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PRESENTATO IL 22/11/2005
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RELAZIONE
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localismo, di una profonda trasformazione della organizzazione dei servizi e del welfare
territoriale, della riorganizzazione territoriale e societaria delle Aziende municipalizzate.
3. Con la riforma dell’Ordinamento degli Enti locali, attuato con la legge n.142/90, il
riformismo municipale si è poi indirizzato verso un modello che ha previsto il rilancio, e
non la soppressione, della Provincia. A maggior ragione tale processo si è consolidato
con l’elezione diretta del Presidente, facendo quindi decadere anche modalità
organizzative, che pure si erano affacciate, tese a differenziare la valenza istituzionale
del Comune (elezione diretta di primo grado), da quella della Provincia (elezione
indiretta di secondo grado).
Un ulteriore potenziamento di ruolo della Provincia si è registrato con la legge n. 59/97
(Legge Bassanini sul “federalismo amministrativo”) ed il D.lgs. n. 112/98, attuativo del
capo I della legge n. 59. E, per quanto più direttamente riguarda la Regione Lombardia,
con la normativa di riordino amministrativo approvata dal Consiglio regionale, che
definiva oltre tutto la sussidiarietà verticale, ovvero i rapporti tra Regione, Provincia e
Comuni, nelle diverse materie di competenza (“Riordino del sistema delle autonomie in
Lombardia”, l.r. n. 1/2000).
Ma un aspetto del problema, dal quale aveva preso le mosse la riflessione sulla necessità
dei livelli intermedi (sovra-comunali, ma anche sub-provinciali), in particolare in
presenza di grandi realtà provinciali, rimane ancora oggi fondato. Tant’è vero che in
tutti questi anni si sono moltiplicate, in base alle normative riguardanti le diverse
materie, proposte e soluzioni sovracomunali. Cui si è poi aggiunta anche una
sollecitazione a favorire la fusione tra Comuni, che però si è rivelata una opzione
difficilmente praticabile, oltretutto non risolutiva del problema più rilevante, ovvero
quello della riorganizzazione delle politiche territoriali su scala sub-provinciale.
Un bilancio dei vari tentativi praticati va quindi criticamente fatto. Comprensori,
fusione dei Comuni, associazionismo comunale, promozione dei Consorzi, definizione
dei vari Ambiti Ottimali (ATO), in base alla diversa tipologia dei servizi (ciclo delle
acque, ciclo dei rifiuti, trasporti, servizi sanitari di base, strutture ospedaliere,
coordinamento della Polizia Locale per i Progetti Sicurezza,…). Tra i tentativi va
ricordata anche la normativa, prevista dal Testo Unico sull’Ordinamento degli Enti
locali, riguardante i Circondari (art. 21, D.lgs. 267/2000), la cui realizzazione non ha
registrato sviluppi significativi. Così come irrisolto rimane il tema dell’Area
metropolitana di Milano, del suo “ordinamento differenziato”, dell’elezione dei suoi
organi, della “assunzione delle funzioni della provincia”, come previsto dal T.U. n.
267/2000. Situazione resa oggi ancor più complessa, dopo l’istituzione della Provincia
di Monza.
4. A livello locale in tutti questi anni sono state sperimentate diverse ipotesi di governo
integrato territoriale. Soluzioni ricercate anche in campo urbanistico, come a Milano o
con il Consorzio urbanistico dell’Hinterland a Brescia. O in campo ambientale, turistico
e culturale in zone come il Garda. Un’importante area (oltretutto di carattere
ancheinterprovinciale ed interregionale) che si è dotata, già dal lontano 1955, di una
propria “Comunità del Garda”, che dal 1972 si è trasformata da Comitato di
coordinamento interprovinciale in Associazione di enti pubblici, regolata con apposito
Statuto, oltre che in base alla normativa del Codice Civile. Un’esperienza giunta oggi ad
un passaggio particolarmente critico, che tenta nell’immediato la trasformazione in ente
di diritto pubblico, ma che trova davanti a sé la necessità di ridefinirsi non solo in
termini di strumentazione operativa (Consorzio), ma con una nuova identità
istituzionale e comunitaria. Esigenze, queste, peraltro analoghe a quelle presenti in
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molte realtà della “Lowland” della Regione, quindi nelle Province della “Bassa
Lombardia”.
Le soluzioni a queste problematiche vanno ricercate non tanto in una modifica del Testo
Unico. In primo luogo perché le diversità regionali e del tessuto municipale sono tali da
non poter individuare una unica soluzione su scala nazionale. Si pensi alle difficoltà
incontrate dalla normativa sui piccoli Comuni, con problemi riguardanti persino la
definizione del dimensionamento demografico. In secondo luogo, perché il problema
non è assolutamente quello di introdurre un nuovo livello istituzionale.
I due livelli territoriali – Comune e Provincia - devono rimanere i cardini del sistema
autonomistico. Per questo è opportuno non accogliere proposte che vanno in direzioni
opposte e che prevedono, per esempio, l’elezione diretta del Presidente delle Comunità
montane. Quindi anche un’elezione diretta del Presidente della Comunità locale.
Il problema è quello di mettere i Comuni di piccole e medie dimensioni nella
condizione di organizzare efficacemente un governo territoriale ed un diverso rapporto
tra Comuni e Provincia. Soprattutto va concretizzata una modalità maggiormente
integrata nell’esercizio delle funzioni già attribuite ai Comuni e definire una auto-
organizzazione dei Comuni che li metta in condizione di esercitare funzioni proprie o
delegate da Provincia e Regione. Quindi mettere i Comuni nella condizione di poter
riorganizzare le proprie forze, superando arretrati ed angusti localismi, e di governare in
modo integrato il territorio (ambiente, mobilità, sanità, servizi a rete, infrastrutture...).
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smaltimento dei rifiuti; h) grande distribuzione commerciale; i) attività culturali. Cui va
aggiunta la materia dei servizi sociali, come previsto dalla legge n. 328 del 2000.
Il problema che si intende affrontare con la costituzione delle Comunità locali è quello
di evitare la frammentazione dei diversi ambiti territoriali, definiti sulla base delle
singole materie sopra richiamate, ed alle quali altre potrebbero aggiungersi (Polizia
Locale…), e tentare di ricondurre – laddove sia possibile - una aggregazione
sovracomunale ad un preciso livello istituzionale, all’interno del quale eventualmente
ridefinire sub aree di vario tipo (a carattere consortile od associativo).
B). Definire una legge regionale di settore che riguardi soltanto le Comunità locali, che
non includa quindi il tema dell’area metropolitana, data la sua specificità, e che si
affianchi alla normativa già operante sulle Comunità montane (e recentemente ridefinita
con la l.r. n. 6/2002), per approdare solo successivamente ad un Testo Unico
(comprensivo delle Comunità montane, locali, conurbane e area metropolitana).
Una definizione convincente di una sussidiarietà verticale che si ponga in rapporto con
la sussidiarietà orizzontale, ma con funzioni di governance e non di rinuncia, come nel
progetto della Giunta che prevede un indebolimento del sistema degli Enti locali, nella
logica di un centralismo regionale che si interfaccia con sistema indifferenziato su scala
locale.
Una via più realistica, quella prevista dalla seconda ipotesi, che non parte da una
revisione complessiva, che rischierebbe di rispondere solo in modo astratto ad una
esigenza di sistema. La via di una normativa parziale, ma più realistica, risulta utile in
quanto allarga il campo di attribuzione anche delle competenze già assegnate alle
Comunità montane (“Disciplina delle Comunità montane”, l.r. n. 6/2002).
7. Il PdL in sintesi prevede che le Comunità locali adottino la forma associativa della
Unione dei Comuni (Art.1), così come essa è normata dall’art. 32 del D.Lgs. 267/2000,
assumendo fondamentalmente il modello già positivamente definito con la nuova
disciplina delle Comunità montane, affidando all’autonomia statutaria, prevista all’art. 4
del PdL, un reale campo di intervento decisionale. Analogo il riferimento, peraltro
impegnativo, riguardante gli strumenti di programmazione (art.8), con riferimento al
piano pluriennale di sviluppo socio-economico ed al piano pluriennale delle opere e
degli interventi. Così come per la procedura di concertazione necessaria per la
definizione degli azzonamenti degli Ambiti Locali (art. 7).
Punti di sostanziale novità sono rappresentati dall’ambito delle funzioni assegnate che,
uscendo dalla specificità montana, si amplia in modo significativo recuperando
l’esercizio coordinato delle funzioni previsto dall’art. 24 del T.U., completato con la
legge 382/2000 sui servizi sociali. Al punto da prefigurare anche per le stesse Comunità
montane un ulteriore ampliamento di funzioni.
Per quanto riguarda le modalità di elezione degli organismi comunitari si ipotizza una
soluzione analoga a quella delle Comunità montane, per evitare l’introduzione di regimi
elettorali differenziati. Anche se va rilevato che nell’ipotesi di una riflessione critica,
potrebbe essere considerata anche una diversa soluzione, che rimuova l’impedimento
oggi rappresentato dall’art. 27, c. 2 del T.U. n. 267/2000 rendendo possibile un
meccanismo analogo a quello previsto per la costituzione della Conferenza dei Sindaci
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dell’Asl e l’elezione del Consiglio di rappresentanza, che prevede un voto ponderato,
sulla base degli abitanti (Reg. n. 1/1998). Una modalità, quindi, che prevede il voto dei
“grandi elettori” convocati per nominare un più ristretto organo rappresentativo.
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“ISTITUZIONE DELLE COMUNITA’ LOCALI”
Articolo 1
COMUNITA’ LOCALI
Articolo 2
FUNZIONI
1. Spetta alle Comunità locali l'esercizio delle funzioni ad esse conferite dai Comuni
associati, oltre che direttamente dalla Provincia e dalla Regione.
2. Le Comunità locali adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli
strumenti idonei a perseguire gli obiettivi dello sviluppo socioeconomico, ivi compresi
quelli previsti dalla Regione e dalla Provincia, che possono concorrere al finanziamento
ed alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.
3. Le Comunità locali, anche sulla base degli indirizzi urbanistici del piano pluriennale
di sviluppo, concorrono alla formazione del piano territoriale di coordinamento
provinciale.
4. Il piano pluriennale di sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono adottati
dalle Comunità locali ed approvati dalla Provincia secondo le procedure previste dalla
legge regionale.
Articolo 3
AMBITO DI APPLICAZIONE
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i) grande distribuzione commerciale;
l) attività culturali.
Articolo 4
AUTONOMIA STATUTARIA
Articolo 5
ORGANI
2. I rappresentanti dei Comuni della Comunità locale sono eletti dai consigli dei
Comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza delle
minoranze.
Articolo 6
DELIMITAZIONE DEGLI AMBITI LOCALI
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integrati per la valorizzazione del territorio e per un più efficace esercizio associato
delle funzioni conferite.
2. La costituzione della Comunità locale avviene con provvedimento del Presidente
della Giunta regionale.
3. I criteri di delimitazione degli Ambiti locali prevedono:
Articolo 7
PROCEDURA DI CONCERTAZIONE E COSTITUZIONE
DELLE COMUNITA’ LOCALI
1. Entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, i Comuni interessati,
presentano alla Giunta regionale proposte di delimitazione degli Ambiti Locali; nei
successivi novanta giorni, la Giunta regionale, acquisito il parere della commissione
consiliare competente, elabora una propria proposta da sottoporre alle commissioni
provinciali così composte:
4. Entro trenta giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione
Lombardia della deliberazione, il Presidente della Giunta regionale adotta i decreti di
costituzione delle Comunità locali, da pubblicarsi contestualmente sul Bollettino
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Ufficiale della Regione Lombardia; con i medesimi decreti sono regolati, ove
necessario, i rapporti successori.
Articolo 8
STRUMENTI DI PROGRAMMAZIONE
Articolo 9
RAPPORTO FRA GLI ENTI
1. La Comunità locale può stipulare convenzioni o costituire consorzi con altri enti
locali per la gestione associata di funzioni e servizi.
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2. I rapporti tra Comuni che fanno parte di una stessa Comunità locale e quelli di
ciascun Comune con altri enti sono regolati secondo criteri di economicità, efficienza ed
efficacia, nel rispetto delle disposizioni del D.Lgs. 267/2000 e tenuto conto delle forme
di incentivazione dell’esercizio associato di funzioni e servizi disciplinate dalla Giunta
regionale.
Articolo 10
NORME FINANZIARIA
a) le risorse finanziarie di cui all’articolo 1, comma 52-bis, lett. b), della legge regionale
5 gennaio 2000, n. 1 (Riordino del sistema delle autonomie locali in Lombardia.
Attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in attuazione del capo I della
legge 15 marzo 1997, n. 59»), destinate all’incentivazione della gestione associata di
funzioni, a tale scopo è istituito l’UPB n.……… (finanziamento Comunità locali).
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