplare in modo separato rispetto alle funzioni quotidia-
ne, e infine c) lo sviluppo di una storia evolutivo-progressiva
dellarte occidentale basata su un canone includente larte
della Grecia antica sino al presente attraverso il punto centra-
le del Rinascimento.
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Ovviamente, importante ricordare come sulla scena globale
dellepoca contemporanea queste logiche culturali non valgo-
no pi solo per il mondo europeo. A seguito dei viaggi, delle
scoperte geografiche e dellespansione coloniale la nozione
occidentale di arte stata infatti imposta ed esportata in lar-
ga parte dellemisfero (Fisher 1994; McEvilley 1992). Ci ha
avuto due tipi di conseguenze. In alcuni casi ha portato a in-
cludere ma il pi delle volte a escludere artefatti e perfor-
mance indigeni sulla base della loro pi o meno marcata lon-
tananza o somiglianza formale con ci che erano i canoni
estetici del mondo dellarte occidentale delle varie epoche. In
altri casi ha portato a modificare e riorientare il gusto dei
fruitori e le abilit dei produttori sulla base dellincontro
spesso diseguale tra canoni e tradizioni estetiche differenti
(si pensi al ruolo dellarte africana sulle avanguardie storiche
del Novecento e, allinverso, allimpatto di queste ultime sul
mondo caraibico e latino-americano).
evidente che impostando il problema in questo modo la
nozione di arte acquisisce una natura fuzzy (sfumata) finendo
con lincludere al suo interno un insieme di elementi vari e
mutevoli legati tuttal pi da un insieme politetico di somi-
glianze di famiglia (ad esempio, un aspetto di unopera si-
mile a quello di unaltra che per assomiglia a unopera ulte-
riore per un aspetto differente e cos via). Anche se ci pu
arrecare offesa ai vari teorici della vera arte qualunque
cosa essa sia, dato che intorno a questa definizione si scon-
trano da anni numerosi tipi di fondamentalismi estetici non
affatto un male. In questo modo linsieme di oggetti che
cade sotto questa etichetta non risulta pi una classe deter-
minata in base a un atto di fede in un ideale estetico impo-
sto dallautoritas di turno, ma un insieme aperto le cui origini
culturali vanno indagate di volta in volta facendo riferimento
alle voci, ai conflitti e alle negoziazioni presenti allinterno
dellarena sociale di riferimento (se in alcuni luoghi e periodi
vi sono state delle convergenze tra le classificazioni impiega-
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te dai vari gruppi sociali o dai differenti contesti culturali si
tratta dunque di un aspetto da verificare e che non si pu
presumere).
Cenni storici di antropologia dellarte
Lantropologia dellarte unarea di indagine relativamente
giovane. Anche se linteresse per il tema risale agli albori del-
la disciplina, sino ad anni recenti questambito di studi si
sviluppato in modo irregolare, periferico e frammentario come
appendice, soprattutto, di ricerche motivate da altri interessi
teorici. Per ragioni di ordine didattico in quanto segue e nel
corso del volume mi limiter dunque a prendere in considera-
zione le ricerche sviluppate allinterno del mondo anglofono
(U.K. e USA). Ci dovrebbe aiutare a mantenere una certa li-
nearit nella narrazione storica e unomogeneit e compatibi-
lit tra gli stili di ricerca, i modi di scrittura e le prospettive
teorico-analitiche presi in considerazione.
La nostra storia ha inizio a cavallo tra Ottocento e Novecento.
In questi anni, allinterno delle neonate scienze antropologi-
che, vi infatti uno stretto legame tra musei e antropologia.
Numerosi etnografi figurano tra i fondatori delle collezioni et-
nografiche di importanti istituzioni come lo Smithsonian, il
Peabody Museum, il British Museum, il Pitt Rivers Museum,
lAmerican Bureau of Ethnology e il museo di Berlino. Il meto-
do tipologico applicato dallantropologia britannica implica
lidentificazione di tratti associati a particolari culture e livelli
di civilizzazione. I progetti di classificazione museale come
quelli operati dal Pitt Rivers Museum a Oxford rappresentano
un buon esempio di come gli oggetti non occidentali giochi-
no un ruolo centrale nellarticolare la tensione tra ideologia
di superiorit culturale e riconoscimento di una comune uma-
nit. Insieme ai vari usi e costumi, anche gli oggetti sono in-
clusi infatti nei vasti schemi evoluzionisti sviluppati da
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Edward B. Tylor e James G. Fraser come parte di una lunga
serie di piccole mutazioni quasi biologiche il cui esito finale
una incrementale differenziazione dal pi semplice al pi
complesso (per un inquadramento Stocking 1985).
Pi o meno negli stessi anni, un analogo interesse a sfondo
museale mostrato da Franz Boas negli Stati Uniti. Allinverso
di quanto accade in Inghilterra, la sua attenzione per le forme
oggettuali motivata per dal ruolo che queste possono avere
nel rivelare lesistenza di pattern storici locali e la presenza di
relazioni tra gruppi. Per Boas vi sono infatti due principi che
devono guidare le ricerche in questambito: lidentit dei pro-
cessi mentali e la variet dei processi storico-culturali (Boas
1927, p. 1). Ci spinge lo studioso ad attaccare le ingenuit
evoluzioniste evidenziando, ad esempio, come il passaggio tra
stili astratti e figurativi non avvenga mai di fatto in modo unili-
neare ma si articoli in alcuni casi in un verso, in altri nellaltro
e, in altri casi ancora, si risolva in una compresenza delle due
alternative (pp. 67 sgg.).
Con la prima met del XX secolo, sia in U.K. che in USA, si
inizia per a creare uno iato tra lantropologia museale e
quella accademica. In entrambi i continenti vi infatti un pro-
gressivo slittamento metodologico dagli studi a tavolino
basati sui corpus museali e gli inventari di tratti culturali re-
datti dal personale coloniale (mercanti, missionari, ammini-
stratori) alle ricerche sul campo di lungo periodo compiute
dagli stessi studiosi. Come si vedr in seguito, non vi alcu-
na ragione a priori per la quale lantropologia dellarte non
potesse beneficiare di questo nuovo tipo di indagine, ma in
Gran Bretagna questa rivoluzione etnografica comporta per
un profondo mutamento nelle topiche di ricerca spingendo
verso unanalisi della societ di tipo funzionale (A. R.
Radcliffe-Brown, B. Malinowski) a scapito delle indagini sulle
tecniche, gli oggetti e la cultura materiale (Kuper 1983, capp.
1, 2, 3). Sino agli anni Sessanta lo studio di questi aspetti
culturali sar dunque confinato nei musei in quanto ritenuti
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troppo legato ai vecchi e ingenui schemi evoluzionisti appena
criticati e smantellati.
Negli Stati Uniti, la storia risulta leggermente diversa ma si
caratterizza per un simile esito finale. I quattro campi di in-
dagine dellantropologia di Boas (biologia, linguistica, archeo-
logia e socio-culturale) permettono infatti agli studi sullarte e
sulla cultura materiale di proseguire grazie anche a un co-
stante dialogo con gli storici dellarte pi colti e aperti, co-
scienti dellinfluenza esercitata dalle teorie dellarte europee
su Boas e sui suoi allievi Sapir, Kroeber e Benedict soprat-
tutto per quanto riguarda il nesso tra stile e pattern culturali
(Marcus, Myers 1995, pp. 11 sgg.). Nonostante ci, anche su
questo versante, relativamente poche ricerche sono compiute
nella prima met del secolo.
In controtendenza rispetto al trend generale, su entrambe le
sponde dellAtlantico, alcuni studiosi mantengono per un in-
teresse per larte realizzando importanti lavori di ricerca e si-
stemazione. Raymond Firth (1936) in Inghilterra cerca di far
dialogare lo studio dellarte e le istanze di analisi sociale del-
lantropologia britannica. In USA Melville Herskovits, uno stu-
dente di Boas, apre lo studio dellarte africana e ai sincreti-
smi afro-americani (ad es. Herskovits 1934).
Il periodo compreso tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta
vede emergere un nuovo forte interesse verso lantropologia
dellarte (ad es. Jopling 1971; Forge 1973). Questo deriva da
due fonti: il cambio di agenda dellantropologia e lavvicina-
mento allantropologia di numerosi teorici dellarte.
Lantropologia nel suo insieme cresce infatti rapidamente do-
po la seconda guerra mondiale e questo produce sia una pi
ampia visibilit sia nuove specializzazioni. In Gran Bretagna
emerge una nuova attenzione per temi legati ai miti, ai rituali
e alla sfera religiosa. Un analogo movimento ha luogo negli
Stati Uniti, avvantaggiati in questo dal numero e dalla diver-
sit dei ricercatori. Il decennio registra anche un incremento
dei campi dellarcheologia, dellantropologia visuale, e della
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cultura materiale. Anche se indipendenti, questi campi saran-
no per sinergici nel parallelo sviluppo dellantropologia del-
larte grazie allinstaurazione di scambi teorici e metodologici
tra studiosi interessati allanalisi della dimensione culturale
delle cose (Morphy 1994, p. 663).
In questo periodo lantropologia dellarte beneficia in partico-
lare dallo sviluppo teorico che ha luogo in due aree di ricerca
limitrofe: lo scambio e il simbolismo.
Lo scambio uno degli snodi chiave nella creazione del valo-
re e del significato e, come si pu intuire, gli oggetti etichet-
tati come arte rappresentano un ottimo esempio di questo
processo sociale. A sua volta, lantropologia simbolica con le
sue divisioni interne tra approcci semiotici, linguistici e strut-
turalisti si occupa in egual modo sia degli aspetti semantici
del simbolismo sia della sua efficacia sociale in relazione so-
pratutto a contesti rituali. Dato che varie opere darte ma-
schere, oggetti rituali e decorazioni corporee costituiscono
parti integranti di queste performance cerimoniali, anchesse
entrano dunque a far parte in modo inevitabile del loro stu-
dio (Fagg 1964; Forge 1973; Fernandez 1982; Turner 1973;
Munn 1973).
Sullonda di questo rinnovato interesse, il legame tra cose,
attori sociali ed esperienza diventa il tema centrale dellantro-
pologia dellarte negli anni Ottanta e Novanta. A partire dagli
inizi del decennio, lantropologia nel suo insieme pone infatti
sempre pi spesso lenfasi su temi come il corpo, il genere,
le emozioni (Marcus, Fisher 1986, p. 103-149; Shweder, Levine
1984; Turner, Bruner 1986). A questo riguardo, larte nel suo
senso pi ampio appare dunque offrire un utile e interessan-
te repertorio di casi da analizzare. La pittura e la scultura
aprono spiragli sui sistemi di rappresentazione (Morphy
1991), sullestetica del corpo (Boone 1986), sui processi di
creazione del valore (Gell 1992), sulla memoria sociale
(Kuchler 2002), sulla demarcazione degli spazi abitativi (Blier
1987). La musica e le performance sono ricche fonti di infor-
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mazioni sulle poetiche culturali (Feld 1982), sui sentimenti e
le riflessioni sociali (Kratz 1994). In questottica, artefatti e
performance non sono pi visti come elementi statici e passi-
vi ma come aspetti integrali nei processi di incontro con lam-
biente e di riproduzione delle relazioni sociali. Attraverso di
essi gli attori sociali creano relazioni, producono rappresenta-
zioni di se stessi nel mondo e partecipano a vari processi di
attribuzione di et, status, genere e appartenenza sociale
(Pinney, Thomas, 2001).
Lultimo trend in corso allinterno dellantropologia dellarte si
lega allinteresse per gli attuali processi di globalizzazione.
Limpatto di questo tipo di indagini ha avuto luogo in due
aree principali: lo studio dei processi di scambio e commercio
e lanalisi della circolazione attraverso i confini culturali (cul-
tural boundaries). I due aspetti sono ovviamente legati in
quanto il traffico culturale un fenomeno che da sempre
problematizza i modelli interpretativi che ipostatizzano le cul-
ture come entit pure, chiuse, rigide e prescrittive. Il lavoro
pionieristico di Nelson Graburn rileva come lo scambio di arte
e oggetti turistici uno dei canali principali di scambio tra
popolazioni indigene e mondo occidentale (Graburn 1976). Gli
ultimi lavori di Nicholas Thomas (ad es. 1991) evidenziano co-
me sin dagli inizi dellespansione coloniale vi sono stati
scambi e influenze nel campo della cultura materiale. Le inda-
gini di Appadurai (1986), Clifford (1988) e Steiner (1994) infi-
ne si sono volte a esplorare la vita sociale degli oggetti nel
corso dei loro transiti interculturali evidenziando limpatto di
questi spostamenti sulle logiche e sulle pratiche del consumo
e della produzione culturale.
Quadro e struttura del lavoro
Gesti, suoni, colori. Di qualunque cosa si parli quando si
parla darte, si ha inevitabilmente a che fare con lesito di
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attivit umane che implicano sia labilit del produttore che
la capacit dei fruitori di usare e interpretare il proprio am-
biente di vita quotidiano. Da questo punto di vista vi sareb-
bero dunque buone ragioni per sciogliere la troppo ampia
categoria di arte in nozioni pi tecniche e specifiche come
quelle di pittura, scultura, movimento e cos via (Howes
1991, p. 12). In egual modo, ma in senso inverso, vi sarebbe-
ro buone ragioni anche per smantellare la nozione includen-
do i suoi referenti allinterno del pi ampio campo di indagi-
ne della cultura materiale (Miller 2005, p. 25). Per questio-
ni di storia, identit e filologia disciplinare (vedi paragrafo
precedente) ho preferito impostare il lavoro evitando queste
istanze centrifughe e avvicinando la questione da un punto
di vista pragmatico. Da un lato, ho optato per un approccio
tematico, offrendo un quadro delle nozioni e delle questioni
principali impiegate dallantropologia dellarte nellanalizzare
la rete di pratiche, significati e relazioni alla base degli arte-
fatti e delle performance etichettate come tali. Dallaltro, ho
preso a referente di questo campo di indagine quellinsieme
di opere che nel corso della storia dellantropologia dellarte
sono state fatte oggetto di indagini etnografiche. Ci ha im-
plicato tenere insieme due differenti tipologie socio-culturali
di artefatti e performance (Maquet 1971, p. 32): a) quelli nati
come arte in base alle logiche culturali occidentali (arte per
destinazione) e b) quelli etichettati come tali per via delle
somiglianze intraviste dai ricercatori con i primi (arte per me-
tamorfosi).
Nel primo capitolo, Forme, ho indagato il tema dellanalisi
formale in relazione alla evoluzione dellarte paleolitica in
Spagna e Francia, allimpiego della qualit estetica della bril-
lantezza nelle pitture yolngu (aborigeni australiani) e al ruo-
lo svolto dallo stile nellarte dei fiori zen a Osaka (Giappone).
Nel secondo capitolo, Mondi dellarte, mi sono concentrato
sulle reti sociali alla base delle varie pratiche artistiche ana-
lizzando il ruolo svolto dalle istituzioni sociali della Borgogna
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(Francia) nel trasformare un polittico religioso in un oggetto
darte, il training di un danzatore di capoeira a Bahia
(Brasile) in quanto esperto in possesso di un insieme di abi-
lit e saperi sociali specifici, e lequilibrio tra tradizione e in-
novazione presente nellarte della decorazione di case in
Nubia (Sudan, Africa orientale).
Nel terzo capitolo, Usi, pratiche e significati, ho analizzato il
legame esistente tra le opere e il loro impiego pubblico. A
questo riguardo ho messo a fuoco il ruolo svolto dalla foto-
grafia come mezzo di distinzione sociale in India, il legame
tra ricezione ed esperienze sociali quotidiane nella pittura ita-
liana del Quattrocento, e lintreccio di pratiche e interpreta-
zioni conflittuali sviluppatesi attorno al Vietnam War
Memorial di Washington D. C. (USA).
Nel quarto e ultimo capitolo, Ibridi, mercati e circolazioni,
ho offerto infine un quadro degli intrecci, dei transiti e dei
sincretismi operanti in campo artistico indirizzando latten-
zione sul sistema arte-cultura operante nelle istituzioni
museali occidentali, sullinvenzione dellautenticit tribale
nei mercati dellarte di Abidjan (Costa dAvorio, Africa sub-
sahariana), e sullibridazione formale a cui soggetta la
musica rai algerina (Africa del Nord) allinterno della scena
globale contemporanea.
Come si pu notare, anche lorganizzazione interna dei capi-
toli si basata su tre opzioni di fondo non banali e gratuite.
Nella scelta dei temi ho voluto dar conto sia degli aspetti re-
lativi alla grana delle opere sia dei loro contesti sociali.
Questo al fine di evitare di cadere nel vicolo cieco del dibatti-
to esternalismo/internalismo. Per quanto sia certo lecito che
ogni ricercatore sviluppi le sue ricerche in base ai propri mo-
delli intellettuali, mi sembrato necessario sottolineare come
la tensione conoscitiva dellantropologia dellarte debba co-
munque essere orientata sempre verso unanalisi in grado di
tenere in equilibrio sia gli aspetti estetico-formali che i fattori
socio-istituzionali.
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Per illustrare i temi sopracitati ho poi deciso di usare pochi
casi etnografici analizzati in profondit. Ho optato per questa
strategia in base a ragioni soprattutto didattiche. Mi sem-
brato infatti che lintreccio operato dallantropologia dellarte
tra lanalisi delle opere e il loro inserimento contestuale non
fosse illustrabile in modo efficace attraverso un vasto reper-
torio di esempi brevi e sintetici ma richiedesse, al contrario,
di mettere a fuoco un numero limitato di casi presentati in
modo esteso e approfondito cos da rendere evidenti gli sno-
di dellanalisi e i principali dettagli dellinterpretazione.
In ultimo, nella selezione dei casi etnografici ho cercato di
dar conto di unampia variet di arti, tempi e luoghi. Ho evi-
tato quindi di impiegare come spesso accade esempi trat-
ti quasi esclusivamente dalle arti pittoriche e ho incluso a
pieno titolo anche esempi occidentali onde evitare di avallare
in modo implicito la vecchia idea evoluzionista che lumanit
si divida in primitivi e civilizzati e che lantropologia cul-
turale si dovrebbe occupare dei primi per ragioni intrinseche
ed essenziali.
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