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Octave MIRBEAU, Vecchio focolare domestico

(1900)

(traduzione di Fausto Valsecchi, 1914)

IL MARITO, sessantacinque anni, grande, magro. Viso secco e sanguigno


con favoriti duri e brizzolati. Portamento e contegno d’un antico
magistrato.

LA MOGLIE, sessant’anni. Inferma, quasi paralizzata, enorme, coi capelli


tutti bianchi. Viso gonfio di grasso malaticcio.

LA CAMERIERA, giovane, bella, sfrontata.

La scena rappresenta il terrazzo d’una casa di campagna nei dintorni di


Parigi. Sul terrazzo, un tavolo da giardino, poltrone di vimini, poltrone
americane, sedie fisse e pieghevoli.

All’alzarsi del sipario, la moglie, condotta e sostenuta dalla sua cameriera,


discende dalla soglia della casa e cammina penosamente, soffiando,
gridando, verso il tavolo. Dietro viene il marito, che porta sul braccio
coperte di lana calda. La moglie è tutta avviluppata in un mantello. Il suo
viso scompare fra le pieghe d’un pizzo bianco. Benchè aiutata dalla
cameriera, si appoggia pesantemente sopra un bastone a gruccia. Di
quando in quando si ferma e si lamenta.

È la sera, dopo pranzo, una sera d’estate che cade silenziosa, calma,
chiarissima, sul giardino, le macchie del quale si oscurano sul cielo puro,
senza nuvole. Le finestre dcl pianterreno della casa sono rischiarate da
una luce rossa.
SCENA PRIMA

La MOGLIE, il MARITO, la CAMERIERA

LA MOGLIE (alla cameriera). Non così presto... Non così forte... Mi fate
male... Come siete brusca, Dio mio... Ma fate dunque attenzione...

LA CAMERIERA (con voce breve). Tocco appena la signora... Non si sa mai


come fare con la signora...

LA MOGLIE. Andate... Andate... Lasciatemi un poco respirare... E le vostre


mani... Ah ! Le vostre mani !... Ma che cosa avete dunque nelle mani ?

LA CAMERIERA. È pure necessario che io tenga la signora con qualche


cosa... Non posso lasciar cadere la signora...

LA MOGLIE. Tacete..., Avete sempre qualche scusa... Vi dico che


camminate troppo presto... che mi stringete il braccio... Fermatevi... Oh !
oh !... Lasciatemi respirare !... Non ne posso più... (Sbuffa e si lamenta.)
Che cosa dite ?

LA CAMERIERA. Nulla, signora...

LA MOGLIE. È un piacere... Oh ! questa soglia... questi gradini... è atroce...


(Getta un grido acuto.)

IL MARITO. Che c’è ?...

LA MOGLIE. Le mie povere ginocchia... le mie povere ginocchia ! È come se


un ferro rosso mi passasse nelle ginoechia...

IL MARITO. Vuoi che ti sostenga dall’altra parte ?


LA MOGLIE. No... No... Tu pure sei troppo brusco... Mi fai male ogni volta
che mi tocchi... Hai le mani che sono come pietre...

IL MARITO. Naturalmente... se preferisci soffrire... io non ne ho colpa...

LA MOGLIE (con voce più lacrimosa). Perchè obbligarmi a venire tutte le


sere sul terrazzo ? Tu sai che ciò m’è proibito... sai che non mi fa nulla...
L’aria umida della sera raddoppia i miei dolori e mi dà la febbre... mi
accresce la febbre...

IL MARITO. È un’idea tua... L’aria non ha mai fatto male a nessuno... al


contrario...

LA MOGLIE. Si possono dire simili cose !...

IL MARITO. Hai un’igiene deplorevole... Ti ostini a rimanere tutta la


giornata, distesa nelle stanze chiuse e troppo calde... È questo che ti fa
male... Grossa come sei non c’è nulla di più malsano... Io che sono magro
e che sto bene, morirei di questa immobilità e di questo calore... Ma tu non
vuoi capire nulla e ti ostini a non fare che ciò che ti piace... Te l’ho detto
cento volte... bisogna che tu ti muova... che tu cammini... magari che ti
stanchi... Esercizio, ecco...

LA MOGLIE. Dio mio !... Dio mio !... È possibile soffrire così ? Che ho mai
fatto, Dio mio, per soffrire così ? Muovermi... Camminare... Come se
potessi... Tu ne parli a piacere... (La cameriera aiuta la signora a sedersi.
Questa getta piccoli gridi. Alla cameriera con voce interrotta.) Ma che cosa
avete dunque nelle mani per spezzarmi il corpo così ? Oh ! Oh !.. le mie
povere reni... le mie povere gambe... la mia povera testa... come ho
caldo... come ho freddo !... (La cameriera prende le coperte dalle mani del
marito, ne avvolge i ginocchi e le gambe della padrona che ansante, coi
gomiti sul tavolo, si tura le labbra col fazzoletto, per non gridare.) È
spaventoso... da morirne... Non avete ancora finito ?

LA CAMERIERA. Ecco... La signora ora sta bene ?

LA MOGLIE. Come ho caldo !... Questo terrazzo mi ucciderà...

IL MARITO. Ma no... ma no... scommetto che tu non soffri più...


LA CAMERIERA. La signora non ha più bisogno di me ?

LA MOGLIE. Dove avete messo la mia boccetta di sali ?

LA CAMERIERA. Sulla tavola, presso alla signora.

LA MOGLIE. Datemela... (La cameriera porge la boccetta dci sali.)... Avete


dato da mangiare ai gatti ?

LA CAMERIERA. Si, signora. (A parte.) Le brutte bestie !

LA MOGLIE. Accomodatemi le coperte... Vedete bene che scivolano... Fate


sempre le cose a metà...

LA CAMERIERA. Scivolano, perchè la signora si muove... (Accomoda le


coperte.)

LA MOGLIE. Piano... piano, dunque...

LA CAMERIERA. Mi posso ritirare ?

LA MOGLIE. Come avete fretta ! Va bene... Andate... Vi chiamerò... ma non


allontanatevi... rimanete nel salottino...

LA CAMERIERA (seccamente). La signora sa che non ho pranzato ?

LA MOGLIE (amara). Ah ! Sì... non avete pranzato !... Non avete mai
pranzato, quando ho bisogno di vol... Be’ andate.

LA CAMERIERA. Va bene, signora... (Esce.)

SCENA II
Gli STESSI, tranne la CAMERIERA.

LA MOGLIE. Come mi tratta !... Come mi parla !... (Silenzio.) Come mi


parlano tutti !... (Nuovo silenzio.) Non ha pranzato... Ella non ha pranzato...
Sempre la stessa cosa... Ah ! Non siate mai malati... (Silenzio. Ella si
asciuga la fronte donde cola il sudore.)

IL MARITO (si è comodamente seduto in una poltrona di vimini, con le


gambe incrociate e la testa verso il cielo). Veramente si sta molto bene
qui...

LA MOGLIE. Ah ! Tu credi...

IL MARITO. Ma sì, l’aria è dolce... non c’è il minimo vento... la minima


umidità... Guarda come è bello il cielo !... Non c’è nulla ch’io preferisca a
queste calme serate, sul terrazzo... (Si dondola.) Dio mio !... Non sono più
poetico d’un altro... ma... non so... questa purezza... questa incertezza...
questo silenzio... mi mettono nell’anima una pienezza... una dolcezza...
una commozione... veramente, sî !... una commozione che riposa e che
culla... (Accentua il suo dondolìo.)

LA MOGLIE. Tu sei felice, tu !

IL MARITO. E tu ?... Sono certo che ti senti bene, ora... Perbacco, è


evidente... Se tu m’ascoltassi ?... Vale la pena di tanto gridare, di
protestare tanto ?... (Accende un sigaro.)

LA MOGLIE. Ah ! tu fumi ?

IL MARIT0. Certamente, fumo... Ti disturba ?

LA MOGLIE. Eh, via... lo sai benissimo...

IL MÂRITO. Va bene... (Si dirige, borbottando verso la porta del giardino.)


LA MOGLIE. Dove vai ?...

IL MARITO. Poichè ti disturba... vado a fumare altrove... vado a fumare in


giardino...

LA MOGLIE. Resta qui, te ne prego... Non amo essere sola, la sera, sul
terrazzo...

IL MARITO. Cara mia, confesserai che sono paziente... che faccio tutto
quello che posso, che faccio anche l’impossibile per ben curarti, per
rispettare le tue manie... le tue ubbie... Impongo sacrifici quotidiani alle
mie abitudini, ai miei gusti, ai miei bisogni, a tutto ii mio modo di vivere...
sacrifici enormi...

LA MOGLIE. Ah !...

IL MARITO. Enormi, sì... e lo ripeto, quotidiani... Li riconosci tu pure quando


sei ragionevole... Ma poi c’è un limite a tutto... E sinceramente tu abusi
della mia devozione e della posizione...

LA MOGLIE. Andrea... ritorna... Non ti ho visto in tutta la giornata... Non ho


visto nessuno in tutta la giornata... Tutta la giornata sono stata sola, sola
come una povera cagna... Andrea...

IL MARITO. È colpa mia ? Tu non tieni nessun conto di nulla, nè delle mie
tristezze... nè della mia vita guastata, della mia intimità distrutta, delle
mie amicizie perdute... Tu scoraggi tutte le buone volontà che ti
circondano alienandotele... Poi ti lamenti !... Non è giusto... Io non ti
rimprovero nulla... ma poi bisogna che te lo dica... tu esageri le sofferenze
tue e le rendi insopportabili agli altri...

LA MOGLIE. Andrea !...

IL MARITO. Oggi mi vorresti impedire di fumare... domani mi proibirai di


dondolarmi su questa poltrona... E tutti i giorni ci sarà qualche cosa di
nuovo... Se esco, sono lacrime, scene irritanti e penose... Se ti rimango
vicino, sono acri rimproveri o lamenti eterni... Allora che cosa vuoi ?... I
tuoi capricci, le tue esigenze s’oppongono ai miei bisogni più imperiosi,
come ai miei piaceri più innocenti... Nella tua stanza... mio Dio !... capisco
che a rigore il fumo del tabacco ti possa disturbare... ma, qui... all’aria...
nel giardino ?... È una persecuzione...

LA MOGLIE. Ebbene, resta... e fuma... Questo, più o meno... Dio mio !...

IL MARITO. Questo, che cosa ?... Che cosa, questo ?... Spiegati !... Si
direbbe che io ti martirizzi...

LA MOGLIE. Andrea... non essere cattivo... sono così ammalata... e sono


così sola sempre... non parlarmi con quella voce... non puoi sapere come
mi torturi. Te ne prego, torna vicino a me e fuma fin che ti piace...

IL MARITO. Grazie... Perchè tu mi rimproveri durante otto giorni questo


cattivo sigaro... Oh ! ti conosco...

LA MOGLIC. Non sei giusto, Andrea... e veramente, dovresti avere un po’ di


pietà di me...

IL MARITO. Ho pietà di te certamente... ma nella misura in cui devo aver


pietà d’una malata che insomma non lo è...

LA MOGLIE. Dio mio !...

IL MARITO. Certamente... Tu sei malata, sì. Ma ti credi molto più malata di


quel che veramente tu non sia... Ti abitui a recitare per te stessa la
commedia della malattia incurabile e mortale... e arrivi a speculare sulla
mia tenerezza, ad abusare della mia esistenza e dell’esistenza di tutti
quelli che ti servono e ti curano... Ebbene, no... infine io protesto...

LA MOGLIE. È mostruoso, quello che tu dici...

IL MARITO (alzando le spalle). Tutto questo per qualche piccolo


reumatisrno... Perchè, insomma, non sono che reumatismi... Ma tutti hanno
oggi i reumatismi... Forse che io mi lamento ?... Forse che io grido ?...
Forse che io metto sossopra la casa ?... Anche stanotte mi sono svegliato
con le reni addolorate... Ebbene, ecco tutto... Procuro di domarle con un
regime razionale, con un esercizio appropriato... Faccio ciò che occorre...
Ma non tiranneggo tutto il mondo per questo...
LA MOGLIE. Reumatismi !... Reumatismi !... Chiami reumatismi lo stato
orribile nel quale mi trovo da dieci anni... Reumatismi questa lenta
agonia... questo abominevole supplizio... questa tortura continua che mi
attanaglia la carne e mi dirompe le membra... Ah ! Come osi dire una cosa
simile... Come hai il cuore, il triste e orribile coraggio di pensarla
solamente ?... Infine... che cosa vuoi ?... fuma... fuma... finirà presto...

IL MARITO (va e viene per il terrazzo, impaziente). Naturalmente... Le


grandi parole !... Le grandi frasi... il dramma — Ah ! me lo aspettavo ! —
invece di ragionare e di rispondere agli argomenti precisi che ti porto... Ed
è cosi per tutto... Ecco... è come per le serenelle... i gigli... i rosai che
erano la gioia del mio giardino... e che tu hai fatto strappare... E tuttavia
non fumavano... No, forse che fumavano ?

LA MOGLIE. Ma poichè non posso sopportarne l’odore... Poichè il minimo


odore mi dà le sincopi...

IL MARITO. Eh, via !...

LA MOGLIE. Lo sai benissimo... Non è una cosa che io inventi... L’hai visto
tu pure una ventina di volte...

IL MARITO. Perchè ti compiaci nel tuo male... invece di resistervi... perchè


sei peggio d’un bambino, non hai la più piccola volontà, la minima
energia... In queste condizioni, cara mia, devi comprendere che è difficile
vivere... che è impossibile vivere...

LA MOGLIE. Andrea... non dirmi parole ingiuste e cattive... te ne


supplico !... Non è generoso... Non è degno d’un uomo come te... Ci sono
dei momenti in cui i tuoi occhi mi spaventano, in cui le tue parole mi
entrano nel cuore come coltellate... Ed è per questo ch’io muoio più che
per la morte che è nelle mie vene... Per pietà, Andrea, rifietti un momento
a quello che mi dici... e fa che nei tuoi occhi non ci sia dell’odio !... Se
soffro, non è per colpa mia... ci sono tante cose intorno a me... tante cose
che mi fanno male... sono noiosa... esigente... bizzarra ?... È
possibilissimo... non bisogna serbarmi rancore per questo... pensa a quello
ch’ero in altri tempi... a quello che ora sono... alla spaventevole e pietosa
rovina che ora sono... mi hai amata, ricordatelo... siamo stati felici, uno per
l’altro... Ho avuto una bocca coi baci... due braccia con le strette... un
cuore con tutte le tenerezze, tutte le ebbrezze dell’amore... Non è
possibile che tu ti sia dimenticato.,. E oggi non ho più nulla... Tutti
m’abbandonano... perfino i miel figli... Mi si lascia morire come una
bestia... (Piange.) come una bestia !... Andrea !... Andrea !... (Piange più
forte.) Torna vicino a me... e fuma... te ne prego... Cercherà di non esserne
disturbata...

IL MARITO (sembra imbarazzato). Ah ! le lacrime ora... Dopo i rimproveri,


le lacrime... Non si può essere tranquilli un momento... (Fa un gesto più
violento.) Non è una vita... non è una vita...

LA MOGLIE Non ne avrai per molto tempo !... Di giorno in giorno, di minuto
in mimuto, sento la morte che viene più presso a me... Sarai presto
libeato...

IL MARITO. Via... ecco... Proprio la morte... sempre la morte... Non si può


fare nulla... non si può dire nulla senza che vi si getti in faccia... che
cosa ?... la morte !... Ah ! no !... no !... non è une vita...

LA MOGLIE. Ebbene... torna a sederti... in questa poltrona... vicino a me...


Non ti dirò più nulla di tutto questo... Non ti annoierò più... coi miei
lamenti... te lo prometto... Suvvia... vieni... Hai ragione, amico mio... le mie
sofferenze non riguardano nessuno.... non riguardano che me...

IL MARITO. Non dire così... Ascoltandoti, si direbbe che io non m’interessi


della tua malattia... Ne soffro molto invece...

LA MOGLIE (continuando). Non te ne parlerô mai più... Non so dove avevo


la testa e quello che mi ha preso, poco fa, di parlartene... È assurdo... Fa
male a me stessa...

IL MARITO. Ah !... tu vedi...

LA MOGLIE. E poi vorrei dirti... (Il marito fa un movimento brusco e prende


un’espressione di diffidenza.) No... no... non temere... è finito... non si
tratta di me... del mio stato... si tratta di te... e di cose piacevoli alle quali
ho pensato, quando ero tutta sola in camera mia... vorrei che noi ci
parlassimo da buoni amici !

IL MARITO. Oh !... Finalmente eccoti diventata un po’ più ragionevole... Se


ho avute parole brusche... un po’ severe... devi comprendere che fu
unicamente nel tuo interesse...
LA MOGLIE. Certamente...

IL MARITO. Tu ti lasci andare, senza ragione a une scoraggiarnento che


nulla giustifica... Ed è molto male... Hai bisogno di essere sollevata di
quando in quando... Chi ti solleverebbe se non io ?

LA MOGLIE (con una voce leggermente amara). Ma sì... ma sì... E ti


ringrazio... (Egli torna.) Avvicina questa poltrona a me... ancora più vicino,
così, sì... Ora ti vedrò meglio... Oh ! come sono contenta... E il tuo sigaro
che è spento... Via, riaccendilo, bamboccione !

IL MARITO. Allora... Poichè tu lo vuoi...

(Il marito riaccende il sigaro, si siede nella poltrona e ben comodo coi
gomiti, con le reni, con le spalle, le gambe allungate, la testa rovesciata
sulla spalliera, aspira lente, lunghe, grosse boccate di fumo che il
venticello spinge verso il viso della moglie. Una pausa.)

LA MOGLIE (che tossisce, ma non osa fare un gesto. Rassegnata). Andrea ?

IL MARITO. Ti ascolto.

LA MOGLIE (imbarazzata). Promettimi che non ti arrabbierai.

IL MARITO. Che c’è ancora ?... Non sono dunque piacevoli le cose che mi
vuoi raccontare ?

LA MOGLIE. Sì... Sì... Te lo assicuro... Ma tu t’irriterai ?

IL MARITO. Parla semnpre... Vedremo poi.

LA MOGLIE. Ebbene... (Pausa.) La nostra bella vicina... (Pausa.) quella


signora così elegante che mette a soqquadro tutto il paese... Sai chi voglio
dire ?

IL MARITO. Sì... E poi ?


LA MOGLIE. Oggi mi sono informata...

IL MARITO. Ah !... Pettegolezzi ora...

LA MOGLIE. Ma no...

IL MARITO. Tu sei malata... tu non lasci la casa... ti lamenti perchè non vedi
nessuno... e trovi tuttavia il modo di sapere tutto quello che avviene qui...

LA MOGLIE. È naturalissimo, veramente, che io desideri sapere chi sono le


persone che ci abitano vicino... E non vedo che questi siano pettegolezzi...

IL. MARITO. Ebbene ?

LA MOGLIE Ebbene... io so chi è... quella bella persona...

IL MARITO (indifferente). Ah !

LA MOGLIE. È una signera divorziata...

IL MARITO. Non mi stupisce...

LA MOGLIE. Si dice che abbia avute parecchie storie...

IL MARITO. Ne ha l’aspetto...

LA MOGLIE. Si chiama... Signora Bardin... o Fardin... o Cardin... non so


precisamente... Suo marito era qualche cosa... nell’esercito...

IL MARITO. Che vuoi che me ne importi ?

LA MOGLIE. L’abbiamo vista, questo pomeriggio... che passava a cavallo


davanti alla cancellata... Essa è tutto ciò che v’ha di più bello...
IL MARITO (ironico). Oh ! Allora...

LA MOGLIE. Quando è giunta qui... pareva che avesse trentaquattro bauli...

IL MARITO. Caspita !

LA MOGLIE. Perchè dici : « Caspita ! » con quel tono ?... Come se non ti
piacesse !...

IL MARITO. Io, Dio buono ?... Ah ! Questo poi... M’occupo assai di quella
signera... del suo cavallo... e dei suoi bauli... dei suoi trentaquattro bauli...

LA MOGLIE. Perchè nasconderti a me ?... Vediamo... tu sai che non sono


gelosa...

IL MARITO. Ma sei pazza... Perdi la testa, veramente... Non si tratta che tu


sia o che tu non sia gelosa... quella signora... come tutti gli altri, l’ho
incontrata per la strada... E mi ha cosi poco interessato... che ora... non
saprei dire se è bionda o bruna... grassa o magra... brutta o bella...

LA MOGLIE. Bella... sì... bellissima... e deliziosamente bionda...

IL MARITO. Ebbene... tanto meglio per lei... (Un silenzio.)

LA MOGLIE (dopo un momento di riflessione). Ascolta, Andrea... Non c’è


allegria qui... Me ne accorgo... Comprendo perfettamente tutta la tristezza
della tua vita... e ne soffro come dell’irreparabile dolore della mia... Una
malata... come sono io... allontana le persone come un delitto... Gli amici
fanno presto a dimenticare la via d’una casa ove c’è sempre qualcuno che
piange... Fin che si può offrir loro un po’ di gioia... di piacere... o di vanità...
se ne hanno più che non si vorrebbe... Ma appena il dolore ha varcato la
soglia della casa... subito essa viene abbandonata... Tu pure sei molto solo
per causa mia... E non è giusto... Pensa che nessuno è venuto a vederci
questo estate... Pensa che i nostri figli stessi trovano continua-mente
scuse e pretesti alla loro assenza, l’inverosimiglianza ingenua dei quali non
m’inganna... e tu neppure, immagino...

IL MARITO. Dopo tutto... Non amano la tristezza... sono giovani...


LA MOGLIE. E senza cuore. Ma io non li voglio giudicare... D’altronde,
comprendimi bene... in questo momento... non parlo per me, che non sono
più di questo mondo... ma per te, così pieno di vita e d’attività... che hai
conservato tutta la tua forza... tutti gli ardori della giovinezza... e a cui e
necessario il movimento... la distrazione... i piaceri violenti... Sento tutto
ciò che il nostro stato ha per te di penoso e d’anormale... (Il marito fa un
gesto di rassegnazione vaga.) Ebbene, perchè non la riceveremmo, la
nostra bella vicina ? Porterebbe qui dentro un po’ d’allegria e di fascino...
un sorriso... non so che cosa, io... un piccolo fruscio... un piccolo rumore di
vesti... un piccolo profumo di vita... (A un movimento del marito.) So
ch’ella non chiederebbe di meglio...

IL MARITO. Come la sai ?

LA MOGLIE (dopo aver esitato). È venuta poco fa a deporre il suo


biglietto...

IL MARITO. Il suo biglietto ?... Ha lasciato il suo biglietto da noi ?... Allora
che cosa mi dici ?... Tu conosci il suo nome... E Bardin... Fardin... Cardin ?...

LA MOGLIE. Bardin... Genoveffa Bardin...

IL MARITO. Ebbene ! Non manca la sfacciataggine alla signora Genoveffa


Bardin...

LA MOGLIE. Una vicina... È gentile, ecco tutto...

IL MARITO. Molto per bene... Una donna divorziata...

LA MOGLIE (con un piccolo tono misterioso). Una donna divorziata... è


meno difficile.

IL MARITO. Non capisco quello che vuoi dire...

LA MOGLIE. E poi... malgrado la sua apparenza elegante, non deve essere


ricca...
IL MARITO. Basta... Non voglio ricevere qui in casa mia, una donna senza
marito, la posizione sociale della quale è per lo meno equivoca...
un’intrigante... una spostata, infine... forse una prostituta... È chiaro ?...

LA MOGLIE. Andrea !...

IL MARITO. Come antico magistrato... come cattolico... come consigliere


generale dell’opposizione, ho dei principi coi quali non voglio... non posso
transigere... E mi stupisco che tu li misconosca a questo punto... Ma è
incredibile... Cado dalle nuvole... Bisogna che tu sia diventata pazza...

LA MOGLIE. Sei molto severo, oggi... E io non sento nessuna sincerità nella
tua indignazione... Via, Andrea... non giucare questo giuoco con me... Ti
piace... Ne hai desiderio... (il marito protesta coi gesti.) I tuoi desideri ?...
Ah ! Io li conosco, sai... E li vedo, li ho visti poco fa nei tuoi occhi, sulle tue
labbra ; li ho sentiti nel suono della tua voce... Hai un bel fare
l’indifferente... o il disgustato... o il moralista rigido... nulla mi sfugge dei
tuoi sentimenti nascosti... Io so quando tu sei in amore...

IL MARITO (sghignazzando). Incantevole !...

LA MOGLIE. Ebbene preferirei così... sì... sì... preferirei questo...

IL MARITO (più brutale). Tu preferiresti... che cosa ?

LA MOGLIE. Preferirei questo...

IL MARITO. Ma che cosa ?... che cosa ?... che cosa ?...

LA MOGLIE. Non fare dunque l’uomo che non comprende... so quello che
so... vedo quello che vedo... E quand’anche fosse già la tua amante, non
mi stupirei... (A un movimento del marito.) E poichè te lo permetto...
poichè te lo domando... poichè ne sarei felice !... Sei contento di avermi
forzata a gridarti ad alta voce ciò che avrei voluto solamente bisbigliarti...
Ah ! Che uomo ! Perchè provi tanto piacere a umiliarmi... a torturarmi ?...
Non spingermi a un eccesso con le tue crudeltà... non obbligarmi a dirti
finalmente tutto quello che ho nel cuore... E ne ho di grosse nel cuore... te
lo giuro...
IL MARITO (leva gli occhi al cielo). Ma è una cosa che confonde... uns
follia... Credo di sognare, veramente !... Hai veramente perduto ogni
moralità... ogni pudore ?...

LA MOGLIE. La moralità... il pudore... la virtù... che parole strane in bocca


tua... ! Invocale davanti agli altri se tu vuoi... Ma fra di noi ?... Ah ! no...
dovresti evitarti il ridicolo di pronunciarle... Da molto tempo i tuoi sudici
vizi le hanno abolite in me... e hanno rifatto l’anima mia a immagine della
tua...

IL MARITO. È troppo vergognoso... (Vuole alzarsi.)

LA MOGLIE. Rimani... Poichè siamo nella vergogna, bisogna che tu ne


senta ancora più... E non irritarti, è completamente inutile. Non ti domando
l’impossibile, mio Dio ! so benissimo che non sono più una donna, che non
posso più essere una donna per te... Non sono gelosa neanche... Come lo
sarei ?... Con la tua natura di vecchio appassionato, ammetto... accetto
che tu cerchi fuori del mio letto quel che io non ti posso più dare... Vedi
che sono ragionevole... che faccio la parte di tutto... delle mie decadenze...
e dei tuoi bisogni... Ma, bada... Hai molti nemici, tanto più temibili in
quanto mascherano il loro odio con un rispetto ipocrita e con una falsa
sottomissione. Ti temono, è vero... Ma ti detestano più che non ti temano...
Ti detestano perchè sei duro, dispotico e brutale, implacabile in ciò che tu
chiami i tuoi diritti di proprietario... E il giorno nel quale non ti temeranno
più ?... E se ti accadesse... domani una disgrazia ?... Ci hai pensato ?... Si
chiacchiera di già intorno a noi...

IL MARITO. Ah ! Vorrei sapere chi si permette qui, di chiacchierare sul


conto mio.

LA MOGLIE. E poi ? Che farai ?... (Un silenzio. Si guardano fissamente.)... Tu


vedi che non sei così tranquillo...

IL MARITO (sfidando sempre, ma con una voce meno sicura). Oh !...

LA MOGLIE. Vieni qui... (Egli si alza. Ella gli prende un braccio.)... Andrea !
(Più piano)... Andrea... Quella monella di pescatore che si vede gironzare
intorno... mendicare a tutte le porte... trascinarsi nel sudiciume dei
fossetti, come una cagna senza padrone... sì, quel piccolo orrore con la sua
bocca impudente... i suoi occhi di ladra... il suo corpo di bestia... Osa
pretendere che non è vero ?... Ma non è che un grido in tutto il paese...
IL MARITO. Per Dio !... i miei nemici politici... Non sanno che cosa inventare
per tentare di disonorarmi...

LA MOGLIE. Non sono i tuoi nemici... Ella stessa lo racconta, ovunque, a


tutti... e se ne vanta...

IL MARITO. Mente... La pagano per mentire...

LA MOGLIE. T’hanno visto...

IL MARITO. Dove ?

LA MOGLIE. Qui, nel chiosco del giardino... più di dieci volte...

IL MARITO. Chi mi ha visto ?

LA MOGLIE. E che importa ?...

IL MARITO. Tu, indubbiamente ?... Tu che non lasci mai la stanza ?

LA MOGLIE. I malati sanno tutto, Andrea... Ciò ch’essi non sanno,


l’indovinano. E poi ti conosco, va !... Ho respirato l’anima tua... i tuoi
sguardi... la tua voce... le tue confessioni... le tue manie... l’esaltazione dei
tuoi vizi... Ricordati... tutto oggi mi torna in mente e ne ho paura !... E ogni
volta che sento suonare alla cancellata... è più forte di me... il mio cuore
non fa che un balzo nel petto... Mi sembra che siano i gendarmi... Vivo
nell’angoscia... nel terrore di ciò che può avvenire... Come se non avessi
dolori a sufficienza, mio Dio !... (Asciuga qualche lacrima.) Ma protesta...
di’ dunque qualche cosa... Ora tu sei lì... come un pilastro...

IL MARITO. Che vuoi che dica ?... Contro che cosa vuoi che protesti ?
Contro tutte queste follie ?... Ah ! no... no...

LA MOGLIE. Hai ragione... non dire nulla... mentiresti...

IL MARITO. Se vuoi... (Un silenzio. Il marito s’allontana un poco dalla


moglie e si mette a camminare sul terrazzo con agitazione.) È
incantevole... incantevole... Una moglie che fa causa comune coi nemici di
suo marito... No, veramente, non ci mancava più che questo... Ora è
completa...

LA MOGLIE. Non parlarmi dei tuoi nemici... Parlami piuttosto delle mie
cameriere...

IL MARITO (fermandosi bruscamente e guardando sua moglie con


un’espressione ignobile). Delle ?...

LA MOGLIE. Delle mie cameriere... ho detto bene... delle mie cameriere... È


chiaro ?... Poichè, infine, sembra che le piccole mendicanti minorenni non
bastino ai sessantacinque anni del signore... Gli occorrono anche le mie
cameriere...

IL MARITO. Oh ! ma... è irritante infine... È scandaloso... è aborninevole !...


E che cosa ancora ?... (Si rimette a camminare con furore, passando e
ripassando davanti a sua moglie.)

LA MOGLIE. Sì, le mie cameriere... (Interrompendosi.) Ti prego non


camminare così... siediti... mi fai male al cuore camminando così... (Il
marito torna a sedersi nella poltrona. Dà segni d’irritazione violenta...
sposta le poltrone, picchia sul tavolo, affetta di non ascoltare.) Tu
t’immagini che io non veda nulla... che io non sappia nulla ?... Perbacco !
Non c’è bisogno di preoccuparsi per una malata... Ebbene tu t’inganni...
Vedo tutto... e so tutto... Intanto... è indegno... Ma tu e la dignità...
lasciamo andare... Poi esse non mi curano... Quando ho bisogno di loro, mi
fanno tutto di traverso... o non ci sono mai... Ridono di me...
completamente, sfrontatamente... E se tu sapessi come mi parlano, come
mi maltrattano !... Non ci sono che insulti nei loro sguardi... e brutalità nei
loro gesti... Da morirne della vergogna !.. Ed è giusto così... Non sono per
loro... che un guastafeste... Possono impunemente disobbedire...
maltrattarmi... lasciarmi crepare... Si sentono protette... sono le vere
padrone della casa... E quella Rosalia che poco fa non aveva pranzato ?... È
credibi1e ?... E non hai detto nulla... e hai trovato bene tutto ciò... e tu
tolleri che mi parli come a un povero ?... Che cosa importa a me s’ella non
ha pranzato... quando soffro... e che ho bisogno di lei ?... No, ti assicuro
che tutto questo non è sopportabile e tu dovresti avere tuttavia più dignità
nelle tue passioni... (Il marito non ha cessato di tamburinare sul tavolo con
le dita. Si sente che vorrebbe parlare, rispondere, ma fa sforzi violenti per
tacere.) Via, comprendi una buona volta ciò che ti domando... Non ti faccio
rimproveri... Non ti serbo rancore... Non è colpa tua... Hai una natura
così... Ma che cosa t’importerebbe di lasciarmi le mie carneriere ?... Ci
sono altre donne oltre le cameriere e le sudicione della strada. (Più
lentamente, senza acredine.) Quella giovane signora... nostra vicina... è
veramente rnolto bella... E poi vale di più... è più lusinghiera per un uomo
che non una domestica... è vero ? Poi ella deve essere molto
appassionata... E poichè ti piace... poichè accetto che tu la riceva... poichè
te ne prego... poichè questo sarebbe per me un riposo... un sollievo... una
felicità, quasi ! Non mi puoi rifiutare questo... E poi... Qualche volta mi
terrebbe compagnia... Via non c’è nulla di disonorante in ciò che ti
propongo... Conosciamo molti focolari domestici... rispettati da tutti... che
vivono così... Ciò ch’è male, è di fare quelle cose... all’insaputa l’uno
dell’altro... Ebbene... fallo francamente... senza nasconderti a me...

IL MARITO. Confesserai che ho avuto pazienza... Ti ho lasciata parlare...


sciorinare le tue infamie... senza interromperti... Ma questa pazienza ha un
limite.., è all’estremo, ora... la mia pazienza...

LA MOGLIE. La tua pazienza ?... Ah! sì, la tua pazienza... parliamone...


Quando stavo bene, non prendevi arie altere con me... Eri sottomesso...
filavi diritto... eri un ragazzino... È da che sono malata... da che non mi
posso muovere dalla sedia a sdraio... che tu osi parlarmi come fai in
questo momento... Ah ! questo è bello... Brutalità... scherzi... rimproveri
ignobili... dubbi odiosi... collera... ecco ciò che ho avuto da te... senza
contare il tormento... lo spaventevole tormento che mi danno i tuoi
desideri dissoluti... e tutti i sudiciumi della tua vita... (Il marito fa un gesto
violento. Energicamente.) Sì, tutto il sudiciume della tua vita... uomo
virtuoso !... Ebbene ! sia... Non ti domando tenerezza... consolaziome...
pietà... rispetto della mia sofferenza... No... simili sentimenti non
saprebbero penetrare in un cuore duro corne il tuo... Ma voglio le mie
cameriere... voglio le mie cameriere... (Con energia crescente.) Voglio che
tu mi lasci le cameriere... Non sono tue... Non le tengo perchè tu le
distolga dal loro dovere, perchè tu le seduca... perchè tu insegni loro a
disprezzarmi... a detestarmi... ad abbandonarmi. Le ho per me... capisci...
perchè siano sempre con me... perchè mi servano... perchè mi curino... Io
pure, infine, ne ho abbastanza... E tu sei un miserabile... un miserabile !...
Vai altrove a fare le tue porcherie !

IL MARITO (seccamente, duramente). Va bene... (Si alza.) È inteso... (Fa


qualche passo sul terrazzo, si ferma un istante appena.) Buona sera !...

LA MOGLIE (lo guarda allontanarsi. Improvvisatnente si accascia e piange,


esausta pel grande sforzo fatto). Ho avuto torto di lasciarmi trasportare...
Ti chiedo perdono, Andrea... ma sono così infelice !... Quando si soffre
troppo, vedi, non si sa sempre quello che si dice... Non bisogna fare più
attenzione alla collera dei malati che a quella dei bambini... (Il marito si
dirige lentamente verso il giardino, senza rispondere.) Andrea... dove vai...
Andrea... non andartene... Non lasciarmi sola qui... Te ne supplico...
(Scompare nel giardino. Silenzio.) Andrea... Andrea... (Ascolta.) È partito...
Non tornerà... Ma no... È impossibile... (Guarda da ogni parte.) Sono tutta
sola... Andrea... Andrea... Non voglio rimanere sola, la sera, su questo
terrazzo... Voglio rientrare... (Cerca d’alzarsi, di raddrizzarsi, ma la
sofferenza le strappa un grido...) Mio Dio ! mio Dio !... Voglio rientrare...
Voglio rientrare... (E improvvisamente, spaventata, grida.) Rosalia !... Dove
siete ?... Rosalia !... Rosalia !... Andrea ! Non verranno... Mi hanno lasciata
qui... (Un silenzio. I suoi occhi terrorizzati vanno dal giardino per dove se
n’è andato suo marito, alle casa, le finestre della quale rosseggiano
sempre più.) Rosalia ! (Un silenzio spaventevole succede a questo grido.)
Rosalia !... (Medesimo silenzio. Singhiozzando, ella allunga le sue braccia
sul tavolo, ma le sue braccia ricadono, la sua testa s’inchina sulla spalla,
pende al di fuori dei cuscini, sul rovescio della sedia a sdraio. Con una
voce misera e tremante.) Perchè... Perchè non sono morta ?...

CALA LA TELA.

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