Sei sulla pagina 1di 196

RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA

ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008


Arri oii Coxvicxo
Fiiiaia :; xaizo :oo,
Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii
i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa
Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii
R
E
S
T
A
U
R
I

I
N

E
M
I
L
I
A
-
R
O
M
A
G
N
A
RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA
ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008
Arri oii Coxvicxo
Fiiiaia :; xaizo :oo,
Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii
i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa
Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii
R
E
S
T
A
U
R
I

I
N

E
M
I
L
I
A
-
R
O
M
A
G
N
A
RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA
ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008
Atti del Convegno organizzato dalla Direzione Regionale
per i Beni Culturali e Paesaggistici dellEmilia-Romagna
nellambito del XVI Salone del Restauro e
della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali
(Ferrara, 25-28 marzo 2009)
a cura di
Paola Monari e Andrea Sardo
Presentazione di
Carla Di Francesco
ATTI DEL CONVEGNO
FERRARA 27 MARZO 2009
Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii
i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa
Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii
RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA
ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008
a cura di Paola Monari e Andrea Sardo
Direttore editoriale: Roberto Mugavero
Graca e impaginazione di Paolo Tassoni
2009 Minerva Soluzioni Editoriali srl, Bologna
Propriet artistica e letteraria riservata per tutti i Paesi.
Ogni riproduzione, anche parziale, vietata.
ISBN: 978-88-7381-285-2
Mixiiva Eoizioxi
Via Due Ponti, 2 - 40050 Argelato (BO)
Tel. 051.6630557 - Fax 051.897420
http://www.minervaedizioni.com
e-mail: info@minervaedizioni.com
Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii
i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa
I NDI C E
CARLA DI FRANCESCO
Presentazione 5
FRANCESCA BORIS, MANUELA MATTIOLI
Il globo terrestre di Vincenzo Coronelli dellArchivio di Stato di Bologna 9
ANTONIETTA FOLCHI
Un esempio di restauro: larchivio notarile antico di Ferrara 2 3
GIANLUCA BRASCHI
Il restauro del Cabreo AB 265 Terreni appartenti ai Pavolotti di Rimini 3 7
ANDREA DE PASQUALE
Le carte nautiche della Biblioteca Palatina di Parma 4 5
SILVANA GORRERI
Le carte nautiche della Biblioteca Palatina di Parma: un piano strategico di restauro 5 3
CORRADO AZZOLLINI, LUCIANO SERCHIA
Inediti dal restauro: paesaggi dipinti nel Palazzo del Giardino di Parma 5 7
GRAZIELLA POLIDORI
Il duomo di Modena capolavoro del genio creatore umano. Il restauro del paramento lapideo 6 9
ANTONELLA RANALDI
Restauri della chiesa del SS. Salvatore a Bologna 8 3
ANDREA CAPELLI
Il palazzo ex Enpas a Bologna. Restauro delle superci esterne 9 9
GIANFRANCA RAINONE
Gli altari delle chiese di S. Giuliano a Bologna e di S. Domenico a Budrio 1 1 1
ANTONELLA RANALDI
I chiostri di S. Pietro a Reggio Emilia. Note sui restauri 1 2 3
ELENA DE CECCO, VALTER PIAZZA, CETTY MUSCOLINO
La chiesa dellabbazia di S. Leonardo a Monteti, Sogliano al Rubicone 1 4 1
MANUELA CATARSI, CRISTINA ANGHINETTI, PATRIZIA RAGGIO, GIOVANNI SIGNANI,
BARBARA ZILOCCHI
Il recupero strutturale delloratorio di S. Enrico di Calcaiola di Valmozzola 1 5 5
MARIA GRAZIA MAIOLI, MAURO RICCI, MONICA ZANARDI, CETTY MUSCOLINO,
CLAUDIA TEDESCHI
Il complesso archeologico in piazza Ferrari a Rimini. Situazione attuale e ipotesi di restauro 1 6 5
ANTONELLA POMICETTI
La Stele delle Spade: aspetti conservativi 1 7 5
SCHEDE TECNICHE 1 8 3
L
a pubblicazione degli Atti del convegno Restau-
ri in Emilia-Romagna: attivit degli Istituti Mi-
BAC nel 2008, svoltosi a Ferrara in occasione
del Salone del Restauro 2009, presenta ad un
pubblico di esperti, studiosi e conoscitori una
selezione di interventi tra i numerosi svolti allinterno delle
attivit istituzionali di Soprintendenze, Archivi di Stato,
Biblioteche e Direzione regionale dellEmilia-Romagna nel
corso del 2008. Si tratta di lavori di restauro e conserva-
zione che hanno interessato manufatti (chiese, conventi,
complessi archeologici, documenti, libri, ecc.) e materiali
(dalla carta al lapideo, dallintonaco al legno, dagli areschi
al mosaico) tra loro eterogenei e diversi e che, proprio per
questo, costituiscono una signicativa esemplicazione di
quel lavoro ordinario che la ragione stessa dellesistenza
degli uci di tutela ed il fondamento della loro attivit.
Ciascuno per la propria competenza - archeologi, archi-
tetti, archivisti, bibliotecari, restauratori, storici dellarte
- ha spiegato, semplicemente, un caso di studio scelto tra
quelli dei quali si occupato durante lanno. Progetto e
realizzazione hanno seguito un percorso metodologico or-
mai codicato dalla moderna riessione sulla teoria e sulla
prassi del restauro: una metodologia che parte dall indi-
viduazione dei valori storico culturali, dalla lettura e dallo
studio del manufatto, nalizzati ad acquisire le conoscenze
necessarie sia alla valutazione storico-critica che alle scelte
per lintervento pi appropriato e, passando per le inda-
gini di laboratorio sui materiali e lo studio delle tecniche
esecutive, arriva allindividuazione delle tipologie e delle
cause del degrado che rendono necessario lintervento. Un
percorso normalmente seguito, come si comprende leggen-
do i singoli contributi, sia quando si tratti di specici e
puntuali problemi di conservazione di materiali cartacei o
lapidei, come nei casi pi complessi di restauro e migliora-
mento strutturale di un grande complesso architettonico, o
di approccio alla manutenzione di pavimenti mosaicati in
ambito archeologico. Una unit di metodo che , davvero,
P R E S E NTA Z I ONE
il linguaggio comune per la conservazione delle diverse for-
me in cui si presenta il patrimonio storico e artistico.
Restauro e conservazione sono mezzo fondamentale per il
raggiungimento della nalit pi alta della tutela, la tra-
smissione alle future generazioni del bene culturale. In un
momento storico in cui il dibattito sulle funzioni e sul fu-
turo del Ministero sembra ripiegarsi su se stesso, tra con-
tinue e contraddittorie riforme organizzative, la Direzio-
ne regionale dellEmilia-Romagna ha sentito il bisogno di
riunire gli Istituti territoriali del Ministero nella giornata
ferrarese per tornare a riettere insieme su questo concetto
primario: infatti la tutela oggi pressoch assente dalle pre-
occupazioni generali, si d per scontata, quasi non avesse
bisogno per essere attuata con eettivi risultati di perso-
nale tecnico-scientico adeguatamente preparato e moti-
vato e di sucienti risorse economiche, che invece ne sono
lindispensabile nutrimento. Nel recente dibattito sui beni
culturali, tutto sbilanciato verso la valorizzazione, questa
complessa attivit denita dal D.Lgs. 42/2004 sembra es-
sere interpretata dai pi soprattutto come mostre spettaco-
lari, grandi eventi, numero di visitatori eccezionale, ribalta
dei media, anzich come atto conclusivo del processo che
inizia con il riconoscimento di valore del bene e si adopera
per la sua conservazione.
Proprio in questo dicile momento gli Istituti del Ministe-
ro in Emilia-Romagna hanno risposto alla proposta di con-
vegno della Direzione regionale con grande partecipazione,
mostrando tra laltro, anche attraverso lattento ascolto dei
temi proposti, il bisogno di uno scambio di esperienze e
di pi approfondita conoscenza delle tematiche conserva-
tive arontate dai colleghi di altra professionalit: non c
dubbio infatti che una delle conseguenze positive della ri-
forma organizzativa del MiBAC introdotta con il D.P.R.
233/2007 deve essere riconosciuta nel ricongiungimento
di tutti gli Istituti presenti sul territorio allinterno della
Direzione regionale, e quindi nella rinnovata possibilit di
conoscenza tra il settore arti e quello archivi e biblio-
Caiia Di Fiaxcisco
7
teche, nella certezza che la discussione nella pluralit dei
temi tecnico-scientici costituisce un arricchimento reci-
proco.
Il convegno, intenso e serrato nei tempi e nei contenuti,
stato un modo semplice per riaermare la vitalit mai persa
dei compiti di tutela adati agli Istituti del territorio, pro-
prio, e soprattutto, nel 2009, anno in cui si celebra il primo
centenario della legge 364/1909, varata dallancor giova-
ne Stato italiano dopo anni di dibattito a salvaguardia del
suo immenso patrimonio storico e artistico, un caposaldo
i cui principi si sono riversati senza modica nei successivi
provvedimenti di legge, dalla 1089/1939 al decreto legi-
slativo 42/2004, oggi in vigore. Dalle relazioni annuali di
Raaele Faccioli, primo direttore dellUcio regionale per
la conservazione dei monumenti dellEmilia, ai contributi
raccolti in questo volume sono passati decenni di lavoro, di
studio, di risultati, di crescita di qualit tecnico scientica
a cui purtroppo non ha fatto seguito altrettanta crescita
dellAmministrazione.
Per questo, a maggior ragione, va un ringraziamento sin-
cero per il loro impegno ai soprintendenti, ai direttori di
archivi e biblioteche e a tutto il personale che ha dato il suo
apporto alla realizzazione del convegno e del volume che ne
raccoglie gli Atti.
Carla Di Francesco
Piisixrazioxi
8
LE VICENDE CONSERVATIVE
S
u Vincenzo Coronelli (Venezia 1650-
1718) si accentrano curiosit e interessi
ed anche una associazione, la Interna-
zionale Coronelli, fondata a Vienna
nel 1952, che si occupa della ricerca
scientica sulle antiche rappresentazioni terrestri
e celesti. Coronelli, geografo, cartografo, editore
e inventore, fu inoltre un religioso e superiore
dellOrdine francescano dei Frati Minori Con-
ventuali, teologo del collegio San Bonaventura di
Roma e cosmografo della Repubblica di Venezia.
Costru i primi globi che rappresentavano la terra
e i corpi celesti per il duca di Parma, Ranuccio II
Farnese. In seguito ne costru altri che oggi si tro-
vano in varie citt dItalia e dEuropa. I pi famo-
si sono forse i grandi globi attualmente conservati
alla Bibliothque Nationale de France: Coronelli
si rec a Parigi a costruirli per Luigi XIV, dal 1681
al 1683, su commissione del cardinale DEstres,
ambasciatore francese a Roma. Le due sfere de-
dicate al re Sole erano coperte in tela, rappresen-
tavano uno la terra allora conosciuta e laltro il
cielo al momento della nascita di Luigi, con le
costellazioni dipinte e miniate da Jean-Baptiste
Corneille; misuravano 3 metri e 80 di diametro e
pesavano circa 2 tonnellate ciascuna. Erano cave
allinterno e, si dice, capaci di sostenere il peso di
30 uomini
1
. La loro prima sede fu il castello di
Marly, e poi il Louvre, Versailles, la Villette; ora
sono esposti, sospesi, allingresso Ovest della sede
Franois Mitterrand della Bibliothque Nationa-
le, a Tolbiac. Fu forse la loro bellezza a diondere
per tutta Europa la fama di Vincenzo Coronelli,
che scrisse varie opere. Pubblic, tra laltro, un
Atlante Veneto, di cui faceva parte un Libro dei
globi, e una Epitome Cosmograca dove pure de-
scrive in maniera dettagliata le tecniche di realiz-
zazione dei globi e i materiali da utilizzare
2
.
In Italia i globi Coronelli si trovano in biblioteche
e musei di tutta la penisola. A Venezia, dal settem-
bre 2007 al febbraio 2008, si svolta al Museo
Correr la prima interessante mostra sullargomen-
to
3
, che ha illustrato la nascita dellet doro dei
globi terrestri avviata dalle scoperte scientiche
del secolo XVI e proseguita nel XVII con i graci
ed editori olandesi. A Bologna i globi Coronel-
li erano, a met dellOttocento, almeno sette; e
varrebbe forse la pena di riallacciare le la di un
racconto lacunoso, ricostruendo lattuale situa-
zione delle opere coronelliane bolognesi. Si po-
trebbe partire dalla descrizione delle sfere italiane
tracciata da un professore universitario, Matteo
Fiorini. Nella sua opera Sfere terrestri e celesti di
autore italiano oppure fatte e conservate in Italia,
edita dalla Societ Geograca Italiana nel 1899, si
parla di due globi alla Biblioteca Comunale, due
allArchivio di Stato, due al Convento dellOsser-
vanza e uno solo, terrestre, in una libreria privata,
la libreria Liuzzi
4
. I due dellArchivio di Stato, ter-
restre e celeste, vengono descritti da Fiorini come
gi danneggiati dai traslochi subiti
5
, mentre anche
quelli dellOsservanza sono, dice lautore, in uno
stato miserando. A tuttoggi, i globi dellOsser-
vanza e quelli dellArchiginnasio risultano man-
IL GLOBO TERRESTRE DI VINCENZO CORONELLI
DELL ARCHIVIO DI STATO DI BOLOGNA
01. Il globo prima del restauro
*
La prima parte del saggio, sulle vicende conservative del
globo, di Francesca Boris, la seconda, sul restauro, di
Manuela Mattioli.
10 10 Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii
oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa
canti, forse distrutti da bombardamenti, mentre
non si hanno notizie del globo Liuzzi.
Trasferimenti rischiosi, intrighi politici, bombar-
damenti, vicende conservative al limite del perico-
lo si intrecciano anche nellavventura secolare dei
globi di propriet dellArchivio di Stato. Il globo
celeste che aancava il terrestre in seguito fu se-
parato dal nostro e viene considerato perduto.
I due globi, dal diametro di poco superiore al
metro, apparivano intatti, ma come due mappa-
mondi in cattivo stato
6
, nel 1877, fra le suppel-
lettili conservate nellArchivio Demaniale, presso
lantico convento dei Celestini, che raccoglieva
gli archivi delle Corporazioni religiose soppresse
nel periodo napoleonico e oltre. Erano quindi un
retaggio proveniente dal mondo dei conventi e
02. Ege del Coronelli
11 11 Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii
delle chiese bolognesi. Da unopera recente
7
sta-
to supposto, ma senza citare prove documentarie,
che il Senato di Bologna avesse ricevuto lomag-
gio dei due globi Coronelli dal Senato venezia-
no, intorno alla ne del Seicento o allinizio del
Settecento, e li avesse poi esposti in una chiesa,
Santa Maria dei Servi. In ogni caso, come si
visto, nella seconda met dellOttocento i globi,
gi malconci, si trovavano allArchivio Demania-
le, nellex convento dei Celestini; quindi molto
probabile che provenissero da una chiesa. E con
tutto il materiale archivistico delle Corporazioni
religiose conuirono nellappena costituito Ar-
chivio di Stato, nella sua prima sede di palazzo
Galvani, di anco allArchiginnasio. Qui vengo-
no appunto segnalati nel 1899 da Matteo Fiorini,
03. Particolare di un cartiglio
12 12
che nota come soprattutto uno di loro sia stato
ulteriormente danneggiato dal trasporto. Tali
condizioni conservative precarie indussero pro-
babilmente la Direzione dellArchivio a ordinare
un intervento di restauro nei primi decenni del
Novecento, come risultato dalla analisi del glo-
bo terrestre nel corso delle indagini attuali: ma
anche di questa operazione non rimasta traccia
documentaria.
Dalla successiva sede dellArchivio di Stato, di
nuovo il convento dei Celestini, i globi dovevano
ripartire dopo pi di sessantanni, nel novembre
1941, per unaltra complessa spedizione, che sa-
rebbe stata fatale per il globo celeste. Il ministe-
ro dellInterno li reclamava a Roma, per un ina-
spettato quanto necessario restauro: si ricordi che
lIstituto di Patologia del Libro era stato fondato
da pochi anni, per espressa volont del regime
8
.
La comunicazione era secca: Essendo intenzione
di questo Ministero di provvedere al restauro dei
due mappamondi esistenti in codesto Archivio, si
dispone che i mappamondi stessi siano trasmes-
si allArchivio di Stato di Roma
9
. I globi furono
ingabbiati per il trasporto e spediti separatamen-
te ai loro sostegni, che li raggiunsero nellaprile
del 1942. Nel fascicolo di aprile-giugno 1942 del
Bollettino del R. Istituto di Patologia del Libro
(Anno 4, n.2) il restauro viene gi dato per termi-
nato. Nella relazione di quellanno del Direttore
dellIstituto, il professor Alfonso Gallo, si preci-
sa che il lavoro stato eseguito dal cav. Man-
cia dellAmministrazione degli Archivi
10
. Nel
cavalier Mancia forse da riconoscere Renato
Mancia, che fu dirigente dei Laboratori di ricer-
che scientiche dellAccademia Nazionale del Re-
stauro, ed autore di diverse pubblicazioni sullarte
del restauro
11
. Non si parlava per di un ritorno a
Bologna dei due oggetti restaurati.
Gli intenti dovevano essere altri per i globi, i quali
(come aermano fonti orali) si vociferava fossero
destinati ad avere sede, una volta pronti, a Palazzo
Venezia. Si occup della loro sorte in particolare
04. Interno del globo 05. Immagine del degrado
Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii
oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa
13 13
lallora sottosegretario agli Interni Guido Buarini
Guidi, personaggio di spicco della cerchia di Mus-
solini e membro del Gran Consiglio del Fascismo,
che arriv a separare i due globi portando a Pisa,
dove risiedeva la sua famiglia, il forse pi aasci-
nante globo celeste. Questo si deduce da una lette-
ra del Ministero allArchivio del 1950, dove si parla
della distruzione del globo celeste sotto i bombar-
damenti: Venne a suo tempo sequestrato presso il
magazzino della ditta Marcacci, di Pisa, ove lave-
vano depositato i familiari dellex sottosegretario
di Stato Buarini, ma and poi disgraziatamente
distrutto in Pisa stessa in seguito allincursione
aerea del 31 agosto 1943
12
. Non pare siano state
svolte ulteriori inchieste sulla scomparsa di questo
bellissimo manufatto, forse appartenente alledi-
zione del globo celeste dedicata da Coronelli nel
1692-93 al cardinale Pietro Ottoboni, nipote di
papa Alessandro VIII e illustre mecenate; denita
come edizione convessa, cio in cui le costellazioni
sono rappresentate come osservate dallesterno, e la
posizione delle stelle quella dellanno 1700
13
.
La stessa lettera del Ministero dellInterno che
comunica la perdita del globo celeste indica la so-
pravvivenza di quello terrestre, che risultava nel
1950 conservato allArchivio di Stato di Roma, e di
cui si stava completando il restauro. Ma dovevano
passare ancora diciassette anni, e le proteste di mol-
ti studiosi, perch lArchivio di Bologna riuscisse
a ottenere la restituzione del globo superstite
14
, da
allora collocato nel corridoio della Direzione, e in
seguito allinterno del locale stesso della Direzione.
Le condizioni del globo, nonostante o forse pro-
prio a causa di operazioni di restauro interrotte e
riprese pi volte attraverso il tempo, rimanevano
precarie, e non sono migliorate nei successivi qua-
rantanni. Sul nire del 2007 la necessit urgente di
un restauro conservativo moderno e di una nuova
collocazione pi adeguata dal punto di vista della
conservazione hanno indotto la Direzione dellAr-
chivio di Stato di concerto con la Soprintendenza
per i Beni storici, artistici ed etnoantropologici di
Bologna ad adare il restauro del globo terrestre a
un laboratorio bolognese di provata esperienza, e
a richiedere la sua successiva esposizione presso il
Museo di Palazzo Poggi, dove gi si trova un glo-
bo Coronelli di provenienza privata, e dove potr
essere meglio ammirato dalla citt a cui fu donato
alcuni secoli fa. LUniversit si dimostrata lieta di
accogliere la proposta. E ora il globo collocato in
una delle sale pi suggestive del Museo, la sala IV,
antica sede della biblioteca dellIstituto delle Scien-
ze, fra arredi settecenteschi e preziosi volumi che ne
costituiscono uno sfondo adeguato, in un gioco di
rimandi allusivi allambiente illuminista che accol-
se la visione del mondo illustrata dalla sfera. Una
teca di plexiglass lo racchiude in un microclima
controllato che consentir di prolungare i beneci
del recente restauro e di assicurare le modalit di
una conservazione preventiva.
Il restauro ha consentito di apprezzare in pieno
gli splendidi cartigli, con tracce di colore fra cui
un rosso pastoso, e lespressivo ritratto dellau-
tore. Il globo terrestre di Vincenzo Coronelli,
restituito alla sua primitiva bellezza dal restauro
eseguito con perizia da Manuela Mattioli, con la
sua supercie dorata gremita di cartigli e ra-
gurazioni fantasiose di popoli e paesi, insieme
uno sguardo sulla cultura eclettica del Seicen-
to e il ritorno alla luce di unopera importante
del patrimonio artistico e scientico bolognese,
di cui si erano in parte perse le tracce, e che ha
percorso una lunga storia avventurosa prima di
tornare fra noi.
Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii
14 14
IL RESTAURO
Coronelli deniva se stesso cosmografo, lo pren-
diamo ora in esame come ingegnoso costrutto-
re di globi. La datazione del globo si pu de-
durre dal grande cartiglio posto sotto la Nuova
Hollanda, dove abbiamo la dedica che celebra
il Doge Morosini e ai piedi del putto, la cita-
zione dellAtlante Veneto, che il nostro pubblica
nel 1690. Le lastre per realizzare i fusi dei globi
della dimensione di tre piedi e mezzo, venne-
ro utilizzate solo no alla morte dellautore, ma
le stampe dellultima edizione vennero montate
anche successivamente. I globi del Coronelli eb-
bero molta fortuna e vennero anche copiati. Se
ne conoscono riproduzioni settecentesche ma-
noscritte.
06. Fase di pulitura
Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii
oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa
15 15
I globi sono aascinanti oggetti polimaterici. Pro-
blematici in ambito conservativo e con la doppia
valenza di essere stati usati come strumenti di stu-
dio e oggetti di grande prestigio. Nel suo tempo
Coronelli sfrutt completamente questa opportu-
nit anche dal punto di vista commerciale. Ci
che dierenzia un globo da una carta geograca o
da un documento la complessit e la peculiarit
dellesecuzione e del montaggio che assembla ma-
teriali diversi e richiede diverse competenze.
Lattuale restauro ha mostrato chiaramente tutto
questo. Inoltre ha dato la possibilit di entrare
anche materialmente dentro alloggetto, di arric-
chire la nostra conoscenza sul modo di operare
dellautore. stata indagata la supercie del glo-
bo con uorescenza ultravioletta e riettograa
infrarossa per acquisire informazioni preliminari.
Successivamente utilizzando il frammento rinve-
nuto allinterno, privo di sostanze sovrammesse
nei precedenti restauri, stato possibile eseguire
la spettroscopia infrarossa FTIR-ATR e la mi-
crospettroscopia Raman, in laboratorio
15
. Con la
spettroscopia si evidenziata la presenza di ossa-
lato di calcio. una sostanza inorganica, prodotta
dalla mineralizzazione di sostanze organiche (par-
ticellato atmosferico, patine etc.) esposte allaria.
Con la seconda indagine, si denitivamente
accertata la presenza di gommalacca fortemente
ossidata, riconosciuta come la vernice originale.
NOTE COSTRUTTIVE
Quasi mai coerente e lineare nellesecuzione, Co-
ronelli realizza la struttura interna di questo glo-
bo in legno, secondo lo schema da lui descritto e
maggiormente usato. Di fattura un po grossolana,
questa struttura stata rivestita di cartapesta. Man-
ca qui la tela sotto la cartapesta, come descritta
ed stata ritrovata in altri suoi globi. Internamente
notiamo che in pi ci sono delle stecche poste dia-
gonalmente, da riferire a interventi di restauro. La
struttura lignea serviva per creare il guscio, sostene-
re lasse centrale ed irrobustire tutto linsieme. Al
contempo era abbastanza leggera per essere traspor-
tata facilmente. Abbiamo numerato i fusi partendo
dal primo, il meridiano di Greenwich e una iscri-
zione di Coronelli lo rammenta. Alcuni studiosi
iniziano la numerazione dal cartiglio dedicatorio al
Cardinale DEstres ma purtroppo questo cartiglio
a noi manca, assieme a tutto il rispettivo fuso nell
emisfero Sud. Il fuso n12, emisfero Nord, risulta
sezionato e montato in due porzioni.
Vediamo sbordature della colla usata per incolla-
re i fusi e tracce degli inconvenienti di montaggio.
Anche se le carte venivano bagnate si formavano
spesso pieghe lungo il margine. Durante il restau-
ro queste irregolarit vanno rispettate. Sotto ai fusi
abbiamo uno strato a modo di fodera, costituito
da fogli stampati, meno spessi, forse unopera del
Coronelli stesso. In altre occasioni ha ripetuto que-
sta procedura e ha anche usato pagine di un suo
diario
16
. Le carte poggiano su di un sottile ed irre-
golare strato di gesso, che serviva per regolarizzare
la supercie della sfera. Coronelli descrisse detta-
gliatamente le colle, i colori e le vernici da usare per
i suoi lavori, anche se poi si adattava ai materiali
che trovava in loco e alle possibilit economiche
del committente
La collatura era data sulla carta stampata prima di
acquerellarla, per evitare che il colore trapassasse
le carte. Qui abbiamo poche tracce delle acquerel-
lature originali e notiamo che la vernice originale,
gommalacca, si meglio ancorata dove c il colo-
re. I pigmenti usati sono i consueti: rosso, bruno,
ocra, giallo, verde.
Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii
16 16
07. La sfera a restauro concluso
Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii
oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa
17 17
Un oggetto curioso, trovato allinterno, potrebbe
riferirsi alle fasi costruttive. Si tratta di un dischet-
to di pergamena manoscritta (molto pi antica
dellepoca di Coronelli) tenuto da un laccetto in
pelle annodato. Potrebbe trattarsi di una sorta di
tirante usato per facilitare alcune operazioni di
ssaggio. Altrove abbiamo legacci in corda per s-
sare le calotte al resto.
Originale il contrappeso, un mattone scavato
ai lati per essere legato ad uno dei traversi della
struttura; restano corde e lo di ferro appesi in un
punto appena sotto allequatore. Non tutti i globi
di Coronelli erano forniti di contrappeso.
Dopo lattuale restauro, montato nel basamento, ri-
mosso il contrappeso, orientabile a piacere. stato
fermato quindi nella posizione prescelta. Il globo ha
un meridiano di legno e carta manoscritta recante i
gradi, dove si innestano in apposite sedi di ottone i
perni metallici inseriti nellasse centrale della struttu-
ra. Molto belle le carte poste sul circolo dellorizzon-
te che evidenziano i segni zodiacali e i mesi.
STATO DI CONSERVAZIONE
Si riscontrano strati di sporcizia, particellato atmo-
sferico su tutte le superci cartacee con maggiore
concentrazione sullemisfero Nord. Abbiamo an-
che abrasioni, consunzioni della carta con perdita
di leggibilit, causate da manipolazioni, contatto
con lanello meridiano e tentativi di pulitura. Strati
tenaci e di diverso tipo di colle dei precedenti in-
collaggi, soprattutto allequatore ed emisfero Sud;
incollaggi eseguiti maldestramente con arricciature
e deformazioni della curvatura della calotta, sbra-
mento della carta resa fragile dalle colle.
Residui discontinui e frammentari della vernice ori-
ginale che sulle carte dellorizzonte molto scurita
ed alterata. Le stuccature del precedente restauro,
eseguite con bre di carta e colla animale forte, sono
ricoperte di carta giapponese debordante. Ci sono
un paio di fenditure dovute a strappo dal materiale
originale, con conseguente rottura della calotta.
I fusi sono in molti punti staccati dal supporto,
poich lo strato di gesso sottostante, molto sot-
tile, si sbriciolato a seguito di traumi e ha per-
so elasticit. Distacchi notevoli anche sulle carte
dellorizzonte.
PRECEDENTI INTERVENTI DI RESTAURO
Restauri individuati e/o documentabili:
-Primo quarto del XX secolo in ambito bolognese.
-Anni quaranta e sessanta del XX secolo presso
lIstituto di patologia del libro di Roma.
Sembra ci siano state riparazioni di fratture e
scollature della carta eseguite precedentemente
rispetto allintervento dellIstituto di patologia
del libro. Nelle zone periferiche delle lacune e
degli incollaggi si notano tracce di colla forte
tenacissima e molto scura, diversa da quella uti-
lizzata per impastare lo stucco di bre e collare
la carta a ne lavoro. C un vecchio innesto car-
taceo manoscritto conservato anche nellultimo
restauro romano. Risalenti a un primo restau-
ro sono parte degli interventi, dicilmente da
quanticare, allinterno del globo. Testimoniati
dai frammenti cartacei tardo-ottocenteschi re-
periti. Questi sono manoscritti, probabilmente
degli elenchi, riciclati in ambito archivistico per
le riparazioni da eseguire allinterno. Infatti al-
cuni sono sagomati come le parti della struttura
interna e sarebbero la prova che alcuni pezzi di
legno sono stati rifatti o aggiunti. La cosa pi in-
teressante ci che leggiamo su queste carte: ap-
pare il cognome Ranuzzi, di ambito bolognese.
Il mattone venne ancorato meglio alla sua sede.
Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii
18 18
Questo primo importante restauro venne eet-
tuato dopo che il Fiorini descrisse questi globi
gi in pessime condizioni, e forse molti anni pri-
ma della sfortunata partenza per Roma durante
la guerra, nel 1941. Lautore di questo restauro
avrebbe potuto documentarsi visionando la rara
copia del Libro dei Globi di Coronelli gi presen-
te allArchiginnasio dal 1907.
certo che anche durante il restauro romano sia-
no entrati allinterno del globo. Vediamo una ri-
parazione fatta in un legno tipo compensato. Al-
cuni dei vecchi incollaggi sono stati ripresi poich
sotto alle carte riposizionate abbiamo trovato lo
stesso stucco a base di bre di cellulosa impiegato
nelle grandi lacune. Stesse modalit di restauro le
troviamo sulle carte dellorizzonte.
MATERIALI E METODI
Il restauro ha dovuto arontare ed in parte accetta-
re, i danni irreversibili causati non solo dal tempo,
ma dalluso e da gravi traumi subiti durante i vari
spostamenti. Scriteriati e ormai obsoleti interventi
di riparazione hanno favorito il degrado. Il criterio
scelto stato prettamente conservativo. Si deciso
di rispettare alcuni dei precedenti interventi poi-
ch la rimozione avrebbe causato ulteriori traumi
alla struttura e soprattutto alla carta, in molte parti
abrasa e deteriorata da procedure e colle inadatte.
stato necessario entrare allinterno per rimuovere
linedito contrappeso, un mattone, che staccatosi,
stava causando danni alla struttura.
La pulitura di tutte le superci cartacee da sporco,
vecchie colle e maldestre integrazioni, ha permes-
so di recuperare la leggibilit del globo e delloriz-
zonte. I residui della vernice originale del globo
sono stati conservati, rimossi invece sulle carte
dellorizzonte dove erano fortemente alterati ed
anneriti. Sono stati fatti saggi di pulitura prelimi-
nari per individuare le sostanze sovrammesse e le
migliori metodologie da usare. Ai gel acquosi pre-
scelti sono state addizionate piccole percentuali di
sostanze basiche. Migliorano leetto detergente
e hanno azione deacidicante. Per alleggerire e
rimuovere la vernice alterata sulle carte delloriz-
zonte, sono stati necessari impacchi con gel al-
colico
17
. In molte parti gli stessi eteri di cellulosa
in acqua o alcol sono serviti come consolidante
e protettivo per la supercie cartacea. Ulteriori
residui di cera e di sporco sono stati alleggeriti
a secco, cautamente, con lausilio di un bisturi.
A seconda delle zone sono stati variati i prodotti
e i materiali per ottenere un migliore risultato. I
residui di colle, per lo pi nellemisfero Sud, sono
stati parzialmente rimossi con acqua calda. Il mi-
stero di una persistente patina grigiastra stato
poi risolto dalle indagini diagnostiche, che ci han-
no anche confortato nella decisione di conservare
quasi interamente i residui di vernice originale.
Alcuni dei precedenti incollaggi sono stati revi-
sionati, per ripristinare una migliore curvatura
della supercie, consolidarla e appianare le carte
dei fusi. Gli adesivi oggi a disposizione, a dieren-
za da quelli usati nel passato, sono perfettamente
compatibili con carta e cartapesta e pi facilmen-
te reversibili nel tempo.
Sono state fatte prove di incollaggio per trovare un
adesivo compatibile con i vari materiali, che con-
solidasse lo strato di gesso e cartapesta e al tempo
stesso in grado di penetrare bene e di essere iniet-
tabile, oltre ad essere tenace, poco igroscopico e
reversibile nel tempo. La scelta caduta su una
miscela variabile di beva e di klucel G.
18
Questa
formula in dispersione acquosa, a dierenza di al-
tre resine acriliche o viniliche garantita reversibi-
oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa
19 19
le nel tempo in solventi polari
19
. Lintervento si
concluso con unintonazione neutra ad acquerello
delle vaste lacune, opportunamente ripristinate.
Durante questo restauro sono state fatte delle
scelte operative, motivate dalle condizioni critiche
delloggetto. Abbiamo usato il criterio rigoroso di
non asportare o modicare nulla di quanto fatto e
da Coronelli costruito, fatta eccezione per il con-
trappeso, per le motivazioni gi illustrate
20
. Tutti i
distacchi di porzioni di carta sono stati eettuati
dove gi erano stati rimossi nei precedenti restau-
ri e solo dove possibile senza ulteriori rischi, per
migliorare ladesione o la planarit delle superci.
Nessuna nuova vernice stata applicata poich la
teca svolger una buona protezione.
stata valutata questa opera di Coronelli nella
sua peculiarit di essere una creazione cos etero-
genea e in un certo modo unica per la sua storia
conservativa. Molti materiali e vicende si interse-
cano, sarebbe un errore pensare di circoscriverne
latto del restauro nell esclusivo ambito dei ma-
teriali cartacei.
8. Particolare dellorizzonte
Fiaxcisca Boiis, Maxuiia Marrioii
20 20 Ii ciono riiiisrii oi Vixcixzo Coioxiiii
oiii Aicuivio oi Sraro oi Boiocxa
21 21
10
ICPAL, Archivio dellIstituto di Patologia del Libro, Re-
lazione del Direttore, 1942. Per le informazioni e la ri-
cerca ringrazio Cinzia Pacilli dellIstituto centrale per il
restauro e la conservazione del patrimonio archivistico
e librario.
11
R. Mancia, Lesame scientico delle opere darte e il loro
restauro, Milano 1944.
12
ASBo, Archivio della Direzione, 1950.
13
Sul restauro di un globo celeste concavo di Coronelli,
N. Scianna, Restaurare il cielo. Il restauro del globo celeste
faentino di Vincenzo Coronelli, Bologna 2007.
14
dell8 aprile 1967 la lettera del Ministero dellInterno
con cui si comunica che Questo Ministeroha disposto
che il mappamondo del Coronelli, inviato a Roma circa
30 anni or sono per lesecuzione di alcuni restauri, sia resti-
tuito a codesto Archivio di Stato, al quale originariamente
apparteneva (ASBo, Archivio della Direzione, 1967).
15
Si ringraziano la Dott.ssa Rosa Brancaccio del Dipar-
timento di Fisica dellUniversit di Bologna e il Dott.
Diego Cauzzi della Pinacoteca di Bologna.
16
Comunicazione verbale del Prof. N. Scianna, che si rin-
grazia.
17
Klucel G.(idrossipropilcellulosa) in acqua distillata, am-
moniaca, alcol.
18
BEVA etilvinilacetato, idrossipropilcellulosa, acqua di-
stillata.
19
Es. in alcol e acqua.
20
depositato assieme agli altri reperti rinvenuti allinter-
no, presso lArchivio di Stato.
1
F. Bonoli, Coronelli astronomo ed i globi celesti, in Vin-
cenzo Coronelli astronomo e intellettuale, a cura di M. G.
Tavoni, Pieve di Cento 1998, pp. 2-12.
2
F. Bonoli, Vincenzo Coronelli e il globo terrestre Giovanni
Enriques, Bologna 1991; L. Franco, Vincenzo Coronelli:
vita e opere. Aggiornamenti, in Nuncius 1994, pp. 517-
541; F. Bonasera, Per una classicazione dei globi celesti di
Vincenzo Coronelli, in Coelum 1951, pp. 161-164.
3
Sfere del cielo sfere della terra. Globi celesti e terrestri
dal XVI al XX secolo Venezia, Museo Correr, 28 settem-
bre 2007- 29 febbraio 2008.
4
M. Fiorini, Sfere terrestri e celesti di autore italiano fatto o
conservate in Italia, Roma 1899, p. 474.
5
Ibidem, p. 352.
6
ASBo, Archivio della Direzione, Inventario degli ogget-
ti mobili che trovansi nellArchivio Demaniale gi esi-
stente nellex convento dei Celestini ed ora trasportato
nel Palazzo Galvani, dati in consegna, per ordine del
Ministero delle Finanze, al Direttore dellArchivio di
Stato di Bologna, 1877.
7
F. Nicolini Di Marzio, Vincenzo Coronelli (1650-Vene-
zia-1718). Epitome storica veneziana nel culto ambivalente
della loro identit. Memorie e risonanze, Napoli 2005.
8
LIstituto nasce a Roma nel 1938 per iniziativa di Alfon-
so Gallo, con la nalit di coniugare discipline scienti-
che e studio storico dei materiali librari.
9
ASBo, Archivio della Direzione, 1941. Per la ricerca archi-
vistica sul fondo della Direzione in Archivio di Stato, de-
sidero ringraziare Alessandra Scagliarini e Licia Tonelli.
Note
9. Il globo al museo
22
P
resso lArchivio di Stato di Ferrara
si conserva il fondo degli Atti dei
notai di Ferrara, Codigoro e Co-
macchio, e frammenti di atti nota-
rili di Argenta, il cui archivio and
distrutto durante la seconda guerra mondiale.
costituito da circa 9.000 pezzi tra buste, mazzi,
volumi e registri, per un arco cronologico com-
preso tra 1334 e il 1907 (Fig. 1). Allinterno del
fondo si conserva la serie dei protocolli in cui i
notai scrivevano le minute dei loro atti (dette
anche imbreviature), da cui si traeva poi latto
denitivo. Il notaio stabilivano gli Statuti
1
-
doveva indicarvi la data, il luogo del contratto,
i nomi dei testimoni e il contenuto del negozio
con tutte le precisazioni formali e sostanziali op-
portune.
Doveva inoltre il notaio porre al principio del
suo protocollo e comporre di sua mano il pro-
prio segno di tabellionato e sotto tale segno far
seguire la descrizione:
questo il libro o il protocollo di me tale, -
glio del tale, del tale luogo, pubblico e autentico
notaro secondo lautorit apostolica o imperiale
o collegiato inscritto nella matricola dei notari
della citt di Ferrara, contenente in s tutte e
singole imbreviature, dei contratti e degli scio-
glimenti di contratti e delle ultime volont, delle
quali sar incaricato; scritto e descritto e confe-
zionato nel millesimo e sotto la tale indizione e
nei mesi e nei giorni infrascritti (Fig. 2).
Accanto ai protocolli e da essi distinte, si conser-
vano le schede che costituiscono una prima stesu-
ra per esteso del contratto o di ciascun istrumen-
to. Occorreva infatti, stabilivano gli Statuti, che
le imbreviature fossero scritte bene e per esteso,
ordinatamente e distintamente, parola per paro-
la, con tutte le formalit solenni e le clausole op-
portune che siano proprie della natura e sostanza
di quel contratto o istrumento. Il notaio teneva
perci un libro o quaderno di schede che dove-
va provvedere a conservare bene rilegandole ogni
millesimo. Anche in questo quaderno il notaio
doveva apporre il segno di tabellionato. Si trat-
ta, in altre parole, delle scritture notarili servite
di base alla redazione dellinstrumentum dotato di
publica des (Fig. 3). Nel fondo notarile si con-
servano anche gli indici dei nomi delle parti con-
traenti (1613-1816), i repertori e le matricole dei
UN ESEMPIO DI RESTAURO:
L ARCHIVIO NOTARILE ANTICO DI FERRARA
Antonietta Folchi
01. Archivio di Stato di Ferrara. Atti di Notai 02. Esempi di signum tabellionis di notai ferraresi
24 24 Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia
notai (Fig. 4) nonch le serie delle copie degli atti
registrati, sec. XIX, di Codigoro e Comacchio.
Per quanto riguarda invece Ferrara, in seguito agli
eventi della ne della guerra, sono andate distrut-
te nel 1945 le copie degli atti versate allucio
estense dei Memoriali (1422-1613) e poi a quello
ponticio del Registro (1613-1796), nonch le
copie di atti di epoca napoleonica.
Lesercizio del notariato a Ferrara, che com noto,
risale allordinamento comunale, poi signorile, fu
disciplinato negli statuti di Obizzo II, 1287 (li-
bro II) che furono successivamente adeguati alle
mutate condizioni politiche attraverso le parziali
riforme del 1320 e 1456 (Borso) e le successive
revisioni no al 1534, sotto Ercole II, e al 1567,
sotto Alfonso II dEste (Fig. 5). I punti di riferi-
mento della regolamentazione a Ferrara della pro-
fessione notarile, in epoca medioevale e moderna,
sono gli statuti del 1287 e quelli del 1534. Non
intervennero infatti sostanziali modiche nel suc-
cessivo periodo della Legazione ponticia no
alla Rivoluzione francese.
03. Schede del notaio Girolamo Bonsignori, 1571
25 25 Axroxiirra Foicui
04. La matricola dei notai di Ferrara, 1458-1514
26 26
Il regolamento napoleonico del 17 giugno 1806
disciplin organicamente la materia del notariato
e degli archivi notarili nellallora Regno dItalia,
fra cui rientrava Ferrara. Furono aboliti i collegi
e i consigli notarili (poi ricostituiti con la prima
legge unitaria sul notariato del 1875); fu istituito
a Ferrara, capoluogo del dipartimento, un archi-
vio generale notarile e furono creati archivi no-
tarili sussidiari a Codigoro e Comacchio, con il
compito di concentrare tutte le scritture dei notai
cessati dallesercizio.
Per la ricchezza del materiale custodito e le vastis-
sime possibilit di utilizzazione delle scritture in
ogni settore degli studi storici, in campo politico
o economico, per la storia del diritto o per quella
dellarte, gli archivi notarili costituiscono, com
noto, fonti insostituibili su tutto il territorio na-
zionale. Il fondo notarile ferrarese, che tra i pi
cospicui e indenni da perdite tra quelli conservati
presso lArchivio di Stato, anche uno dei pi
consultati e ci ha rappresentato un criterio, non
il solo, che ha guidato nella scelta del materiale da
05. Statuti della citt di Ferrara, 1567 06. Il progetto di restauro
Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia
27 27
07. Rilevamento dello stato generale
sottoporre allopera di recupero: ha inciso infatti
limportanza del fondo, ma anche la constatazio-
ne del precario, spesso pessimo, stato di conserva-
zione in cui versavano le carte prima dellacqui-
sizione da parte dello Stato, in particolare, come
vedremo, per i danni provocati dallumidit.
Pertanto sono stati nanziati dal Ministero per i
beni e le attivit culturali tre interventi conser-
vativi. Essi sono stati realizzati su progetto del
Centro di fotoriproduzione legatoria e restauro di
Roma, e hanno riguardato la documentazione pi
antica e pi danneggiata conducendo in tal modo
al recupero di circa 36.000 carte di atti (protocolli
e schede) dei notai che rogarono a Ferrara tra il
1399 e il 1641. Tra di essi gurano quelli che ste-
sero atti anche per gli Este, signori di Ferrara no
al 1598, i quali sono di particolare importanza
per le ricerche in loco, in quanto tutto larchivio
segreto estense fu trasferito a Modena quando il
ducato di Ferrara pass sotto il diretto dominio
della Santa Sede.
Aggiungo che con il nanziamento dello Stato
sono stati realizzati anche altri interventi di re-
stauro cos sulla serie Mappe del Catasto gregoria-
no che proseguiranno anche questanno grazie alle
somme stanziate dal Ministero nella programma-
zione dei lavori pubblici, per un importo di circa
52.000 euro.
I lavori di restauro sono stati adati a ditte esterne
e ci ha comportato lo svolgimento di una serie
di adempimenti di natura tecnico-amministrativa
svolti dalle due archiviste preposte al Servizio di
conservazione dellIstituto. In primo luogo lindi-
viduazione del materiale da sottoporre al restauro,
che presuppone lelaborazione di una mappa ag-
giornata dei fondi darchivio in precario stato di
conservazione e la determinazione delle priorit di
intervento. La cartulazione ex novo dei pezzi sele-
zionati, quindi la progettazione e linserimento
dellintervento nella programmazione triennale dei
lavori pubblici. Segue lindizione della gara dappal-
to che d luogo ad unaltra serie di adempimenti:
direzione dei lavori, sopralluoghi in corso dopera,
consegna, riconsegna e collaudo nale. Per queste
ultime operazioni e per la progettazione, ci si av-
valsi del personale tecnico-scientico del Centro
di fotoriproduzione legatoria e restauro, con sede
a Roma.
Al centro di tutto il procedimento resta natural-
mente il progetto di restauro che spetta allarchi-
vista e che rappresenta il momento metodologi-
co di riconoscimento del bene culturale nella
sua consistenza sica e nella sua duplice valenza
estetica e storica in vista della sua trasmissione al
futuro
2
.
Il restauro, che il momento estremo della conser-
vazione, si denisce pertanto nel riconoscimento
del valore archeologico del supporto scrittorio,
Axroxiirra Foicui
28 28
della legatura e di tutte le tracce delle vicende alle
quali il documento stato sottoposto attraverso i
secoli, e nella consapevolezza che la scomposizione
dellunit determina la perdita delle informazioni
storiche in esso contenute che non potranno mai
pi essere ricostruite interamente nella loro status
originale
3
.
Il progetto assume anche una forte valenza am-
ministrativa: le oerte delle ditte invitate alla gara
devono essere formulate sulla base del progetto
medesimo e ci pone tutti i partecipanti sullo
stesso piano; inoltre parte integrante del con-
tratto per le obbligazioni poste a carico dellap-
paltatore
Il progetto sul quale ci soermeremo riguarda 14
pezzi della serie Atti dei notai di Ferrara (1456-
1594), per un totale di 8.476 carte. Il progetto
stato elaborato dallarchivista Cecilia Prosperi con
la collaborazione dei tecnici Silvia Di Franco, Ga-
briella Rava e Ciro Di Simone (Fig. 6).
I documenti erano conservati allinterno di pac-
chi in carta paglierina, chiusi con una fettuccia,
sui quali sono riportati il numero di matricola del
notaio, il cognome e nome, gli estremi cronologi-
ci del protocollo e il numero del pezzo allinterno
della serie dei protocolli degli atti rogati dal me-
desimo notaio (Fig. 7).
Allinterno di ogni pacco erano contenuti una serie
di fascicoli e/o volumi raggruppati per anni (dal
1456 al 1594). I fascicoli erano a volte conservati
in coprifascicoli di carta-paglia con lindicazione a
matita dellanno di appartenenza. A volte erano cu-
citi ognuno singolarmente e in questo caso aveva-
no una coperta in cartoncino pesto leggero o erano
privi di coperta. In altri casi ancora i fascicoli erano
cuciti insieme con nervi in pelle o con ancoraggio
diretto con o senza tassello in pergamena e avevano
coperte in pergamena oscia o in cartoncino.
A una rilevazione a campione della solubilit de-
gli inchiostri, gli stessi sono risultati stabili, ma il
test stato comunque eseguito sistematicamente
prima di ogni trattamento per via umida.
I danni maggiormente riscontrati sono stati cau-
sati dallumidit e da inltrazioni dacqua che
08. Stato di conservazione 09. Stato di conservazione
Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia
29 29
hanno reso i supporti fragili, feltrosi (fenomeno
per cui le bre cellulosiche si uniscono tra loro)
e gorati no, talvolta, a scolorire gli inchiostri e
a causare la perdita di parti del supporto (Figg.
8-10). Sporadicamente si rilevata la presenza di
erosione murina e di camminamenti di anobidi.
Le carte erano generalmente sporche, soprattutto
in prossimit dei margini che, a causa di un non
idoneo pregresso condizionamento, erano anche
sfrangiati e indeboliti. Sono presenti anche tagli
e lacune, specie sulle prime e sulle ultime carte
(Fig. 11).
Anche le coperte in pergamena erano danneggia-
te. Qui vediamo il volume della. 1571 del notaio
Girolamo Bonsignori che presenta una coperta
in pergamena oscia con 3 corregge - di cui una
mancante - in cuoio con intreccio in pelle alluma-
ta (Fig. 12).
Le operazioni preliminari al restauro sono state:
1. la cartolazione, ovvero la numerazione progres-
siva delle carte mediante matita di grate. Il nu-
mero viene posto generalmente in alto a destra sul
10. Stato di conservazione 11. Stato di conservazione
recto della carta. Loperazione di competenza del
soggetto appaltante;
2. la fascicolazione, che consiste nel controllo dei
fascicoli costituenti il volume da eettuarsi anno-
tando su apposito diagramma la composizione
dei fascicoli, le particolarit della sequenza delle
carte e leventuale presenza di allegati;
3. la documentazione fotograca a campione dello
stato di conservazione del pezzo prima del restau-
ro con particolare riguardo agli elementi visibili
che lo compongono, legature e danni presenti.
Le operazioni di restauro sono state le seguenti:
-scucitura da eettuare recidendo, allinterno dei
fascicoli, i li di cucitura con bisturi o forbici a
punta sottile;
-spolveratura da eseguire utilizzando un pennello
a setole morbide;
-test di solubilit degli inchiostri nei confronti dei
prodotti solventi o soluzioni successivamente
utilizzati, che viene eseguita in pi punti di cia-
scun pezzo e di norma per ciascun tipo di inchio-
stro presente;
Axroxiirra Foicui
30 30
-lavaggio in acqua deionizzata ad una temperatu-
ra massima di 30;
-deacidicazione (trattamento a base di sostanze
alcaline che neutralizza lacidit e fornisce alle
carte una riserva alcalina per preservarle da future
insorgenze di acidit) per immersione delle car-
te in soluzione di carbonato di calcio (o,3g/l) e
acqua deionizzata, fatta gorgogliare con anidride
12. Stato di conservazione
carbonica no alla trasformazione del carbonato
in bicarbonato;
-leafcasting che ha riguardato oltre la met delle
carte.
Per leafcasting si intende una serie di operazioni
eseguite utilizzando unapparecchiatura costituita
da una macchina ponitrice di bre di cellulosa che
consente di risarcire le lacune, suturare le lacera-
Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia
31 31
13. I nuovi contenitori
-ricomposizione delle carte in fascicoli, ricontrol-
lando e rispettando la numerazione e lassemblag-
gio degli stessi secondo la sequenza originaria.
Per i fascicoli restaurati manualmente, dopo la
deacidicazione, sono state eseguite:
a) la ricollatura (operazione di consolidamento e
rinforzo successiva ai lavaggi);
b) lo spianamento per eliminare ondulazioni e ar-
ricciamenti;
c) il mending, che consiste nel risarcimento ma-
nuale della carta, ovvero operazione di restauro
di carta lacera o lacunosa mediante apposizione,
con adesivo, di carta giapponese di grammatura
idonea e di tono cromatico adeguato alloriginale
e rinforzo dei margini con velo giapponese, che
uno speciale tipo di carta fatta a mano, di bre
vegetali e con altre caratteristiche che la rendono
durevole e stabile nel tempo;
d) velatura parziale o totale ove necessario;
e) rilatura;
f ) ricomposizione dei fascicoli.
La diversit originaria dei tipi di cucitura e legatu-
ra delle carte ha comportato una dierenziazione
delle tipologie di condizionamento.
Passando dagli originari pacchi di carta paglierina
a contenitori rigidi (scatole) si ritenuto di ridur-
re al minimo lo spessore totale delle nuove cami-
cie utilizzate per separare gli anni allinterno del-
lo stesso nucleo. Mentre un cartoncino durevole
(0,76mm) stato riservato al condizionamento
dei fascicoli di carte sciolte lasciando naturalmen-
te i fogli non cuciti (Fig. 13).
Precise indicazioni sono state date anche per la
cucitura dei fascicoli determinando, per esempio,
lo spessore del dorso, no a 2,5 cm per la cucitura
diretta dei fascicoli alla coperta in cartone durevo-
le e no ad un numero di tre fascicoli.
zioni, ricostruire i margini. Sostituisce alcune fasi
del tradizionale restauro manuale, reintegrando le
zone mancanti del documento
4
;
-velatura indiretta totale, ovvero operazione di
consolidamento e rinforzo del supporto consisten-
te nellapplicazione di un velo giapponese sulla
supercie delle carte. Si proceduto alla velatura
delle carte restaurate dopo leafcasting applicando
i veli precedentemente collati e posti ad asciugare
applicata su tutta la supercie di una facciata del
supporto (e scegliendo naturalmente, ove possibi-
le, quello con minore presenza di testo).
-rilatura delle eccedenze di velo e carta giappo-
nese nel rispetto dei margini originali;
Axroxiirra Foicui
32 32
Per gli 8 volumi originariamente con coperta
in pergamena oscia sono state previste nuove
coperte in pergamena semioscia con lacci di
chiusura e ribattiture ssate con punti in pelle
allumata.
Per ciascun pezzo stato previsto un contenitore
del tipo a conchiglia in cartone Cagliari, rivesti-
to esternamente in tela Buckram e internamente
in carta barriera (dello spessore di 0, 38 mm).
La progettazione prende in dettagliato esame il
singolo manufatto sia esso registro, codice, lza,
protocollo, ecc., in ogni sua componente, come
possiamo vedere dalla scheda progetto n. 10
delle quattordici predisposte (legatura, nervi,
ribattiture, piatti, carte di guardia, dorso, cu-
citura, capitello, materiale del capitello, danni
alle coperte, stato di conservazione delle carte,
danni alle carte, danni ai fogli membranacei, in-
14. Scheda progetto n.10 - Notaio Giacomo Ferrarini, 1543
Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia
33 33
chiostri) (Fig. 14). Una scheda assai complessa e
articolata, che tuttavia, stato osservato
5
, pre-
senter sempre delle lacune, perch non tutto
pu essere previsto e contemplato.
Da ci deriva che il restauro del libro o del do-
cumento diventa unoperazione di recupero del
pezzo e delle informazioni deducibili dallogget-
to attraverso la lettura storica del manufatto e si
realizza, nel migliore dei casi, nel consolidare le
strutture originali riducendo al minimo le opera-
zioni invasive
6
. Trattandosi di un bene che assol-
ve la propria funzione quando viene consultato,
unulteriore nalit che deve perseguire lopera
del restauratore quella di restituire un bene
nuovamente fruibile. Nel dicile equilibrio tra
le due esigenze, cio rispetto delloriginalit e del-
la fruibilit, solo quando risulti indispensabile,
sono studiate e ammesse minime variazioni ri-
spetto alla struttura originaria
7
.
A tale regola fondamentale stata improntata
lopera di recupero dei protocolli notarili ferraresi
come possiamo constatare dalle immagini ante e
post restauro di alcuni di essi (Figg. 15-19).
auspicabile che lazione di restauro e di salva-
guardia del patrimonio documentario custodito
nellArchivio di Stato di Ferrara possa contare
anche sul contributo di altri enti e istituzioni
sensibili alla conservazione delle memorie stori-
che in unera, qual quella attuale, in cui, se da
un lato il cartaceo sta cedendo sempre di pi il
passo ad altre forme di comunicazione e trasmis-
sione delle informazioni - con tutti i pericoli che
luso delle nuove tecnologie comporta quanto
a durevolezza delle medesime, dallaltro, senza
unecace azione di conservazione del patrimo-
nio, si rischia di non poter pi leggere neanche
le testimonianze delle epoche passate per rico-
struirne la storia.
15. Protocollo del notaio Giacomo Ferrarini, 1543 ante restauro 16. Notaio Giacomo Ferrarini, 1543 dopo il restauro
34 34
17. Schede del notaio Giovanni Battista Codegori 1568-1579
ante restauro
18. Notaio Giovanni Battista Codegori 1568-1579 dopo il
restauro
19. Scheda progetto n. 9 - Notaio Marco Bruno Anguilla 1547-1575 dopo il restauro
Ux isixiio oi iisrauio: i aicuivio xoraiiii axrico oi Fiiiaia
35 35
4
C. Prosperi, Il restauro dei documenti di archivio. Dizio-
narietto dei termini, Roma, 1999.
5
F. Alloatti, art. cit.
6
Ibid.
7
E. Tonetti, Il restauro delle carte notarili dellArchivio di
Stato di Venezia alluvionate nel 1966, in www.archivio-
distatodivenezia.it
1
A. La Rosa, Il notariato ferrarese negli statuti comunali del
1287 e del 1534, Ferrara, 1968 (Deputazione provinciale
ferrarese di storia patria, Atti e memorie, serie III, vol.
VIII).
2
C. Brandi, Teoria del restauro, Torino, 1970.
3
F. Alloatti, Restauro: un concetto in evoluzione, in Bi-
blioteche oggi, a. XXII n.5, 2004.
N
36
F
in dallinizio, la manifestazione Terra
nostra. Quattro passi nella storia di Ri-
mini, stata pensata come un evento
culturale complesso: complesso per-
ch, promosso e ospitato dallArchivio
di Stato di Rimini, stato, in realt, reso possibile
dalla determinante e stretta collaborazione dellAs-
sociazione Quei de borg ad SantAndrea e del Co-
mune di Rimini e dai contributi accordati a diverso
titolo dalla Fondazione Cassa di risparmio di Rimi-
ni e dallEnte Fiera di Rimini, con il patrocinio del
Fondo per lAmbiente Italiano, degli Ordini Rimi-
nesi degli Ingegneri e degli Architetti, pianicato-
ri, paesaggisti e conservatori, e dellIstituto Storico
della Resistenza e della Storia Contemporanea di
Rimini. Un evento complesso soprattutto perch,
oltre alla pubblicazione di un libro e del DVD Cera
una volta, a Rimini, la Fornace Fabbri, catalogo l-
mato della mostra a cura di Manuela Fabbri e altri,
ha compreso la mostra documentaria Porte aper-
te allArchivio di Stato. II territorio della fabbrica di
mattoni in Borgo SantAndrea, la proiezione del lm
Cera una volta, a Rimini, la Fornace Fabbri, una vi-
sita guidata alla chiesa di san Bernardino (uno fra i
monumenti pi interessanti e probabilmente meno
conosciuti della citt) e la presentazione della pub-
blicazione I Poderi della Ghirlandetta a Rimini: dai
Malatesta ai fratelli Davide e Luigi Fabbri, di Oreste
Delucca nella magnica cornice della piazzetta San
Bernardino, per loccasione sgomberata dalle auto e
chiusa al traco, pedonalizzata e ricondotta, grazie
a un sapiente e scenograco arredo urbano, al suo
ruolo di punto di incontro e pubblico salotto del
rione Montecavallo.
E proprio da questesperienza ha preso le mosse
lorganizzazione della mostra documentaria, Porte
Aperte allArchivio di Stato. II territorio della fabbri-
ca di mattoni in Borgo SantAndrea, e della relati-
va pubblicazione di Oreste Delucca (peraltro gi
presente, col suo contributo, nel catalogo lmato).
Seguendo la propria vocazione, IArchivio di Stato
ha trascelto dal suo vasto patrimonio documenta-
rio i documenti pi adatti a tracciare la storia del
territorio su cui, poi, sorta la Fornace Fabbri:
atti notarili del XV e XVI secolo, nonch cabrei
del XVIII secolo, sono stati esposti in virt della
loro importanza storico-documentaria, ma anche
con un occhio alla particolare valenza estetica (in-
negabile nel caso dei cabrei settecenteschi). Non a
caso come gi provveduto per tutte le pergame-
ne del Diplomatico Riminese, ora integralmente
riprodotte in formato digitale ad alta denizione
e presto disponibili in linea nel Sistema informati-
vo degli Archivi di Stato (www.archivi-sias.it) si
pensa a unacquisizione digitale anche per i cabrei.
Il saggio di Oreste Delucca sui Poderi della Ghir-
landetta rende conto di questa complessa e puntua-
IL RESTAURO DEL CABREO AB 265
TERRENI APPARTENENTI AI PAVOLOTTI DI RIMINI
Gianluca Braschi
1. Lo stato di conservazione della copertura esterna del Cabreo * Cabreo AB 265, 2r, Saludecio (dopo il restauro)
38 38 Ii iisrauio oii caniio an :o
riiiixi aiiairixixri ai Pavoiorri oi Ri xi xi
le ricerca documentaria, tracciando la storia di una
specica area urbana dal XV secolo ai nostri giorni,
unarea bene ricordarlo su cui gi erano pre-
senti insediamenti romani, se proprio nel territorio
della fornace stato ritrovato un ritratto bronzeo di
Agrippina Minore, ora al Metropolitan Museum
di New York. Si prola cos una linea ideale tra il
passato romano e il presente contemporaneo. La
successione dei vari passaggi di propriet (da quan-
do, il 27 luglio 1452, Isotta degli Atti acquista per
250 lire un podere di sei tornature e poi, il 21 mag-
gio 1471, un altro podere di otto tornature espres-
samente citato come Ghirlandetta, no ai nostri
giorni) mette in mostra ( proprio il caso di dirlo)
un bel pezzo di storia locale, evidenziando, oltre
alle consche e agli espropri di epoca napoleonica,
i pesanti interventi sul territorio passato e presen-
te: la deviazione del ume Ausa, i vari inserimenti
edilizi, i nuovi tracciati viari e la stessa costruzione
della fornace e relativa cava, di cui rimane traccia
tuttoggi nel cosiddetto laghetto PEEP.
Lidea di abbinare il restauro di un documento tanto
importante quanto nora cos poco consultato come
il Cabreo AB 265 pi noto come Cabreo del Borgo
di santAndrea allesposizione Porte Aperte allArchi-
vio di Stato: il territorio della fabbrica di mattoni in
Borgo SantAndrea sorta spontaneamente proprio
durante le ricerche darchivio che hanno portato e
alla mostra e alla pubblicazione di Oreste Delucca.
Due erano, infatti, gli obiettivi cui si mirava collal-
lestimento della mostra: sviluppare una tematica
di storia locale sia secondo la modalit espositiva
o, se vogliamo, visuale tipica di una mostra secon-
do un percorso che insieme didascalico e narra-
tivo sia secondo quella di un saggio storico nato
da un lavoro di attento scavo e studio accurato
delle fonti conservate presso questIstituto. Se da
una parte una mostra documentaria come quella
che stata allestita nei locali dellArchivio ren-
de visibili, anzi tangibili, i documenti che con la
tta trama delle loro interrelazioni costituiscono
concretamente ogni storia, se non addirittura la
Storia, viene presto il momento di trarre le la di
questa trama e farne una narrazione completa.
Attraverso lescussione di quelle che sono le serie
documentarie pi importanti sia per laspetto gra-
02. Cabreo AB 265, 3r, Dichiarazione dellestensore del ca-
breo Alessandro Bertolucci, scrivano (dopo il restauro)
03. Cabreo AB 265, 6v, Santa Giustina e Cabreo AB 265, 7r,
Saludecio (prima del restauro)
39 39 Giaxiuca Biascui
co e visuale sia per quello documentario e di te-
stimonianza fra quelle conservate presso lIstituto si
snoda un percorso narrativo che aronta passo per
passo la linea delle successioni di propriet e delle
destinazioni duso del podere della Ghirlandetta sui
cui stata costruita ed ha operato la Fornace e su
cui in un futuro ormai prossimo saranno costruiti il
Pala Congressi e lAuditorium della citt di Rimini
nel solco di una tradizione che pare non volersi mai
estinguere per questo lembo di territorio un tempo.
II rispecchiamento puntuale fra la mostra docu-
mentaria e la pubblicazione, che da quegli stessi
documenti tratta, ha in primo luogo un intento
didascalico: vuole svelare al pubblico quella che
potremmo denire Iocina dello storico, gli at-
trezzi del mestiere di cui si serve per raccontare
le sue storie. sembrato un modo abbastanza
concreto di mostrare quale sia Iimportanza di un
Archivio di Stato e, soprattutto, di darne unim-
magine pi amichevole e, se possibile, dinamica.
sembrato, per tanto, ovvio portare alla luce un
reperto cos importante e cos particolarmente
attinente al tema trattato dalla mostra anche in
considerazione del fatto che il documento non
aveva nora ricevuto lattenzione che gli sarebbe
spettata sia in virt della sua importanza docu-
mentaria sia in virt della sua valenza per cos
dire estetica condivisa, per altro, dalla grande
maggioranza dei documenti di questo tipo (ca-
brei, mappe catastali) del periodo. Sembra su-
peruo rammentare che in archivistica parlare di
reperti sempre un po fuorviante. Dal punto di
vista di un archivio i vari documenti sono sempre
l: solo la ricerca che li porta allattenzione di
volta in volta e portare allattenzione di volta in
volta i documenti prima di tutto e fondamen-
talmente unavventura intellettuale.
Se come si dice niente pi inedito delledito,
per quanto vero che il Cabreo da sempre era rego-
larmente registrato negli inventari dellArchivio di
Stato di Rimini (allInventario del Comune di Rimi-
ni e delle congregazioni religiose soppresse compilato
nel 1865 da G. Corsi deve, infatti, la sua attuale de-
nominazione), solo col restauro che potuto en-
trare a tutti gli eetti fra i documenti normalmente
consultabili in sala di studio: in un certo senso,
diventato, solo cos, pienamente documento.
Il documento compare, appunto, negli inventari
con la segnatura AB 265 (che indicava allora una
collocazione sica) e la dicitura Terreni appartenenti
ai Pavolotti di Rimini nel fondo Corporazioni Reli-
giose Soppresse ed datato 1775 ed relativo allarea
dellallora Borgo di SantAndrea attualmente par-
te del tessuto urbano di Rimini immediatamente
a ridosso della restaurata Porta Montanara. I Frati
Minimi di san Francesco di Paola (volgarmente,
appunto, chiamati Paolotti) hanno lasciato questo
cabreo dei loro possedimenti in Rimini redatto il 22
gennaio 1775. Lestensore Alessandro Bartolucci,
primo scrivano dello studio de signori Calindri
riporta che le sue rilevazioni trattano delle pian-
te de terreni di questo venerabile convento di san
Francesco di Paola, estratte dalle mappe originali
() alloccasione del nuovo appasso eseguito dalli
geometra signori Serano e Giovanni, fratelli Ca-
lindri. La rilevazione , dunque, parte delle grandi
rilevazioni attuate dal geometra Serani Calindri
per conto del Comune di Rimini che vanno sotto il
nome, appunto, di Catasto Calindri pure conservate
presso lArchivio di Stato di Rimini. Il documento
in seguito alle soppressioni napoleoniche del 1813
conuito nel grande fondo collettaneo in via di
reinventariazione e ordinamento delle Corporazioni
Religiose Soppresse.
40 40
Purtroppo, la consultazione ha subito messo in
evidenza il precario stato di conservazione dello
stesso, che stato, comunque, riprodotto digi-
talmente e messo in mostra. Grazie al nanzia-
mento di due sponsor riminesi Tina & Mary e
Hotel Memory stato possibile restaurarlo. Ha
provveduto al restauro integrale del documento il
dott. Riccardo Bolognesi della Cooperativa Socia-
le Centoori onlus.
importante mettere in evidenza come solo
grazie alla manifestazione stato possibile con-
tattare e interessare gli sponsor e sensibilizzare
la cittadinanza sullimportanza dei documenti
conservati presso lArchivio di Stato di Rimini e,
soprattutto, sullimportanza del loro restauro.
Consultato probabilmente per la prima volta in
epoca moderna proprio in questoccasione iI vo-
lume del Cabreo AB 265 si presentava con cucitu-
ra salda e coperta non particolarmente deteriorata
o, comunque, in grado di assolvere la sua funzio-
ne di protezione delle carte. I piatti della coperta
risultavano deformati probabilmente a causa della
conservazione del volume in un luogo particolar-
mente umido. La pelle della coperta era mancante
di varie porzioni di ore e nel complesso risultava
essere in supercie. Tutti gli angoli avevano perso
rigidit. La pelle del piatto anteriore presentava
una piccola lacuna centrale provocata da rosura di
insetti cosi come risultava leggermente intaccato
anche il cartone sottostante. La pelle del morso
nella zona del piede posteriore era fessurata. Man-
cavano tutti i lacci in pelle allumata di chiusura
del volume tranne quello anteriore lato testa.
Molte carte risultavano essere incollate a causa
della solubilizzazione della vernicetta posta a pro-
tezione delle mappe colorate, solubilizzazione do-
vuta probabilmente alla permanenza del volume
in un luogo umido.
In particolare, le carte contrassegnate in colla-
zione con i numeri 6v-7r con le mappe rispetti-
Ii iisrauio oii caniio an :o
riiiixi aiiairixixri ai Pavoiorri oi Ri xi xi
04. Cabreo AB 265, 9r, SantAndrea dellAusa
(prima del restauro)
05. Cabreo AB 265, 2r, Saludecio
(prima del restauro)
41 41
vamente di S. Giustina e di Saludecio presenta-
vano entrambe due notevoli strappi dovuti pro-
babilmente al tentativo di apertura delle carte
incollate.
Le carte con i numeri 8v-9r, 10v-11r, 14v-15r,
16v-17r, 18v-19r, 22v-23r, 24v-25r, 26v-27r, ri-
sultavano incollate.
Le carte con le altre mappe presentavano numerosi
distacchi provocati presumibilmente dallapertura
delle stesse dopo ladesione anomala della verni-
cetta. Solo la mappa contrassegnata in collazione
con il numero 48v-49r (Verucchio) si presentava
in buone condizioni.
Il lo di cucitura era spezzato fra le carte 38v-
39r.
Sono stati, pertanto, eettuati i seguenti inter-
venti.
Il distacco delle carte incollate mediante solubi-
lizzazione della vernicetta attraverso impacchi di
alcol etilico 50% e acqua 50% (lintervento non
ha potuto eliminare completamente le macchie
dovute al precedente assorbimento del pigmento
fra le bre della carta).
Nelle carte che presentavano mappe con lacune
di colore dovuto presumibilmente ad una forza-
tura in apertura si provveduto al distacco dei
frammenti dalla pagina opposta con impacchi di
acqua e alcol al 50% e successiva riapplicazione
nelle rispettive mancanze, utilizzando come ade-
sivo la Tylose MH 300p.
Dopo avere riposizionato i frammenti nelle zone
di distacco si provveduto a uniformare ad ac-
querello le piccole mancanze di colore per le quali
non stato trovato il frammento corrispondente.
stata ripristinata la cucitura fra le carte 38v
-39r.
Il volume stato condizionato con dei pesi e de-
gli spessori per fargli riassumere la forma origina-
ria corretta.
La coperta in pelle a stata parzialmente distac-
cata per permettere: i1 rinsaldo degli angoli
eettuato con iniezioni di Tylose MH 300P
al 2% circa;
il risarcimento della lacuna nel piatto anterio-
re con un frammento di pelle nuova;
colorata con anilina ed incollata con Tylose
MH 300P al 6% addizionata con 10% di vi-
navil 59;
il risarcimento della rosura nel sottostan-
te cartone con stucco di cellulosa in Tylose
MH300p al 6%;
la riadesione della fessurazione al morso con
brachetta di carta giapponese incollata su tela
di cotone adesa con Tylose MH 300P al 6% e
10% di vinavil 59;
ripristino dei lacci di legatura con pelle allu-
mata nuova.
Giaxiuca Biascui
06. Cabreo AB 265, 1v, Santa Giustina particolare,
(prima del restauro)
42 42
Esternamente sono state incollate con Tylose MH
300p al 6% le porzioni di bre distaccate e dove
mancanti stato ristabilita luniformit cromatica
con limitate riprese ad acquerello.
Per limitare gli eventuali danni dovuti ad un im-
magazzinamento in condizioni climatiche critiche
si provveduto a montare tra i bili dipinti, dei
fogli di carta giapponese da 11gr/mq ssati con
3 punti di Tylose MH 300p al 6% che potranno
essere eliminati con estrema facilit.
Si optato per questa soluzione in quanto lin-
troduzione di fogli di maggiore spessore avrebbe
fatto aumentare eccessivamente lo spessore del
corpo delle carte con conseguente tensione ano-
mala sulla coperta.
Tutti gli interventi sono stati documentati foto-
gracamente.
Completato il restauro, il documento stato ri-
messo in consultazione ed esposto.
Come rientra tra i compiti istituzionali, che ogni
Archivio di Stato si riserva, quello della conserva-
zione del documento in quanto bene culturale cos
rientra pure quello della sua valorizzazione. Valo-
rizzare un documento comunicarlo, ridargli la di-
gnit del suo contesto e renderlo fruibile al pubbli-
co sia come contenuto e testimonianza materiale di
un fatto storico sia come forma, anche estetica, con
cui il contenuto stesso si manifesta. Ecco perch lo
strumento della mostra e delle pubblicazioni che
da questa scaturiscono naturalmente, risultato
Ii iisrauio oii caniio an :o
riiiixi aiiairixixri ai Pavoiorri oi Ri xi xi
07. Cabreo AB 265, 1v, Santa Giustina e Cabreo AB 265, 7r, Saludecio (dopo il restauro)
43 43
particolarmente adatto allillustrazione dellargo-
mento e allillustrazione dellIstituto stesso: si va a
mettere in mostra non solo la Fornace Fabbri attra-
verso i documenti che se ne conservano la storia,
ma anche lArchivio di Stato stesso.
Molte sono le iniziative che, recentemente, lAr-
chivio di Stato di Rimini ha potuto mettere in
cantiere nellambito della valorizzazione e della
tutela del patrimonio documentario che ha in
consegna come la digitalizzazione, appena com-
pletata, di tutte le circa 5000 pergamene del co-
siddetto Diplomatico Riminese (anche col soste-
gno della Fondazione Carim) o col nanzia-
mento della Provincia di Rimini delle mappe
del Catasto Calindri: due acquisizioni che si spera
di potere presto presentare alla cittadinanza con la
dovuta risonanza in altre occasioni. Ed proprio
in considerazione dellimpegno di questArchivio
nellambito della conservazione digitale che an-
che per il Cabreo AB 265 si pensa a una copia
digitale da mettere a disposizione del pubblico sul
sito dellArchivio di Stato di Rimini (http://www.
archiviodistato.rimini.it).
Laugurio certamente quello che - ancora una
volta grazie alla collaborazione dei vari enti e realt
locali (Comune, Provincia, Regione, Fondazione
Carim tanto per fare qualche esempio) in unot-
tica di collaborazione e complementarit - questa
manifestazione sia soltanto linizio di un dialogo
fra lArchivio e la Citt di Rimini che si vuole
quanto pi serrato e duraturo possibile e che il
restauro del Cabreo del Borgo di SantAndrea sia il
primo di una lunga serie di documenti restaurati
e restituiti alla cittadinanza e agli studiosi.
Giaxiuca Biascui
08. Cabreo AB 265, 1v, Santa Giustina e Cabreo AB 265, 7r, Saludecio, visione dinsieme (dopo il restauro)
44
LE CARTE NAUTICHE DELLA BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA
Andrea De Pasquale
L
e carte nautiche, disegnate e miniate
su pergamena in fogli sciolti o orga-
nizzate su pi unit per formare un
atlante, indicando le rotte da seguire e
i porti e gli approdi sicuri, rappresen-
tavano tra Medioevo ed et moderna lo strumento
fondamentale per eettuare la navigazione lungo le
coste del Mediterraneo e dei territori europei che si
aacciano sullAtlantico.
Contraddistinte dal fatto di non recare, se non ra-
ramente, perch inutile, la toponomastica allinter-
no delle regioni, la loro precisione si arricch con
lavanzare delle scoperte geograche che portarono
ad esplorare lAtlantico e ad individuare il Nuovo
Mondo e arcipelaghi no a quellepoca ignoti, e
a perfezionare la conoscenza delle coste africane.
Cos, da una primitiva rappresentazione del Medi-
terraneo con il posizionamento dei rombi di venti,
esse si trasformarono in vere e proprie carte piane
con lindicazione dellEquatore, dei Tropici e delle
latitudini.
Le tecniche di produzione, cos come i luoghi, i
principali porti del Mediterraneo, non mutarono
comunque nel corso dei secoli, cos come rima-
se invariato il fatto che la fabbricazione continu
a concentrarsi nelle mani di pochi individui che
generalmente tramandavano i saperi di padre in
glio.
Tali carte recano spesso elementi decorativi acces-
sori, di pressoch nulla utilit per la navigazione,
che denotano sia le dierenti committenze, sia la
maestria dei cartogra: oltre a cartigli e nastri, spes-
so, generalmente dal XVI secolo, si riscontrano, so-
prattutto sulle carte sciolte, soggetti religiosi quali
il Crocisso, la Madonna con Bambino o Santi,
e rappresentazioni pi o meno stilizzate o realiste
di citt, anche localizzate non sul mare, bandiere
dai vivaci colori, rappresentazioni di sovrani sia eu-
ropei, generalmente in trono o appoggiati ad uno
scudo con emblemi araldici, sia africani o asiatici,
seduti su un cuscino o un tappeto e aancati da
tende arabescate, navi di vario genere, animali re-
ali (elefanti, dromedari, cammelli, leoni, scimmie,
ecc.) e mitologici (draghi, unicorni, sirene ecc.),
catene montuose e foreste, elementi vari oreali o
altri particolari (teste di putti che soano, cornici
varie).
Leccezionale raccolta di portolani della Biblioteca
Palatina di Parma, composta da 14 pezzi circoscri-
vibili cronologicamente tra la seconda met del
XIV secolo e poco oltre la met del primo venten-
nio del XVII, rappresenta emblematicamente una
signicativa esemplicazione di tale particolare
produzione documentaria.
Essa deve la sua costituzione allindefessa opera dei
principali e pi celebri bibliotecari dellistituzione,
il padre teatino Paolo Maria Paciaudi, chiamato a
Parma dal duca don Filippo per costituire la Biblio-
teca, ne bibliografo e gura di eccezionale impor-
tanza per la storia della biblioteconomia italiana, e
Angelo Pezzana, il bibliotecario che contraddistin-
se la storia dellistituzione per buona parte del XIX
secolo. merito del primo avere individuato sul
mercato antiquario e acquisito il maggior numero
dei pezzi (Ms. parm. 1612-1621) (Fig. 1) e di aver-
ne disposto linserimento allinterno della raccolta
Parmense procedendo pure ad interventi conser-
vativi. Anche se non disponiamo di informazioni
speciche sugli eettivi canali di acquisizione per
tutti i pezzi, ma soltanto per la celebre carta nauti-
ca redatta da Francesco e Domenico Pizigano (Ms.
parm. 1612), datata 1367, che venne donata al
padre Paciaudi nel 1770 dallamico Girolamo Za-
netti, professore di diritto a Padova, archeologo e * Il Ms. parm. 1616 prima del restauro (part.)
46 46 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa
storico veneziano, e per altri non individuabili cin-
que pezzi, che fonti darchivio indicano acquistati
da Annibale degli Abati Olivieri di Pesaro, insieme
al rotolo greco di San Giovanni Crisostomo (Ms.
parm. 1217/2), il 2 gennaio 1769, possiamo a ra-
gione pensare che si debba far risalire allintervento
del Paciaudi lacquisizione dei primi dieci pezzi del
fondo sia per le omogenee caratteristiche relati-
ve al trattamento conservativo e alla modalit di
montaggio subite, sia soprattutto per il fatto che
risultano oggetto di studio da parte sua attraverso
la redazione di speciche schede dettagliate descrit-
tive e di commento individuate allinterno dei suoi
manoscritti.
Questi materiali infatti sono stati quasi tutti dispo-
sti in cartelle di cartone ricoperto di cuoio marezza-
01. Il Ms. parm. 1616 prima del restauro
47 47 Axoiia Di Pasquaii
to, decorate con i gigli borbonici e con indicazione
di datazione e di numerazione progressiva impressa
con numeri romani, per le quali ben evidente la
mano del legatore di corte Antoine Louis Lafert.
Tale paternit documentata da fonte contabile
del 1768 che indica il pagamento a tale legatore di
7. cartelle carte nautiche; quali cartelle ritrouasi
ora coperte di bazana. Anche la carta dei Pizigano
(Ms. parm. 1612) era protetta da cartella con le
medesime caratteristiche ancora nel 1907, ma essa
and perduta in anni successivi in concomitanza
ad un maldestro intervento di restauro; altra fon-
te darchivio indica infatti che, per commissione
del 15 giugno 1771, venne realizzata dal legatore
una cartella di grandezza di quatro cartoni impe-
riale coperta in bazana marmorata, con sfrigi larghi
doro bordata dentro e fuori con una inscrizione
in damaschino e cordoni verde di detta, dentro la
quale incolata una famosa antica mapa del mondo
donata dal R.do P.dre Paciaudi alla Reale Bibliote-
ca. Dellimportanza e della pregevolezza di questi
materiali il Paciaudi si gloriava, e a ragione, nella
Memoria sulla R. Biblioteca di Parma, da lui redatta
verosimilmente nel 1770 per difendersi dalle accu-
se di mala gestione della Biblioteca da lui diretta,
ricordandoli come Tavole nautiche nel capitolo
sui Manoscritti, con il quale intendeva confutare
laccusa di aver trascurato nella sua politica degli
acquisti questo specico patrimonio.
In eetti si tratta di pezzi di straordinaria impor-
tanza per la storia della cartograa nautica. in-
fatti fondamentale per la cartograa veneziana del
XV secolo la carta Ms. parm. 1612 caratterizzata
da una controversa iscrizione che la indicherebbe
compilata il 12 dicembre 1367 da Francesco e Do-
menico Pizigano, membri di una quasi sconosciuta
famiglia appartenente forse al ceto marinaresco.
Due portolani si collocano nel secolo seguente:
mentre il primo anonimo (Ms. parm. 1621),
laltro (Ms. parm. 1613) (Fig. 2), datato al luglio
1435, una delle due testimonianze, la pi recen-
te, dellattivit di un poco noto cartografo genove-
se, Battista Beccari.
Ancora a produzione della citt ligure si deve attri-
buire il Ms. parm. 1614, redatto dal genovese Ve-
sconte Maggiolo, attivo tra il 1504 circa e il 1559,
capostipite di una delle pi celebri dinastie di car-
togra professionisti originaria di Rapallo, che tra
il 1511 e il 1516 trasfer temporaneamente la sua
attivit a Napoli, allettato da un mercato orente e
dalla presenza di un grande porto.
Proprio a questi anni si deve la compilazione del
portolano palatino, del 10 marzo 1512, uno dei tre
sopravvissuti della sua attivit napoletana, interes-
sante anche per recare una maldestra cancellatura
del circolo a matita di piombo, fatto che denota si-
curamente limpiego di un lavorante poco esperto.
Si colloca invece nellItalia meridionale la realizzazio-
ne di due portolani prodotti da Jacopo Russo, uno
datato 1540 (Ms. parm. 1615), il secondo invece
senza indicazione cronologica, ma verosimilmente
pi tardo (Ms. parm. 1620). Tale cartografo risulta
attivo a Messina, altro porto importante e strategico
per le rotte del Mediterraneo, per un arco temporale
amplissimo, dal 1520 al 1588, tanto esteso che in
passato si pure ipotizzata lesistenza di due omo-
nimi cartogra, ed noto per aver prodotto carte
geograche contraddistinte da una ricca toponoma-
stica, tanto che si pu ipotizzare che queste fossero
non tanto utilizzate dai marinai, quanto piuttosto da
studiosi come veri e propri atlanti. Sempre allambi-
to dellItalia meridionale, messinese in particolare,
si deve assegnare pure il portolano, datato 1608
(Ms. parm. 1618) di Joan (Giovanni) Oliva, carto-
grafo verosimilmente appartenente ad una celebre
famiglia di cartogra di Majorca,

attestato conti-
48 48
nuativamente nella citt
siciliana tra il 1592 e il
1599 e quindi ancora
tra il 1606 e il 1608, ma
attivo anche in numero-
si altri porti del Medi-
terraneo, e distinto dal
quasi coevo Joan Riczo
Oliva, anchegli operan-
te a Messina tra il 1590
e il 1594. A produzione
majorchese attribuibi-
le un altro pezzo, rap-
presentante il bacino del
Mediterraneo e contrad-
distinto da prospetti di
citt tra cui emerge, per
grandezza, Venezia (Ms.
parm. 1617), del 1581,
siglato da Matteo Griu-
sco, cartografo altrimen-
ti sconosciuto. Ad area
toscana invece si attri-
buisce un atlante di tre
carte del 1654, redatto
a Livorno da Giovanni
Battista e Pietro Caval-
lini (Ms. parm. 1619),
evidentemente padre e
glio, forse opera esclu-
siva di Pietro, attestato
da sette atlanti rmati datati tra il 1665 e il 1668,
per la mancanza della correzione dellasse del Medi-
terraneo, caratteristica costante dellopera del primo,
noto cartografo di origine genovese attivo a Livorno
tra il 1635 e il 1656. Spettacolare per la ricchezza
della decorazione latlante nautico (Ms. parm.
1616) del 1574, siglato dallo sconosciuto Aloisio
Cesani che si qualica
ydruntinus (di Otran-
to), ma verosimilmen-
te discendente della
famiglia di cartogra
veneziani de Cesanis
attiva nel XV secolo, il
quale reca, unico caso
del lotto della Biblio-
teca Palatina, la sua
originaria coperta in
marocchino rosso con
lo stemma impresso
in oro della famiglia
Gonzaga del ramo di
principi di Molfetta e
marchesi di Guastalla.
Il Frabetti ne aveva at-
tribuito lacquisizione
al padre Ireneo A,
successore del Paciau-
di nella direzione del-
la Biblioteca (1778-
1785) e originario di
Busseto, terra nel feu-
do dei Gonzaga, ma
sicura lacquisizione
del pezzo da parte del
padre Paciaudi, forse
per tramite dellA
stesso, allepoca sotto-
bibliotecario, visto che il teatino compil per il pez-
zo una scheda descrittiva manoscritta ritrovata tra
le sue carte. Tale pezzo inoltre di straordinaria im-
portanza poich lintervento di restauro ha permesso
di ritrovare allinterno della foderatura della coperta
alcuni disegni originari preparatori dellopera realiz-
zati a punta dargento, fatto eccezionale e di estremo
02. Ms. parm. 1613
Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa
49 49
interesse per lo studio della fabbricazione di questo
materiale. Per la mancanza di fori in corrispondenza
dei disegni che implicherebbero lutilizzo della tec-
nica dello spolvero, sembra verosimile pensare che il
trasferimento del disegno sulla pergamena sia stato
ottenuto attraverso una delle tecniche illustrate da
Bartolomeo Crescenzio nella sua Nautica mediterra-
nea, e cio che il foglio disegnato e la pergamena fos-
sero stati entrambi tesi in un telaio e che, agevolati
dalla vicinanza di una sorgente luminosa, sia stato
eettuato il ricalco per trasparenza. A anni successi-
vi alla direzione del Paciaudi, ma se ne ignorano le
circostanze, si collocano le acquisizioni dei portolani
Ms. parm. 1622, Ms. parm. 1623, Ms. parm. 1624
(di anonimo, della met XV secolo).
Il primo invece lunica testimonianza, del 1494,
dellattivit di un cartografo veneziano altrimenti
sconosciuto, attivo alla ne del XV secolo, Giorgio
di Giovanni. Il secondo una produzione genovese
del gi citato cartografo Vesconte Maggiolo, che,
per la prima volta, in questa occasione, dell8 luglio
1525, si associava a Giovanni [Antonio], verosimil-
mente il giovane glio maggiore, dichiarandone
quindi lintenzione a eleggerlo suo successore nella
gestione dellattivit.
Ben documentato larrivo del portolano Ms.
parm. 1624, recante una pregevole coperta in
cuoio decorato con fregi impressi a secco del XVI
secolo (Ms. parm. 1624). Attraverso la corrispon-
denza del bibliotecario Angelo Pezzana, direttore
tra il 1804 e il 1862, artece di notevoli incremen-
ti di fondi e materiali bibliograci grazie ai nan-
ziamenti ottenuti dalla duchessa Maria Luigia, si
sa che esso venne sicuramente acquisito nel 1840
dal marchese Francesco Albergati Capacelli di
Bologna (1728-1804), il quale propose al Pezza-
na lacquisto di molte lettere duomini illustri, le
pi indiritte al celebre suo avo Francesco Albergati
(notissimo autore drammatico), e di un portolano
del sec. XV, e di altri manoscritti. Scrivendo ve-
rosimilmente al ministro Mistrali per giusticare
lacquisto il Pezzana sottolineava che il portolano
che si aggiugnerebbe alla magnica nostra serie di
Carte nautiche manoscritte, molto pregevole, e
parmi del principio del Sec. XV., ed sicuramente
anteriore allo scoprimento delle Azzorre, ch niuna
ve n indicata; lE.V. sa che niuna nera conosciuta
avanti il 1492. Tuttaltra storia ha invece la pi
grande carta nautica posseduta dalla Biblioteca Pa-
latina, il portolano del 1561 realizzato da Diogo
Homem (Ms. Pal. 0), prolico cartografo porto-
ghese, attivo tra il 1557 e il 1576, glio di Lopo
e fratello di Andr, entrambi cartogra. Noto per
la sua vita avventurosa, nel 1544 venne coinvolto
in un omicidio e costretto allesilio in Marocco, da
cui fugg, dirigendosi in Inghilterra; dopo aver ot-
tenuto il perdono dal re del Portogallo nel 1547,
continu a lavorare, ma non si sa in quale citt,
per mancanza di informazioni sulle carte prodotte,
per poi operare a Venezia sicuramente tra il 1568 e
il 1576, anche se alcuni studiosi hanno retrodata-
to la sua attivit nella Serenissima dal 1557, fatto
che consentirebbe di ricomprendere anche il pezzo
in questione. La carta pervenne in Biblioteca nel
1865, dopo lUnit dItalia, a seguito dellacquisi-
zione del fondo Palatino, originariamente propriet
personale dei duchi di Borbone, caldamente soste-
nuta dal bibliotecario del tempo Federico Odorici
(1862-1876). Leccezionale raccolta di portolani
della Biblioteca Palatina di Parma stata oggetto di
studi importanti n dal XVIII secolo.
Dopo il padre Paciaudi che, come si visto, fu il
primo ad analizzare tali carte redigendo apposite
schede conservate allinterno di una sua raccolta di
studi intitolata Illustrazione dei codici della Parmen-
se, anche il Pezzana risulta autore di uno studio sul
Axoiia Di Pasquaii
50 50 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa
51 51
mappamondo dei Pizigano, atto a confutare le ac-
cuse del padre Pellegrini di non autenticit, come
pure lOdorici, dedic al fondo due saggi nuova-
mente relativi ai materiali pi antichi.
Successivamente il fondo venne censito da Gusta-
vo Uzielli nel 1875 e da Mario Longhena del 1907,
in occasione del Congresso tenutosi a Parma della
Societ geograca della Societ Italiana. A questul-
timo si deve pure la redazione di altri tre contributi
sullargomento.
Il contributo pi esaustivo resta comunque quello
del Frabetti del 1978, il quale costitu la base per
linclusione del fondo allinterno di unesposizio-
ne pi generale sui fondi cartograci parmensi dei
secoli XIV-XIX tenutasi in Biblioteca, in collabo-
razione con lArchivio di Stato di Parma, del set-
tembre dellanno successivo, dal titolo Il territorio
rappresentato, in concomitanza con il XV Conve-
gno Nazionale di Cartograa. Ancora nel 1992 al-
cuni portolani della Biblioteca parteciparono alla
mostra su Cristoforo Colombo e lapertura degli spazi
tenutasi a Genova in occasione del quinto centena-
rio della scoperta dellAmerica.
Da tempo la raccolta non suscitava particolare in-
teresse da parte degli studiosi sia del manoscritto
03. Ms. parm. 1623
che di storia della geograa. Recentemente essa
stata oggetto di una mirata campagna di restauri
diretta da Silvana Gorreri, che ne hanno restitui-
to loriginaria lucentezza dei colori e la loro fun-
zionalit e fruibilit, consentendo di apprezzarne
particolari ed aspetti nora inediti. Tale campagna
stata realizzata con nanziamenti statali e spon-
sorizzazioni private, quali la Societ Value Retail
Management (Fidenza Village) per il Ms. parm.
1616 e la Banca Popolare dellEmilia Romagna
per il Ms. parm. 1623 (Fig. 3), ed adata per
la quasi totalit allo Studio Paolo Crisostomi di
Roma. Contestualmente, grazie alla collaborazio-
ne con la casa editrice MUP, impresa strumentale
della Fondazione Monte di Parma, si dato vita
alla prima collana di volumi di alta divulgazione
scientica inerenti la Biblioteca Palatina, dal ti-
tolo Mirabilia Palatina: stato quindi spontaneo
dedicare il primo numero alla collezione dei por-
tolani (Carte per navigare. La raccolta di portolani
della Biblioteca Palatina di Parma, 2009) e orga-
nizzare, per loccasione, unapposita esposizione
nella splendida Galleria Petitot, che ha permesso
di ripresentare al pubblico leccezionale raccolta
in una veste inedita e completa.
Axoiia Di Pasquaii
52 52

risaputo tra gli studiosi che a Parma,
presso la Biblioteca Palatina, con-
servata una consistente e prestigiosa
raccolta di antiche testimonianze
cartograche; nel 1907 la citt aveva
ospitato il I Congresso della Societ Italiana per il
progresso delle Scienze e in quelloccasione era stata
allestita nelle sale della biblioteca unesposizione
di carte nautiche, atlanti e portolani presenti a
Parma e Piacenza; nel 1978 ben dodici carte nau-
tiche della Palatina erano state censite da Pietro
Frabetti nel suo studio sistematico (Carte nautiche
italiane dal XIV al XVII secolo conservate in Emilia
Romagna, Firenze 1978), ancor oggi valido stru-
mento di valutazione scientica; nel settembre
1979 era stata organizzata di concerto con lAr-
chivio di Stato di Parma la mostra storico-docu-
mentaria Il territorio rappresentato, nella quale, in
concomitanza con il XV Convegno nazionale di
Cartograa, erano stati proposti temi e problemi
della cartograa nelle collezioni pubbliche par-
mensi dei secoli XIV-XIX.
Questo patrimonio, fortemente suggestivo, popo-
lato da velieri, teste di uomini soanti, guerrieri,
citt turrite, tende, animali fantastici e bandiere
sventolanti tra rotte marittime, rose dei venti e
localit costiere, che documenta le conoscenze
pratiche, frutto di esperienze personali di mari-
nai, mercanti ed esploratori, unite alle informa-
zioni fantasiose e alle credenze leggendarie della
cultura contemporanea, non era noto tuttavia al
grande pubblico. Nellintento di promuoverne
la conoscenza e di valorizzarlo adeguatamente,
stata realizzata nella primavera del 2009 in colla-
borazione con il FAI una mostra nella quale sono
state presentate le carte nautiche appartenenti alla
Biblioteca Palatina, comprese le due carte, una di
Matteo Griusco (Ms. parm. 1617) e una di Diogo
Homem (Ms. pal. 0), trascurate dal Frabetti.
Grazie a un felice connubbio tra risorse nanziarie
pubbliche e private, con la direzione della scriven-
te, con competenza quasi trentennale nel campo
del restauro, e la professionalit di un laboratorio
esterno, al quale stata adata lesecuzione dei
lavori (lo Studio Paolo Crisostomi di Roma), si
realizzato il risanamento dellintera raccolta con
ladozione di soluzioni conservative innovative.
Dieci carte nautiche (Mss. parm. 1612-1621) -
gurano entrate nella Bibliotheca parmensis nel pri-
mo periodo della sua istituzione con Paolo Maria
Paciaudi (1710-1785), successivamente le altre:
una ancora nel 1837 apparteneva al Marchese
Francesco Albergati Capacelli (Ms. parm. 1624),
mentre la carta di Homem fu acquisita con linte-
ro Fondo Palatino dei Borbone Parma nel 1865,
ma persosi lantico numero di inventario (Pal. 40),
fu elencata tra i cimeli con nuova segnatura. Tutte
le carte nautiche del nucleo originale, nellintento
di preservarle meglio, furono adate da Paciaudi
a Louis Antoine Lafert, legatore di corte, che le
organizz, quelle singole, ripiegandole in due o
tre e incollandole a cartoni in cartelle ricoperte
in cuoio marezzato, mentre quelle multiple degli
atlanti le ripieg in due e le incoll met delluna
alla met dellaltra, verso contro verso, con le pri-
me e ultime met utilizzate spesso come contro-
guardie, in una struttura a libro, con uguale co-
perta; solo per lAtlante nautico di Aloisio Cesani
(Ms. parm. 1616) fu mantenuta la legatura ori-
ginale in marocchino rosso con super libros della
famiglia Gonzaga; su tutti i piatti anteriori venne
impresso in oro il super libros della Biblioteca con
LE CARTE NAUTICHE DELLA BIBLIOTECA PALATINA DI PARMA:
UN PIANO STRATEGICO DI RESTAURO
Silvana Gorreri
01. Il Ms. parm. 1618 nella fase di distacco
54 54 Li cairi xauricui oiiia Biniiorica Paiarixa oi Paixa:
ux iiaxo sriaricico oi iisrauio
55 55 S G
02. Il Ms. parm. 1618 restaurato
i tre gigli borbonici. Dei successivi acquisti, due
rimasero arrotolate (Mss. parm. 1622-1623), una
(Ms. parm. 1624) conserv la struttura a libro
con coperta coeva su assi decorati a secco, mentre
la carta di Homem rimase appesa in cornice per
oltre centanni ad una parete della stanza adibita
a Direzione.
Ancora nel 1907 testimoniato che la Carta nau-
tica di Francesco e Domenico Pizigano del 1367
(Ms. parm. 1612) conservava lassetto settecen-
tesco, ma negli anni a seguire fu la sola ad esse-
re staccata dai cartoni della grande cartella e ad
essere conservata arrotolata in un grosso cilindro
in cartone; nel 2007 fu oggetto di un importante
intervento di restauro, del quale si dato conto
nelledizione ministeriale di Restaura di quellan-
no a Venezia.
Un esame della situazione nella sua globalit
palesava che non era idonea n la sistemazio-
ne settecentesca a cartella o a libro, che aveva
determinato lacerazioni nelle linee di piegatura
delle tavole, parziale distacco della pergamena
dai cartoni, e a volte grossi strappi per leccessiva
tensione meccanica conseguente allapertura dei
lembi ripiegati, gore da colla e generalizzate ero-
sioni da anobidi, acidit da tannino nei punti di
rimbocco della pelle della coperta; n oriva ga-
ranzia di migliore stoccaggio il condizionamento
a volumen: tagli, strappi e lacune marginali per
movimentazioni meccaniche, erosioni da rodito-
re, ondulazioni del supporto diventato nel tem-
po oltremodo rigido e srotolabile con dicolt,
cadute o trasferimenti di colore per le abrasioni
prodotte dalle mani nello srotolamento e per le
sollecitazioni meccaniche conseguenti alla posi-
zione srotolata forzata nella consultazione.
Era necessario intervenire quindi al loro restauro
realizzato con il distacco dai cartoni di tutte le ta-
vole, e a seguire test di solubilit e ssaggio, am-
morbidimento, distensione su telaio con barre
magnetiche, asciugatura a temperatura ambiente
e risarcimento delle lacune; ma cruciale a livello
progettuale era soprattutto adottare una corretta
metodologia di conservazione; si optava per una
sistemazione delle varie tavole sciolte e distese
singolarmente in cartelline in carta Barriera Ja-
pico con riserva alcalina; per il mantenimento
di ogni unit bibliograca con lallestimento di
una cartella in tela Bukram verde per le carte
nautiche singole comprensiva anche delle loro
legature, se preesistenti; con lesecuzione di una
custodia rigida, sempre in tela Buckram verde,
caratterizzante lintera raccolta, a contenimento
di tavole e vecchia coperta per le strutture a li-
bro: una metodologia di conservazione che evita
forzature di apertura nella consultazione e che
favorisce la visione contemporanea delle tavole
degli atlanti, senza perdita di informazioni sul
pregresso.
Questa soluzione, frutto di una lunga meditazione
progettuale, stata corroborata da uneccezionale
e imprevista scoperta: tra le tavole incollate luna
allaltra dellAtlante nautico di Aloisio Cesani (Ms.
parm. 1616) sono stati rinvenuti ulteriori quattro
fogli cartacei con il disegno a penna dei contorni
costieri tracciato nella fase di preparazione delle
carte nautiche stesse, lavoro propedeutico alla
loro realizzazione del quale si conservano poche
testimonianze e che fanno luce sulla metodologia
adottata, in questo caso a ricalco e non a spolvero,
altra tecnica utilizzata.
56
INTRODUZI ONE
I
lavori di restauro al Palazzo Ducale di Par-
ma (noto anche come Palazzo del Giar-
dino), sono iniziati nel novembre 2007,
grazie ad un nanziamento straordinario
del Ministero per i Beni e le Attivit Cul-
turali, nellambito della Programmazione Lotto
del triennio 2004-2006 di cui alla Legge n. 662
del 1996.
Lintervento curato dalla Direzione regionale
per i beni e le attivit culturali dellEmilia-Ro-
magna e diretto dalla Soprintendenza per i beni
architettonici e paesaggistici di Parma.
I lavori sono stati aggiudicati mediante selezio-
ne con procedura aperta a cui hanno partecipa-
to circa 60 ditte. Il consorzio CIPEA, vincitore
dellappalto, ha poi indicato quale Impresa con-
sorziata, esecutrice dei lavori, la Idroter con sede
in S. Lazzaro di Savena (BO).
Limporto complessivo del progetto di restauro
ammonta a circa 750.000,00 euro, distribuito
su due annualit nanziarie (2004 e 2006), con
interventi che inizialmente avrebbero interessato
la facciata sud, latrio a piano terra, lo scalone
donore, e le salette poste a nord del piano terra.
Lorganizzazione e le dimensioni artigianali della
ditta esecutrice dei restauri pittorici ha permesso
il mantenimento di un buon livello di qualit.
Nel campo del restauro, infatti, com noto, la
necessit di tener conto anche di problematiche
storiche, artistiche, estetiche, oltre che, natural-
mente, di quelle tecnologiche, nonch del fatto
che la valutazione dei possibili eetti futuri di
un intervento vada dilatata nel tempo, impone
di seguire alcuni principi operativi (quali quel-
lo di reversibilit, di compatibilit e di minimo
intervento), che non hanno equivalenza in altri
settori, anche se tecnologicamente pi avanzati.
Spesso, purtroppo, i soggetti concessionari di
grandi opere di restauro, sembrano privilegiare
un atteggiamento produttivistico, a scapito del
raggiungimento di un livello minimale di quali-
t, che un fattore essenziale per il buon anda-
mento del cantiere di restauro.
Gli interventi di descialbo, eettuati nelle sa-
lette a piano terra, hanno rivelato la presenza di
importanti areschi e, come quasi tutti i cantie-
ri di restauro che si rispettino, anche quello in
questione si sta rivelando una preziosa fonte di
informazioni sia di carattere storico che tecnico,
riferibili talvolta non soltanto al monumento og-
getto di restauro ma, pi in generale, alla storia
dellarte e alle caratteristiche costruttive e decora-
tive dellepoca in questione.
Daccordo con il progettista e direttore dei la-
vori, dopo aver vericato che alcune lavorazioni
previste nel progetto iniziale non rivestivano ca-
rattere durgenza, si deciso di intervenire con
una variante in corso dopera e un contestuale
recupero del ribasso dasta, per poter meglio ri-
denire, fra le altre, il restauro delle due salette
arescate.
Successivamente, a lavori quasi ultimati, attin-
gendo alle somme a disposizione (poche ma suf-
cienti) del quadro economico dellintervento,
si deciso di operare sulle pavimentazioni dei
due ambienti, al ne di eliminare i dislivelli che
si erano creati nelle manomissioni precedenti e
per ridare unitariet alle due salette, vere e pro-
prie proiezioni anticipatrici del paesaggio circo-
stante.
INEDITI DAL RESTAURO:
PAESAGGI DIPINTI NEL PALAZZO DEL GIARDINO DI PARMA
Corrado Azzollini, Luciano Serchia
* Paolo Ponzoni, Pianta di Parma, 1572, particolare
58 58 Ixioiri oai iisrauio:
iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa
Lattenzione e la costante dedizione, dimostrate dal
direttore dei lavori e dai restauratori, hanno reso pos-
sibile la restituzione, nel grande ambiente occupato
dallo scalone monumentale, di emozionanti atmo-
sfere celate sotto incauti interventi ottocenteschi.
Nel cantiere in questione, vero e proprio cantiere
di progetto, grazie alle possibilit oerte dallat-
tuale normativa sui lavori pubblici, in particolare
gli articoli riguardanti il settore dei beni culturali,
si potuto aggiornare il progetto, modicandolo
giorno dopo giorno, scoperta dopo scoperta.
Corrado Azzollini
01. Paolo Ponzoni, Pianta di Parma, 1572, particolare con il giardino e il castello
59 59 Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia
IL CONTESTO: PAESAGGI DIPINTI NELLA DELIZIA DEL
DUCA OTTAVIO FARNESE
I restauri diretti da chi scrive e tuttora in corso nel-
la cinquecentesca residenza del Giardino di Parma,
voluta dal duca Ottavio Farnese (1524-1586) che
nel 1561, allindomani del raggiunto equilibrio
politico, economico e nanziario conseguente
alla pace europea di Cateau Cambrsis, acquist
i terreni circostanti lantico castello e ne ad il
progetto a Vignola, hanno portato alla luce inte-
ressanti areschi con paesaggi in due sale al piano
terreno.
Non sono ancora del tutto chiare le vicende co-
struttive della delizia farnesiana ultra umen, nota
anche come Palazzo del Giardino, visibilmente mo-
numentale nella sua magnicenza, il cui ideatore,
il duca Ottavio di concerto con il fratello, il gran
cardinale Alessandro (1520-1589), vi ha trasferito
la cultura del Rinascimento e lideologia della vil-
la sviluppatasi nella Roma successiva al Sacco del
1527, ma gi codicata nella trattatistica e nella
pratica architettoniche rinascimentali. Il riferimen-
to a villa Giulia, nel cui cantiere documentato
Vignola, apprezzato architetto dei Farnese a Capra-
rola, a Parma e a Piacenza.
Senza entrare nel merito delle vicende del cantiere
farnesiano, la cui complessit e durata si evincono
dallo spoglio dei Mastri Farnesiani, e della cultu-
ra romana che sostanzia linvenzione della celebre
fontana in costruzione nel 1569 (e oggi scompar-
sa), sottolineo limportanza del disegno del palaz-
zo, di pianta approssimativamente quadrata, ra-
gurato entro un quadrilatero bastionato, ma mai
realizzato, nella notissima pianta di Parma incisa
dal piacentino Paolo Ponzoni (1572). La pianta
la prima a registrare la nuova forma urbis, forte-
mente caratterizzata dallampio settore farnesiano,
ossia dal castello e dal giardino, nelloltretorrente,
nella parte nord occidentale della citt. Rispetto
alliconograa precedente, nuovo anche il punto
di vista settentrionale. Esso rispecchia la volont di
enfatizzare il settore farnesiano del Giardino, ter-
mine con il quale, nei documenti, spesso si usava
riassumere lintero sistema palazzo-giardino.
Il palazzo ritorna, con buona attendibilit, ma
con sensibili varianti, nella mappa che Smeraldo
Smeraldi, ingegnere ducale, esegue nel 1592. Il
palazzo, che vi compare con lannessa fontana,
pare gi ampliato verso i lati e sul retro.
Le decorazioni connotano le due sale terrene (sala est
e sala ovest) come vere e proprie stanze-paese ante-
litteram, poich la narrazione dipinta oltre a propor-
re unariosa ambientazione naturalistica nella dilata-
zione del campo visivo, con luminosi paesaggi dagli
orizzonti lontani, coinvolge lo spazio, distendendosi
dalle volte a botte alle pareti con una rappresentazio-
ne continua, rivestendo completamente la supercie
muraria scandita in parte anche da elementi archi-
tettonici dipinti intorno alle porte di accesso.
Il tema della stanza paese, ossia il giardino in una
stanza, cui si dedicheranno, con esiti di indiscus-
sa qualit, numerosi pittori sul volgere del Sette-
cento, ha per una antica tradizione e origini re-
mote nella cultura romana, non senza riferimenti
espliciti nel trattato di Vitruvio. Il teorico dellet
augustea suggeriva di dipingere porti, promonto-
ri, spiagge, umi, fonti, rocce, villaggi, monti....
Paesaggi uviali con una sapiente esecuzione delle
architetture e della verit botanica della vegetazio-
ne, sono quelli dipinti sulle pareti della sala sud est
del Palazzo Ducale del Giardino.
Particolarmente interessante limpaginazione
dello spazio condotta sulla parete verso lingresso
principale della sala: qui la trama disegnativa e lo
60 60
stesso programma iconograco denunciano unin-
venzione colta e ricercata in cui il paesaggio non
citazione erudita o divagazione fantastica. Tema
ancora raro, condotto su modelli di cultura gu-
rativa che coniugano suggestioni amminghe a
elementi di cultura decorativa di ambito romano.
Dagli areschi recuperati si evince che il paesaggio
si sviluppava maestosamente sulla volta, su tut-
te quattro le pareti e, su quella fra le due nestre,
con invenzioni di seducente bellezza. Il pittore ha
infatti impaginato la scena con un unico, arioso
paesaggio, attraversato da un ume e popolato da
alberi in un lussureggiante giardino, nellesibita,
implicita celebrazione della natura e dellacqua, ar-
ricchendola con inserti architettonici, con cavalli
e popolandone il cielo con volatili dai colori ac-
cesi. A due successivi interventi, cronologicamente
scalati nel XVII e nel XVIII secolo, si devono le
decorazioni emerse sugli sguinci delle nestre, in
origine pi piccole di quelle attuali, sia nella sala
sud est, o Camera degli Uccelli, sia in quella sud
ovest, o Camera delle architetture dipinte.
02. Parma, palazzo Ducale, particolare della decorazione della volta della Camera degli uccelli (sala est)
Ixioiri oai iisrauio:
iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa
61 61
Si tratta di un fregio di verdi racemi che si intrec-
ciano scivolando lungo la parete e di un pi artico-
lato fregio a volute, interrotte da grandi medaglie
che, sullarchitrave, simulano uno sfondato archi-
tettonico. Il Palazzo del Giardino stato infatti
interessato da interventi di ristrutturazione riferi-
bili a due dierenti ambiti cronologici. La prima,
profonda modica della delizia farnesiana avvenne
verosimilmente entro gli anni ottanta del Seicen-
to. A questa fase risale lintervento decorativo sugli
sguinci delle nestre. Il duca Ranuccio II Farnese
fu responsabile di signicative trasformazioni nel
giardino e nella residenza suburbana di la dallac-
qua, dopo il relativo disinteresse per gli interventi
architettonici manifestato da suo padre Odoardo.
Sono invece riconducibili alla fase settecentesca post
farnesiana e allepoca dellarchitetto di corte E. Ale-
xandre Petitot, altri lavori, avvenuti intorno al 1767,
in seguito ai quali sono state ulteriormente amplia-
te le nestre degli ambienti terreni e occultati sia le
pitture di paesaggio sulle pareti sia ci che restava
dellappartato decorativo seicentesco sugli sguinci.
03. Parma, palazzo Ducale, Camera degli uccelli, particolare della parete
Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia
62 62
Allinterno dellantica dimora farnesiana che n
dallorigine era al centro di una estesa area di orti,
poi trasformati in sontuoso giardino, e che le te-
stimonianze documentarie ricordano con i ter-
mini di castello e di fontana, la decorazione
cinquecentesca, tra articio e natura, delle sale
terrene e di altri ambienti, mirava alla gradevole
fusione di esterno e interno, giardino e residenza,
con riferimenti anche allelemento idrico.
La villa suburbana di Ottavio Farnese, circonda-
ta da un ampio giardino, ospit un articolato e
ranato cantiere pittorico allinterno del quale
operarono protagonisti e comprimari della scuola
bolognese e artisti attenti alla tradizione parmen-
se di eleganza e vaghezza di forme di memoria
parmigianinesca.
Nel 1601, il cronista e poeta Francesco Maria
Violardo, ricorda alcune stanze meraviglio-
samente depinte dal Mirola e principalmente
duna rovina che opera stupenda in pittura. Si
tratta del bolognese Girolamo Mirola (1535/40-
1570), pittore nonch gi collaboratore, a Bolo-
gna (1552-1553), di Pellegrino Tibaldi (1527-
1596) nella cappella Gozzadini della chiesa dei
Servi. A contatto con i Farnese dal 1557, Mirola
pittore regolarmente stipendiato dal duca Ot-
tavio Farnese dal 3 aprile 1561 no alla morte
(1570). Una precedente, autorevole testimo-
04. Parma, palazzo Ducale, Camera delle architetture dipinte (sala ovest), decorazione sugli sguinci della nestra
Ixioiri oai iisrauio:
iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa
63 63
nianza relativa alla sua presenza nel cantiere del
Palazzo del Giardino quella di Giorgio Vasa-
ri. Lo storiografo aretino, in visita a Parma nel
1566, ricorda anche che Girolamo Mirola aveva
dipinto a fresco molte storie in un palazzotto che
ha fatto fare il () signor duca nel castello di
Parma. Dalla recente ricostruzione cronologica
e documentaria Mirola si congura come il vero
responsabile del cantiere della decorazione, con
un ruolo di indiscusso prestigio, ideatore dellim-
paginazione pittorica di un numero maggiore di
stanze, oltre la Sala dellAriosto e quella del Ba-
cio, o del Boiardo, al primo piano. Allo stesso
artista stata attribuita la stanza della Rovina,
dipinta nel 1563, verosimilmente aancato da
Jacopo Zanguidi, detto il Bertoja (1544-1573?),
cui sono state ricondotte larescatura della sala
di Perseo e quella della sala del Paesaggio (1571),
al piano nobile sul lato sud occidentale del Pa-
lazzo. La stanza della Rovina una delle nume-
rose sale del piano nobile ricordate dallarchitet-
to svedese Nicodemus Tessin che nel 1687-1688
descriveva compiaciuto le stanze ornate dagli af-
freschi ispirati ai poemi di Ariosto e di Boiardo,
ricordando anche unampia loggia, alta, intera-
mente coperta a volte ove Giovanni Fiammingo
aveva dipinto grandi paesaggi con taluni palazzi
[]e alberi che svettano attraverso lintera vol-
ta. Oltre alla loggia ricorda una sala chiamata
Stanza della Ruina perch gli stucchi si presenta-
no come fossero rotti e rovinati.
Nel Palazzo del Giardino aveva dipinto anche un
altro artista, linfaticabile frescante attivo nei ca-
stelli di Torrechiara, Soragna e S. Secondo: Cesare
Baglione (Bologna, 1550 c.-Parma,1613), stipen-
diato sso del duca a partire dal 1574 di cui Cesare
Malvasia, suo biografo, ricorda labilit nellimitare
i paesaggi dipinti dai amminghi. Di Baglione, at-
tivo al piano terreno del Palazzo Ducale del Giar-
dino ove gli spazi di servizio, quali cucine e lavan-
derie, erano ambienti consoni ad ospitare soggetti
meno aulici, si conservano i sotti arescati in tre
sale, con prospettive, sfondati, fregi e animali. Sono
elementi propri del repertorio di questo fecondo
frescante che aveva meritato lelogio di Malvasia.
un viaggiatore inglese, Richard Symonds, in visi-
ta al Palazzo del Giardino nel settembre 1651 che
ricorda, ammirato, il Camerino del Vento del Ba-
glione. Puttini che soano, emergono dal restauro,
tuttora in corso, nella sala terrena sud ovest, le cui
pareti conservano ampie tracce di paesaggi e precise
testimonianze di lussureggianti alberature. Queste
decorazioni, venute alla luce dopo labbattimento
di una parete che impropriamente divideva in due
parti distinte la sala sud ovest del Palazzo del Giar-
dino, invadono interamente la supercie muraria.
Si tratta di unacquisizione di indubbia rilevanza
scientica. Anche in questo caso, come nella sala
sud est, le ragurazioni naturalistiche non costitu-
iscono lo sfondo di scene di soggetto storico, lette-
rario e/o mitologico, nelle quali i veri protagonisti
sono le gure umane. Il paesaggio non subordina-
to o parte integrante della scena principale. esso
stesso protagonista. Il cielo solcato da soci nubi,
i bellissimi uccelli in volo presenti in entrambe le
sale, le architetture e gli specchi dacqua oltre alle
fronde leggere degli alberi resi con pennellate di
tocco, sono del tutto confacenti a un luogo di de-
lizia, e in linea con quanto suggeriva Leon Battista
Alberti. In particolare, le pareti della sala sud ovest,
tra volatili, vegetazione e architetture si spalancano
su ariose vedute inondate da ampi spettri di luce di
straordinaria modernit. Il richiamo al nord sembra
ineluttabile nella tematica, negli aspetti spaziali e
Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia
64 64
nei particolari, e sollecitano a ripensare alcune del-
le lunette arescate provenienti dalla rocca Boiardo
di Scandiano, considerati i primi paesaggi cono-
sciuti di Nicol dellAbate, intorno al 1540 circa.
La concezione dello spazio, articolato in primo o
in secondo piano da alberi con fogliame di fattura
sottile, le piccole architetture sullo sfondo, proprio
come quelle dipinte nella sala sud est del Palazzo
di Parma sono, bench non esclusivamente, propri
della pittura amminga. E rapporti con la pittura di
paesaggio nordica sono rintracciabili, sulla met del
Cinquecento, nel fregio della sala dei Paesaggi di Pa-
lazzo Poggi a Bologna (1550-1552). La conoscenza
della cultura nordica sostanziata dalla rilettura della
pittura di Nicol dellAbate, si evince anche nei bel-
lissimi fregi con paesaggi in una sala della palazzina
adiacente Palazzo Vitelli a S. Egidio, restituiti a Ce-
sare Baglione e datati 1565-1570 c.
Il paesaggio recuperato sulla volta e i lacerti visi-
bili sulle pareti della sala sud ovest del Palazzo del
Giardino, ancorch non brani di un paesaggio re-
ale e inequivocabilmente identicabile, le puntuali
citazioni di architetture oltre gli speroni di roccia
presenti nella sala sud est che dominano la pianura
solcata da un corso dacqua, le tonalit del cielo,
il disegno dei volatili e, soprattutto, limportanza
conferita allarchitettura dipinta intorno alle porte
di accesso, funzionale a suggerire la piena integra-
05. Parma, palazzo Ducale, Camera delle architetture dipinte, particolare
Ixioiri oai iisrauio:
iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa
65 65
zione fra interno e giardino esterno, attingono a un
repertorio di sfondi classici e amminghi.
Gli elementi architettonici dipinti, che lartista
inserisce con maggiore evidenza in questa sala, se-
condo quanto gi emerso dal restauro, rimandano
ad un vocabolario classico, come bene si evince
dallarchitrave dalla quale si aaccia un putto gio-
ioso, cos come il frammento di cornice centinata
ben visibile vicino alla nestra.
La qualit e la sapienza descrittiva con le quali
lartista ha reso sia le fronde degli alberi mosse dal
vento, ottenute con un gioco di tocchi leggeri, la
luminosit del cielo nel quale volano uccelli va-
riopinti, gli inserti architettonici ben visibili sulla
parete sulla quale si riconosce anche il disegno di
una recinzione con inserti oreali, ed altre trac-
ce di decorativismo architettonico illusionistico
connotano questi ambienti, nonostante le lacune,
nella complessit della narrazione, con il prestigio
e lappeal di una decorazione preziosa ed esclusi-
va. I restauri confermano la sfolgorante bellezza
di questi paesaggi che avevano ammagliato i viag-
giatori stranieri in visita a Parma ben prima del-
le ampie ristrutturazioni condotte dallarchitetto
E. Alexandre Petitot, per Ferdinando di Borbone
(1751-1802), nella seconda met del Settecento.
CONSIDERAZIONI SULLA CULTURA E SULLA PITTURA DI
PAESAGGIO
In Italia gli umanisti relegavano il genere pae-
saggistico a un ruolo secondario, a parerga, ossia
accessori, secondo il termine, mutuato da Plinio,
che Paolo Giovio utilizza per Dosso Dossi.
La pittura di paesaggio, ad opera di specialisti nor-
dici o di pittori versatili, era comparsa nella orna-
mentazione di spazi sacri, a conferma del successo
di questo genere in ambito manierista.
In attesa che ulteriori approfondimenti possa-
no meglio denire le coordinate geograche e
temporali, oltre che di cultura artistica, nonch
la sionomia dellartista o degli artisti attivi nel
Palazzo del Giardino, ritengo si possano avanzare
alcune ipotesi di lavoro.
La cultura e la tecnica pittorica che supportano
queste decorazioni sembrerebbero riconducibili
ad un contesto nord italiano, se non addirittura
ammingo, e ad un arco cronologico intorno alla
met del Cinquecento, quello stesso cui apparten-
gono Lambert Sustris, autore delle marine e degli
ariosi paesaggi nella villa dei Vescovi, a Luvigliano
(Padova) e Cornelis Loots, ammingo attivo per i
Farnese e ben inserito nellambiente romano degli
anni sessanta del Cinquecento.
Le piccole architetture e il paesaggio dipinto nel-
la sala sud est del Palazzo del Giardino di Parma
potrebbero forse essere indagate a confronto con
quelle dipinte da Girolamo Mirola sulla volta della
Sala del Bacio (1561-1563) al piano nobile dello
stesso Palazzo. La Sala del Bacio e la Sala dellArio-
sto sono infatti le due stanze del nucleo centrale del
palazzo non interessate dai rifacimenti settecente-
schi. Le note decorazioni di questi due ambienti
costituiscono allegorie dal preciso signicato, e il
travestimento letterario funzionale a dilettare e
istruire, secondo precetti di oraziana memoria (ut
pictura poesis). Ci nonostante, la componente na-
turalistica e gli sfondi paesaggistici, sulla volta e
lungo le pareti, hanno grande importanza nellite-
rato rimando e nellelogio dellacqua e del giardi-
no. Anche i paesaggi dipinti sulla volta della Sala
del Bacio sembrerebbero riconducibili ad artisti
amminghi, forse al pittore Cornelis Loots, e la
cronologia, ipotizzata da Meijer entro i primi anni
sessanta del Cinquecento, non solo avvalorerebbe
Coiiaoo Azzoiiixi, Luciaxo Siicuia
66 66
lintervento dellartista, ma rientrerebbe nella logi-
ca del cantiere farnesiano. Originario di Malines,
Loots documentato a Parma dallottobre 1563 al
novembre 1566 (Meijer 1988, p. 30 nota 41).
Del resto la presenza nei Paesi Bassi di Margherita
Farnese, moglie del duca Ottavio, in qualit di go-
vernatrice delle Fiandre dal 1559, favor larrivo a
Parma di artisti amminghi e di dipinti. Dallaprile
1575 documentato paesaggista di corte Jan Soens,
e dello stesso Giovanni Fiamengo si tramanda che
fossero anche gli areschi raguranti ampi pae-
saggi () con alberi () alla volta (Meijer 1988,
p.238) che ornavano il loggiato soprastante la fon-
tana di Giovanni Boscoli e nel vicino casino eretto
sopra la Porta di Santa Croce (De Grazia 1987).
I restauri della Camera degli uccelli (sala sud est) e
quelli della sala sud ovest del Palazzo hanno consen-
tito di recuperare ampie porzioni di areschi cinque-
centeschi e brani di decorazioni riferibili cronologi-
camente alla met, o poco oltre, del XVII secolo.
A seguito di questi lavori si aprono nuove prospetti-
ve. Il Palazzo del Giardino si congura come realt
architettonica unitaria, al cui interno tuttavia sono
documentati dalle fonti, e si individuano, tempi
e aspetti della vicenda architettonica e della deco-
razione dierenti per cronologia, per provenienza
geograca e ambito culturale degli artisti.
La decorazione delle sale terrene sud est e sud ovest,
verosimilmente opera di uno stesso frescante, ae-
risce al medesimo clima di cultura che ha prodotto
i pi noti e celebrati areschi con paesaggi visibili
al piano nobile del Palazzo. La luminosit degli af-
freschi appena riscoperti nelle due sale terrene, pri-
vi delle grottesche tipiche del repertorio decorativo
di Cesare Baglione, lesecuzione brillante e la viva-
ce cromia della vegetazione e dei volatili, la sedu-
cente bellezza di un paesaggio dilagante e i dettagli
studiati con cura, confermano la sapiente e colta
regia esecutiva di un artista, forse ammingo e ag-
giornato sulle novit che si andavano elaborando
nellambiente romano, la cui identit va ricercata
nellambito dei pittori che operarono nel Palazzo
intorno alla met del Cinquecento.
IL RESTAURO
Lintervento di restauro nella Camera degli Uccel-
li, o camera sud est, condotto da Felsina Restauri
srl, ha comportato in primo luogo la demolizione
del muro che divideva questo ambiente, premessa
necessaria alla rimozione dei vari strati di into-
naco e di colore che ricoprivano interamente gli
areschi. Dopo il consolidamento dellintradosso
con iniezioni di acqua di calce e primal diluito in
acqua, e linietto di ledan, si sono ssate le pitture
su un supporto pi solido. Il ssaggio del colore
stato realizzato con prodotti reversibili; le cam-
piture neutre nelle zone in cui laresco era del
tutto scomparso o sostituito da rattoppi di nuovo
intonaco, sono state eettuate con colori a base di
calce albazzana, mantenendo lo stesso livello tra
supercie dipinta e supercie neutra.
Nella Camera delle architetture dipinte, o sala
sud ovest, ove il restauro in fase di ultimazione,
lintervento stato preceduto dalla rimozione del-
la parete divisoria, dalla riapertura delloriginario
varco di comunicazione con la sala contigua con-
tornato da stipiti e architravi dipinti, e dallaspor-
tazione dellintonaco che ricopriva interamente le
pareti e gli areschi. Per la fase di consolidamento
la procedura e i materiali utilizzati sono gli stessi
di quelli impiegati nelloperazione condotta nella
Camera degli Uccelli (sala sud est).
Luciano Serchia
Ixioiri oai iisrauio:
iaisacci oiiixri xii Paiazzo oii Giaioixo oi Paixa
67 67 B
S. Bguin, Jan Soens paysagiste oubli, in Ould
Holland, 76, 1961, pp. 202-205.
S. Zamboni, Baglioni Cesare, in Dizionario Bio-
graco degli Italiani, vol.5, Roma 1963, pp. 186-
187.
A. Ottani Cavina, Il paesaggio di Nicol dellAbate,
in Paragone, 245, 1970.
E. Gombrich, Norma e forma, Torino, Einaudi,
1973, il capitolo La teoria dellarte nel Rinasci-
mento e lorigine del paesaggio, pp. 107-121.
A.W. Boschloo, Il fregio dipinto a Bologna da Ni-
col dellAbate ai Carracci 1550-1580, Bologna,
Alfa, 1984.
D. De Grazia, Un capolavoro sconosciuto di Jacopo
Bertoja nel Palazzo del giardino di Parma, in Bol-
lettino dArte, a.LXXII; s. VI, 1987, pp. 87-92.
B.W. Meijer, Parma e Bruxelles. Committenza e
collezionismo farnesiano alle due corti, Milano, Sil-
vana, 1988.
Sassuolo Ducale Palazzo, Genova, Sagep, 1988.
La Reggia di l da lacqua. Il giardino e il palazzo
dei duchi di Parma, a cura di G. Godi, Milano,
Franco Maria Ricci, 1991.
N. Dacos, Roma quanta fuit. Tre pittori ammin-
ghi nella Domus Aurea, Roma, Donzelli, 1995.
Fiamminghi a Roma,1508-1608. Artistes des Pays-
Bas et de la Principaut de Lige Rome pendant
la Renaissance, catalogo della mostra a cura di
N.Dacos, B.W. Meijer, Bruxelles-Roma 1995.
S. Bguin, Nicol dellAbate: favole, forme e pittu-
ra, in La pittura in Emilia e in Romagna. Il Cin-
quecento, II, Milano, Electa, 1996, pp. 114-168.
P. Giannattasio, Proposta per Cornelis Loots in Ita-
lia, in Prospettiva, 93-94, 1999, Omaggio a
Fiorella Sricchia Santoro, vol.II, pp. 44-59.
R. Venturelli, Girolamo Mirola artista della corte
farnesiana, in La corte farnesiana di Parma (1560-
1570). Programma artistico e identit culturale,
Roma, Bulzoni, 1999, pp. 123 ss.
La natura e il paesaggio nella pittura italiana, a
cura di P.L. De Vecchi, G. Vergani, Cinisello Bal-
samo, Pizzi, 2002.
N. Dacos, Paesaggistici nordici in Italia, in La pit-
tura di paesaggio in Italia. Il Seicento, a cura di L.
Trezzani, Milano, Electa, 2004, pp. 155-163.
Nicol dellAbate. Storie dipinte nella pittura del
Cinquecento tra Modena e Fontainebleau, catalogo
della mostra di Modena, a cura di S. Bguin, F.
Piccinini, Cinisello Balsamo, Pizzi, 2005.
C. Mambriani, Il giardino di Parma, Reggio Emi-
lia, Diabasis, 2006.
A. Zamperini, Le grottesche. Il sogno della pittu-
ra nella decorazione parietale, Venezia, Arsenale,
2007.
B. Adorni, Larchitettura a Parma sotto i primi Far-
nese 1545-1630, Reggio Emilia, Diabasis, 2008.
B. Adorni, Jacopo Barozzi da Vignola, Milano,
Electa, 2008.
68
Il restauro come opportunit di studio e approfondi-
mento del Duomo, iscritto nella lista del Patrimonio
Mondiale dellUmanit: analisi delle forme di de-
grado lapideo, acquisizione e mappatura dei litoti-
pi, approfondimento scientico sui restauri e le loro
interazioni con le metodologie odierne.
I
l Duomo di Modena, il monumento pi
insigne della citt, fra le massime espres-
sioni della cultura medievale e modello
esemplare dellarchitettura romanico-
padana, dal dicembre 1997, su richie-
sta della Soprintendenza per i beni architettoni-
ci e paesaggistici di Bologna, un bene protetto
dallUnesco.
infatti inserito, con esso la Ghirlandina e la
Piazza Grande, nella lista delle meraviglie uni-
versali da proteggere per i suoi caratteri di uni-
cit e di originalit nel contesto della scultura e
dellarchitettura romanica italiana, in un insieme
omogeneo e inscindibile di insediamento urbano
legato ai valori della civilt comunale, con il suo
peculiare intreccio di funzioni economiche, reli-
giose e civili.
Quindi un maggior prestigio internazionale, un
maggior credito presso gli organismi europei, un
nuovo veicolo attraverso il quale la citt turistica
potr trarre vantaggi. Liscrizione comunque un
impegno gravoso e impone obblighi conservativi
del bene pena leliminazione dallelenco dei beni
inseriti nel patrimonio mondiale dellUmanit.
Nellambito della salvaguardia e della promozione
del patrimonio culturale un obiettivo che le au-
torit responsabili del sito modenese intendono
perseguire, aderendo alle direttive dellUnesco,
lattuazione del Piano di Gestione redatto nel
2007 dal gruppo di lavoro composto da rappre-
sentanti della Direzione regionale per i beni cul-
turali e paesaggistici dellEmilia-Romagna, del
Comune di Modena, del Capitolo Metropolitano
del Duomo e delle Soprintendenze territoriali.
importante per, prima di entrare nel merito
del restauro in corso, osservare come gli interventi
realizzati a partire dalla ne dellOttocento abbia-
no in parte modicato loriginale stato chimico-
sico della materia. Fino a quel momento gli in-
terventi avevano avuto un carattere episodico ma
con listituzione dellUcio regionale per la con-
servazione dei monumenti dellEmilia, avvenuta
nel 1891, il restauro fu ricondotto nellambito di
una attivit programmata.
Tre sono stati i progetti che hanno visto realizzare
importanti interventi sulla facciata del Duomo.
Il Barberi inizi nel 1877 la stesura del program-
ma di restauro, per conto del Capitolo, con una
serie di progetti il primo dei quali fu sottoposto
alla Commissione Provinciale nel 1887 dopo una
sistematica ricerca sul Duomo durata 15 anni e tra-
dotta in massima parte in rilievi e studi graci.
Il Barberi nella sua relazione esponeva gli inter-
venti ritenuti pi urgenti: I due pinnacoli che
sinnalzano nel lato orientale e la grande rosa
della facciata principale essendo gravemente dan-
neggiati dalle ltrazioni dell acqua e dellazione
del gelo, abbisognano di riparazioni per evitare
il deperimento. Le linee del suo programma di
restauro individuavano le operazioni di ripristino
da anni sollecitate da artisti e architetti locali.
Il progetto di riparazione della facciata del Barbe-
ri fu valutato dal direttore dellUcio regionale
Raaele Faccioli per stabilire il grado di compati-
bilit con i criteri conservativi richiesti dal Mini-
IL DUOMO DI MODENA CAPOLAVORO DEL GENIO CREATORE UMANO
RESTAURO DEL PARAMENTO LAPIDEO
Graziella Polidori
01. Il Duomo di Modena dopo il restauro del 1893-94
70 70 Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo
iisrauio oii iaiaxixro iaiioio
stero della pubblica istruzione; lo stesso Faccioli
fece alcune riserve sullintervento di scrostatura
totale delle pareti della navata dove coesistevano
antiche pitture murali.
Solo nel 1891 venne dato corso ai lavori di re-
stauro ed il Ministero chiam lUcio regionale
ad occuparsi direttamente dei restauri del Duomo
in base al progetto del Barberi, rivisto successi-
vamente anche dal Genio Civile. Si intervenne
quindi sulla copertura con leliminazione dei
sopralzi in muratura protetti da coppi situati sui
salienti minori della facciata e con la copertura
delle cornici dentellate con fogli di rame oppor-
tunamente adattati. Gli interventi sulla facciata
interessarono le due nestrelle quadrilobate poste
sopra i portali laterali, la cui demolizione permise
di ritrovare la traccia delle antiche monofore alte
193 cm e larghe 26 cm.
Limportanza dei ritrovamenti convinse il Faccioli
ad attuare il ripristino delle monofore in una ver-
sione pi corta che non interferisse con i rilievi
della genesi.
I lavori poterono proseguire sino al 1893 con
la totale riparazione del rosone: la grande rosa
campionese di pietra fu ampiamente rappezza-
ta, in particolare nel semicerchio inferiore, con
nuovi blocchi di biancone di Verona tagliati e
torniti sul modello di quelli esistenti. A prote-
zione delle vetrate istoriate della raggiera furo-
no applicati i telai con rete che si conservano
ancora oggi.
Il paramento laterizio dei loggiati fu scrostato
dellintonaco imitante la pietra, mentre alcune
lastre del paramento di facciata, nascoste no a
quel momento da manifesti e annunci funerari,
vennero sostituite con nuove lastre di pietra di
Verona. (Fig. 1)
Negli anni a seguire no ai primi anni del No-
vecento furono intrapresi molti altri lavori come
lisolamento del Duomo e le demolizioni al suo
interno.
Unulteriore tornata di restauri venne promossa
dal progetto del Barbanti e da Tommaso Sandon-
nini, segretario del Comitato promotore per il re-
stauro del Duomo, che gi negli anni 1893-1894
aveva auspicato il recupero dei due leoni romani
sostituiti nel 1851 con copie dello scultore Luigi
Righi. Nonostante la richiesta presentata in quegli
anni dal Faccioli, i leoni stilofori, nel frattempo
trasferiti nel lapidario, vennero eettivamente ri-
collocati nel protiro della facciata solo nel 1923.
Lo stato incompleto dei due torrini, dovuto al
terremoto del 1671, port il Comitato ad aprire
una sottoscrizione per ricostruire, su progetto del
Barbanti, le edicolette cuspidate con otto colon-
ne che insistevano in origine su basi prismatiche.
Il progetto teneva conto delle ricerche darchivio
e delliconograa storica. Lapprovazione del Mi-
nistero venne emessa a condizione che venisse
utilizzata una pietra diversa dalle pietre istriane
e veronesi usate in Duomo. Fu usato cos il mar-
mo bianco bronzetto ma ci non ferm le critiche
successive. I capitelli a foglie delle colonnette e
tutte le modanature delle edicole furono giudi-
cate troppo nite e perci falsicanti da Gustavo
Giovannoni nel 1938.
Il ciclo di restauri che interessarono il Duomo
di Modena riprese, dopo la parentesi bellica, nel
corso degli anni Cinquanta, per la necessit di in-
terventi con opere di restauro per la salvaguardia
delle sculture e dei prospetti esterni, pi diretta-
mente minacciate dallazione di degrado. Pi tar-
di, nel 1968, lattenzione si spost sui fenomeni
di degrado localizzati in facciata e in particolare
71 71 G P
sui bassorilievi della Genesi che cominciavano a
dare segni di deperimento.
Dopo numerosi studi e convegni la Soprinten-
denza per i beni architettonici e paesaggistici di
Bologna predispose il progetto di restauro ma i
nanziamenti tardarono ad arrivare, tanto che si
ritenne opportuno installare un ponteggio a pro-
tezione della facciata. Proprio grazie a tale struttu-
ra fu possibile constatare il gravissimo stato di de-
grado in cui versava la grande rosa campionese, in
particolare il semicerchio inferiore, gi ricostruito
in epoca ottocentesca.
Il progetto di restauro della Soprintendenza pre-
vedeva tecniche di restauro adottate a quellepoca
ed in particolare la pulitura ed il trattamento con-
solidante, secondo modalit gi sperimentate in
altri importanti monumenti come ad esempio nel
Portale di Palazzo Schifanoia, nella facciata della
cattedrale di Ferrara, nei portali di San Marco a
Venezia e nel rivestimento lapideo della basilica di
San Petronio a Bologna.
Come consolidamento e protezione delle super-
ci esposte venne applicata a pennello una soluzio-
ne di resina paraloid dosata al 5% mescolata con
clorotene e diluente nitro con laggiunta dell1%
di silicone; una soluzione concentrata delle due
resine, rispettivamente 15% di paraloid e 5% di
silicone, venne applicata nelle piccole fessurazio-
ni no a riempimento; quale strato di nitura fu
eseguita una protezione a base di cera vergine di-
luita in soluzione al 10% in essenza di trementina
stesa a pennello.
Al riguardo il comitato di studiosi composto da
Cesare Brandi, da Cesare Gnudi e da Raaella
Rossi Manaresi del Centro per la conservazione
delle sculture allaperto di Bologna, convocati per
prendere visione dei rilievi del Wiligelmo, con-
venne di rimuovere lo strato ceroso steso sui rilie-
vi di Wiligelmo e di optare per la sola protezione,
analogamente a quanto fatto per San Petronio a
Bologna, a base di paraloid e silicone, perch la
patinatura a base di cera avrebbe provocato un ra-
pido scurimento.
Anche il Comitato di Settore del Ministero per
i beni e le attivit culturali, con la nota del 1979
che approva gli interventi per il Restauro della
Facciata del Duomo, ritiene che dovesse essere
evitata lapplicazione di cere perch attirano la
polvere.
La caduta di una porzione di materiale lapideo,
avvenuta nel 2005 in corrispondenza della cor-
nice dello spiovente destro del tetto della faccia-
ta, ha determinato lavvio, da parte della Soprin-
tendenza per i beni architettonici e paesaggistici
di Bologna, di una serie di indagini scientiche
sullo stato di conservazione delle strutture del
Duomo e del successivo intervento di consoli-
damento e restauro della facciata. Le indagini
petrograche, chimico-siche e la ricostruzione
storica degli eventi hanno permesso di sviluppa-
re lintervento di restauro sulla facciata e succes-
sivamente sul lato settentrionale, dove i lavori
sono potuti continuare con nanziamenti della
Fondazione Cassa di Risparmio di Modena. At-
tualmente (marzo 2009) stato avviato sempre a
cura della Soprintendenza per i beni architetto-
nici e paesaggistici di Bologna, il cantiere di re-
stauro del lato meridionale del Duomo, su piaz-
za Grande, del portale wiligelmico e dei portali
laterali della facciata.
Questo progetto prevede un dicile intervento
di pulitura dalle croste nere presenti su tutto il
lato della navata centrale, coerentemente a quan-
to eettuato sul lato nord, secondo le modalit
72 72
operative gi condivise con lIstituto superiore per
la conservazione e il restauro (Fig. 2).
Le metodologie del restauro e i materiali saranno
deniti solamente a seguito dei riscontri ottenuti
dalle analisi chimiche che hanno gi preannunciato
un elevatissimo fenomeno di solfatazione in atto sul
paramento lapideo interessato dalle croste nere.
Anche qui gli interventi da realizzare sul para-
mento lapideo, articolati nelle fasi canoniche di
pulitura, consolidamento ed eventuale protezio-
ne, saranno preceduti, come consuetudine, dalla
fase propedeutica di documentazione e di ricerca
e dalla realizzazione di mappature grache di lo-
calizzazione dei fenomeni di degrado.
Questa fase di documentazione e di ricerca, in re-
lazione ai lavori sulla facciata e sul lato settentrio-
nale, ha permesso di acquisire dati ad oggi scono-
sciuti mediante lo sviluppo di rilievi graci per
02. Lato sud interessato da croste nere
Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo
iisrauio oii iaiaxixro iaiioio
73 73
lidenticazione litotipica dei singoli elementi del
il paramento lapideo del Duomo. (Fig. 3)
I rilievi fotograci generali e particolareggiati
e la mappatura graca delle forme di degrado
hanno permesso inoltre di catalogare le varie
pietre in base alla natura dei processi degenera-
tivi riscontrati; insieme alle ricerche darchivio
tendenti a risalire agli eventuali trattamenti su-
biti in passato ed alle indagini chimico-siche
nalizzate alla caratterizzazione composizionale
dei prodotti del degrado ed al loro legame con
gli ultimi interventi di restauro, si ottenuta la
documentazione necessaria per sviluppare gli in-
terventi in atto.
A soli trentanni dallultimo intervento, si posso-
no osservare forme degenerative quali decoesioni,
erosioni, esfoliazioni, croste nere, dilavamenti e
alterazioni cromatiche.
03. Mappatura dei Litotipi a cura di Stefano Lugli (Universit degli studi di Modena e Reggio Emilia)
G P
74 74
Sono state individuate vaste zone lapidee ricostru-
ite con malte cementizie e stucchi sintetici ed aree
interessate da disomogenee patinature alterate e
viranti in gialli traslucidi, originate dalla polime-
rizzazione delle resine sintetiche e delle cere uti-
lizzate come protettivi. La cera si presenta come
un lm staccato dalla supercie, quindi non as-
sorbito mentre il paraloid totalmente assorbito
nelle zone pi protette ed visibile sottoforma di
variazioni cromatiche. (Fig. 4)
Il principale degrado riscontrato sulla facciata e
sul lato settentrionale era generato dalla mancanza
di traspirabilit da parte della pietra, che risultava
pi o meno accentuato a seconda della densit del
litotipo interessato. In particolare la ricostruzione
storica degli eventi ha permesso di appurare che
il lato settentrionale del Duomo era stato segnato
da numerose sostituzioni lapidee con elementi in
pietra tenera di Vicenza, a grana ne, a dierenza
della facciata caratterizzata per lo pi dalla stessa
pietra di Vicenza ma a grana grossa.
In occasione del sopralluogo eettuato dallIsti-
tuto superiore per la conservazione ed il restauro
sono emerse osservazioni interessanti in merito
allo stato conservativo del paramento lapideo pri-
ma dellattuale intervento.
Stranamente le parti protette della facciata e del
lato settentrionale, sia lisce che modellate (sotto
mensole e retro delle colonne), risultavano prive
di depositi coerenti e di croste nere, a dierenza
del paramento laterizio interno alle archeggiature.
(Fig. 5)
Il lato settentrionale su via Lanfranco fu oggetto
nel corso degli anni Settanta-Ottanta di una puli-
tura con impacchi AB57 per rimuovere il comple-
to annerimento testimoniato dalle foto scattate in
precedenza ma che non interess la parete della
navata centrale.
Lesame di queste due zone, interessate da vicen-
de conservative diverse, ha messo in evidenza che
la supercie lapidea restaurata negli anni Ottanta
ha avuto un intervento di restauro forse troppo
aggressivo, come emerge dalla scabrosit della su-
percie lapidea.
I riscontri ottenuti successivamente, con le inda-
gini scientiche eseguite proprio per lidentica-
zione dei processi di degrado in atto, hanno con-
fermato tale ipotesi. Infatti un prelievo eseguito
su una lastra di pietra di Vicenza caratterizzata da
supercie scabra con rigature e microcavit irre-
golari ha messo in evidenza un incipiente feno-
meno di solfatazione: la consistente concentrazio-
ne di solfati pari a 1,74% e la presenza di una alta
percentuale di ione ammonio sono imputabili
04. Il degrado presente sulla facciata
Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo
iisrauio oii iaiaxixro iaiioio
75 75
allutilizzo di una sostanza corrosiva che potrebbe
aver provocato una forte aggressione della pietra.
Ulteriori analisi stratigrache hanno messo in luce
la presenza in diverse zone del paramento lapideo
di una scialbatura a base di calce pigmentata stesa
anche al di sopra di residui di crosta nera, pro-
babilmente al ne di coprire alcuni risultati non
soddisfacenti della pulitura e di rendere omoge-
neo il risultato estetico nale.
Le campagne diagnostiche hanno inoltre confer-
mato la ricostruzione storica sui precedenti inter-
venti di restauro, riscontrando la presenza di resine
acriliche, in particolare di paraloid, una delle resi-
ne acriliche pi utilizzate tra gli anni Settanta e gli
anni Ottanta per operazioni di ssaggio e consoli-
damento dei materiali litoidi. Sono state esaminate
quindi tutte le patine osservabili sulla supercie,
sottoponendone i campioni prelevati allo studio al
microscopio elettronico a scansione, alla microana-
lisi chimica elementare, alla microsonda elettronica
in dispersione di energia e al FT/IR (microanalisi
spettrofotometrica allinfrarosso).
Tutte le patine sono formate da quantit variabili
di gesso e da ossalati, questultime derivanti dal
degrado di sostanze organiche proteiche utilizzate
in passato sia per la protezione superciale sia per
la stesura di scialbature a calce; i saggi immuno-
enzimatici hanno individuato in maniera diver-
sicata la presenza di caseina di capra, caseina di
vacca, colla di bue e di albume.
Nellimpossibilit, da parte del laboratorio, di se-
zionarle in stratigraa, si cercato di collocarle
nello spazio temporale in base alle notizie storiche
in nostro possesso.
Lalbume ritrovato sulle torrette da datare suc-
cessivamente al 1937, anno in cui i torrini furono
ricostruiti; la stessa sostanza proteica stata ritro-
vata sia sul rosone che sul rilievo di Wiligelmo,
probabilmente utilizzata come legante degli strati
pittorici e quindi di origine pi antica. La presen-
za della colla di bue signicativa nella zona bas-
sa dei contraorti in facciata, sostituiti intorno al
1924, e successivamente scialbati come riportato
nella ricostruzione storica delle edizioni Panini.
La presenza di una scialbatura a calce, ora com-
pletamente solfatata, stata riscontrata in alcuni
05. Particolare delle Loggette prima del restauro
G P
76
06. Il degrado del rosone in arenaria
07. Particolare del rosone prima del restauro
campioni di colore bianco-avorio ed in quelli di
colore giallo-aranciato a causa della presenza di
ocre, come nel campione prelevato dalla secon-
da metopa di facciata. Lultima patinatura delle
superci lapidee, documentata dalla ricostruzione
Panini, pu essere fatta risalire al restauro eseguito
nellimmediato dopo-guerra. Lutilizzo della casei-
na di capra, ritrovata in particolare sul prospetto
Nord nel corso dellintervento di restauro conclu-
sosi nel novembre del 1985 con le stesse modalit
tecniche adottate per la facciata, pu essere ascri-
vibile a tale fase di lavori. La presenza di resina
acrilica conferma lintento dellultimo intervento
di restauro degli anni 80 di impermeabilizzare le
superci. Al contrario che sulla facciata sul lato
nord, nessun prelievo ha mostrato la presenza di
cera microcristallina.
Ritornando ai processi di degrado riscontrati e
campionati durante la fase diagnostica, partico-
larmente grave si presentava lo stato conservati-
vo degli elementi in arenaria, in particolare del
rosone nel semicerchio inferiore completamente
ricostruito nellOttocento; questo tipo di arenaria
(denominato formazione di Pantano) ha subito
numerosi interventi di restauro che comunque
non sono riusciti ad arginare il problema. Lare-
naria si presentava con profonde spaccature, di-
sgregazioni e distacchi in corrispondenza delle
vecchie stuccature a base di resina sintetica, de-
laminazione del substrato e interi conci sollevati
senza pi continuit materica e presenza di piante
infestanti. (Figg. 6-7)
Il degrado materico in cui versava larenaria del
rosone ha reso indispensabile un lungo e metico-
loso intervento di consolidamento volto a ridare
al substrato incoerente la compattezza perduta,
con leliminazione delle resine sintetiche delle
Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo
iisrauio oii iaiaxixro iaiioio
77 77
malte non pi idonee e coerenti utilizzate negli
ultimi interventi.
A dierenza di molti interventi di restauro in-
dirizzati verso la ricostruzione di quei modanati
architettonici che per varie concause sono andati
perduti, si preferito non interferire ulteriormen-
te con malte riportate o con ricostruzioni arbi-
trarie.
Si scelto quindi di limitare lintervento alla sola
chiusura delle vie dinltrazione di acqua con mal-
te idonee con un accenno di modellato solo in al-
cune parti completamente degradate e di trattare
adeguatamente le zone con creste pericolose che
avrebbero potuto creare problemi di inltrazioni
dacqua. (Figg. 8-9)
Al restauro completo del rosone che ha riguar-
dato anche la parte interna del Duomo, ha fatto
seguito il dicile lavoro di restauro delle vetrate
istoriate quattrocentesche.
Le vetrate sono state smontate dalla struttura ob-
soleta che le conteneva, pulite dai depositi e dalle
incrostazioni di vecchie malte e siliconi, consoli-
date nella pellicola pittorica in supercie, ricollo-
cate nella posizione originaria tramite una nuova
griglia di contenimento in piombo. Sono state
eliminate le incongruenze storico-stilistiche cre-
ate dai precedenti restauri in particolare i tasselli
vitrei ricostruiti con resina e le tessere disposte a
caso senza un nesso stilistico-graco.
Di natura pi strutturale stato lintervento che
ha riguardato il cornicione in pietra di Vicenza
e le torrette sommitali. Il cornicione soggetto a
continue inltrazioni di acqua piovana stato an-
corato nelle parti disgregate (Fig. 10) e successiva-
mente ne stata migliorata la protezione superio-
re. Gli aggetti esterni (capitello del saliente) erano
stati ricostruiti con cemento grigio e sabbia grossa
08. Il rosone dopo il restauro
09. Particolare dopo il restauro
G P
78 78
ed erano stati ancorati allarenaria con perni let-
tati in acciaio di dimensioni spropositate rispetto
alla consistenza lapidea. Per evitare inoltre ulte-
riori cadute di materiale stata applicata una rete
metallica tassellata direttamente al capitello del
saliente.
Per quanto riguarda le torrette soggette a disgrega-
zione materica per la natura marmorea della pie-
tra utilizzata sono stati studiati dei rinforzi esterni
in acciaio inox per aiutare le colonnine e le lastre
superiori nella loro funzione strutturale. (Fig. 11)
Le foto mostrano la colonnina in marmo bron-
zetto del torrino di facciata e la colonnina in mar-
mo di Verona del torrino absidale ed evidenziano
forme di degrado simili molto preoccupanti con
fenomeni di fessurazione verticale e veri e propri
distacchi di parte del materiale.
Il restauro delle superci del paramento e degli orna-
ti ha previsto una prima fase di preconsolidamento
realizzata su quelle porzioni lapidee con avanzati fe-
nomeni di disgregazione, esfoliazione e scagliatura a
cui seguita la messa in sicurezza di scaglie, schegge
e frammenti di maggiori dimensioni. Le zone inte-
ressate da patine biologiche, concrezioni di muschi
e licheni, sono state trattate con soluzioni biocide
idonee scelte dopo lindividuazione dellagente pa-
togeno. Le stuccature eseguite con malte cementizie
che non assicuravano pi una perfetta chiusura del-
la lacuna sono state rimosse e sostituite con impasti
costituiti da calce idraulica esente da sali ed inerti a
granulometria e composizione variabile, a seconda
del litotipo da reintegrare.
I prodotti utilizzati per lattuale restauro sono
stati oggetto di unaccurata campagna di analisi
chimiche condotta sia in laboratorio sia in can-
tiere: in particolare stata vericata la capacit di
penetrazione nei diversi tipi di materiale lapideo
dei consolidanti, lassenza di variazioni cromati-
che dopo lapplicazione e la corretta esecuzione
della pulitura nel rispetto delle patine ad ossalati
e delle varie scialbature.
Sono stati utilizzati materiali conosciuti e impie-
gati nel campo del restauro da anni, i cui risultati 11. A sinistra, torrette absidali; a destra torrette lato ovest
10. Particolare del rosone disgregato
Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo
iisrauio oii iaiaxixro iaiioio
79 79
sono ancora oggi visibili su importanti monu-
menti, limitandone comunque lutilizzo in fun-
zione della reale necessit riscontrata dalle analisi
di laboratorio.
Di tutto lintervento di restauro sono stati svilup-
pati una serie di rilievi graci che riportano lesat-
ta localizzazione degli interventi con le speciche
chimiche dei materiali utilizzati e le relative sche-
de tecniche al ne di lasciare ai posteri tutta la
documentazione necessaria per futuri interventi.
A seguito delle lesioni riscontrate nella zona dei
matronei di facciata il Comitato Scientico del
Duomo, composto da docenti universitari e dai
rappresentanti dalla Soprintendenza di Bologna e
della Direzione Regionale, ha valutato gli oppor-
tuni interventi di consolidamento strutturale.
Su queste lesioni, (Fig. 12) presenti da tempo nella
zona dei matronei erano gi intervenuti in passato
(presumibilmente nellOttocento) con cuciture
in stae di ferro e resine naturali: un particola-
re interessante lanalisi eettuata su uno stucco
utilizzato per ladesione di un pezzo distaccato da
una colonnina, che ha rilevato lutilizzo di resina
colofonia.
Lintervento di consolidamento strutturale appe-
na ultimato ha previsto la posa di cerchiature di
acciaio in corrispondenza delle fratture nelle co-
lonnine e negli architravi e la posa di prolo di ac-
ciaio lungo il bordo del cornicione a doppia pelta
collegato alla muratura delle loggette con stae e
tiranti in acciaio. (Fig. 13)
Il tutto completamente nascosto dalla vecchia
copertina in piombo che stata riposizionata sui
matronei e stagnata nelle giunture.
Per vericare inoltre la struttura costruttiva del
Duomo sono state eseguite indagini video-endo-
scopiche sulla facciata che hanno portato a interes-
12. Particolare delle lesioni presenti nella zona matronei
13. Consolidamento strutturale
G P
80
santi scoperte ancora in fase di approfondimento;
al momento i prelievi, che hanno raggiunto una
profondit di 136 cm, sono stati eseguiti in tre se-
zioni del Duomo per determinarne la consisten-
za muraria: sulle arcature superiori dei matronei,
nella zona interna ai matronei in corrispondenza
del laterizio e prossimit degli archetti pensili.
Il primo dato interessante lo spessore del rivesti-
mento lapideo che, mentre nella zona delle arca-
14. Particolare delle lesioni sul anco nord
Ii ouoxo oi Mooixa caioiavoio oii cixio ciiaroii uxaxo
iisrauio oii iaiaxixro iaiioio
ture superiori varia da 13 a 36 cm, al di sotto dei
matronei diminuisce partendo da un minimo di
7 cm ed arrivando ad un massimo di 30 cm. La
muratura dietro al rivestimento lapideo in tutte e
tre le sezioni costituita da alternanze di mattoni
messe in piano e a coltello e giunti di malta di
dimensioni variabili.
Tra le mappature che si stanno realizzando di
notevole importanza quella del quadro fessurati-
81
15. Particolare delle lesioni sul anco nord
vo presente su tutti i prospetti del Duomo che
fornir informazioni pi dettagliate sulle proble-
matiche inerenti al fenomeno della subsidenza del
complesso costituito dal Duomo e dalla Ghirlan-
dina. (Fig. 14)
Il Comitato dovr arontare anche il tema della
salvaguardia del bene dal rischio sismico poich
noto che del nostro patrimonio culturale, quindi
anche del Duomo, sappiamo qualcosa sullo stato
di conservazione, ma quasi nulla sul modo di pre-
servarlo. A tale proposito lazione del Comitato
dovr mirare ad unadeguata attivit conoscitiva
della fabbrica del Duomo per garantirne la prote-
zione e la conservazione per ni di pubblica fru-
izione.
Per arontare questargomento sono di grande
aiuto le Linee Guida per la valutazione e riduzione
del rischio sismico del Patrimonio culturale denite
dal Ministero per i beni e le attivit culturali in
coerenza con lordinanza del Presidente del Con-
siglio dei Ministri del 12.11.2007 che consentono
di agire in modo metodologicamente corretto.
G P
SINTESI STORICO-CRITICA
A
ppartenente sin dalle sue antichis-
sime origini allordine dei Cano-
nici Regolari del SS. Salvatore,
poi acquisita al Demanio statale
nel 1866, la chiesa fu ricostruita
dapprima nel 1473-78 e poi tra il 1605 e il 1623
su progetto del milanese Giovanni Ambrogio
Mazenta, padre barnabita. Ne segu lesecuzione,
adattando il progetto originario di Mazenta alle
condizioni del luogo, il bolognese Tommaso Mar-
telli, indicato nei documenti come architetto della
nostra chiesa. La fama di Mazenta in quegli anni
confermata dallessere stato larchitetto prescel-
to dal capitolo della cattedrale bolognese di San
Pietro per il progetto di ricostruzione della preesi-
stente chiesa romanica, in continuit con lopera
di rinnovamento avviata con la realizzazione della
cappella maggiore di Domenico Tibaldi del 1570.
Si deve a Mazenta inoltre la chiesa di San Paolo
dellordine barnabita a cui apparteneva, sita nelle
vicinanze del SS. Salvatore, su via Barberia.
Le alterne e controverse vicende della realizzazione
seicentesca del SS. Salvatore seguirono in parallelo
quelle coeve della cattedrale bolognese, tanto che
la prima pu dirsi lalter ego della seconda, con la
dierenza che nel SS. Salvatore il compimento fu
perseguito in modo pi coerente ai propositi del
Mazenta, tanto da potersi considerare come il suo
capolavoro. N incisero pi di tanto sullidea spa-
ziale generale i successivi interventi (tranne quelli
moderni di cui si dir), fatto di per s eccezionale se
si considera quanto siano rari gli esempi dellepoca
che non hanno subito nel tempo, anche in modo
invadente, laggiunta di decorazioni ed ornamenti,
come avvenuto in molte chiese della Controrifor-
ma, che in origine ne erano prive.
I restauri eseguiti dalla Soprintendenza nel SS.
Salvatore hanno di fatto privilegiato laspetto delle
niture e coloriture chiare del primo Seicento che
sono state trattate come un aresco da riportare in
luce, operando una scelta selettiva su quelle suc-
cessive. Insieme ai lavori stata condotta linda-
gine storico documentaria, pervenendo a nuove
acquisizioni sul controverso dibattito che accom-
pagn la realizzazione, documentato nei carteggi
della fabbrica, che tra oppositori e fautori meglio
chiarisce lapporto originale di Mazenta e il sen-
so e il signicato di questa architettura
1
. stato
inoltre possibile ricostruire la sequenza dei lavori,
le fasi di preparazione e allestimento del cantiere,
gli accorgimenti per utilizzare quanto pi possibile
le muraglie preesistenti nuovamente sottofondate.
Nuove osservazioni, come si vedr, evidenziano la
particolare tecnica utilizzata nelle niture interne.
I riscontri iconograci restituiscono inoltre come
doveva essere il sagrato, rimosso nellOttocento,
che ne costituiva il podio sopraelevato.
Il SS. Salvatore appare solo in parte conforme al mo-
dello delle chiese della Controriforma, sul tipo del
Ges a Roma. Laula a sviluppo longitudinale alta
il doppio della larghezza, con tre cappelle sui due
lati; il transetto, compreso nel perimetro rettangola-
re del corpo della chiesa, coronato da una cupola
nascosta allesterno da un tiburio ottagonale (Ma-
zenta lavrebbe voluta estradossata e a collo lungo);
labside si presenta semicircolare allinterno e poli-
gonale allesterno. A partire da queste componen-
ti, similari a molte chiese congregazionali di quegli
anni, con signicative varianti Mazenta seppe eman-
RESTAURI DELLA CHIESA DEL SS. SALVATORE A BOLOGNA
Antonella Ranaldi
* Chiesa del SS. Salvatore a Bologna, linterno dopo i restauri
84 Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa
cipare lo schema di partenza, orientando la ricerca
verso inedite soluzioni. Innanzitutto vari il passo
delle tre campate dellaula, enfatizzando la campata
centrale resa pi larga rispetto alle altre e coperta a
crociera, dilatata nei due vani delle cappelle laterali
a tutta altezza, con nestroni che inondano di luce
diretta lambiente interno. Tale accorgimento con-
ferisce allaula longitudinale unidea di centralit,
creando inoltre unasse trasversale, a formare quasi
un secondo transetto (Fig. 1). Lidea risulta ancora
pi chiara nel disegno dellarticolata facciata lungo il
anco della chiesa. I due alti volumi, corrispondenti
al transetto e alla campata centrale, sono denunciati
allesterno duplicandone il disegno in modo specu-
lare, separati dai corpi pi bassi delle due campate
pi strette, alle quali si accompagnano le cappelle
laterali con le nestre a serliana, alternate a doppie
nte nestre rettangolari, secondo il ritmo bina-
01. Gio. Carlo Sicinio Galli Bibiena, chiesa del SS. Salvatore a Bologna, pianta (1752)
85 A R
raste e dellimpaginazione parietale (Fig. 2). A questa
sapiente e composta articolazione, si aggiungono le
spettacolari otto colonne libere che allinterno se-
gnano il passo delle campate dellaula, in luogo delle
pi tradizionali paraste o semicolonne. Mazenta svi-
luppa qui i presupposti di soluzioni appena enun-
ciate in San Salvatore in Lauro a Roma di Ottaviano
Mascherino, in San Fedele a Milano di Pellegrino
Tibaldi, nella cappella maggiore della cattedrale bo-
lognese di San Pietro di Domenico Tibaldi, in paral-
lelo al SantAlessandro milanese di Lorenzo Binago,
dove grandi colonne monolitiche in marmo rosso
furono poste nel 1623, in adiacenza dei pilastri sotto
la cupola, volgendo ad esiti di ricerche convergenti
che contraddistinguono il contributo degli architetti
barnabiti del tempo Binago e Mazenta.
Proprio le novit introdotte, la variazione del
passo delle campate dellaula, con quella centrale
02. Gio. Carlo Sicinio Galli Bibiena, chiesa del SS. Salvatore a Bologna, prospetto laterale (1752)
86
pi dilatata, e limpiego delle colonne libere, at-
tirarono le critiche del tempo, tanto che la chiesa
rischi di non essere portata a termine. Si voleva
da Roma cambiare il progetto a favore di uno pi
conforme alle chiese che, in quegli stessi anni, si
andavano realizzando nella citt della sede pon-
ticia. Le controverse vicende, che accompagna-
rono i momenti pi dicili nel corso dei lavori,
sono documentate nei carteggi e nelle missive
tra il priore del SS. Salvatore Alfonso Bavosi e
il canonico Candido Avanzi, mandato a Roma a
difendere la causa del progetto di Mazenta e la
prosecuzione dei lavori. La disputa che ne emerse
mette in luce il dibattito di quegli anni su temi
di squisita natura architettonica, a partire dalle
scelte compositive dellimpianto biassiale e del-
la colonna libera. Su questi temi si espressero a
proposito del SS. Salvatore i maggiori architetti
del tempo, Onorio Longhi e Carlo Maderno, il
primo insindacabilmente critico, il secondo pi
indulgente; le loro posizioni dimostrano quanto
le soluzioni del Mazenta, antesignane dei futuri
sviluppi, non fossero in quegli anni comprese a
pieno, e in una certa misura anche osteggiate.
Mazenta stesso, che nel frattempo aveva assunto
ruoli di maggiore responsabilit come genera-
le dellordine dei barnabiti, scese in campo per
controbattere alle critiche rivolte al suo proget-
to. E di questo, difese le proporzione, lordine
architettonico, il ricorso alle colonne libere, ar-
gomentando le sue scelte e dichiarando ancora
una volta, come aveva fatto nei suoi appunti au-
togra al disegno di progetto iniziale del 1605, i
propri modelli di riferimento, ripresi dallarchi-
tettura tardo imperiale romana della Basilica di
Massenzio, che si riteneva a quel tempo fosse il
Tempio della Pace, e delle Terme di Diocleziano,
che evidentemente Mazenta doveva conoscere
nellaspetto conferitogli da Michelangelo nel
mirabile e rispettoso adattamento della chiesa di
Santa Maria degli Angeli (Fig. 3). Nel SS. Salva-
tore si volle dunque ricreare, e la scelta di portare
le colonne fuori dai pilastri lo conferma, leetto
delle aule termali antiche, quali si potevano solo
immaginare, in uno spazio architettonico lumi-
noso e arioso, destinato alla liturgia religiosa.
Pur rifacendosi quindi ad uno schema ampiamente
diuso, Mazenta introdusse alcune signicative no-
vit nellarticolazione planimetrica e nellalzato del-
la navata, che resero il SS. Salvatore un modello ri-
prodotto in molte chiese emiliane
2
, per divenire poi
il punto di avvio delle sperimentazioni barocche sul
tema della pianta composita e della colonna libera,
che da l si svilupperanno a pieno e con eetti ben
pi scenograci. Tanto che pu rintracciarsi, come
riconosciuto da Wittkower
3
, una linea evolutiva che
dal SS. Salvatore di Mazenta porta alla realizzazione
della chiesa romana di Santa Maria in Campitelli
di Carlo Rainaldi. E al meglio delle sue qualit, la
chiesa venne apprezzata da numerosi e colti visita-
tori. Jean Mabillon a Bologna nel maggio del 1686
la deniva una splendida basilica, darchitettura
moderna. Filippo Juvarra, di passaggio a Bologna
nel 1716, ne riportava la pianta nel suo taccuino
4
.
Secondo Montesquieu, a Bologna nel 1729, la chie-
sa per larchitettura una delle pi belle di Bolo-
gna
5
. Charles De Brosses, appassionato cultore
delle antichit romane, a Bologna nel settembre del
1739, non esitava a denirla tra le chiese bolognesi
la pi bella chiesa di tutte paragonandola allanti-
ca architettura greca e romana
6
.
Seguirono da l a poco gli interventi settecen-
teschi. Dapprima nel 1744 venne nuovamente
pavimentato il sagrato che correva sui due lati
Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa
87
liberi della chiesa, davanti alla facciata e sul an-
co lungo la via delle Asse, dal mirabile disegno a
forme geometriche e stellari, documentato nella
pianta di Sicinio Galli Bibbiena, pubblicata da G.
G. Trombelli nel 1752 (Fig. 1). Dopo la caduta
di un fulmine il 15 giugno 1758, che danneggi
le coperture e le volte, si eseguirono nel 1759-60
consistenti restauri e vari abbellimenti interni. La
cronaca di Pedini riferisce che i restauri compiuti
dallabate Clemente Ambrosi, costati lire ottomi-
la, iniziarono il 2 luglio del 1759 e terminarono
il 10 settembre. Riguardarono la sagrestia, tutto
il coperto della chiesa e il tiburio, la facciata e il
anco della chiesa
7
. Nel 1760 i lavori prosegui-
rono allinterno, dove fu rifatto laltare maggiore
in marmo e in bronzo dorato, costato circa lire
ventimila, e rinnovate le dorature delle ancone in
legno delle cappelle. Nel transetto i lavori interes-
sarono anche le quattro cantorie che, riportate in
luce negli ultimi restauri, mostrano la nezza degli
ornati e degli stucchi in bianco e oro e le coloritu-
re a nto marmo azzurre e rosse. Il restauro termi-
n nel 1760 in occasione del capitolo tenutosi il
28 aprile, che port alla nomina del nuovo priore
del monastero Giovanni Grisostomo Trombelli.
Appassionato cultore delle arti, egli aveva gi de-
dicato alla chiesa approfondite ricerche pubblica-
te nelle Memorie istoriche del 1752, corredate
dalle belle incisioni di Sicinio Galli Bibbiena, che
illustrano la chiesa in pianta, sezione e prospetti
(Figg. 1-2)
8
.
Di altro tenore furono le vicende che interessaro-
no la chiesa dopo le consche napoleoniche e le
soppressioni post unitarie del 1866. Il complesso
abbaziale divenne da allora di propriet dema-
niale e la chiesa appartiene oggi al Fondo degli
edici di culto (FEC). Alla ne dellOttocento,
lIntendenza di Finanza esegu una nuova pavi-
mentazione in mattonelle esagonali di graniglia
di cemento, sovrapposta a quella preesistente in
ammattonato a spina di pesce, e nel 1899 fu ri-
tinteggiato linterno. Allinizio del Novecento, la
chiesa torn ad ospitare i canonici (divenuti dal
1823 canonici regolari lateranensi). Fu allora che
il nuovo rettore pose mano al rinnovamento delle
mense degli altari delle cappelle (1907 e 1918), e
nel 1927-28 fu realizzata ad ornamento dellaltare
maggiore una pavimentazione in marmo cipolli-
no delimitata da una nuova balaustra. Durante
lultima guerra laula fu utilizzata come deposito
sanitario e militare, proteggendo le cappelle con
paratie in laterizio
9
. Sebbene colpita, si salv mi-
racolosamente dai bombardamenti. Una mina
infatti ne for la cupola, ma cadde rimbalzando
A R
03. Maerten Fransz van der Hulst, veduta dellaula trasversa
della chiesa di S. Maria degli Angeli a Roma, come si presenta-
va dopo gli interventi di Michelangelo allinterno della sala a
tre crociere delle Terme di Diocleziano (da Storia dellarchitet-
tura italiana. Il secondo Cinquecento, a cura di C. Conforti
e R. Tuttle, Milano 2001, p. 41)
88
senza esplodere. Seguirono i lavori di riparazione
e pi tardi furono tamponate le nestre che illu-
minavano labside.
A chiusura di questa sintetica illustrazione delle
principali fasi storiche della chiesa, preme qui evi-
denziare come la ricerca documentaria e storico-
critica sia stata condotta in parallelo ai restauri, co-
stituendone un essenziale momento conoscitivo e
di approfondimento critico. Rimandando agli esiti
di queste ricerche
10
, e auspicando la pubblicazione
del signicativo apparato documentario sulla chie-
sa, lesperienza dei lavori compiuti si pone secondo
gli assunti brandiani del restauro come momento
metodologico del riconoscimento dellopera darte,
nella sua duplice polarit estetica e storica. Appare
quindi utile disvelare con il restauro della materia, i
signicati e gli strumenti per apprezzarne lestetica
e comprenderne la storia, nella fattispecie collocan-
do lopera del SS. Salvatore nella sua giusta dimen-
sione nel panorama ampio della storia dellarchi- 05. Linterno dopo i restauri
04. Linterno dopo i restauri
Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa
tettura, un posto di rilievo gi riconosciutogli in
primis proprio da Wittkower, tra le selezionate ec-
cellenze bolognesi dellarchitettura del Seicento
11
.
IL RESTAURO
Il restauro degli interni stato impostato e avviato
nel 2000 e portato a termine nel 2008
12
, grazie ai
fondi della programmazione ordinaria del Ministe-
ro per i beni e le attivit culturali, suddivisi in sei lot-
ti di intervento (Figg. 4-6). Si scelto di procedere a
piccoli passi, senza mai interrompere lattivit litur-
gica propria della chiesa, mettendo a frutto i nan-
ziamenti distribuiti negli anni, piuttosto che aggre-
dire il monumento con un unico intervento, dagli
esiti dicilmente valutabili sin dallinizio, con fondi
che sarebbe stato improbabile ottenere se elargiti in
una unica soluzione. Questa strategia si rilevata
89 A R
06. Linterno dopo i restauri
coerente, alla luce dei risultati raggiunti, e pi adatta
alle modalit di intervento proprie della Soprinten-
denza, pervenendo al completamento del restauro
di tutte le parti interne con esiti unitari e coerenti
allimpostazione iniziale. Prima degli ultimi restau-
ri, la Soprintendenza si era gi presa cura di questo
importante monumento gi a partire dagli ultimi
anni Ottanta, con interventi che sebbene non siano
visibili ne costituiscono il presupposto. Nel 1984
si pose mano al consolidamento delle volte e alla
sistemazione dellintera copertura, assicurando la
stabilit complessiva, agendo sulle cause delle gra-
vose inltrazioni dacqua che provenivano dal tetto
a danno degli intonaci interni, localmente ammalo-
rati con visibili macchie di umidit. Furono inoltre
sostituite le grandi vetrate con nuovi inssi. Avvian-
do quindi il restauro degli interni, nel 2000 si scelse
di procedere allintera descialbatura delle successive
tinteggiature sovrapposte nel tempo, riportando in
luce le coloriture chiare della chiesa del primo Sei-
cento, riconoscendo in esse un valore primario da
restituire in modo coerente allarchitettura.
Prima del restauro, linterno si presentava unifor-
memente di colore marrone-verde; si trattava della
tinteggiatura eseguita dallIntendenza di Finanza
nel 1899, dopo che era stata realizzata la nuova
pavimentazione
13
. Il colore dellultima tinteggia-
tura si presentava ulteriormente scurito dal tem-
po e dai depositi superciali, le parti alte e le volte
erano interessate da macchie di umidit dovute
alle inltrazioni dal tetto. Laspetto complessivo
comprometteva la resa spaziale dellarchitettura,
nellinsieme luminosa e ariosa, uniformando sfon-
dati, membrature, risalti, partiture e decorazioni,
il tutto coperto da un colore pesante e omogeneo,
scurito dal tempo. Il restauro stato esteso a tutte
le superci interne con trattamenti di descialbatura
e consolidamento degli stucchi. Gli intonaci si pre-
sentavano di per s di ottima fattura e ben aderenti
al supporto murario, con una nitura originale di
colore chiaro con sottili dierenziazioni negli orna-
ti e nellordine architettonico.
Lesame in sito e in laboratorio delle stratigrae
14
ha
permesso di evidenziare la particolare tecnica esecu-
tiva delle niture interne, che porta ad ipotizzare il
ricorso a sistemi, gi utilizzati in area milanese da
Pellegrino Tibaldi, sperimentati a Bologna da Ma-
zenta sia nella cattedrale, che nel SS. Salvatore. Il
trattamento si dierenzia nelle parti lisce degli sfon-
dati e nelle parti a rilievo degli apparati decorativi
dellordine architettonico. Sulle pareti, al normale
strato nale dellarriccio dellintonaco si sovrappone
la scialbatura a calce; diversamente nelle membratu-
re architettoniche (colonne, capitelli e trabeazione),
si nota, applicato sopra il rinzao, uno strato ben
lisciato di colore rosso mattone, costituito da malta
di calce e polvere di mattone (Fig. 8). A questo into-
nachino in cocciopesto si sovrappone la scialbatura
a calce data a quattro mani, nita con una velatura
90
07. Stratigraa sulla trabeazione con la coloritura marrone-
verde precedente al restauro
sottile colore ambrato. interessante quindi notare
che il trattamento in polvere di mattone, tradizio-
nalmente riservato allesterno, come nella maggior
parte delle fabbriche bolognesi, si ritrova in questo
caso anche allinterno e consisteva nella sfregatura
e sagramatura richiamata nei documenti della fab-
brica a cui seguiva limbiancatura. Questo strato
in cocciopesto nissimo assolveva ad una funzione
idraulica che consentiva soprattutto alle parti mo-
dellate di far presa in tempi rapidi
15
, consentendo
lapplicazione della successiva scialbatura di calce
stesa a quattro mani con applicato sopra un velo di
patinatura ambrata, raggiungendo cos un eetto
pregiato di trasparenza e vibrazione della supercie,
che nobilitava il modellato degli elementi architetto-
nici, lisci e a rilievo, in modo da farli apparire come
se fossero realizzati in materiale lapideo. Invece la
maggior parte degli elementi sono in muratura -
nita ad intonaco e a stucco, le uniche parti in pietra
di macigno (arenaria) si trovano nelle basi delle co-
Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa
lonne e nella cornice della trabeazione. Le colonne
sono in muratura di mattoni con scanalature, diver-
samente da quanto previsto da Mazenta, che aveva
pensato di realizzare le colonne interne in rocchi di
macigno. Anche i capitelli sono in stucco, realizza-
ti da Giovanni Tedeschi, autore anche delle statue
interne. Quelle sulla facciata invece sono di Orazio
Provaglia.
Ma tornando allaspetto tecnico ed esecutivo, se la
sagramatura applicata alle murature esterne faceva
parte di una tradizione bolognese di lunga data, la
nitura a cocciopesto macinato nissimo estesa alle
superci interne trova motivi di stretta parentela con
alcune fabbriche milanesi tardo cinquecentesche, in
particolare quelle di Pellegrino Tibaldi, che oltre ad
aver lavorato a Bologna, era anche il fratello di Do-
menico Tibaldi, attivissimo a Bologna, in particolare
nella cattedrale di San Pietro, dove lavor Mazenta
negli stessi anni del SS. Salvatore, e dove si ritrova
unanaloga stratigraa con sottofondo in polvere
di mattoni e scialbatura a calce. Particolarissimo
inoltre il fondo delle superci nella terza cappella a
sinistra, la cappella Orsoni, che presenta una sagra-
matura estesa per intero alle superci interne, del
tutto rara e singolare per la qualit del trattamento.
Fu realizzata allo scopo di difendere le murature dal-
la risalita dellacqua per capillarit dal terreno (sotto
la chiesa scorre un canale). Si tratta di uno strato in
cocciopesto nito con patinatura ad olio, lisciato alla
perfezione tanto da apparire come una ceratura lu-
cida, applicato in aderenza ai mattoni, che appaiono
in trasparenza soprattutto nelle parti basse, creando
in altre parti leetto di una supercie marmorizzata,
perfettamente idraulica, sulla quale era data la scial-
batura di nitura. Nella cappella Orsoni fu risolto
in questo modo il problema dellumidit, che invece
rimase nelle altre parti della chiesa. Un altro felice
91
08. Microfotograa della sezione di un campione prelevato su una lesena del transetto. La stratigraa al microscopio mostra sopra
lintonaco (-a, rinzao); uno strato (-b) in cocciopesto su cui sono applicate 4 mani di scialbatura in grassello di calce, che costituiscono
le niture pi antiche. Tra lo strato (- c) e (- d) insiste uno stacco costituito da uno strato di polvere Si sovrappongono poi gli strati a
calce addizionata a gesso con terre di colore verde e nero carbone (indagini eseguite dal laboratorio della Fondazione Cesare Gnudi).
A R
ritrovamento stato quello delle niture in stucco
e oro e delle coloriture in nto marmo rosso e az-
zurro dei coretti aggiunti nel Settecento, anchessi
irriconoscibili perch coperti dalla stessa tinta verde-
marrone data sul resto della chiesa.
DEUMIDIFICAZIONE
Tra le varie indicazioni progettuali autografe di
Mazenta nelle note del disegno redatto a Mila-
no il 27 febbraio 1605, cera quella che sotto alla
chiesa ci fosse una sotterranea chiesa luminosa e
asciutta, che invece non fu realizzata. probabi-
le che pensasse a tale soluzione per le sepolture e
per isolare meglio la chiesa superiore e preservar-
la dallumidit proveniente dal terreno. Sotto la
chiesa corre infatti un canale sotterraneo, per cui
siologico che la chiesa sia interessata da feno-
meni di risalita dellacqua per capillarit. Tanto
pi che questa fu una delle ragioni per cui sulle
pareti interne della cappella Orsoni, lultima ad
essere realizzata, si esegu il particolare trattamen-
to idraulicizzante in cocciopesto sopra descritto.
Prima dei lavori di restauro, si vericato che lac-
qua arrivava per risalita capillare ad unaltezza di
ca. m. 1,20 su tutte le murature perimetrali, con
la formazione di eorescenze, esfoliazioni e distac-
chi, con il risultato che nel giro di poco tempo si
sarebbe presentato lo stesso problema anche dopo
il restauro. Si pensato al modo meno invasivo di
intervenire, ricorrendo al sistema brevettato Ka-
libra dry con limpiego di piccoli apparecchi ali-
mentati ad elettricit. Se ne sono utilizzati cinque a
coprire lintera supercie della chiesa di mq. 1.790;
essi creano un leggero campo elettro-magnetico che
92
impedisce la risalita dellacqua agendo su un raggio
sferico di 15 metri. Nel corso dei lavori si dappri-
ma utilizzato un solo apparecchio, in modo da mo-
nitorarne lecacia nel tempo con la misurazione
periodica del contenuto dellacqua nella muratura;
sulla scorta dei risultati raggiunti, nel 2008 si sono
poi installati gli altri 4 apparecchi. Le ultime misu-
razioni, compiute nel gennaio 2009, provano lab-
battimento del contenuto dellacqua pari all80%
rispetto al dato iniziale per lapparecchio installato
nel 2006 e del 69% per quelli montati nel 2007. Si
sono salvati in questo modo gli intonaci della parti
basse, dove pi facile che cada locchio, evitando
il formarsi di eorescenze e di esfoliazioni.
ILLUMINAZIONE E VALORIZZAZIONE
Per ultimo si sono rimontati gli storici lampadari
in vetro di Murano, di cui si aveva testimonianza
in alcune fotograe degli anni Cinquanta. Questi
erano stati smontati e smembrati in tanti pezzi e
accatastati in alcuni scatoloni. Il rimontaggio non
stato aatto facile, ma sulla scorta delle fotogra-
e se ne venuti a capo, grazie alla pazienza dei
restauratori che vi hanno lavorato. Si tratta dei
lampadari originali, presumibilmente degli anni
Venti-Trenta, in tutto otto, posti ognuno davanti
alle cappelle, e altri due grandi ai lati dellabside
e dellaltare. Leetto di luce e atmosfera che essi
creano non ha eguali e porta anche a confron-
tarne lecacia rispetto agli attuali e pi in voga
moderni sistemi di illuminazione degli edici di
culto. I lampadari pendenti, ssati allestradosso
delle volte, sono stati dotati di argano che ne per-
mette la calata per le operazioni di manutenzione.
Lilluminazione si completa con quella installata
allinizio dei lavori sopra il cornicione che rigira
lungo il perimetro della chiesa.
Linaugurazione non uciale di questi ultimi lavo-
ri stata a pasqua del 2008 con la rappresentazione
della Passione di Cristo da parte del coro Arcanto,
nella suggestiva cornice della chiesa illuminata a
tratti con candele, a tratti con i lampadari, collau-
dati in quelloccasione: uno spettacolo che ricrea
lambientazione scenograca della chiesa seicente-
sca che era, insieme allannesso monastero dei ca-
nonici, un centro vitale di cultura e spiritualit.
A restauri pressoch conclusi, c stato il pericolo che
la chiesa rimanesse chiusa e lasciata a s stessa, per
labbandono nel 2008 da parte dei canonici della loro
sede originaria. Per interessamento dellArcidiocesi,
la chiesa stata invece adata ai frati della giovane
comunit di S. Giovanni, che insediatasi nel marzo
2009 siamo sicuri assicurer con rinnovata energia la
continuit di una tradizione cos signicativa, nella
spiritualit della celebrazione liturgica. La chiesa coa-
gula attorno a s una serie di attivit culturali, tra cui
quelle promosse dal Centro culturale e spirituale del
SS Salvatore, erede della Congregazione dei bambini
di Ges, che ha celebrato nel 2005 il suo centesimo
anno. Eventi e spettacoli hanno luogo nellex com-
plesso abbaziale, grazie alle iniziative della compa-
gnia teatrale Il Chiostro e dellAssociazione culturale
Novarcanto. La vocazione al canto e allo studio, che
contraddistingueva labbazia, si rinnova nella chiesa
restaurata che, specialmente in occasione delle so-
lennit liturgiche e di incontri e visite guidate, tra
cui quelle organizzate dalla Soprintendenza, senza
troppi clamori mediatici raduna gli aezionati vec-
chi e nuovi al SS. Salvatore. In particolare, si segna-
lano: il nutrito programma di spettacoli teatrali della
compagnia Il Chiostro e i concerti del coro Arcanto,
che da alcuni anni propone nel SS. Salvatore un re-
pertorio tradizionale e sacro, in una forma di ricerca
corale e scenica itinerante allinterno della chiesa. Il
Risrauii oiiia cui isa oii SS. Saivaroii a Boiocxa
93
loro scopo giocare con il pubblico attraverso echi
di canti vicini e lontani che risuonano fra le colonne,
le navate e le cappelle: architetture di corpi sonori
in movimento. Da valorizzare inoltre il prezioso
organo seicentesco.
PROSPETTIVE DI RIQUALIFICAZIONE DEL CONTESTO
CIRCOSTANTE
La chiesa del SS. Salvatore occupa una posizione
di prestigio negli itinerari turistici e culturali della
citt di Bologna. Situata circa a met strada tra
S. Petronio e S. Francesco, si raggiunge seguendo
gli stessi itinerari battuti dai pellegrini e dai nu-
merosi visitatori stranieri e non. Venendo da S.
Francesco, superati lantica seliciata della II
a
circla
(attuale piazza Malpighi) e il Torresotto della Porta
Nova, si arriva proseguendo su via Porta Nova allo
slargo dove sorge la bella chiesa del SS. Salvatore.
Dalla parte opposta si raggiunge venendo da piaz-
za Maggiore, seguendo lantica via delle Asse (at-
tuale via IV Novembre). Allinterno della chiesa
si conservano importanti opere darte, dal trittico
dellIncoronazione della Vergine di Vitale da Bolo-
gna (1353), alla pala daltare con il SS. Salvatore
di Guido Reni e Francesco Gessi (1620), insieme
a numerose opere del Cinquecento e del Seicen-
to
16
. Visitando la chiesa si rende omaggio inoltre
al Guercino, sepolto nella chiesa e commemorato
nella lapide tombale posta al centro della chiesa.
Liscrizione sul anco della chiesa ricorda che nella
zona vi erano, nei secoli XIII, XIV e XV, le sedi
delle scuole di medicina, losoa, retorica e delle
altre arti. Mentre proprio di fronte, la lapide po-
sta sulla facciata di palazzo DallArmi-Marescalchi,
sede della Soprintendenza, ricorda che l nacque
Guglielmo Marconi. Accanto alla chiesa si estende
lex monastero che occupa lintero isolato compre-
A R
so tra via IV Novembre, via del Volto Santo, via
Santa Margherita, via Cesare Battisti. Rinnovato
a partire dal 1517, il monastero ricordato nel-
la guida dItalia di Leandro Alberti del 1550 tra
i pi considerevoli in Italia. LAbate Trombelli nel
1752 ne elogia larchitettura, dimostrando il suo
stupore per limpiego esteso dei marmi, tanto rari a
Bologna, notando nel chiostro le colonne in pietra
dIstria, i tondi in verde serpentino tra le arcate e le
tracce, gi consunte a quellepoca, delle decorazio-
ni ad arabeschi che ne ornavano le facciate.
Nel primo Seicento lintera area fu oggetto di un
radicale rinnovamento, qualicato dalla contestua-
le riedicazione della chiesa. Si aprirono circa negli
stessi anni tre imponenti cantieri adiacenti luno
allaltro: nel 1601-1603 quello di palazzo Caprara,
attuale sede della Prefettura; nel 1605 si inizi la
riedicazione del SS. Salvatore, portata a termine
nel 1623, dopo la sospensione dei lavori durata dal
1607 al 1613; mentre nel 1613 si rinnov il pa-
lazzo DallArmi, per le cui similitudini con Palazzo
Zani si fatto il nome di Floriano Ambrosini, senza
escludere un possibile contributo di Mazenta, con
cui del resto lAmbrosini aveva collaborato nel pri-
mo progetto per la cattedrale di S. Pietro. Ne emer-
ge un piano di riedicazione di unarea nevralgica
della citt, che a ragione pu leggersi come portato
avanti sotto ununica regia, e per la quale, ancora
una volta a fronte dellassenza di prove documenta-
rie certe che riportino i nomi degli architetti che vi
lavorarono, si pu supporre il contributo del nostro
padre barnabita Mazenta, esperto architetto anche
nellarontare problemi tecnici, esecutivi e strut-
turali, come dimostrano i suoi scritti, ma quanto
mai schivo a farsi pubblicit, in quanto investito nel
ruolo conferitogli dallordine a cui apparteneva. Per
cui la sua partecipazione nei maggiori cantieri bo-
94
lognesi di quegli anni, in particolare a partire dal
1605 in quello della stessa cattedrale, era supportata
dagli architetti locali, Floriano Ambrosini e Nicco-
l Donati, nei lavori per la cattedrale, e Tommaso
Martelli per il SS. Salvatore. Si vuole qui sottende-
re un legame dellarchitettura bolognese di quegli
anni con quella di area milanese, in continuit con
quanto avevano impostato i due fratelli Pellegrino
e Domenico Tibaldi, nei loro reciproci scambi tra
Milano e Bologna. Questo legame con Milano, che
abbiamo avuto modo di leggere anche nelluso della
particolare tecnica di nitura interna a cocciopesto,
trov nel primo Seicento motivi di raorzata conti-
nuit con lingresso a Bologna di Mazenta. Questi
doveva essere ben conosciuto dai Caprara, quando
a Bologna gi nel 1602-03 risiedeva nel vicino col-
legio di S. Michele Arcangelo su via Agresti, e fu
proprio un esponente della stessa famiglia, Giusep-
pe Caparara, a chiedergli il progetto per la chiesa
del SS. Salvatore, che Mazenta gli mand da Mila-
no il 27 febbraio del 1605.
Si riconosce nelle facciate, comprese quelle delle re-
sidenze senatorie dei Caprara e dei DallArmi, luni-
tariet di stile al volgere del passaggio nel segno della
continuit tra larchitettura della seconda met del
500 con quella del primo 600, con una certa in-
essione verso partiture pi monumentali, segnate
da una maggiore rigidit, accentuata anche dai re-
stauri compiuti nel tardo Ottocento e nel Novecen-
to. Ma preme qui evidenziare la scala urbana che si
volle imprimere a questi interventi, soprattutto ad
opera dei canonici del SS. Salvatore, che per dare
maggiore luce e prospettiva al bel prospetto sul an-
co della chiesa si convinsero a demolire le case di
loro propriet ivi addossate. Venne cos retticato
il prolo della strada che costeggiava il lato lungo
della chiesa, in modo da creare uno slargo davanti al
palazzo DallArmi, chiuso dallo spigolo ben enun-
ciato nel cantonale bugnato di palazzo Caprara. E
sul lato libero della chiesa, al posto delle case, venne
creato un sagrato che rigira ad L davanti alla facciata,
originariamente pavimentato a riquadri campiti in
quadrelli di cotto, poi rifatto nel 1744 e nobilitato
dal disegno del nuovo selciato di forme geometriche
e stellari. La colonna isolata allangolo esterno del
sagrato, qui posta nel 1624 a conclusione dei lavori
della fabbrica seicentesca, ne caratterizzava il cannoc-
chiale visivo da via Porta Nova, fornendo il segnale
visivo da cui guardare in prospettiva angolata lintera
fabbrica, ad abbracciare la facciata ed il anco (Fig.
8). Rinviando a quanto gi evidenziato in altra sede
sul signicato di questo sagrato, come spazio sacro
proprio della chiesa al pari di quello interno, oltre
che intervento alla scala urbana e architettonica, -
nalizzato a creare, fatto raro a Bologna, un vero e
proprio piazzale che valorizza le architetture che pro-
spettano su di esso, si vuole qui sottendere alla sua
riproposizione, come momento di riqualicazione
dellarea e come atto dovuto per la chiesa.
Il sagrato esisteva ancora nel 1811, quando i Mare-
scalchi, che abitavano il palazzo gi dei DallArmi,
ottennero nel 1811 di restringere il sagrato della
chiesa per portarlo in linea con la casa dei Morel-
li, allangolo tra via Porta Nova e via Barbaziana
17
.
In quegli anni i canonici, erano gi stati costretti
ad abbandonare il loro monastero a seguito delle
consche napoleoniche. Ne ripresero possesso nel
1824, solo momentaneamente no al 1866, ritor-
nando poi a prendersi cura della chiesa a partire dai
primi anni del secolo successivo. Nelle foto dinizio
Novecento il sagrato non esiste pi. Lo spazio sacro
oggi occupato dalle macchine che usualmente vi
parcheggiano sul anco della chiesa; diversamente
il Piano regolatore delimita questo spazio come di
95 A R
pertinenza della chiesa. Per apprezzarne le forme e
il signicato rimangono le numerose vedute sto-
riche che ritraggono la chiesa, privilegiandone le
visuali dinsieme, di chi arriva da via Porta Nova,
con in primo piano il caposaldo della colonna iso-
lata, in modo da abbracciare la vista della facciata
e del anco (Fig. 10). Tra le altre, anche la veduta
dalla parte opposta si rileva interessante, venendo
dalla via delle Asse con in primo piano il palazzo
Caprara, e sullo sfondo arretrato il anco del SS.
Salvatore. Oggi lantica strada intercetta la piazza
Roosevelt, lo slargo creato a seguito delle opere di
liberazione e demolizione del 1933-1935, con la
costruzione del palazzo di Melchiorre Bega sul lato
nord. La piazza rimasta da allora un invaso vuo-
to. E in attesa di una sua appropriata denizione
10. Pio Panlj, veduta della chiesa del SS. Salvatore in Bologna. La veduta angolata inquadra la chiesa in modo da abbracciare la
facciata e il anco; in primo piano si riconosce la colonna con la croce posta nel 1624 allangolo del sagrato che sopraelevava la chiesa
su un podio. Sia il sagrato che la colonna sono oggi scomparsi. La pavimentazione settecentesca del sagrato (1744) riprodotta nella
pianta di Gio. Carlo Sicinio Galli Bibbiena (Fig. 1)
96
1
A. Ranaldi, Il controverso progetto di Giovanni Ambrogio
Mazenta per la chiesa del S. Salvatore a Bologna, in Palla-
dio, 37, 2006, pp. 39-64, con appendice documentaria,
a cui si rimanda anche per la bibliograa precedente; A.
Ranaldi, Il sagrato della chiesa del S. Salvatore a Bologna,
in Strenna storica bolognese, 56, 2006, pp. 361-386. No-
tizie sintetiche sul restauro sono in A. Ranaldi, Bologna:
chiesa del SS. Salvatore. Il restauro, in Terza Mostra in-
ternazionale del restauro monumentale. Dal restauro alla
conservazione, II, Firenze 2008, p. 131.
2
Tra queste ricordiamo, S. Maria del Voto del 1630 di
Cristoforo Malagola a Modena, dove tra laltro si ripre-
se lidea di realizzare la cupola estradossata a collo lun-
go, come lavrebbe voluta Mazenta nel SS. Salvatore, e
la chiesa di S. Filippo Neri a Reggio Emilia, realizzata
tra il 1672 e il 1743 su progetto dellarchitetto reggiano
Girolamo Beltrami.
3
W. Wittkower, Art and Architecture in Italy: 1600 to 1750,
Harmondsworth 1958, ediz. ital. Arte e architettura in Italia
1600-1750, Torino 1972 e 1993, pp. 234-235 a proposito
di Santa Maria in Campitelli e p. 103 per il SS. Salvatore.
4
Cfr. A. M. Matteucci, Carlo Francesco Dotti e larchitettura
bolognese del Settecento, Bologna 1979, pp. 10, 50n, g. 9.
5
A. Sorbelli, Bologna negli scrittori stranieri, V, Bologna
1933, p. 70.
6
Charles De Brosses: S. Salvatore, la pi bella chiesa di tut-
te, per quanto non molto grande; la sua architettura corin-
zia del Magenta si pu paragonare allantica architettura
greca e romana, in A. Sorbelli, Bologna negli scrittori
stranieri, ediz. a cura di G. Roversi, Bologna 1973, p. 158.
7
Cfr. M. Poli, La chiesa canonicale del SS. Salvatore, Bolo-
gna 2001, p. 21, che riporta gli estratti ripresi dal mano-
scritto di Carlo Vincenzo Maria Pedini, Bologna, Biblio-
teca Comunale dellArchiginnasio, Manoscritti Gozzadi-
ni, Bologna vecchia e nuova, vol. 181, f. 158.
8
G. G. Trombelli, Memorie istoriche concernenti le due
Canoniche di S. Maria di Reno, e di S. Salvatore insieme
unite, Bologna 1752.
N
occupata oggi da un grande parcheggio, che invece
potrebbe essere collocato interrato rendendo libero
lo spazio in supercie, e creando anche loccasione
per ricerche e scavi archeologici su questa area. E
perch no, non potrebbe essere un concorso di idee
a denirne il nuovo assetto? E il sagrato del SS. Sal-
vatore? Sulla base della documentazione certa, che
va dalle vedute storiche alla pianta di Sicinio Galli
Bibiena, che ne ragura in modo dettagliato il di-
segno della pavimentazione (Fig. 1), considerando
limpronta ben leggibile alla base delle murature
esterne della chiesa, che d laltezza reale del sa-
grato sopraelevato su quattro gradini, possediamo
tutti gli elementi che ne renderebbero possibile la
sua fedele riproposizione anche lidentique
18
. Ma
prima di questo, altre priorit si rendono impellen-
ti, come il restauro dellex monastero del SS. Sal-
vatore, accanto alla chiesa di cui la Soprintendenza
nel 1991-92 aveva iniziato il recupero e il restauro,
rimasto da allora interrotto.
97
9
Le notizie riferite agli eventi dalla ne dellOttocento
sono tratte dai documenti conservati presso l Archivio
storico della Soprintendenza per i beni architettonici
e paesaggistici per le province di Bologna, Modena e
Reggio Emilia (dora in poi citato in forma abbreviata
Bologna, Archivio SBAP), faldone BO-M63.
10
Vedi sopra nota 1.
11
W. Wittkower, op. cit. alla nota 3; si vedano inoltre i fonda-
mentali contributi di Anna Maria Matteucci, in particolare il
suo Giovanni Ambrogio Mazenta e il dibattito a Bologna sulla
colonna libera, e M. Pigozzi, Giovanni Ambrogio Mazenta
architetto a Bologna, entrambi in Lorenzo Binago e la cultura
architettonica dei Barnabiti, a cura di M. L. Gatti Perin e
G. Mezzanotte, Atti del convegno: Milano, settembre 2001,
in Arte Lombarda, 134, 2002, 1, pp. 45-62 e pp. 63-78;
nellambito di pi recenti trattazioni generali cfr. A. Antino-
ri, Roma 1600-1623: teorici, committenti, architetti, in Storia
dellarchitettura italiana. Il Seicento, a cura di A. Scotti Tosini,
I-II, Milano 2003, vol. I, pp. 115-118, e ibidem, vol. II, F.
Ceccarelli, Le legazioni ponticie: Bologna, Ferrara, Romagne
e Marche, pp. 341-342.
12
I lavori sono stati eseguiti e diretti dalla Soprintendenza: nel
2000 sotto la direzione delling. Domenico Rivalta e negli
agli successivi dalla scrivente, con la collaborazione dellarch.
Francesco Eleuteri. Hanno eseguito i restauri le imprese con
qualica OS2, specializzate nel restauro degli apparati de-
corativi: nei primi due lotti di intervento nel 2000 e 2001,
limpresa Arte e Restauro di Padova; nei restanti quattro lotti
nel 2002-2008, limpresa Biavati di Bologna.
13
Bologna, Archivio SBAP, Bo-M63, note del 14 marzo e
17 marzo 1899, relative ai lavori Imbiancatura e restauro
dellintonaco nellinterno della chiesa proposti dallInten-
denza di Finanza della Provincia di Bologna. In unaltra
lettera, sempre del 17 marzo 1899, il Soprintendente Fac-
cioli lamenta di non essere stato interpellato a suo tempo
sulla ricostruzione del pavimento, che altrimenti non sa-
rebbe stata approvata, deplorando lintervento eseguito di
ricostruzione in esagoni di cemento colorato, stonando
troppo questo modernissimo sistema colla severit del mo-
numento.
14
Le analisi delle sezioni sottili sono state eseguite dal La-
boratorio della Fondazione Cesare Gnudi, con sede a
Pieve di Cento (Bologna), si ringrazia per la collabora-
zione lamico Andrea Rattazzi.
15
Cfr. S. Della Torre, Costruire a Milano nel Rinascimento,
in Storia dellarchitettura come storia delle tecniche co-
struttive, a cura di M. Ricci, Venezia 2007, pp. 95-115,
in particolare p. 107, che rileva limpiego di tale tecnica
in opere milanesi di Pellegrino Tibaldi, come nella cupo-
la di SantAmbrogio, rinviando a A. Bonavita, Pellegrino
Tibaldi a Milano: lavori alla cupola della basilica di S.
Ambrogio, in Arte lombarda, 140, 2004, pp. 89-91;
ugualmente ricorre inoltre nella parti realizzate da Ma-
zenta nella cattedrale bolognese di San Pietro, si ringra-
zia per linformazione Andrea Santucci.
16
Vedi la guida storico-artistica di M. Poli, op. cit. alla nota 7.
17
G. Guidicini, Cose notabili della citt di Bologna, ossia
storia cronologica de suoi stabili sacri, pubblici e privati,
Bologna 1868, vol. I, p. 116. Sempre nel 1811 i Mare-
scalchi acquistarono il palazzo Sora Menarini, poi casa
natale di Guglielmo Marconi, che insiste davanti al fron-
te nord del SS. Salvatore, attiguo al palazzo DallArmi.
Questultimo era passato ai Marescalchi gi nel 1614, per
successione ereditaria, alla morte di Aurelio DallArmi,
cfr. P. Monari, M. S. Trombetti, Palazzo DallArmi - Ma-
rescalchi, in Il Carrobbio, 16, 1990, pp. 259-269.
18
La proposta di una ricostruzione lidentique sulla base
degli elementi qui esposti stata avanzata dalla scrivente
nel concorso del 2004: Primo Premio Nazionale di Idee di
Architettura I Sagrati dItalia, indetto dal Consiglio Na-
zionale degli Architetti Pianicatori Paesaggistici e Conser-
vatori, da Di Baio Editori e da Chiesa Oggi. Architettura
e comunicazione - progetto vincitore ex aequo, in mostra
e pubblicato in Chiesa oggi. Architettura e comunicazio-
ne, 70/2005, pp. 32-33; cfr. A. Ranaldi, Il sagrato, op.
cit. alla nota 1.
N
98
LEDIFICIO
I
l palazzo sito a Bologna nella centralissi-
ma via dei Mille angolo via Montebello,
progettato quale sede provinciale Enpas,
rappresenta una delle migliori e pi si-
gnicative opere di Saverio Muratori
(1910-1973, Premio Einaudi per lArchitettura
nel 1952) il grande maestro dorigine modenese
dellarchitettura italiana del Novecento.
Ledicio per uci, ambulatori, laboratori, negozi
ed abitazioni fu progettato fra il 1952 ed il 1957,
edicato fra il 1959 ed il 1961 ed inaugurato il 4
Aprile 1963.
LImpresa costruttrice fu la ditta Garbarino-
Sciaccaluga di Bologna con la direzione tecnica
delling. David Sciaccaluga e con Silingardi di
Modena per larredamento del salone sportelli.
La scultura in bronzo rappresentante linfermie-
ra, posizionata nellatrio del detto salone al piano
terra, opera del prof. Assen Peikov, noto artista
Bulgaro operante a Roma con lo studio, assieme
al fratello pittore Ilia, in via Margutta.
Direttore lavori fu ling. Silvio Canella coadiuva-
to dall arch. Eugenio Abruzzini, tecnico interno
dellEnpas.
Liter di progettazione delledicio pubblico risulta
essere stato particolarmente lungo e travagliato.
Saverio Muratori inizi la progettazione di massi-
ma nel 1952, avendo mandato formale dallEnpas
per un primo esecutivo (con incarico per i calcoli
statici agli ingegneri Car e Gianelli) nel giugno
1954, ma la Commissione Edilizia del Comune di
Bologna, ad ottobre, respinse il progetto, e Mura-
tori dovette elaborare un secondo disegno in parte
dierente dal primo (che prevedeva otto campate
in aggetto sul portico basamentale ed una campa-
ta iniziale dierente in accostamento al contiguo
edicio su via dei Mille) riutato anchesso dalla
Commissione Edilizia Bolognese nel settembre
1956. Muratori fu quindi obbligato a modicare
ulteriormente il progetto, presentando una secon-
da variante sostanziale la quale venne nalmente
approvata dalla municipalit bolognese nel luglio
1957; tale progetto variato corrisponde sostan-
zialmente al progetto alne realizzato.
Sebbene il progettista avesse sempre dimostrato
impegno, presentando vari tipi complementa-
ri richiesti e vari plastici e dichiarandosi sempre
disponibile al dialogo ed alle modiche, seppur
amareggiato dalle motivazioni di diniego portate
dallente bolognese da lui mai comprese, la Com-
missione Edilizia Bolognese per un lungo periodo
non ritenne che lopera di Muratori per forma e
dimensioni ornamentali possa essere approvata.
I lavori di costruzione iniziarono nel maggio 1958
per concludersi nel maggio 1961 e lo stabile fu
occupato a far tempo dallagosto di quellanno.
Lincarico rientrava nellambito del programma di
realizzazione delle nuove sedi provinciali decen-
trate avviato in tutta Italia dallEnpas nei primi
anni Cinquanta che comport ladamento di
un gran numero di incarichi professionali ai mi-
gliori architetti italiani.
In quegli anni Saverio Muratori era professore
straordinario presso la cattedra di Caratteri Di-
stributivi degli edici nellIstituto Universitario
di Architettura di Venezia, che tenne dal 1950
sino al 1954, quando pass a Roma quale profes-
sore ordinario presso la cattedra di Composizione
Architettonica della Facolt di Architettura, che
mantenne no al 1973.
Negli anni veneziani egli condusse le ricerche che
lo porteranno a pubblicare, nel 1959, gli Studi per
IL PALAZZO EX ENPAS A BOLOGNA
RESTAURO DELLE SUPERFICI ESTERNE
Andrea Capelli
100 Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa
Risrauio oiiii suiiiiici isriixi
una operante storia urbana di Venezia, testo di fon-
damentale importanza, vero precursore nellam-
bito degli studi di tipologia urbana.
Larea di via dei Mille allangolo con via Montebello
era disponibile a seguito di distruzioni belliche ed
anche ledicio ivi preesistente era stato completa-
mente demolito, tant che lEnpas acquis dalla pro-
priet Gualandi il lotto libero, avviando immediata-
mente la procedura per ledicazione con richiesta
di contributo statale previsto per i danni di guerra.
Lopera progettuale di Muratori per Bologna, nella
sua architettura di essenziale caratterizzazione, rias-
sume in s, in primis, lo studio approfondito del ca-
rattere del luogo in stretta connessione con il novero
costitutivo del tessuto urbano bolognese, dei suoi
tipi edilizi e dei suoi elementi strutturali principali.
Il Palazzo Enpas, ora Inpdap, mostra grande rilie-
vo disciplinare impersonicando la critica moti-
vata al soggettivismo autoreferenziale dellarchi-
tettura moderna, origine di quelledonismo lin-
guistico che rende lambiente urbano incoerente
e semanticamente sovraesposto, istituendo altres,
nel puro ambito progettuale, la ripresa di un rap-
porto tra architettura e citt lologicamente basa-
to sullo studio della struttura del contesto urbano
nel suo continuo evolvere.
Ledicio non pi solo o tanto una quinta urba-
na ma molto di pi: diviene una struttura proget-
tata e costruita, frutto rigoroso della relazione tra
tipologia edilizia e morfologia urbana precipua
del contesto senza eccezione alcuna, anzi, con un
grande risultato nellimponenza compositiva del
testo architettonico.
Il manufatto architettonico bolognese di Murato-
ri riprende, fra laltro, il particolare sistema seriale
costruttivo bolognese, di derivazione lignea, ri-
proponendo elegantemente il portico con lo spor-
to, le lesene ed il coronamento superiore merlato
e presenta anche una gerarchizzazione verticale
nellutilizzo dei materiali e dei componenti co-
struttivi, come nelluso dei pilastrini in traverti-
no, proposti solo per il cosiddetto piano nobile,
peraltro correttamente di maggior altezza.
Il tema metodologico-progettuale pregnante nel
palazzo ex Enpas infatti il linguaggio architet-
tonico, inteso non come codice convenzionale
a-storico applicabile in ogni luogo, ma come por-
tato specico di una determinata area culturale
(nella fattispecie quella bolognese).
In particolare, come bene ha gi sottolineato nei suoi
scritti Giancarlo Cataldi, qui Muratori sperimen-
ta una nuova forma di collaborazione tra ossatura
elastica e parete continua di materia solida, facendo
benissimo convivere due materiali, cio i mattoni ed
il cemento armato (materiale moderno), secondo
il concetto di continuit di materiale in supercie,
02. Pulitura e saggio di preparazione su una colonnetta di
travertino
101 A C
quindi, qui, di mattoni che chiudono e ricoprono
il traliccio, il quale collabora come una cassaforma
stabile, percorrendo la strada della sperimentazione
tecnica di un nuovo materiale (il cemento armato).
La reinterpretazione in chiave di adeguamento am-
bientale, perviene cos al risultato di risolvere il que-
sito linguistico dellintegrazione della nuova archi-
tettura in un contesto storicamente consolidato.
Nel dettaglio costruttivo il progettista utilizza un
mattone industriale di formato bolognese pro-
dotto da una fornace locale e poi, seguendo la
consuetudine per larchitettura emiliana, le ni-
ture in pietra: con larenaria imitata dai curatis-
simi cementi a vista martellinati manualmente e
i marmi, precisando che, nel progetto originale,
aveva previsto rivestimenti in marmo botticino,
sostituiti, in fase esecutiva, da travertino chiaro di
minor costo.
Di grande interesse dal punto di vista costrutti-
vo sono le velette in cemento armato traforate da
losanghe, asole di memoria medioevale che Mu-
ratori ripropone anche nei dettagli delle porte in-
terne a decoro delle maniglie in ottone cromato.
Di grande rilevanza proprio labilit del progettista
- che in questi elementi bene si coglie - nel ripropor-
re un tema di luce ltrante di rimando gotico che
risulta perfetto per luso ad uci/laboratori, ove la
luminosit naturale dei locali rende lambiente di la-
voro oltremodo gradevole ed utilizzabile in ogni ora
del giorno ed in ogni stagione (ci unito alla matura
essibilit della tipologia edilizia proposta che con-
sente uci modicabili in pianta con grande facili-
t ed adattabilit come dimostra lintervento ora in
corso negli interni, che riaggiorna le mutate esigenze
dellente oltre al fatto di essere, ledicio, ancora oggi
in completo ed eciente uso).
Muratori con il progetto di questo edicio esce
dalla visione soggettiva che privilegia la personali-
t individuale dellarchitetto che opera trasferen-
do indierentemente in ogni luogo i suoi stilemi,
per passare ad una visione oggettiva che chiama in
causa, invece, le sue capacit interpretative di sin-
tetizzare in maniera diversa, a seconda dei luoghi,
i caratteri ambientali della citt.
Tema questo di straordinaria rilevanza per lar-
chitettura contemporanea per il quale Muratori
risulta geniale anticipatore.
LINTERVENTO DI RESTAURO
Il palazzo ex Enpas stato oggetto sinora di due
successivi interventi di restauro delle facciate su
via dei Mille e su via Montebello (nel corso del
2007) e di uno ulteriore nel porticato (nel 2008),
tutti operati con progettazione, appalti e direzio-
ne lavori, dalla Soprintendenza per i beni architet-
tonici e paesaggistici per le province di Bologna,
Modena e Reggio Emilia, utilizzando nanzia-
menti del Ministero Beni e le Attivit Culturali.
03. Fase di pulitura
102
Lintervento del Ministero sulle facciate si
svolto contestualmente ad un pi corposo in-
tervento di ristrutturazione e riammoderna-
mento dellimpiantistica riguardante gli in-
terni, nanziato ed appaltato dallInpdap con
propri fondi.
Ledicio sin dallepoca della sua inaugurazione
non aveva mai subito interventi di complessiva
manutenzione negli esterni. Presentava, quindi, la
necessit di unazione di revisione compiuta con
metodo rigoroso ed attento alle particolari valen-
ze progettuali volute ed attuate dal Muratori nello
spirito dellarchitettura del periodo.
Nel corso degli anni, le parti in mattoni (matto-
ni a macchina di formato bolognese da 28 cm di
lunghezza), i cementi e le pietre naturali si erano
in parte ricoperte di incrostazioni e di annerimen-
ti, dovuti ad alcune problematiche legate allo sco-
lo delle acque meteoriche, a causa della mancata
manutenzione delle grondaie. Nella parte alta, ove
lacqua piovana aveva imbevuto le pareti, si sono
riscontrati mattoni e marmi talora deteriorati con
distacchi di piccole porzioni di travertini e cadute
di scaglie sia di cotto che di marmo. Inoltre si
riscontrato leetto deleterio di agenti inquinanti,
specie da traco, visto laaccio su una via parti-
04. Saggio di pulitura in corso su una parete su fronte strada
Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa
Risrauio oiiii suiiiiici isriixi
103
colarmente movimentata. Lo smog aveva causato
infatti vari annerimenti, talora intensi e di non fa-
cile pulizia e rimozione. In alcune piccole porzio-
ni particolarmente esposte, per non attuare una
pulizia troppo forte solo su alcuni mattoni, cau-
sando una disomogeneit cromatica allinsieme,
oltre ad un vero e proprio danno materico alle
facce dei mattoni stessi, si pulito con gradualit
operando con la tecnica della tonalizzazione.
Pi semplice invece risultata la pulizia e prote-
zione sui travertini di pasta compatta, di buona
qualit e ben conservati, che hanno reagito bene
allopera di revisione complessiva.
Di particolare impegno invece risultato linter-
vento sui cementi realizzati in opera ad imitazio-
ne della pietra arenaria, specie nelle travi sagoma-
te che sostengono i piani sul portico e su tutti i
livelli fra lesena e lesena in mattoni.
Queste travi presentavano alcune fessurazioni ri-
levanti, seppur localizzate, e soprattutto distacchi
dovuti allesecuzione in due fasi costruttive: dap-
prima furono casserati e gettati in opera i cementi
05. Il lungo fronte su via dei Mille in corso lavori
A C
104
strutturali a grana grossa, con inerti di grande di-
mensione, e poi, ad essiccazione avvenuta, fu ri-
portata una velatura di 5 millimetri di cemento a
grana nissima, realizzata davvero a regola darte,
per assicurare leetto visivo e materico della pie-
tra arenaria dAppennino. Tale strato per, specie
nel portico e nelle zone sottoposte a patologie lo-
calizzate, talora si distaccato dalla trave sotto-
stante, oppure si lesionato sino a determinare
aree di probabile distacco.
06. Pulizie sulla zona sommitale
Su tutte queste travi si pertanto intervenuti in fase
di restauro, richiudendo le microlesioni ed anco-
rando dallinterno con iniezioni di malte bicompo-
nenti a basso modulo elastico e la posa di perni in
vetroresina. Tale intervento preventivo, specie nelle
architravi ammalorate presentanti scollamenti fra i
due distinti strati in getto dei calcestruzzi, ha con-
sentito di ricondurre ai minimi termini linterven-
to di ricostruzione dello strato cementizio a nire,
limitato cos solo alle poche porzioni gi cadute.
Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa
Risrauio oiiii suiiiiici isriixi
105
07. La facies restaurata
I rifacimenti sono stati comunque eseguiti con
strato a nire simile alloriginale con minima dif-
ferenza cromatica impercettibile a una visione in
distanza ma, utile ad identicare ogni area rico-
struita seppur piccola.
Laltro esempio di pietra imitata, quindi le velette
in cemento armato chiaro in due pezzi accostati
con asole a losanghe - che tanto caratterizzano il
traforo goticheggiante dei bellissimi fronti Enpas,
erano invece in ottimo stato di conservazione, gra-
zie ad una accuratissima esecuzione fuori opera.
Su di esse stato suciente compiere una adegua-
ta pulizia e protezione, con resa cromatica mirata
ad omogeneizzarsi a quella ottenuta dalla pulizia
dei travertini chiari compatti e levigati utilizzati
per le colonnette binate con capitellini trapezoi-
dali. Circa i travertini bene sottolineare che si
tratta di materiale costruttivo introdotto in opera
nel corso dei lavori, per i piastrini ed i davanzali,
per ragioni sostanzialmente di costi, poich Mura-
tori nel progetto esecutivo aveva previsto marmo
botticino chiaro con riferimento alluso pi tipico
delle niture marmoree in ambito Bolognese (si
pensi ai palazzi gotici, ma anche di epoche succes-
sive, no allet barocca e neoclassica, ove i traver-
tini sono pressoch assenti).
La forma per ideata da Saverio Muratori per i
capitelli sia dei piccoli pilastrini monolitici che
di quelli pi grandi, rivestiti in lastre di cm 5 di
spessore con ciglio bisellato e levigato, comun-
que, oltrech ecace compositivamente, tale di
rendere massimamente eciente il capitello per
la protezione dalle acque meteoriche, grazie alla
sua particolare forma triangolare che fa scivolare
verso lesterno lacqua piovana, garantendo una
eccezionale ecienza nel tempo degli elementi
costitutivi e minimizzando la manutenzione.
Ledicio di via dei Mille infatti straordinaria-
mente moderno, specie per la sua grande atten-
zione alluso ed alla durabilit nel tempo e pro-
prio loccasione dellopera ora eseguita di manu-
tenzione/restauro ha ben reso evidente.
Laver progettato le facciate con una ecace teoria di
minime rientranze fra i vari piani materici consegue
lottenimento una continua protezione di ogni ele-
mento costitutivo, mattoni, cementi e pietre.
Anche il portico, perfettamente riparato dallo splen-
dido sporto di rimando medioevale e provvisto an-
A C
106
08. Il restauro delle architravi realizzate in cemento e prefabbicato
che di rivestimento con robuste lastre di marmo gra-
nitello su tutte le colonne del portico e sulla parete
sottoportico, particolarmente ben conservato.
Anche le curatissime stuccature a cemento dei
mattoni si sono conservate davvero benissimo in
questi cinquantanni e l veramente agevole stata
lopera di pulitura e manutenzione, per gran parte
proprio in virt della forma progettuale (mentre i
rivestimenti delle architravi dei negozi in lamiera
di ferro martellinata, ora ripuliti con grande cura,
mostrano la perfetta imitazione dellarenaria vo-
luta originariamente anche sulle lamiere per omo-
geneizzare linsieme dei caratteri architettonico/
cromatici del sottoportico).
Ed proprio nelloccasione del restauro che ci si
avveduti di come ledicio, grazie proprio alla
Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa
Risrauio oiiii suiiiiici isriixi
107
09. Le iniezioni consolidanti sui cementi in opera spesso fessurati
sua originaria cura progettuale pensata e proiet-
tata nel tempo a venire alla stregua degli edici
antichi, sia risultato in buone condizioni di con-
servazione, con la sola eccezione delle peculiarit
patologiche puntuali test indicate.
Gli interventi di manutenzione e restauro esegui-
ti, grazie alla consapevolezza della facies origina-
ria ancora oggi conservata, hanno consentito di
ridare ai fronti esterni principali ed al porticato
una completa restaurata immagine in tutto si-
mile alloriginale opera Muratoriana. Linterven-
to ha cos pulito e consolidato ogni porzione sia
dei mattoni che dei travertini/marmi e cementi,
conservando e recuperando i valori metrici, cro-
matici ed ambientali della tradizione locale preci-
puamente ricercati dalla sapienza progettuale ed
A C
108
esecutiva di Saverio Muratori, vero protagonista
di quella particolare fase degli anni Cinquanta del
Novecento dellarchitettura europea.
Lopera di restauro ha infatti messo in eviden-
za anche lo studio degli eetti cromatici voluti
dallarchitetto modenese per il palazzo Enpas.
Infatti il mattone scelto quello, oltrech di mi-
sure bolognesi, di colore rosso/giallino, con inse-
rimento anche di alcuni mattoni giallastri, men-
tre le stuccature a cemento, molto evidenti, sono
eseguite con cemento scuro - a ricordo della calce
idraulica locale - e sabbia di colore giallognolo.
I cementi ad imitazione dellarenaria contengo-
no sabbie di tonalit gialla in modo da far risul-
tare una chiara visione dinsieme che rimanda e
richiama alne le cromie delle sabbie costitutive
delle pietre sedimentarie dellAppennino bolo-
gnese oltre ad un colore dei mattoni che nasce
10. Veduta dinsieme su via dei Mille angolo via Montebello
Ii iaiazzo ix ixias a Boiocxa
Risrauio oiiii suiiiiici isriixi
109
dalle argille che producono i tipici rossi frammisti
alle peculiari tonalit giallognole.
Le tecniche di intervento di restauro e pulitura
sono state dierenziate in relazione ai vari mate-
riali costruttivi, attuando lavaggi e poi accurate
puliture con rimozione di croste, patine, colature
e grati sui pilastri nelle zone basse; quindi, ter-
minata la pulizia, si sono attuati i consolidamenti
dierenziati per tipologie di materiali con rifaci-
menti di piccole porzioni deteriorate e la posa a
nire di vernici protettive adeguate.
Il risultato, che ha comportato anche una gene-
rale tonalizzazione di alcune zone della facciata
principale, specie di alcune limitate zone di mat-
toni nella parte sommitale, ha consentito di ripri-
stinare una gradevolezza della visione della mira-
bile Architettura del Muratori e, soprattutto, di
avviare unazione di salvaguardia nel tempo dei
materiali di nitura.
Una grande cura stata dedicata al restauro dei
cementi, peraltro di curatissima esecuzione, sem-
pre martellinati manualmente sui quali talora, in
zone limitate, si sono operate piccole ricostru-
zioni con protezione dei ferri darmatura, e dei
mattoni e dei travertini, nella prospettiva e con
la nalit di una pi lunga conservazione negli
anni a venire nello spirito radicato dellopera del
progettista.
Lintervento stato eseguito dalla ditta Marmiroli
s.r.l. di Bagnolo in Piano di Reggio Emilia con
una spesa complessiva di 150.000,00 divisa in
tre stralci esecutivi di 50.000,00 cadauno
In corso lavori si sono utilizzati prodotti duso
nella consuetudine del restauro su edici del No-
vecento quali: malte cementizie anticorrosive per
i ferri darmatura, malte tissotropiche bicompo-
nenti a basso modulo elastico per il risanamento
del calcestruzzo, ssativo impregnante acrilico a
base acquosa, ammonio bicarbonato, protettivo
idrorepellente con gruppi uorati, malte a riti-
ro controllato brorinforzate a presa rapida per
il calcestruzzo, stucco decorativo a base di calce
pura spenta a lunga stagionatura e terre naturali
per le tonalizzazioni delle parti in mattoni, anco-
ranti chimici con barre lettate, fondi ai silicati
per le superci in cemento.
11. Il sottoportico di via dei Mille
A C
PREMESSA
I
l presente saggio si propone di contribuire
alla conoscenza artistica ed alla valorizza-
zione dei bassorilievi in cotto che decora-
no gli altari delle chiese di S. Giuliano a
Bologna e di S. Domenico nella vicina Budrio,
partendo dalle osservazioni maturate durante il
percorso di ricerca e analisi che ha accompagnato
il processo di restauro del secondo dei due insie-
mi; intervento gi oggetto di un precedente sag-
gio tecnico
1
.
Le attuali riessioni scaturiscono dal confronto
stilistico delle due serie di altari, arricchito dagli
elementi emersi grazie a un recente ritrovamento:
i putti originali degli altari laterali di S. Giuliano,
rimossi in un intervento del 1966.
Il confronto da ultimo stato esteso ad un terzo
edicio di culto del territorio emiliano, la chiesa
della Madonna del Rosario di Cento (Ferrara),
dove si riscontrata la presenza di elementi in
cotto del tutto analoghi
GLI ALTARI IN COTTO E STUCCO
Gli altari di S Giuliano e di S Domenico rappre-
sentano rafnate testimonianze dellarte decorativa
della ne del Settecento bolognese. Nascono da un
progetto ben denito in ogni dettaglio, sebbene
realizzati con materiali poveri, facilmente reperi-
bili e largamente diffusi nella tradizione artistica
e artigianale del territorio emiliano: il cotto e lo
stucco. Il loro progetto prevede un assemblaggio di
pi elementi in cotto incentrato sullunicit artisti-
ca ed espressiva dei bassorilievi ottagonali centrali,
afancati nella composizione da elementi decora-
tivi dalta qualit, ma riprodotti con matrici tratte
da calchi, realizzati nella bottega darte. I singoli
cotti, riniti uno ad uno, vengono successivamen-
te inseriti nella intelaiatura muraria degli altari, il
loro assemblaggio viene ultimato con elementi in
stucco: le cornici orizzontali che costituiscono il
basamento e il coronamento delle mense, i riqua-
dri aggettanti intorno ai bassorilievi-candelabre e la
sequenza di piccole foglie di palma che circondano
i bassorilievi centrali (Fig. 1).
COMPOSIZIONE DEGLI ALTARI
Ogni altare presenta cinque bassorilievi con una
ricorrente tipologia iconograca e decorativa, ba-
sata sulla presenza delementi ripetuti ed univoci
per ognuno dei motivi. Si ritrova inoltre anche
il medesimo ordine compositivo, simmetrico ri-
spetto al bassorilievo centrale.
Tre sono gli schemi ricorrenti rappresentati:
- un bassorilievo ottagonale centrale per ogni alta-
re, rafgurante un soggetto religioso unico e mai
ripetuto;
- un bassorilievo rettangolare, con elemento de-
corativo a candelabre (due per altare), collocato ai
lati del bassorilievo centrale;
- un elemento scultoreo posto negli angoli a chiu-
sura della composizione, rafgurante un putto
ornato di volute e festoni, racchiuso entro una
foglia dacanto (due per altare).
Un analogo lo conduttore creativo si riscontra
negli elementi tratti da matrici; cos nelle cande-
labre osserviamo, posti simmetricamente su en-
trambi i lati del vaso antropomorfo, un piccolo
volto di putto alato di prolo, dotato di drappo e
festone simile al grande putto angolare.
GLI ALTARI DELLE CHIESE DI S. GIULIANO A BOLOGNA
E DI S. DOMENICO A BUDRIO
Gianfranca Rainone
* S. Giuliano putto ritrovato
112 112 Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa
i oi S. Doxixico a Buoiio
RISULTANZE STORICO-DOCUMENTARIE E LETTURA
CRITICA
Per gli altari di S. Domenico di Budrio, le scarse
fonti archivistiche superstiti e le fonti storiche non
hanno potuto colmare le lacune delle attuali cono-
scenze circa la loro committenza e le ragioni della
loro costruzione, pur trattandosi di un intervento
unitario di una certa rilevanza, che interess tutte le
cappelle sovrapponendosi a quanto vi preesisteva.
Malgrado ci, basandosi in primo luogo sullanalisi
materiale e stilistica, si pu dedurre la stretta af-
nit progettuale e di esecuzione di questa serie con
quella degli altari di S. Giuliano a Bologna.
Notando tale afnit, nel 1965 Eugenio Ricco-
mini attribuiva allo scultore bolognese Giacomo
Rossi (1748-1817) i bassorilievi centrali adornan-
ti gli altari laterali di S. Domenico e successiva-
mente, nel 1991, anche Stefano Tumidei vi rico-
nosceva lo stile dellartista
2
.
Quanto agli altari di S. Giuliano, lattribuzione
a Giacomo Rossi si ritiene denitivamente con-
fermata da una importantissima testimonianza
coeva al lavoro dellartista, presente nelledizione
del 1782 della guida di Bologna di Carlo Cesare
Malvasia, dove si legge testualmente: la scoltura
dornato non meno che di gura in esso intro-
01. S. Domenico, Deposizione
113 113 G R
dotta s nelle candeliere su le pilastrate, che negli
altari, e loro mense di Giacomo Rossi
3
.
La presenza dello scultore e della sua bottega in
S. Giuliano peraltro documentata negli anni
1780-1781, dove partecipa al rinnovamento
complessivo della chiesa insieme ad altri artisti,
scultori e plasticatori del calibro di Ubaldo Gan-
dol, Carlo Prinetti, Petronio Tadolini e Anto-
nio Moghini, eseguendo oltre ai bassorilievi per
gli altari, anche le statue dei profeti Daniele ed
Ezechiele e le quattro ancone in stucco realiz-
zate congiuntamente ad Antonio Moghini, che
diventano le monumentali cornici degli altari
laterali.
Nei bassorilievi tratti da matrici possibile legge-
re alcuni caratteri tipici del linguaggio gurativo
vivace in voga tra gli artisti bolognesi del perio-
do. Del tutto simile al motivo che adorna il putto
angolare dei nostri altari risulta poi larticolazio-
ne di foglie e ori nel festone che orna la Vestale
che Giacomo Rossi esegue in Palazzo Aldrovandi
a Bologna. Cos come limpostazione dei paliot-
ti centrali ed il vaso con elementi zoomor delle
candelabre sembrano accostabili ad alcuni schizzi
e disegni riferiti allo scultore (Bologna, Biblioteca
Comunale dellArchiginnasio), la cui vasta pro-
duzione graca, tuttavia, attende ancora uno stu-
dio approfondito
4
.
CONFRONTO MATERIALE E STILISTICO, CONSIDERA-
ZIONI SULLA TECNICA ESECUTIVA:
UNICIT E SINGOLARIT DELLE MATRICI
Dallosservazione degli altari emergono interes-
santi elementi di confronto e di conoscenza ri-
guardo alle tecniche di produzione impiegate,
nonch alla metodologia di lavoro della bottega
darte, dove venivano realizzati i calchi e le matrici
degli elementi decorativi ricorrenti. Dal disegno
dellartista era in uso trarre il prototipo, dal qua-
le venivano realizzati due o tre calchi considerati
originali, avviando con questi ultimi la produzio-
ne delle matrici per lesecuzione dei pezzi. Tale
modalit operativa permetteva di salvaguardare il
pezzo originario assunto a modello.
Anche inserite in una composizione rigidamente
simmetrica, le matrici utilizzate per i bassorilie-
vi a candelabre ed i putti angolari mantengono
la loro specicit compositiva: cos nel decoro a
candelabre riscontriamo che il motivo del fuo-
co che si sprigiona dal vaso superiore diretto
sempre verso destra, anche quando posizionato
nellangolo sinistro dellaltare. Ci vale anche
per lelemento scultoreo angolare, dove il volto
del putto risulta incorniciato da due piccole ali
che si uniscono, sovrapponendosi sotto il men-
to, sempre da sinistra verso destra. (Fig. 1).
importante sottolineare che negli altari laterali
di S. Giuliano e di S. Domenico tutti i bassori-
lievi ottagonali centrali presentano misure ana-
loghe e sono riniti con le medesime cornici in
stucco dal motivo vegetale. La sola differenza
la rafgurazione del soggetto religioso, mai ri-
petuto in quanto creazione artistica unica per
ogni altare, collegata al culto specico di ciascun
santo.
Invece, i bassorilievi con motivo a candelabre
risultano composti sempre da due elementi, pre-
sentando una linea di taglio trasversale rispetto
alla loro lunghezza, eseguita per limitarne le de-
formazioni nel processo di essiccazione e cottura
dellargilla, dato che il rapporto lunghezza/spes-
sore considerevole.
opportuno osservare che questa modalit
operativa risulterebbe una scelta individua-
114 114
le di carattere squisitamente tecnico, adottata
nel seno della singola bottega darte, avendo
riscontrato altrove soluzioni diverse: nel con-
fronto esteso alle candelabre della chiesa della
Madonna del Rosario di Cento si pu infatti
notare come queste ultime siano composte da
singoli pezzi.
In San Giuliano si pu osservare unanaloga li-
nea di taglio per gli otto decori; questo ci indu-
ce a ipotizzare la provenienza da una medesima
unica matrice. In San Domenico invece, si ri-
scontrano due linee di taglio diverse; suggeren-
doci la realizzazione di almeno due matrici per
i quattordici elementi posti in opera (Fig. 2).
Questi elementi, una volta usciti dalla fornace e
prima di trovare la loro collocazione allinterno
della composizione, venivano ricomposti nel
manufatto denitivo, ritoccati e accuratamente
riniti. importante osservare che da una ma-
trice potevano duplicarsi soltanto un numero
limitato di pezzi, perch essa si logorava con
lusura. Da ci deriverebbero le differenze nella
nitidezza plastica del modellato riscontrate in
alcune candelabre di San Domenico.
02. Confronto delle linee di taglio dei bassorilievi con candelabre (da sinistra 2 bassorilievi in San Domenico e uno in San Giuliano)
Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa
i oi S. Doxixico a Buoiio
115 115
GLI ALTARI DI SAN GIULIANO E SAN DOMENICO: UN
SOLO PROGETTO, UNA DUPLICE REALIZZAZIONE.
IL RITROVAMENTO DEI PUTTI ANGOLARI
Si pu affermare che il progetto posto in opera
per gli altari di entrambi gli edici religiosi risulta
lo stesso, ma vi sono sostanziali differenze nella
realizzazione, come vedremo pi avanti. Due im-
portanti documenti, attestanti lo stato degli altari
di San Giuliano prima dellintervento di decur-
tazione subito nel 1966, ci confermano in modo
03. (Sopra) Budrio (BO), chiesa San Domenico, foto concessione
di Vittorio Bonaga
(Sotto) Bologna, chiesa San Giuliano (a.1966) su concessione del
Ministero per i beni e le attivit culturali Archivio fotograco
Soprintendenza BSAE di Bologna.
04. San Giuliano putto ritrovato
G R
inequivocabile lunicit del progetto. Il primo
costituito dalle schede storiche conservate presso
lUfcio Catalogo della Soprintendenza BSAE di
Bologna, ove vengono descritti in dettaglio i cin-
que bassorilievi agli altari della chiesa bolognese
cos come si presentavano nel 1931. Il secondo
dalle foto che li ritraggono ancora per poco intatti
nel 1966, conservate nellArchivio fotograco So-
printendenza BSAE di Bologna (Fig. 3).
Purtroppo oggi gli altari laterali di San Giuliano
appaiono in unaltra veste, privata degli elementi
angolari rafguranti putti. Tuttavia il recente ri-
116 116
trovamento da parte di chi scrive (febbraio 2009)
di questi importanti elementi ha permesso di ve-
ricarne morfologia e dimensioni esatte. Come
quelli di Budrio, anchessi risultano costituiti da
due elementi, che si raccordano perfettamente
sotto lala che incornicia il volto del putto, e sono
distinti da una numerazione, che conta tredici
pezzi, cinque in pi rispetto a quelli smontati dal-
le cappelle (Fig. 4). Si osserva inoltre che gli stes-
si putti compaiono anche nellaltare maggiore di
San Giuliano e tutti misurano 80 cm di altezza e
17,50 di larghezza. Il confronto dimensionale che
ne consegue con quelli di San Domenico, alti in-
vece 71 cm, e larghi 16,00 assai avvincente, por-
tando a riscontrare oltre ad una differenza dimen-
sionale, dovuta al ritiro dellargilla, anche piccole
variazioni nella denizione del modellato. Ci
fa ipotizzare che per San Domenico di Budrio,
05. Confronto candelabre (da sinistra Chiesa di San Domenico, Chiesa del Rosario, Chiesa di San Giuliano
Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa
i oi S. Doxixico a Buoiio
117 117
siano state impiegate matrici eseguite copiando i
positivi, precedentemente posti in opera in San
Giuliano di Bologna
5
.
Estendendo successivamente il confronto dei put-
ti a quelli della chiesa della Madonna del Rosario
di Cento, riscontriamo similitudini dimensionali
e di modellato soltanto tra questi ultimi e quelli
di San Giuliano (Fig. 5).
Analizzando ora in dettaglio i bassorilievi con can-
delabre in San Domenico di Budrio per metterli a
confronto con quelli in tutto simili fra loro di San
Giuliano e della Madonna del Rosario, verichia-
mo sostanziali differenze nelle dimensioni (56 cm
di altezza contro i 61 cm dei bassorilievi di Bologna
e Cento) e nel modellato (nella denizione dei vasi,
delle foglie, nel posizionamento dei piccoli volti di
putto rispetto al vaso zoomorfo nella composizio-
ne) (Fig. 6). Le differenze di modellato chiaramen-
te riscontrabili nella Fig. 5, ci parlano del modo di
operare in seno alla bottega darte, dove si lascia
06. Confronto putti algolari (da sinistra Chiesa di San Domenico, Madonna del Rosario, Chiesa di San Giuliano)
G R
118 118
spazio alla singola creativit del plasticatore per de-
nire o rinire alcuni elementi che non vengono
riprodotti conformemente al calco originale, o per-
ch esso non viene accuratamente eseguito, oppure
perch la matrice ha perso la sua denizione.
Si pu affermare che, tratti da matrici, i de-
cori delle candelabre e dei putti degli altari di
San Domenico siano successivi e derivanti da
quelli di San Giuliano, in quanto ottenuti da
positivi precedentemente realizzati. Si conclu-
de pertanto alla luce delle similitudini e diffe-
renze analizzate, che in San Domenico e San
Giuliano presente la medesima impostazione
progettuale, che ha mantenuto per i bassorilie-
vi ottagonali centrali le medesime dimensioni
e lunicit dei soggetti rappresentati, ma viene
espressa con una realizzazione in parte diver-
sa, per limpiego di bassorilievi di serie -putti
e candelabre- ottenuti da positivi precedente-
mente realizzati.
Il ritrovamento dei putti di San Giuliano ha per-
messo inoltre di aprire un approccio parziale di
indagine sulle niture applicate su questi decori,
che si spera possa essere approfondito in futuro.
Va premesso che durante le operazioni di pulitura
condotte nel restauro degli altari di San Dome-
nico, sono emerse niture colorate soltanto su-
gli stucchi, mentre erano assenti sui cotti (putti e
candelabre)
7
. Sui putti ritrovati in San Giuliano,
stato possibile eseguire semplicate analisi stra-
tigrache, riscontrando anche in questo caso la
totale assenza di niture colorate. stata rinve-
nuta invece direttamente sopra la terracotta uno
strato bianco di zinco, sul quale compare una pre-
parazione con laggiunta di colore, rosso matto-
ne. Ci pu essere assimilabile ad un intervento
nale nella preparazione dei cotti prima del loro
assemblaggio, con lo scopo di uniformare la loro
cromia nellinsieme denitivo.
Unannotazione speciale va fatta per gli elemen-
ti costitutivi dellaltar maggiore di San Giulia-
no, costruito su disegno dellarchitetto Ventu-
roli, modicato nel 1856 secondo il progetto
degli architetti Davide Venturi e Costantino
Dalbuono, dove i putti angolari in cotto appa-
iono con niture dorate ad eccezione del volto
07. Sezioni sottili sui putti di San Giuliano (BO): A.- Sezione sul putto ritrovato, si osservi lo strato bianco di zinco e lo strato di nitura
nale di colore rosso mattone. B.- Sezione sul putto dellaltar maggiore, si osservi la preparazione con il bolo e la foglia doro
Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa
i oi S. Doxixico a Buoiio
119 119
e delle ali. Per uno di questi elementi stato
possibile analizzare un frammento, riscontran-
do sopra il cotto la preparazione per il bolo e
la successiva stesura della foglia doro (Fig. 7).
Altro particolare interessante di questo altare
lo troviamo nelle sue bellissime candelabre,
ugualmente dimensionate rispetto a quelle in
cotto degli altari laterali, ma eseguite in legno
nemente intagliato e dorato, che, a differenza
di quelle in cotto delle cappelle laterali, si spec-
chiano nella simmetria della composizione,
verso il lato destro e sinistro.
DIFFUSIONE DEI MODELLI E DELLE MATRICI
NEL TERRITORIO
Al momento stato riscontrato nel territorio
limpiego delle stesse matrici negli altari in cot-
to della Madonna del Rosario in Cento (FE),
dove i medesimi bassorilievi con putto e cande-
labre, trovano collocazione secondo uno sche-
ma differente di aggregazione, ad eccezione di
due cappelle, di cui una del Guercino, dove si
rinnova la disposizione simmetrica, rispetto ad
un diverso decoro centrale.
Dal confronto dei bassorilievi tratti da matrici
emerge una similitudine sia dimensionale che
formale, nonostante la differenza di trattamen-
to nale e di colore, solamente con quelli di
San Giuliano, similitudine che qui ci limitiamo
a segnalare per motivi di brevit. Il fatto che
la collocazione temporale di questi elementi
nella chiesa del Rosario risulti secondo alcuni
studiosi posteriore di quasi un secolo non fa
che confermare la grande diffusione e limpie-
go che questi elementi plastici, particolarmente
radicati nella tradizione artistica ed artigianale,
hanno avuto nel tempo.
NOTE CONCLUSIVE
Il triplice confronto n qui realizzato, che non
sintende esaustivo sullargomento, lascia con-
testualmente aperti alcuni interrogativi sulle
modalit di diffusione e commercializzazione
che nel tempo ha avuto questa particolare pro-
duzione artistica, della quale risultano ancora
sconosciuti molti elementi, compresi i passaggi
dei modelli da una bottega dartista allaltra nel
tempo, come pu essere accaduto per la Ma-
donna del Rosario.
Largomento merita certamente un futuro accu-
rato approfondimento, nalizzato alla miglior
comprensione del percorso seguito dalle opere,
ed al lo conduttore che ne lega contestual-
mente produzione, riproduzione ed evoluzione
artistica dei modelli, continuamente elaborati,
trasformati e reinventati secondo la sensibilit
ed il gusto dellepoca.
A riguardo dellevoluzione dei modelli, si vuole
concludere con un rapido accenno ad un esem-
pio di ulteriore evoluzione estetica dellelemento
scultoreo rafgurante il putto angolare, esempio
riscontrato nellaltar maggiore della chiesa di San
Giacomo Maggiore a Bologna (in numero di 2
elementi), ma proveniente dalla chiesa parroc-
chiale di San Lorenzo in Grecchia, sullAppenni-
no bolognese. Inserito anchesso in una compo-
sizione simmetrica rispetto ad un elemento cen-
trale, fu realizzato nel 1802 dallabile intagliatore
del legno Silvestro Pozzi e ci mostra con ardito
slancio una rafnata tridimensionalit. Come i
putti sopra analizzati, esso presenta tutti gli ele-
menti precedentemente riscontrati, ma composti
secondo una nuova interpretazione artistica: il
volto del putto, le ali, la foglia di acanto, la voluta,
il festone (Fig. 8), e a differenza dei primi, tratti
G R
120 120
da matrici, costituisce una singola creazione ar-
tisitica, trasformazione ed evoluzione acquisita e
consolidata anchessa, di un modello classico ben
pi antico di qualche secolo.
Un ulteriore e doveroso approfondimento
sullevoluzione ancora poco conosciuta di tutta
la produzione artistica degli scultori e plastica-
tori bolognesi della ne del XVIII sec., non pu
prescindere dal prendere metodicamente in con-
siderazione lintensa attivit didattica e cultura-
le esercitata dall Accademia Clementina, fulcro
creatore e propulsore di ideali e cultura, dentro e
fuori lambito bolognese.
RINGRAZIAMENTI
Agli amici Lorenza Servetti, Francesco Caprara
e Mara Gualdoni, che con i loro preziosi suggeri-
menti hanno arricchito questo testo.
08. S. Giacomo Maggiore putto
Gii airaii oiiii cuiisi oi S. ciuiiaxo a Boiocxa
i oi S. Doxixico a Buoiio
1
Il saggio sul restauro appare nella pubblicazione MiBAC
Conservare Restauro Innovare dedicata al Salone del
restauro e della conservazione dei Beni Culturali e Am-
bientali, Ferrara, 2006.
2
Per lattribuzione dei bassolrilievi ottagonali a Giacomo
Rossi: E. Riccomini in Mostra della scultura bolognese
del Settecento, catalogo della mostra, Bologna, 1965, p.
152;. E. Riccomini Vaghezza e Furore. La scultura del
Settecento in Emilia Romagna, Bologna, 1977, p. 151;
S. Tumidei,Terrecotte bolognesi di Sei e Settencento:
collezionismo, produzione artistica, consumo devozio-
nale, in Presepi e Terracotte nei musei civici di Bologna.
Bologna, 1991, p. 47. La proposta attributiva stata di
recente ripresa, a seguito di una generale ricognizione
storico-documentaria sugli altari, da Eleonora Mello-
ni: Approfondimento della ricerca storica sugli altari in
cotto e stucco della chiesa di San Domenico in Budrio
(BO) per la Soprintendenza BASE di Bologna, proto-
collo 7.342 del 11/11/2008; Eadem, La chiesa di San
Domenico a Budrio. Guida storico-artistica, a cura di F.
Caprara e L. Servetti, Bologna, 2008, pp. 48-53.
3
C.C. Malvasia, Pitture, scolture ed architetture delle chie-
se luoghi pubblici, palazzi e case della citt di Bologna, e
suoi sobborghi, Bologna, 1686; ed.cit. Bologna, 1782.
4
S. Tumidei, Contributo a Giacomo Rossi scultore e dise-
gnatore, in Arte a Bologna bollettino dei musei civici di
arte antica, pag 125-137, la raccolta di schizzi e disegni
presentati a pag. 127, gura 7:Foglio di schizzi; pag.128,
g.9: Scene allantica; pag 130, g. 11 Studio per Sacra
Famiglia; pag.134,g.23 Vestale.
5
Si ritiene doveroso correggere quanto abbiamo preceden-
temente aermato (La chiesa di San Domenico cit., p.
57) sulle uguali dimensione dei putti angolari della chiesa
di San Domenico e San Giuliano. La scoperta dei putti
degli altari laterali di San Giuliano nel gennaio del 2009,
ha permesso lesecuzione di riscontri e confronti diretti
sulle opere, vericando le dierenze di dimensioni e di
modellato qui rappresentate.
6
Per approfondimenti si veda il saggio della scrivente in La
chiesa di San Domenico a Budrio cit., pp. 54-61.
121 121
C.C. Malvasia, Pitture, scolture ed architetture del-
le chiese luoghi pubblici, palazzi e case della citt di
Bologna, e suoi sobborghi, Bologna, 1686; ed.cit.
Bologna, 1782.
E. Riccmini, Mostra della scultura bolognese del
Settecento, catalogo della mostra, Bologna, 1965
G. Roversi Gli arredi sacri di San Giacomo Mag-
giore in Il tempio di San Giacomo Maggiore in
Bologna, pag. 187-214. Bologna, 1967.
E. Riccmini, Vaghezza e Furore - La scultura del
settecento in Emilia Romagna Bologna, Zanichel-
li, 1977.
S.Tumidei, Terrecotte bolognesi di Sei e Settencento:
collezionismo, produzione artistica, consumo devo-
zionale, in Presepi e Terracotte nei musei civici di
Bologna. Pag. 21-51, Bologna 1991.
S. Tumidei. Contributo a Giacomo Rossi scultore e
disegnatore, in Arte a Bologna bollettino dei mu-
sei civici di arte antica n 2, pag 125-137, Bolo-
gna 1992.
A.N. Cellini, La scultura del settecento in Storia
dellArte in Italia. Utet, Torino, 1982.
N. Roio. Le opere darte in san Giuliano, in S.
Giuliano e S. Cristina, due chiese in Bologna,
storia, arte e architettura. Pag.143-177. Bolo-
gna 1997.
G. Gresleri. San Giuliano una chiesa in forma di
tempio antico in S. Giuliano e S. Cristina, due
chiese in Bologna, storia, arte e architettura. Pag.
60-103. Bologna 1997.
I grandi disegni italiani della Pinacoteca Naziona-
le di Bologna di Bologna. Bologna, 2002.
L. Samoggia. Valori urbanistici e interventi archi-
tettonici in La Chiesa del Rosario, pag 47-65. Bo-
logna 2003.
S. Tumidei. Disegni di scultori bolognesi nella
collezione Certani, in Saggi e Memorie di Sto-
ria dellArte, pag. 399-438. Fondazione Giorgio
Cini. Istituto di Storia dellArte. Venezia 2003
E. Melloni in La Chiesa di San Domenico a Bu-
drio, guida storico-artistica. Pag. 26-35. Bologna
2008.
Schede dellUfcio Catalogo della Soprinten-
denza BSAE di Bologna. 1931, Chiesa di San
Giuliano. 1996, chiesa della Madonna del Ro-
sario di Cento
Foto
La fotograa in b/n dellaltare di San Giuliano
proviene dallArchivio Fotograco della Soprin-
tendenza BASE di Bologna, MiBAC.
Le foto a colori sono di Vittorio Bonaga, Eleono-
ra Melloni e Gianfranca Rainone
B
122
I
n questi ultimi anni la Soprintendenza ha
svolto consistenti lavori di restauro nellex
monastero benedettino dei SS. Pietro e
Prospero a Reggio Emilia, pi noto con il
nome di Chiostri di S. Pietro
1
. Dal 1861
caserma militare e dagli ultimi anni Ottanta abban-
donato a se stesso, questo monumento dellarchitet-
tura del Cinquecento rimasto chiuso al pubblico e
praticamente sconosciuto, se non a pochi specialisti
della materia. Tra questi, Bruno Adorni e Elio Mon-
ducci ne hanno evidenziato la qualit architettonica,
lopera di Bartolomeo Spani nel chiostro piccolo e
il contributo di Giulio Romano nelle facciate del
chiostro grande
2
, queste ultime gi restaurate dalla
Soprintendenza nel 1989-94. Alle evidenze criti-
che e documentarie gi messe in luce, si aggiungo-
no oggi le scoperte e i rinvenimenti eettuati negli
ultimi lavori, che permettono di apprezzare ancora
di pi leccezionale monumento-documento, che i
lunghi anni di abbandono e di permanenza dei mi-
litari avevano fortemente compromesso nella sua
immagine e struttura. Appena entrati limpressione
che si aveva era quella di una caserma abbandonata
e danneggiata dallincuria, luogo dei rave estivi, che
avevano lasciato il loro segno artistico nei murales
improvvisati sulle pareti. I due chiostri rinascimen-
tali avevano gran parte delle arcate tamponate, i
portici apparivano sfregiati, chiusi e frazionati, per
ricavarne le camerate per i soldati e gli altri ambienti
ad uso della caserma (cucine, servizi igienici etc.).
questa unopera darte disvelata, che ha richiesto
tempi lunghi di lavoro, dedicati nella fase iniziale
alla descialbatura delle incongrue straticazioni di
pittura sovrapposte agli intonaci antichi, agli stucchi
e agli apparati decorativi. Si passati poi alle ope-
re di liberazione con la demolizione dei tanti muri
che chiudevano i portici e frazionavano gli ambienti
interni, riportando in luce, sulla scorta delle piante
storiche e delle evidenze in sito, limpianto ancora
leggibile e fortemente connotativo del monastero,
nelle sue documentate fasi storiche che precedono la
trasformazione in caserma (Fig. 1).
I CHIOSTRI DI S. PIETRO A REGGIO EMILIA
NOTE SUI RESTAURI
Antonella Ranaldi*
01. Ex monastero dei SS. Pietro e Prospero a Reggio Emilia, pro-
getto di restauro e recupero funzionale. Nei lavori eseguiti dalla
Soprintendenza nel 2005-09 i portici tamponati sono stati ria-
perti e liberati gli ambienti dalle incongrue aggiunte e tramezza-
ture interne. Importanti scoperte e rinvenimenti hanno permesso
di riportare in luce e restaurare: gli areschi del 1526 di Simone
Fornari nel braccio ovest del chiostro piccolo (in basso a sinistra);
gli areschi a grottesche e scene di paesaggio nella Cappellina adia-
cente al chiostro piccolo; le decorazioni della Sala del 1820; le de-
corazioni nelle Sette sale a nord (nella pianta in alto)
Chiostri di S. Pietro a Reggio Emilia, portico del chiostro piccolo
dopo il restauro
* Con la collaborazione di Francesco Eleuteri
e di Domenico Rivalta per la parte strutturale
124 124 I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
In queste note dedicheremo brevi menzioni agli
areschi e agli apparati decorativi, che scoperti e
restaurati sono oggi ben visibili, e saranno oggetto
di studio e approfondimento da parte degli spe-
cialisti della materia. Dopo una sintesi sugli esiti
dei restauri architettonici e pittorici, ci sembra-
to interessante dare spazio anche ad altri aspetti
forse meno eclatanti, ma comunque signicativi,
che riguardano tecniche e sistemi costruttivi della
fabbrica cinquecentesca e gli interventi di conso-
lidamento e miglioramento strutturale progettati
ed eseguiti dalla Soprintendenza.
BREVE CRONISTORIA DELLA FABBRICA
Lantico monastero si articolava intorno ai due
chiostri rinascimentali, ed occupava larea intra
moenia, vicina alla chiesa dei SS. Pietro e Pro-
spero, che dalla via Emilia arrivava in origine,
con gli orti retrostanti, no alla vecchia cinta
muraria. Si inizi ledicazione a partire dal
chiostro piccolo, dal lato della via Emilia, ope-
ra di Bartolomeo Spani e Leonardo Pacchioni
del 1524-26, arescato da Simone Fornari nel
1526 (Figg. 2-5). Segu a partire dal 1542 la re-
alizzazione del chiostro grande, ispirato da Giu-
02. Chiostro piccolo, dopo il restauro e la riapertura delle ar-
cate tamponate
03. Portico del chiostro piccolo, braccio ovest. Areschi di Si-
mone Fornari del 1525-26. La volta arescata a nti lacu-
nari ottagonali. Il motivo delle archeggiature su colonne binate
riprodotto nella parete di fronte ad incorniciare le scene di-
pinte a monocromo
125 125 A R
lio Romano, per il tramite degli architetti locali
Alberto e Roberto Pacchioni (Fig. 7). In questa
prima fase di lavori, no ai primi anni Sessan-
ta del Cinquecento, si realizz il braccio ovest,
che si snoda dal chiostro piccolo, e a seguire
quello nord con il dormitorio. Questultimo fu
ricostruito o riparato, perch minacciava rovi-
na, da Prospero Pacchioni nel 1580, forse con
la consulenza di Giulio della Torre, che gura
tra i periti della fabbrica, autore da l a poco
del progetto della contigua chiesa del 1584-85.
Il bolognese della Torre era del resto legato ai
benedettini e realizz per essi il monastero di
San Procolo a Bologna. Nel 1584-88 si demol
la chiesa vecchia che occupava larea libera del
chiostro grande e quella ancora non edicata sul
lato est e sud. A quel punto si pot proseguire la
costruzione del chiostro, che si protrasse no al
1622, quando venne completato lintero peri-
bolo. Nel 1636 e nel 1680 fu progressivamente
abbassato il livello dellarea libera del chiostro
grande. Nel 1676 e nel 1697 si ripararono le
volte e le coperture del dormitorio sul lato nord
del chiostro grande. Trasformato in Ritiro del-
04. Simone Fornari alias Moresini, areschi del 1525-26 nel
portico delchiostro piccolo
05. Simone Fornari alias Moresini, areschi del 1525-26 nel
portico delchiostro piccolo
126 126
le dame dal 1783 al 1796, subito dopo, duran-
te il periodo della dominazione napoleonica, si
voleva diventasse la sede dei tribunali. Risalgo-
no a questo periodo le decorazioni della Sala
della Giustizia. Con la restaurazione estense,
dopo il 1815, il complesso divenne Educanda-
to per fanciulle. La facciata sulla via Emilia fu
riprogettata in veste neoclassica da Domenico
Marchelli nel 1818 (Fig. 9) e nel 1818-1820 gli
ambienti dellex cellerario furono trasformati e
adibiti a tempio ebraico o a sala massonica. Dal
1861 il complesso fu inne destinato a caserma
militare e tale rimase no allinizio degli ultimi
anni Ottanta. Da allora ledicio fu abbando-
nato e rimase misconosciuto al pubblico e in
attesa di una nuova destinazione.
SCOPERTE, RINVENIMENTI E RESTAURI
CHIOSTRO PICCOLO
Sin dai primi sondaggi, al di sotto dei tanti
strati di tinteggiature comparivano tracce si-
gnificative di affreschi e decorazioni: autentici
capolavori, soprattutto alcuni, riportati in luce
e restaurati. Tra questi, primeggiano gli affre-
06. La Cappellina arescata con grottesche e scene di paesaggio, presenta al centro della volta una rota porretica dipinta. Prima del
restauro lambiente era destinato a locale tecnico della caserma ed alloggiava una caldaia, con una tubazione che traforava la volta.
Met degli areschi cinquecenteschi sono andati perduti, laltra met era coperta da pi strati di pittura. Gli areschi che si sono
salvati sono stati riportati in luce e restaurati
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
127 127
schi nel chiostro piccolo del 1526 di Simone
Fornari alias Moresini (1479-1529), noti dalle
testimonianze documentarie e dalle esigue por-
zioni che rimanevano a vista
3
, che malamente
restaurate in passato non rendevano la qualit
dei dipinti; la gran parte di essi era invece coper-
ta dalle successive tinteggiature, anche recenti
(Fig. 3-5). Dopo unattenta opera di descialba-
tura e di rimozione degli strati sovrapposti, ri-
comparsa la decorazione della volta a botte del
portico ovest, interamente arescata a lacunari
ottagonali in rosso di Verona, su fondo chiaro
dalle venature ambrate, espressione di ricercata
simbiosi tra pittura e architettura (Fig. 3). Sulle
pareti le parti meglio conservate rappresentano
una Nativit, in un ambiente accentuatamente
muliebre, che raffigura in sequenza scene legate
al parto, e a seguire una raffigurazione, pur-
troppo mutila nella parte bassa, con in primo
piano un gruppo di figure, vestite secondo i co-
stumi del tempo, e sullo sfondo il paesaggio che
sconfina dietro mura di citt in morbide colline
(Fig. 5). Le scene dipinte a monocromo sono
inquadrate da arcate e colonnine doppie, che
riproducono speculari larchitettura policroma
del portico, a colonne binate e alternate in bian-
cone e rosso di Verona, riproducendone forme
e materiali. Anche gli elementi in cotto delle
cornici e dei sottarchi erano trattati a simulare i
pregiati rivestimenti in marmo rosso di Verona,
come dimostrano sia le tracce in sito, visibili
soprattutto nelle parti pi protette e sotto le
tamponature, sia la loro fedele rappresentazione
nellaffresco (Fig. 4). Tali aspetti costituiscono
unalta espressione del sincretismo tra le arti,
che connota leccezionale qualit del chiostro
piccolo, dove lavorarono lo scultore Bartolo-
meo Spani, larchitetto Leonardo Pacchioni e il
pittore Simone Fornari. Larchitettura sconfina
nella pittura e larchitettura si connota di for-
ti cromatismi, negati invece alle scene dipinte
a parete, dove si scelse invece il monocromo.
Il programma di questo importante ciclo pit-
torico enunciato gi chiaramente nellincari-
co conferito dai padri benedettini nel 1525 a
Simone Fornari (alias Moresini), dove il testo
che descrive loggetto della convenzione pone
laccento proprio sullarchitettura picta del cas-
settonato, dei cornisamenti contrafacti de mar-
mori, delle colonne ficte de marmore de Verona
4
.
Nel chiostro piccolo la riapertura delle arcate
tamponate ha ricreato le condizioni della cor-
retta percezione sia dellarchitettura che degli
affreschi, in un gioco di rimandi dallarchitet-
tura picta a quella reale. Questultima colpisce
per larditezza della soluzione dei sostegni: esili
e affusolate colonnine doppie, che rendono il
portico magnificamente aereo, sensazione ac-
centuata dal contrasto con la massa muraria
della fascia superiore, interamente chiusa per
ragioni costruttive, dettate dalla scelta di volta-
re a botte i portici, che presentano inoltre quat-
tro cupolini agli angoli (Fig. 2). Le bifore sul
terzo registro risalgono invece ad un restauro
stilistico, di marca ottocentesca. Le colonnine
binate, liberate dai muri che vi si addossavano,
una volta pulite hanno riacquistato la loro co-
lorazione, a seguito del trattamento con olio di
lino, alleggerito con solventi al nitro e successi-
va patinatura a cera. La scelta del sobrio tusca-
nico si addiceva a celebrare i due santi Pietro e
Prospero; il ritmo binato, che richiama anche
la doppia dedicazione, invece, offre una rara
rielaborazione, tutta rinascimentale, dei chio-
A R
128 128
benedettini di Montecassino e di S. Paolo fuori
le mura a Roma, rivisitati per il tramite della
cultura antiquaria, che in modo convincente
Bruno Adorni riferisce al disegno di Cesariano
del Gymnasium vitruviano (1521)
5
.
Accanto al portico, nel piccolo locale dove cera la
caldaia della caserma, le cui condutture foravano
la volta, ricomparso il gioiello della Cappellina,
ornata a grottesche e scene di paesaggio. Met del-
le pitture sono andate perdute, laltra met stata
riportata in luce e restaurata. Nel sotto voltato si
riconosce la rota porretica dipinta al centro, nelle
grottesche esotiche gure africane busti nei pen-
nacchi e scene di paesaggi nelle pareti (Fig. 6).
CHIOSTRO GRANDE
Le ricerche di Bruno Adorni hanno introdotto nuo-
vi elementi nello studio del chiostro grande: antici-
pando linizio della costruzione, ritenuta in passato
tardo cinquecentesca, ai primi anni Quaranta del
Cinquecento; ricostruendo quindi su base docu-
mentaria le fasi di edicazione; inne riconoscen-
do nellideazione dellopera, come gi aveva intuito
Adolfo Venturi nel 1924, linuenza determinante
di Giulio Romano, attivo in quegli anni nel vicino
monastero benedettino di S. Giovanni in Polirone.
Come conferma lanalisi stilistica, la paternit del
progetto spetterebbe quindi a Giulio Romano. Gli
esecutori dei lavori furono gli architetti reggiani,
dapprima Alberto Pacchioni, che realizz il braccio
ovest, nord e parte di quello est con il dormitorio
sul lato nord, seguito da Prospero Pacchioni, a cui
si deve la ricostruzione del dormitorio sul lato nord
a partire dal 1580.
In fase di progetto si arontata lannosa questio-
ne della quota del chiostro grande. Si riteneva in
passato che la quota attuale fosse il risultato di un
abbassamento dovuto ai militari, e da l erano state
avanzate ipotesi di rialzare il livello ad una quota
presunta originaria. Una foto della seconda met
dellOttocento
6
mostra invece lintero piano basa-
mentale chiuso a bugnato e, sotto le arcate, la serie
di aperture quadrate a bocca di lupo del piano sot-
tostante. Sebbene sia molto probabile che la quota
di progetto fosse eettivamente pi alta di quella
attuale, fatto questo non indierente per capire la
lettura delle facciate dimpronta giuliesca, di-
cile pensare che a quella quota si arriv mai, in
quanto ci avrebbe richiesto consistenti opere di
riporto di terreno, non documentate. Al contrario,
nito il peribolo del chiostro, la cui realizzazione
si protrasse dal 1542 no al 1622, si pens non
solo a non rialzare il terreno, bens, dapprima nel
1636 e successivamente nel 1680, per rendere pi
salubri gli ambienti seminterrati, si lev progressi-
vamente la terra, per giungere alla quota attuale,
realizzando inoltre nel 1680 una grotta ninfeo po-
sta al centro della facciata sud, riconoscibile nella
nicchia rinvenuta nel corso dei lavori. Si previsto
quindi il ripristino del bugnato e della continuit
del piano basamentale con le aperture originarie
delle bocche di lupo, nellaspetto documentato
dalla fotograa tardo ottocentesca, mantenendo
la quota attuale con una sistemazione a giardino
che a livello solo percettivo restituisca la lettura
dei prospetti e delle proporzioni, come era stata
concepita nel progetto iniziale
7
. Ulteriori elementi
a favore dellipotesi di una quota di progetto pi
alta di quella attuale vengono dalla posizione delle
bocche di lupo originarie, richiuse dai militari, e
ora riportate in luce (Fig. 7).
Ledicazione si protrasse quindi nel tempo, attra-
versando fasi costruttive e rifacimenti. La fattura
delle singole parti, soprattutto nelle niture, in
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
129 129
quanto ad accuratezza e tecnica esecutiva, rende
conto delle diverse fasi di realizzazione. La fattura
pregiata dei bei capitelli ionici allantica in stuc-
co del portico ovest, il primo ad essere realizzato,
non venne eguagliata nelle restanti parti, dove si
ricorse anche a capitelli in cotto. Le stesse policro-
mie della fabbrica cinquecentesca vennero presto
occultate da successive pitture di colore ocra.
Mentre si completava la fabbrica, nel Seicento i
benedettini pensavano gi ad un possibile amplia-
mento sul lato est, con laddizione di un altro dor-
mitorio, di impianto analogo a quello realizzato
sul lato nord, servito da una scala posta allangolo
nord-est. In previsione di realizzare laddizione ri-
masta sulla carta, di cui abbiamo testimonianza
nelle aggiunte al disegno di Giulio della Torre
8
, la
facciata esterna verso oriente non venne mai com-
pletata, come dimostrano le impronte delle aper-
07. Chiostro grande ispirato da Giulio Romano, lato est dopo la riapertura delle serliane e delle bocche di lupo, tamponate dai mi-
litari.
A R
130 130
ture predisposte al piano superiore, per accedere
alla galleria di progetto sul lato est, poi non rea-
lizzata. Gli stessi portali, sulla parete perimetrale
del portico verso oriente, rimasero a lungo aperti,
vennero infatti tamponati solo successivamente
dai militari. Il progetto ne prevede la riapertura.
PORTICO DEL CHIOSTRO GRANDE.
INDAGINI STRATIGRAFICHE E LETTURA DELLE CROMIE
Le lesene in mattoni del portico, con i ranati
capitelli di ordine ionico in stucco bianco (o in
cotto nito in stucco bianco), riecheggiano il bi-
cromatismo del chiostro piccolo. Il fusto era colo-
rato con un sottile strato di pittura rosso intenso,
ancora ben leggibile nelle lesene del portico nord
(verso le Sette sale). Le analisi di laboratorio pre-
cisano le stratigrae rilevate:
laterizio rossastro di sottofondo (parte mu- -
raria);
sagramatura di colore nocciola a base di calce -
carbonatata e pochi inerti di natura pretta-
mente carbonatica, taluni di colore rossastro;
sottile pennellata di colore rosso riconducibile -
ad una stesura, probabilmente data a colla, a
base di ocra rossa e poco carbonato di calcio.
Seguono i numerosi strati sovrapposti: bruna-
stro, bianco, grigio bluastro chiaro etc., no a
ben 13 strati.
Nel capitolato del 1582, si specicano le tecniche
di stabilitura, fregatura e pulitura dei fusti, che
erano trattati e lisciati in modo da ricevere e man-
tenere il colore, da dare non solo alle lesene, ma
anche ai fregi, cornici e basi: et fregar la colonna
acci possa ricever et mantener il colore che se gli
dar, et essi maestri saranno obbligati a darli quel
colore che gli sar ordinato non solo a dette colonne,
ma anco ai frisi, cornise et base
9
.
Il documento, senza specicare quali colori si vo-
lessero usare, prova che il trattamento cromatico
era previsto gi nella fase di preparazione del fon-
do. Questa testimonianza datata 1582 si riferisce ai
lavori di aggiustamento e adattamento del portico
sul lato nord, compiuti dal reggiano Prospero Pac-
chioni con il contributo del bolognese Giulio della
Torre, a seguito della parziale demolizione del dor-
mitorio. Lintonaco delle parti murarie (sfondati)
ha il colore sabbia dellinerte usato nella miscela
della malta. Vi applicato sopra uno strato pitto-
rico bianco dato a tre mani. Le cornici, frontoni,
fregi dei portali sono bianchi, con parti di colo-
re rosa (conchiglia sul portale in fondo al portico
ovest sulla parete nord) e accole di colore rosso.
La scelta del bianco e del rosso conferma le cro-
mie dominanti nel chiostro piccolo. Concorda
inoltre con larchitettura delle facciate del chio-
stro grande, restaurate dalla Soprintendenza nel
1989-1994. La relazione di Giorgio Torraca, sul-
le indagini eettuate a quellepoca, evidenziava
nelle conclusioni: La policromia originale della
facciata sembra quindi riconducibile a tre colo-
ri: grigio-azzurro per tutte le supercie bugnata
(con eccezione dei fusti delle lesene), bianco per
lornamentazione architettonica (cornici, modi-
glioni, architravi, capitelli, basi, frontoni, cimase,
ecc.) e rosso per le fasce orizzontali ed i riquadri.
Torraca rileva inoltre che lultimo strato era di
colore giallo ocra. Questo strato ocra di natura
pulvirulenta, steso sulle lesene, sui capitelli in ges-
so, sulle basi e sugli archivolti, si riscontra anche
allinterno del portico sopra le cromie originali.
Limmagine architettonica e pittorica del chiostro
grande rimanda ad ambientazioni di ispirazione
tardo-imperiale, come ritratte nelle pitture rina-
scimentali. Si risente linuenza di Giulio Ro-
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
131 131
grandi furono interamente arescati sulle volte
e sulle pareti tra la ne del Settecento e i primi
dellOttocento. Troviamo la sala con pitture di
paesaggi e architetture dipinte (Fig. 8) e la sala
della Giustizia con la ragurazione dei Dodici
Cesari sul fregio e le decorazioni a grottesche su
fondo rosa, di et napoleonica. Anche queste
del tutte ignote, ed entrambe riportate intera-
mente in luce.
Nel locale dellex cellerario, nel corpo ovest ac-
canto alla chiesa, si scoperta la del tutto ine-
dita sala del 1820 che, per la simbologia delle
decorazioni e limpianto spaziale, fa pensare o ad
un tempio ebraico o ad una sala massonica. Fu
realizzata probabilmente da Domenico Marchel-
li, lo stesso autore che nel 1818 aveva fornito il
disegno della facciata sulla via Emilia.
Il rinnovamento compiuto dopo la restaurazio-
ne estense interess dapprima la facciata, inse-
rita nel progetto pi ampio alla scala urbana
della quinta stradale che abbracciava i prospetti
sulla via Emilia no allArco del Follo. Mar-
chelli realizz una facciata dimpronta neoclas-
sica, interamente cieca, con ampie porzioni
a bugnato liscio e cornicione sporgente. Laf-
faccio, chiuso allesterno, dava invece verso il
chiostro interno. Sebbene non ci siano nestre
sulla facciata verso la strada, larchitetto ne ri-
propose il disegno nella serie di nte nestre
su due registri, sopra lalto piano basamentale,
rappresentate a persiane chiuse. Il restauro ha
riproposto le coloriture della facciata del 1818
e le nte persiane dipinte, sulla base delle tracce
ancora riconoscibili sul prospetto laterale verso
il sagrato della chiesa (Fig. 9).
Tra i disegni di Domenico Marchelli, insieme
a quelli della facciata compare una sezione che
mano, il policromatesmi di villa Lante e di San
Benedetto in Polirone. La scelta del rosso per le
lesene pu avere anche un signicato simbolico,
il colore prescelto per rappresentare il martirio dei
Santi Pietro e Prospero.
Lintervento nel portico, sebbene non portato a
termine, stato impostato e realizzato nelle prime
campate del braccio ovest. Per le lesene del porti-
co si voluto conservare limmagine segnata dal
tempo, rinunciando a vani ripristini e imitazioni.
Nello stesso tempo, si tenuto conto della ne-
cessit di omogeneizzare limmagine e facilitare la
lettura dinsieme, suggerendo le principali cromie
degli elementi architettonici, con trattamenti lie-
vi, sottotono e non coprenti. da evitarsi infatti
lenfatizzazione del color cotto dei mattoni delle
lesene, che non propria di questa architettura,
quanto mai lontana dalle intenzioni degli arteci,
che sia nel chiostro piccolo che nel chiostro gran-
de si adarono a sapienti tecniche di simulazioni,
volte ad imitare i marmi colorati. Lintervento ri-
produce sottotono i cromatismi originali dellor-
dine architettonico: basi, capitelli e trabeazione di
colore bianco; fusto delle lesene di colore rosso.
indispensabile inoltre minimizzare gli inestetismi
degli inserti murari nuovi e degli strati di catrame
sovrapposti. In particolare, il colore dei capitelli e
dei fusti acquista particolare evidenza. Le lesene
infatti scandiscono lo spazio e la sequenza delle
campate nel magnico cannocchiale visivo del
portico con i monumentali portali sullo sfondo.

LE SETTE SALE, LA SALA DEL 1820 E LA FACCIATA
SULLA VIA EMILIA
Passando allala nord del chiostro grande, dopo
aver percorso il braccio ovest del portico, si
attraversano le Sette sale. I due ambienti pi
A R
132 132
ragura lambiente dellex cellerario
10
; presumi-
bilmente si tratta di uno studio preliminare alla
trasformazione della sala dellex cellerario che,
sulla base delliscrizione ancora leggibile, pos-
siamo datare al 1820. In quegli anni, successivi
alla restaurazione estense, tramontato il proget-
to napoleonico di trasformare lex monastero in
sede dei tribunali, il complesso venne adibito a
Educandato per fanciulle. Ma evidentemente
la porzione ovest che aveva accesso dal sagrato
08. Sala decorata con quadrature, paesaggi e architetture dipinte, riportata in luce durante il restauro (ala nord del chiostro
grande, Sette sale)
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
133 133
della chiesa era separata e autonoma dal resto. La
sala decorata secondo il repertorio della sim-
bologia ebraica con il candelabro a sette bracci,
laurora, le are votive, nti cassettonati, pareti di
colore verde e zoccolatura rossastra.
IL MIGLIORAMENTO STRUTTURALE
Liter metodologico degli interventi strutturali
qui illustrati si pone nella logica del migliora-
mento, come inteso nelle Raccomandazioni del
1986
11
e nelle pi recenti Linee guida per la va-
lutazione e riduzione del rischio sismico (2006)
12
,
con lobiettivo quindi di aumentare il grado di
sicurezza della costruzione, senza stravolgerne
il comportamento strutturale, nella prospettiva
di un miglioramento delle condizioni generali,
con interventi non invasivi, formulati tenendo
conto dei principi propri del restauro: minimo
intervento, compatibilit, reversibilit; con-
ciliando le esigenze della tutela e della cono-
scenza delle speciche tecniche impiegate nella
costruzione storica, con il recupero funzionale
e la nuova destinazione del complesso.
Le maggiori debolezze strutturali riguardava-
no il corpo est del chiostro piccolo e lala del
dormitorio sul lato nord del chiostro grande.
Rispetto ad alcune soluzioni che evidenziavano
una notevole vulnerabilit strutturale, si sono
valutati gli accorgimenti propri della struttura
originaria tardo cinquecentesca, e contestual-
mente gli interventi successivi che ne avevano
inconsapevolmente compromesso il comporta-
mento strutturale. Gli interventi sono stati im-
prontati al ripristino della continuit e solidit
muraria e dello schema strutturale originario,
migliorato nei punti di maggiore vulnerabi-
lit, soprattutto attraverso presidi in ferro di
varia foggia, catene, cerchiature, tiranti, stae,
controventature, che interagiscono tra loro in
modo assicurare alle strutture un maggiore gra-
do di sicurezza.
DORMITORIO
La costruzione del dormitorio, sul lato nord del
chiostro grande, aveva dato gi in origine grossi
problemi di stabilit. Dopo non molti anni dalla
sua realizzazione (ca. 1560-64), le coperture mi-
nacciavano rovina, tanto che nel 1575 fu necessario
demolirle. Furono quindi nominati nel 1579 e nel
1580 i periti per valutare i danni alla fabbrica, e dal
1580 no al 1585 fu ricostruita quasi integralmen-
09. Facciata sulla via Emilia. Il restauro ha privilegiato laspet-
to della facciata neoclassica, realizzata su progetto di Domenico
Marchelli del 1818, profondamente snaturata dal tempo e dagli
interventi dei militari. La facciata fu progettata interamente
chiusa, con partiture a bugnato liscio e nte nestre; nel restauro
si sono riproposte le cromie originarie e le decorazioni delle nte
nestre con persiane chiuse
A R
134 134
te dalle fondamenta lala nord del chiostro grande,
recuperando tratti delle muraglie della costruzione
precedente. Nel 1676 e nel 1697 si ripararono le
volte e le coperture del dormitorio, probabilmen-
te danneggiate dal terremoto che colp Reggio nel
1671. A partire dal periodo napoleonico e negli
anni successivi furono eettuate consistenti demo-
lizioni, tra cui quelle delle partiture trasversali che
dividevano le celle dei monaci al piano superiore,
mentre al piano inferiore vennero demoliti i muri
interni di partizione delle due sale accanto a quella
centrale. Nel rilievo-progetto di Pietro Marchelli
del 1860
13
, che precede di un anno linsediamen-
to dei militari, si riconosce che la galleria centrale
del dormitorio era stata divisa in due, e sulle ali
in luogo delle celle correvano due corridoi liberi.
I muri longitudinali del dormitorio, privati dei
contrasti trasversali, divennero in questo modo
assai pi vulnerabili.
Dopo linsediamento dei militari, si aprirono gran-
di arcate nella galleria e sulla volta si aggiunsero alle
catene originarie altrettante catene doppie ancora-
te ai muri verticali delle lunette, invece che nella
posizione corretta alle reni. Tiranti in ferro furono
posti paralleli ai muri lunghi, ancorando ad essi la
parete corta est. Massicce furono anche le aperture
di canne fumarie e tamponamenti in muratura in
foglio, che hanno contribuito in modo consistente
ad indebolire le strutture verticali.
Ragionando per macro elementi e osservando la
sezione del dormitorio e larticolazione in pianta ai
vari piani, si evidenziano le situazioni di maggiore
vulnerabilit, confermate dai cinematismi e dalle
patologie di danno rilevate sulle strutture. Nelle
coperture e nel sottotetto, i puntoni sulle ali eserci-
tano una spinta verso lesterno, i cui eetti si river-
savano specialmente nel muro nord del sottotetto,
ruotato verso lesterno; siologicamente debole
anche perch costituito da un muro di mattoni ad
una testa intervallato da pilastrini, in corrispon-
denza dei puntoni. Porzioni della copertura e del
solaio su questo lato erano difatti gi crollate per
eetto della rotazione del muro verso lesterno e lo
slamento delle travi. Rimosse nel corso dei lavori
10. Sezione del dormitorio, ala nord del chiostro grande. In-
terventi nalizzati al contenimento della spinta dei puntoni
sulle ali e al miglioramento strutturale della galleria voltata del
dormitorio, mediante: nuove catene poste alle reni della volta
in aggiunta a quelle esistenti, con capo chiave costituito da un
prolato che corre lungo i muri longitudinali, a cui si collegano
i tiranti, posti nel sottotetto sulle ali della volta, di ancoraggio
dei puntoni liberi, con stae a forchetta; controventature a cro-
ce di S. Andrea sulle ali al piano primo, poste allinterno dei
muri ricostruiti, di ripartizione delle celle
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
135 135
le pi recenti tinteggiature, si potuto riscontrare
nel dormitorio un quadro fessurativo non rileva-
bile allinizio, costituito da lesioni ad andamento
prevalentemente verticale, talune delle quali attra-
versavano la volta della galleria, gi richiuse in ce-
mento dai militari, che avevano poi ritinteggiato
le pareti. Si trattava quindi di lesioni comunque
non di recente formazione, ma indicative di passa-
ti cinematismi e di una situazione di vulnerabilit,
rispetto soprattutto ad eventuali azioni di natura
sismica. La galleria del dormitorio lunga mt. 45
coperta con una volta a botte ribassata e lunettata,
costituita da mattoni posti in piano. Le volte degli
ambienti pi grandi al piano sottostante si presen-
tavano lesionate in chiave nel punto dove poggia il
muro superiore del dormitorio in falso che, come
si legge nella sezione, privo del corrispondente
muro longitudinale al piano sottostante ed appog-
gia invece sui setti trasversali che dividono le sot-
tostanti sette sale (Fig. 10). Le volte e le murature
del piano inferiore al seminterrato si presentavano
in buone condizioni, con volte solide costituite da
muratura a una testa.
Nel progetto si era posta lattenzione sul muro co-
siddetto in falso del dormitorio, prevedendo di ren-
dere pi solidale la struttura muraria della galleria
con tirantature attive e pretese, allo scopo di conferi-
re al muro un comportamento similare ad una trave
appoggiata. Tale intervento si rilevato nel corso dei
lavori non idoneo alla reale consistenza dei muri,
che soprattutto nelle parti alte della galleria presen-
tavano fessurazioni, vuoti interni e una malta forte-
mente decoesa. Le murature non orivano quindi
una resistenza e una compattezza tali da assicurare
le condizioni preliminari per intervenire in sicurezza
con tiranture attive interne. Alla luce di quanto si
potuto vericare, ci si convinti sempre di pi che
lo schema strutturale di partenza obbediva ad una
sua intrinseca logica di progetto. Come spesso avvie-
ne, la debolezza di alcuni elementi era dovuta invece
in massima parte agli incongrui interventi successi-
vi. Per contenere gli eetti del muro in falso del
dormitorio, i costruttori originari ricorsero allausi-
lio di archi di scarico a direzionare il carico del muro
nei punti di maggiore resistenza, corrispondenti ai
setti trasversali delle sale sottostanti. Quello meglio
visibile larco di scarico che insiste sopra la grande
volta dellex refettorio, dotato anche di una catena in
ferro posta alle reni e annegata nella muratura (Fig.
11). Soluzione questa del tutto particolare, che di-
mostra una ricerca sperimentale di nuove tecnologie
con presidi in ferro che risalgono alla riedicazione
del 1580. Tale sosticato e attento sistema struttura-
le era stato del tutto invalidato dagli inconsapevoli
11. Galleria del dormitorio al piano primo. Lungo il muro lon-
gitudinale insiste larco di scarico, che sgravava la volta sotto-
stante dal peso del muro in falso soprastante. In passato, larco
di scarico, dotato anche di catene alle reni, era stato tagliato,
compromettendo il sistema strutturale originario. La foto illustra
lintervento di ripristino dellarco di scarico nel corso dei lavori
A R
136 136
interventi successivi, quando dopo la conversione a
caserma del 1861, nei muri lunghi del dormitorio
vennero aperte grandi arcate. Una delle quali tagli
in modo incongruo larco di scarico con catena, di
cui si detto. I sondaggi eettuati hanno permesso
di vericare che la catena appariva svincolata dai ca-
pochiave e inessa a seguire il seppure leggero abbas-
samento della volta in chiave. Lintervento eseguito
stato orientato a ristabilire lo schema strutturale
originario, con la ricomposizione dellarco di scarico
e la leggera ritesatura della catena.
Come si riconosce nella pianta di progetto di Pro-
spero Pacchioni del 1580, lappoggio del muro so-
prastante era assicurato, al piano di sotto, anche
dai setti che dividevano i due ambienti simmetrici
al lato di quello centrale, in modo da contenere la
spinta degli arconi di rinforzo delle volte e degli
archi di scarico superiori. Anche la pianta di poco
successiva del bolognese Giulio della Torre confer-
ma questa distribuzione degli ambienti. Lo stesso
schema veniva proposto successivamente con lam-
pliamento, poi non realizzato, sul lato orientale del
chiostro grande. La presenza in origine di questi
brevi setti trasversali, poi demoliti, confermata
poi dalle tracce al livello della pavimentazione. Per
meglio contenere, la spinta delle volte grandi, visto
il mutato assetto subito dalle strutture, il progetto
prevede, ad ulteriore compensazione, di incatenare
almeno le volte dei due ambienti pi grandi.
Lintervento pi signicativo ha riguardato il mi-
glioramento del sistema di copertura. La volta
della galleria del dormitorio presentava le catene
originarie intervallate da doppie catene poste dai
militari e ssate sui muri verticali delle lunette,
invece che alle reni della volta. Queste catene pi
recenti erano ssate allesterno del muro con un
prolato in ferro che correva sullintera lunghezza
dei muri longitudinali nel sottotetto, caricando di
un peso eccessivo lo stesso muro in falso. Nellin-
tervento eseguito sono state rimosse le catene ag-
giunte dai militari, sostituite con catene ssate
alle reni, inttendo quindi il passo delle catene
antiche. Dallaltra era necessario contrastare la
spinta dei puntoni liberi sulle ali del sottotetto.
La soluzione a cui si pervenuti stata di creare un
sistema con presidi in ferro, rispondente ad una lo-
gica e ad una tecnologia di tipo tradizionale, del tut-
to reversibile, che fungesse anche da collegamento
con i puntoni sulle falde laterali e da irrigidimenti
dei due muri longitudinali della galleria, mediante
lausilio di controventature a croce di SantAndrea
poste sulle ali della galleria (Fig. 10).
Dopo aver eseguito le necessarie riprese murarie, le
catene nuove sono state ssate e collegate tra loro
mediante un prolato che corre longitudinalmente
ai muri, rinforzati nel senso longitudinale con bre
di carbonio e alla sommit con una cordolatura in
muratura armata in mattoni. Agli stessi prolati, e
quindi tramite questultimi alle catene della volta,
sono stati ssati i tiranti in ferro, uno per ciascun
puntone, delluna e dellaltra falda, collegati allestre-
mit dei puntoni mediante stae a forchetta (Fig.
12-13). In questo modo si contenuta la spinta
delle coperture sulle ali, mentre la muratura esterna
ad una testa del sottotetto, che si presentava ruotata
verso lesterno, stata ispessita e portata a due teste,
creando sulla sommit una cordolatura di collega-
mento orizzontale con muratura armata negli ultimi
lari. Si proceder poi, secondo il progetto, alla ri-
costruzione delle partizioni trasversali dei muri delle
celle, alcune rinforzate con croci di S. Andrea, poste
allinterno della muratura, in modo da creare un si-
stema di controventature complanari tra loro, che
renda pi stabili i due muri lunghi della galleria.
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
137 137
INTERVENTI DIFFUSI
A lavori avviati ci si resi conto delle condizioni
delle murature, che si presentavano pi dissestate di
quanto ci si aspettasse, a causa di numerosi vuoti in-
terni aperti per ricavarvi una moltitudine di camini
e canne fumarie. Si intervenuti quindi a riparare le
tante discontinuit, che di volta in volta, al di l di
ogni plausibile ragionevolezza, apparivano nei punti
pi impensati, provvedendo quindi a numerosi risar-
cimenti, volti a ripristinare la continuit della com-
pagine muraria. Nelle parti alte, coeve ai successivi
rifacimenti delle coperture, la muratura presentava
in molti punti una struttura a cassetta con pilastri-
ni e muratura a sacco di riempimento, fortemente
decoesa, che non assicurava un solido appoggio e
collegamento alle coperture. Allo scopo di migliora-
re lappoggio delle strutture di copertura sono state
previste cordolature a livello sommitale, con tralicci
tipo murfor posti in opera nei giunti orizzontali, e
dormienti in legno di collegamento orizzontale. Nei
sottotetti erano frequenti gli appoggi delle catene li-
gnee e dei puntoni direttamente su pilastrini liberi,
che sono stati resi pi stabili, rispetto alleventuale
azione sismica, con cerchiature e angolari in ferro e
cordolature in muratura di collegamento.
Le volte al piano rialzato del chiostro grande si pre-
sentavano generalmente di fattura accurata. La valu-
tazione sul loro stato di conservazione si resa fatti-
bile vericando in primo luogo il sistema costruttivo
allestradosso. Le volte sono realizzate in mattoni in
piano sulle unghie, rinforzate sulle diagonali delle
crociere con nervature estradossate, formate da mat-
toni posti, a spina di pesce, in piano e in foglio. Il
sistema si completa con i frenelli ad irrigidire le volte,
soprattutto agli angoli. Sulle volte del lato ovest del
chiostro grande, quello verso la chiesa, la pavimenta-
zione originaria in cotto era posta direttamente sopra
i mattoni a coltello, spaziati tra loro della lunghezza
12, 13. Il sottotetto a lavori eseguiti. I tiranti, collegati alle catene delle volte, ancorano lestremit opposta dei puntoni mediante
stae a forchetta
A R
138 138
del mattone superiore. Sulle volte delle Sette sale, nel
corpo nord del chiostro grande, si riscontrano nume-
rosi accorgimenti costruttivi, anche con centinature
in legno sopra le volte, in modo da ridurre i riempi-
menti, e rinforzi murari invece nei punti di maggiore
vulnerabilit, lungo le direttrici e agli angoli.
CHIOSTRO PICCOLO
Le volte a botte lunettate dei due grandi ambienti
del corpo est del chiostro piccolo presentavano un
quadro fessurativo pi preoccupante, aggravato
dalle condizioni precarie delle strutture murarie
e dai cinematismi che interessavano le strutture
verticali e orizzontali allangolo libero verso la via
Emilia. Nel corpo est, vicino allingresso, i milita-
ri avevano creato lappartamento del generale con
controsottature e tramezzature interne e con i
servizi igienici che invadevano uno dei bracci del
chiostro piccolo con le arcate tamponate. Liberate
le strutture interne, sono tornate in luce le due
sale originarie coperte da grandi volte lunettate in
muratura. Allestradosso insisteva, staccato dalle
volte, il solaio superiore in legno, il cui peso in
parte gravava sulle volte sottostanti tramite ap-
poggi puntuali costituiti da pilastrini in mattoni,
disposti in modo disordinato tra lestradosso della
volta ed il solaio. Qui si sgravata la volta del peso
del solaio, che stato ricostruito con nuove travi
in legno, tavolato, soletta di ripartizione, in modo
da scaricare il peso sui muri perimetrali.
Lintervento ha riguardato inoltre le coperture, realiz-
zando: la ricostruzione della sommit delle murature
molto decoese ed irregolari; parziali sostituzioni de-
gli elementi pi ammalorati dellorditura principale
e secondaria; interventi tesi a conferire maggiore sta-
bilit alla capriata soprastante. Questa ha una strut-
tura asimettrica con due catene allineate ma disgiun-
te, le cui estremit appoggiano sui muri perimetrali e
sul muro intermedio. Si intervenuti con laggiunta
di saette inclinate, migliorando il collegamento tra
i singoli elementi e lequilibrio dei nodi, in modo
tale da assimilare la struttura ad una reticolare; ma
soprattutto si sono rese le due catene della capriata
tra loro solidali e continue (Fig. 14-15).
14. Le capriate del corpo est del chiostro piccolo, nel corso dei
lavori
15. Schema delle capriate del corpo est del chiostro piccolo
I cuiosrii oi S. Piirio a Riccio Exiiia. Nori sui iisrauii
139 139
1
I lavori nanziati dal Ministero per i beni e le attivit
culturali nellambito della programmazione straordina-
ria (L. 513/1999, 5.164.568,99) sono stati condotti
in due distinti appaltati: uno per i lavori di categoria
OS2 relativi agli apparati decorativi e al restauro degli
intonaci ( 1.185.000,00), eseguiti dalla Cooperativa
Archeologia di Firenze, iniziati il 14/10/2004 e termi-
nati il 18/05/2009; laltro per i lavori edili e impianti-
stici ( 3.237.018,88), realizzati dal Consorzio Consta
di Padova. Committente dei lavori stata la Soprin-
tendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Bologna, Modena, Reggio Emilia, soprin-
tendente arch. Sabina Ferrari; ling. Domenico Rivalta,
seguito nel 2009 dallarch. Elisabetta Pepe sono stati
responsabili del procedimento; il progetto stato re-
datto dagli architetti Francesco Eleuteri, Maria Luisa
Mutschlechner, Antonella Ranaldi, Paola Zigarella, con
la consulenza dellarch. Pier Luigi Cervellati; i lavori
sono stati diretti dallarch. Antonella Ranaldi e dalling.
Domenico Rivalta. in corso il collaudo da parte
dellarch. Graziella Polidori.
2
B. Adorni, E. Monducci (a cura di), I benedettini a Reg-
gio Emilia. Dallabbazia di San Prospero extra moenia
ai chiostri e alla chiesa di San Pietro. Architettura e arte,
I-II, Reggio Emilia 2002, corredato dellintero corpus
di documenti della fabbrica, provenienti dallArchivio
di Stato di Reggio Emilia, Monastero dei Santi Pietro e
Prospero di Reggio Emilia, dora in poi citato in forma
abbreviata ASRe, MSPP.
3
Cfr. A. Mazza, di non poco ornamento alla nostra
citt: areschi, dipinti, sculture nel complesso monastico
dei Santi Pietro e Prospero a Reggio Emilia, in Adorni -
Monducci, op. cit. alla nota 2, I, pp. 159-165. Simone
Fornari citato tra i pittori reggiani del Cinquecento
da L. Lanzi, Storia pittorica, tomo III, Firenze 1834, 3a
edizione, libro II, p. 28.
4
Convenzione del 1 ottobre 1525 in cui Don Lorenzo
abate e don Leonardo, cellerario del monastero di S. Pro-
spero, adano al maestro Simone Fornari (alias Moresi-
ni), la pittura ad aresco del chiostro piccolo di S. Pietro,
parte con gure e parte con quadrature, per il prezzo di
400 lire di Milano. Sono testimoni dellatto, i maestri
Bartolomeo Clementi e Leonardo Pacchioni: Et pri-
mo ha depingere tute le volte a quadroni cornixati, a colori
de marmori da Verona, et le cupolete, in quelli volti ge ha da
far dui profeta per cupoleta, cio uno per quadra, de chiaro
scuro, et li cornisamenti contrafacti de marmori, sotto poi a
dite cornixe ge va la vita de S.to Pedro depincta de chiaro
scuro, interposito da un capitelo a lato; le colone dopie ncte
de marmore de Verona, ASRe, MSPP, Liber Pactorum
Q, c. 34r, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, II,
doc. 65, p. 27. Si prevedeva di decorare tutti e quattro
i portici, al contrario i lavori si interruppero alla decora-
zione completa del braccio ovest che porta la data marzo
1526.
5
B. Adorni, in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2,
pp. 19-20.
6
Reggio Emilia Biblioteca Panizzi, Archivio Fotograco,
in Adorni - Monducci, op. cit. alla nota 2, I, p. 90; le
bocche di lupo sono documentate anche nella pianta di
Pietro Marchelli del 1860, pianta del piano seminterra-
to, ASRe, Fondo mappe e disegni Marchelli.
7
Secondo F. Manenti Valli, Oltre misura. Il linguaggio della
bellezza nel monastero benedettino di San Pietro a Reggio
Emilia, Modena, 2008, i prospetti sarebbero proporzio-
nati secondo la serie matematica del Fibonacci.
8
ASRe, MSPP, mappe e disegni, in Adorni - Monducci,
op. cit. alla nota 2, I, p. 24.
9
ASRe, MSPP, Registro 1550-1575, cc. 68r-v, in Adorni -
Monducci, op. cit. alla nota 2, II, doc. 733, pp. 93-94.
10
Domenico Marchelli, ASRe, Fondo mappe e disegni
Marchelli.
11
Circolare del Ministero per beni culturali e ambientali
n. 1032/1986 (Comitato Nazionale per la Prevenzione
Patrimonio Culturale dal Rischio Sismico, 18 luglio
1986), Interventi sul patrimonio monumentale a tipolo-
gia specialistica in zone sismiche: raccomandazioni, nota
anche come Circolare Ballardini.
12
Linee Guida per la valutazione e riduzione del rischio del
patrimoni culturale, del 2006, adottate con la Direttiva
del Presidente del Consiglio dei Ministri per la valutazione
e riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale,
del 12 ottobre 2007, entrata in vigore il 29 aprile 2008.
13
Pietro Marchelli, progetto per la trasformazione del
monastero in caserma di cavalleria, 1860, ASRe, Fondo
mappe e disegni Marchelli, pianta del piano primo, do-
cumenta lo stato della fabbrica nel momento che prece-
de linsediamento della caserma Taddei.
N
140
L
intervento conservativo realiz-
zato alla chiesa dellabbazia di
San Leonardo a Montetif, nel
territorio del comune di Soglia-
no al Rubicone, stato nan-
ziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri
con il fondo dell8 per mille dellIRPEF.
Criterio informatore delle opere di restauro pro-
gettate ed eseguite stato quello di restituire leg-
gibilit al manufatto, rimuovendo le parti aggiun-
te nel corso dei secoli che avevano occultato ele-
menti caratterizzanti e privato della luce naturale
linterno delledicio e i suoi apparati decorativi,
interrompere ove possibile i fenomeni di degrado
presenti nel paramento murario esterno e garantire
unulteriore sopravvivenza nel tempo, utilizzando
metodologie e materiali scelti e impiegati con la
massima attenzione e perizia, stante limpossibilit
di restituire la completa integrit sica ai materiali
costituenti che i processi secolari di degrado ave-
vano fortemente compromesso. Sono state inol-
tre compiute indagini, analisi e studi conoscitivi
dellintero manufatto e dellammasso roccioso su
cui stato edicato al ne di conoscere materiali,
caratteristiche e tecniche costruttive necessarie per
impostare un corretto intervento di restauro.
La chiesa dellabbazia di San Leonardo un ma-
nufatto imponente e austero che si erge sulla som-
mit di un costone roccioso sovrastante la valle
dellUso, edicato nel secolo XI in onore dei santi
Martino e Bartolomeo e donato ai monaci bene-
dettini dagli abitanti del borgo, arteci della co-
struzione.
del 1120, come scolpito nellaltare a cippo del
transetto a nord, la dedicazione ai santi Vicinio,
titolare della vicina Diocesi di Sarsina, Agostino,
Nicola, Leonardo, Giorgio e Giovanni Evangeli-
sta. La chiesa fu dedicata anche ai santi Michele
arcangelo e Barnaba apostolo, a Quirico, Giulitta
e Agnese, come scolpito nella coeva mensa dalta-
re del transetto a sud.
Labbazia fu oggetto nel corso dei secoli di restau-
ri, addizioni e demolizioni che non ne hanno al-
terato la struttura, compatta e solida, con poche
aperture che evidenziano lo spessore dei muri, e
arricchita allinterno da pitture e da elementi che
articolano e scandiscono in senso plastico le pa-
reti quali lesene, nicchie e motivi che discendono
dallarchitettura ravennate.
Lintero edicio, al momento della sua edicazio-
ne, era a croce latina con una navata massiva e
avvolgente orientata est-ovest, con ingresso a est
obbligato dalla conformazione del monte, che si
presentava irto, circondato da calanchi e con un
ristretto passaggio in sommit, e con un alto cam-
panile che si innalzava dal transetto nord.
La navata, sviluppata in profondit con abside e
transetti ruotati verso nord, era in origine com-
pletamente voltata a botte. Si concludono con
volte in pietra anche i transetti, con gli archi della
crociera di quello a nord che partono da peducci
in pietra tutti diversi tra loro.
Sub durante i secoli numerosi lavori di restauro
e rinnovamento. Notizie si ricavano dalle descri-
zioni fatte dai curatori abbaziali e testimoniate
dalle epigra presenti allinterno del manufatto:
due, murate nel lato sinistro della navata, ricor-
dano che Nellanno del signore 1334, nel giorno
20 agosto, al tempo del reverendo signor Barto-
lo abate di Montetif, questo lavoro fece a onore
della Beata Vergine Maria dei cieli e n la chiesa
a onore di S. Maria, San Leonardo e S. Quirico e
LA CHIESA DELL ABBAZIA DI S. LEONARDO A MONTETIFFI,
SOGLIANO AL RUBICONE (FC)
Elena De Cecco, Valter Piazza, Cetty Muscolino
01. Veduta dellabbazia di San Leonardo a Monteti
142 142 La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii,
Sociiaxo ai Runicoxi (FC)
Giulitta. Questo fecero i nostri maestri con dana-
ro di Matteo, Marco e Giacomo.
I primi interventi documentati risalgono dun-
que al XIV secolo per rimediare ai danni causati
dallassalto dei ghibellini: la chiesa venne forti-
cata e si munirono le aperture di inferriate, come
testimoniato dalla presenza delle sedi per lallog-
giamento delle zanche.
Nel 1600 la tradizione vuole che un incendio ab-
bia fatto crollare la volta in pietra della navata e
la sala capitolare presente sopra latrio di accesso;
la copertura venne ricostruita con cinque capriate
lignee sostenenti un tetto a due falde e latrio ven-
ne ricoperto con volta a botte.
Sono invece da ascrivere a interventi compiu-
ti nel Settecento le due cappelle laterali che si
innestano a circa met della navata e anche la
messa in opera dellaltare maggiore in scaglio-
la composto da sessantadue elementi di diversa
grandezza, a meschia non unica, ma risultato
della scomposizione di pi paliotti riassemblati
in base alla simmetria dei decori. Non noto
quando sia stata messa in atto la trasformazio-
ne e quali e quanti fossero i pezzi originali; le
02. Facciata prima e dopo lintervento di restauro
143 143 Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo
scagliole sono a fondo nero con decori bianchi,
realizzati gracamente a imitazione della tecnica
incisoria, con sottili e accurati tratteggi, con al
centro dellaltare il simbolo della croce.
Nella met del 1800, dopo il periodo napoleonico,
numerosi e importanti interventi di restauro furo-
no compiuti da don Pietro Gasperoni. Labbazia
era in forte stato di degrado: nellInventario Ab-
baziale compilato il 6 marzo 1843 viene descritta
con muri senza intonacatura. Vi si rimirano sopra
imagini di Santi dipinti alla grossolana. Ora conta
sei altari, ma uno sospeso, perch manca di pie-
tra consacrata. Il pavimento tutto frantumato. In
ogni parte spira antichit. Da alcuni anni a que-
sta parte si ritrova in uno stato deplorabile, perch
minacciava in pi parti rovina. Quantunque abbia
muri di una ampiezza tale, che sembrano inalzati
per leternit, pure lingiuria de tempi, e la trascu-
ratezza di chi vi prescedette laveano condotta..ad
un masso di pietra. In vista dei ristauri ricevuti, gli
Adoratori vi si potrebbero trattener dentro senza
alcun pericolo, se non fosse minacciata da un can-
tone del Campanile labente, che vi resta sopra. Ro-
vinando questo porterebbe vistosissimo danno
1
.
03. Riapertura delle nestre precedentemente tamponate
144 144
sempre da ascrivere allOttocento la sostituzione
dei confessionali e della via Crucis e la posa in opera
della cantoria lignea, in origine dipinta con motivi a
nto marmo e attualmente con disegni di gusto po-
polaresco con rafgurazione di strumenti musicali.
Nel 1920 vennero compiuti lavori di sistemazio-
ne della facciata fortemente degradata e compro-
messa nel suo apparato lapideo che compresero
la posa in opera di una sorta di foderatura della
muratura con rifacimento dei due cantonali in
mattoni pieni ammorsati agli elementi in pietra e
la sostituzione del cornicione di sommit.
In seguito ai danni causati dalla seconda guerra
mondiale il Genio Civile di Rimini intervenne con
opere di consolidamento sul campanile, sulla coper-
tura della chiesa, sul paramento lapideo, asportan-
done internamente lintonaco e tutti gli strati pitto-
rici presenti, con successiva stuccatura dei paramenti
portati a facciavista, sulla pavimentazione deteriora-
ta, sugli inssi e con il rifacimento della scala di ac-
cesso e di quella esterna per il campanile.
Gli ultimi interventi sono da ascrivere al 2002, a
opera della Diocesi di Rimini, e hanno riguardato
la copertura e opere di consolidamento della cap-
pella laterale destra, in stato di forte degrado, che
purtroppo hanno causato la distruzione dellaltare.
La chiesa nella sua parte originaria risulta costrui-
ta con il materiale scavato e prelevato direttamen-
te dal monte su cui poi fu fondata, unarenaria
giallo-ocra discretamente cementata, che le ana-
lisi mineralogico-petrograche compiute hanno
identicato come calcarenite a bioclasti e tenden-
zialmente microconglomeratica, con laminazioni
ad andamento pseudoparallelo generanti piani di
distacco preferenziale del materiale.
Sullammasso roccioso su cui stata edicata sta-
to effettuato uno studio geologico-geomorfologi-
co con caratterizzazione geomeccanica, mediante
rilevamento di campagna, indagini geognostiche
in sito (con esecuzione di un sondaggio a caro-
taggio continuo con prelievo di campioni no
alla profondit di 7 m) e un rilievo strutturale di
dettaglio eseguito in parete al ne di caratteriz-
zare lo stato di fatto e determinare le condizioni
di stabilit del pendio, che sono risultate buone.
Lo studio effettuato sul versante occidentale della
rupe ha evidenziato alcuni potenziali cinematismi
04. Linterno dellabbazia dopo i restauri
La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii,
Sociiaxo ai Runicoxi (FC)
145 145
quali lo scivolamento planare e lo scivolamento
a cuneo, che interessano esclusivamente la parte
superciale dello stesso, mentre laforamento
torbiditico al suo interno presenta unalterazione
e una disgregazione sica sensibilmente inferiori,
tali da identicare la roccia come resistente.
Parallelamente alle indagini sulla pietra sono state
condotte analisi mineralogico-petrograche e gra-
nulometriche delle malte di allettamento ascrivi-
bili alla primitiva costruzione che hanno eviden-
ziato la presenza di calce aerea, sabbia di ume
locale, con piccoli resti conchigliari fossiliferi e
rari frammenti litici di arenaria giallastra e siltiti,
coccio pesto in tracce, scarsi frustoli carboniosi e
frammenti di roccia calcarea rosata a spigolo vivo,
probabili resti del calcare (Scaglia rossa o Rosso
Amminitico) calcinato per la realizzazione della
calce. Il rapporto legante-aggregato risultato
tendenzialmente di 1 a 2.
Il paramento esterno della costruzione originaria
aveva blocchi lapidei posti in opera quasi a secco,
con uno strato di malta di massimo 3 mm. Unici
elementi decorati e modanati allesterno erano le
aperture del lato a sud a trifora, una colonna tor-
tile in corrispondenza dellapertura del transetto
sinistro e il motivo del coronamento dellabside
ad archetti pensili a doppio rincasso con superio-
re motivo con elementi in laterizio contrastante
rispetto alla muratura in pietra.
Il paramento lapideo si presentava fortemente de-
gradato con diffusi fenomeni di esfoliazione e sca-
gliatura lungo i piani di sedimentazione, presenza
di croste nere sui paramenti murari al riparo dalla
pioggia e crescita di vegetazione infestante.
Il progetto di restauro e consolidamento delle
strutture murarie ha previsto il preconsolidamen-
to degli elementi in precario stato di conservazio-
ne, seguito da opere di disinfestazione ed elimina-
zione della vegetazione infestante, dalla pulitura e
rimozione di depositi superciali coerenti, dalla
rimozione e abbassamento delle connessure ese-
guite durante interventi precedenti con materia-
li che per composizione potevano interagire con
la pietra o che avevano perduto la loro funzione
conservativa o estetica, dalla posa in opera di nuo-
va stuccatura con composizione simile allorigina-
ria, dal consolidamento con puntuali operazioni
05. Camminamento interno che originariamente conduceva
allaula capitolare, oggi non pi esistente
Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo
146 146
di microstuccatura eseguite sulle singole pietre e
da trattamenti di protezione nale.
Il preconsolidamento degli elementi in precario
stato di conservazione stato effettuato mediante
ristabilimento parziale della coesione con silicato
di etile con impregnazione per mezzo di pennelli
e siringhe, no a riuto. Si poi proceduto alle
opere di disinfestazione ed eliminazione della
vegetazione infestante mediante applicazione di
biocida con rimozione manuale completa della
vegetazione infestante aggrappata ai paramenti
murari, comprese le radici profonde, poi a ope-
re di disinfezione da colonie di microorganismi
autotro o/e eterotro mediante applicazione di
biocida (benzalconio cloruro al 4% in soluzione
acquosa) e successiva rimozione meccanica, sia in
caso di incrostazioni che in caso di pellicole.
stata eseguita la pulitura e rimozione di depositi
superciali coerenti, incrostazioni, concrezioni e
ssativi alterati, mediante applicazioni di impac-
chi di soluzioni di sali inorganici, di carbonato e
bicarbonato dammonio, preceduta da saggi per la
scelta della soluzione e dei tempi di applicazione
idonei; tra questi anche le colature di resina pre-
senti allesterno nella cappella a nord molto tenaci
e difcili da rimuovere con rischio di degrado del
materiale lapideo.
Le opere di restauro sono proseguite con operazio-
ni di rimozione o abbassamento delle connessure
eseguite durante interventi precedenti con ma-
teriali che per composizione potevano interagire
con la pietra o che avevano perduto la loro fun-
zione conservativa o estetica, anche in presenza di
elementi particolarmente fragili. Tale rimozione
ha cercato di eliminare anche i residui delle inie-
zioni effettuate durante i sopraddetti interventi
del 2002 allesterno della cappella laterale destra;
durante tali operazioni sono stati scoperti tutti i
tubuli in plastica verde utilizzati per le iniezioni,
alcuni dei quali sono purtroppo rimasti in vista.
Successivamente, sulla base anche delle risultanze
delle analisi mineralogico-petrograche compiute
sulle malte stata posta in opera la nuova stucca-
tura, avente come legante grassello di calce stagio-
nato quarantotto mesi, e come aggregante arenaria
setacciata (del medesimo litotipo delloriginale) e
sabbia ne del ume Po con una proporzione tra
legante e aggregato di 1 a 2.
Sugli elementi lapidei in precario stato di con-
servazione poich soggetti a forte degrado da
esfoliazione, disgregazione, microfratturazione,
microfessurazione, scagliatura e distacchi per
impedire o rallentare laccesso dellacqua piova-
na e/o dellumidit atmosferica allinterno della
pietra degradata si intervenuti con opere di pre-
consolidamento, con iniezioni di calce idraulica
naturale, pozzolana micronizzata e uidicanti e,
successivamente, con microstuccature a base di
malta a base di grassello di calce in modo da chiu-
dere completamente i distacchi ed evitare che gli
agenti patogeni possano continuare la loro ope-
ra distruttiva. Ogni elemento lapideo, seppure
privo di modanature e decori, stato restaurato
puntualmente e meticolosamente, variando nel-
le stuccature delle microfratturazioni e microfes-
surazioni gli additivi a base di polveri di marmo
per fare in modo che queste si armonizzassero alla
singola pietra e allinsieme e non risultassero in-
terruzioni ed elementi di disturbo per la leggibili-
t complessiva dellapparato murario.
Le opere di restauro sono proseguite con la rimo-
zione dei depositi superciali e delle macchie solu-
bili con impianto di nebulizzazione; parallelamente
sono stati asportati gli intonaci in malta cementizia
La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii,
Sociiaxo ai Runicoxi
147 147
dellimbotte della nestra della cappella a sud e del-
la tamponatura dellapertura sempre lato sud.
Il paramento murario stato consolidato con Silica-
to di Etile con impregnazione per mezzo di pennelli
e siringhe, no a riuto, mentre la protezione na-
le per il controllo della microora (licheni, muffe,
micro-funghi), stata eseguita con prodotto a base
di 2,3,5,6-tetracloro-4 metil sulfonil piridina.
Rispetto a quanto previsto dal progetto esecutivo
non invece stato possibile eseguire la rimozione
del paramento di foderatura in pietre e laterizi le-
gati da malta di calce e con stilature in cemento
presente nella facciata e nel lato nord e sud, ese-
guita nel 1920; infatti in seguito a indagini si ve-
ricato che allinterno la muratura era incoerente,
a sacco e con scarso legante. Si perci proceduto
esclusivamente alla rimozione della parte sommi-
tale, ricostruendo e consolidando la muratura con
operazioni di scuci-cuci, eseguite in maniera
assolutamente limitata ai casi effettivamente ne-
cessari, con pietre idonee e omogenee alle preesi-
stenti, poste in opera a forza negli ammorsamenti
e sulla supercie superiore di contatto e legate con
malta di calce, a sostituzione di elementi lapidei
che avevano perso le caratteristiche di resistenza,
e dei materiali diversi (scaglie di pietra, mattoni
nuovi) che risultavano non armonizzanti con il
contesto. Le integrazioni sono state sia di recupe-
ro che nuove, provenienti da una cava in localit
Tre Cavoli (Alfero), lunica che presentava carat-
teristiche litologiche e di coloritura simili agli ele-
menti lapidei originali.
Durante le operazioni di rimozione dellintonaco
dagli stipiti del portone di accesso sono venute alla
luce le originali mensole che reggevano larchitra-
ve in pietra, occultate dallarco in laterizi; al ne
di poterle lasciare in vista e di sgravare larchitrave
dal peso della muratura soprastante stato effet-
tuato un intervento di consolidamento ponendo
in opera al di sopra di questo tre putrelle in ferro
poggianti su piastre tirantate da barre lettate ai
lati e ssate con dado e controdado. Inizialmente
era stata messa in opera una cerchiatura metallica
al di sotto dellarco a sesto acuto in pietra, con
funzione portante e coadiuvante durante le ope-
razioni di consolidamento.
Sempre in facciata si provveduto a sostituire il
parapetto in ferro della scala di accesso posto in
opera durante i lavori di restauro del dopoguerra
effettuati dal Genio Civile di Rimini negli anni
1950-1960, in stato di forte degrado, con altro in
acciaio Cor-ten, sia per i gradini che per il balla-
toio, realizzato mediante elementi imbullonati tra
loro e non saldati e ssati alla base.
Le opere sono proseguite con il restauro della
luce. Rimosse le tamponature delle aperture pre-
senti nella navata, poste in opera nei secoli passati,
sono state scoperte sei nestrature diverse tra loro
e uguali due a due: quelle del lato sud della navata
(con motivo a bifora) e le due della zona presbite-
riale (a feritoia) ascrivibili al primitivo impianto;
quelle del prospetto nord, probabilmente succes-
sive, a forma rettangolare.
stata inoltre riaperta anche la piccola nestra a
feritoia presente nel transetto a sud, tamponata e
mascherata da una armadiatura, la cui luce va a
illuminare direttamente laltare a cippo posto nel
transetto a nord.
Durante le operazioni di restauro delle decora-
zioni presenti nella nicchia dellapertura del tran-
setto sinistro, rimuovendo lo strato di intonaco e
gesso presente allintorno dellinsso, si veri-
cato quanto era gi stato ipotizzato, e cio che la
posizione, forma e dimensione dellapertura non
Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo
148 148
06. Transetto sinistro
era sicuramente quella originaria; in origine aveva
dimensioni contenute ed era conclusa superior-
mente con arco a tutto sesto, tipologicamente del
tutto simile a quello presente tra atrio e navata.
stato consolidato larchitrave e posta in opera una
cerchiatura metallica che funge sia da controtela-
io del nuovo insso, che da elemento di sostegno
della muratura soprastante.
Importante e signicativo doveva essere il ruolo
della luce allinterno dellarchitettura della chiesa:
la disposizione delle aperture e della luce che da
esse entra pu essere letta e interpretata con un
signicato che va al di l del valore visivo. Luce
che allontana il buio, che permette di vedere, che
indica Dio, che illumina il percorso verso la sal-
vezza e che diventa la protagonista di riti religiosi
durante particolari momenti liturgici o giorni ed
eventi astronomici. Luce quindi che pu essere
paragonata a unopera darte in cui la forma non
pu essere disgiunta dal contenuto, luce che di-
venta materia che d forma, sostanza e signicato
a elementi e simboli.
Le opere di conservazione sono poi proseguite
allinterno con il consolidamento delle testate del-
le capriate lignee, poste in opera nel XVII secolo
in seguito ai danni riportati dalla struttura per il
crollo della sala capitolare, e della volta del cammi-
namento esistente nello spessore del muro di sini-
stra della navata, che in origine conduceva alla sala
summenzionata situata sopra il vano dingresso e
che attualmente porta alla cantoria ottocentesca.
stata restaurata la pavimentazione in cotto,
preceduta da indagini esplorative con il metodo
georadar GPR, basato sul principio della propa-
gazione di impulsi elettromagnetici nei materiali
e sulla loro riessione in corrispondenza delle su-
perci di discontinuit, sotto la sorveglianza della
Soprintendenza per i Beni Archeologici dellEmi-
lia-Romagna: la profondit di indagine arrivata
a 2 m dal piano calpestabile e sono risultate cavit
locali (tombe), tre zone con materiali di sottofon-
do molto rimaneggiati, un evidente allineamento
di fratturazione nella roccia di substrato in dire-
zione nord-sud con piccoli vuoti in corrisponden-
za di tale fenomeno di detensionamento e una
presunta struttura di fondazione posta in opera
probabilmente durante precedenti interventi di
restauro e consolidamento del manufatto.
Si provveduto a dipingere a latte di calce con co-
lori che si armonizzano con il paramento lapideo
le pareti delle due cappelle laterali, che presenta-
vano una coloritura azzurra non consona al luogo:
tale dipintura era stata realizzata sopra lo strato a
nto marmo ascrivibile al tardo Settecento, come
evidenziato dai saggi stratigraci eseguiti durante
i lavori di restauro del 2004-2007.
Relativamente agli elementi decorativi in pietra
presenti allinterno, si sono restaurati il pulvino
con ornato tomorfo incassato a parete lato destro
La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii,
Sociiaxo ai Runicoxi (FC)
149 149
dellatrio, risalente ai secoli X-XI, di ambito raven-
nate; lacquasantiera murata allingresso del cam-
panile, a forma di mano porgente; relativamente
al transetto a sud la mensa daltare, la lapide do-
cumentaria eseguita nel 1562 murata a parete in
nicchia, il lavabo da sacrestia incassato in parete e la
pietra tombale a terra parzialmente occultata dalla
pedana dellarmadiatura settecentesca rimossa al
ne di scoprire le decorazioni esistenti.
Purtroppo stato possibile procedere a opere di
conservazione del paramento lapideo del solo
transetto a sud, ricco di pitture visibili e che cela-
va, nascoste dal mobile in legno di fattura roma-
gnola, interessanti pitture.
Anche se da numerose tracce superstiti si hanno chia-
ri indizi che la decorazione pittorica dovesse interes-
sare tutte la pareti dellabbazia, i numerosi interventi
e i molteplici rinnovamenti effettuati nel corso dei
secoli hanno cancellato buona parte della primitiva
ornamentazione che contribuiva con la ricca poli-
cromia a renderla particolarmente suggestiva.
Brani di sinopia sono ancora visibili, a unosserva-
zione accurata, sulla parete sinistra in prossimit
dellincrocio col transetto, dove sembra di poter
individuare una grande gura aureolata, e altri
segni si intravedono sulle pareti della cappella in
corrispondenza del transetto destro.
Ma la decorazione pi cospicua, se si eccettua la
piccola edicola sul lato sinistro della navata, inte-
ressa in particolar modo il transetto sinistro, ed
collocabile in un arco cronologico che va dal XII
al XVI secolo.
Nella volta presente un ampio brano dellinto-
nacatura originaria su cui insistono tracce della
sinopia che mostrano i segni che scandivano le
vele e una croce latina.
La realizzazione pittorica pi antica si dispone
sullintradosso di una nicchia che ha subito una
signicativa trasformazione e ampliamento del-
la nestra centrale: lispezione dei conci murari
ha chiarito che in origine la nicchia doveva avere
unapertura centrale a feritoia e che la successiva
modica, determinata probabilmente dal deside-
rio di rendere pi visibili altri affreschi successi-
vamente eseguiti nellarcata al centro della parete
del transetto, ha comportato la totale perdita del-
la rafgurazione che insisteva sul lato destro.
Sul lato sinistro dellintradosso affrescata una
gura femminile aureolata, probabilmente si
tratta della rappresentazione della Vergine An-
nunciata, collegata visivamente e iconograca-
mente con lopposta immagine dellarcangelo
Gabriele, perduta.
La Vergine posta allinterno di un riquadro
chiaro bordato da una fascia rossa e da una se-
conda color giallo intenso. Il manto rosso, che
ricopre anche il capo, impreziosito da un bordo
decorato da candide perle che delimitano anche
laureola. La tunica, segnata da ombreggiature
verticali che suggeriscono le pieghe, prolata
07. Dipinti del XIV secolo, transetto sinistro
Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo
150 150
al collo e ai polsi dal medesimo motivo a perle
bianche. La mano destra sollevata allaltezza
del petto, la sinistra tesa a trattenere goffamente
il mantello; lespressione del viso e lo sguardo
severo esprimono un senso di turbamento.
Pur nellestrema semplicazione formale, che
nella resa delle mani diviene quasi grossolana, la
gura risulta estremamente efcace ed emana un
forte senso di mistero e di interna vitalit.
La decorazione prosegue sulla parete, e anche
sullintradosso della nicchia, con un rafnato mo-
tivo a girali da cui fuoriescono pomi rossi e bruni
su fondo bianco.
La materia pittorica sottilissima, quasi incorpo-
rea, e i pigmenti aderiscono ai conci murari quasi
senza preparazione sottostante.
Nella grande nicchia della parete che conclude il
transetto, prima dellinizio dei lavori di restauro,
era inserita una armadiatura a sportelli che, una
volta aperti, hanno fatto intravedere sulla mura-
tura sottostante abbondanti tracce di colore.
Dopo aver rimosso il mobile si potuto vedere che
la nicchia e lintradosso dellarcata a tutto sesto che
la delimita erano completamente affrescati. Nono-
stante le vistose cadute di colore e i danni irrepara-
bili conseguenti alla lunga permanenza del mobile
a ridosso delle pitture il recupero certo di grande
interesse.
Al centro si colloca la Madonna col Bambino in
trono, afancata a destra dalla Maddalena, ben
riconoscibile per la lunga e uente chioma bion-
da e per la pisside che regge in mano, e a sinistra
da unaltra santa di incerta identicazione per la
mancanza di ulteriori attributi iconograci speci-
ci oltre al libro che sostiene con entrambe le mani.
Della Vergine, il cui viso del tutto sparito, si intra-
vedono unicamente le mani dalle proporzioni di-
latate e alquanto sgraziate e alcuni brani del manto
dalle pieghe mosse e curvilinee. Il Bambino, di cui
si legge parte del viso e dei capelli ricciuti, benedice
con la destra e tiene la sinistra chiusa a trattenere
un elemento oggi non pi visibile.
Nellintradosso dellarcata sul lato sinistro af-
frescata lelegante gura di santa Lucia, che reca
nella destra la palma della gloria e nella sinistra gli
occhi, simbolo del suo martirio.
08. Vergine Annunciata, XII-XIII secolo
La cuiisa oiii annazia oi S. Lioxaioo a Moxririiii,
Sociiaxo ai Runicoxi (FC)
151 151 Eiixa Di Cicco, Vairii Pi azza, Cirr\ Muscoii xo
Sulla destra compare la gura di un santo fran-
cescano, col saio e il cordone con i caratteristici
tre nodi. La presenza, alla sinistra del santo, di un
elemento circolare circondato da raggi serpenti-
formi, fa ipotizzare che si tratti di S. Bernardino
da Siena con in mano il caratteristico monogram-
ma IHS.
Le mani di tutti i personaggi risultano estrema-
mente sommarie ed eccessivamente dilatate.
La decorazione continua con unornamentazione
oreale che nellestremit superiore circonda il
medaglione centrale completamente abraso.
Tutti gli elementi formali, quali panneggi mossi e
arricchiti da movimenti curvilinei, e i particolari
accorgimenti tecnici della denizione delle aure-
ole a rilievo e accuratamente incise con tratti ret-
tilinei ed elementi circolari, inducono a datare il
dipinto alla seconda met del XIV secolo.
La decorazione pittorica del transetto mostra
inoltre sulla parete destra S. Benedetto con lun-
ga barba bianca, libro e pastorale e al suo anco
san Giovanni Battista con la croce attorno a cui
si snoda il cartiglio con liscrizione Ecce Agnus
Dei; di fronte S. Scolastica, sorella di Benedetto,
che tiene nella destra la croce e il rosario e nella
sinistra il libro, e una santa, ritenuta da alcuni
S. Giulitta, ma che per la presenza di unornata
pisside e per la uente chioma bionda, potrebbe
essere S. Maria Maddalena.
Tutte le gure sono poste allinterno di riquadri
prolati da diverse cornici rettilinee.
I dipinti, ascrivibili per la struttura formale alla ne
del XVI secolo, purtroppo sono stati molto detur-
pati da drastici trattamenti di pulitura che hanno
totalmente asportato le cromie delle carnagioni, in
special modo nelle gure femminili che conserva-
no nei visi solo la preparazione a terra verde. I santi
sono riconducibili alla mano di un unico artista, di
levatura particolarmente modesta.
Sempre allo stesso periodo, ma a una diversa mano,
pu ricondursi la decorazione pittorica che riveste
la piccola arcata sulla parete sinistra della navata,
dove originariamente si doveva trovare un confes-
sionale: al centro il monogramma IHS, sulla destra
la gura di S. Leonardo in veste di diacono, che tie-
ne nella mano destra, un turibolo e un libro nella
sinistra e sulla sinistra un giovane angelo. La fattura
mediocre e un po di maniera.
Come spesso avviene, anche riconsiderando tutte
le modiche, i cambiamenti strutturali e linseri-
mento di successive cappelle in epoca barocca, per
quanto riguarda questi brani pittorici non si pu
fare a meno di notare una diminuzione di qualit
artistica dalle prime alle ultime decorazioni.

NOTA
1
Don A. Bartolini, Monteti e la sua Abbazia, Cesena,
Stilia Editore, 1967, p. 78.
L
oratorio di SantEnrico, dedicato
anticamente a San Quirico e ci-
tato come tale per la prima volta
in un documento del 1449
1
, si
trova nella media valle del Taro
sulla sponda sinistra del ume, su una paleofrana
non completamente assestata, che reca tracce di
frequentazione nel Mesolitico (ne IV millennio
a.C.-inizio III)
2
e i resti di un insediamento ru-
stico di et romana. Si trattava probabilmente di
uno dei possedimenti di quel Vario Felice citato
nella Tabula Alimentaria veleiate, tra i proprieta-
ri di vaste tenute nel pago Dianio, ubicato nella
valle del Mozzola, tra le quali un Fundus Iu...ina-
tus, del valore di 6.300 sesterzi, tradizionalmente
riconosciuto proprio nella zona di Carcaila o nei
pressi dei prati Carcaiolli citati negli estimi farne-
siani, di cui il toponimo Calcaiola sembra essere
la derivazione
3
.
Ledicio versava in uno stato di grave degrado
(Fig. 2) quando nel 2002 il Comune di Valmozzo-
la iniziava, con fondi propri, liter progettuale per
intraprenderne il recupero e la valorizzazione.
Ad aula unica e abside semicircolare, aveva un in-
gresso centrale in facciata e uno laterale murato,
in uso almeno no alla seconda met dell800.
Unica fonte di luce era rappresentata da una -
nestra sul lato meridionale dellaula e una piccola
monofora nella conca absidale.
Delloratorio rimanevano in piedi solo labside
con il catino e la sua copertura in pietra, i muri
longitudinali e parte di quello ovest (facciata).
Erano crollate la copertura in legno e piane di pie-
tra e la volta a botte lunettata soprastanti laula,
quindi la facciata e la testata del lato longitudi-
nale ovest, per altro ancora documentate in essere
nel 1988. Il dilavamento dei letti di malta, che
ne era conseguito, aveva causato il rilassamento
delle murature e lo spostamento dei blocchi lapi-
dei. I muri longitudinali liberi e senza ammorsa-
ture strutturali erano pertanto roto-traslati verso
lesterno e il materiale di crollo nascondeva sia i
livelli pavimentali che i setti murari no ad una
altezza variabile tra i 100 e i 140 cm.
Sulla supercie interna della conca dellabside ri-
manevano limitate porzioni di un aresco che,
almeno no alla prima met del secolo scorso, do-
veva estendersi a tutta la semicupola del catino. Il
degrado, sotto forma di rigonamenti, di cadute di
intonaco, di sollevamento della pellicola pittorica e
di macchie scure, dovute ad attacchi di agenti bio-
deteriogeni e a umidit, aveva compromesso sia la
leggibilit che laderenza al supporto murario.
Solo nel 2005, grazie ad un nanziamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri, adato dalla
Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesag-
gistici in gestione alla Comunit Montana Ovest,
potevano iniziare i lavori. Dopo lo spostamento dei
blocchi accatastati secondo tipo e dimensione per
essere riutilizzati nella successiva ricostruzione -,
vennero alla luce la pavimentazione in pietra, quasi
del tutto integra, una parte del muro di facciata,
laccesso e limposta del portone.
Tale scoperta mise in discussione il progetto appro-
IL RECUPERO STRUTTURALE DELL ORATORIO
DI S. ENRICO DI CALCAIOLA DI VALMOZZOLA
Manuela Catarsi, Cristina Anghinetti,
Patrizia Raggio, Giovanni Signani, Barbara Zilocchi
01. Materiali dallo scavo archeologico (scala 1:2) (disegno di
I. Fioramonti)
1.1 fr. di accettina in pietra verde levigata
1.2 fr. ceramico di et romana a pareti sottili
1.3 chiave in ferro det romana
1.4 lama di coltellino in ferro
1.5 fusaiola in terracotta
1.6 olla da fuoco medievale
1.7 moneta di Giovanni di Boemia
1.8 fr. di ceramica ingobbiata
1.9 anello con castone
1.10 fr. di ceramica grata.
154 154 Ii iicuiiio sriurruiaii oiii oiaroiio
oi S. Exiico oi Caicaioia oi Vaixozzoia
Tale scoperta mise in discussione il progetto appro-
vato, che prevedeva una copertura ed una chiusura
frontale in acciaio satinato e vetro smerigliato, tan-
to da richiedere una soluzione integrativa.
Per attuare il progetto di risanamento e di
consolidamento, necessariamente pensato per
fornire un appoggio omogeneo ed un legame
strutturale alle pareti, che non avevano fonda-
zione propria, si inizi con il presidiare e ri-
mettere in asse i setti murari roto-traslati con
spinte controllate, per poi smontare tutte le la-
stre pavimentali, dopo averle opportunamente
rilevate e numerate.
Lo scavo archeologico che ne seguito, e di cui
si danno qui di seguito i risultati principali, fun-
zionale alle operazioni di restauro, ha consentito
di riconoscere almeno quattro fasi edilizie (Fig. 3)
e di retrodatare la fondazione delledicio sacro
allaltomedioevo
4
.
Un primo oratorio, gi orientato est-ovest e di circa
m 8,00 x 3,50
5
, iscritto solo parzialmente allinterno
dellattuale, era sorto con funzioni probabilmente
02. Oratorio di S. Enrico (interno) prima del restauro
155 155 Maxuiia Caraisi, Ciisrixa Axcuixirri,
Pariizia Raccio, Giovaxxi Sicxaxi, Bainaia Ziioccui
e una breve aula rettangolare che risultava spingersi
no a poco oltre la facciata odierna.
Ad esso sono da relazionare i resti di un altare
intravisto sotto lattuale, realizzato come le mu-
rature dellalzato in pietra locale, e almeno tre
sepolture. Una tomba infantile in fossa terragna,
orientata ovest-est, con copertura piana costituita
da due embrici romani di riutilizzo, contenente
un piccolo scheletro supino, con braccia lungo i
anchi e viso rivolto allaltare. Un frammento di
coltellino in ferro, di cui rimane la lama triangola-
re (Fig. 1.4), e una fusaiola in terracotta, di forma
biconica molto schiacciata (Fig. 1.5), emerse in
giacitura secondaria nei riempimenti di successive
inumazioni nei pressi del perimetrale nord atte-
stano lutilizzo sepolcrale, purtroppo sconvolto da
deposizioni successive, anche dellesterno.
Una seconda chiesa si era quindi sovrapposta alla
precedente in epoca medievale. I suoi muri risul-
tavano edicati con pietrame molto pi regolariz-
zato, anche se di dimensioni pi ridotte, e legante
di malta e cocciopesto. Di medesimo orientamen-
to della precedente, essa aveva proporzioni mag-
giori (m 9,70 x 4,95).
In un momento non esattamente precisabile le
murature, probabilmente a causa della ripresa del
movimento franoso e delle inltrazioni dacqua,
subirono importanti interventi di restauro, in pie-
trame e piccoli frammenti laterizi di reimpiego, le-
gati da una malta poco tenace.
Si possono probabilmente attribuire a questa fase
edilizia alcune delle sepolture ad inumazione, in
nuda terra e cassa litica, trovate in parte sconvol-
te, allesterno delledicio.
Si pu porre con un buon margine di sicurezza la
ne di questa seconda fase costruttiva entro i pri-
mi decenni del XIV secolo, data la presenza, nei
terreni contenenti le sepolture, di frammenti di
olle da fuoco di epoca medievale (Fig. 1.6) e, nel
vespaio pavimentale della chiesa successiva, di un
denaro mezzano della zecca di Parma di Giovanni
di Lussemburgo re di Boemia, databile tra il 1333
e il 1335
7
(Fig. 1.7).
Il terzo oratorio (XIV sec. primi decenni XVIII
sec.), realizzato dopo il completo abbattimen-
to del precedente, di cui aveva utilizzato parte
del pietrame, vide un ulteriore allungamento
dellaula verso ovest (m 11,10 x 4,95) (Fig. 4).
Al suo interno sono state ritrovate due sepolture
in cassa litica e due lacerti di un piano pavimen-
tale in pietra coperto dal suolo successivo e dalle
fondazioni della facciata attuale; allesterno una
tomba singola e due ossari, il primo addossato
al perimetrale sud del sagrato contenente an-
che alcune ceramiche grate, il secondo, da cui
provengono due anelli con castone (Fig. 1.9) e
ceramiche grezze, in prossimit dellangolo sud-
ovest della facciata.
Larea circostante alloratorio vide la prosecuzio-
ne dellutilizzo cimiteriale con tombe ad inuma-
zione ed ossari: lo studio preliminare osteologico
ha evidenziato unintenzionale riduzione delle
ossa lunghe attuata per ripulire larea sepolcrale e
renderla libera per nuove inumazioni.
Allo stesso orizzonte cronologico sembrano ap-
partenere frammenti di ceramiche grate (Fig.
1.10) e i resti di un boccale a corpo piriforme e
bocca trilobata, ingobbiato e dipinto a ramina-
ferraccia, a pennellate verticali (Fig. 1.8). Si tratta
di un tipo ceramico il cui uso documentato an-
che nella pittura di natura morta sin dallultimo
ventennio del 500, come ad esempio nelle tele di
Annibale Carracci con i tipi del Mangiafagioli,
oggi alla galleria Colonna di Roma e del Man-
giapolenta, conservato a New York
8
.
Notizie di questa fase edilizia sono desumibili an-
156 156
03. Planimetrie delle fasi edilizie (elaborazioni di C. Anghinetti e D. Botti Abacus s.r.l)
Ii iicuiiio sriurruiaii oiii oiaroiio
oi S. Exiico oi Caicaioia oi Vaixozzoia
157 157
che dalla visite parrocchiali sia del Vescovo Ca-
stelli (1576)
9
, che dei Vescovi Rangoni (1609)
10
e
Zandemaria (1739)
11
.
La chiesa successiva, edicata intorno alla met
del XVIII secolo, presentava una facciata pi ar-
retrata e un sagrato che ricalcava il perimetro di
una parte demolita delledicio precedente (m
7,50 x 4,95). Ad essa riferibile laresco ra-
gurante quattro Santi allinterno di una cornice
rossa, di cui rimangono solo parzialmente leggi-
bili due gure, una con calzari e veste gialla, lal-
tra con manto rosso, libro e bastone, conservato
nel catino dellabside (Fig. 5). Nel 1784 Giovanni
Granelli Arciprete di S. Maria di Gusaliggio, dalla
cui Pieve San Quirico dipendeva, dopo una vi-
sita alloratorio, scrive che nella parete del coro
fornito di volta bassa ma suciente si trova una
pittura vile e svasata e rappresentante diverse inde-
centi gure
12
.
Nel 1827 sono stati realizzati nuovi importanti
lavori di ristrutturazione che comportarono la rea-
lizzazione di una volta a botte e delle murature su
cui la stessa si appoggiava, che risultano addossate
ai muri longitudinali preesistenti (Fig. 6). La rela-
zione della visita parrocchiale del Loschi (10 luglio
1827) attesta che il pavimento in quella data era
ancora da ultimare e che andava apposto un vetro
o un telo allunica nestra fonte di illuminazione.
I lavori di ristrutturazione erano stati cos impor-
tanti che addirittura comportarono un cambio
di dedicazione, con conseguente necessit di una
nuova benedizione (Oratorium pene ex integro re-
constructum est et visum est nova indigere benedic-
tione)
13
. Il nuovo Santo titolare diventa S. Enrico
Imperatore, celebrato a Calcaiola con una messa
sempre il 15 luglio a spese de parroci.
Contestualmente alla fase di scavo sono proseguite
le operazioni di cucitura dei muri dellaula, di re-
stauro dei paramenti con la stesura di biocida a largo
spettro, la conseguente stuccatura a malta di calce
idraulica della tonalit e consistenza di quella anti-
ca, confezionata secondo i risultati delle analisi chi-
mico-petrograche e applicata secondo un criterio
distintivo tra superci esterne ed interne e tra quelle
esistenti e le parti di muratura rimesse in opera.
In particolare la stuccatura dei paramenti murari
esterni superstiti stata attuata con una stilatura
04. Ricostruzione tridimensionale della chiesa di terza fase
(elaborazioni D. Romani Abacus s.r.l)
05. Particolare dellaresco a ne restauro
Pariizia Raccio, Giovaxxi Sicxaxi, Bainaia Ziioccui
158 158
ca, confezionata secondo i risultati delle analisi chi-
mico-petrograche e applicata secondo un criterio
distintivo tra superci esterne ed interne e tra quelle
esistenti e le parti di muratura rimesse in opera.
In particolare la stuccatura dei paramenti murari
esterni superstiti stata attuata con una stilatura
meno regolare, parzialmente sbordante, in ma-
niera da uniformarsi alla tessitura antica, su cui
permanevano le tracce di una tenacissima malta
di calce (faccia esterna della conca absidale). Il pa-
ramento murario di facciata, ad esempio, stato
trattato con stilatura dei giunti a livello, mentre
sulla supercie del muro nord sono state eseguite
stuccature meno regolari.
Mentre procedevano le operazioni di scavo
archeologico, sia allesterno che allinterno
delledicio, parallelamente si susseguivano le
lavorazioni di restauro dei paramenti murari
esistenti (stesura di silicato di etile sui blocchi
lapidei, protettivo silossanico, stuccature a mal-
ta di calce) e di cucitura muraria. Particolare
cura stata riservata allarco di scarico del ca-
tino absidale, sul quale sarebbe gravato il carico
concentrato della trave di colmo del tetto. Per la
sua parziale integrazione muraria stata realiz-
zata unesatta centinatura e sono stati impiegati
i blocchi lapidei provenienti dallo stesso cantie-
re e opportunamente lavorati (Fig. 7). seguito
quindi il ripristino della copertura, costituita da
struttura di legno di castagno, pannello di coi-
bentazione e manto a piane di pietra arenaria.
Per ottemperare alle norme in materia di mi-
06. Interno delledicio di ultima fase con murature di rinfor-
zo longitudinali e imposta di volta a botte
07. Particolare del massetto alleggerito con rete posto allestrados-
so del catino absidale e arco presbiteriale ricostruito
Ii iicuiiio sriurruiaii oiii oiaroiio
oi S. Exiico oi Caicaioia oi Vaixozzoia
159 159
glioramento antisismico, sono state individuate
le seguenti operazioni migliorative:
1 - cordolature con dormienti in legno massello
di castagno, ssati alla muratura con tassellature
in acciaio inox;
2 - arco armato interno al setto murario pog-
giante sopra larco dellabside, eseguito in strut-
tura metallica e opportunamente inglobato nella
struttura muraria in pietra.
Parallelamente alle lavorazioni esterne, ovvero al
completamento dello scavo archeologico ed al re-
stauro dello pseudo-sacrato (cio quanto rimaneva
della chiesa della II-III fase), sono state avviate le
procedure per il restauro dellaresco presente nella
conca absidale. Le sue superci e quelle del catino
sono state trattate, conservando le tracce di malta
rinvenute e soprammesse tra loro operando un in-
tervento rigorosamente conservativo, optando per la
stesura di un intonachino di lieve spessore, nelle par-
ti di muratura in vista, al ne di intravedere le pietre
da costruzione; utilizzando malta di calce idraulica
(come per le stuccature del paramento murario in
vista) e sabbione lavato.
Per quanto riguarda i lacerti dellaresco si sono
eseguite le seguenti operazioni: ssaggio con carta
giapponese e alcool polivinilico, consolidamen-
to in profondit con malta di calce a basso peso
specico, pulitura con bicarbonato di ammonio
e acqua demineralizzata deionizzata; consolida-
mento superciale limitatissimo (in quanto le
parti superstiti dellaresco erano tenacemente
ancorate al supporto/intonaco) con alcool polivi-
nilico, piccole stuccature con calce idraulica, con
aggiunta di polvere di marmo bianco botticino e
sabbia di tonalit gialla del Ticino; integrazione
pittorica ad acquerello a rigatino (le integrazioni
sono risultate minime).
Sono seguite quindi le operazioni di consolida-
mento con cordolature perimetrali passanti (chia-
vi di taglio) a livello del piano di appoggio dei
setti murari longitudinali e trasversale di facciata;
inizialmente tali lavorazioni hanno interessato il
lato sud e interno ovest, per poi estendersi a tutto
il complesso (Fig. 8).
Una volta terminato anche lo scavo archeologico
allinterno delledicio, si provveduto a risanare
con vespaio la supercie pavimentale e al rimon-
taggio delle lastre di pietra.
Oggi loratorio di S. Enrico (Fig. 9), la cui cura
spetta per lunga tradizione agli abitanti del luo-
go
14
, riaperto al culto.
08. Particolare dellarmatura del cordolo lungo il lato sud, in
corrispondenza dellabside
Maxuiia Caraisi, Ciisrixa Axcuixirri,
Pariizia Raccio, Giovaxxi Sicxaxi, Bainaia Ziioccui
160 160
U. Raaelli (a cura di), Oltre la porta. Serrature, chiavi e
forzieri dalla preistoria allet moderna nelle Alpi orientali,
Trento 1996.
C. Ravanelli Guidotti (a cura di), Musei Civici di Imola. Le
Ceramiche, Imola (BO), s.d.
Vivere il Medioevo. Parma al tempo della Cattedrale, Catalo-
go della Mostra, Parma 7 ottobre 2006 14 gennaio 2007,
Parma 2006.
M. ZANZUCCHI CASTELLI, La Tabula Alimentaria di
Veleia. Nuovi contributi di ricerca, Parma 2008.
B
09. LOratorio di Calcaiola oggi dopo i restauri
Il consolidamento degli apparati architettonici e decorativi,
Atti del Convegno di Studi di Bressanone, Padova 2007.
Le pietre nellarchitettura:struttura e superci, Atti del Con-
vegno di Studi di Bressanone, Padova 1991.
S. Lusuardi Siena (a cura di), Ad mensam. Manufatti da conte-
sti archeologici fra tarda antichit e Medioevo, Udine 1994.
E. Nasalli Rocca, Le giurisdizioni territoriali delle Pievi pia-
centine secondo gli studi di A. Wolf, in ASPP , 1930.
Pavimentazioni storiche, Atti del Convegno di Studi di Bres-
sanone, Padova 2006.
161 161 N
1
E. Nasalli Rocca, Le giurisdizioni territoriali delle Pievi
piacentine secondo gli studi di A. Wolf, in ASPP, 1930,
pp. 117-139.
2
Schegge di selce alpina e la penna di unaccettina in pietra
verde levigata (g. 1.1) provengono da un livello super-
ciale contenenti resti di sepolture sconvolte (US 16).
3
M. Zanzucchi Castelli, Parma 2008, p. 186.
4
Ignorasi da chi, quando e come sia stato fondato recita
infatti la visita del Vescovo mons. Cerati del 1784 (Ar-
chivio Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Cerati).
La sua attestazione pi antica in un documento del 23
febbraio 1449 concernente unimmissione in possesso
di un Arciprete della Pieve di S. Maria di Gusaliggio),
dov denito di antica, ma suciente struttura.
5
Quelle riportate dora in avanti sono le misure interne
di lunghezza e larghezza delledicio.
6
Nel campo a ovest della chiesa aorano pietrami e la-
terizi di epoca romana. Frammenti di mattoni di et
romana sono stati recuperati anche nello strato di pre-
parazione, costituito da macerie, del sagrato (US 94) e
nel gi citato US 16, dove sono associati a ceramica a
vernice nera e a ceramica a pareti sottili grigie decorate
a strigilature (Fig. 1.2), databili nellambito della prima
et imperiale. Al IV-V sec. d.C. si pu invece datare
una chiave in ferro a scorrimento (Fig. 1.3) [U. Raael-
li (a cura di), Trento 1996, p. 106, Fig. 41].
7
D/ + iohanesr [ ?] Nel campo, entro contorno, co-
rona. Contorno esterno. R/ + parma Nel campo,
entro contorno, croce patente. Contorno esterno. Per i
confronti si veda M. Bazzini, scheda n. 199, p. 269, in
Vivere il Medioevo, Parma 7 ottobre 2006 14 gennaio
2007, Parma 2006.
8
Vedi ad esempio C. Ravanelli Guidotti (a cura di), pp.
178-179.
9
29 agosto 1576: il Vescovo Castelli relaziona che lora-
torio di S. Quirico appartiene alla Parrocchia di S. Gia-
como di Branzone e S. Siro, che fanno riferimento alla
Pieve di Gusaliggio. Il suo reddito ammonta a tre staia
di frumento e uno di spelta e vi si celebra la messa una
volta sola allanno in occasione della festa del Santo ti-
tolare il 15 luglio. Il Vescovo evidenzia inoltre le cattive
condizioni delle pareti delledicio (parietes incrustati
noviter indigente restauratione et dealbatione) e poich
le porte non sono dotate di chiavistelli di ferro ordina
che si provveda. Si parla inoltre di un altare lapideum
cum mensa ex lapidibus et calce (Archivio Vescovile di
Piacenza, visite parrocchiali Castelli).
10
La relazione stesa dal Vescovo Rangoni in visita alloratorio
ritorna sul problema della necessit di un restauro e non fa
cenno allaresco, ma manifesta la necessit che vengano
imbiancate le pareti e dipinta limmagine del santo titolare
sopra lingresso principale. La Chiesa aveva infatti due ac-
cessi: il minore, sul lato nord, fu tamponato quando venne
eseguita la parete interna per lappoggio della volta a botte
crollata. Si notano ancora i gradini di accesso. (Archivio
Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Rangoni).
11
Il Vescovo Zandemaria, in visita il 25 maggio 1739,
constata che loratorio quasi distructum e senten-
zia che quasi tutto da rifare: il pavimento, il sotto,
la porta, laltare. I cancelli sono inadeguati e le pareti
risultano ancora da intonacare e ridipingere (Archivio
Vescovile di Piacenza, visite parrocchiali Zandemaria).
12
Archivio Vescovile di Piacenza, Visite Parrocchiali Cerati.
13
Archivio Vescovile di Piacenza, Visite Parrocchiali Lo-
schi 1827.
14
In occasione della ricostruzione del 1827 dalla Curia
Piacentina venne confermato che lonere di manuten-
zione generale non toccava alla chiesa ma ai titolari del
giuspatronato Giuseppe Conti, Don Antonio Granel-
li, Giovanni Madoni e Antonio Fratta, tutti abitanti a
Calcaiola. Le stesse famiglie compaiono titolari del giu-
spatronato il 23 luglio 1856 in occasione della visita del
Vescovo Mons. Ranza (Archivio Vescovile di Piacenza,
Visite Parrocchiali Ranza 1856) e il 7 luglio 1879 per
quella di Mons. Scalabrini (Archivio Vescovile di Pia-
cenza, Visite Parrocchiali Scalabrini 1879).
162
STORIA DEL RITROVAMENTO
N
el 1989, durante lavori di manu-
tenzione ordinaria nel giardino
di Piazza Ferrari, a Rimini, nello
scavo per la rimozione della cep-
paia di un albero abbattuto, ven-
nero casualmente intercettati i resti delledicio resi-
denziale di epoca romana imperiale oggi noto come
domus del chirurgo. Lo scavo archeologico, condot-
to dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici
dellEmilia-Romagna sotto la direzione, prima, del
dott. Jacopo Ortalli, allora funzionario della Soprin-
tendenza per i Beni Archeologici, e successivamente
dalla scrivente, in qualit di ispettore archeologo di
zona per la stessa Soprintendenza, ha messo in luce
parte di unabitazione costruita in epoca romana re-
pubblicana, poi modicata nel corso del II sec. d.C.
con la creazione di un appartamento separato, loca-
lizzato su un lato di un cortile a peristilio. La domus
repubblicana doveva avere la facciata sul secondo
decumano est della citt, e si sviluppava fra questo e
la zona in cui allora passava il ume Marecchia, con
una costa a strapiombo che chiudeva la citt dalla
parte del mare. Presentava, nei pochi sondaggi che
si sono potuti aprire, pavimenti in cocciopesto de-
corato e un ampio cortile a peristilio chiuso verso
il mare da un portico a colonnato doppio entro il
quale venne ricavato, nel II secolo d. C., il piccolo
appartamento. Questo nuovo settore presentava pa-
reti dipinte, motivi stilizzati derivati dal cd. III stile,
con inserimento di piccoli paesaggi e di nature mor-
te. Era servito da un ingresso secondario sul cardo
e da un corridoio parallelo al cortile che collegava
una serie di ambienti dotati di pavimenti in mosai-
co geometrico bianconero, e di uno policromo, con
la ragurazione del cantore Orfeo fra gli animali,
nonch un ambiente dotato di riscaldamento e una
piccola latrina. Era presente anche un secondo pia-
no, anchesso con pavimenti in mosaico i cui resti
sono stati rinvenuti in crollo sui pavimenti sotto-
stanti. Particolarmente interessante la tecnica edi-
lizia delle murature che presentano la parte inferiore
in mattoni e quella superiore in argilla pressata.
Il piccolo appartamento fu utilizzato nel III secolo
da un medico-chirurgo, presumibilmente di estra-
zione militare e forse proveniente dai conni orien-
tali dellImpero, che vi impiant uno studiolo con
annesso ambulatorio, dotato di una imponente
attrezzatura medica sistemata in vario modo entro
armadi, contenitori diversi o direttamente sul pavi-
mento. Sempre durante il III secolo, probabilmen-
te durante una incursione barbarica, il complesso
fu distrutto da un incendio che, causando il crollo
dei sotti, ha conservato in posto tutti i materiali,
dai mobili ai materiali duso.
I reperti della domus comprendono una straor-
dinaria dotazione medica che costituisce uno dei
pi importanti complessi mai rinvenuti nel mon-
do romano, composta, oltre che da pi di 150
strumenti chirurgici, da mortai, bilance e conte-
nitori per la preparazione e la conservazione dei
farmaci. Tutti questi oggetti erano localizzati en-
tro la camera di Orfeo, presumibilmente lo studio
del chirurgo, e nellambiente annesso, da identi-
carsi come lambulatorio. Gli scavi hanno anche
recuperato, sia in posto che dal crollo, vasellame
da cucina e da mensa, un grande bacile marmo-
reo, un frammento marmoreo restituente la base
con il nome e il piede di una statua del losofo
Ermarco che ornava il portico. stato inoltre rin-
IL COMPLESSO ARCHEOLOGICO DI PIAZZA FERRARI A RIMINI
SITUAZIONE ATTUALE E IPOTESI DI RESTAURO
Monica Zanardi, Cetty Muscolino, Claudia Tedeschi
01. Rimini, Piazza Ferrari: veduta generale della Domus del
Chirurgo in fase di scavo
164 164 Ii coxiiisso aicuioiocico oi Piazza Fiiiaii a Rixixi
Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio
02. Rimini, Piazza Ferrari: planimetria dellarea archeologica (disegno C. Negrelli)
165 165 Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi,
Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui
venuto, e ricomposto dai frammenti, un ranato
quadretto in pasta vitrea di produzione orientale
(pinax) che riproduce un fondale marino con tre
pesci dai vivaci colori, che doveva ornare la parete
di uno degli ambienti. Fondamentale per la data-
zione dellevento bellico che caus la distruzione
del complesso il rinvenimento di un gruzzolo di
unottantina di monete per le spese quotidiane,
che ne ssa la data entro il 260 d.C., nonch di
punte di lancia e giavellotto abbandonate sui pa-
vimenti durante i rovinosi scontri che dovettero
precedere lincendio con la conseguente distru-
zione della domus e labbandono dellarea.
Sopra i resti della domus venne poi costruito un
edicio palaziale di epoca tardoimperiale, da-
tabile attorno alla met del V sec. d.C., dotato
di unaula absidata, impianto di riscaldamento
e ambienti con mosaici policromi. Nella zona
venne successivamente ubicata una necropoli
(con tombe a cassa e alla cappuccina) e inne
unabitazione medioevale in legno, dotata di un
grande focolare, che presenta varie fasi. Larea
presentava anche occupazioni di epoca malate-
stiana e successiva, con preziosi rinvenimenti di
maioliche e di oggetti duso.
Data limportanza del rinvenimento e delle strut-
ture, si decise, congiuntamente al Comune di Ri-
mini, di conservare mosaici e murature in posto
e di musealizzare larea mediante un contenitore
progettato ad hoc. Il progetto per la costruzione del
suddetto contenitore ha avuto vari impedimenti ed
stato completato solo nel 2007 con la realizzazio-
ne della teca che copre attualmente il complesso; in
attesa le strutture sono state protette ma lo scorrere
del tempo ha portato necessariamente a problemi
di conservazione e di manutenzione; la costruzione
della teca ha allargato lo scavo, mettendo in luce
altre strutture e mosaici che non erano incorporati
nel primo progetto e che sono stati conservati in
vista mediante piani di percorrenza in vetro, illu-
minazione e spazi ad hoc; la loro musealizzazione
tuttavia, al momento, non da considerarsi soddi-
sfacente, dato che deve essere ancora dotata degli
impianti presenti nella restante area.
Maria Grazia Maioli
DALLO SCAVO ALLA MUSEALIZZAZIONE
Dal punto di vista della conservazione, il conte-
sto archeologico di Piazza Ferrari risultato molto
complesso da gestire, dal momento che conserva
unampia gamma di materiali eterogenei, quali
strutture di laterizi e argilla pressata, materiale lapi-
deo, intonaci dipinti e pavimenti musivi composti
da malte che nel corso dei secoli hanno reagito e
continuano a reagire in modo disomogeneo alle
aggressioni operate, nel tempo, dal clima e dalluo-
mo. Bisogna tenere sempre presente che nel mo-
mento in cui le strutture e i reperti archeologici
vengono portati alla luce, i loro processi di degrado
03. Rimini, Piazza Ferrari: serie di mortai al momento del
ritrovamento
166 166
subiscono unaccelerazione perch dal punto di vi-
sta microclimatico la stabilit che si venuta a cre-
are nel sottosuolo compromessa da nuovi fattori
chimici e sici. Per questo il protrarsi negli anni
delle campagne di scavo stato unulteriore aggra-
vante, anche se, contemporaneamente alla messa
in luce, si sono eettuate operazioni di pronto
intervento (pulitura, consolidamento e stuccatu-
ra) mirate esclusivamente alla conservazione e alla
messa in sicurezza dellintero sito e con periodiche
applicazioni di biocida, si arontato il problema
del biodeterioramento (presenza di alghe, e pian-
te infestanti) che poteva creare seri problemi di
conservazione alle strutture archeologiche e agli
apparati decorativi, sia dal punto di vista estetico
che strutturale. Una volta terminati gli scavi, e in
attesa della musealizzazione denitiva, stata posta
direttamente sulle strutture archeologiche, verticali
ed orizzontali, una protezione con geo-tessile, ag-
giungendo poi sui mosaici pavimentali uno strato
di argilla espansa.
A questi lavori seguita una sospensione di alcuni
anni durante i quali sono state portate avanti le
diverse fasi progettuali del contenitore museo e la
sua realizzazione.
La struttura che stata costruita un ambiente
climatizzato costituito da leggere strutture metal-
liche ed ampie vetrate nel quale stato creato un
percorso perimetrale di visita interno raccordato a
passerelle sospese sui ruderi, prive di appoggi sulle
superci di scavo e allineate secondo gli stessi assi
costruttivi delle murature antiche. In questo caso
la valorizzazione del patrimonio archeologico in
situ garantita da una piena e diretta fruizione da
parte della comunit.
Nel 2007, dopo ledicazione della grande teca-
contenitore, si proceduto alla rimozione delle
protezioni, operazione non facile perch le pian-
te infestanti avevano proliferato su tutta larea
archeologica, attecchendo diusamente in su-
percie e inltrando le radici anche attraverso
il geo-tessile. Questa crescita biologica ha attec-
04. Rimini, Museo della Citt, Sezione Archeologica: Serie di
strumenti chirurgici in ferro e bronzo con resti del loro conte-
nitore
05. Rimini, Museo della Citt, sezione Archeologica: Pinax
in pasta vitrea
Ii coxiiisso aicuioiocico oi Piazza Fiiiaii a Rixixi
Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio
167 167
chito anche sotto il tessellato dei pavimenti mu-
sivi contribuendo alla decoesione delle malte di
allettamento e provocando, in molti casi, il sol-
levamento o la perdita di tessere. In questa fase
i lavori si sono concentrati sulla pulitura dellin-
tera area, mettendo in evidenza la stratigraa:
ogni situazione stata mantenuta nelloriginaria
giacitura, cos come ritrovata al momento dello
scavo.
Tutti gli elementi conservati nel sito sono stati
trattati con biocidi e messi in sicurezza attraver-
so stuccature e inltrazioni localizzate di conso-
lidante. Nei pavimenti musivi, oltre alle sopraci-
tate operazioni, sono stati ripristinati i cordoli di
contenimento per impedire la perdita di tessere
nei bordi perimetrali e nelle lacune; sono state
anche inserite delle puntellature mediante mar-
tinetti e muretti in laterizio per conferire stabilit
strutturale nei punti in cui i bordi si presentano
a sbalzo.
In situ sono state mantenute anche le sepolture
presenti nellarea palaziale tardo antica e la scelta
museale ha optato per la chiara lettura della loro
funzionalit: le ossa degli inumati sono state ri-
pulite e mantenute al loro interno, gli elementi
in laterizio della tomba alla cappuccina sono stati
incollati e ricollocati.
La musealizzazione della domus del chirurgo ha
riguardato non solo il sito archeologico, ma anche
tutti gli oggetti rinvenuti in esso -ora esposti nel-
la Sezione Archeologica del Museo della Citt di
Rimini, adiacente allarea archeologica- che sono
stati oggetto di minuziosi restauri eseguiti nel La-
boratorio di Restauro della Soprintendenza per i
Beni Archeologici dellEmilia-Romagna.
Le alterazioni pi comuni riscontrate nei reperti
rinvenuti nella domus sono quelle causate dallin-
cendio avvenuto al momento dellabbandono del-
la casa e da incrostazioni e depositi di varia natura
causate dalla lunga giacitura nel terreno; ognuna
di queste alterazioni ha interagito con la struttura
materica e con il naturale degrado propri di ogni
tipologia di materiale.
I reperti in bronzo sono quelli che maggiormente
hanno risentito delleetto dellincendio: il calore
ha favorito la fusione e lunione tra loro di diversi
strumenti chirurgici che si presentavano partico-
larmente fragili e quasi totalmente mineralizzati
e attaccati da corrosione ciclica. Per loro stato
necessario alternare la pulitura di tipo meccanico
con bagni in acqua distillata che favorissero leli-
minazione dei sali solubili dei prodotti di corro-
sione, eseguendo di volta in volta i test per la loro
misurazione. In seguito si proceduto al tratta-
mento di stabilizzazione, consolidamento, incol-
laggio dei frammenti, integrazione delle lacune e
protezione nale.
Anche i reperti in ferro si presentavano molto al-
terati nella forma e nelle dimensioni originarie,
e quindi di non facile lettura. Oltre allo strato di
incrostazioni terrose frammiste ai prodotti di cor-
rosione, quali ossidi ed idrossidi di ferro, erano
presenti rigonamenti e fessurazioni che ne de-
terminavano la fragilit e ne pregiudicavano la
conservazione. Alloperazione di pulitura, esegui-
ta meccanicamente, sono seguite le operazioni di
stabilizzazione del ferro, consolidamento, incol-
laggio dei frammenti, integrazione delle lacune e
inne di protezione.
Le alterazioni pi comuni riscontrate nelle ce-
ramiche recuperate durante le varie campagne
di scavo sono le fratture, spesso accompagnate
da lacune, deformazioni e annerimenti. Sul ma-
teriale ceramico, dopo unaccurata pulitura ese-
Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi,
Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui
168 168
guita meccanicamente, si sono susseguite le fasi
di lavaggio (in acqua distillata con tensioattivi),
essiccamento, consolidamento e incollaggio dei
frammenti. Lintegrazione delle lacune (formale e
pittorica) si resa necessaria non solo per confe-
rire stabilit alloggetto ma per consentirne una
chiara lettura stilistica.
I vetri rinvenuti si presentavano deformati e fusi
per eetto del calore: questa condizione ha aggra-
vato notevolmente la loro conservazione dal mo-
mento che il vetro antico un materiale instabile
anche in condizioni ambientali ottimali. Linter-
vento di pulitura stato eseguito meccanicamente
e dove possibile si sono eettuati lavaggi in acqua
distillata. A questa delicata operazione sono seguiti
il consolidamento e lincollaggio dei frammenti.
I reperti lapidei si presentavano molto fram-
mentati e ricoperti da concrezioni calcaree sep-
pure in buono stato di conservazione dal punto
di vista materico. Il restauro di questi oggetti
si concentrato principalmente sulla dicile
rimozione della concrezioni calcaree, pulitura
06. Rimini, Piazza Ferrari: Domus del Chirurgo, veduta della stanza dellOrfeo
Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio
169 169
eseguita sia meccanicamente che chimicamen-
te. Prima di essere incollati, i frammenti sono
stati protetti con un primer applicato sulle su-
perci di frattura. Le integrazioni delle lacune
sono state eseguite a livello rispetto alle super-
ci originali con lapplicazione di una malta
molto tonalizzante.
Preme sottolineare che se larea archeologica di
Piazza Ferrari, ora inglobata nel suo contenitore-
museo, ha riacquistato la propria leggibilit ed
ammirabile in tutta la sua bellezza, dal punto di
vista conservativo il lavoro appena iniziato. No-
nostante la presenza di impianti di climatizzazio-
ne e deumidicazione, il nuovo assetto ha causato
modiche al microclima e il primo problema da af-
frontare proprio la sua stabilizzazione. Altro mo-
tivo da non sottovalutare che tutti gli interventi
conservativi sulle strutture e sui pavimenti musivi
che si sono succeduti negli anni, e che hanno per-
messo la loro conservazione no ad oggi, sono stati
eettuati da mani diverse, con lutilizzo di svariati
prodotti e in assenza di un progetto unitario per-
ch sempre eseguiti nellottica dellemergenza.
La recente musealizzazione ore ora loccasione
per poter realizzare una revisione generale del
sito e individuare e programmare, mediante un
progetto unitario, gli interventi nalizzati ad un
corretto restauro lologico e alla redazione di un
piano di manutenzione.
Mauro Ricci, Monica Zanardi
IL RESTAURO DEI MOSAICI: PROPOSTE E PUNTI DI VI-
STA DALLA SCUOLA PER IL RESTAURO DEL MOSAICO
DI RAVENNA
Nellagosto del 2008, nellambito delle attivit di
collaborazione con la Soprintendenza per i Beni
Archeologici dellEmilia-Romagna, la Scuola per
il Restauro del Mosaico di Ravenna ha svolto
una campagna di studio e pronto intervento sui
pavimenti musivi dellarea archeologica nalizzata
allanalisi del loro stato di conservazione.
La valutazione delle morfologie di degrado si
estesa su tutta la supercie musiva ma, a causa
della brevit dellintervento dettata da ragioni di-
dattiche, si deciso di intervenire in maniera ge-
nerale su tutti i mosaici e approfonditamente solo
nelle aree a rischio di perdita. Lobiettivo era co-
munque quello di comprendere larea, studiarne
le caratteristiche e porle in relazione con i mosaici
e i loro deterioramenti.
Nonostante le numerose cure di cui sono sem-
pre stati oggetto, i mosaici sorono di alcune
patologie croniche, quali il distacco del tessel-
lato musivo dagli strati sottofondali delle malte
di allettamento e la crescita biologica di alghe
ed erbe infestanti su alcuni strati e strutture ar-
cheologiche.
07. Rimini, Piazza Ferrari: allievi della Scuola per il Restauro
del Mosaico di Ravenna
Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi,
Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui
170 170
08. Rimini, Piazza Ferrari: rilievo metrico
Le moderne tecniche di restauro e conservazione
hanno permesso di mantenere questi straordinari
manufatti nel loro sito originario attraverso mira-
ti e minimi interventi, senza dover operare forti
decontestualizzazioni, come strappi dei mosaici e
trasferimenti in altri luoghi espositivi, come acca-
deva in passato.
Dal luglio 2008 i mosaici sono stati interessati da
una serie di studi ed interventi, quali rilievi metri-
ci ed iconograci, studi delle antiche tecniche di
costruzione, osservazioni macroscopiche dei ma-
teriali unitamente a operazioni di pulitura sica
e consolidamento di tutti gli elementi mobili e a
rischio di perdita.
stato rivolto un particolare interesse anche
allaspetto di fruizione estetica dei preziosi tappe-
ti, oggi disturbata da una serie di elementi come
ad esempio i cordoli di contenimento delle lacune
Ii coxiiisso aicuioiocico oi Piazza Fiiiaii a Rixixi
Siruazioxi arruaii i iiorisi oi iisrauio
171 171
e dei bordi perimetrali che, se prima della muse-
alizzazione hanno rappresentato una salvaguardia
temporanea dei mosaici, ora devono essere rimossi
e sostituiti da interventi che valorizzino maggior-
mente le opere. Di fatto, il restauro, a maggior
ragione in casi di aree archeologiche conservate
in sito, ha il compito di risolvere positivamente e
aiutare la comprensione di alcuni aspetti che da
un punto di vista storico-archeologico potrebbero
risultare poco chiari e difettivi per il godimento
dellarea. Infatti, la mancanza di completezza del-
le strutture murarie caratteristica con la quale il
sito ci si consegnato rappresenta, storicamente
parlando, unistanza negativa: con il restauro, al
contrario, abbiamo la possibilit di rendere rever-
sibile questo valore negativo, mediante la valoriz-
zazione degli aspetti tecnici di costruzione degli
antichi mosaici. una possibilit che il sito stesso
ci ore in questo caso: lintervento da noi propo-
sto oltre alle tradizionali tecniche di restauro vede
dunque la rimozione dei vecchi bordi di conte-
nimento ed il consolidamento di tutte le sezioni
perimetrali dei mosaici attraverso la realizzazione
di malte composte con stesse composizioni e gra-
nulometrie delle antiche; intervento questo che
potenzia lesistente attraverso una operazione di
educazione visiva per il fruitore che pu cogliere
durante la sua visita anche aspetti pi insoliti.
Cetty Muscolino, Claudia Tedeschi
09. Rimini, Piazza Ferrari: cantiere scuola della Scuola per il
Restauro del Mosaico di Ravenna, ssaggio delle tessere mobili
Maiia Giazia Maioii, Mauio Ricci, Moxica Zaxaioi,
Cirr\ Muscoiixo, Ciauoia Tioiscui
172
N
ellinverno del 2007, in occa-
sione della costruzione di nuo-
ve abitazioni in localit Mara-
no di Castenaso, allimmediata
periferia di Bologna, sono state
rinvenute tracce di frequentazione antropica rife-
ribili allet del Ferro. Per meglio denire la realt
archeologica, si organizzato un gruppo di lavo-
ro costituito da Ispettori Onorari e volontari. Le
nuove indagini hanno individuato, dapprima, un
segnacolo tombale, quindi alcune fosse, pertinen-
ti -come si poi appurato con lo scavo archeolo-
gico- a sepolture.
Data la complessit dellindagine archeologica, lo
scavo stato adato dalla committenza alla ditta
Fenice archeologia e restauro.
Nel corso dello scavo, diretto dal soprintendente
dott. Luigi Malnati e dalla dott.ssa Caterina Cor-
nelio, della Soprintendenza per i Beni Archeologici
dellEmilia-Romagna, sono state riportate in luce
nove sepolture, tutte contrassegnate da segnacolo
funerario, databili al VII e VI secolo a.C.
Il ritrovamento pi eclatante la stele pertinente
alla tomba 7, un rettangolo sormontato da un di-
sco, con decorazioni a bassorilievo: la cosiddetta
Stele delle Spade.
La stele si presentava adagiata sul terreno, in po-
sizione obliqua rispetto alla linea di terra, con il
lato posteriore rivolto verso lalto. Tutto intorno
i ciottoli del tumulo che, insieme alla stele, erano
sprofondati allinterno della cassa lignea conte-
nente il corredo. (Fig. 1) Prima di rimuovere la
stele dal terreno sono stati eseguiti alcuni saggi
di pulitura sul lato anteriore, ancora appoggiato
sullargilla, poich si supponeva potesse essere de-
corato. Questi hanno confermato la presenza di
tracce di decorazione a bassorilievo.
Allo scopo di minimizzare i possibili danni causati
dalle manovre messe in atto durante il prelievo, la
stele stata asportata creando sul retro -non deco-
rato- un supporto rigido realizzato con bende ges-
sate, avendo cura di proteggere preventivamente
la supercie con pi strati di pellicola trasparente.
Le operazioni di scavo sono state eseguite dagli ar-
cheologi della ditta Fenice aancati, per le opera-
zioni di pronto intervento, dal personale tecnico
del laboratorio di restauro della Soprintendenza
per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna.
La stele, che si presentava fratturata in tre parti,
un manufatto in arenaria, roccia sedimentaria che
si forma per liticazione di originarie sabbie di
natura sia marina che alluvionale. Si tratta di una
roccia che, a fronte di una facile lavorabilit, pre-
senta problemi connessi ai processi di degrado.
Al momento della messa in luce, larenaria -che
interrata aveva trovato per secoli un microclima
nel quale si era stabilizzata- venuta a contatto
con valori di umidit e temperatura totalmente
diversi. Il fatto poi che fosse impregnata dacqua
rendeva la pietra ancora pi fragile. Per questo
motivo, una volta prelevata dal cantiere e traspor-
tata al laboratorio di restauro della Soprintenden-
za, stata fatta asciugare lentamente, evitando
bruschi sbalzi di temperatura allo scopo di ridur-
re al minimo i danni causati dallevaporazione
dellumidit presente. La supercie era interessata
da micro fessure e rigonamenti che, unasciuga-
tura veloce e la conseguente migrazione massiccia
di sali, avrebbero potuto accentuare.
Prima di avviare qualsiasi operazione di restauro,
stato redatto un progetto dintervento che ha
scandito modi e tempi, denendo con precisione
LA STELE DELLE SPADE:
ASPETTI CONSERVATIVI
01. La Stele sullo scavo
174 174 La Sriii oiiii Siaoi: asiirri coxsiivarivi
il programma che si intendeva attuare. In questa
fase del lavoro ci si avvalsi della collaborazione
di diverse professionalit quali archeologi, esperti
in diagnostica dei beni culturali, restauratori, di-
segnatori, fotogra, progettisti di strutture per la
musealizzazione.
I principi base che hanno regolato lintervento
conservativo sono la reversibilit dellintervento,
la durabilit e stabilit nel tempo dei prodotti
usati, la compatibilit degli stessi col materiale
costitutivo, la salvaguardia della possibilit di in-
tervenire con ulteriori interventi conservativi (ri-
trattabilit) e il principio del minimo intervento e
minima invasivit.
Il progetto dintervento ha posto laccento sulle
principali problematiche evidenziate dallosserva-
zione macroscopica della supercie, prendendo in
esame e sviluppando i seguenti aspetti:
-documentazione sulle fasi del rinvenimento e del
prelievo;
-relazione dellarcheologo;
-documentazione fotograca particolareggiata
dello stato di fatto pre restauro (presunte tracce
di policromie, aree degradate, tracce di lavora-
zione);
-indagini diagnostiche preliminari su presunte
tracce di policromie, caratterizzazione del mate-
riale lapideo e cause del degrado;
-prove in situ condotte su aree circoscritte ma rap-
presentative del manufatto volte a individuare la
corretta metodologia dellintervento di restauro
(pulitura, consolidamento ecc.) sulla base dei ri-
sultati delle indagini eseguite;
-intervento di restauro, con preconsolidamento
localizzato delle zone decoese del materiale lapi-
deo, pulitura della supercie, consolidamento,
incollaggio dei frammenti e stuccature;
-progettazione e realizzazione di supporto per
lesposizione in sicurezza della stele;
Losservazione macroscopica della supercie ha
consigliato di approfondire alcuni aspetti: 1) per
denire meglio la metodologia dellintervento di
restauro 2) per dare risposte certe ai dubbi relativi,
soprattutto, alla presunte tracce di policromia.
STATO DI CONSERVAZIONE PRELIMINARE ALLINTER-
VENTO DI RESTAURO
La stele decorata a bassorilievo su un solo lato;
il retro si presenta disomogeneo a causa di sca-
gliature del materiale lapideo che in alcuni casi
hanno causato la perdita di porzioni della super-
cie. In alcuni punti dello spessore della stele sono
apprezzabili fessurazioni pi o meno profonde
lungo le linee di sedimentazione dellarenaria.
La supercie appariva, in entrambi i lati, ricoperta
da uno strato di argilla ben adeso al substrato
che in parte celava alcuni particolari del bassorilievo.
(Fig. 2)
Il manufatto, soprattutto nel lato decorato, era
localmente interessato da vere e proprie incrosta-
zioni di natura calcarea fortemente ancorate alla
supercie; in altri punti appariva in buono stato
di conservazione mentre in una porzione del di-
sco la disgregazione granulare dellarenaria aveva
causato la perdita di alcuni elementi decorativi.
In alcune zone del bassorilievo, larenaria si pre-
sentava con una cromia che ha fatto supporre che
la stele recasse tracce di colore. Risultano presenti
infatti una diusa colorazione gialla, anche nella
sezione di rottura, una limitata cromia rossastra,
soprattutto in corrispondenza di alcuni rilievi
rappresentanti armi, e un materiale brunastro di
diversa consistenza rilevabile in vari punti ma so-
prattutto sui dischi solari. (Fig. 3)
175 175 Axroxiiia Poxicirri
Le analisi per identicare la presenza di residui di
policromia sono state eseguite dal prof. Pietro Ba-
raldi del Dipartimento di Chimica dellUniversit
di Modena e Reggio Emilia. Si riporta di seguito
un estratto dalla sua relazione.
La supercie della stele presenta zone nelle
quali appare una cromia dierente dal fondo
generale del lapideo, in particolare zone gialle,
rossastre e brune. Al microscopio appaiono de-
terminate da una serie di frammenti minuscoli
e granulari colorati rispettivamente in giallo,
in rosso e in marrone. Per poter identicare la
presenza di residui di policromia occorre proce-
dere a identicare materiali pigmentari, leganti
e componenti normali del materiale lapideo di
supporto.
02. La Stele prima del restauro con lindividuazione dei punti di prelievo dei campioni
176 176
Sono stati eseguiti alcuni microprelievi nei punti pre-
cedentemente individuati a rappresentare la cromia
evidente sulla pietra. (Fig. 2) I microprelievi sono
stati numerati e portati al Dipartimento di Chimi-
ca. Le polveri sono state depositate su una supercie
piana e analizzate in microscopia Raman granulo per
granulo per vericare statisticamente quali materiali
fossero presenti. I materiali rinvenuti sono ossidi di
ferro (ematite, goethite e magnetite), quarzo, albite,
anatasio (impurezze), carbone. Il quarzo appare co-
lorato con gli ossidi di ferro. Non appaiono segni di
stesure o strati di materiali colorati sopra la supercie
del lapideo. Sono sparsi a gruppi in posizioni casuali
granuli rossi o gialli. I granuli di carbone fanno pen-
sare a un processo o di degrado di materiale organico
presente ab antiquo sul lapideo o di prodotti di com-
03. Policromie presunte
177 177
bustione di materiale organico; la stessa presenza di
magnetite in alcuni punti fa pensare a ossidi di ferro
che hanno subito un riscaldamento a temperature
superiori ai 500C.
Per una pi precisa ricerca di policromia superstite
stato fatto riferimento alle indagini sul materiale
lapideo costitutivo della stele (arenaria) per veri-
care quali fossero i componenti normalmente pre-
senti in esso. Il prof. Stefano Lugli, che ha eseguito
le analisi sullarenaria, identica nelle sezioni lucide
gli stessi componenti identicati con la microsco-
pia Raman sui presunti residui di policromia.
Lidenticazione di materiali insoliti, come ad
esempio il cinabro, gi impiegato in ambito etru-
sco per le pitture tombali, sarebbe stata una prova
decisiva della presenza di policromie, considerato
che questo composto non presente nella com-
posizione dellarenaria.
Allo stato attuale delle indagini archeometriche
non si hanno prove sucienti per aermare che
la stele fosse policroma.
Axroxiiia Poxicirri
05. Particolare dopo la pulitura 05. Particolare prima dellintervento di pulitura
Le analisi mineralogico petrograche sono state
eseguite dal Prof. Stefano Lugli del Dipartimento
di Scienze della Terra dellUniversit di Modena e
Reggio Emilia. Si riporta, di seguito, un estratto
dalla sua relazione.
Il campione di roccia stato consolidato attra-
verso impregnazione sottovuoto in resina epossi-
dica bicomponente (araldite).
Dal campione consolidato stata ricavata una
sezione sottile per losservazione al microscopio
ottico in luce trasmessa secondo metodologia
standard.
- Caratteristiche macroscopiche (secondo nor-
mativa UNI EN 12407): Arenaria a grana ne
poco cementata di colore grigio-giallastro. Sono
presenti estese superci macchiate da ossidi e/o
idrossidi di ferro derivanti dallalterazione natu-
rale della roccia.
- Caratteristiche al microscopio ottico (secondo nor-
mativa UNI EN 12407): Arenaria a grana nissi-
ma a cemento carbonatico. Componenti principali:
178 178 La Sriii oiiii Siaoi: asiirri coxsiivarivi
quarzo (sia cristalli singoli che granuli policristallini),
frammenti di rocce carbonatiche microcristalline e
spatiche, feldspati, biotite, muscovite, frammenti di
gusci di foraminiferi, glauconia, noduli di ossidi e/o
idrossidi di ferro, frammenti di selce.
Il contenuto paleontologico caratterizzato dal-
la presenza di foraminiferi planctonici globigeri-
niformi non identicabili (analisi eettuata dal
dott. Cesare Andrea Papazzoni).
La porosit della roccia notevole.
FENOMENI DI DEGRADO
Le tipologie dei fenomeni di degrado indivi-
duabili allesame macroscopico e microscopico
vengono di seguito descritte utilizzando le rac-
comandazioni UNI 11182:2006 13/04/06 Beni
culturali - Materiali lapidei naturali ed articiali
- Descrizione della forma di alterazione - Termini
e denizioni.
Il degrado legato principalmente alla caratteri-
stica di scarsa cementazione e di notevole porosit
della roccia. Leetto quello di marcata disgrega-
zione granulare.
presente anche il fenomeno della macchia legata
allossidazione naturale di solfuri di ferro presenti
in grande quantit nella roccia.
CONCLUSIONI
Si tratta probabilmente di arenaria provenien-
te dalle formazioni arenacee pleistoceniche a
cementazione variabile tipiche del margine ap-
penninico bolognese. Potrebbe trattarsi di are-
naria appartenente alla formazione delle Sabbie
di Imola (sabbie gialle Pleistocene Medio, circa
650.000-800.000 anni fa).
Rocce arenacee di questo tipo venivano cavate nelle
immediate vicinanze della citt di Bologna appena
fuori Porta Castiglione (localit Le Grotte), Santa
Margherita al Colle e Barbiano.
La marcata disgregazione granulare del litotipo
stata sicuramente accentuata dalla parziale dis-
soluzione dello scarso cemento carbonatico per
dilavamento da parte delle acque meteoriche e/o
di falda. Il fenomeno della macchia doveva essere
in gran parte presente nella lastra di roccia gi al
momento dellestrazione in cava.
INTERVENTO DI RESTAURO
Le indagini erano necessarie al progetto di re-
stauro ma insucienti a denirlo. Servivano a
elaborare unipotesi dellintervento ma la verica
dellecacia di prodotti, tempi e modi non po-
teva avvenire se non attraverso una serie di test
pratici condotti su aree circoscritte ma rappresen-
tative del manufatto.
Sono state eseguite prove di pulitura e consoli-
damento allo scopo di denire la metodologia
dellintervento che ha previsto le seguenti fasi.
06. Pulitura della supercie
179 179 Axroxiiia Poxicirri
- Preconsolidamento localizzato delle aree a forte
decoesione o a rischio di caduta di materiale, ese-
guito con silicato di etile.
- Pulitura superciale del fronte e del retro della
stele: dato lo stato di conservazione e le prove di
pulitura in situ, si deciso di non intervenire con
un lavaggio generalizzato della supercie. I depositi
argillosi sono stati ammorbiditi con acqua demine-
ralizzata e tensioattivo e asportati -ove il substrato
lo consentiva- meccanicamente con bisturi a lama
arrotondata, utilizzando, secondo necessit, o il mi-
croscopio ingranditore o lampade dotate di lente.
Leggera spolveratura con pennello a setole lunghe
e morbide per rimuovere i residui della pulitura
meccanica e lavaggi localizzati con acqua demine-
ralizzata e tensioattivo, irrorando la soluzione con
spruzzette e tamponando la supercie con com-
presse di carta assorbente. Il tutto con la massima
cautela data la fragilit dello strato superciale.
In alcuni casi, erano presenti durissime concre-
zioni di natura calcarea che, dove il substrato in
arenaria risultava coerente, sono state abbassate
no alla totale eliminazione; in altri punti si
deciso di conservarle per evitare che la forte ade-
sione col substrato decoeso, causasse la perdita
di supercie decorata.
La pulitura ha messo in luce particolari no al
momento inediti dellapparato decorativo, nuovi
elementi che sono allo studio del soprintendente
dott. Luigi Malnati, che ne curer la pubblicazio-
ne. (Figg. 4,5,6,7)
- Consolidamento e incollaggio. A pulitura con-
clusa, la stele stata consolidata per immersione
con silicato di etile e i tre elementi fratturati sono
stati posti in connessione ed incollati con resina
epossidica applicata sulle fratture precedentemen-
te trattate con resina acrilica. La resina acrilica
07. Pulitura quasi conclusa
(Paraloid B72), reversibile in solvente, rende pos-
sibile la reversibilit dellincollaggio eseguito con
resina epossidica. La scelta di non inserire perni
di rinforzo stata motivata, oltre che dallesiguo
spessore e dalla tipologia della roccia, dal rispetto
del principio della minima invasivit. (Fig. 8)
Le stuccature, eseguite solo sul retro, in corri-
spondenza della frattura al di sotto del disco,
sono state realizzate con un impasto composto
da polvere di arenaria, sabbia e resina acrilica in
emulsione acquosa.
180 180 La Sriii oiiii Siaoi: asiirri coxsiivarivi
08. La Stele a restauro concluso (fronte)
181 181
Lintervento stato realizzato da personale interno
al Laboratorio di Restauro della Soprintendenza
per i Beni Archeologici dellEmilia-Romagna.
A tale proposito un ringraziamento ai colleghi
Mauro Ricci e Micol Siboni per la collaborazione
prestata in alcune fasi del lavoro e al soprinten-
dente dott. Luigi Malnati per la ducia e loppor-
tunit che mi ha accordato.
09. Progetto di musealizzazione. BFA Architetti
Axroxiiia Poxicirri
PROGETTO PER LA MUSEALIZZAZIONE DELLA STELE
La musealizzazione della stele frutto della col-
laborazione, ciascuno per le proprie competenze,
tra chi scrive e i progettisti, BFA Bartolini Fiam-
minghi Architetti.
Il progetto espositivo stato condizionato dal-
la scelta di non utilizzare un sistema di perni
per ricomporre i tre frammenti della stele. Per
realizzare il supporto stato individuato un si-
stema di appoggio e uno di ancoraggio. Il pri-
mo stato ottenuto modellando il supporto
sul prolo inferiore della stele, per garantire il
sostegno verticale, mentre per il secondo sono
state utilizzate stae metalliche di ancoraggio
che impedissero il ribaltamento anteriore e la-
terale. Le stae sono state protette nel punto
di contatto con larenaria con materiale inerte
(Etafoam).
Per esaltare al massimo le qualit materiche e i
rilievi di lavorazione della stele stata scelta una
luce a spot radente. La direzione dal basso ha con-
sentito di aggiungere un eetto di sospensione al
reperto.
Per il supporto sono stati scelti i colori blu oltre-
mare scuro, per la parte alta, e rosso di Marte,
per il pannello inferiore. La quota superiore di
questultimo pannello ricostruisce il piano ipote-
tico di sezione delloriginario suolo di posa della
stele. (Fig. 9)
Dall8 maggio 2009, la stele esposta al pubblico
nel MUV, Museo della Civilt Villanoviana, inau-
gurato lo stesso giorno a Villanova di Castenaso, a
poca distanza dal luogo del ritrovamento.
Va sottolineato lo sforzo nanziario dellammini-
strazione comunale di Castenaso che ha contri-
buito a sostenere i costi di restauro della stele e
realizzato la struttura museale che la ospita.
183 183 S T
FRANCESCA BORIS, MANUELA MATTIOLI
Il globo terrestre di Vincenzo Coronelli dellArchivio di Stato
di Bologna
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Archivio di Stato di Bologna
Piazza De Celestini, 4 40123 - Bologna
DIRETTORE
Dott.sa Elisabetta Arioti
TEL. 051 223891
FAX 051 220474
E-MAIL as-bo@beniculturali.it
SITO www.archiviodistatodibologna.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Globo terrestre di Vincenzo Coronelli
PROPRIETA
Statale
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
13.200,00
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTA
Dott.sa Francesca Boris
DIRETTORE DEI LAVORI
Dott. Gian Piero Cammarota
DIRETTORE OPERATIVO
Manuela Mattioli
IMPRESA
Ditta Manuela Mattioli Restauro opere darte - Bologna
ANTONIETTA FOLCHI
Un esempio di restauro: larchivio notarile antico di Ferrara
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Archivio di Stato di Ferrara
Corso della Giovecca 146 44100 - Ferrara
DIRETTORE
Dott.sa Antonietta Folchi
TEL. 0532 206668 0532 208700
FAX 0532 207858
E-MAIL as-fe@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Atti dei notai di Ferrara (aa. 1465-1594)
PROPRIETA
Statale
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
10.938,39
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTA
Cecilia Prosperi
DIRETTORE DEI LAVORI
Cecilia Prosperi
DIRETTORE OPERATIVO
IMPRESA
Salvarezza Restauro s.r.l., Roma
184 184 S T
GIANLUCA BRASCHI
Il restauro del Cabreo AB 265 Terreni appartenti ai Pavolotti
di Rimini
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA

Archivio di Stato di Rimini
Piazzetta San Bernardino 1 - 47900 Rimini
DIRETTORE
Dott. Gianluca Braschi
TEL. 0541 784474
FAX 0541 784474
E-MAIL as-rn@beniculturali.it
SITO www.archiviodistato.rimini.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Cabreo AB 265
PROPRIETA
Statale
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
400,00
FINANZIATORE
Tina & Mary, Hotel Memory
PROGETTISTA
Riccardo Bolognesi
DIRETTORE DEI LAVORI
Dott. Gianluca Braschi
DIRETTORE OPERATIVO
Dott. Gianluca Braschi
IMPRESA
Cooperativa Sociale Cento Fiori Onlus
ANDREA DE PASQUALE
La raccolta di carte nautiche della Biblioteca Palatina
SILVANA GORRERI
Le carte nautiche della Biblioteca Palatina di Parma: un piano
strategico di restauro
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Biblioteca Palatina - Parma
Strada alla Pilotta 1 43100 - Parma
DIRETTORE
Andrea De Pasquale
TEL. 0521 220411
FAX 0521 235662
E-MAIL b-pala@beniculturali.it
SITO www.bibliotecapalatina.beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Carte e Atlanti nautici (Ms. pal. 0; Mss. parm. 1613, 1615-
1624)
PROPRIETA
Statale
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
73.576,00 IVA inclusa
FINANZIATORI
Ministero per i beni e le attivit culturali; Societ Value
Retail Management (Fidenza Village) s.r.l.; Banca Popolare
dellEmilia-Romagna
PROGETTISTE
Dott.sa Silvia Scipioni e dott.sa Silvana Gorrieri
DIRETTORE DEI LAVORI
Dott.sa Silvana Gorrieri
DIRETTORE OPERATIVO
Prof. Paolo Crisostomi
IMPRESA
Studio Paolo Crisostomi s.r.l., via Clementina 6, 00100 Roma
185 185 S T
CORRADO AZZOLLINI, LUCIANO SERCHIA
Inediti dal restauro: paesaggi dipinti nel Palazzo del Giardino
di Parma
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Parma e Piacenza
Piazza Bodoni 6 43100 - Parma
SOPRINTENDENTE
Arch. Luciano Serchia
TEL. 0521 212311
FAX 0521 212390
E-MAIL sbap-pr@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Palazzo Ducale del Giardino
PROPRIETA
Comunale
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
750.000,00
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTA
Arch. Luciano Serchia
DIRETTORE DEI LAVORI
Arch. Luciano Serchia
IMPRESA
Felsina Restauri srl
GRAZIELLA POLIDORI
Il duomo di Modena capolavoro del genio creatore umano.
Il restauro del paramento lapideo
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Bologna, Modena e Reggio Emilia
Via IV Novembre n 5 40123 - Bologna
SOPRINTENDENTE
Arch. Paola Grifoni
TEL. 051 64513114
FAX 051 264248
E-MAIL sbap-bo@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Duomo di Modena
PROPRIETA
Capitolo Metropolitano
IMPORTO DEI LAVORI
150.000,00 + 150.000,00 (MiBAC) - 1.075.000,00
(Capitolo Metropolitano)
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali; Capitolo
Metropolitano
PROGETTISTA
Arch. Graziella Polidori, ing. Mario Silvestri
DIRETTORE DEI LAVORI
Arch. Graziella Polidori. ing. Mario Silvestri
DIRETTORE OPERATIVO
Geom. Vincenzo Vutera
IMPRESA
Candini Arte s.r.l. Castelfranco Emilia (MO)
186 186 S T
ANTONELLA RANALDI
Restauri della chiesa del SS. Salvatore a Bologna
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Bologna, Modena e Reggio Emilia
Via IV Novembre n. 5 40123 - Bologna
SOPRINTENDENTE:
Arch. Paola Grifoni
TEL. 051 6451311
FAX 051 264248
E-MAIL sbap-bo@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Chiesa del SS. Salvatore a Bologna
PROPRIETA
Demanio dello Stato
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
103.290,00 per i lavori condotti nel 2007-08 (in continuit
con i precedenti cinque lotti di intervento di importo
ciascuno di 206.580,00)
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTA
Arch. Antonella Ranaldi e arch. Francesco Eleuteri
DIRETTORE DEI LAVORI
Arch. Antonella Ranaldi
DIRETTORE OPERATIVO
Geom. Umberto Frassinella
IMPRESA
Studio Biavati di Bologna
ANDREA CAPELLI
Il palazzo ex Enpas a Bologna. Lavori di restauro delle superci
esterne

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Bologna, Modena e Reggio Emilia
Via IV Novembre, 5 40123 - Bologna
SOPRINTENDENTE
Arch. Paola Grifoni

TEL. 051-6451311
FAX 051 264248
E-MAIL sbab-bo@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Palazzo ex ENPAS ora INPDAP
PROPRIETA
INPDAP
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI :
150.000,00 (in tre stralci 50.000,00 ciascuno)
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTA
Arch. Andrea Capelli
DIRETTORE DEI LAVORI
Arch. Andrea Capelli
DIRETTORE OPERATIVO
Geom. Dario Biondi
IMPRESA
Marmiroli srl di Bagnolo in Piano (Reggio Emilia)
187 187 S T
GIANFRANCA RAINONE
Gli altari delle chiese di S. Giuliano a Bologna e di S. Domenico
a Budrio
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni storici, artistici ed
etnoantropologici per le province di Bologna, Ferrara, Forl-
Cesena, Ravenna e Rimini
Via delle Belle Arti 56 40126 - Bologna
SOPRINTENDENTE
Dott. Luigi Ficacci
TEL. 051 42 09 411
FAX 051 25 13 68
E-MAIL: sbsae-bo@beniculturali.it
SITO: www.pinacotecabologna.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Altari in cotto e stucco della chiesa di S. Domenico a Budrio
(BO)
PROPRIETA
Azienda pubblica di servizi alla persona Donini-Damiani,
Via Marconi, 6 Budrio
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
50.000,00
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTA
Arch. Gianfranca Rainone
DIRETTORE DEI LAVORI
Arch. Gianfranca Rainone
IMPRESA
Roberta Barualdi, Via Pirani, 11, Casumaro di Cento
(Ferrara)
ANTONELLA RANALDI
I chiostri di S. Pietro a Reggio Emilia. Note sui restauri
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
Province di Bologna, Modena e Reggio Emilia
Via IV Novembre n. 5 40123 - Bologna
SOPRINTENDENTE:
Arch. Paola Grifoni
TEL. 051 6451311
FAX 051 264248
E-MAIL sbap-bo@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Ex monastero dei SS. Pietro e Prospero a Reggio Emilia,
denominato Chiostri di San Pietro
PROPRIETA
Comunale
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
4.422.018,88 di cui 1.185.000,00 per i lavori di
restauro degli apparati decorativi e intonaci antichi (OS2);
3.237.018,88 per i lavori edili e impiantistici (OG2 e OG11)
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali
PROGETTISTI
Architetti Francesco Eleuteri, Maria Luisa Mutschlechner,
Antonella Ranaldi, Paola Zigarella, con la consulenza
dellarch. Pier Luigi Cervellati
DIRETTORE DEI LAVORI
Arch. Antonella Ranaldi e ing. Domenico Rivalta
DIRETTORI OPERATIVI
Geom. Dario Biondi e Geom. Antonio Noto
IMPRESE
Cooperativa Archeologia di Firenze per i lavori di categoria
OS2; Consorzio Consta di Padova per i lavori di categoria
OG2 e OG11
188 188 S T
ELENA DE CECCO, VALTER PIAZZA, CETTY MUSCOLINO
La chiesa dellabbazia di S. Leonardo a Monteti, Sogliano al
Rubicone
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
:
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Ravenna, Ferrara, Forl-Cesena, Rimini
Via san Vitale, 17 48121 - Ravenna
SOPRINTENDENTE:
Arch. Antonella Ranaldi
TEL. 0544 543711
FAX 0544 543732
E-MAIL sbap-ra@beniculturali.it
SITO www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Chiesa dellabbazia di San Leonardo, localit Monteti,
Sogliano al Rubicone (FC)
PROPRIETA
Parrocchia di S. Lorenzo Martire di Sogliano al Rubicone
(FC)
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
700.000,00
FINANZIATORE
Presidenza del Consiglio dei Ministri (L. 128/2004)
PROGETTISTA
Arch. Elena De Cecco
Rimini
DIRETTORI DEI LAVORI
Arch. Domenico Cardamone, arch. Valter Piazza
DIRETTORI OPERATIVI
Dott.ssa Cetty Muscolino, arch. Elena De Cecco,
geom. Danilo Pantieri
IMPRESE
TRIADE s.r.l., Afragola NA (per gli interventi di restauro del
paramento lapideo)
Laboratorio di Restauro di Giunchi Andrea, Cesena FC (per
le opere di restauro delle decorazioni pittoriche allinterno
della chiesa)
189 189 S T
MANUELA CATARSI, CRISTINA ANGHINETTI, PATRIZIA RAGGIO,
GIOVANNI SIGNANI, BARBARA ZILOCCHI
Il recupero strutturale delloratorio di S. Enrico di Calcaiola
di Valmozzola
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA

Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna
Museo Archeologico Nazionale
Palazzo della Pilotta 43100 - Parma
SOPRINTENDENTE
dott. Luigi Malnati
TEL. 0521 233718
FAX 0521 386112
E-MAIL sba-ero.museoarchparma@beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Oratorio di S. Enrico
Valmozzola, loc. Calcaiola - Parma
PROPRIETA
Diocesi di Piacenza
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
150.000,00
FINANZIATORE
Presidenza del Consiglio dei Ministri (L. 128/2004)
PROGETTISTI
arch. Giovanni Signani e arch. Barbara Zilocchi con la
collaborazione per le ricerche darchivio della dott.sa Cornelia
Bevilacqua
DIRETTORI DEI LAVORI
arch. Barbara Zilocchi (Supervisione: Soprintendenza B.A.P.
per le province di Parma e Piacenza, arch. Paola Madoni,
Soprintendenza B.S.A.E. per le province di Parma e Piacenza,
dott.sa Lucia Fornari Schianchi e dott.sa Mariangela Giusto)
DIRETTORI OPERATIVI
arch. Barbara Zilocchi (restauro architettonico); dott.sa
Manuela Catarsi (scavo archeologico)
IMPRESE
Abacus s.r.l. (scavo archeologico); Socei s.r.l. (restauro
architettonico)
190 190 S T
MARIA GRAZIA MAIOLI, MAURO RICCI, MONICA ZANARDI,
CETTY MUSCOLINO,
CLAUDIA TEDESCHI
Il complesso archeologico in piazza Ferrari a Rimini.
Situazione attuale e ipotesi di restauro
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA

Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna
Via delle Belle Arti 52 40126 - Bologna
SOPRINTENDENTE
Dott. Luigi Malnati
TEL. 051 223773 051 220675
FAX 051 227170
E-MAIL sba-ero@beniculturali.it
SITO www.archeobologna.beniculturali.it
SOPRINTENDENZA
Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le
province di Ravenna, Ferrara, Forl-Cesena e Rimini
Via S. Vitale 17 48100 - Ravenna
SOPRINTENDENTE
Arch. Antonella Ranaldi
Tel. 0544 543711
Fax 0544 543732
e-mail sbap-ra@beniculturali.it
www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Domus del Chirurgo Rimini, Piazza Ferrari
PROPRIETA
Demanio dello Stato e Comune di Rimini
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
Spese di funzionamento
FINANZIATORE
Comune di Rimini
PROGETTISTA
DIRETTORI DEI LAVORI
Dott.sa Maria Grazia Maioli e dott.sa Cetty Muscolino
DIRETTORI OPERATIVI
Mauro Ricci, Monica Zanardi, Claudia Tedeschi
IMPRESA
Scuola per il Restauro del Mosaico di Ravenna
191 191 S T
ANTONELLA POMICETTI
La Stele delle Spade: aspetti conservativi
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVIT CULTURALI
DIREZIONE REGIONALE PER I BENI CULTURALI E PAESAGGISTICI
DELLEMILIA-ROMAGNA
Soprintendenza per i beni archeologici dellEmilia-Romagna
Via delle Belle Arti 52 40126 - Bologna
SOPRINTENDENTE
Dott. Luigi Malnati
TEL. 051 224402 - 223773
FAX 051 227170
E-MAIL sba-ero@beniculturali.it
SITO www.archeobologna.beniculturali.it
RIFERIMENTI TECNICI
BENE OGGETTO DELLINTERVENTO
Stele in arenaria
PROPRIETA
Demanio dello Stato
IMPORTO COMPLESSIVO DEI LAVORI
Spese di funzionamento
FINANZIATORE
Ministero per i beni e le attivit culturali e Comune di
Castenaso
PROGETTISTA
Dott.sa Antonella Pomicetti, restauro eseguito presso il
laboratorio di restauro della Soprintendenza per i beni
archeologici dellEmilia-Romagna
DIRETTORE DEI LAVORI
Dott.sa Antonella Pomicetti
Finito di stampare
nel mese di settembre 2009
E
u
r
o

2
5
,
0
0

i
.
i
.
RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA
ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008
Arri oii Coxvicxo
Fiiiaia :; xaizo :oo,
Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii
i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa
Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii
R
E
S
T
A
U
R
I

I
N

E
M
I
L
I
A
-
R
O
M
A
G
N
A
RESTAURI IN EMILIA-ROMAGNA
ATTIVIT DEGLI ISTITUTI MiBAC NEL 2008
Arri oii Coxvicxo
Fiiiaia :; xaizo :oo,
Diiizioxi Ricioxaii iii i Bixi Cuiruiaii
i Paisaccisrici oiiiExiiia-Roxacxa
Mixisriio iii i Bixi i ii Arrivir\ Cuiruiaii
R
E
S
T
A
U
R
I

I
N

E
M
I
L
I
A
-
R
O
M
A
G
N
A

Potrebbero piacerti anche