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DÉTourNEMENT

INDEPENDENT & PERIODIC WEBZINE // JOBLESS ETC. // N.O2 NOVEMBER TWOHOUSandNINE

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NELLE NUOVE POLITICHE SOCIALI, IL CUI NETWORK, APERTO ALLA PROMOZIONE DI ogni EMERGERE CULTURALE, ATTRAVERSA UNA
PIATTAFORMA D’UTENZA INCLINE ALL’USO DEI New Media Work, in una LOGICA POST-ARTISTICA o MEGLIO ATTA alla DEVALORIZZAZIONE
DELL’Arte ALTA. CONTRO IL FASCIO dei SAPERI STABILITI, CONTRO L’INQUINAMENTO CULTURALE: X una RICCHEZZA CRITICA, RADICALE
e LIBERTARIA decentrata dal COATTISMO DI MASSA, L’OBIETTIVO è: RIAPPROPRIARSI DEL PROPRIO MEDIA-SYSTEM MENTALE, CON
L’AUSILIO di un USO ECQUOresponsabile DEL TERMINE ‘FREE’, PREPOSTO AD ESSERE PRATICA DEL FARE OPINIONE o meglio x
LIBERARE IL FARE CRITICO DA qualsivoglia GENERE OBBLIGAZIONALE. INDIPENDENTE E DEMOCRATICO, NEL FARE DELL’ATTIVISMO LA
PROPRIA FEDE COLLATERALE, IL WEBZINE È MEZZO COOPERATIVO X E DI TUTTI, IN CERCA DI 1 CONTINUA FREE COLLABORATION!
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SOMMARIo

DISOKKUPAZIONE x Alessandro Acerra è .. 02

DISOKKUPAZIONE è .. . Un’idea personale …; IN}occupazione 03

LA CRISI VÀ LA CRISI STA 05

AFFITTASI JOBless professionals 06

MA?COS’È?QUESTA?CRISI 08

NECESSITÀ DIVENTA MODA 09

iNTERViEW 3?X CCS Cantiere, Onda Anomala, Sale Docks. 10

In copertina: Alessandro Acerra, Mistero della Fede, Installazione fatta in strada, 22 settembre 2009 ► Collezione pubblica

EDITOR in chief ⋆ Gabriele Perretta


MANAGING editor ⋆ gr.gr.
Art DIRECTOR ⋆ gr.gr.
EDITORs ⋆ Cecilia Geroldi ⋆ gr.gr. ⋆ Matteo Bergamini
CONTACT ⋆ detournementwebzine@gmail.com
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DISOKKUPAZIONE x
Alessandro Acerra è .. una suora «barbona»

distesa su un cartone fra i rifiuti, abbandonata a un destino di emarginazione e povertà un altro disoccupato che vive a carico della

società: si intitola «Mistero della Fede» l'ultima opera del 2009 di Alessandro Acerra, artista abituato alle provocazioni come mezzo

espressivo, che in modo del tutto autonomo esegue le sue opere sempre concettualmente dirompenti, portando in galleria, luoghi

pubblici e mostre collettive i suoi lavori concettualmente dirompenti, che non passano mai inosservati e che generano profonde

spaccature di pensiero attirando su di sé la Stampa e i Media.

Curiosità ed energia in continua crescita per comunicare sempre nel modo più creativo e innovativo.

www.hibu.it
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DISOKKUPAZIONE è ..
… Un’idea personale … BY Matteo Bergamini

Non sono un esperto di processi produttivi, anzi. Sono continuamente impegnato nella visione di progetti improduttivi: l’arte, e la cultura
in generale, sono materiali di cui il mondo, come i suoi abitanti hanno spesso ampiamente dimostrato, farebbe tranquillamente a meno.
L’arte è un ritaglio inutile; un punto di vista per pochi intimi disposti a riflettere (forse) su una questione morale, etica, spirituale; sulla
bellezza o sull’invisibile.
L’arte è una possibilità per gli adulti che hanno ancora bisogno di credere alle favole.
Attenzione: mi sto riferendo puramente alla poesia dell’arte non al suo status economico, al suo valore di scambio, al coefficiente delle
sue pitture, al prestigio delle sue istituzioni o al suo sistema.
Non so cosa significhi essere disoccupati, soprattutto in giorni come questi: la cultura, l’arte, la musica non penso, e non credo, siano
mai stati i terreni dell’occupazione: se per occupazione in questo settore si intende fare la guida all’interno dei musei, insegnare
educazione artistica alla scuola media o essere assistente, segretario/a, di galleria allora probabilmente stiamo parlando di un altro
ambiente lavorativo.
Turni, monte-ore, trattamenti di fine lavoro, contratti a tempo determinato, contratti formazione lavoro, contratti collaborazione
continuata, trattenute, straordinari, piano-ferie, norme aziendali: tutti nomi che mi rappresentano solamente l’insindacabilità della
maggioranza dei modelli professionali.
Io so solamente che la cultura lavora la domenica e a Natale, a Ferragosto così come Capodanno. Si sveglia nel cuore della notte e
pensa; lavora sui tram e nelle metropolitane, sulle strade, nei bar, negli incontri. La cultura è maledizione, la sete di arte è un sortilegio;
Claude Lantier, icona dell’artista senza fortuna del romanzo “L’Opera” di Emile Zola arriva al suicidio dopo aver cercato in tutti i modi di
far vivere la sua pittura, dopo aver lasciato morire il proprio bambino e tradito la fiducia della povera moglie.
Una storia tragica, una storia da fine ottocento, una storia di povertà: chi decide di occuparsi di cultura oggi non avrà più probabilmente
queste fattezze sociali ma il messaggio, sempre attuale, che viene lanciato è quello di una forte passione non contenibile e non
commentabile che resta intatta nonostante la mancanza di fondi, nonostante si debbano mettere alla berlina i rapporti umani, la dignità
personale.
Claude Lantier lo fa per la pittura. Qualcun altro per le note o per le parole.
Un giovane che decide oggi di diventare “pittore” quante speranze ha di trovare un contratto immediato? Quale posto di lavoro? Una
galleria che spolpi viva la sua creatività (finché ne rimane) per poi mandarlo a casa? Bisogna puntare in alto o restare nel sottobosco
per evitare i colpi bassi e cercare di ritagliarsi una nicchia tra gli sciacalli di terza categoria?
Probabilmente si è disoccupati non quando non si ha da fare nulla, ma quando manca la spinta per fare qualcosa: è sempre di arte che
sto parlando, di cultura, forse di spettacolo; gli operai in cassa integrazione non potranno risolvere il problema dell’occupazione
culturale, mentre la cultura dovrebbe risolvere il problema occupazionale della massa, come aveva cercato, utopicamente e invano, di
mettere in pratica l’Internazione Situazionista nel Maggio parigino e nei suoi derivati.
La professione dell’arte inizia senza contratti, senza rimborsi-spese, stando attenti a difendere il proprio lavoro con le unghie e con i
denti cercando di evitare il patetismo.
Eppure la stessa professione dell’arte e di chi pretende di fare cultura molto spesso è composta solo di ignoranza, di clientelismo, di
lobby di potere; piccole massonerie che a turno sistemano le proprie pedine, scadenti, all’interno delle istituzioni, grandi o piccole che
siano: e poi ci si lamenta del fatto che l’Italia è, in fatto di cultura contemporanea, un paese paragonabile a uno stato dell’Africa Nera
(con tutto il rispetto e l’amore che posso avere per le manifestazioni di cultura africane).
La disoccupazione culturale è il riflesso di quella stagnazione che non permette rinnovi di nessun genere: pensiamo ai tempi titanici
della burocrazia per il rinnovo di una piazza o di un palazzo; pensiamo al fatto che l’Italia gode nel sentirsi un museo a cielo aperto che
offre dalle rovine romane alle chiese e ai palazzi barocchi ma che non vuole assolutamente mischiare i suoi “valori” con le carte con il
contemporaneo, composto più di oneri che di onori.
Cosa che non capita, al contrario ai nostri vicini tedeschi o francesi che hanno un’attività culturale più elettrizzante, pensiamo solamente
a Parigi o Berlino, senza parlare degli amici americani… belli, alti e abbronzati (specchio del fatto che in Italia la disoccupazione e la
crisi ce la stiamo meritando tutta e la pagheremo più cara che in altri luoghi). In questo caso il discorso si riduce sul fatto che l’Italia ha
un enorme debito… e che quindi, in questo caso, fa comodo considerarsi uno stato alla canna del gas.
Tante volte il discorso su questi argomenti può sfiorare solo la banalità, ma è probabilmente la convenzionalità l’indice più evidente per
gettare una luce su una questione scottante e irrisolta da decine di anni che continua a rimanere insabbiata.
Nicola Gratteri, magistrato italiano e Procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria, impegnato nella lotta
contro la ‘ndrangheta ed acuto conoscitore delle distorsioni del sistema penale e giudiziario italiano che vive sotto scorta dal 1989, in un
recente intervento televisivo ha dichiarato: “Chiunque è al potere, sia esso di destra o di sinistra, non vuole un sistema giudiziario forte e
una scuola che funzioni. Perché un sistema giudiziario forte vuol dire poter controllare il manovratore; una scuola efficiente vuol dire
avere gente colta che non può assuefarsi o accettare di vivere a certe condizioni di vita."
Ammettiamo che questa condizione sia il vertice della piramide e che ovviamente influenzi tutta la zona sottostante, cosa può fare il lato
culturale, che in questo caso non significa più solamente istruzione, università e ricerca se non cercare di combattere con i pochissimi
mezzi a disposizione la comunicazione, secondo Mario Perniola il contrario della conoscenza, dilagante?
Contro la disoccupazione culturale la stessa cultura può solo muovere e promuovere delle azioni di lotta, non armata né violenta, ma
teorica, viva e vibrante di denuncia, tagliente.
Scriveva Pablo Picasso: “La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il
nemico”. Bisognerebbe fare il modo che non sia già troppo tardi.
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IN}occupazione. BY C. G.

Disoccupazione: condizione di chi non trova lavoro; mancanza di lavoro; entità complessa di chi non trova lavoro; disoccupazione
operaria; -volontaria; -involontaria […]. Così il Dizionario della lingua Italiana Garzanti definisce lo status più diffuso di questo ultimo
periodo storico.
Parliamo di disoccupazione, non operaia, non volontaria, ma di tipo involontaria e collaterale all’arte. Quella per cui decine e decine di
persone mosse da un forte desiderio di sapere e volontà di sperimentare o semplicemente di costruire si ritrovano a non riuscire a dare
forma e concretezza al proprio pensiero, al proprio credo, restando talvolta privi della fiducia in loro stessi ed in ciò che fanno. La causa
risiede un sistema costituito da diversi meccanismi che prediligono secondo criteri del tutto discutibili alcune idee piuttosto che altre,
alcune persone piuttosto che altre seguendo le direttive della dura legge del mercato. La domanda sorge spontanea: ma l’arte non
dovrebbe essere indipendente, un mondo a sé?
In questo clima una sola cosa è certa l’essere disoccupato o inoccupato, vivere delle proprie idee e delle proprie ricerche che però non
trovano concretezza all’interno di un sistema in cui lo stesso significato di fare Arte è altamente in crisi.
Per risolvere tutto ciò non è necessaria nessuna grande manovra economica, ma qualcosa di ben più complesso ed articolato. Il
problema è radicato all’interno della società in cui un giovane sa che avrà ben poche possibilità (perché la sua condizione è già di per
sé stereotipata e soggetta a pregiudizi), se poi a questa limitazione si aggiunge come collaterale l’arte il gioco è fatto: disoccupazione
involontaria al 70%.
La ricerca artistica oggi più che mai in un periodo di generale declino, può servire come strumento utile alla rinascita della nuova società
post-crisi in cui la cultura, la conoscenza e la ricerca dovrebbero costituire gli elementi fondanti.
Merito, meritocrazia, motivazione i tre termini più in auge per definire i futuri responsabili della cultura e della ricerca in generale anche
se risultano essere nella nostra società aggettivi piuttosto utopici. Può capitare che un giovane decida di intraprendere la carriera del
docente, non perché la reputi una via d’uscita facile dalla disoccupazione involontaria (principalmente economica) ma per reale
interesse, ricerca, sperimentazione.
L’insegnamento in senso generico è già di per sé definito in molte situazioni precario termine tragico che definisce uno status di
frustrazione ed insoddisfazione appartenente alla maggior parte dei lavoratori nel campo dell’istruzione. Condizione sociale che spesso
diviene l’attributo principale a discapito talvolta dei veri obiettivi. Il docente dovrebbe costantemente pensare a come poter formare
giovani menti, come poter far emergere le caratteristiche espressive di ogni singolo individuo (mi riferisco all’insegnamento artistico)
perché ha un obbligo morale ed etico, deve compiere una missione. La volontà di insegnare invece in alcuni casi è purtroppo
strettamente correlata ad un discorso di comodo per cui l’insegnamento costituisce l’unica forma di futuro.
Ci sono molti giovani docenti formati con dedizione dagli innumerevoli bienni abilitanti specialistici che risultano essere peggiori delle
precedenti generazioni di insegnanti la cui capacità di concorrere alla cultura o alle tecnologie attuali sono inefficaci; ci sono altri giovani
docenti invece la cui capacità è indiscussa ma per un discorso di punteggio, graduatoria e posizione non è per loro possibile un
occupazione. Sarebbe impossibile pensare di introdurre all’interno di questo meccanismo menti attive a discapito di passive con la sola
pretesa del merito e della motivazione? Come spesso nel gergo comune si dice: chi sa fa, chi non sa insegna, con il risultato che la
disoccupazione o inoccupazione involontaria aumenta a dismisura.
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LA CRISI VÀ
LA CRISI STA E VERRÀ, SE LA SPECULAZIONE RIMARRÀ. BY gr.gr.

La Grande Depressione, degli anni Venti - totalmente diversa dall’attuale - fu la peggiore crisi mai attraversata dall’economia mondiale,
si manifestò con la completa disintegrazione dei prezzi azionari, la dissoluzione del sistema valutario internazionale e la relativa caduta
dei prezzi mondiali.
La depressione produsse desolazione, immediatamente percepibile con il conseguente declino della produzione industriale ed agricola,
lo straordinario aumento del numero dei disoccupati in tutto il mondo e la successiva contrazione dei salari. Si diffuse un forte
sentimento di sfiducia nei confronti del sistema liberista dell’economia mondiale, causato da un’errata valutazione, quale fu quella di
Alfred Sloan, presidente della General Motors, il quale affermò - il 29 ottobre 1928 - la sua convinzione che la situazione economica e
industriale generale fosse solidissima. Ma così non fu e così è, anche se con altre premesse, per l’attuale, anch’essa dagli esiti
imprevedibili, ma con un’unica certezza: Noi, i contribuenti pagheremo i fallimenti di altri!
Picchi e valli hanno caratterizzato il trend economico mondiale dell'ultimo ventennio a dimostrazione di come le crisi siano diventate
sempre più violente; la prossima, probabilmente, sarà peggiore dell’attuale. Già nel 1998 l’economia mondiale aveva rischiato una delle
crisi più gravi con il crollo del Long Term Capital Management (LTCM), una società finanziaria che utilizzava sofisticate tecniche
matematiche concepite da due economisti premi Nobel, quali Myron Sholes e Robert Merton. La crisi fu scongiurata dall’intervento di
Washington e di Wall Street, ma da allora gli hedge funds si sono moltiplicati ed il rischio si è diffuso fino a diventare sistemico.
Nell’agosto del 2007 è scoppiata negli Stati Uniti e poi in Europa la gigantesca bolla speculativa dei subprime. Settembre 2008 il crollo
finanziario, le banche rischiano la chiusura per fallimento, la crisi dilaga, gli Stati sono costretti ad intervenire: bisogna salvare le
banche!
Oggi dopo poco più di quattordici mesi, le banche sono salve, ma qual è il vero - nuovo - assetto del sistema finanziario?
Le banche dovrebbero avere una funzione sociale e non essenzialmente commerciale, ovvero dovrebbero fare profitti in relazione alla
loro attività bancaria e non alla loro attività finanziaria. Si sono trasformate in finanziarie, avendo potenziato il settore che genera profitti
molto più elevati rispetto al resto del settore bancario e questo è stato causato, a partire dagli anni Ottanta, almeno in parte, dalla
deregulation reaganiana. Con il passare del tempo le banche hanno svolto sempre meno la loro funzione d’intermediazione, cioè di
raccolta del risparmio da una parte e di esercizio del credito dall’altra, per divenire produttori di sofisticati prodotti finanziari negoziabili
sui mercati speculativi. Una vera e propria macchinazione contro l’interesse del cliente!
In futuro le banche dovrebbero tornare ad avere una maggiore funzione sociale e per questo bisognerebbe porre una separazione tra
istituti bancari e finanziari. Diviene così necessario creare una regolamentazione finanziaria ed economica mondiale, così da limitare i
rischi ai soli che rischiano, senza così ledere l’intera collettività.
Nell’attuale mercato speculativo, completamente privo di regole, perché caratterizzato da motivazioni e comportamenti assolutamente
irrazionali, nei suoi momenti - fra toro ed orso - di esuberanza o di depressione, ha ovunque una dinamica prevalentemente irrazionale,
per non dire patologica, dove le classi dirigenti mondiali non sembrano in grado d’uscire dal trend dell'economia neoliberista, che nel
futuro prossimo prevede un'altra crisi.
Altri poi iniziano a vedere la fine della recessione, perché alcuni indicatori finanziari sono di nuovo positivi, ma l'economia reale non si è
ancor ripresa e tanto meno l'occupazione, dato che le aziende di tutto il mondo annunciano nuovi tagli al fine di ridurre le spese annuali
di funzionamento e spese in conto capitale. Come tutti sanno il vero segnale di fine recessione verrà solo al diminuire della
disoccupazione. Qui l’economia della web-conoscenza può esser considerata la radice viva e attiva di una nuova possibile economia
post-capitalista, le cui trasformazioni irreversibili e durature necessitano - dato il forte valore evolutivo - di lunghi tempi di sviluppo.
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Jobless
BY gr.gr. AFFITTASI BY gr.gr.

professionals
COMUNICATO POST-DISOCCUPAZIONALE NEI QUARTIERI DELLA RICERCA ITALIANA.

L’Italia nota industria di Nobel, figli di NN: poi-poi-poi…riconosciuti, esporta - per mancata iniziativa - un tradizionale quantitativo
disoccupazionale pari ad un vero e proprio Jobless Business. Un patrimonio il Train in Italy ceduto a caro prezzo, ai migliori Stati
acquirenti, ma per cos’altro in cambio? Per nulla!?! Un deficit - questo - accresciuto da altri mal costumi, tutti italiani: come quello
testimoniato da Ignazio Marino, che alla domanda: ‘Di "cervelli in fuga" si è ampiamente parlato. Ma di "rientro di cervelli"?’ risponde:
‘Durante la legislatura 2001-2006, ero ancora negli Stati Uniti, ci fu una proposta per favorire il rientro. Il progetto Moratti è fallito per la
chiusura del mondo accademico italiano che ha preferito rinunciare ai fondi piuttosto che favorire un "estraneo". Qualcuno che non
aveva fatto parte del clan’ (Antonella Appiano, Il talento? «In Italia è difficile farlo emergere». Il merito che non c'è? «Una ferita e una
sfida», intervista del 19 ottobre 2009).
Cos’altro aggiungere se non che l’Italia è uno dei paesi - al di là dell’attuale crifi (dal nuovo acronimo americano fi-cry = financial crisis) -
con il più alto tasso di disoccupazione intellettuale: perché l’Italia non investe! E nonostante realtà come l’AIRC (Associazione Italiana
Ricerca sul Cancro), producano occupazione, conoscenza, farmaci e terapie, cercando finanziamenti da sostenitori per lo più privati, in
una chiara ricerca di carattere “open”, il settore Ricerca non regge! È necessario aprire il Bel Paese all’Era dell’Open Business,
sensibilizzarlo al fare ricerca, fare sviluppo e fare… industria. Urge quindi sapere come impiegare il Capitale Umano di questo Paese, in
un reale confronto con i principali partner europei ed internazionali, per mobilitarsi allo svincolare la crescita dimensionale del business
environment italiano.
Non difettare su formazione ed educazione è base certa di crescita, non solo del costo sociale, bensì di progresso di quel capitale
umano, tanto caro al termine: in progress e così frequente in quei web-ambienti indice dei nostri bisogni.
Non mediare fra sistema formativo e professionale, comporta una perdita di competitività pari al nostro deficit occupazionale, e che
taluni come Luciano Gallino, identificano con l’avvento tecnologico, ma perché? Perché ad inizio secolo si lavorava 3000 ore l'anno, a
metà del secolo circa 2500 ed oggi 1600-1700 ore circa! Tralasciamo .. perché ciò che urge è un elevato sistema educativo, che miri a
galvanizzare il potere intellettuale nell’adattarsi a questioni urgenti e attuali come la natura, la società e le esperienze dell’uomo in
genere. Un cosiffatto sistema dovrebbe - oggi - infondere il valore di un’imprenditoria sostenibile, che generi valore e che renda i nostri
beni: servizi ed istituzioni più efficienti e accessibili. Una didattica dell’imprenditoria capace di fornire agli studenti gli strumenti pratici per
creare, amministrare, valutare e sostenere: un prodotto, redigere un business plan, trovare nuove risorse,etc. etc..
Insomma: le sole capacità difficilmente generano nuove imprese, ma sicuramente possono facilitare il loro sviluppo. Alche la didattica
dell’imprenditoria deve anche aiutare gli studenti a conoscere le infrastrutture politiche, culturali, economiche e di clientela, che
permetteranno la creazione di nuove imprese, in un preciso ecosistema glocale.
Proprio come ne Il Manifesto dell’Arte e dell’Impresa (Cittadellarte - Fondazione Pistoletto, 22 febbraio 2002): ‘…l’impresa italiana è una
missione culturale’, dove nuove competenze e nuove professioni nascono, eccoci quindi all’art advisor, una nuova figura professionale
per il mercato dell’arte, perché capace di lavorare in equipe combinando know-how informatico, competenze artistiche, strumenti
finanziari e conoscenza giuridica: queste le doti essenziali per l’odierno mercato dell’arte!
Giancarlo Graziani, Presidente di ASS.I.ART (Associazione Italiana per l’Art Advisory) ha evidenziato che ‘dal ristretto ambito
Mercanti/Collezionisti si è passati quindi ad uno scenario animato da Investitori, Gestori Patrimoniali, Università, Consulenti, Società
Specializzate che naturalmente hanno dato una formidabile spinta verso l’evoluzione del mercato, il quale sta attraversando una fase di
profondo, ed irreversibile, cambiamento’, nell’uso del know how tecnologico. Certamente vi sarà bisogno di giovani! Quanto di corsi
specifici a quest’area professionale e già attivi allo IULM di Milano e alla SDA Bocconi.
Di nuovo G. Graziani: ‘Nostro obiettivo è quello di far diventare il bene artistico un investimento a tutti gli effetti sollevandolo
dall’applicazione dell’IVA ed assimilandolo al regime vigente per gli altri beni di questo tipo all’estero, soprattutto nell’ottica della
costituzione di fondi d’investimento in opere d’arte’. Insomma prepariamoci ad una nuova Era, erogatrice di trattamenti di fine rapporto a
figure oramai superate, quali il collezionista fai da te e l’antiquario stregone, per un nuovo personale multi-professionale, pratico di
strumentazioni informatiche, economiche, normative .. perché non c’è chi non sappia che per aggiornare un sito di qualità serve una
figura professionale: il webmaster.
Un ‘nuovo’ Professionalismo, si dà ai giorni nostri come in epoca medioevale, dove le opera liberalia si identificavano indifferentemente
in tutte le classi sociali, con un’unica mancanza persistente: una scarsa mobilità sociale, datasi da un’ancor monopolio
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intergenerazionale ed intercategoriale di professione; benché vi siano forti sacche di disoccupazione intellettuale, dagli effetti
proletarizzanti (causa: squilibrio tra industrializzazione e scolarizzazione). Per sbloccare un tale deficit è necessario trovare criteri
condivisi di valutazione del risultato, monitorando la base o meglio la formazione scolastica e a tal proposito Barack Obama, in Usa, ha
messo in palio un premio di oltre 4 miliardi di dollari per le istituzioni scolastiche più meritevoli. E in Italia? Urge garantire - ancora - un
sistema di pari opportunità, con il più grande moltiplicatore di opportunità d’oggi: la tecnologia. Ben vengano quindi i pc e le lavagne
elettroniche, ma non siano solo parte dell’arredo, perché: una nuova tecnologia richiede una nuova didattica.
Conferenze e lezioni a distanza, utilizzo di strumenti informatici, come internet o intranet etc.: questa l’offerta didattica - anche se
parziale - già in atto nel nostro Paese (si veda a riguardo l’Università di Torino), dove il cosiddetto: aggiornamento professionale
decentrato, poggia anch’esso, come in altri Paesi, su di un ambiente particolarmente adatto nell’unire il 3D all’e-learning: Second Life.
E poi.. e poi l’Italia è di nuovo un Closed State, perché? Perché polemizza l’insegnamento multireligioso a seguito di un rifiuto vaticano
tutt’altro che liberale, se consideriamo l’assetto democratico che l’accumuna ad uno Stato civile! Nella sua roccaforte conservatrice la
Chiesa Cattolica ha timore di un’ibridazione culturale comunque inarrestabile, forse anche letale in termini di potere.
Ma in Italia tutto tace, in quanto vige il buon cristiano accondiscendente, fautore tutt’altro che subalterno di quei grandi rallentamenti nel
mercato del sapere, cui noi non possiamo non fronteggiare a partire dall’ancor in corso appello rivolto al Presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano e ai Ministri della Cultura e dell'Istruzione (www.undo.net/appelloalpresidente). La proposta promossa
dall'Associazione Artepubblica con il supporto dell'Ufficio Promozione Giovani Artisti di Bologna, intende sollevare l'attenzione sullo
stato dell'arte contemporanea in Italia, nell'ambito de Il falso Oreste: un tentativo di turbolenza sulla calma piatta italiana (Bologna, 10
giugno 2009) nel cui testo di presentazione si legge: ‘Il Falso Oreste nasce dal desiderio di trovarsi per dialogare insieme, su alcune
emergenze inerenti al nostro Paese: un'Italia in declino, paralizzata da crisi congiunturale, politica, sociale ed intellettuale": priva di
quell’internazionalità su cui urge veicolare una cultura italiana indipendente ed avanguardista, tutt’altro che disoccupazionale. È - quindi
- necessario fornire alternative critiche ad un conservatorismo disattento ed interessato: al che se Voi, Noi rispondiamo l’Attuale,
occupiamocene! Non deleghiamo il Nostro rinnovamento: impieghiamoci ad essere non solo: funemployment (disoccontenti), bensì
praticatori di quel paradosso che è il tempo libero, in quanto impiego libero.
Teoricamente compresa, la sensibilizzazione di un reale degrado culturale, è all’oggi ancor poco praticata se non da political operators
come molle industria, che in Tuboflex, denunziano un game-prototipo multinazionale del lavoro in affitto, riproponendo un complesso
sistema di tubature atte ad un’alienante mobilitazione della forza lavoro. ‘Al centro della schermata vediamo un impiegato di call center,
i telefoni squillano incessantemente. Il giocatore deve cliccare freneticamente per metterli a tacere. Dopo alcuni secondi dalla parte
superiore dello schermo compare un grosso tubo che risucchia l'ignaro ometto. Viene sputato un instante dopo alla postazione di un
take away di un fast food. Ora il giocatore deve esaudire gli imprevedibili desideri dei clienti: un panino, quattro panini, due panini.
Inevitabilmente il giocatore commette errori e le sue chances diminuiscono. Il ritmo si fa sempre più frenetico, le chances calano fino
all'esaurimento. Il personaggio si ritrova sulla strada a mendicare, espulso definitivamente dal mercato del lavoro. […] Abbiamo pensato
che si potesse raccontare l'insostenibilità delle attuali condizioni di lavoro flessibile rompendo la tipica logica sequenziale dei livelli.
Crediamo che un mercato del lavoro sempre più soggetto alle regole del darwinismo sociale, provocherà la marginalizzazione dei
soggetti più "deboli". Per evidenziare questo non abbiamo inserito un lieto fine in Tuboflex, il fallimento è ineluttabile e irreversibile’
(Paolo Pedercini, Radical Game Design. Note sulla retorica dei Political Games, 2006).
Ad un così dato di fatto altro non possiamo fare che fornire visioni alternative o meglio ulteriori quale è Prototype For Self Employed
Economic Unit di Apolonija Sustersic (2003), un progetto di sostegno site-specific, per la creazione di nuovi posti di lavoro nella regione
di Warendorf (Germania). Interessata ad un intervento attivo di risocializzazione del contesto urbano, A. Sustersic ha realizzato un'unità
economica funzionante, un vero e proprio Shop Box, abilitato alla vendita di erbe aromatiche e diversamente abilitato, nei giorni non
lavorativi, ad essere scultura pubblica. Ecco ciò che si dice essere la mobilità! Un servizio: l’opera, rispondente i nostri Bisogni e quindi
un servizio pubblico.
Pubblico come SOS: OK (2005) di Paula Roush: un’azione organizzata nel quartiere di ‘biscotto Town’ di Londra, per e con i residenti
locali e lavoratori dell’allor chiusa fabbrica di biscotti Peek Frean: quattrocento volontari riuniti nel produrre e confezionare - con Roush -
una nuova serie nutrizionale di biscotti, in una vera e propria simulazione di un programma di emergenza alimentare. Ecco cosa fa l’arte
oggi: collabora o meglio lavora con gli operai, i disoccupati etc. etc.. integrati in processi culturali tutt’altro che conformanti, perché
glocalmente diversificati.
Professioniste come Roush e Sustersic ridisegnano finalità politiche indispensabili nel sostenere possibili collassi di una Democrazia
fragilmente condotta, nel ridefinire modalità - anche lavorative - radicate, nel senso di underdeveloped.
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MA?COS’È?QUESTA?CRISI
UN’ASIMMETRIA COMUNICAZIONALE IN FASE ATTIVA o meglio GIOVANE. BY gr.gr.

L’uomo è un animale comunicante, che agisce nel mondo sulla base di modelli creati dalle informazioni che riceve, quindi l’essere
umano culturale ha un comportamento veicolato dall’esterno, dalla storia etc. etc. tale per cui ogni uomo, che nasce, è simile agli uomini
pregressi: una coerenza - questa - data dalla volontà di conservare sé stesso .
I sogni d’egualitarismo di una nuova età ateniese della democrazia, la speranza di un’uscita dalla spirale della povertà: sono svaniti.
Stiamo vivendo non solo una crisi economica, ma anche una crisi definibile come la bancarotta degli ideali.
I grandi ideali che hanno attraversato il Novecento, paiono caduti con il crollo del muro di Berlino e dalle cui macerie sono nati nuovi
muri, tra cui il divario economico anche all’interno della stessa Europa.
Uscire dalle crisi che si susseguono con la stessa visione dell’economia e del mondo sarà impossibile.
La mancanza di regole, di etica dei mercati e della politica portano: alla crisi del capitalismo e ad una latente messa in discussione della
democrazia di alcuni Paesi. L’anarchia economica è la forza corrosiva dell’ideologia, quale fonte di legittimità dei politici, dove i grandi
ideali sono stati sostituiti da miti e illusioni, anche nei Paesi cosiddetti avanzati.
Mancando il sogno o la possibilità di poterlo realizzare, si è così formata La Generazione passiva, una generazione impossibilitata a
pianificare il proprio futuro, poiché mancano investimenti nel capitale umano. La crisi ha portato, inoltre, ad una riduzione degli
investimenti concernenti la tecnologia e ad un timore di un suo impiego in un ipercentro virtuale detto: metacitty, una città
smaterializzata - contemporaneamente ovunque e in nessun luogo - che esiste solo in virtù dell’urbanizzazione futura delle
telecomunicazioni.
Le attuali scelte economiche e politiche favoriscono un’asimmetria della comunicazione, tra cui una velocità di downloading
generalmente maggiore all’uploading, che limita l’interazione fra le persone, favorendo un approccio passivo di fruizione, prettamente e
tradizionalmente televisivo e per cui il fruitore era definito: couch potatoes.
Così la possibilità d’inserimento lavorativo per i giovani, datasi con tale asimmetria comunicazionale, diminuirà sempre più, in quanto i
settori trainanti delle economie avanzate non sono altro che l’informazione, la comunicazione, l’istruzione, l’arte, l’intrattenimento, le
conoscenze scientifiche etc., ma un’enorme potenzialità culturale, economica e sociale si apre con Internet e i suoi surrogati.
All’oggi esiste il concreto rischio che gli Stati e i gestori delle telecomunicazioni riprendano il controllo di internet con la censura, la
chiusura e la privatizzazione della rete, bloccando ciò che è la collaborazione, l’innovazione e l’intelligenza collettiva.
Contrariamente a ciò, il mutamento economico che verrà, ci auspichiamo possa attuarsi in maniera coerente e simbiotica alla sfera
culturale e politica.
Affinché questo avvenga Ernest Cassirer dice che: ‘lo scopo principale di tutte le forme della cultura consiste precisamente nel compito
di edificare un mondo comune del pensiero e del sentimento, un mondo umano che vuol essere un xotvòv … e non un sogno
individuale, o una bizzarria o fantasia non meno individuale … Il linguaggio sembra esser il primo ad imboccare questa strada ed a
guidarvi i passi dell’umanità. Esso non può concepirsi al modo di una Lingua universalis’.
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NECESSITÀ
DIVENTA MODA
I GRANDI MAGAZZINI DI INTERNET COME RIMEDIO ALLA CRISI. BY gr.gr.

Nel XVIII secolo nasce la vetrina, come osserva Condeluppi la vetrina è necessaria quando viene meno il rapporto personale tra
artigiano e i propri clienti e che si è trasformato in un rapporto impersonale tra commerciante la folla indifferenziata, quindi per attirare
l'anonima folla, il prodotto va messo in vetrina.
I passages (gallerie) sono un fenomeno tipicamente urbano delle grandi città del XIX secolo, in sostanza si trattava di strade
commerciali coperte, nate sull’esempio dei bazar orientali, che tagliavano per intero dei quartieri della città. In questi corridoi si
affacciavano negozi che esponevano in maniera accattivante: merci, scritte … queste le strategie fautrici di un linguaggio pubblicitario. I
passages o le gallerie, come luoghi della distrazione delle merci per eccellenza, dove la folla amorfa pervade la città e provoca
l'esperienza dello choc al flâneur (colui che ha bisogno di spazio privato al quale non vuol rinunciare), ma la folla indifferenziata è
sedotta da immagini, merci e da oggetti notabili, in quanto isolati e decontestualizzati, dove l’estraneità accresce la possibilità di essere
visto ancor più che stando nel suo contesto.
La folla oggi è composta da utenti, che fluiscono interagendo su internet e paradossalmente si ritrovano in un bazar, in cui dalle vie
principali e passando per i cunicoli si raggiungono le botteghe degli artigiani e si riscontrano le medesime possibilità; social network
come luoghi d’incontro per chiacchierare e confidarsi, e poi la passeggiata può continuare per fare un po’ di shopping.
Lo shopping virtuale è oramai una caratteristica importante, in questo periodo di crisi, perché nel bazar virtuale s’incontrano
concorrenziali proposte economiche ed ecologiche. Molte persone hanno e stanno facendo scelte etiche, riguardo i mezzi di trasporto e
l’alimentazione, girando in bicicletta e comprando direttamente dal produttore, più che nella realtà, dato che oramai lo spazio virtuale è
una piattaforma per sopravvivere nello spazio reale.
L’atteggiamento: ‘Tutto va ben Signora la Marchesa! purtroppo è comune nei momenti storici legati alle crisi, ma non risolve i problemi
di tutti i giorni. Allora facciamo i flâneur nei grandi magazzini di internet ed impariamo il fai da te, il riciclo, la riscoperta delle ricette della
nonna e molto altro, come scaricare ciò che è liberamente scaricabile; a proposito si veda www.fitzpatterns.com dove Lisa Howdin nel
2005, ha creato uno spazio downlodabile di modelli di vestiti.
Se c’è un lato positivo in tutto questo è che pur non avendo preso coscienza dei problemi del nostro territorio, la necessità finanziaria ha
comportato un atteggiamento ecologico, tale per cui la necessità ha messo l’abito della moda e ci sta spingendo verso un
comportamento realmente consapevole.
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iNTERViEW 3?X CCS Cantiere, Onda Anomala, Sale Docks. BY gr.gr.

gr.gr.: RICERCA e DISOKKUPAZIONE: in che modo interagite con essi?

CCS Cantiere: «?»


Onda Anomala: «?»
Sale Docks: «?»

gr.gr.: FARE ‘ETICO’ o ‘CRITICO’ equivalgono - ancora - ad una Pratica del no-profit? Se no, quali gli esempi?

CCS: «?»
O.A.: «?»
S.D.: «?»

gr.gr.: Quali sono i trend della CONTROINFORMAZIONE ITALIANA ed estera?

CCS: «?»
O.A.: «?»
S.D.: «?»

«?» nessuna risposta, ke dire : !?! élite snobista !??

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